Processo Nella Foresta

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Pietro Battipiede Processo nella Foresta

dai 7

anni

e

Pietro Battipede i Supermangialibri

llino verd bo


Collana di narrativa per ragazzi diretta da Rosa

Dattolico

Processo nella Foresta Illustrazioni: Giovanni Abeille Responsabile editoriale: Roberto Capobianco Editing: Antonio Riccio Ideazione grafica e impaginazione: Michele Digregorio Prestampa e stampa: Arti Grafiche Italo Cernia - Italia © 2016 Editrice Ardea Web s.r.l. • www.ardeaeditrice.it Via Capri, 67 • 80026 Casoria (Napoli) Tel. +39 081 7599674 • Fax. +39 081 2509571 E–mail: ardeaeditrice@tin.it Tutti i diritti sono riservati. È assolutamente vietata la riproduzione totale o parziale di questa pubblicazione, così come la sua trasmissione sotto qualsiasi forma o con qualunque mezzo, senza l’autorizzazione della casa Editrice Ardea Web.

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Alla scoperta della legalitĂ

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Primo giorno di primavera. Splendido risveglio della natura con i suoi dolci sapori e i colori accesi. Il verde umido dell’erba appena spuntata nascondeva piccoli tesori: timide corolle bianche incipriate di luce. In un angolo coperto di folta vegetazione Ottone, dalla pancia enorme e dalla pelliccia densa color marrone a macchie più forti, agitava la sua coda che, pur corta, sembrava enorme. Camminava a stento, barcollando come un ubriaco. Si fermò più volte. Sbadigliò, tentennò ancora e poi imboccò il sentiero che conosceva molto bene. Tentò ancora di stiracchiarsi e cacciò un lungo sbadiglio che fece tremare le foglie. – Ah! Le mie povere ossa! – esclamò.

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Ad un certo punto, incontrò Gertrude, testa ovale unita al torace da un cortissimo collo, con due occhi vispi. Mostrò le sue delicate antenne lunghe, mentre cercava di impossessarsi del polline. – Già al lavoro? – esclamò Ottone, stropicciandosi gli occhi e trattenendo a fatica l’undicesimo sbadiglio.

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– Se non ci fossi io in questa foresta!... Nessuno fa nulla. Voi altri pensate solo a perdere tempo dalla mattina alla sera. Bisogna preparare il miele per l’inverno prossimo – precisò, raggiungendo l’alveare. – Forza, voi operaie, muoversi... muoversi! Avete le zampette rammollite? Dobbiamo distinguerci dagli altri e lo sapete, quindi non vi fate pregare – strepitava Gertrude, depositando il polline in una gigantesca tinozza. Ottone, fermo sotto la quercia, pensava: “Lavorate, lavorate, mie belle api, il vostro miele mi metterà in sesto. Se non ci foste, sarei di certo morto da un pezzo.”

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Mentre si leccava i baffi, apparve Acilia dal collo e dalle zampe lunghissime. Un corpo massiccio e un dorso inclinato, una testa fine ed elegante. Si guardava attorno con i grandi occhi dalle lunghe ciglia e sospirava. Era intenta a specchiarsi nel laghetto per dare un ultimo tocco al trucco prima di iniziare la giornata. Dopo un po’, la testa della giraffa sbucò tra i rami di un grande faggio; annusava le foglie appena spuntate e ne valutava la qualità. Nel frattempo, si udirono i passi pesanti: era Eleuterio con la lunga proboscide mobile e gli incisivi sviluppati. Il corpo grosso e compatto, il collo breve, la testa voluminosa che muoveva l’aria, agitando a mo’ di ventaglio le orecchie.

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– Gocciolo a torrenti – disse, tuffandosi nello stagno per la doccia mattutina. Rimase a mollo per trenta minuti, fece una piccola nuotata e raggiunse il lato opposto dove Emma, la sua compagna, era già pronta con l’accappatoio e le ciabattine da bagno. La sua mole provocò un moto ondoso che creò disagio e paura negli altri abitanti di quelle acque. – Ma che razza di modi sono questi?! – sbraitò un anziano elefante. – Alla mia età non posso agitarmi, l’ultimo infarto mi ha lasciato la proboscide storta e mi ha rimpicciolito le orecchie, facendomi diventare più sordo di una campana. Certo, in questa foresta è diventato difficile anche prendere il primo sole del mattino – concluse, scuotendo nervosamente il capo. C’è da dire che gli abitanti della foresta erano molto indisciplinati perché mai nessuno si era preoccupato di insegnare loro le più elementari nozioni di rispetto verso gli altri. Serpeggiavano in tutti gli abitanti l’ozio e la pigrizia. Ma qualcosa stava per cambiare… Una mattina, Araldo, l’Antilope, e Gedeone, il Giaguaro, erano seduti tranquillamente nel bar dello stagno, assaporando un aperitivo a base di eucalipto.

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Apparivano entrambi pensierosi, ma nessuno dei due parlava per paura di stancarsi. Poi, finalmente, Araldo aprì bocca: – Hai saputo che nella foresta è arrivato un nuovo visitatore? – Ah, sì? E di chi si tratta? – chiese Gedeone. – Di un leone che viene dalla savana. Dicono che sia un tipo davvero in gamba, ma soprattutto che abbia un aspetto da far paura. Leo, come lo chiamano, si fa rispettare. Ho saputo che, appena ha messo le zampe nella foresta, con un fragoroso ruggito ha radunato tutti gli animali attorno a sé.

