Laboratorio 2 - Matematica in viaggio

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Oreste Brondo

Matematica in viaggio 21 Libro-quaderno per le vacanze

LABORATORIO

di matematica e scienze

Aritmetica Misure Geometria Scienze

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Scuola secondaria di primo grado

Classe Seconda

Pubblicazione gratuita allegata al testo per le vacanze “MATEMATICA IN VIAGGIO 2”

Il prezzo di vendita del solo allegato è di € 3,50

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17/02/15 16:39


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Ideazione, progettazione e realizzazione: Art Director: Gianfranco De Angelis Redazione: Alessandro Alfani Illustrazioni: Giovanni Abeille Impaginazione: Marco Esposito Ristampe

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Questo volume è stato stampato in Italia presso - Arti Grafiche Italo Cernia - Via Capri, 67 - Casoria (NA)


Introduzione Un bambino passeggia, le foglie cadono dagli alberi, una rana si tuffa in uno stagno, nel cielo compare, dopo la pioggia, uno splendido arcobaleno: uno studioso di scienze osserva intorno a sé, in ogni momento della giornata e in ogni luogo, tutto ciò che accade, perché dietro ogni fenomeno, se ben osservato, è possibile scoprire i meccanismi e i perché della natura.

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Un uomo di scienze conosce bene l’importanza dei dettagli, sa che dietro particolari ritenuti banali dalla maggior parte della gente comune si possono trovare le chiavi per interpretare i prodigi del mondo. È proprio a partire dall’osservazione approfondita di fatti apparentemente privi di rilevanza che hanno avuto origine ipotesi, esperimenti e teorie scientifiche importanti. E gli esperimenti altro non sono che un tentativo di ripetere, in laboratorio, le cose che accadono normalmente in natura, per poterle osservare e studiare meglio.

In questo piccolo libro, dopo un breve ripasso della teoria, ti proponiamo di ripetere una serie di esperimenti, modelli dinamici e costruzioni di strumenti di misura che fanno parte della tradizione scientifica.

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ARITMETICA FRAZIONI E NUMERI DECIMALI Una frazione è una divisione tra numeratore e denominatore. Quando la frazione non si può più semplificare, si dice che è ridotta ai minimi termini ed è irriducibile. Le frazioni irriducibili danno origine a numeri decimali e vengono chiamate frazioni generatrici. Se divido il numeratore per il denominatore di una frazione ottengo un numero che sarà: • naturale, se la frazione è apparente; • decimale, se la frazione non è apparente. Una frazione, inoltre, si definisce: • decimale se il denominatore è composto da 10 o da una sua potenza (100, 1000 ecc.); • ordinaria se il denominatore è diverso da 10 o da una sua potenza. I NUMERI PERIODICI I numeri decimali si definiscono: • limitati (finiti) quando la divisione da cui sono generati, dopo un certo numero di calcoli, finisce; • illimitati (infiniti) quando la divisione da cui sono generati non finisce mai. I numeri decimali illimitati si definiscono numeri periodici e possono essere semplici o misti. I numeri periodici semplici sono quelli nei quali dopo la virgola compare un numero o un gruppo di numeri che si ripete all’infini5


to. I numeri periodici semplici si ottengono quando il denominatore non è composto né dal fattore 2 e né dal fattore 5. I numeri periodici misti sono quelli nei quali subito dopo la virgola troviamo prima una o più cifre che non si ripetono e poi la cifra che si ripete. I numeri periodici misti si ottengono quando il denominatore è composto da altri fattori oltre che dal 2 o dal 5. Nei numeri periodici, la cifra o le cifre decimali (cioè quelle dopo la virgola) che si ripetono vengono chiamate periodo e vengono indicate con una lineetta posta sopra; la cifra o le cifre decimali che non si ripetono vengono chiamate antiperiodo. DAL NUMERO DECIMALE ALLA FRAZIONE La frazione generatrice di un numero decimale limitato è una frazione che ha per numeratore il numero intero (cioè riscritto senza la virgola) e per denominatore 10, 100, 1000 ecc., a seconda di quante sono le cifre decimali. La frazione generatrice di un numero decimale periodico semplice è una frazione che ha per numeratore la differenza tra il numero intero (senza la virgola) e la sua parte intera (cioè quella prima della virgola) e per denominatore tanti 9 quante sono le cifre del periodo. La frazione generatrice di un numero decimale periodico misto è una frazione che ha per numeratore la differenza tra il numero intero (senza la virgola) e tutta la parte che precede il periodo (cioè sia la parte intera che l’antiperiodo) e per denominatore tanti 9 quante sono le cifre del periodo e tanti 0 quante sono le cifre dell’antiperiodo.

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ESPRESSIONI E NUMERI DECIMALI Per risolvere le espressioni con i numeri decimali è necessario prima trasformare i numeri nelle frazioni generatrici e, quando è possibile, semplificare. LA RADICE QUADRATA L’estrazione di radice è l’operazione inversa dell’elevamento a potenza, e consiste nel calcolare, conoscendo il valore della potenza e l’esponente, la base. Ovviamente, come ogni numero può essere elevato a qualsiasi esponente (alla seconda, alla terza, alla quarta ecc.), così la radice, a seconda del valore dell’esponente, può essere radice quadrata, radice terza, radice quarta, ecc. La radice quadrata, dunque, è l’operazione inversa all’elevamento a potenza con esponente 2. IL QUADRATO PERFETTO La radice quadrata di un numero, quindi, è quel numero che, elevato al quadrato (cioè moltiplicato per se stesso) dà come risultato il radicando. Quando la radice quadrata di un numero è un numero intero, si dice che il numero sotto radice è un quadrato perfetto, cioè deriva perfettamente da un numero moltiplicato per se stesso. Uno dei modi più semplici per calcolare la radice quadrata di un numero è quello di fare la scomposizione in fattori e calcolare il prodotto dei fattori primi con gli esponenti dimezzati. APPROSSIMARE PER ECCESSO O PER DIFETTO Se un numero non è un quadrato perfetto, cioè se non esiste alcun numero che moltiplicato per se stesso dia quel numero come 7


risultato, allora bisogna approssimarsi per eccesso o per difetto a meno di un’unità, cioè bisogna calcolare quei numeri interi che sono a lui immediatamente più vicini. LE PROPRIETÀ DELLA RADICE QUADRATA La radice quadrata gode di due proprietà: • la radice quadrata di un prodotto; • la radice quadrata di un quoziente. La radice quadrata di un prodotto è uguale al prodotto delle radici quadrate dei singoli fattori. La radice quadrata di un quoziente è uguale al quoziente delle radici quadrate del dividendo e del divisore. Questa seconda proprietà si applica anche alle frazioni, visto che anche loro sono divisioni. L’ALGORITMO PER L’ESTRAZIONE DI RADICE QUADRATA Per calcolare la radice quadrata di un numero intero, oltre al sistema della scomposizione in fattori, si può utilizzare un procedimento formato da una sequenza di regole che si chiama algoritmo per l’estrazione di radice quadrata. APPROSSIMARE PER DIFETTO Per calcolare la radice quadrata di un numero decimale, oppure per continuare a estrarre la radice oltre il numero intero, il procedimento è lo stesso ma, arrivati alla virgola si inserisce la virgola anche nella radice e si aggiungono due zeri al resto. Quando si deve estrarre la radice quadrata di un numero che non è perfetto, si può decidere se approssimarla per difetto: 8


