L’ARCHITETTURA DEL CAMPUS DI SOLBOSCH DELL’UNIVERSITÀ LIBERA DI BRUXELLES ORIGINI • EVOLUZIONE • POSSIBILITÀ DI SVILUPPO
ARIANNA FABRIZI DE’ BIANI • POLITECNICO DI MILANO A.A 2014_2015 Scuola di Architettura e Società • Laurea triennale in Architettura Ambientale • RELATORE ALESSANDRO DE MAGISTRIS • CORRELATORE ESTERNO VICTOR BRUNFAUT. 1
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Tesi
L’ARCHITETTURA DEL CAMPUS DI SOLBOSCH DELL’UNIVERSITÀ LIBERA DI BRUXELLES ORIGINI • EVOLUZIONE • POSSIBILITÀ DI SVILUPPO
POLITECNICO DI MILANO A.A 2014/2015
Scuola di Architettura e Società Corso di laurea triennale in Architettura Ambientale Arianna Fabrizi de’ Biani matr.778336 Relatore_ Alessandro De Magistris Correlatore esterno_ Victor Brunfaut 3
SOMMARIO Introduzione...................................................................................................................6 PARTE PRIMA• EVOLUZIONE STORICA E URBANISTICA DI SOLBOSCH 1_PRESENTAZIONE DELL’ULB................................................................................................11 1.1 Dalla fondazione dell’università ai primi del’900 12 1.2 Tre campus: Erasme, La Plaine e Solbosch 14 1.3 ULB oggi 15 2_L’URBANIZZAZIONE DI IXELLES E L’EXPO 1910.................................................................... 2.1 Progetto dell’avenue de Louise e il Bois de la Cambre 2.2 L’Esposizione Universale del 1910 2.3 Espansioni a Ixelles e Solbosch.
21 27 19 30
3_PRIMI EDIFICI A SOLBOSCH............................................................................................. 3.1 Somma di campus 3.2 ULB-USA: Un nuovo volto all’Università 3.3 Secondo progetto immaginario ed l’edificio A
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PARTE SECONDA• ANALISI ARCHITETTONICA DEL CAMPUS 4_ CAMPUS ACCADEMICO 1918-1938....................................................................................55 4.1 Caratteristiche della I fase 56 4.2 La Cité Héger 59 4.3 L’ architettura moderna di Alexis Dumont 64 4.4 Architettura sportiva_ l’edificio E2 66 5_ CAMPUS MODERNISTA 1953-1971....................................................................................71 5.1 Caratteristiche della II fase 72 5.2 Expo ‘58_L’Auditorio Paule-Emile Janson 75 5.3 Terzo progetto immaginario Puttermans 78 5.4 Costruire in altezza_ Edifici D e S 6_ CAMPUS MODERNO 1990-2014...................................................................................... 87 6.1 Caratteristiche della III fase 88 6.2 La Biblioteca di Scienze Umane e le sue conseguenze spaziali 92 6.3 Situazione attuale dell’ULB 96 SCHEMA RIASSUNTIVO...................................................................................................... 98 4
PARTE TERZA• PROGETTARE UN CAMPUS UNIVERSITARIO 7_UNIVER-CITTA’_DIALOGO DEI CAMPUS CON LA CITTA’........................................................ 101 7.1 7.2 7.3
Tipologie di campus universitari Un caso particolare: Louvain la Neuve Possibili scenari di progetto
CONCLUSIONI
102 106 108 110
8_ANNESSI ...................................................................................................................... 111 A_ARTICOLI DI RIVISTE D’EPOCA FLOUQUET, P.L, “Une perle fausse. L’avenue des Nations”, Batir 67 (1938): 251-252 “DUMONT , A. “Les nouveaux batiments universitaires du Solbosch”, L’Emulation, Société centrale d’architecture de Belgique 10 (ottobre 1929): 81-88. DHUICQUE, Eugène. “L’Institut d’Éducation physique de l’Université libre de Bruxelles”, Le Document 2 (1938): 19-25. SAMYN AND PARTNERS. “Aménagement de l’avenue paul Héger. Unoversité Libre de Bruxelles- Campus de Solbosch.” Aplus (1993): 58-5 ARON, Jacques. “ La nouvelle Bibliotèque des Sciences Humaines de l’Université Libre de Bruxelles.”Aplus (1993): 60-63.
113 114 116 122 124
B_SCHEDE TECNICHE..............................................................................................................126 A. Facoltà di Diritto e Filosofia e Lettere, biblioteca, archivi storici e amministrazione. D. Facoltà di Scienze Psicologia e dell’Educazione. E2. Istituto superiore di Educazione Fisica e Chiropratica . F1. Cité Paule Héger, ristoranti universitari, Salle Allende e alloggi studenti. J. Auditorio Paul-Émile Janson NB. Biblioteca di Scienze Umane S. Istituto di Sociologia.
128 130 132 134 136 138 140 142
BIBLIOGRAFIA.................................................................................................................. 146
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INTRODUZIONE La scelta di incentrare la mia tesi sul patrimonio architettonico di Solbosh è frutto del periodo trascorso come studentessa Erasmus presso la facoltà di Architettura della Cambre Horta di Bruxelles. Il tema era stato proposto nel corso intitolato “Architettura, Patrimonio e Sviluppo”, teso a stimolare l’interesse verso il Campus di Solbosch, dal 2011 destinato anche agli studenti di architettura iscritti ai primi anni. Dislocato su un’area di circa 13 ettari, a cavallo tra il Comune di Ixelles e Bruxelles centro, Solbosch è il principale campus dell’Università libera di Bruxelles, trasferita a partire dal 1921 sui terreni originariamente destinati all’Esposizione universale del 1910. È sufficiente anche solo passeggiare nell’area del campus di Solbosch, per percepire – dal punto di vista architettonico – una sensazione di confusione e di anarchia derivante dall’insieme eterogeneo delle sue costruzioni. L’entrata è non è ben indicata gli edifici sono costruiti con materiali, dimensioni e stili disparati; capita che le costruzioni si nascondano tra loro a causa della dislocazione, lo spazio alberato più grande altro non è che un parcheggio; i percorsi su cui si cammina sono piccoli, dai limiti eterogenei e qualunque sia il punto in cui ci si trova, sembra di essere rivolti nella direzione sbagliata. In questa sorta di disordine tra gli edifici e negli spazi del campus, è possibile evidenziare elementi di grande interesse architettonico e paesaggistico, ancorché nascosti oppure trascurati, che meritano l’attenzione degli studiosi per le origini e i percorsi storici che li hanno trasmessi fino ai nostri giorni. Pur rappresentando una delle maggiori istituzioni scolastiche universitarie belghe, l’ULB non è dotata di un ente o di piani regolatori che governassero le trasformazioni architettoniche dei campus. E non da oggi, poiché pare che nemmeno in passato nessuno si sia mai posto il problema. Questa assenza di premeditazione architettonica – un mix tra spontaneità e negligenza, da non confondere con la trascuratezza – è probabilmente la cifra distintiva concettuale belga e, in quest’ottica, il campus di Solbosch è rappresentativo di un modo di “fare architettura” su scala ben più ampia: sono gli eventi storici e le tendenze culturali, nonché i bisogni del momento, che ne definiscono il masterplan. Previsto inizialmente per tremila studenti, il Solbosch si è considerevolmente densificato con l’aumentare della popolazione universitaria, a partire soprattutto dagli anni 1950. All’osservazione attuale
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è possibile riconoscere tre fasi costruttive che testimoniano tre diverse idee di campus che si sono via via sovrapposte: la prima fase è collocabile tra le due guerre; la seconda prende avvio dall’Esposizione universale del 1958 e si spinge fino agli anni 70; l’ultima fase è iniziata negli anni 90 ed è tuttora in atto. Scopo di questa ricerca, è tentare di cogliere le dinamiche che hanno portato alla saturazione attuale del campus, ricostruendo il come e il perché di questo peculiare modello di sviluppo. Cercheremo cioè di riconoscere e classificare gli edifici di maggior importanza, che non necessariamente coincidono con quelli iscritti all’inventario del patrimonio architettonico di Bruxelles; analizzare le relazioni che intercorrono tra questi e lo spazio pubblico che li circonda; proporre, infine, spunti di riflessione e possibili indicazioni progettuali per migliorare un campus universitario di tale importanza. Anche se non sempre riconosciuto come insieme architettonico d’interesse, Solbosch esprime invece, un potenziale sottostimato o che viene dato per scontato. Gli appartiene un patrimonio storico, legato alla storia della città, urbanistico, per il ruolo da protagonista e l’impatto che ha avuto in rapporto con il quartiere, e architettonico, dato che ogni edifico che ha avuto una propria genesi, in alcuni casi esempio di stile o di tecnica di grande interesse. Insomma. Fare un ritratto di cosa sia il campus di Solbosch oggi non è cosa da poco. Con questa ricerca, spero perciò di contribuire a sensibilizzare le coscienze di quanti – in un modo o in un altro – entrano in contatto con questo peculiare agglomerato, lo vivono, lo utilizzano e in qualche modo ne fanno parte.