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Ha esordito dicendo che lui è il nuovo Re della Foresta. Ho saputo che per domani ha indetto un pubblico comizio nella piazza. – Per quale motivo? – chiese ancora Gedeone all’amico. – Ah questo proprio non lo so e non so neanche cosa pensare. Sono solo convinto che la sua presenza in questa foresta cambierà tante cose. Ne sono certo. – Il grande Leo forse si presenterà con lo scettro e la corona – disse in un sussurro Araldo. – E arriverà in carrozza! – rispose Gedeone, trattenendo la risata. I due amici, un po’ preoccupati, abbandonarono frettolosamente il locale. Il giorno dopo, prima del pranzo, tutti gli abitanti della Foresta si erano riuniti ad attendere l’arrivo del Re. Aspettarono cinque minuti, poi dieci, poi venti, poi trenta. Finalmente lo videro arrivare a bordo di una moto fiammante. – Urca! – esclamarono in molti, diventando blu per l’invidia. Leo salutò appena e si avvicinò al palco, mentre la folla si spostava per fargli spazio.

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Aspettò qualche minuto prima di parlare e, quando tutti fecero silenzio, disse con voce solenne: – Sono il Sovrano della Foresta, e tutti d’ora in poi mi chiamerete Re. Da oggi seguirete le mie disposizioni e ubbidirete alle mie volontà! – precisò, gonfiandosi come un pallone. – Sono indignato dal comportamento di tutti voi. In questa Foresta non c’è disciplina, ordine, rigore. Non lavorate quasi mai, perciò ho intenzione di cambiare il vostro modo di vivere. Dobbiamo adeguarci alle altre Foreste, dove si respira aria diversa, più tecnologica, culturale, giuridica. Deve regnare tra di voi altruismo, tanta partecipazione e completa solidarietà.

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So di un certo Ottone che dorme per tutto l’inverno e che al suo risveglio, in primavera, sottrae tutto il miele alle api operaie, che hanno sgobbato tanto, poverine. La sua grinta appariva talmente evidente che sembrava quasi che il suo grosso naso toccasse a muso duro quello dell’orso che appariva intimorito. Infatti, il povero Ottone, nel sentire quelle parole, aveva incominciato a tremare come una fogliolina di prezzemolo. Dopo un po’, Leo, il re della Foresta, riprese a parlare e, questa volta, si rivolse a Eleuterio. – Usi la proboscide come un aspirapolvere: bevi tutta l’acqua dello stagno, lasciando morir di sete tutti gli altri. Senza aver rispetto neppure dei pesciolini. Il povero elefante, che non si aspettava tanta grinta, rimase quasi stordito dalle parole, pronunciate con tono forte e minaccioso, e diventò rosso come un cocomero dalla vergogna. Re Leo riprese il suo discorso, guardando negli occhi tutti i partecipanti. – E tu, Acilia!... Sgranocchi foglie sui rami tutto il giorno, impedendo agli alberi di far la giusta ombra e, così facendo, esponi i tuoi compagni alla calura dell’estate. Sei a dir poco un’assoluta irresponsabile.

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Ho saputo da fonte certa che molti sono finiti in ospedale col cervello in ebollizione perché si sono addormentati sotto un albero frondoso per, poi, risvegliarsi, accaldati e quasi ustionati, sotto un albero spoglio. La giraffa, che in quel momento stava masticando le ultime tenere foglie, arrossì fin sulle orecchie e a fatica riuscì a mandar giù il boccone. – Ben detto, Re Leo! – esclamò l’ape Gertrude, che si era appena posata su un bellissimo fiore per fare provvista di polline.

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– L’antipaticona fa sempre la prima della classe! Che noia! – sbuffò il Giaguaro Gedeone. – Stavolta non so come andrà a finire! – disse l’Antilope Araldo. Re Leo scese dal palco e si avvicinò a Gertrude: – Credi sia giusto quello che fai? Sei capace solo di dare ordini alle tue operaie e non collabori minimamente al lavoro nell’alveare. – Ma io trasporto il polline dall’alba al tramonto e la sera ho sempre un forte mal di schiena – si giustificò l’ape, facendo la voce piccola piccola.

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– Tutti questi comportamenti d’ora in poi dovranno finire. Chi contravverrà alle regole, sarà severamente punito e sottoposto a un processo penale. – Processo... cosa? – chiesero gli altri animali in coro. – Eleggeremo un Pubblico Ministero che riceverà tutte le notizie dei reati – dichiarò il Re. – Io non ci sto capendo una mela marcia! – precisò Bruto, appena sbucato dalla succosa pesca. – Ora vi spiego – rispose paziente il Re, mentre si concedeva un sorso di bibita fresca, che gli aveva portato sul palco la scimmia Solange. – Ora vi faccio un esempio, così potrete capire – e riprese a parlare di Ottone. – Arrogante e prepotente com’è, costringe ogni giorno Gertrude a consegnargli il miele che si produce nell’alveare. Stufa del torto subìto, l’ape denuncia quello che le succede nel posto di Polizia della Foresta, dove i poliziotti Fenicotteri e Aironi, predisposti a tale servizio, ricevuto l’atto, lo trasmettono ad un magistrato che, nella circostanza, si definisce Pubblico Ministero, generalmente riportato con P. M. – Tutto chiaro sino ad ora? – chiese il Re. Tutti, più per timore che per convinzione, fecero cenno di sì con il capo.

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– Diremo, allora, che Gertrude ha presentato una Notizia di reato. Improvvisamente il leone sentì picchiettare alle sue spalle. – Scusa, Re Leo, se non ho capito male, per presentare la notizia di reato serve un Pubblico Ministero. E chi tra noi lo farà? – Penelope, e la prossima volta sii più educato. Non voglio che si picchietti per intervenire. So benissimo che i picchi sono abituati a comportarsi così ma, da oggi in poi, piuttosto che usare il becco, per prendere la parola, tutti i picchi solleveranno l’ala destra. Comunque, ci ho già pensato: il Pubblico Ministero lo farà Penelope. È un animale fiero e, poi, ha il manto nero come la toga che indossa un magistrato.