• a meno di un decimo (0,1), cioè ci si ferma alla prima cifra decimale; • a meno di un centesimo (0,01), cioè ci si ferma alla seconda cifra decimale; • a meno di un millesimo (0,001), cioè ci si ferma alla terza cifra decimale. LA RADICE QUADRATA DI UNA FRAZIONE Quando in una frazione né il numeratore né il denominatore sono quadrati perfetti, per estrarre la radice quadrata si deve prima dividere il numeratore per il denominatore (eventualmente approssimando il risultato), poi si estrae la radice del risultato. RADICE QUADRATA DI UN’ESPRESSIONE ARITMETICA Per estrarre la radice quadrata di un’espressione aritmetica, bisogna prima eseguire tutte le operazioni seguendo le procedure di risoluzione dell’espressione, poi si estrae la radice quadrata del risultato. I NUMERI RELATIVI I numeri preceduti dal segno + vengono chiamati numeri relativi positivi, quelli preceduti dal segno – vengono chiamati numeri relativi negativi. La parte numerica viene chiamata modulo o valore assoluto. Due numeri che hanno lo stesso segno si chiamano concordi; due numeri che hanno segni diversi si chiamano discordi; due numeri discordi ma che hanno lo stesso valore assoluto si chiamano opposti.

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CONFRONTO TRA NUMERI RELATIVI Per confrontare tra loro i numeri relativi bisogna sempre ricordare che: • tra due numeri discordi il minore è sempre quello negativo; • lo 0 è maggiore dei numeri negativi e minore di quelli positivi; • tra due numeri positivi il minore è quello con il valore assoluto minore; • tra due numeri negativi il minore è quello con il valore assoluto maggiore. L’ADDIZIONE CON I NUMERI RELATIVI Nell’addizione bisogna tener presente che i numeri relativi hanno un segno, per cui si possono verificare varie situazioni: • se due numeri sono concordi si deve sempre addizionare e il segno è concorde ai due numeri; • se due numeri sono discordi si deve sempre sottrarre e il segno è quello del numero maggiore nel suo valore assoluto; • se due numeri sono opposti il risultato è 0. LA SOTTRAZIONE CON I NUMERI RELATIVI Per fare la differenza tra due numeri relativi bisogna addizionare al primo l’opposto del secondo. LA SOMMA ALGEBRICA Nell’insieme dei numeri relativi, l’addizione e la sottrazione costituiscono un’unica operazione. Essa viene detta addizione algebrica e il risultato si chiama somma algebrica. Per eseguirla, in pratica, si tolgono le parentesi che racchiudono i numeri e, se prima della parentesi c’è il +, esso semplicemente va eliminato, se invece c’è il –, si riscrive il numero seguente con il segno opposto. 10


LA MOLTIPLICAZIONE E LA DIVISIONE CON I NUMERI RELATIVI Nella moltiplicazione e nella divisione dei numeri relativi la presenza dei segni crea varie situazioni. In linea generale si può dire che: • se i due numeri sono concordi il risultato avrà segno positivo; • se i due numeri sono discordi il risultato avrà segno negativo. LE ESPRESSIONI CON I NUMERI RELATIVI Nelle espressioni con i numeri relativi, le regole per la risoluzione sono uguali a quelle che si seguono nell’insieme dei numeri naturali e cioè: • se non ci sono operazioni tra parentesi, si eseguono prima le moltiplicazioni e le divisioni nell’ordine in cui compaiono, poi le addizioni algebriche; • se ci sono operazioni tra parentesi, si svolgono prima le operazioni in parentesi tonda, poi quelle in parentesi quadra, infine quelle in parentesi graffa. I RAPPORTI Per poter avere dati oggettivi e reali spesso non basta analizzare dei valori numerici, ma bisogna metterli in rapporto con altri. Il rapporto tra due valori numerici acquisisce il significato specifico di risultato di divisione, cioè il loro quoziente. Questo rapporto può essere espresso in tre modi: • come divisione; • come frazione; • come numero decimale (quindi come quoziente). I due numeri che sono in rapporto tra loro si chiamano antecedente (il primo) e conseguente (il secondo). 11


Se, in un rapporto, si scambiano l’antecedente con il conseguente si ottiene un altro rapporto che viene chiamato rapporto inverso o reciproco. Il rapporto tra due valori numerici gode di una proprietà fondamentale, la proprietà invariantiva: moltiplicando o dividendo l’antecedente e il suo conseguente per uno stesso numero, diverso da 0, si ottiene un rapporto uguale a quello dato. RAPPORTI TRA GRANDEZZE OMOGENEE Il concetto di rapporto è strettamente collegato al concetto di grandezza. In matematica grandezza è tutto ciò che è misurabile. Se le grandezze che vengono messe in relazione, rapportate tra loro, sono della stessa natura, o più esattamente, sono espresse nella stessa unità di misura, allora si parla di rapporto tra grandezze omogenee e il loro quoziente è un numero puro. Se il rapporto tra due grandezze è un numero intero o un numero razionale, diremo che sono grandezze commensurabili, se invece è un numero irrazionale (cioè un numero decimale non periodico infinito) diremo che sono due grandezze incommensurabili. RAPPORTI TRA GRANDEZZE NON OMOGENEE Se le grandezze che vengono rapportate tra loro sono di diversa natura, cioè non sono espresse nella stessa unità di misura, si parla di rapporto tra grandezze non omogenee. Il rapporto tra due grandezze non omogenee dà quindi luogo a una grandezza derivata, cioè diversa da quelle date. SCALA DI RIDUZIONE E SCALA DI INGRANDIMENTO La rappresentazione in scala può essere di riduzione o di ingrandimento. 12


La scala di riduzione rappresenta il rapporto tra la misura di una distanza sulla cartina e la misura della stessa distanza nella realtà; indica cioè quante volte viene ridotta una distanza reale. La scala di ingrandimento, invece, viene utilizzata per rappresentare oggetti molto piccoli, che vengono riprodotti con dimensioni più grandi di quelle reali. LE PROPORZIONI Si definisce proporzione il confronto tra due rapporti uguali. Consideriamo la proporzione 12 : 16 = 15 : 20. Avremo che: • i quattro numeri si chiamano termini della proporzione; • il primo e il terzo sono gli antecedenti; • il secondo e il quarto sono i conseguenti; • il primo e il quarto si chiamano estremi; • il secondo e il terzo si chiamano medi; • il quarto è detto anche quarto proporzionale. Quando in una proporzione i medi sono uguali, essa viene chiamata proporzione continua e il medio (che è uguale) viene detto medio proporzionale tra gli estremi. LE PROPRIETÀ DELLE PROPORZIONI Proprietà fondamentale: in ogni proporzione il prodotto dei medi è uguale al prodotto degli estremi. Proprietà dell’invertire: se, in una qualsiasi proporzione, si scambia ogni antecedente con il suo conseguente, si ottiene ancora una proporzione. Proprietà del permutare: se, in una qualsiasi proporzione, si scambiano tra loro i medi, gli estremi o entrambi, si ottiene ancora una proporzione. 13