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Evoluzione del campus attraverso le sue diverse fasi architettoniche. Oggi Solbosch è la sommattoria di tre altre progetti di campus che si sono sovrapposte; in periodo che inizia dall’urbanizzazione del quartiere della fine del 1800 fino alle prime costruzioni degli anni venti del 1900 fino lentamente ai giorni nostri, il campus è in continua trasformazione. Si succedono in ordine: -preesistenze e quartiere -campus accademico -campus modernista -campus postmoderno
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PARTE PRIMA •
EVOLUZIONE E S
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STORICA
URBANISTICA O
L
B
O
S
DI C
H
1_PRESENTAZIONE DELL’ULB
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1_PRESENTAZIONE DELL’ULB 1.1
DALLA FONDAZIONE DELL’UNIVERSITÀ AI PRIMI DEL’900.
Fondazione
Palazzo di Charles de Lorraine
Palazzo Grandeville
L’Università Libera di Bruxelles viene fondata il 20 novembre del 1834, quattro anni dopo la dichiarazione d’indipendenza del Paese, in una fase di totale disorganizzazione dell’insegnamento superiore. Per la sua nascita – che risulta peraltro una risposta alla fondazione dell’Università Cattolica di Malines – il letterato August Baron e l’avvocato Théodore Verhaegen1 avviano una campagna di adesioni negli ambienti liberali belgi. Il progetto di Verhaegen prevede un’istituzione basata sul principio del liberum examen2 e di laicità: una visione del tutto nuova cui, inizialmente, non solo mancano i fondi necessari e gli spazi adatti, ma anche studenti e docenti disposti a far parte di questa inedita concezione di insegnamento. Grazie a una sottoscrizione e alle conoscenze coltivate da Verhaegen negli ambienti sociali belgi più illuminati, l’Università riesce a decollare installandosi nel centro di Bruxelles con il nome di Université Libre de Belgique. Il primo tra gli edifici a essere utilizzato, è l’antico Palazzo di Charles de Lorraine che ospitava 96 studenti e 11 professori suddivisi in quattro facoltà: Diritto, Lettere e Filosofia, Scienze, Medicina. Il palazzo in questione risale al 1760 ed è simbolo del periodo dei “lumi” a Bruxelles. Una scelta che da sola chiarisce il carattere dell’istituzione che vi si è insediata, oltre che presentarsi – con la sua monumentalità – come un ottimo biglietto da visita. Il Palazzo si trova in una posizione centrale, vicinissimo alla residenza e al parco reale, in quella che oggi è Place du Musée. Nel 1836, da Université Libre de Belgique il nome cambia in Université Libre de Bruxelles e dopo altri sei anni (1842) le facoltà si trasferisce nei locali più piccoli, ma più adatti in quanto meglio organizzati, di Palazzo Grandeville, in rue des Sols, un edificio costruito nel 1500 nell’area in cui ora sorge la Gal-
1_ Pietre-Théodore Verhaegen (Bruxelles 1796-1862), avvocato, letterato e politico belga, fu capo del Partito liberale, fondò la Société de l’Alliance e quindi l’Association libérale et Union Constitutionnelle de Bruxelles. Fu anche membro della loggia massonica dei filantropi per poi diventare il Gran Maestro del Grande Oriente del Belgio, pur rimanendo cattolico praticante. Oltre che fondatore dell’ULB, ne fu anche professore di Diritto. La sua è un’immagine talmente importate per il mondo universitario, che negli anni gli studenti ne hanno fatto un’icona – “Saint-V” – e il 20 novembre, giorno della fondazione, viene celebrato con una grande parata nel centro della città. 2_Principio che esalta il rifiuto di un autorità in materia di Sapere, e la libertà di giudizio. «La pensée ne doit jamais se soumettre, ni à un dogme, ni à un parti, ni à une passion, ni à un intérêt, ni à une idée préconçue, ni à quoi que ce soit, si ce n’est aux faits eux-mêmes, parce que, pour elle, se soumettre, ce serait cesser d’être. Henri Poincaré”
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leria Ravestein e andato distrutto a metà del ‘9003. Con Palazzo Grandeville, l’Università comincia a imporsi sul piano nazionale e internazionale: studenti e professori si affezionano a questa nuova sede – ricordata negli Annali come fulcro del “periodo eroico” e definita anche “vielle Maison”4 – che resterà attiva fino al 1928. Nel 1861 viene ribadito come fondante il principio del liberum examen, al quale si ispirano l’insegnamento e la ricerca del nuovo Ateneo brussellese, fin dall’esordio caratterizzato come un vivaio di giovani ribelli e attivi politicamente, tanto che – ad esempio – nel 1880 l’ULB è la prima università belga ad accettare iscrizioni femminili. A partire del 1893, il complesso subisce il primo decentramento verso il Parco Leopoldo: la facoltà di Medicina e l’istituto di Sociologia si trasferiscono in quella che successivamente prenderà il nome di Cité de la Science. È per ospitare queste sezioni dell’Università che si realizzano edifici in stile eclettico e Art Nouveau, immersi in un’atmosfera assai elegante, tra alberi, cespugli e fontane. Ma già alla fine della prima guerra mondiale, le autorità accademiche si mettono alla ricerca di nuovi spazi, più ampi di Parco Leopoldo, in grado di accogliere una popolazione studentesca in crescita esponenziale. Infatti, nel 1919 le domande di iscrizione superano quota 3mila5, il doppio di quante fossero prima della guerra. Impreparata a una simile affluenza, l’ULB ha bisogno di un nuovo sito. La scelta cade sui campi di Solbosch, a cavallo tra i Comuni di Bruxelles e Ixelles, rimasti vuoti dopo l’Esposizione Universale del 1910. Due le ragioni principali: Solbosch rientrava nel progetto di un nuovo quartiere aristocratico e, soprattutto, per il suo utilizzo è possibile contare sul sostegno dei fondi americani, indispensabili per costruire i primi edifici. L’afflusso di questi finanziamenti è reso da Paul Héger, figura centrale nella storia dell’ULB di cui è stato vicerettore e quindi rettore fino al 1924. È lui che si attiva per intercettare i fondi della newyorkese Commission for relief in Belgium6. Ed è per questo motivo che Héger vien considerato il secondo fondatore dell’ULB, con un peso paragonabile a quello di Théodore Verhaegen. Il 1924 è anche l’anno in cui, grazie ai fondi statunitensi, viene costruito l’edificio A, quello più rappresentativo dell’Università, anche se – come vedremo più avanti – non il primo. Il 1924 resta comunque una data importante perché da quell’anno il campus comincia a prendere forma, quindi a cambiare e a svilupparsi fino a raggiungere lo stato attuale
Parco Leopoldo
Solbosch
3_ È curioso pensare che la galleria fu costruita tra il 1954 e 1958 dagli architetti Alexis e Philippe Dumont, il primo dei quali è ha svolto un ruolo importante nel campus di Solbosch. 4_ VAN KALKEN Frans, L’Université Libre de Bruxelles. Bruxelles: Impr. de l’Office de publicité,1954. 5_ Idem 6_ La Commission For Rilief in Belgium (C.R.B) era un’associazione internazionale (principalmente americana) che insieme alla Comité national de secours et d’alimentation era impegnata a fornire cibo e aiuto nei territori franco-belgi occupati dai tedeschi negli anni della prima guerra mondiale.
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1.2
TRE CAMPUS: ERASME, LA PLAINE E SOLBOSCH Oggi l’ULB conta tre campus a Bruxelles: quello di Solbosch, in cui ha sede l’amministrazione centrale e con le facoltà umanistiche, quello del La Plaine (sempre a Ixelles) con le facoltà scientifiche e quello di Erasme (ad Anderlecht) caratterizzato dalla facoltà di medicina. Quest’ultimo si trova a sud-ovest di Bruxelles, nel Comune più grande della regione Bruxelles-Capitale, geograficamente distante dagli altri due. La distribuzione dell’università in tre poli è quindi anche accompagnata da una divisione delle facoltà.