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– In effetti, la Pantera è proprio il soggetto giusto al posto giusto – commentarono con un filo di voce un po’ tutti. – Dovete sapere che la notizia di reato può giungere anche direttamente al Pubblico Ministero, ma preferisco che sia coinvolta sempre la Polizia Giudiziaria – precisò il Re Leo. – Vorrei anch’io appartenere alla Polizia Giudiziaria, indossare la divisa e la stella da sceriffo! – proruppe la Talpa Tosca. – La divisa, la stella?!? – esclamarono in coro le sue amiche, sgranando gli occhi dallo stupore. – Hai sempre la testa piena di idee scombinate. – Le mie saranno pure scombinate, ma almeno sono fortunata di averle rispetto a chi non ne ha nemmeno una – strepitò la Talpa Tosca, pestando i piedi per terra.

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– Ci penserà il nostro piccolo esercito di formiche: saranno loro ad investigare su tutto quello che succede nella foresta. Sono intelligenti e possono intrufolarsi dappertutto – concluse il Re Leo, cercando di consolare la Talpa Tosca che continuava a piangere. – Non prendertela, ti assicuro che le formiche sono più adatte a questo ruolo. Ma, non temere, non ti escluderò. A te farò fare il GUP. – Che cosa è il GUP? Una dolcissima gommosa o un lecca lecca gigantesco? – chiese la piccola talpa, asciugandosi le lacrime. Re Leo scosse il capo e sorrise.

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– Se l’Orso Ottone continua a prendere il miele e la notizia di reato giunge al Pubblico Ministero, inizia la cosiddetta Indagine preliminare. La prima fase per capire se Ottone merita di essere punito oppure no. “Ce l’hanno tutti con me perché sono un golosone. Anche la mamma mi rimprovera e mi dice che, se continuo ad ingozzarmi di miele, mi cadranno tutti i denti e sarò costretto a portare la dentiera come quella del nonno”, pensava il poverino mentre ascoltava. – Se Ottone si è comportato male perché ha fatto una cosa contro le regole, deve per questo essere giudicato. Entra così in scena il GUP, cioè il Giudice per verificare se l’accusa fatta ad Ottone è fondata.

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– Ottone subirà un interrogatorio? – chiese Tosca. – Nella sua tana e a porte chiuse. Inoltre, Ottone avrà diritto a un difensore. – E, se fa caldo, si potranno aprire le finestre? – intervenne Ottone più che mai preoccupato. – E poi chi deciderà della mia sorte? E poi voglio come difensore mio nonno, e poi anche il mio babbo e mio zio. – Un solo difensore! – precisò Tosca, aggrottando la fronte. – E, se non ho commesso alcun reato e sono stato accusato ingiustamente, come si mette la faccenda? – chiese in preda al panico il povero orso, reggendosi a malapena sulle zampe. – Già, come si mette la faccenda? – ripeté la Talpa Tosca tirando su col naso. – Se l’Orso è Colpevole, allora merita una punizione; oppure, se non ha fatto nulla, viene Assolto. – Voglio essere assolto! – strillò Ottone, diventando bianco bianco come una margherita. – Diteglielo subito al GUP – strepitò e scomparve in una soffice e morbida nuvola di pelo scuro. – È un’idea geniale! – È un’idea micidiale! – È stratosferica! – esclamarono in molti.

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– Non è una mia idea, è quello che prevede un Sistema democratico, basato sul rispetto delle regole, sul vivere civile, sulla volontà di perseguire solo e sempre la Legalità – sottolineò Re Leo. – Lo stesso che utilizzano gli uomini per giudicare chi non rispetta le leggi. Serve a evitare confusioni, a non creare scompiglio, e a fare giustizia, punendo solamente chi lo merita. Tutti applaudirono, persino due piccoli colibrì che avevano chiesto ospitalità nel nido di un vecchio gufo ed erano rimasti lì, attenti ad ogni parola che aveva pronunciato Re Leo. Tutti rimasero impressionati. Araldo, l’Antilope, e Gedeone il Giaguaro, si allontanarono un attimo e ritornarono, poco dopo, con una corona di foglie di mirtilli e un grande trono di legno di ciliegio, preso in prestito dal Museo Nazionale Forestale, e lo consegnarono al Re, in segno di rispetto e di condivisione. Chi rimase impressionato dalle parole di Re Leo fu un piccolo scoiattolo dal pelo rosso. – Come parla bene e che paroloni gli escono di bocca, sembra un libro stampato simile a quelli importanti che si trovano negli scaffali della biblioteca.

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E, intanto, mentre il Re continuava a parlare, lo scoiattolo ricordò un episodio quando tutta la sua famiglia, insieme ai nonni, viveva in una grande quercia. Tra i rami dell’albero c’erano anche tanti nidi, che ospitavano allegri gufi chiacchieroni. Tutti sul grande albero avevano un compito specifico da svolgere e tutti lavoravano serenamente per il bene della comunità. Il piccolo scoiattolo e il papà erano responsabili dell’approvvigionamento dei viveri; la mamma svolgeva le faccende di casa, mentre i nonni curavano un piccolo orto e i fiori del giardino. I più piccoli della famiglia giocavano spesso a nascondino. Tra questi c’era la graziosa Ciuffolina. Verso sera, dopo cena, tutti si rintanavano nella bella casetta rotonda, foderata di erba profumata, e scivolavano nel mondo dei sogni.

