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La gara di italiano

A scuola c’è un po’ di agitazione, Marco non capisce bene perché le maestre corrono nei corridoi e si infilano tutte nell’ufficio della dirigente: c’è una riunione?

Finalmente la maestra Gabriella torna in classe; è tutta rossa in faccia.

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g Il brano è raccontato: in prima persona in terza persona g Il protagonista è:

Marco Amedeo g I personaggi secondari sono:

Amedeo, Lucilla, la maestra Gabriella, la dirigente Resi

Lucilla, la maestra Gabriella, la dirigente Resi

TEMPO g La vicenda è avvenuta: durante l’anno scolastico un lunedì mattina a scuola

LUOGHI g La vicenda si svolge: a scuola, in cortile a scuola, in palestra

Marco chiede ad Amedeo, che a sua volta chiede a Lucilla, ma nessuno sa cosa stia bollendo in pentola. I bambini si incuriosiscono e Marco ha la sua idea fantasiosa.

- Per me stanno progettando una vacanza in crociera…dice.

- Ma nooo, io dico che vogliono fare l’orto della scuolaribatte Amedeo.

- Uff! Figurati! Io credo che ci sia sotto un mistero: forse qualcuno ha fatto sparire il computer della dirigente, ve lo immaginate? Lei senza computer e telefono non vive! - dice Lucilla.

Naturalmente le cose non stanno così. Subito dopo l’intervallo, la dirigente, la signora Resi, riunisce la classi terze in palestra. Marco raggiunge le scale e si unisce agli altri bambini, che corrono come un fiume in piena. Arriva scivolando sul pavimento lucido della palestra e vede la dirigente già pronta con il microfono in mano, che aspetta che tutti siano seduti per terra davanti al suo sguardo pungente. g Racconta un’esperienza vissuta a scuola che ti ha lasciato un bellissimo ricordo.

- Ci siete tutti? Posso parlare? - chiede al suo pubblico come se stesse per intonare una marcia militare. Poi prende il respiro, guarda le maestre radunate in un angolo e parte. - La nostra scuola ha deciso di partecipare alle miniolimpiadi di italiano. Si tratta di una bella gara, con prove differenti: conta essere preparati in grammatica, ma anche essere svelti nelle risposte!

In palio ci sono bellissimi premi per voi e una bella figura per la nostra scuola. È una grande sfida e un’ottima opportunità per tutti noi. Dobb… ehm, possiamo vincere, lo so!

testo Comprendo

g Cancella il completamento errato.

• A scuola c’è un po’ di agitazione • confusione

• Le maestre si infilano nell’ufficio della dirigente • nel laboratorio di scienze

• Marco e i suoi compagni si domandano cosa stia succedendo • perché la maestra si sia assentata g A chi viene paragonato il fratellino appena nato? Sottolinea nel testo le parole che te lo fanno capire. g Perché il protagonista pensa che i genitori dovrebbero essere pentiti per aver portato il fratellino a casa? g Cosa dice a proposito di zia Lila?

• Marco e i compagni vengono convocati dalla dirigente • da un’insegnante.

• La dirigente spiega che la scuola ha deciso di partecipare a dei giochi di squadra • alle miniolimpiadi di italiano.

scopro le EMOZIONI

• Cosa prova il protagonista quando va in ospedale e conosce il fratellino appena nato?

• Quale considerazione fa alla fine?

Un nuovo incontro: un fratellino!

Il giorno in cui nacque, il papà mi portò in clinica per farmelo conoscere. Stava in una specie di gabbietta senza tetto e con le ruote. Non era l’unico là dentro.

Ce n’erano altri simili a lui, tutti in gabbiette identiche.

Li tenevano dietro a un vetro, in una sorta di gigantesco acquario.

Sembrava Piedino, il piccolo dinosauro della Valle Incantata. Ad esempio, aveva la stessa testa, solo un po’ più rugosa e con i capelli. Capelli neri e bagnati, appiccicosi. Non aveva i denti. Le poche parti del corpo che riuscii a vedergli erano violacee. Quindi dissi alla mamma: - Non penserete mica di portarlo a casa?

Lei mi disse: - Sì. Infatti lo portarono a casa.

Di notte si sveglia. Perché ha fame, perché ha le coliche o perché ha il sederino arrossato. Devono tagliargli le unghie altrimenti si graffia, devono fargli il bagno, addormentarlo, fargli fare il ruttino... Mentre gli mettono il borotalco, fa loro la pipì addosso. Con tutto il lavoro che dà, ormai dovrebbero essere pentiti di averlo portato a casa. Per fortuna dorme ancora di là, in camera loro. Ma tra poco lo metteranno nella mia. Allora me lo ritroverò vicino al letto. Adesso il suo aspetto è migliorato un poco. Il viola e le rughe sono spariti. Perciò non sembra più che stia per disfarsi da un momento all’altro, come quando l’avevano portato a casa. Allora, l’unica che aveva il coraggio di prenderlo in braccio era la mamma.