Proprietà del comporre: in ogni proporzione la somma del primo con il secondo termine sta al primo o secondo termine come la somma del terzo con il quarto termine sta al terzo o al quarto termine. Proprietà dello scomporre: in ogni proporzione (in cui ogni antecedente sia maggiore del proprio conseguente) la differenza tra il primo e il secondo termine sta al primo o secondo termine come la differenza tra il terzo e il quarto termine sta al terzo o al quarto termine. RISOLVERE UNA PROPORZIONE Quando non si conoscono tutti i termini di una proporzione, cioè si conosce un solo rapporto mentre dell’altro si conosce solo un termine (e anche che il loro quoziente deve essere uguale a quello del primo rapporto), bisogna “risolvere una proporzione”, cioè trovare il termine mancante. Questo termine viene chiamato termine incognito e viene generalmente indicato con la x. Primo caso (il termine incognito è un estremo): in una proporzione, per calcolare l’estremo incognito, bisogna ricavare il prodotto dei medi e dividerlo per l’altro estremo. Secondo caso (il termine incognito è un medio): in una proporzione, per calcolare il medio incognito, bisogna ricavare il prodotto degli estremi e dividerlo per l’altro medio. Terzo caso (il termine incognito è il medio proporzionale di una proporzione continua): in una proporzione continua, per calcolare il medio proporzionale incognito bisogna estrarre la radice quadrata del prodotto degli estremi. Quarto caso (il termine incognito, oltre a essere uno dei due medi, è anche parte dell’estremo corrispondente): in una proporzione in cui il termine incognito compare non solo come uno 14


dei due medi, ma anche come parte dell’estremo corrispondente, per calcolare il termine incognito bisogna prima eliminarlo dall’estremo applicando a esso la proprietà del comporre o dello scomporre e poi risolvere la proporzione normalmente, cioè moltiplicando i due estremi e dividendo il prodotto per il medio noto. RISOLUZIONE DI UNA PROPORZIONE CON DUE TERMINI INCOGNITI Per risolvere una proporzione con due termini incogniti, di cui però si conosca la somma o la differenza e il rapporto, è necessario impostare correttamente la proporzione e applicare la proprietà del comporre o dello scomporre. CATENA DI RAPPORTI Quando esiste un’uguaglianza non solo tra due rapporti ma tra più rapporti, si parla di catena di rapporti. In una catena di rapporti si applica la proprietà del comporre, per cui la somma degli antecedenti sta alla somma dei conseguenti come ogni antecedente sta al proprio conseguente. GRANDEZZE COSTANTI, VARIABILI E INTERDIPENDENTI Le grandezze possono essere costanti o variabili. Le grandezze costanti conservano sempre lo stesso valore; quelle variabili, invece, possono assumere valori diversi. Le grandezze variabili spesso sono in relazione tra loro in modo che, al variare di una, varia necessariamente anche l’altra. In questo caso si parla di variabili interdipendenti. Quando due variabili sono interdipendenti, una di loro sarà la variabile indipendente, cioè quella che può assumere liberamente 15


valori diversi (e che generalmente viene indicata con la x), mentre l’altra sarà la variabile dipendente, cioè quella che cambia in relazione al mutare dell’altra (e che generalmente viene indicata con la y). GRANDEZZE PROPORZIONALI Spesso, nell’ambito delle variabili interdipendenti, troviamo grandezze che variano in maniera proporzionale. In questo caso, il rapporto che lega le grandezze può essere espresso mediante una proporzione. Si parla, pertanto, di grandezze proporzionali. Esistono due tipi di grandezze proporzionali: le grandezze direttamente proporzionali e quelle inversamente proporzionali. GRANDEZZE DIRETTAMENTE PROPORZIONALI Due grandezze si dicono direttamente proporzionali se al raddoppiare di una raddoppia anche l’altra, al dimezzarsi di una si dimezza anche l’altra, al triplicare dell’una triplica anche l’altra ecc., cioè al crescere della prima cresce, in proporzione, anche la seconda. Il rapporto che c’è tra queste due grandezze si chiama coefficiente di proporzionalità diretta, si indica con k e si ottiene dividendo la variabile dipendente (y) per quella indipendente (x). GRANDEZZE INVERSAMENTE PROPORZIONALI Due grandezze si dicono inversamente proporzionali se al raddoppiare della prima dimezza la seconda, al triplicare della prima la seconda diventa un terzo ecc., cioè al crescere della prima decresce, in proporzione, la seconda. Il rapporto che c’è tra queste due grandezze si chiama coefficiente di proporzionalità inversa, si indica con h e si ottiene moltiplicando la variabile indipendente (x) per quella dipendente (y). 16


PROBLEMI DEL TRE SEMPLICE DIRETTO E INVERSO Sono problemi in cui le due grandezze sono direttamente o inversamente proporzionali. Per risolverli è necessario impostare una proporzione. PROBLEMI DEL TRE COMPOSTO Sono problemi in cui sono presenti non solo due grandezze, come nei problemi precedenti, ma almeno tre grandezze. Per risolverli bisogna scomporli in due o più problemi del tre semplice. PROBLEMI DI RIPARTIZIONE Anche nella risoluzione dei problemi di ripartizione semplice, sia diretta che inversa, si applica il concetto di proporzionalità. La ripartizione diretta semplice consiste nel dividere un numero in parti che siano direttamente proporzionali a dei numeri assegnati in maniera tale che la somma di queste parti sia uguale al numero dato. La ripartizione inversa semplice consiste nel dividere un numero in parti che siano inversamente proporzionali a dei numeri assegnati in maniera tale che la somma di queste parti sia uguale al numero dato. PERCENTUALI La percentuale è un rapporto che ha come conseguente 100. Analizziamo la proporzione 45 : 50 = x : 100. Possiamo dire: • 45 è la parte percentuale e si indica con p; • 50 rappresenta il totale di elementi esaminati, viene chiamato totale e si indica con T;

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• 90 indica il numero di elementi che avrebbero soddisfatto una determinata condizione se ne avessimo presi in esame 100, si chiama tasso percentuale e si indica con r. Da ciò possiamo dedurre che la proporzione fondamentale delle percentuali è: p : T = r : 100. PROBLEMI SULLE PERCENTUALI I problemi sulle percentuali sono di tre tipi e in tutti e tre i tipi la proporzione di partenza è sempre: p : T = r : 100 Primo tipo (calcolo della parte percentuale p): in questo tipo di problemi si conosce il totale (T) e il tasso percentuale (r), e si vuole calcolare la parte percentuale per cui la proporzione sarà: x : T = r : 100. Secondo tipo (calcolo del tasso percentuale r): in questo tipo di problemi si conosce la parte percentuale (p) e il totale (T), e si vuole calcolare il tasso percentuale per cui la proporzione sarà: p : T = x : 100. Terzo tipo (calcolo del totale T): in questo tipo di problemi si conosce la parte percentuale (p) e il tasso percentuale (r), e si vuole calcolare il totale per cui la proporzione sarà: p : x = r : 100. EVENTI CERTI, POSSIBILI E IMPOSSIBILI Un evento è certo quando si può dire con assoluta certezza che si verificherà. Un evento è impossibile quando sicuramente non si verificherà. Un evento è possibile o casuale o aleatorio quando potrebbe verificarsi ma potrebbe anche non verificarsi.