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Ma, un brutto giorno, Ciuffolina decise di curiosare e incominciò a saltellare di ramo in ramo finché si trovò di fronte ad un avido uccellaccio. Il piccolo scoiattolo che l’aveva seguita sfoderò tutto il suo coraggio per difendere la sorellina. – Sono pronto a gustarmi due bellissimi scoiattoli arrosto – disse mostrando gli artigli l’uccellaccio. “Se avessi saputo mi sarei rivolto al Giudice...”, pensava lo scoiattolo “e, invece, ho dovuto cavarmela da solo rischiando la vita.”

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Un lungo applauso lo distolse da quei tristi pensieri. Re Leo aveva appena finito di salutare gli abitanti della foresta e, prima di allontanarsi, promise a tutti i residenti che, nel giro di qualche giorno, avrebbero ricevuto nelle proprie abitazioni un opuscolo nel quale erano tracciate in modo chiaro le procedure da seguire nel caso di un processo penale.

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E cosÏ accadde. Il Re, avvalendosi di un gruppo di professionisti giuridici della Foresta: Taddeo, il Topo intellettuale, Fiammetta, la Farfalla avvocato, Raide, il giudice Rinoceronte, ed ancora il Pipistrello Pancrazio, docente universitario, e Saba, la cancelliera Scarabeo, riuscirono a realizzare un manuale che diventò per tutti un documento di riferimento importante che conteneva pochi principi per vivere bene insieme agli altri.

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Trascorsero alcuni mesi e, un bel giorno, nella scuola della Foresta accaddero, in una classe terza, dei fatti incresciosi: numerosi furti erano stati effettuati, con incredibile destrezza, nello stesso giorno seppur in orari diversi: 1 - Cellulare, sottratto dalla cartella della Cavalletta Camilla, lasciata sotto il banco durante la ricreazione, dalle ore 10:00 alle ore 10:15; 2 - Anellino di oro, asportato dalla borsa della maestra, l’Antilope Giorgia, mentre era in corridoio a parlare con la bidella alle ore 11:00. 3 - Riga, sottratta dallo zaino del Picchio Salvatore, mentre era nello spogliatoio della palestra della scuola, dopo una partita di calcetto, ore 12:00; 4 - Laccio in cuoio con pendaglio in argento, rubato dalla giacca della Formica Filomena, mentre si trovava in giardino a chiacchierare con degli amici durante l’intervallo delle ore 13:00; 5 - Orologio, prelevato dal borsone dell’Ippopotamo Ignazio, alle ore 14:00 poco prima del termine delle lezioni;

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Beatrice la Giraffa – direttrice della scuola – informata di quanto accaduto, chiamò immediatamente gli agenti di Polizia del vicino Commissariato, che giunsero sul posto dopo pochi minuti. Gli agenti interrogarono tutti i componenti della classe, cercando qualche indizio utile per individuare l’autore dei furti. Il giorno dopo avevano chiuso il caso. Felice, il Formicone ispettore, durante una intervista all’emittente televisiva “Giungla 5”, aveva detto: – Siamo riusciti a identificare il responsabile dei furti grazie a una intelligente attività investigativa.

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L’autore aveva lasciato la sua firma sul luogo dei furti. – In che senso? – chiese Gabriella, la giornalista Gazzella. – Se Lei ci fa caso, gli oggetti rubati risultano cellulare, anellino, riga, laccio, orologio. Le suggeriscono qualcosa questi oggetti? – Continuo a non capire – rispose la giornalista sempre più confusa. – Allora, glielo spiego bene. Prenda le iniziali di ogni oggetto sottratto. Li unisca, cosa ottiene? – C, A, R, L, O. – Ha compreso adesso? – Uhmm… Carlo… e cosa vuol dire? – Vuol dire che a rubare quegli oggetti è stato il Topo, il cui nome è appunto Carlo. E sa perché? Perché è un animale prepotente.

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– Ma siete sicuri che sia lui il colpevole? – Certo. Lui stesso ha confessato e ha dichiarato di essersi pentito del gesto. Io, per la mia esperienza, sento che non si è affatto pentito, anzi… sono convinto che lo rifarà – puntualizzò l’ispettore. – Ha giustificato queste azioni? – Ha detto che, sentendosi continuamente escluso dai compagni di classe, ha agito in questo modo per attirare la loro attenzione.

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– E come? – Restituendo subito dopo ad ognuno il proprio oggetto sottratto e così avrebbe conquistato la loro fiducia e sarebbe apparso agli occhi di tutti il paladino della situazione. In altre parole, attraverso questo stratagemma, avrebbe avuto tanti amici e non si sarebbe più sentito triste e tanto solo. – Ma, nonostante la sua confessione e le motivazioni fornite, sarà lo stesso processato? – Certamente. Chissà se il Giudice crederà alle sue parole! Di quanto accaduto il Re fu subito informato.

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Dopo l’increscioso episodio, tutti gli scolari della classe terza rimasero seriamente impressionati. Un giorno ebbero la visita della direttrice Beatrice, la Giraffa, e dell’ispettore Pippo Volpe. La maestra Zampalesta Rosita, una giovane e paziente giraffa dagli occhi grandi e dolci, entrò in classe, zampettando nervosamente sui suoi alti tacchi a spillo. – La maestra è molto nervosa – mormorò una scoiattolina al suo compagno di banco. Appena questa ebbe finito di parlare, la maestra si rivolse ai suoi alunni: – Oggi avremo la visita della signora direttrice e del signor ispettore, perciò vi raccomando di essere bravi e buoni e di non farmi fare brutte figure. E tu, Carlo Topo, cerca di stare calmo.

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Carlo Topo fece cenno di sì con la testa, mentre gli occhi gli si riempivano di lacrime, il nasino diventava rosso e la codina si irrigidiva a punto esclamativo. Gli alunni promisero che si sarebbero comportati bene. – Mi raccomando, parlate solo se siete interrogati, non ridete e non mettete le dita nel naso! – aggiunse la maestra con tono implorante. Dopo aver tirato un sospiro di sollievo, si rivolse alla graziosa scimmietta Rosalia e le ordinò di sistemare nell’armadietto i suoi quaderni pasticciati e macchiati di nutella. Tutti guardarono Rosalia e lei, siccome era molto sensibile ma tanto permalosa, scoppiò a piangere e si inzuppò di lacrime.