Eppure zia Lila è convinta che sia bellissimo. Deve essere perché lo vede sempre tutto pulito e profumato. Di conseguenza, non lo vede mai nei momenti peggiori. Non lo vede e non lo annusa. E pensare che non mi lasciano tenere un cane perché dicono che sporca!

E. Wolf, Che schifo di torta, Salani

Zia Armonica

Io e zia Veronica avevamo deciso di cercare zia Armonica, la cantante. Non l’avevo mai conosciuta.

- Entra prima tu e facciamole una bella sorpresa! - mi sussurrò zia Veronica. Esitavo, ma la zia mi diede una spinta e mi ritrovai in mezzo al camerino. All’anta di un armadio erano appesi dei vestiti sgargianti.

Seduta su un panchetto davanti allo specchio, una signora alquanto tondeggiante stava applicando il rossetto alle labbra cicciotte.

Tossicchiai per attirare la sua attenzione. Dovevo averla spaventata, perché si girò di botto e mi fissò, piuttosto stupita. Si chinò, mi guardò fissa in viso da pochi centimetri di distanza con due occhi neri e pungenti, poi si risollevò sorridente: aveva capito chi ero, ne sono sicura.

Vedendo zia Veronica, zia Armonica scoppiò a ridere con aria trionfante.

- Lo sapevo! - esultò. - Avrei giurato che era mia nipote! Poi mi strinse forte forte contro la sua enorme massa, ed ebbi l’impressione di affondare in un gigantesco budino. Si rimise a sedere, singhiozzando per la commozione, poi zia Veronica l’aiutò a infilare il vestito di scena. Lo spettacolo stava per iniziare. Mentre lo indossava, zia Armonica ci spiegò in cosa consisteva il suo lavoro.

- Avrei voluto cantare nelle opere come prima donna - disse malinconica. - Ero abbastanza brava per farlo. Ma, quando scoprirono che ero ventriloqua, mi assunsero come sostituta, come una specie di controfigura... Ma non è il caso di lamentarsi, ora! Era pronta. Lo spettacolo poteva iniziare!

g Sottolinea le parole che descrivono zia Armonica.

• A che cosa viene paragonato il suo corpo?

• Come ti sembra zia Armonica?

• Cosa prova nel vedere la nipote?

G I OCO con la storia

g Immagina di essere la nipote di zia Armonica e racconta ciò che succede durante lo spettacolo.

Che noia le bambine!

Ero un po’ seccato quando la mamma mi ha detto che aveva invitato una sua amica con la figlia a prendere il tè. A me le bambine non dicono niente. Sanno giocare solo con le bambole, a mamme o a negozio e non fanno che frignare. Alle quattro, l’amica della mamma è arrivata con sua figlia Luigina, mi ha baciato e mi ha detto che ormai sono un giovanotto. La mamma ha servito il tè, e questa, almeno, era una cosa piacevole perché quando abbiamo ospiti ci sono i pasticcini al cioccolato e posso anche servirmi due volte. Dopo la mamma ha detto: – Adesso, bambini, andate a giocare. Mentre parlava era tutta sorridente, però dagli occhi si capiva che non era il caso di sgarrare.

Luigina e io siamo andati in camera mia e io non sapevo che cosa dire. Invece Luigina una cosa l’ha detta: – Mi sembri una scimmia.

– E tu sei una femminuccia smorfiosa! – le ho risposto seccato. Allora lei mi ha mollato una sventola. Avevo voglia di piangere, ma mi sono trattenuto.

Poi le ho tirato forte una treccia e lei mi ha sferrato un calcio. Stavo per acchiapparle l’altra treccia, quando sono entrate le nostre mamme.

– Allora, bambini, vi state divertendo? – ha domandato mia mamma.

– Sì, certo, signora! – ha risposto Luigina sbattendo le ciglia su e giù.

Ho chiesto alla mamma se potevamo andare in giardino a giocare, ma lei non era d’accordo perché faceva troppo freddo.

Luigina, però, ha fatto due o tre sbattutine di ciglia e ha detto che le sarebbe piaciuto andare ad ammirare i fiori. Allora la mamma ha ripetuto più volte che quella bambina era un amore e ci ha permesso di uscire. Mi sa che dovrò imparare anch’io il trucchetto delle ciglia, non avrei mai immaginato che funzionasse sul serio! g Nel testo sono state evidenziate alcune frasi che ti fanno capire come il parere di Nicola sulle bambine cambia nel corso del racconto. g Immagina e racconta. Poi confronta il tuo lavoro con quello delle compagne e dei compagni di classe e insieme fate le vostre considerazioni.