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IL CALCOLO DELLE PROBABILITÀ Il calcolo delle probabilità viene effettuato solo sugli eventi possibili o casuali e consiste nel dare un valore numerico alla probabilità che un evento si verifichi. Esso è dato dal rapporto tra il numero di casi favorevoli a che un evento si verifichi e il numero di casi possibili. EVENTI COMPATIBILI, INCOMPATIBILI E COMPLEMENTARI Nel calcolo delle probabilità, due eventi possono essere compatibili, incompatibili e complementari. Due eventi si dicono compatibili quando il verificarsi di uno non esclude la possibilità che si verifichi l’altro, per cui possono verificarsi anche contemporaneamente. Due eventi si dicono incompatibili quando il verificarsi di uno esclude la possibilità che si verifichi l’altro. Due eventi si dicono complementari quando il verificarsi di uno esclude la possibilità che si verifichi l’altro, ma uno dei due deve necessariamente verificarsi. LE FASI DI UN’INDAGINE STATISTICA Un’indagine statistica prevede le seguenti fasi: • la raccolta dei dati, per la quale si scelgono la quantità e il tipo di campione che si vuole analizzare, e durante la quale si intervista il campione e si trascrivono i dati nell’ordine secondo cui vengono raccolti; • la trascrizione e l’organizzazione dei dati, per le quali in genere si utilizza una tabella a doppia entrata nella quale vengono riportati i dati in maniera ordinata, in modo che risultino immediatamente leggibili; 19


• l’elaborazione e l’interpretazione dei dati, in virtù delle quali ogni dato va tradotto in percentuale in modo da poter confrontare e interpretare i vari dati. GLI INDICI DI POSIZIONE Gli indici di posizione sono un altro tipo di elaborazione dei dati. Ne esistono quattro tipi: la media aritmetica semplice, la media ponderata, la moda e la mediana. La media aritmetica semplice è quel valore che si ottiene sommando tutti i dati e dividendo il risultato per il numero dei dati stessi. La media ponderata è quel valore che indica la frequenza con la quale si ripete un dato. La moda è il dato che si presenta con maggior frequenza. La mediana è quel valore (o quei valori) che occupa il posto centrale quando i dati sono disposti in ordine crescente o decrescente.

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FACCIAMO UN ESPERIMENTO… COSÌ LONTANO, COSÌ VICINO È un dato di fatto, è risaputo, ce ne accorgiamo tutti: se una cosa si allontana da noi la vediamo rimpicciolirsi, se si avvicina la vediamo ingrandirsi. È più difficile stabilire, però, di quanto l’oggetto “rimpicciolisce” o “ingrandisce” con l’aumentare o il diminuire della distanza. Ci sono diversi modi per stabilire se tra queste misure (distanza dell’oggetto, misura apparente) esista un rapporto matematico. L’esperienza che ti proponiamo adesso forse ti aiuterà a farti un’idea più chiara sulla questione. Prima prova utile per cominciare a farsi un’idea Tieni a distanza fissa dal tuo occhio la mano, stendendo al massimo il braccio. Prendi la mira su un oggetto presente nel paesaggio e al quale tu possa avvicinarti fino a toccarlo (un’automobile, un albero, una costruzione). Osservando con un occhio solo, allontana o avvicina tra di loro l’indice e il pollice della mano tesa, in modo che il pollice tocchi visivamente la base dell’oggetto e l’indice la cima. Allontanati dall’oggetto mantenendo la mira (braccio ben teso, pollice e indice che cercano di afferrare visivamente l’oggetto). Ti accorgerai che, per “mantenere la presa” sull’oggetto che stai puntando, dovrai avvicinare il pollice e l’indice tra di loro. Ora, prova ad avvicinarti all’oggetto e ti accorgerai che stavolta, per mantenere la presa, dovrai allontanare le dita tra di loro.

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Forse, riflettendo su questa esperienza, sarai già in condizione di intuire o addirittura di indovinare se esiste un rapporto matematico tra cambiamento del punto di vista e grandezza apparente. Ma per avere le idee più chiare ti proponiamo una seconda esperienza.

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Una misura più precisa Procurati i seguenti materiali: • una lente d’ingrandimento; • dello scotch carta; • un foglio di carta da geometri (quella un po’ opaca e bianca con la quale si fanno i ricalchi e sulla quale è possibile disegnare con la matita); • una scatola di cartone grande; • un tessuto per oscurare (una coperta, un telo nero); • un coltello da cucina; • un righello graduato (in centimetri); • una matita; • un pennarello indelebile nero a punta sottile; • una rullina metrica o, in mancanza, un metro da muratore. Disegna sul foglio di carta da geometri, adoperando la matita e il righello, un reticolo formato da quadrati di un centimetro di lato. Le linee del reticolo devono essere parallele e perpendicolari ai lati del foglio. Ricalca le linee del reticolo con il pennarello indelebile in modo che siano ben visibili. Poi ritaglia un lato della scatola di cartone e incornicia il foglio. 1cm

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Fatto questo, fai un buco circolare (un po’ più piccolo della lente d’ingrandimento) sul lato della scatola di cartone opposto a quello dal quale hai ritagliato il cartone per la cornicetta. Fissa sul foro, con lo scotch carta, la lente d’ingrandimento. La prima cosa che devi fare, adesso, è provare a vedere come funziona questo oggetto. Esso non è altro che la riproduzione artigianale e un po’ rozza della parte ottica dell’occhio. Punta la lente della scatola verso un oggetto qualunque del paesaggio, magari adoperando come base di appoggio un tavolo. Introduci lo schermo (la carta incorniciata) e la tua testa all’interno della scatola e oscura l’apertura con il telo. Muovi lentamente avanti e indietro lo schermo davanti alla lente dentro la scatola, fino a che non vedrai formarsi l’immagine del paesaggio proiettata sullo schermo.

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Nel momento in cui vedrai le immagini degli oggetti del paesaggio che si trova davanti alla lente proiettate sullo schermetto, ti sarà facile dedurre che, grazie al reticolo disegnato, potrai misurare in quadratini da un centimetro ogni immagine che si forma sullo schermo. Dopo aver giocato un po’ con questo oggetto dalle infinite possibilità, proviamo ad adoperarlo come misuratore di immagini.

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La legge della prospettiva Il titolo di questo paragrafo allude alla legge matematica che mette in relazione il cambiamento della grandezza apparente dell’oggetto con la sua distanza dall’osservatore. Chiedi a un tuo amico o a un tuo parente di collocarsi davanti alla lente a una certa distanza. Misura, con il metro o con la rullina metrica, la distanza tra la scatola e la persona, che non dovrà spostarsi. Infila la testa nella scatola oscurandola con il tessuto e sposta lo schermetto fino a che non vedi l’immagine della persona formarsi nitidamente. Fatto questo, misura l’altezza dell’immagine adoperando la quadrettatura del reticolo. Annota la distanza in metri tra la scatola e la persona e la grandezza dell’immagine in centimetri.

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Chiedi alla persona di spostarsi a una distanza due volte maggiore. Torna a misurare la sua immagine che si forma sullo schermo e scoprirai che è rimpicciolita della metà. Prova a triplicare la distanza e vedrai che l’immagine rimpicciolirà di un terzo. Secondo la legge della prospettiva, formalizzata in modo pratico dai pittori del Rinascimento che furono i primi ad applicarla in modo sistematico alla pittura, la grandezza apparente dell’immagine cambia in modo inversamente proporzionale alla distanza dell’oggetto dall’osservatore. Se la distanza quadruplica, l’immagine si riduce di 1/4, se la distanza si riduce di 1/3, l’immagine diventa tre volte più grande. Prova, sperimenta e verifica se questa legge vale in tutti i casi.