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Le amiche con la bocca a cuoricino cercarono di consolarla e, poi, per farle compagnia scoppiarono a piangere anche loro. A questo punto anche la maestra Zampalesta Rosita si emozionò. Che scena! Finalmente entrarono in classe l’ispettore e la direttrice. – Gli alunni stavano ripassando la favola che parla della formica laboriosa e della cicala canterina – precisò la maestra. L’ispettore Volpe spalancò la bocca, drizzò le orecchie e rimase in ascolto con molta attenzione; ogni tanto muoveva la coda e guardava affascinato la maestra, mentre leggeva la favola.

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– Lei permette? – disse, rivolgendosi alla maestra e indicò Orso Grande. – Quell’orsetto là in fondo, sì, tu, continua a leggere la favola e, poi, se ne hai voglia, me la racconti. Orsetto aprì la bocca e si mise a piangere con i lacrimoni. – Lui fa sempre così perché non ci vede bene anche con gli occhiali e, poi, si agita così tanto che balbetta, poverino – intervenne Carlo Topo in difesa dell’amico. – Leggo io che amo in particolar modo questa favola – disse il piccolo topo per togliere dai pasticci Orso Grande che continuava a singhiozzare.

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Gli amici si scambiarono un’occhiata e tutti, in quel momento, capirono che Carlo Topo aveva davvero un gran cuore. Lesse così bene la favola che ricevette un applauso dai suoi compagni. L’ispettore e la direttrice si congratularono con il piccolo topo mentre la maestra gli solleticò la punta del naso e Carlo Topo sorrise e, per la prima volta, sentì il suo cuore battergli forte in petto per l’emozione. Il comportamento di Carlo Topo sortì un effetto straordinario su Orso Grande che, balbettando, chiese all’ispettore di poter leggere la favola che parlava della furba volpe e di un corvo sciocco e vanitoso. Durante l’intervallo, Orso Grande divise per la prima volta la sua merenda con Carlo Topo che la inzuppò di lacrime di gioia.

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Carlo Topo a processo

Mettiamo in scena A cura di Pietro Battipede

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Dopo alcune settimane, ebbe inizio il processo a carico di Carlo Topo, autore del reato. Tutta la Foresta era in fermento. La mattina, di buon’ora, attorno al Palazzo di Giustizia si erano radunati tantissimi animali, tutti ansiosi di poter trovare un posto all’interno dell’aula, dove si sarebbe dovuto svolgere il processo. Ore 9:45, entra il Giudice Tosca la Talpa: – Dichiariamo oggi l’apertura del Dibattimento. Diamo la parola al Pubblico Ministero. Penelope la Pantera, in qualità di P. M. : – Il Pubblico Ministero indica i fatti da provare in quelli riportati nel capo di imputazione e chiede che siano ascoltati i Testi e l’Imputato. Vanessa la Volpe, in qualità di Avvocato Difensore: – La Difesa chiede Esame e Controesame dell’Imputato. Giudice Tosca: – Lei, Pubblico Ministero, ha citato dei Testi oggi? P. M. Penelope: – Sì. Giudice Tosca: – Chi è presente? P. M. Penelope: – Io ho citato solo due testi ritenuti sufficienti per il processo e sono Ignazio l’Ippopotamo, detto “il Corto”, e Camilla la Cavalletta, detta “la Pazza”. Giudice Tosca: – Ci sono tutti e due?

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P. M. Penelope: – Sì Giudice Tosca: – Bene, da chi vogliamo cominciare? P. M. Penelope: – Dagli animali offesi, direi. Giudice Tosca: – Venga avanti l’Ippopotamo Ignazio. Giudice Tosca: – Devi leggere la Formula di Impegno, il Giuramento che praticamente la Legge prevede per i Testimoni. Leggi ad alta voce. Ignazio l’Ippopotamo: – Consapevole della responsabilità morale e giuridica che assumo con la mia deposizione, mi impegno a dire tutta la verità e a non nascondere nulla di quanto è a mia conoscenza. Giudice Tosca: – Come ti chiami? Ignazio l’Ippopotamo: – Mi chiamo Ignazio, ma tutti mi chiamano “il Corto” per via del mio aspetto. Giudice Tosca: – Dove abiti? Ignazio l’Ippopotamo: – Nello stagno 19. Giudice Tosca: – Ignazio ti ricordo che hai letto il giuramento, quindi sei obbligato a dire la verità, va bene? Rispondi alle domande del Pubblico Ministero e poi del Difensore. Il P. M. Penelope procede all’Esame del Teste: – Da quanto tempo conosci Carlo Topo? E come l’hai conosciuto? Ignazio l’Ippopotamo: – L’ho conosciuto a scuola. Mi ero iscritto al primo anno della scuola inferiore

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forestale, mentre lui era ripetente. P. M. Penelope: – Con Carlo c’era un buon rapporto o vi erano contrasti? Ignazio l’Ippopotamo: – Eravamo solo compagni di classe. Giudice Tosca: – Puoi essere più preciso? E soprattutto puoi spiegarci i fatti? Ignazio l’Ippopotamo: – Non c’è stato mai un rapporto di amicizia, non ci siamo mai frequentati fuori orario scolastico. Più volte mi ha invitato ad andare allo Stadio del Corvo per assistere alle partite di calcio fra la squadra locale “Il Pappagallo Feroce” e altre squadre del Campionato Nazionale delle Foreste. Per quanto riguarda il furto dell’orologio che ho subito, posso solo dire che alle ore 14:00 di quel giorno, mentre ero intento a mettere nel mio borsone tutti i libri, le penne e i quaderni, ho messo la mano nella tasca interna per prendere l’orologio, che avevo lasciato un’ora prima per fare ginnastica, e mi sono accorto che era stato rubato. P. M. Penelope: – Vuoi aggiungere altro? Ignazio l’Ippopotamo: – Vorrei dire che qualche giorno dopo Felice, l’ispettore Formicone, mi ha restituito il mio orologio. E da lui stesso ho appreso che l’autore del gesto era stato Carlo Topo.

