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Le avventure di Ulisse

Giunto a un’isola sconosciuta e gettata l’ancora, Ulisse scelse dodici compagni e prese un otre di buon vino rosso.

– Un vino prelibato come questo può essere utile, anche come dono augurale.

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Presto si trovarono di fronte a un’enorme apertura di una grotta, circondata da un recinto in cui pascolavano capre e pecore.

– Questa grotta è abitata – commentò un marinaio.

– Entriamo! – ordinò Ulisse.

E i tredici uomini si addentrarono nella grotta, un enorme antro destinato ad abitazione.

– Ma questa è la grotta di un gigante! – disse qualcuno.

– Sì – confermò Ulisse. – Ho sentito parlare di mostri giganti, detti Ciclopi. Io resto a conoscere l’abitante della grotta. Mentre Come gli uomini si guardavano perplessi, un rumore di passi scosse tutto l’antro.

Il mostro entrò, fischiettando e spingendo dentro le greggi. Era immenso, una vera montagna umana e, sul viso orrendo, si apriva un solo grande occhio, rosso e terribile, posto in mezzo alla fronte.

Il gigante, con un pesante macigno, chiuse l’apertura della grotta.

– Chi siete, stranieri? – chiese il Ciclope, quando mentre vide comparire Ulisse e i suoi compagni.

– Veniamo da Troia e siamo diretti alla nostra patria – spiegò Ulisse.

– Io mi chiamo Polifemo – borbottò quello. – E ora dovrò accontentarmi di voi.

Subito su di loro calarono le manacce del mostro: due giovani furono sollevati da terra e in un attimo il gigante se li cacciò in bocca.

Il giorno dopo, appena il gigante fu uscito con le greggi ed ebbe rinchiuso i prigionieri nella grotta, Ulisse ordinò ai compagni di acuminare ben bene un palo di olivo.

La sera, quando Polifemo tornò, Ulisse gli offrì una scodella di vino. Al gigante piacque così tanto che si fece riempire la tazza in continuazione, diventando sempre più allegro.

– Senti, – disse a un certo punto – come ti chiami?

– Il mio nome è Nessuno – rispose pronto Ulisse.

– Nessuno? Che bel nome! – E, detto questo, si sdraiò vinto dal sonno. Subito Ulisse e i compagni arroventarono il palo di olivo nella brace, si avvicinarono al Ciclope, sollevarono il palo e lo infilarono nell’unico occhio del mostro.

– Aiuto! Aiuto! Amici, compagni Ciclopi, salvatemi! – urlò il gigante.

– Chi ti fa del male, Polifemo? – tuonarono i Ciclopi accorsi.

– Nessuno! – strillò subito il mostro.

– E perché ci disturbi? – domandarono quelli allontanandosi seccati. Il mattino seguente Polifemo frugò in ogni angolo alla ricerca dei suoi aggressori, ma Ulisse e i suoi compagni riuscirono a sfuggirgli.

– Non importa. Tanto non hai scampo, maledetto Nessuno: da qui non puoi andartene.

– Su, venite qui! – bisbigliò Ulisse ai compagni.

Afferrò alcuni montoni e li legò insieme a tre a tre. Sotto la pancia del montone nel mezzo legò poi ognuno dei compagni.

– E tu, come uscirai? – gli chiesero.

Ulisse indicò un ariete più grosso degli altri.

– Mi attaccherò sotto la sua pancia.

Di lì a poco Polifemo spostò il macigno che chiudeva la caverna, poi come si pose a sedere all’uscita e distese le mani per tastare tutte le bestie e scoprire se in mezzo a loro qualche uomo tentasse la fuga.

Tutti ben presto furono fuori, usciti sotto le pance dei montoni. In un attimo Ulisse e i suoi compagni raggiunsero gli scogli, poi la loro nave.

linguistica Riflessione

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