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MISURARE E FARE LA MEDIA Sappiamo per certo che gli scienziati non si accontentano della prima misura. Ogni volta ne fanno tante e solo quando i risultati sono simili o uguali per un numero sufficiente di volte, allora dicono: “Forse le cose vanno in questo modo”. Dicono sempre “forse”, perché nessuno scienziato che si rispetti ha l’assoluta certezza di ciò che ha scoperto. In genere, nel mondo della scienza, chi si mostra troppo sicuro dei risultati ottenuti non è considerato una persona eccessivamente intelligente. Ora ti proporremo alcuni semplici esempi su come uno scienziato tratta i dati ottenuti da una misura. Lo faremo attraverso due piccoli esperimenti sulla forza di gravità.

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Primo esperimento: la caduta di oggetti di diverso peso Molti pensano che gli oggetti più pesanti sono, più velocemente cadono. Questo semplice esperimento può mettere chiarezza sulla verità o meno di tale affermazione. Materiali necessari: • un tavolo; • un oggetto pesante (una pietra, un peso di metallo); • un oggetto leggero (un foglio di carta ben accartocciato, una pallina di gomma); • degli osservatori attenti. Sali sul tavolo e mantieni, uno per mano, un oggetto molto leggero e un oggetto molto pesante. Devi sollevarli esattamente alla stessa altezza. Gli osservatori dovranno aiutarti a collocare i due oggetti alla stessa distanza dal suolo. Al via di uno degli osservatori, lascia cadere gli oggetti nello stesso momento. Gli osservatori dovranno, appunto, osservare se i due oggetti, di peso molto diverso, giungano a terra nello stesso momento. Diverse prove avranno un risultato dubbio; per questo motivo, scientificamente, è meglio farne molte: dieci, forse venti. E se, su venti misurazioni, quindici daranno lo stesso risultato, quello, molto probabilmente, sarà il risultato giusto. Secondo esperimento: il rimbalzo Questo esperimento ci dice qualcosa sul fatto che i corpi, cadendo, non mantengono la stessa velocità ma accelerano continuamente fino al momento dell’impatto con il suolo.

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Materiali necessari: • una palla matta (sarebbe una di quelle palle di gomma dura che se lanciate con forza fanno dei grandi rimbalzi); • un metro da muratore; • un pavimento duro e bel levigato; • almeno tre persone. Una prima persona terrà il metro ben dritto e perpendicolare al suolo con lo zero a contatto con il pavimento. Una seconda persona farà cadere la palla da una certa altezza vicino al metro. L’altezza sarà rilevata direttamente sul metro. Una terza persona darà il via alla caduta e, aguzzando bene la vista, dovrà leggere sul metro a che altezza giungerà la palla dopo avere rimbalzato. La palla verrà fatta cadere da diverse altezze e si vedrà che maggiore è l’altezza da cui cade più alto sarà il rimbalzo. Questo esperimento conferma la legge della fisica secondo la quale un corpo in caduta aumenta continuamente la sua velocità. Ma come si fa ad essere sicuri che la misura dell’altezza del rimbalzo sia corretta? Diceva un bravo professore di fisica dell’Università di Palermo: “Per essere un po’ meno insicuri, bisogna fare almeno dieci misure”. I tre sperimentatori ripeteranno per una certa quantità di volte la misura del rimbalzo da ogni altezza, e per ogni misura calcoleranno la media. Ciò gli darà un risultato abbastanza vicino alla realtà del fenomeno. Ma mai perfettamente coincidente. Gli scienziati lo sanno: dietro ogni misura si nasconde un errore. Ripetendo le misure e calcolando la media si minimizza l’errore, ma non lo si elimina completamente.

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Adesso prova con i tuoi collaboratori a realizzare un esperimento completo sul rimbalzo. Ricorda di annotare i dati, di ripetere diverse volte le misure del rimbalzo da ogni altezza e di calcolare la media. Puoi riportare le misure dell’altezza di caduta e quelle dell’altezza di rimbalzo su un grafico cartesiano. E, come sempre, ti auguriamo un buon lavoro.

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MISURE MISURARE L’AREA L’unità di misura dell’area è il metro quadrato (m²). Il metro quadrato è un quadrato il cui lato è 1 metro. I sottomultipli del m² sono: • il dm² (per avere 1m² ci vogliono 100dm²); • il cm² (per avere 1m² ci vogliono 10.000cm²); • il mm² (per avere 1m² ci vogliono 1.000.000mm²). I multipli del m² sono: • il dam² (composto da 100m²); • l’hm² (composto da 10.000m²); • il km² (composto da 1.000.000m²). MISURARE LA PRESSIONE La pressione si misura in atmosfere o in millibar. 1 atmosfera corrisponde a 1013mbar ed è la pressione che si registra mediamente al livello del mare durante una giornata temperata. 1 atmosfera corrisponde al peso di 1kg ogni cm². La pressione si misura con uno strumento chiamato barometro.

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FACCIAMO UN ESPERIMENTO… LA PRESSIONE Le differenze di pressione La pressione dell’aria all’interno di una bottiglia vuota appena tappata o di un recipiente chiuso è uguale alla pressione esterna. Questo perché l’aria contenuta all’interno del recipiente esercita verso l’esterno una pressione uguale e contraria a quella dell’atmosfera, ma, nel momento in cui viene tolta l’aria contenuta all’interno del recipiente oppure la pressione esterna per qualche ragione aumenta, questo equilibrio viene a mancare e la pressione esterna diventa superiore a quella interna. Gli effetti di questo mutamento degli equilibri possono essere vari.

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La bottiglia vuota nel freezer È utile sapere che... 1. Le molecole che compongono l’aria sono in continuo movimento. Tale movimento, chiamato “agitazione termica”, aumenta con l’aumentare della temperatura. 2. Un gas la cui agitazione termica è molto alta tende ad espandersi; viceversa, se la sua agitazione termica è a livelli minimi, esso tende a contrarsi cioè ad occupare meno spazio.

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Cosa serve per fare l’esperimento Una bottiglia di plastica vuota con il tappo a tenuta. Un freezer di normale uso domestico. Come si realizza l’esperimento Lascia sul fondo della bottiglia appena un dito d’acqua e, dopo aver tolto l’etichetta, chiudi la bottiglia stringendo forte il tappo, in modo tale che non vi sia nessuna possibilità di fuoriuscita o di ingresso di aria e che la pressione dell’aria all’interno della bottiglia sia uguale a quella esterna.

Poni la bottiglia vuota nel freezer e lasciala dentro per almeno un’ora. Più tempo resterà la bottiglia nel freezer più evidenti saranno gli effetti dell’esperimento. 35


Trascorso il tempo dovuto, prendi la bottiglia dal freezer e portala all’esterno. Quanto avverrà è che le pareti della bottiglia subiranno una deformazione verso l’interno (si schiacceranno in maniera più o meno accentuata).