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P. M. Penelope: – Va bene, Giudice, per il momento ho terminato. Giudice Tosca: – Cediamo la domanda al Difensore. Avvocato Vanessa la Volpe: – Ignazio, ti ricordi se qualche volta Carlo Topo ha scherzato con te o con gli altri compagni di classe, o ha fatto qualcosa al solo scopo di giocare? Ignazio l’Ippopotamo: – Non mi ricordo… mi faccia pensare… Ah, sì! Una volta aveva nascosto la mia cartella sotto il giubbotto di Salvatore lo Scoiattolo, ma era solo uno scherzo. Avvocato Vanessa: – Faceste lite in quella occasione? Ignazio l’Ippopotamo: – Beh… sì, devo ammetterlo, all’inizio mi ero davvero arrabbiato, ma poi lui mi chiese scusa e tutto tornò come prima! Avvocato Vanessa: – Non ho altre domande, signor Giudice. Giudice Tosca: – Va bene. Grazie, Ignazio. Puoi andare. Passiamo a sentire l’altro Teste. Giudice Tosca: – Buongiorno, Camilla. Lei è la Cavalletta, detta “la Pazza”, vero? Prego legga la formula. Camilla la Cavalletta: – Consapevole della responsabilità morale e giuridica che assumo con la mia deposizione, mi impegno a dire tutta la verità e a non nascondere nulla di quanto è a mia conoscenza.

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Giudice Tosca: – Dove abita? Camilla la Cavalletta: – Nella siepe 200 della Foresta, al lato della quercia secolare. P. M. Penelope: – Carlo Topo è un tuo compagno di classe? Camilla la Cavalletta: – Confermo. Ci conosciamo sin dalla Scuola dell’Infanzia. P. M. Penelope: – Quindi, siete molto amici? Camilla la Cavalletta: – Amici non direi. Non è un animale con il quale è facile fare amicizia e soprattutto mantenerla. P. M. Penelope: – Perché? Camilla la Cavalletta: – Perché è un bravo animale, ma purtroppo ha un caratteraccio. P. M. Penelope: – Spiegati meglio. Camilla la Cavalletta: – Secondo me, non riesce ad avere amici e a creare con loro un buon rapporto. Però, di questo sono sicuro che ne soffre tantissimo, anche se non vuole farlo notare. P. M. Penelope: – Spiegaci la dinamica del furto che hai subito. Camilla la Cavalletta: – La mattina del furto, avevo lasciato il mio cellulare nella cartella riposta sotto il banco. Mi ero allontanata per fare ricreazione e, dopo quindici minuti, rientrando, nel sistemare i quaderni

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nella cartella, mi sono accorta che era sparito. Vorrei aggiungere che qualche giorno dopo, Felice, l’ispettore Formicone, mi ha restituito il cellulare. Ho appreso che Carlo Topo si era reso responsabile del furto. P. M. Penelope: – Hai da aggiungere altro? Camilla la Cavalletta: – Sì. Ricordo che un giorno mi confidò che avrebbe voluto essere amico con tutti gli animali della classe, ma il suo carattere lo faceva stare sempre solo. Mi disse anche che l’atteggiamento di alcuni compagni di classe lo aveva mortificato e che un giorno si sarebbe vendicato. Avvocato Vanessa: – Giudice, la teste non è tenuta a dare giudizi che non appartengono a questo processo! Giudice Tosca: – Camilla si limiti a raccontare quello che sa senza aggiungere suoi apprezzamenti. Ci sono altre domande? P. M. Penelope: – No, Signor Giudice. Giudice Tosca: – Prego, allora, avvocato proceda. Avvocato Vanessa: – Camilla, per quello che hai appena raccontato, Carlo Topo appare un animale strano. Secondo te, era lui ad avere difficoltà a stare con gli altri o erano gli altri che lo isolavano perché era piccolo e... Camilla la Cavalletta: – Non so rispondere, probabilmente erano gli altri a isolarlo, perché non risultava simpatico per via del suo aspetto e del suo carattere.

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L’isolamento dal resto dei compagni di classe lo rendeva nervoso e poco simpatico. Avvocato Vanessa: – Signor Giudice, grazie, non ho altre domande. Giudice Tosca: – Fedora, Fatima, Fosca e Felicia, Agenti di Polizia della Foresta, fate entrare l’imputato. Legga la formula del giuramento e declini le sue generalità. Imputato Carlo Topo: – Mi chiamo Carlo Topo e abito nel sottobosco arbustivo al numero 17. Giudice Tosca: – Carlo Topo ti avverto che hai la facoltà di non rispondere. Se non risponderai, il processo avrà regolarmente il suo corso. Se ti sottoporrai a esame, invece, quello che dirai potrà essere usato contro di te. Vuoi rispondere o no? Imputato Carlo Topo: – Voglio rispondere! Giudice Tosca: – Prego, Pubblico Ministero. P. M. Penelope: – Frequenti la terza classe del Circolo Didattico Forestale? Imputato Carlo Topo: – Sì. P. M. Penelope: – Sei stato bocciato? Imputato Carlo Topo: – L’anno scorso. P. M. Penelope: – Dei tuoi compagni di classe vi è qualcuno con il quale sei più amico? Imputato Carlo Topo: – No. Non ho amici in classe.