Campus Erasme
La Plaine
Erasme ospita la facoltà di Medicina e l’ospedale universitario, costruito a partire degli anni ’70. Conta una trentina di edifici di diverse dimensioni sono sparsi nel campus con un rigore più geometrico rispetto a quello riscontrabile negli altri due poli. Ma nemmeno per Erasme – nonostante la più recente edificazione – è previsto un Piano regolatore dell’insieme. Dal 1976, anno di ultimazione dell’ospedale, fino a oggi, sono stati periodicamente aggiunti annessi e nuovi edifici per ospitare scuole specializzate, un hotel, un museo e un centro di ricerca. Storicamente legato al campus di Etterbeek, ma interamente ricompreso nel Comune di Ixelles, La Plaine sorge nell’area un tempo occupata dal quartiere militare. Edifici come la caserma dell’Arsenale o la stazione di Etterbeek, si sviluppano lungo Boulevard Général Jacques e hanno finito col caratterizzare l’intero quartiere. Da qui il nome – La Plaine – che significa pianura, con riferimento alla grande spianata utilizzata come campo di addestramento militare7. Alla fine degli anni ’60 il terreno viene ceduto gratuitamente dalla Regione all’università. Inizialmente bilingue, in concomitanza con la scissione linguistica del 1969, nasce la Vrije Universiteit Brussel (VUB) in cui l’insegnamento avviene in fiammingo. Oggi le due università ULB e VUB condividono il campus, pur restando istituzioni distinte. Per estensione, La Plaine è il secondo spazio verde di Ixelles, dopo il Bois de la Cambre. È infatti un buon esempio di integrazione tra parco e costruzioni scolastiche, avendo preservato la sua natura boscosa e la biodiversità del luogo. Al suo interno si trovano biblioteche, alloggi per studenti, impianti sportivi e altri spazi di socializzazione, il che fa del campus un “territorio studentesco” a tutti gli effetti. Attualmente il sito di La Plaine si presenta con numerosi accessi, ma è contornata da numerosi ostacoli topografici e urbanistici (ferrovia, boulevards e strade) che le impediscono una vera continuità con la città. Lo scopo era di creare un’isola verde nella città e infatti nessuna funziona urbana si trova all’interno, che fino ad ora serve solo alle università.
7_ Il nome completo era “La Plaine des manoeuvres”, cioè la spianata delle manovre. Fonte: http://laplaine.jimdo.com/pr%C3%A9sentation/historique-du-site/1850-1990/
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La distanza geografica tra Solbosch e La Plaine non supera i due chilometri, percorribili lungo un’unica arteria urbana (avenue de l’Université) ovvero, in termini di tempo, due fermate di autobus oppure 15 minuti a piedi. Se la prossimità rende i due siti palesemente connessi, essi sono nei fatti entità profondamente distanti, senza una integrazione che non sia quella fisica, entrambi sono contornati da strade che li separano dall’intorno. Cittadelle nella città, la separazione è ancora più evidente nel caso del La Plaine, in cui la differenza tra parco e area urbanizzata è assai netta come plasticamente confermato dalla strada a quattro corsie e doppio senso di marcia, che ne delimita i confini rendendone difficoltoso anche l’attraversamento pedonale. All’interno dell’area, è altrettanto chiaro come stia perdendo forza il monopolio un tempo indiscusso delle Università. Nel 2012 una quota a nord è stata venduta a una società immobiliare i cui progetti prevedono anche appartamenti residenziali. Oltre all’inevitabile saturazione del suolo, che con l’azzeramento di una zona verde pari a 15.000 mq (compreso l’abbattimento di alberi di interesse storico) cambierà il volto paesaggistico dell’area, l’operazione finanziario-immobiliare mette in discussione l’identità studentesca del sito universitario e il campus stesso8.
1.2
Conessione tra campus
VUB
ULB
É
SIT
R IVE
'UN
EL
ED
NU
E AV ULB
ULB OGGI
L’Università libera di Bruxelles conta oggi 25.500 studenti e 3mila professori distribuiti tra sette facoltà. ULB fa parte di una rete di Università europee costituitasi nel 2002, cui partecipano anche l’alta scuola di Paule-Henri Spaak, la Francisco Ferrer e la Lucia de Brouckère. Nel 2004 si sono aggiunte anche la Scuola Militare, l’Accademia reale di Belle Arti, l’istituto superiore d’architettura Victor Horta nonché la scuola superiore di Arti visive La Cambre. La fusione tra queste ultime due scuole di architettura, avvenuta nel 2009, ha originato la facoltà di Architettura La Cambre-Horta, i cui locali sono così distribuiti: i corsi di master si tengono nell’edificio di Place Flagey (accesso in rue du Belvédèr), mentre il corso triennale è dislocato a Solbosch, negli ultimi piani dell’edificio U. Lo schema planimetrico del campus consegnato ai nuovi studenti per orientarsi è quello qui presentato. I confini sono identificati con l’avenue Adolphe Buyl (entrata principale), avenue Antoine Depage, avenue Franklin D. Roosevelt, avenue Jeanne; l’avenue Paul Héger, arteria prevalentemente pedonale di proprietà dell’Università, attraversa il campus lungo l’asse nord-sud.
ULB e la rete dell’università
Pianta del campus
8_ Si tratta del progetto Universalis Park dello studio di architettura Art&Build architect, prevede la costruzione di quattro immobili di sei piani ciascuno, per un totale di 131 appartamenti. Il movimento studentesco “Sauver La Plaine” è fortemente motivato a boicottare il progetto. Per maggiori informazioni sul progetto: http://triomphe-bxl.jimdo.com/universalis-park/ o sul movimento contrastante http://laplaine.jimdo.com/pr%C3%A9sentation/.
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1 6
2
3 4
5
1_Palazzo di Charles.de Lorraine 2_Palazzo Grandeville 3_Parco Leopoldo 4_Solbosch 5_ La Plaine 6_Erasme
a_Centro storico b_Avenue Louise c_Avenue GÊneral Jacque d_Quartiere del cimitero d’Ixelles e_Avenue des Nations / Roosevelt f_Bois de la Cambre
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2
a
1 3
b 5
c d 4
e
f
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L EGENDA DEGLI EDIFICI A_Facoltà di Diritto e Filosofia e Lettere, biblioteca, archivi storici e amministrazione. C_Edificio di costruzioni civili. D_Facoltà di Scienze Pscicologia e dell’Educazione. E1 E2_ Istituto superiore di Educazione Fisica e Chiropratica . F1_Cité Paule Héger, ristoranti universitari, Salle Allende e alloggi studenti. F2_Cité des Courses, alloggi studenti. G_ Asilo nido. H_Facoltà di Diritto e Criminologia. J_Auditorio Paul-Émile Janson et salle Van Buren. K_ Anfiteatro Henri La Fontaine e sale seminari. L_ Scuola Politecnica, laboratori M_ Servizio medico. Na_ Facoltà di Filosofia e Lettere. Nb_ Biblioteca di Scienze Umane O_ Centro di Calcoli e laboratori. P1-P2-P3-P4_ Prefabbricati . R_Presidenza e rettorato. R42_ Solvay Brussels School of Economics and Management. S_ Istituto di Sociologia. SI_ Servizio iscrizioni e ammissioni. U_ Facoltà di Scienze Applicate e Facoltà di Architettura. V_ Uffici studenti e stampa universitaria di Bruxelles ( PUB). Y_ Serre e servizio botanico (Facoltà di Scienze). Depage 15_ Residenza Elio Conte. Depage 31_ Residenza Lucia de Brouckère. Roosevelt 39_ Istituto europeo. Roosevelt 17_ Istituto delle religioni e della laicità. Jeanne 38_Amare all’ULB. Jeanne 52_Dipartimento delle relazioni esterne. Jeanne 56-60_ Casa delle arti della Facoltà di Filosofia e Lettere. Buyl 105_ ULB sport. Buyl 115-145_ Dipartimento delle infrastrutture, PsyCampus ,Sorveglianza 24h. Buyl 157_ Ufficio della sorveglianza generale
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AVENUE DE L’UNIVERSITÉ
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2_ L’URBANIZZAZIONE D’IXELLES E L’EXPO 1910
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2_ L’URBANIZZAZIONE DI IXELLES E L’EXPO 1910
2.1
PROGETTO DELL’AVENUE DE LOUISE E IL BOIS DE LA CAMBRE Per introdurre l’analisi dello sviluppo urbanistico del quartiere di Solbosch, occorre muovere da due grandi progetti realizzati nella seconda metà dell’800: quelli del parco del Bois de la Cambre e dell’avenue Louise. Fino alla fine del XVIII secolo, Solbosch era un’area boscosa che faceva parte di quella Foresta di Soignes che ancora oggi si espande per molti ettari a sud di Bruxelles. Da quella spiccata caratterizzazione proviene anche la sua denominazione Solbosch: “’s wolfs bosch” significa infatti “bosco dei lupi”. Agli inizi dell’800 la zona venne disboscata per essere coltivata e proprio in quegli anni, per la prima volta da secoli, il paesaggio cambia drasticamente passando dal fitto intrico degli alberi della foresta a orti e frutteti contornati da qualche casa isolata, tipico della campagna.