Perché accade ciò? Perché, sottoposta alle temperature del freezer, l’aria all’interno della bottiglia si è raffreddata molto rispetto a quella esterna (l’esperimento funziona ancora meglio in giornate calde)? Quando l’aria si raffredda l’agitazione termica delle sue molecole diminuisce: avviene pertanto che il gas contenuto nella bottiglia si contrae, esercitando una pressione minore sulle pareti. Quando l’aria contenuta nella bottiglia aveva la stessa temperatura di quella atmosferica, la pressione interna si equilibrava con quella esterna; ma quando, a causa del raffreddamento, la sua pressione interna è diminuita, prendendo il sopravvento su quella atmosferica, la bottiglia è stata schiacciata dall’aria esterna. Il dito d’acqua lasciato sul fondo della bottiglia funziona da refrigeratore e mantiene l’aria della bottiglia ad una temperatura bassa per un tempo maggiore.

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Per far tornare la bottiglia alla forma originaria, basterà aprire il tappo oppure mettere un po’ al Sole la bottiglia o semplicemente lasciarla fuori dal freezer attendendo che la temperatura interna diventi uguale a quella esterna. Facendo ciò l’agitazione termica delle particelle presenti nella bottiglia si incrementa, fino a che non è raggiunto l’equilibrio delle pressioni. Se l’aria all’interno si riscalda troppo avrà luogo, però, il fenomeno inverso, e cioè la bottiglia si gonfierà (i gas riscaldati si dilatano). Prova a lasciare la bottiglia chiusa esposta al Sole per un tempo prolungato.

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GLI EFFETTI PRODOTTI DALLA PRESSIONE Laddove nasce una differenza di pressione nasce movimento. Un palloncino esplode quando alla sua pressione interna non si oppone una pressione esterna altrettanto forte. Un palloncino gonfiato normalmente sulla Luna scoppierebbe, perché non vi sarebbe alcuna pressione esterna a contrastare quella interna del palloncino. Quando una grande massa d’aria, per i motivi più vari (pressata da altre masse d’aria, riscaldata dal Sole), aumenta di pressione, tende a riversarsi dove la pressione è più bassa, generando movimento. È come se la natura cercasse di ristabilire continuamente degli equilibri, che subito dopo si perdono, per essere di nuovo riacquistati e poi ancora perduti, e questo continuamente.

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Aria che si dilata, aria che si comprime (esperimento su come un mutamento di stato dell’aria mette in movimento dell’acqua)

È utile sapere che... Se si riscalda un contenitore ermeticamente chiuso e pieno d’aria, la pressione interna del contenitore aumenta; se invece il contenitore viene raffreddato, la pressione interna diminuisce.

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Cosa serve per fare l’esperimento Un barattolo di vetro grande. Una candela. Un portacandele. Un tovagliolo di carta. Un piatto di vetro. Come si realizza l’esperimento Stendi il tovagliolo di carta sul fondo del piatto senza aprirlo, riempi di acqua il piatto fino a un dito di altezza sotto l’orlo.

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Sistema la candela nel centro del piatto e accendila.

Poggia il barattolo sopra il piatto chiudendo la candela ermeticamente. Prima di poggiare il barattolo, però, tienilo sospeso per un po’ sopra la candela, in modo che l’aria all’interno del contenitore si riscaldi il più possibile.

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Dopo un po’ di tempo la candela si spegne e, trascorsi pochi secondi, il livello dell’acqua dentro il barattolo comincia a salire, fino a superare di un dito o due il livello dell’acqua nel piatto. Cosa è successo?

Perché accade ciò? Quando poggiamo il barattolo vuoto sulla candela, l’aria del barattolo è già stata in parte riscaldata dalla fiamma. Nelle fasi precedenti allo spegnimento della candela, l’aria ha continuato a riscaldarsi. Come si è capito dall’esperimento precedente, l’aria, quando si riscalda, tende ad occupare più spazio e, quando si raffredda, si contrae. Nel momento in cui rinchiudiamo la candela nel barattolo, l’aria che abbiamo imprigionato è già espansa, a causa del calore della fiamma. 42


Quando la candela si spegne, l’aria contenuta nel barattolo torna a raffreddarsi e a comprimersi. Quanto succede, allora, è che la pressione all’interno del contenitore diventa minore rispetto a quella atmosferica, e l’aria esterna, premendo sull’acqua, spinge il liquido dentro il barattolo attraverso i capillari della carta. La risalita d’acqua cessa quando l’equilibrio tra la pressione esterna e quella interna è ristabilito. La candela si spegne perché l’ossigeno presente nel barattolo finisce per consumarsi. La combustione produce anidride carbonica. Tale trasformazione chimica contribuisce, sebbene in minima parte, alla diminuzione della pressione interna del barattolo.

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TRASPORTARE L’ACQUA Sfruttando le forze della natura e per facilitarsi l’esistenza, l’uomo ha inventato numerose tecniche e strumenti. Tra questi il sifone è una delle invenzioni più semplici, ma nello stesso tempo più geniali. Esso serve a trasportare acqua da un recipiente più alto ad uno più basso, superando l’ostacolo del bordo del recipiente di partenza. In questa parte ti spiegheremo come funziona il sifone.

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Il sifone È utile sapere che... L’aria ha un peso che grava sopra ogni cosa. Il peso di una colonna d’aria corrisponde al peso di un colonna di 10 metri di acqua. Cosa serve per fare l’esperimento Due recipienti abbastanza capienti (barattoli, pentole o secchi). Un tubo di gomma della lunghezza di circa un metro. Come si realizza l’esperimento Posiziona i due recipienti ad altezze diverse, uno su un tavolo e l’altro a terra. Il recipiente più alto deve essere pieno d’acqua.

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Riempi il tubo d’acqua e tenendo bloccate le due estremità, per non fare uscire il liquido, immergile nei due recipienti. Cosa succederà? Superando il bordo, l’acqua del recipiente superiore, attraverso il tubo, si riverserà interamente nel recipiente inferiore.

Perché accade ciò? L’acqua dentro il tubo, posizionato tra il recipiente superiore e quello inferiore, forma una colonna che pesa verso il basso e la cui pressione tende a far scendere il liquido. Sul recipiente in alto abbiamo la pressione atmosferica che preme sulla superficie dell’acqua, nella quale è immersa la parte superiore del tubo; tale 46


pressione impedisce al liquido contenuto nel tubo di uscire dal foro superiore, motivo per cui il liquido non può far altro che andare giù. Nel suo movimento verso il basso, l’acqua del tubo risucchia quella contenuta nel recipiente. Tale meccanismo si esaurisce solo quando il contenitore più alto si è completamente svuotato.

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MISURA DI MASSA E DI PESO La Terra è l’unico pianeta dove la massa e il peso sono uguali. La ragione sta nel fatto che l’uomo ha inventato questi due sistemi di misura e li ha sperimentati sul suo pianeta: soltanto in seguito ha scoperto che la massa rimane costante su tutti i pianeti, mentre il peso varia a seconda che ci si trovi sulla superficie di Mercurio, della Terra o di Saturno. Una normale bilancia, quindi, in un qualsiasi posto del nostro pianeta, oltre che misurare il peso degli oggetti, misura anche la loro massa.