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P. M. Penelope: – Come te lo spieghi? Imputato Carlo Topo: – Non lo so! Forse sono io che non riesco a crearmi amici per il mio carattere particolare o, forse, sono loro che non mi hanno mai accettato perché sono un topo. P. M. Penelope: – A prescindere dai rapporti amichevoli o meno, ti sei reso responsabile del furto di vari oggetti sottratti ai tuoi compagni di classe, è vero? Imputato Carlo Topo: – Confermo. P. M. Penelope: – Perché l’hai fatto? Imputato Carlo Topo: – Non lo so! P. M. Penelope: – Perché hai rubato quegli oggetti e non altri? L’Imputato Carlo Topo non riuscì a rispondere. Si chiuse in se stesso e, abbassando il capo, con le mani si strofinava continuamente le orecchie. Nonostante i ripetuti inviti del P. M. a rispondere, l’imputato rimaneva in silenzio trattenendo le lacrime. P. M. Penelope: – Signor Giudice, non ho altro da chiedere. Giudice Tosca: – Prego, il Difensore. Avvocato Vanessa: – Hai mai parlato di questo problema con i tuoi genitori, Topo Mastro e Topo Lella?...

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Peraltro nomi molto conosciuti in questa Foresta a causa del loro volontariato nell’Ospedale di Zona. Imputato Carlo Topo: No, mai… Avvocato Vanessa: – Perché? Imputato Carlo Topo: – Non riuscivo a parlare con loro mai. Erano sempre impegnati nel lavoro e nel volontariato. Non c’era mai tempo per ascoltarmi. Io sono già piuttosto chiuso, un po’ timido e... Avvocato Vanessa: – Dopo aver rubato quegli oggetti ai compagni e prima di essere scoperto, ti sei pentito? Carlo Topo non rispose subito, chinò il capo si mise nuovamente le mani in testa e rimase in silenzio per alcuni lunghi, lunghissimi minuti. Alla ripetuta domanda dell’Avvocato, scoppiò in un fragoroso pianto. Imputato Carlo Topo: – Io non volevo, io non l’avrei mai fatto ma… Non avere amici fa soffrire. Vedere tutti i compagni di classe stare sempre assieme, divertirsi, mi faceva stare sempre peggio. Ho pianto tante volte, ma non sapevo cosa fare. Ecco perché un giorno ho pensato che dovevo inventarmi qualcosa per diventare amico dei miei compagni di classe. Nessuno escluso. Ma cosa avrei potuto fare? Mi venne in mente di rubare degli

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oggetti che avrei restituito l’indomani. Difatti li avevo lasciati nell’armadietto della scuola per facilitarne la restituzione. Avvocato Vanessa: – Signor Giudice, ho concluso. Giudice Tosca: – Congediamo l’imputato e aggiorniamo l’udienza per emettere la sentenza. Dopo una settimana, si erano radunati attorno al Tribunale della Foresta molti curiosi. Tutti erano interessati a conoscere l’esito del processo. Carlo Topo risulterà colpevole o innocente? Questa era la domanda che si facevano. Perché tanta curiosità attorno ad un processo? Semplice… era la prima volta che si svolgeva un processo nella Foresta, ed era la prima volta che alcuni abitanti erano stati prescelti per svolgere quelle funzioni. In un’aula gremita entrò il Giudice Tosca la Talpa. Si sedette, aprì la sua cartella mentre il silenzio tombale occupava l’aula, quindi diede lettura della Sentenza: “In nome del Popolo Forestale, visti gli articoli di Legge, acquisite tutte le prove emerse nel processo, ritenute le attenuanti meritevoli di considerazione, questo Tribunale condanna l’imputato Carlo Topo alla pena di anni due di lavori di pubblica utilità in associazioni di volontariato per scoprire il vero valore dell’amicizia, della comprensione, della collaborazione, dell’altruismo

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necessari per stare bene con se stessi e con gli altri. A conclusione della lettura della Sentenza, ci fu un lungo applauso. Tutti i presenti concordavano con il Giudice, tutti esprimevano soddisfazione per una Sentenza che voleva redimere l’Imputato, ma nello stesso tempo trasmetteva a tutti gli abitanti della Foresta un messaggio importante: “I tempi erano cambiati e il rispetto della Legge era fondamentale. Ed, infine, che era importante capire che la Legge è uguale per tutti. Pian piano nella foresta: tutti cominciarono a lavorare. Tutti ad essere rispettosi. Tutti ad aiutare all’occorrenza i più bisognosi.

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Processo nella Foresta

Giochiamo con la storia A cura di Rosa Dattolico

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Il piccolo manuale per stare bene insieme

•

Conoscere e rispettare le regole della convivenza democratica per prevenire comportamenti scorretti nei confronti degli altri.

Rispetta le regole Per una buona convivenza rispetta le regole di partenza, sii ubbidiente e abbi pazienza, rispetta le regole di convivenza! Regola regola numero uno non faccio mai male a nessuno! Regola regola numero due dividiamo la merenda in due! Regola regola numero tre ed ognuno è uguale a me! Regola regola numero quattro chiedo scusa se uno sbaglio ho fatto!

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Regola regola numero cinque non sei diverso se parli altre lingue! Regola regola numero sei segui le regole ovunque tu sei! Regola regola numero sette il bambino bravo riflette! Regola regola numero otto “sono sincero”, è questo il mio motto! Regola regola numero nove scopro con te tante cose nuove! Regola regola numero dieci della maestra io faccio le veci! Ed. Paoline

Attività di gruppo

Tu e i tuoi compagni di classe realizzate il cartellone della Legalità, scoprendo il significato di alcuni concetti fondamentali del vivere comune nel rispetto reciproco: solidarietà, tolleranza, condivisione, cooperazione.