L’importanza del Bois de la Cambre
Il Bois de la Cambre è la parte della foresta più prossima alla città ed è questa collocazione che caratterizza l’intera area. Durante il regno di Leopoldo II – munifico mecenate e grande promotore del proprio Paese e di Bruxelles in particolare – prende il via una delle grandi espansioni urbane tipiche della seconda metà dell‘800. Per non essere da meno delle altre città europee, vengono progettate nuove infrastrutture, luoghi di svago e quartieri residenziali. Addirittura, grazie all’incorporazione di terreni confinanti con la Capitale, quest’ultima si espande ben oltre la prima, storica cinta muraria cosiddetta del pentagono1. È in questo scenario di grande dinamismo che il Bois de la Cambre diviene un grande parco pubblico tra i luoghi d’incontro preferiti dagli abitanti di Bruxelles, un’area verde urbana paragonabile al parigino Bois de Boulogne. Al suo interno, o nelle immediate vicinanze, sorgono numerosi locali e infrastrutture di svago – i primi in quella zona – quali ristoranti, caffè, una sala per spettacoli e persino un ippodromo, una stazione ferroviaria, sentieri pedonali e piste da percorrere cavalcando. Nel 1862, all’esito di un concorso pubblico, la progettazione definitiva del parco venne affidata all’architetto paesaggista di origine tedesca, Edouard Keilig2. Lungo le strade che costeggiano il parco, avenue Vi-
1_ Si intende una cintura di strade che delimita il centro storico, composto da boulevard e tunnel sotterranei; riprende l’antico tracciato delle mura della città, costruita al XIV secolo. Lungo approssimativamente 8 km, l’insieme disegna grossolanamente la forma di un pentagono, termine ormai comunemente designato a indicare il “cuore” della città. 2_ Édouard Keilig, (1827-1895) è stato un architetto-paesaggista di origine tedesca. Ar-
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L’avenue Louise 1840-‘60
U EN AV E UIS LO E
ctoria e avenue Orée sorgono alcune ville di campagna3 anche se il paesaggio conserva un carattere preminentemente rurale, ad esempio con i sentieri non ancora sostituiti dalle strade. Sempre nell’ottica di abbellire la città e coerentemente alla cultura della progettazione urbana, si comincia a pensare a una grande avenue-promenade, decorata con alberi e statue, che colleghi il nuovo parco con il centro storico: si tratta dell’avenue Louise, ancora oggi tra le vie di comunicazione più importanti e rinomate di Bruxelles. Già negli anni ’40 Jean-Philippe De Joncken e Jean Baptiste Jourdan ne pianificano un primo tracciato, ma i tempi di realizzazione sono troppi lenti e così, nel frattempo, vengono avanzate altre proposte, come quelle di Hardy De Beaulieu o dell’ingegnere Maximilien Carez. Data la dislocazione tutta interna al Comune di Bruxelles centro, le spese dei lavori ricadono interamente sulla Capitale e la scelta definitiva del progetto “Louise” vieni infine ratificata con decreto del re, nel 1859: il risultato, decisamente monumentale, connette il primo progetto di De Joncken, rivisitato da Carez. Ed è re Leopoldo II in persona che insiste per aumentarne la larghezza da 35 a 55 metri. Il grande viale consta di una corsia centrale di 15 metri, fiancheggiata da altre due larghe 11 metri (una per i cavalli, l’altra per i pedoni) e ancora altri 9 m per lato, 3 dei quali adibiti a marciapiede. Le case costruite lungo l’avenue a partire del 1864, sono case borghesi o “hotel de maître” unicamente residenziali, in stile neoclassico con facciate simmetriche, alte non più di due o tre piani. Le attività commerciali e industriali vi sono bandite per non sminuire il carattere elegante ed eminentemente cittadino, tanto che nel 1869 viene introdotta nella corsia centrale la prima linea tramviaria del Paese. L’avenue Louise è lunga 2,5 chilometri con una differenza di quota longitudinale di 23,6 metri, fino all’altezza del Bois, risolta con una lenta discesa uniforme. L’importanza della strada cresce con tale rapidità che nel 1914 le aree circostanti sono già sature e si passa alle prime demolizioni/ricostruzioni. Se il tracciato del limite comunale sembra oggi illogico, rispetto alla struttura dei lotti e delle reti viarie del quartiere, è dovuto al fatto che è stato definito molto prima il completamento dell’urbanizzazione. All’epoca i confini territoriali seguivano il contorno degli antichi campi o sentieri. In seguito, per facilitarne la geometria, questi antichi tracciati vengono prolungati perpendicolarmente fino all’avenue a formare il disegno del quartiere attuale.
Divisione politica territoriale attuale.
rivato in Belgio nel 1853, diventa noto vincendo il concorso per il Bois de la Cambre e ha poi lavorato ad altri progetti pubblici bruxellesi come il parco di Laeken, l’avenue des Nations, i parchi di Saint-Gilles e Forest. 3_ Tra queste la Ville Capoullet nel campus di Solbosch (edificio B, oggi distrutto). Oltre alle ville di campagna, agli inizi del secolo XX e lungo avenue de Solbosch – futura Adolphe Buyl – si costruiscono case a schiera, alcune delle quali fanno oggi parte dell’ULB (vedi mappa).
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Victor Besme
Boulevard
Strade arterie
Nuovi quartieri
I due elementi urbani cui abbiamo finora fatto riferimento – il Bois e l’avenue – rappresentano il preludio di un progetto ben più elaborato dell’evoluzione urbana di Bruxelles. Per capire come la città si sia espansa verso sud e come zone ex novo siano diventati quartieri residenziali destinati a una classe sociale elevata, si deve parlare anche del piano regolatore denominato “Plan général pour l’extension et l’embellissement de l’agglomération bruxelloise”, di Victor Besme. Nella prima versione, redatta nel 1862 e modificata nel 1866, questo piano rientra nelle grandi trasformazioni urbane della seconda metà del XIX secolo in Europa. Architetto e urbanista belga, Victor Besme era già conosciuto per la progettazione di sobborghi e abitazioni4. Per il Piano generale brussellese, Besme ha l’appoggio del primo ministro alle Infrastrutture, Charles Rogier, ma anche l’approvazione del re, entusiasta promotore dell’espansione, tanto da collaborare attivamente con Besme, proponendogli idee e suggerimenti per fare di Bruxelles la Parigi del Belgio5. Il piano si basa su tre elementi urbani: una cerchia di boulevard, le strade/arterie di collegamento, nuovi quartieri residenziali differenziati per classe sociale: Prima di tutto, oltre il Pentagono – ovvero il centro – di Bruxelles, Besme costruisce una seconda cerchia di imponenti boulevard, che collegano tutti i quartieri limitrofi. Di questa cerchia fanno parte anche le strade militari, come Boulevard General Jacque. Poi, per collegare la seconda cerchia con la prima e con i confini esterni della città, progetta lunghe arterie a raggiera come Boulevard Léopold II, Rue du Trone e avenue de la Couronne, rue de la Loi. Queste arterie erano il punto di partenza per lo sviluppo di nuovi sobborghi che si sarebbero distinti per uno zoning residenziale suddiviso per ceto sociale. I quartieri più ricchi erano quello di Louise, quello attorno agli stagni di Ixelles e lungo il Bois de la Cambre, caratterizzato da eleganti ville di campagna (ma prossime alla linea ferroviaria e, quindi, servite da un comodo collegamento con il centro). Così, Besme immagina una lottizzazione di Solbosch decisamente in linea con la moda del momento, rettilinea ed ortogonale e con diagonali di collegamento veloce. Il piano viene realizzato solo in parte: infatti Solbosch non risulta affatto connotata dalle previsioni di Besme e anche se la destinazione rimane quella prevista, lo schema di lottizzazione seguito sarà diverso.
4_ Per esempio il quartiere degli stagni di Ixelles 5_RANIERI, Liane, Léopold II urbaniste, Bruxelles: Edizione Hayez, 1973.
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Mentre nel 1890 avenue Louise è già completamente urbanizzata e i boulevard militari terminati nel 1887, il Bois de la Cambre è un luogo sempre più alla moda e il quartiere di Solbosch è ancora aperta campagna. L’attenzione verso questa parte di città è però evidente, nel momento in cui terminano i lavori dell’avenue, che insieme al parco del Bois rivestono un ruolo centrale nell’urbanizzazione di Solbosch, in quanto prodromici di un nuovo quartiere elegante a Bruxelles. Solo con il piano generale di Besme – il primo che tenga conto dell’organizzazione della città oltre le mura del Pentagono, progettandone un’espansione settorializzata – si comincia a pianificare il quartiere, con strade e lotti regolari. Ma questo progetto viene realizzato solo in parte: la griglia regolare di Besme non verrà realizzata e si dovrà aspettare l’esposizione Universale del 1910 – che sarà il motore di un nuovo sviluppo urbano – per dare al quartiere l’aspetto che conosciamo e che prepara il terreno in cui, di lì a poco, si potrà installare l’università.
Conclusioni
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La pagina che segue: Una parte del “Plan général pour l’extension et l’embellissement de l’agglomération bruxelloise” di Victor Besme del 1866. Si riconoscono chiaramente i grandi Boulevard con le due proposte di ippodromo, uno accanto al Bois de la Cambre e l’altro in corrispondenza di La Plaine. Salta all’occhio due quartieri geometricamente studiati, tra cui quello di Solbosch.