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GEOMETRIA L’AREA DEL RETTANGOLO E DEL QUADRATO L’area del rettangolo e del quadrato si ottengono moltiplicando la base (b) per l’altezza (h). Poiché il quadrato, che è da considerarsi un tipo particolare di rettangolo, ha tutti e quattro i lati uguali, l’area del quadrato può essere calcolata elevando il lato (l) al quadrato.

l

h b A=b×h

A = b × h = l × l = l²

L’AREA DEL PARALLELOGRAMMA L’area del parallelogramma si ottiene moltiplicando la base (b) per l’altezza (h).

h b A=b×h

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L’area del rombo L’area del rombo si calcola moltiplicando la diagonale maggiore (dM) per la diagonale minore (dm) e dividendo il prodotto per 2. dm dM

A = (dm × dM) : 2

L’area del trapezio L’area del trapezio si ottiene moltiplicando la somma della base maggiore (bM) e della base minore (bm) per l’altezza (h) e dividendo il risultato per 2. bm h bM A = (bM + bm) × h : 2

L’area del triangolo L’area del triangolo si ottiene moltiplicando la base (b) per l’altezza (h) e dividendo il risultato per .2

h b

h

h b A = (b × h) : 2

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b


L’area dei poligoni regolari L’area di un poligono regolare si calcola moltiplicando il perimetro per l’apotema e dividendo il risultato per 2. E

A E

B O C

a

D

F

D

D

G

a F

E

C

O A

H B

a A

O

C B

A=P×a:2

In ogni poligono regolare, il rapporto matematico tra apotema e lato è sempre uguale. Nella tabella che segue sono riportati i rapporti tra apotema e lato di alcuni poligoni. Poligono Quadrato Pentagono Esagono Ettagono Ottagono

N. lati 4 5 6 7 8

Rapporto a/l 0,5 0,68 0,86 1,03 1,2

Grazie a questo rapporto matematico, è possibile ottenere la lunghezza del lato a partire da quella dell’apotema e viceversa. Ad esempio, nel pentagono regolare: • il lato è uguale alla lunghezza dell’apotema diviso 0,68 (l = a/0,68); • l’apotema è uguale al prodotto della lunghezza del lato per 0,68 (a = l × 0,68).

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LA CIRCONFERENZA, IL RAGGIO, L’AREA DEL CERCHIO La circonferenza si ottiene moltiplicando il diametro per π, ossia il raggio per 2π. Il raggio si ottiene dividendo la circonferenza per 2π oppure facendo la radice quadrata dell’area diviso π. L’area si ottiene moltiplicando π per il quadrato del raggio. r

o

r = C/2π C = 2πr

r = √A/π

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A = πr²


IL TEOREMA DI PITAGORA In ogni triangolo rettangolo, l’area del quadrato costruito sull’ipotenusa è sempre uguale alla somma delle aree dei quadrati costruiti sui cateti.

C2 C

A

A2

B B2

A2

C² = A² + B²

+

B2

B² = C² – A²

=

C2

A² = C² – B²

Per calcolare i valori dei lati A, B e C a partire dalle formule scritte qui sopra basta eseguire la radice quadrata dei risultati ottenuti.

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FACCIAMO UN ESPERIMENTO… Conosci bene, per averlo studiato, il teorema di Pitagora. È uno dei più conosciuti. Come ben sai, riguarda solo ed esclusivamente i triangoli rettangoli, cioè sarebbe a dire tutti quei triangoli che hanno un angolo di 90° e gli altri due necessariamente inferiori a 90°. Questo famoso teorema dice che la somma delle aree dei quadrati costruiti sui due cateti (tradotto significa: la somma delle superfici dei due quadrati i cui lati sono uguali ai lati minori del triangolo rettangolo) è uguale all’area del quadrato costruito sull’ipotenusa (cioè alla superficie del quadrato che ha il lato uguale al lato maggiore del triangolo). Ora che abbiamo ripassato il teorema (e in questo libricino è già la seconda volta che lo facciamo) senti questa: per il teorema di Pitagora vale anche la seguente formulazione: la somma dei pesi dei due quadrati costruiti sui cateti è uguale al peso del quadrato costruito sull’ipotenusa. È ovvio che, per potere pesare questi quadrati, sia il triangolo che i quadrati in questione devono essere costruiti con dei materiali che abbiano un certo peso. Ma non fasciamoci la tesa prima di farci male: proviamo semplicemente a fare l’esperimento per vedere se questa seconda formulazione del teorema di Pitagora, probabilmente inventata dal grande scienziato e matematico ellenico Archimede di Siracusa, corrisponde a verità. Chi è Archimede di Siracusa? Ancora prima che uno dei più grandi scienziati di tutti i tempi, è stato un matematico. Ha studiato la sfera e diverse forme solide; inoltre, adoperando materiali di 54


diverso tipo (liquidi, recipienti trasparenti, bilance), ha inventato numerosi modi per dimostrare la verità dei teoremi e delle leggi matematiche che già ai suoi tempi (il III secolo a.C.) erano piuttosto numerose. Archimede di Siracusa, infatti, non era uno che si contentava di mandare le “formule a memoria”: cercava sempre di capirne la ragione, e spesso ricorreva all’uso di macchine da lui stesso inventate e costruite. Proveremo, in questo breve paragrafo, a ripercorrere alcuni suoi passi. Anche se non siamo sicuri che abbia fatto un esperimento del genere, proveremo a farlo adoperando materiali semplici e cercando di rispettare l’idea (sua) secondo la quale la matematica non deve essere separata dal mondo reale. Materiali necessari: • uno scatolone di cartone spesso sul quale disegnare e ritagliare le forme geometriche; • un pennarello scuro a punta sottile; • una riga da almeno 60cm; • delle squadrette; • un goniometro; • un paio di forbici; • un elastico molto sottile e il più lungo possibile, almeno 30cm; • un fermaglio di metallo.

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Come procedere Taglia l’elastico in un punto e fai un nodo a circa 1 cm da uno dei due estremi. All’altro estremo lega il fermaglio modellandolo come un piccolo gancio. Facendo questo hai realizzato una semplice e rudimentale bilancia. Misura la lunghezza dell’elastico, dal nodo al punto di attacco del fermaglio, senza nessun oggetto agganciato. Questa misura rappresenta il peso zero (nessun oggetto è attaccato alla bilancia). Aggancia un oggetto qualunque all’elastico e vedrai che si allungherà. Misura la lunghezza raggiunta, e ad essa sottrai la lunghezza dell’elastico alla sua minima lunghezza. Tale differenza rappresenta, in millimetri, il peso dell’oggetto.

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Disegna sul cartone un triangolo rettangolo la cui ipotenusa sia lunga almeno 50cm. Disegna sul cartone tre quadrati aventi i lati lunghi rispettivamente quanto il cateto maggiore, il cateto minore e l’ipotenusa. Ritaglia con molta attenzione le forme disegnate. Fai un piccolo foro su uno spigolo di ognuno dei tre quadrati. Adesso fissa al gancio insieme i due quadrati i cui lati sono ottenuti dai cateti e misura il loro peso, poi annota la misura di allungamento rilevata su un foglio, per non dimenticarla. Fatto questo, stacca i quadrati costruiti sui cateti e misura il peso del quadrato costruito sull’ipotenusa. Ti accorgerai, se tutto ha funzionato, che la somma dei pesi dei due quadrati costruiti sui cateti è uguale al peso del quadrato costruito sull’ipotenusa. Questo è un modo sperimentale, alla maniera di Archimede, di dimostrare l’esattezza del teorema di Pitagora. Se hai tempo e voglia, puoi costruire un modello di questo esperimento adoperando, invece del cartone, il compensato da 0,8mm. La procedura per ottenere i quadrati e i triangoli è la stessa, solo che per ritagliare le sagome è necessario un seghetto da traforo (è poco costoso e si acquista nei negozi di ferramenta). Il lavoro è un po’ più faticoso, ma i risultati molto più soddisfacenti. Archimede sicuramente non usava il cartone.