In giardino Luigina mi ha detto che i fiori non le piacevano affatto.

Avevo voglia di mollarle un cazzotto sul naso, ma non mi sono arrischiato perché le mamme avrebbero potuto vedermi dalla finestra.

– Non ne ho di giocattoli qui, c’è solo il pallone.

– Questa sì che è un’idea! – ha detto Luigina. Abbiamo preso il pallone e io stavo sulle spine, perché avevo paura che i miei compagni mi vedessero giocare a calcio con una femmina.

– Tu ti metti fra i due alberi e cerchi di fermare il pallone – ha proposto Luigina.

Poi ha preso la rincorsa e… pum! Un tiro micidiale! Non sono riuscito a fermare il pallone, che ha mandato in frantumi il vetro di una finestra.

Le mamme si sono precipitate fuori. La mia ha visto la finestra del garage e ha capito subito.

– Nicola! Invece di fare i tuoi soliti giochi violenti, faresti meglio a occuparti dei tuoi ospiti!

Io ho guardato Luigina, che si era messa vicino ai fiori, intenta a odorare le begonie.

La sera, per punizione, mi hanno tenuto senza dolce, ma non importa, è proprio fantastica Luigina, e ho deciso che quando sarò grande la sposerò. Ha un tiro che è una cannonata!

• Come si sarebbe comportato Nicola se Luigina avesse preferito giocare con le bambole?

• Come sarebbe andato l’incontro?

Lessico

ronda: soldati in giro di ispezione. cintola: vita. calci dei fucili: le parti inferiori dei fucili.

Quanti anni hai?

Per Michele tutto si svolse secondo il programma. Uscì senza esser visto dal ghetto ebreo, raggiunse la casa designata, bussò e ricevette da un uomo di aspetto cupo un sacco di barattoli di conserve.

Il sacco con le conserve era pesante, e i barattoli di quando in quando battevano gli uni contro gli altri, quantunque fossero accuratamente incartati.

Allora si udiva un tintinnio sonoro e ogni volta Michele aveva l’impressione che quel rumore dovesse ridestare tutto il quartiere.

Vicino al muro che chiudeva il ghetto incontrò la ronda .

La vide così tardi che non poté sfuggirle. Erano due soldati tedeschi col fucile a tracolla: venivano a lenti passi decisi verso di lui. Toc, toc, picchiavano gli stivali contro il selciato: a Michele mancò il respiro.

Si guardò intorno sgomento: la strada era troppo lunga; scappare sarebbe stata una pazzia perché avrebbero potuto sparargli addosso senza difficoltà.

Toc, toc. Gli stivali si fermarono davanti a lui. Egli vide gli stivali e le uniformi, ma solo fino alla cintola .

Vide i calci dei fucili , che quasi gli toccavano il capo.

Chiuse gli occhi e non si mosse:

- Eccolo qui – disse un soldato.

Non erano più giovani né l’uno né l’altro, e non sembravano contenti di essere in guerra. Avevano tutti e due, a casa, dei figli che in ogni lettera aggiungevano un paio di righe storte e scarabocchiate.

- Vieni un po’ fuori - disse l’altro. Michele non si mosse; sentiva che lo afferravano per un braccio, ma non lasciò andare il suo sacco. Era troppo prezioso per abbandonarlo.

- Mio Dio, ma è un bambino!

- Viveri probabilmente – borbottò l’altro urtando il sacco con la punta dello stivale. Ci fu un tintinnio.

- Conserve - aggiunse.

- Guardalo un po’, - continuò l’anziano - non è che pelle e ossa. Un esserino così deve scavalcare il muro del ghetto e noi gli spariamo addosso; io mi domando sempre: e se fosse il mio ragazzo?

- Non faccio che pensarci – disse il secondo. - Come ti chiami? - domandò.

Le parole avevano un accento straniero.

Michele non rispose.

- Come ti chiami? - ripeté il soldato, pazientemente.

Michele lo guardò: aveva gli occhi ancora annebbiati dal gran timore.

- Michele.

- E quanti anni hai?

- Sette.

I soldati abbassarono gli occhi. Pensavano entrambi ai loro bambini, alla loro casa.

- Non ti faremo niente - disse uno, piano. - Scappa!

il testo Comprendo

• Dove vive Michele?

• Che missione deve compiere?

• Chi sono gli uomini della ronda?

• Come reagiscono nel vedere il bambino?

• S ottolinea nel testo le risposte, poi racconta.

Arliamone

g Cosa hai provato leggendo il racconto? Confrontati con i tuoi compagni e compagne di classe.

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