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2.2
L’ESPOSIZIONE UNIVERSALE DEL 1910
La progettazione di esposizioni Le grandi Esposizioni Universali della fine del XIX secolo erano complessi progetti urbanistici pensati come una sorta di città nella città o, forse, come una città ideale immaginata all’interno di un’altra, reale, che si stava lentamente modernizzando. Paradossalmente, il carattere pur effimero dell’Expo finisce con l’avere un impatto molto forte sulla città che lo ospita, non solo dal punto di vista culturale ed economico, ma anche nel modificarne gli spazi. Oltre a monumenti-simbolo (come la parigina Tour Eiffel del 1889 o Crystal Palace del 1853), le esposizioni universali tendono infatti a lasciare il segno modificando la fisionomia della città con la costruzione di infrastrutture come linee metropolitane, strade, tramvie o anche stimolando la nascita di nuovi settori di città. Se la tendenza originaria era quella di collocare le Esposizioni nei centri cittadini, alla fine del secolo XIX prendono piede le installazioni nelle aree periferiche, così da disporre di spazi più ampi, meno costosi e gestibili con maggior libertà di progettazione. È il caso di Bruxelles, che per ospitare le sue Esposizioni ha sempre scelto zone periferiche. Quella del 1910 sui campi di Solbosch non fa eccezione. Fu, anzi, l’occasione per acquisire terreni dal comune di Ixelles, destinati alla costruzione di importanti avenue, necessarie a dotare l’Esposizione di accessi adeguati per poi essere trasformate in primarie vie di comunicazione di nuovi quartieri. Alla chiusura dell’Esposizione del 1897, tenutasi nel Parco del Cinquantenario, il sindaco Émilie du Mont invitò tutti alla successiva edizione, inizialmente prevista per il 1905, in coincidenza con i festeggiamenti del 75° anniversario del Paese. Una volta che il re ebbe deciso di nuovo Bruxelles come sede del futuro Expo, quasi tutti i Comuni proposero terreni liberi. Ben presto la competizione si restrinse a tre zone: Bruxelles-ovest, Woluwe, Solbosch. La scelta cadde, non senza accese dispute, su Solbosch anche se le pressioni esercitate dagli altri Comuni erano talmente forti che il sindaco arrivò a formulare un
ultimatum: Solbosch oppure un’altra città1. Due i motivi principali per privilegiare Solbosch. Innanzitutto la zona rientrava nei grandi progetti urbani fortemente appoggiati da Leopoldo II e, in particolare, quello del quartiere di villette già previsto nel piano di Besme. Inoltre, l’area era cruciale per la creazione di una strada che costeggiasse il bosco – avenue des Nations (oggi avenue Franklin Roosevelt) – futura spina dorsale del nuovo quartiere. La strada doveva andare a prolungare di tre chilometri verso sud avenue Louise, fino a chaussée de La Hulpe, in contemporanea con la creazione di una nuova linea tramviaria. I patti tra Ixelles e Bruxelles Infine arriva la scelta definitiva per Solbosch, benché condizionata a due elementi, fissati in un accordo ufficiale sottoscritto il 2 novembre 1906 tra il Comune di Ixelles e quello di Bruxelles. La prima condizione prevedeva che Ixelles concedesse gratuitamente alla Capitale una consistente porzione di terreno lungo il Bois, pari a 62.664 h; la seconda condizione è che Bruxelles si facesse carico del completamento delle strade d’accesso (avenue des Nations, innanzitutto) e, una volta terminata l’Esposizione, intervenisse ancora, sempre a sue spese, per creare il collegamento Louise-La Hulpe. Il 12 ottobre 1907 viene siglato l’accordo tra la nascente società anonima Compagnia dell’Esposizione di Bruxelles e lo Stato belga, in cui la prima si incarica dell’allestimento dell’Esposizione principale a Solbosch e quella di Belle arti al Cinquantenario. La compagnia si faceva inoltre carico delle spese di costruzione dei padiglioni, mentre lo Stato si impegnava a promuovere l’Expo nel mondo e a facilitare il trasporto della mano d’opera e dei materiali necessari, grazie a una linea ferroviaria temporanea. I lavori di preparazione furono di enorme entità e molto dispendiosi. Oltre ad avenue de Nations, ac-
1_ Bollettino ufficiale de Bruxelles, 17 dicembre 1906, n°7 p 1265-131 27
cesso principale dell’Expo, bisognava costruire anche altre strade di collegamento. Fu perciò necessario non solo individuare gli accessi e prevedere i relativi mezzi di trasporto, ma anche preparare il terreno sul quale edificare fondazioni stabili e servizi primari, il tutto non trascurando la necessaria integrazione con il paesaggio circostante. Uno dei punti forti dell’Esposizione – come pure del quartiere di villette che sarebbe sorto in seguito – era il caratteristico verde del bosco che faceva da sfondo, un elemento tanto importante che anche le successive leggi urbanistiche avrebbero posto dei limiti alle costruzioni, sia in altezza sia nelle distanze tra un edificio e un altro. Dato che il terreno di Solbosch era accidentato, furono ricavati enormi terrazzamenti che modificarono definitivamente la fisionomia del sito. Enormi quantità di terra, circa 600mila metri cubi, vennero trasportate altrove grazie alla via ferrata temporanea appositamente costruita, che si collegava alla Gare di Etterbeek. Data la tipologia originaria del sito non era ovviamente disponibile alcuna rete fognaria e anche questa venne costruita posando circa 1.500 metri lineari di tubazioni. L’avenue de Solbosch (oggi Buyl) e il suo proseguimento in avenue du Page, attraversavano il sito per tutta la sua lunghezza, tagliandolo in due e di fatto delineando il nuovo confine tra i due Comuni. Per permettere il passaggio sopra queste strade pubbliche – quindi fuori dalla proprietà dell’esposizione – vennero edificati anche tre ponti di collegamento tra l’area nord e quella sud. In larghezza, l’Expo andava dal Bois de la Cambre fino ad un’altra antica strada, chiamata chaussée de Boondael, distante più o meno 500m. 3
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L’EXPO 1910_ L’Expo, che raccoglieva una ventina di Paesi, venne inaugurata il 23 aprile 1910 ed ebbe come fulcro principale il campo di Solbosch, ma la parte di belle arti si trovava negli edifici del Cinquantenario dove si era tenuta la precedente Esposizione del 1897. Il tema ridondante e comune in tutti i padiglioni fu quello di uno storicismo culturale che rifiutava “l’arte moderna” per esaltare il trionfo dello stile “beaux-arts”. Non a caso, al momento della scelta dell’architetto-capo, tra i due rappresentanti belgi del momento, Ernest Acker e Victor Horta, venne scelto il primo. Non bisogna dimenticare che i festeggiamenti per i 75 anni del Belgio erano ancora nell’aria e valorizzare i monumenti storici più significativi serviva a sottolineare quanto prestigioso fosse questo Paese. D’altronde, i grandi progetti urbanistici di Leopoldo II, rientravano pienamente in questa politica autocelebrativa. Anche se Horta si stava facendo conoscere in Europa come portatore della nuova tendenza architettonica e artistica dell’Art Nouveaux, il Governo era sicuro che con Acker avrebbe portato nel mondo un’immagine del Paese molto più solida, realistica ed elegante, a livello delle altre “vecchie” capitali europee. Acker era il rappresentante più credibile di un tradizionalismo rivisitato ed era anche promotore del fiammingo neorinascimentale, uno stile che rinfocolava il nazionalismo belga, riutilizzando elementi architettonici tradizionali come il mattone e la pietra locali. Anche nel famoso quartiere di villette di Solbosch sarà questo lo stile più quotato, insieme a quello neoclassico. Più in generale, l’uso del classicismo per l’Expo ha senza dubbio giocato un ruolo determinante nell’orientare il gusto dell’architettura pubblica brussellese che, infatti, si ritrova in tutti i quartieri più rinomati della città fino agli anni ’30 del Novecento. La scelta di piegarsi alle mode tradizionaliste europee e ai gusti leopoldiani, oltre a quelli del grande pubblico, anziché dare spazio ai movimenti più moderni rappresentati da Horta, è probabilmente il motivo per cui il 1910 è un anno dimenticato nella storia delle esposizioni universali. In ogni caso, quell’edizione dell’Expo fu un grande
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successo con quasi 13 milioni di visitatori e viene ricordata come una kermesse di particolare varietà, in cui si poteva trovare di tutto: piramidi, campanili, cupole e villaggi africani, con accostamenti, suggestioni e riferimenti di stili cui non erano da meno la varietà di materiali e le tonalità di colore. Nemmeno il drammatico incendio che devastò l’area nella notte tra il 14 e il 15 agosto riuscì a fiaccare l’iniziativa, nonostante le fiamme avessero distrutto diversi padiglioni, compreso quello belga. In poche settimane, tutto venne ricostruito e l’Expo si concluse gloriosamente nel novembre dello stesso anno. Sebbene tutto fosse ormai pronto per la nascita del quartiere elegante tanto agognato da Leopoldo II, il re non ebbe il piacere di inaugurarlo perché spirato poco prima. Al termine dell’Expo, comunque, per far decollare l’insediamento restava solo da collegare qualche strada e da costruire le abitazioni, oltre - naturalmente – l’inserimento di una istituzione prstigiosa come l’Università, che avrebbe dato ancora più lustro alle ville e ai giardini dell’area.