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LA FORZA DEI TRIANGOLI Un giorno, una famosa matematica italiana che amava insegnare la geometria ai ragazzi e che insieme a loro costruiva oggetti meravigliosi per far capire meglio la matematica ai suoi alunni, andò a un convegno di grandi studiosi di matematica che le rimproverarono il suo modo di insegnare, dicendole che la matematica va studiata solo attraverso il ragionamento puro e astratto e che la vera matematica non ha nessun rapporto con la realtà. Emma, così si chiamava l’insegnante, che oltre che essere assai intelligente aveva anche senso dell’umorismo, fece notare che questa astratta matematica di cui loro tanto parlavano stava impedendo al tavolo, su cui i grandi studiosi avevano poggiato i loro libri e i loro quaderni, di crollare a terra mandando all’aria loro e i loro preziosi appunti. Effettivamente il grosso tavolo di legno massiccio e pesante al quale erano seduti i luminari era sostenuto da strutture metalliche a base triangolare: una forma geometrica dalle qualità fisiche (oltre che matematiche) molto interessanti. Forse in ricordo di questa esperienza, oppure semplicemente perché amava ricercare, capire e far capire le cose, Emma Castelnuovo inventò un piccolo esperimento per chiarire ai suoi alunni perché è meglio costruire delle strutture a moduli triangolari piuttosto che rettangolari.

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Materiali necessari per l’esperimento: • del cartone molto spesso; • del compensato dello spessore di 0,6cm; • delle forbici; • una riga; • una matita; • un taglierino; • un giravite con la punta sottile e un altro con la punta più grossa; • dei piccoli bulloni con dadi a farfalla; • un pacchetto di fermacampioni; • un po’ di pazienza. Cosa si fa Disegna sia sul foglio di compensato che sul cartone delle strisce della larghezza di 2cm e di lunghezze varie, da 15cm a 30cm. Fatto questo, taglia le strisce di cartone adoperando le forbici e le strisce di compensato adoperando il taglierino e la riga per realizzare un taglio dritto. Usa il cartone e il compensato per costruire modelli uguali ma con materiali diversi. Dopo avere tagliato le strisce realizza dei fori agli estremi di ogni striscia a circa 0,7cm dalle punte. Prima adopera il giravite sottile, poi allarga i fori (solo delle strisce di compensato) adoperando il giravite più grosso. A questo punto puoi sperimentare liberamente. Le strisce di cartone le fissi tra di loro, un estremo con l’altro usando i fermacampioni e creando figure geometriche di ogni tipo (quadrati, rettangoli, trapezi, esagoni, pentagoni, triangoli). Lo stesso potrai fare con le strisce di compensato, agganciando 59


tra di loro un estremo con l’altro, adoperando i bulloni con i dadi a farfalla. Con il compensato otterrai delle figure geometriche più robuste e più belle.

Ora, provando e riprovando, ti sarà facile accorgerti che quasi tutte le forme geometriche sono deformabili. Il quadrato, se muovi i suoi lati, diventa un rombo sempre più stretto. Il rettangolo diventa un parallelogramma. L’esagono regolare può trasformarsi in un’immagine di una farfalla. L’unica figura geometrica indeformabile e resistente a ogni sollecitazione è il triangolo. Prova a montare tra gli angoli più vicini di un rombo una striscia della misura opportuna. Il rombo si trasformerà in una coppia di triangoli adiacenti e, da figura deformabile, diventa rigida e indeformabile. Emma aveva ragionato bene. Se ti guardi intorno potrai vedere che le strutture delle gru si reggono su ripetuti moduli triangolari. La stessa torre Eiffel non è altro che un’infilata di triangoli metallici che permettono a quella struttura ormai antica di reggersi senza crollare a terra. 60


L’ALTEZZA IN UNO SPECCHIO Conoscerai sicuramente il teorema di Euclide sulla similitudine dei triangoli. Beh! Per lavorarci su meglio dovrai fare una piccola ripassata sulle proporzioni. Il teorema dice che due triangoli sono simili quando le proporzioni tra i loro lati sono le stesse. Come dire: se il triangolo grande e il triangolo piccolo disegnati qua sotto sono simili allora accadrà che se il lato AB del triangolo grande è il doppio del lato BC dello stesso triangolo, necessariamente il lato ab del triangolo piccolo misurerà il doppio del lato bc dello stesso triangolo. AB : BC = ab : bc b A

a

B

c C

Bene, questa proprietà dei triangoli simili è stata adoperata da pittori, geografi, topografi, geometri, architetti in modi diversi e sempre assai utili. Ti vogliamo proporre un piccolo esperimento suggerito da un famoso architetto del Rinascimento, Leon Battista Alberti, che misurò l’altezza di una torre adoperando una specie di metro da muratore e uno specchio e applicando le proprietà dei triangoli simili. 61


Materiali necessari: • uno specchio piano; • un metro da muratore pieghevole (della lunghezza di 2 metri); • una rullina metrica (altrimenti ci si può accontentare del metro da muratore). Come si procede Prima di tutto misura la tua altezza, non a partire dalla testa ma a partire dagli occhi, fronte esclusa. Puoi anche procedere prima misurando la tua altezza e poi sottraendo l’altezza della fronte dalle ciglia fino alla cima della testa. Scegli tu il modo, il risultato sarà simile. Decidi di quale oggetto vuoi misurare l’altezza. Comincia con qualcosa la cui altezza in seguito puoi verificare adoperando il metro. Per esempio: un palo non troppo alto (circa tre metri). Accertati che il pavimento sia ben piano e sistema lo specchio a una certa distanza dall’oggetto di cui vuoi misurare l’altezza (nel caso di un palo di tre metri, sistema lo specchio a circa due metri dal palo). Sistemato lo specchio, spostati fino a che non vedi riflessa nel centro dello specchio la cima del palo. Chiedi a un collaboratore di misurare la distanza tra i tuoi piedi e lo specchio.

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Il raggio del tuo sguardo, l’altezza misurata tra i tuoi occhi e il suolo, e la distanza tra i tuoi piedi e lo specchio formano un triangolo rettangolo. Anche il palo in tutta la sua altezza, la distanza tra la base del palo e lo specchio, e il raggio che unisce la cima del palo al centro dello specchio formano un triangolo rettangolo, però più grande. I due triangoli sono simili. La distanza tra i tuoi piedi e lo specchio (ab) sta alla distanza tra la base del palo e lo specchio (AB), come la distanza tra i tuoi occhi e il suolo (bc) sta all’altezza del palo (BC). ab : AB = bc : BC 63


ab, cb e AB li hai già misurati. Applica le proprietà delle proporzioni e potrai calcolare l’altezza del palo. BC = AB × bc : ab Con lo stesso sistema potrai calcolare non solo l’altezza del palo, ma anche quella di una torre, di un muro, di un grattacielo. Insomma, tutti gli oggetti la cui altezza non puoi misurare direttamente con un metro o una rullina metrica.

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