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Nubia, la piccola schiava

A Ostia, nelle prime ore del mattino, c’era spesso la nebbia. Era così la mattina del compleanno di Flavia.

Uscirono poco dopo l’alba, padre e figlia, attraversarono con cautela il Decumano Massimo, l’arteria principale della città, e raggiunsero il mercato. Flavia andava talmente di fretta che suo padre faceva fatica a starle dietro. Quando giunsero al banco degli schiavi, prima si guardò intorno ansiosa, poi fece un sospirone.

– C’è ancora! – esclamò, indicando la ragazzina. Incastrata tra due bancarelle c’era una pedana. Le schiave erano in piedi sulla piattaforma, mentre Venalicio esaltava le virtù di ciascuno davanti alla folla.

– Come fanno a trattarla così? – sussurrò Flavia. Il padre indicò la bambina e comunicò a Venalicio che aveva scelto quella.

Il mercante di schiavi sollevò la faccia e disse: – Costa settecento sesterzi.

– Eccoli – disse il padre con voce calma. Flavia chiuse gli occhi e trattenne il respiro, poi abbracciò forte suo padre e avrebbe voluto abbracciare anche la ragazzina, dirle che sarebbe andato tutto bene. Ma prima si tolse il mantello per coprire la poverina, che indossava solo un telo stracciato.

– Io sono Flavia – disse allora adagio.

– Flavia – ripeté Nubia con voce incerta.

I personaggi del racconto sono: realistici fantastici

Il luogo in cui si svolge la vicenda è: reale e definito fantastico

L’epoca storica in cui accadono i fatti è: definita indefinita

I fatti narrati sono: realmente accaduti hanno una parte di verità sono fantastici

Il racconto è scritto: in prima persona in terza persona g Dopo aver letto la storia rispondi sul quaderno alle domande. g Nel testo sono presenti alcune parole della civiltà etrusca: Veio, Tuculca, tabenne, Volsini, Fufluns. Ricerca e scopri il significato di ciascuna. g Segna con una x le affermazioni corrette.

• In quale epoca si svolgono i fatti?

• Il luogo nominato nel testo esiste veramente?

• I personaggi sono realmente esistiti o inventati dall’autore?

Tarconte fuggì con un gruppo di ragazzi attraversando una galleria sotterranea. Durante il viaggio molti di loro scoppiarono in lacrime.

All’uscita del cunicolo si trovarono in un bosco di castagni.

Tarconte teme che la mamma sia morta.

Fuga da Veio

Veio, una delle più importanti città etrusche, dopo dieci anni di assedio viene espugnata e messa a ferro e fuoco dal comandante romano Furio Camillo. Veio è finita, ma Tarconte riesce a fuggire con i suoi amici attraverso i cunicoli segreti che si diramano sotto la città.

Veio era finita. Ma nelle sue viscere un gruppo di ragazzi avanzavano lentamente, sfuggendo al destino. Il cunicolo scendeva in forte pendenza, scavato nel tufo.

– Seguitemi uno dopo l’aItro – sussurrò Tarconte inoltrandosi nel buio. Poi, vedendoli esitanti: – Non c’è da aver paura –aggiunse. – Qui non ci sono Romani.

L’aria del cunicolo era umida, sapeva di muffa e serrava la gola. La pendenza era forte e si slittava sulla fanghiglia. A poco a poco i ragazzi procedettero con minori difficoltà. Il passaggio, scomodo per un uomo, era abbastanza agevole per loro, ma si stringeva in alto e occorreva avanzare con prudenza per non picchiare il capo.

Sul collo di Arnath scendevano calde le lacrime di Senia che egli portava in spalla. Cercò di consolarla, ma lei singhiozzò più forte.

Ramtha tremava; se ne accorse Cele che veniva subito dopo e le strinse forte la spalla. Vipi veniva ultima, aveva indosso i sandaletti etruschi più adatti per la danza che per la fuga. Un laccio era saltato: – Tra poco – mormorò – mi toccherà camminare scalza.

Poi il buio fu rotto da un lieve chiarore accolto da sospiri di sollievo. Ma non era la fine del cammino. Si trattava semplicemente di una presa d’aria: ne avrebbero trovate altre, assicurò Tarconte. Tutti respiravano aria e luce fino a riempirsene i polmoni.

Senia gridò, improvvisamente festante: – Ma, allora, non stiamo andando verso il regno di Tuculca! – e gli altri compresero solo allora l’angoscia del suo pianto di prima. Forse così la bambina si immaginava la morte, semplicemente come un volgere i propri passi nella fonda oscurità della terra, e ne provarono pena. Lei invece aveva perso ogni timore. Volle scendere dalle spalle del fratello e proseguì ridendo a ogni scivolone.

Dopo la seconda feritoia la pendenza si attenuò: ora si procedeva orizzontalmente. Infine il cunicolo riprese a salire dolcemente e un chiarore verdognolo apparve dopo un’ennesima svolta. Sgusciarono fuori guardinghi, uno dopo l’altro, impigliandosi nell’edera che ricopriva il passaggio, e respirarono forte, fino a sentirsi girare la testa. Erano in un boschetto di querce.

L’aria era ancora più fredda di quanto fosse nel cunicolo e i ragazzi si stringevano tremanti nelle tabenne. Tarconte scrutava le linee scure della campagna che s’ondulava all’infinito, risorgendo dal buio.

Ramtha gli si accostò: – Non vai a prendere la mamma? – chiese. Il ragazzo avvertì una gran pena. “Martia Matumnai,” pensò “sarà ormai tra gli schiavi, se è ancora viva” ma non lo disse. – La mamma ci raggiungerà – rispose invece. – Per noi sarà meglio muoverci.

– Ci raggiungerà dove? – insistette Ramtha.

E Tarconte disse la prima cosa che gli venne in mente: – A Volsini, alle Feste di Voltumna. Tutti lo ascoltavano ora.

– Per Fufluns, – esclamò Lucio Tolumnio – è un piano ottimo! – E aggiunse che a Volsini, se qualche altro veiente fosse scampato, lo avrebbero certo trovato. Tutti sentirono divampare la speranza, già sicuri di ritrovare genitori e amici.

Oltre le PAROLE

g Qual è il significato dell’espressione “il buio fu rotto da un lieve chiarore”?

Un lampo illuminò il buio

Il buio fu rischiarato da una luce leggera

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