3_Nella pagina accanto: Cartolina dell’Expo con una prospettiva verso il padiglione belga. 4_Pianta dell’Expo 1910 a Solbosch. Si vede l’espenzione dal Bois de la Cambre -in basso- alla strada chassée de Boondael- estremo in alto-. In mezzo l’avenue de Solbosch che oggi prende il nome di avenue Buyl.
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2.3
ESPANSIONI A IXELLES E SOLBOSCH
L’importanza di avenues des Nationes Come previsto dagli accordi del 1906, Bruxelles avviò a proprie spese i lavori per i quali si era impegnata, con il supporto di investimenti pubblici ottenuti grazie all’ottimo andamento dell’esposizione appena conclusa. All’origine dell’intero progetto vi era l’idea del riutilizzo dei terreni sui quali era stato allestito la rassegna internazionale. Il nuovo quartiere si sviluppava oltre i limiti dell’esposizione, lungo una spina dorsale rappresentata dalla nuova avenue des Nations (oggi rinominata Roosevelt) che costeggia il Bois de la Cambre. Questa nuova avenue permise allo Stato di continuare nella strategia di sviluppo e di espansione della città in un ricco sobborgo residenziale, ovvero la politica avviata da Victor Besme una quarantina di anni prima. Per riprendere il vocabolario besmiano, questa nuova arteria doveva servire a completare la cintura di boulevard di Ixelles e continuare l’avenue Louise. Larga una quarantina di metri si estende lungo 2.650 m, tra i due sensi di marcia a doppia corsia, viene ricavata una striscia alberata e decorata con statue e monumenti. Per diversi anni si pensa anche di posare i binari di una linea tramviaria, ma il progetto viene definitivamente accantonato nel 1933. Il piano urbanistico approvato l’8 marzo 1907, tiene in maggior considerazione le trasformazioni irregolari succedutesi nella zona, rispetto a quelle ben proporzionate immaginate da Besme. I lotti hanno forma quadrata o triangolare, son contornati da strade che seguono i terrazzamenti ricavati pochi mesi prima. Sul lato-bosco cominciano a sorgere ville e villette ben distanziate dalla via di scorrimento e anche l’una dall’altra, secondo quelle leggi urbanistiche che tutelavano (e tutelano ancora oggi) il verde del Bois de la Cambre. Dalla parte d’Ixelles, invece, si trovano tipiche case a schiera brussellesi, case borghesi e maison de maître. La costruzione di queste case e la definizione delle strade avviene velocemente negli anni tra le due guerre. Le sfumature tra stili architettonici, vanno di pari passo con lo sviluppo della strada: percorrendola da nord a sud, si passa da uno stile eclettico neo-rinascimentale fiammingo, a 30
quello Beaux Arts e Art déco, fino al modernismo. Solosch : la perla di Bruxelles Le pubblicità immobiliari dell’epoca presentano il quartiere come “la perla di Bruxelles” e la promozione è talmente efficace che non pochi proprietari lasciano la loro casa nel quartiere Louise o nel quartiere Leopoldo, per costruirsi una villa in avenue des Nations. Sempre nel quadro della campagna a favore del quartiere, nel 1921 il Comune offre all’Università libera di Bruxelles alcuni lotti compresi tra l’avenue des Nations, Adolphe Buyl, Jeanne e Antoine Depage. Da tempo divisa tra le sedi del centro storico e quelle del parco Leopoldo, l’ULB era alla ricerca di un campus adatto alle sue necessità e si vede così integrata nella struttura del quartiere, al quale conferisce un tono di importanza e rispettabilità2.
2_Région de Bruxelles-Capitale. “INVENTAIRE DU PATRIMOINE ARCHITECTURAL”. http://www.irismonument.be/fr.Bruxelles_Extension_Sud. Avenue_Franklin_Roosevelt.html.
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5_L’ Avenue des Nations completata negli anni ’30. L’edificio A dell’ULB é già stato costruito e la strada è satura di costruzioni. Le ville erano soggette a strette leggi urbanistiche, per esempio quello di avere un giardino ben curato di una certa dimensione oppure a rispettare determinate altezza, o realizzarle in stili architettonici simili. Foto da Bâtir , 1938, p70.
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6_ Il piano urbanistico approvato l’8 marzo 1907. Jaumain, Serge e altri autori, Bruxelles 1910 : de l’Exposition universelle à l’Université, 2010.
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3_PRIMI EDIFICI A SOLBOSCH
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3_PRIMI EDIFICI A SOLBOSCH 3.1
SOMMA DI CAMPUS
Tre fasi tre campus
Progetti e progetti immaginari
Da questo momento inizia la vera evoluzione Solbosch e, per meglio comprenderla, conviene suddividerla in tre fasi rappresentative di altrettante idee di campus: La prima prende il nome di Campus accademico, posizionabile tra le due guerre; la seconda, denominata Campus Modernista, è databile tra il 1953 e gli anni ’70; l’ultima, Postmodernista, prende avvio negli anni ‘90 e arriva fino a oggi. Queste tre fasi sono state identificate in base agli eventi storici e alle tendenze architettoniche del secolo scorso. La prima e la seconda guerra mondiale rappresentano ovviamente un momento di stallo, non solo nelle costruzioni, ma anche nei movimenti culturali e sociali. Gli anni `50 invece, di pari passo con la ripresa economica e lo sviluppo urbano, rappresentano gli anni di maggior crescita, testimoniata anche dall’aumento della popolazione studentesca. Alla vigilia della prima guerra mondiale, l’università contava 1.454 studenti, diventati 3.365 nell’anno accademico 1940-41, per poi esplodere negli anni ’50 e ’701. L’università viene coinvolta nell’Esposizione universale del 1958, fino all’edificazione di un grande auditorio per conferenze all’interno del campus. Ancora, lo sviluppo tecnologico nel campo dei materiali e delle tecniche di costruzione, proprio degli anni 60, porta a nuove realizzazioni con la costruzione di immobili alti fino a dieci piani e anche di edifici prefabbricati. Insieme alle tre fasi citate, contribuiscono alla formazione del campus anche progetti non realizzati o realizzati solo in parte –gli chiamerò Progetti Immaginari – ugualmente interessanti perché mostrano i tentativi di elaborazione non andati in porto, ma che rispecchiano comunque il contesto in cui sono stati pensati. Oltre alla prospettiva di fasi e progetti si possono poi individuare edifici particolarmente rappresentativi come l’edificio F1 o J, che fanno da ponte. Né vanno dimenticati la villa Capuillet o le case di avenue Buyl, da sempre presenti, anche se non immediatamente connessi a qualsivoglia idea di unità scolastica. In breve la genesi di Solbosch, suddivisa per tappe, si può così comporre: Fine 1800 1918 1923 1925-1938 1953-1971 1959 1992-2014
Preesistenze I progetto immaginario II Progetto immaginario Dupont Campus Accademico Campus Modernista III Progetto immaginario Puttermans Campus Postmoderno
1_UNGER, John e altri autori, Itinéraire de l’Université libre de Bruxelles, Collezione, Bruxelles: Société Royale Belge de Géographie Hommes et paysages, 2006.
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3.2 PRIMO PROGETTO IMMAGINARIO E L’EDIFICIO U. Il 13 agosto 1918 il consiglio regionale di Bruxelles decide all’unanimità di mettere a disposizione dell’università il terreno di Solbosch, insieme a una somma pari a 20 milioni di Franchi belgi per la realizzazione del primo edificio. L`università si impegna a individuare l’architetto nonché ad assumersi la responsabilità del cantiere2. A rimpolpare il finanziamento pubblico iniziale, si aggiungono donazioni di ex alunni quali la famiglia Solvay, del comitato Bruxelles-Lovania, della CRB e della Commissione d’Assistenza pubblica della città di Bruxelles3. Lo scopo è trasferire le facoltà di Scienze, Scienze applicate e Farmacia in una nuova Scuola Politecnica. Le linee guida del progetto vengono pubblicate per la prima volta nel 1920 sulla rivista universitaria “Varia”, che così spiega il programma4: 1. Una scuola Politecnica, su due piani, comprendente gli auditori nonché i laboratori di chimica e fisica, per una superficie pari a 8000 mq (edificio U). 2. Un edificio a un piano (edificio L) con i laboratori di ingegneria meccanica, per una superficie pari a 4000 mq. 3. Un ultimo gruppo di edifici di servizio, comprendente le case di avenue Buyl, con la centrale elettrica, di riscaldamento (la cui ciminiera, attiva fino agli anni ’60, è ancora oggi visibile) e le abitazioni per il personale operante durante i lavori. Le cifre annunciate sono, per l’epoca, veramente eccezionali: 8000 m2 corrispondono al doppio dei locali in rue de Sols e all’estensione della Grand Place di Bruxelles. Il cantiere che sta sorgendo deve conferire all’università un’impronta di modernità e una rinnovata importanza. Nel concept iniziale è prevista la possibilità di aumentare le dimensioni del fabbricato fino a raddoppiarne la superficie. Nel frattempo, gli spazi vuoti vengono adibiti a giardino5. I lavori vengono affidati a Eugène François, ingegnere civile e docente dell’ULB. Il 1° novembre 1921 si inaugura il cantiere, con la prospettiva di terminare i lavori in 18 mesi.
