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I naufraghi del Bounty
Giorno trentaduesimo - 29 maggio
Finalmente siamo riusciti a farci strada tra la barriera corallina, raggiungendo sani e salvi una spiaggia. L’eccitazione di tutti era dovuta alle continue raccomandazioni del signor Bligh che ci diceva di rimanere calmi, perché soltanto poche settimane prima avevamo rischiato di perdere la vita per mano degli indigeni
Quando la lancia toccò la sabbia, saltammo giù godendoci la sensazione dei piedi che toccavano la terraferma. Non ci mettemmo a correre o a ballare come pazzi; l’avevamo fatto in passato, ma in quel momento eravamo troppo deboli, ci girava la testa, avevamo la pancia vuota e il morale basso, così ci distendemmo sulla sabbia.
Dopo un po’, vedendoci leggermente più in forze, il capitano ci divise in due gruppi, uno a cercare acqua e cibo, e l’altro a fare qualche piccola riparazione alla nostra imbarcazione. Io ero stato scelto per andare in esplorazione e ne ero felice.
– L’isola sembra deserta, – ci ammonì – ma fate attenzione. I selvaggi potrebbero essersi nascosti se ci hanno avvistato da lontano, e se è così possiamo star certi che saranno dieci volte più di noi. Eravamo sei o sette e ci inoltrammo tra gli alberi.
Ad un tratto mi giunse alle orecchie un suono più piacevole che un uomo possa sentire: lo scroscio d’acqua di una fonte. Avanzammo ancora tra i cespugli e ci trovammo davanti a uno specchio d’acqua minuscolo, ma che per noi era più che sufficiente. Ci buttammo nell’acqua fredda e, quando decidemmo di placare la sete, ci guardammo ridendo a crepapelle.
– Ragazzi, date un’occhiata – disse Tomas Hall con gli occhi fissi su una fila di rocce ricoperte di conchiglie. Non capivamo cosa avesse in mente, ma un attimo dopo afferrò una conchiglia e l’aprì. Mostrando una lucida, pallida ostrica. Poi fece scivolare in bocca il mollusco e chiuse gli occhi deliziato.
Nel giro di pochi secondi lo stavamo copiando tutti: eravamo indaffarati a staccare le ostriche, aprirle, estrarre il mollusco e mangiarlo. Ce n’erano a migliaia e non vedevo l’ora di tornare alla spiaggia e dirlo agli altri. In più, al ritorno, ci imbattemmo in una macchia di cespugli ricoperti da una infinità di bacche rosse e nere. Ci lanciammo su di esse e mangiammo fino ad avere la pancia gonfia.
Quando finalmente tornammo in spiaggia, cominciai a sentirmi male. Mi strinsi la pancia gemendo, e pensai che forse non era stata una buona idea mangiare così tanto e in fretta dopo un periodo così lungo di denutrizione.
Mi sembrava che ogni ostrica e ogni bacca che avevo ingurgitato si ribellasse a quella temporanea prigionia. E, in quella guerra che si svolgeva nel mio intestino, bacche e ostriche erano di sicuro le vincitrici.
Parecchi degli altri uomini erano in condizioni simili alle mie, mentre altri non sembravano soffrire quanto noi.
Era comunque stato un bel pomeriggio, il migliore che ricordassi, in tutto quel dannato viaggio.
J. Verne
g Scrivi un racconto di avventura. Segui la traccia.
• Perché ti trovavi nella foresta tropicale?
• Che cosa stavi cercando?
• Dove pensavi che fosse nascosto?
• Quali pericoli hai dovuto affrontare?
• Quali emozioni hai provato?
• In che modo si è conclusa l’avventura?
Lessico
indigeni: nativi del luogo. lancia: scialuppa di salvataggio.
il testo Comprendo
g Rispondi alle domande, poi racconta la storia.
• Dove si svolge l’avventura?
• Chi è il protagonista?
• Quale pericolo deve affrontare?
• In che modo riesce a superarlo?
g Sottolinea nel testo le parole che descrivono Polifemo.
Insieme
g Che aspetto avranno i Ciclopi accorsi in aiuto a Polifemo?
Dividetevi in piccoli gruppi, illustrateli e descriveteli sul quaderno, poi confrontate i vostri lavori.