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Dal diario di Re Leo

•

Re Leo ha annotato sul suo diario gli strani comportamenti di alcuni animali che vivono nella Foresta e ha intenzione di intervenire subito per porvi rimedio. Leggi, immagina e completa.

15 settembre Due graziose scoiattoline, Mila e MilĂš, hanno litigato per tutta la notte, mettendo in subbuglio gli abitanti della grande quercia compresi i piccoli uccellini, che dal terrore si sono spiumati . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . ................................................................................ ................................................................................ ................................................................................ ................................................................................

25 ottobre Giraffina merita una lezione. Ieri, mentre le sue compagne passeggiavano lungo il fiume, lei con una scusa si è allontanata ed è tornata in classe e

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10 novembre Tre piccoli ippopotami prepotenti impediscono ai loro coetanei di bagnarsi nel fiume e, se qualcuno si permette di bagnarsi appena, riceve due sonore sberle

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4 dicembre La pantera Pamela è stata portata con urgenza all’ospedale della Foresta. Qualcuno le aveva annodato la coda così forte che la poverina si è sentita male all’improvviso

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La cicala e la formica

Anche tu, come Carlo Topo, leggi la favola e racconta a voce.

Durante l’estate, una formica lavorava sotto il sole cocente senza fermarsi un attimo. Raccoglieva i chicchi di grano, briciole, piccoli semi, e con grande sforzo li trascinava nel magazzino del suo formicaio. Un’allegra cicala cantava sdraiata sul ramo di un albero, suonando la chitarra. Di tanto in tanto, dava un’occhiata alla formica e pensava: “Guarda un po’ come fatica, chissà perché sgobba così tanto”. Venne l’autunno con il suo vento freddo, la nebbia umida e la pioggia insistente. La formica si chiuse nel suo formicaio, ricco di provviste, al caldo e in compagnia delle sue compagne.

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La cicala, senza casa, ebbe freddo, si ricordò della formichina e andò a bussare alla sua abitazione. La formica le disse: – Che cosa vuoi? La cicala rispose: – Cara formica, fammi entrare perché ho freddo e non ho nulla da mangiare! La formica le chiese: – Quest’estate, mentre io faticavo sotto il sole cocente, tu cosa facevi? – Cantavo! – rispose la cicala. Allora la formica le urlò: – Se cantavi, adesso balla! – E la cacciò via. Esopo

Rispondi. • Perché la cicala andò dalla formica? • Che cosa le chiese? • Che cosa le rispose la formica?

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La favola a fumetti

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Scrivi nelle nuvolette le parole che si scambiano i personaggi della favola “La cicala e la formica”.


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Il corvo e la volpe

Questa è, invece, la favola letta da Orso Grande. Leggila anche tu e racconta a voce.

Un corvo aveva rubato un bel pezzo di formaggio ed era andato a posarsi sul ramo di un albero. Una volpe, che passava di lì, notò quel grosso pezzo di formaggio e le venne voglia di mangiarselo. Si fermò ai piedi dell’albero e cominciò a parlare col corvo: – Che belle piume nere che hai... come sei elegante, sembri un principe, complimenti amico mio! Il corvo si gonfiava di orgoglio per tutti quei complimenti e la volpe continuava: – Nessuno è più adatto di te per essere il re degli uccelli. Se poi hai anche una bella voce lo diventerai di sicuro!

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Il corvo volle far capire alla volpe che aveva anche un bel canto e che poteva diventare un vero re degli uccelli. Si gonfiò il petto, spalancò il becco e con tutte le sue forze cacciò un grido. Ma, nell’aprire il becco, il formaggio cadde a terra e la volpe, con un rapidissimo balzo, l’afferrò. Con il pezzo di formaggio tra le zampe e con un sorriso furbissimo la volpe disse al povero corvo: – Se poi, caro il mio amico corvo, tu avessi anche un poco di cervello, davvero non ti mancherebbe proprio nulla per diventare re. Fedro

Rispondi. • Qual è la morale della favola? • Come definiresti la volpe? • E il corvo?

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A spasso con le favole

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Osserva i personaggi del racconto, scegline due e inventa una favola.


Titolo

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Illustra nel riquadro i personaggi della favola.

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AttivitĂ divertenti

•

Colora i personaggi del racconto e per ognuno fai una breve descrizione, evidenziando i loro comportamenti a casa e con gli amici della Foresta.

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AttivitĂ divertenti

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Osserva l’immagine e racconta come si divertono i piccoli amici della Foresta.


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I Divertentissimi Serie gialla - dai 6 anni Abbasso la paura Il lombrico Gigetto Ossicino, Sventola e Frittella Il gigante Tenerone Il mio amico Pelosone Piccole divertentissime paure Doppia storia di mare e di colline Un mare di avventure

Serie verde - dai 7 anni Cresta D’Oro Superstar Pistacchio, un mago... troppo simpatico Luigino Combinaguai Le avventure del pirata Barbariccia Emozioni, paure e un sorso di frullato Riccardo Senzapaura Processo nella foresta

Serie rossa - dai 9 anni Nel calzino di papà Burattini in fuga Picnic nel bosco stregato Risate e batticuore La terribile Pelumba Nerumba Fortissimo

Serie “gli Inafferabili” L’albergo dei mostri Diavoletti tra i banchi di scuola Vladimiro... un vampiro in cerca d’amore Gigi Puzzino, detective sopraffino Che fine ha fatto nonno Peppino? Il mistero di Aci Agguato nel buio Dentro un incubo... neonate scatenate Detective a Villafiorita Lo spettro di Azzurrina Acci... denti di piragna!


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