La Scuola Politecnica
AVENUE ADOPLHE
BUYL
3 2 1
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Ma quello che verrà realizzato è solo una parte di un progetto più esteso, un
2_ Questo articolo serviva come propaganda all’informazione interna dell’università e degli ambienti colti. Il progetto viene descritto con enfasi e fierezza e termina congratulandosi con Eugène François; fino a quel momento, l’edificio della Scuola Politecnica rappresentava il maggior vanto della nuova università, prima che l’edificio A facesse la sua comparsa e rubasse la scena. “Les Nouveaux locaux de l’Ecole Polytechnique”, Varia, Rapport de l’ULB sur l’année académique (1922): 151-154 Archivi dell’ ULB/H2/n°1. 3_BROUWER, Christian, ULB-USA : passé, présent et futur d’une fructueuse collaboration, Bruxelles, Université libre de Bruxelles, 1996. 4_ “Les Nouveaux locaux de l’Ecole Polytechnique”, Varia, Rapport de l’ULB sur l’année académique (1922): 151-154 Archivi dell’ ULB/H2/n°1. 5_ Idem.
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I progetto Immaginario 1918
Edificio U, Eugène François (1918-1924)
progetto non firmato e ritrovato negli archivi dell’ULB. Il primo Progetto Immaginario, datato 1918, si presenta con una disposizione di diversi edifici piuttosto strutturata. Più di altri progetti, il primo Immaginario lascia aperti molti interrogativi, ma il suo ritrovamento è importante perché dimostra come il campus abbia attraversato mille e nessuna fase di progettazione. La base stradale è quella del piano urbanistico d’Ixelles del 1907. Sulla carta si riconoscono due gruppi di architetture, divisi in due lotti da rue du Page: se nella parte di destra si ritrova l’impostazione del progetto realizzato dell’edificio U, nella parte sinistra si stagliano le sagome di quattro edifici sconosciuti6. Di diversa forma e dimensione, con preferenza per una tipologia angolare, questi edifici si posizionano lungo tutta avenue Du Page, avenue Buyl fino all’incrocio con avenue Jeanne. Sebbene il grande numero di nuove iscrizioni giustificasse la necessità immediata di nuove strutture, la quantità di edifici previsti secondo questo primo progetto appare decisamente sproporzionata. Una tale densità di edifici è pari solo a quella riscontrabile 30 anni dopo, quando effettivamente l’università comincerà a contare un numero sempre crescente di studenti e anche fondi corrispondenti. In definitiva, solo la metà sud viene realizzata, lasciando in sospeso il resto (insieme a molti dubbi). Gli edifici “mancanti”, anche se solo abbozzati, hanno un forma definita: i lati scanalati lasciano immaginare una facciata dinamica; l’entrata angolare arrotondata crea uno spazio intermedio tra la strada e l’interno di un’architettura che tiene conto di una composizione apprezzabile da diversi punti di vista L’edificio U (1918-1924) nasce quindi da presupposti definiti e con il ruolo importante di primo edificio sul campo di Solbosch. Il suo successo però, inizia al momento della sua costruzione e finisce con il suo completamento. Per il suo stile razionalista e severo, viene fin da subito paragonato a un edificio industriale e soprannominato la “fabbrica” dagli studenti7. Composto da un parallelepipedo lungo e stretto e due doppie braccia perpendicolari, l’insieme risulta compatto, solido e squadrato. Su tutte le facciate prevale una forte orizzontalità, caratteristica in avanti con i tempi e paragonabile ad altre architetture Brussellesi affermatesi a partire dagli anni ’308. Il rivestimento in mattoni rossi, nasconde la vera struttura in cemento armato, che si rivela in facciata attraverso degli elementi verticali, simili a moderne lesene, che scandiscono i lati dell’edificio con ritmo piacevolmente regolare. A suo modo, anche l’edificio U si posiziona angolarmente, marcando però l’angolo retto della strada con uno spigolo a doppia “lesena”. La maglia orizzontale-verticale della struttura permette l’apertura di molte finestre e una buona illuminazione interna, oltre a creare una illusione prospettica che rende l’esterno dell’architettura ancora più longilineo.
6_Archives ULB ULB/B - Dietro a questi costruzioni, più all’interno, si nota anche la piccola sagoma squadrata della Villa Capouillet, preesistenza del XIX secolo. 7_ WILLEMS, Jean. “Les fêtes universitaires. Une première visite au Solbosch”, Le Soir (1924): 7-3. 8_Un esempio son gli edifici di Place Flagey a Bruxelles risale piuttosto agli anni 1930 con la Maison de la Radio fino alla Victory House del 1945.
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La forma a U dell’edificio consente al suo interno un giardino, che prende il nome di Square G, così rinominato in onore di un gruppo di studenti resistenti durante la seconda guerra mondiale9. Aggiungendo la facciata dell’edificio L, con laboratori si forma una piazzetta semichiusa, connotato di altre architetture scolastiche degli stessi tempi. Il fatto di creare uno spazio di ritrovo pubblico per di più conformato in questo modo, rientra infatti nel lessico dell’architettura accademica anglo-americana. Un tipo di spazialità che porta istintivamente al ritrovo e a un senso di protezione10. L’entrate principali sono verso il giardino, il che porta a percorrere lo Square G per entrare nell’edificio, aggiungendo a quello spazio la funzione di filtro verde.. Adeguandosi alla pendenza del terreno, l’architetto gioca sul numero dei piani: esternamente, l’edifico ne conta quattro, mentre dall’interno dello Square – tre metri più in alto – ne risultano soltanto tre (più uno interrato). Alcuni cespugli e alberi del giardino vengono nuovamente piantati negli anni ‘50, dopo che l’occupazione militare durante la seconda guerra mondiale aveva trasformato lo Square G in un campo militare. Nella semplice geometria dei percorsi pedonali, si trovano oggi alberi e piante rare, riconosciuti dall’inventario del patrimonio naturale di Bruxelles11. All’interno dell’edificio U, una gerarchia di corridoi distribuiscono lateralmente gli spazi. A seconda della funzione si riscontrano locali di diversa dimensione. Essendo relativamente stretto, i pilastri si posizionano esternamente in facciata permettendo totale libertà delle divisioni interne. La distribuzione verticale è garantita da quattro vani scale e, successivamente, da ascensori. Al piano terra si trovano cinque auditori, nel tempo modificati e rinnovati. Solo l’auditorio Henriot, insieme al Museo di Zoologia (piano interrato) sono rimasti al loro stato originale Per meglio spiegare l’effetto che un’architettura di questo genere provocava sull’opinione pubblica, è utile la trascrizione integrale del brano di un articolo pubblicato sul giornale Le Soir del 1924, in occasione di una prima visita all’università:
Square G
interni
Le critiche del pubblico
9_Il monumento a piramide eretto nel giardino sta a simboleggiare la resistenza della comunità universitaria all’intolleranza. Anche durante l’invasione tedesca e la sospensione dei corsi, studenti e professori continuarono a riunirsi negli edifici dell’università. 10_ADELMAN, Rachel, “Such Stuff as Dreams Are Made On’: God’s Footstool in the Aramaic Targumim and Midrashic Tradition.” Paper presented at the annual meeting for the Society ofx Biblical Literature, New Orleans, Louisiana, November 21–24, 2009. 11_Si tratta di alberi come l’acero montano, una magnolia, Ginkgo Biloba, Araucaria araucana e un cedro dell’Atlante. Un sito completo sugli alberi di Solbosch è quello redatto da ULB Coordination Enviromental che segna tutto un percorso dettagliato per il campus. http://www.ulb.ac.be/parcoursarbres/indexarbres03.html Per gli alberi iscritti all’inventario del patrimonio naturale di Bruxelles invece consultare il sito http://arbres-inventaire.irisnet.be.
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“Dans ce que l’on appelle La Plaine du Solbosch, et qui sera bientôt un des quartiers les plus monumentaux de notre ville, s’érigent les nouveaux bâtiments de l’Université de Bruxelles. De loin, on dirait d’énormes cubas de briques. Si l’on approche, on distingue des hautes constructions, des murs percés de fenêtres. On pense à une usine, d’autant plus qu’une cheminée d’enrage accentue encore cette ressemblance. C’est une usine sans beauté ; il existe cependant, une architecture moderne de l’usine. Rien n’aurait à faire du lait en voulant produire de l’utile. Des tuyaux de décharge sont apparents sur les murs ; il semble qu’il y ait eu un dessin de vulgarité plus encore que simplicité. […] Personne d’amers ne songe à défendre cette architecture, si l’on peut donner ce nom à ce mode de construction. On vous dira que ces bâtiment seront masqués pas d’autre qui seront plus élégant, que la rue actuelle deviendra une voie de communication intérieure et que enfin en fera grimpe a long de ces cloison de briques du lierre et d’autres plantes du même genre. Mais le reproche ne peut être adressé qu’à la partie extérieure des bâtiments. A l’intérieur, c’est autre chose. On donne libre cours à son admiration. Imaginez une vaste cour, entourée de quatre constructions. Chacune d’elles comprend des laboratoires et dès la section de droite, en venant de la rue, on croit entrer dans une véritable usine, mais une usine équipée d’après les derniers perfectionnements modernes. On oublie que l’on se trouve dans une université ; on croit à peine que ces installations magnifiques dont faite pour l’étude et non pour le travail producteur. Voici un hall où un pont rouant apparait. En voici un autre, que l’on appelle la cathédrale, à cause de sa hauteur, et où les expériences d’électricité sont faites, des errais de haute tension, etc. […] »12
+ 3.0 M 0.00 M
CIMINIERA
LABORATORI
CHIMICA
FISICA
POLITECNICO FARMACIA
Dall’articolo si percepisce chiaramente l’intolleranza per il carattere industriale di quell’architettura, non tollerabile per gli esterni e, al contrario, rappresentata gli interni come motivo di vanto. Per quanto l’università volesse apparire al passo con i tempi, nella realtà non era pronta a confrontarsi con la modernità dell’architettura dell’edificio U, che tale contemporaneità avrebbe invece dovuto rappresentare. È bene ricordare che il trasferimento avviene da sedi quale il palazzo rinascimentale di Granvelle e dai giardini del parco Leopoldo e che, dunque, il passaggio può essere definito traumatico. A stento riconosciuto come il prodotto di un architetto, il destino dell’edificio sarà ben presto quello
12_ WILLEMS, Jean. “Les fêtes universitaires. Une première visite au Solbosch”, Le Soir (1924): 7-3.
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di essere dimenticato e con esso il suo artefice. I contemporanei lo criticarono fortemente, in testa l’architetto Paul Bonduelles, rappresentante dell’architettura eclettica e Beaux-Arts a Bruxelles, che accusò Eugène François di aver creato un edificio senza una pianta, descrivendolo come un gigantesco labirinto e sottolineandone il “vago aspetto decorativo” delle facciate13. Le critiche furono talmente severe che solo la costruzione di un edificio scenografico come l’edificio A avrebbe potuto addolcirne la presenza. Nel corso degli anni, comunque, il fabbricato è stato usato da molte generazioni di studenti e, insieme allo Square G, è stato scenario di importanti eventi, non senza subire diverse modificazioni. Nel 1962, per rispondere al bisogno di nuovi locali, viene aggiunto un piano (quinto esterno, quarto interno). Mentre nel 1971 proprio quest’ultimo piano viene distrutta da un incendio14 ; per molto tempo le parti bruciate non saranno ricostruite e, nel frattempo la facoltà si trasferirà nel campus del La Plaine . In tempi molto recenti (2010-2011) lo studio d’architettura A2RC ARCHITECTS ha progettato un nuovo quarto piano e parte di un quinto (interni), per ospitare gli studenti della facoltà di architettura.15
Le modifiche
13_JASPAR,E. “Les batiments universitaires du Solbosch”, L’Emulation, Société centrale d’architecture de Belgique 6 (Giugno 1924):81-90. L’incendio è causato da un laboratorio di chimica dell’ultimo piano. Feu a Solbosch, 1971, Archivi dell’ULB/B 11.1 1971. 15_A2RC Architects.” A2RC Architects ULB” http://www.a2rc.be/#/portfolio/etude-de-cas/ universitlibredebruxelles/
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7_ L’edifico U visto dallo Square G dOpo le modifiche del 2011. Gli ultimi due piani sono stati progettati dallo studio d’architettura A2RC Architects e accolgono parte della facoltà di Architettura. 8_ Piante dell’edifico U in sequenza: piano terra, primo piano, quinto e sesto piano.
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8
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3.2
ULB-USA: UN NUOVO VOLTO ALL’UNIVERSTITÀ
Mentre è in costruzione il primo edificio a Solbosch, l’università comincia a stringere rapporti con l’associazione americana Commission For Rilief in Belgium che da quel momento in poi resterà sulla scena. I contatti con gli americani erano iniziati già durante la prima guerra mondiale, quando la statunitense CRB insieme al belga Comité National de Secours et d’Alimentation (Comitato nazionale di Soccorso e di Alimentazione) si occupavano di fornire cibo e primo aiuto nei territori franco-belgi occupati dai tedeschi. Emile Francqui16 professore e dottore honoris causa in chimica all’ULB, all’epoca presidente della CNSA, divenne amico di Herbert Hoover, a sua volta al vertice della CRB nonché futuro presidente degli Stati Uniti. Terminato il conflitto, questa amicizia frutterà all’ULB aiuti per la ricerca scientifica dell’università e la CRB potrà aggiungere il titolo di Educational Foundation. Intanto, mentre si traferiscono le facoltà di Scienze e Scienze applicate, l’amministrazione e la biblioteca dell’ULB sono ancora in rue des Sols ma c’è ormai urgenza di trovare un’altra collocazione, poiché i nuovi progetti urbanistici prevedono l’abbattimento di quell’area. I rapporti con l’America intanto si intensificano fino a una visita, nel 1922, della CRB Educational Foundation, dopo la quale si progetta di trasferire tutte le facoltà al Solbosch. La decisione viene resa nota nel giorno del Saint-V dal presidente dell’università Paul Héger, insieme all’annuncio ufficiale della donazione deI CRB Educational Foundation, per completare le installazioni a Solbosch17.
16_Emilie Francqui (1863 -1935). Arruolatosi nell’esercito a 15 anni, parte per il Congo dove ben presto diventa commissario del distretto dell’Uele. Diventa anche console in Cina per Léopold II e lì conosce Herbert Hoover. Entra quindi nel Comitato nazionale di soccorso e di alimentazione (CNSA), di cui diventa Presidente per poi creare la Fondazione Universitaria di cui diventerà Rettore. 17_Contemporaneamente altri fondi arrivarono dalla fondazione Rockefeller per la nuova scuola di Medicina nelle vicinanze dell ospedale Saint-Pierre, che in quel momen-
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L’anno seguente viene indetto un concorso per i nuovi edifici delle due facoltà di Diritto e di Filosofia e Lettere, compresi i relativi uffici amministrativi e la nuova biblioteca. Al concorso sono invitati a partecipare cinque architetti di nazionalità belga: Eugène Dhuique, Alexis Dumont, Ernest Jaspar, Adolphe Puissant, Joseph Van Neck. Nella giuria siedono anche Herbert Hoover come presidente della CRB Educational Foundation, Auguste Slosse professore dell’ULB, Lucien Beckers assistente di consiglio tecnico, Arthur Browm, membro dell’Istituto di Francia e – last but not the least – John Mead Howells, anch’egli delegato dello stesso istituto18. Il 1°maggio 1923, agli studi in concorso viene consegnato un libretto di presentazione, con tutte le specifiche necessarie. Il programma suddivide il terreno sul quale sorgerà il gruppo di edifici nei blocchi A e B. Nel primo avranno sede gli edifici universitari propriamente detti, insieme a quello già esistente di Scienze; il secondo è destinato ai dormitori maschili e femminili (Maison d’étudiantes), un campo sportivo e uno da tennis, le abitazioni dei professori ed, eventualmente, le future estensioni dell’università fino ad avenue Buyl. Nell’immediato, però, tutto si deve concentrare sui due blocchi. Viene fissato il volume degli immobili così come sono dettagliatamente elencati i locali, funzione e superficie comprese. Il progetto deve tener conto del contesto e del livello sociale dei vicini residenti, in particolare quello lungo di avenue des Nations. Altezza e numero di piani, dislocazione dei sotterranei sono lasciati alla libera scelta del concorrente, così come la presenza di un campanile, definita “preferibile” (tutti i progetti, infatti, ne prevedranno uno).
to si trovava ancora a Parc Lopold. 18_ BROUWER, Christian, ULB-USA : passé, présent et futur d’une fructueuse collaboration, Bruxelles, Université libre de Bruxelles, 1996.7.
Importante è poi il capitolo dedicato al carattere architettonico, obbligatoriamente ispirato a uno degli stili storici belga ma – si chiarisce – gli edifici non dovranno essere una mera copia o una ricostruzione storica e l’architetto dovrà inoltre tener conto delle necessità di una scuola moderna sotto il profilo dell’illuminazione, della ventilazione e dei moderni sistemi meccanici, senza tuttavia penalizzare il fascino dello stile. Infine, l’espressione architettonica dovrà essere all’altezza della destinazione. Di fatto erano due gli stili che si potevano adattare al capitolato: lo stile neo-gotico e quello neo-rinascimentale. Per una questione di immagine simbolica è lo stile neo-rinascimentale fiammingo il più conforme all’immagine e agli ideali di liberalismo dichiarati come fondanti dell’università. E infatti sarà quello stile a essere privilegiato19. Dopo alcuni mesi i quattro progetti (Eugène Dhuique non poté partecipare), vengono inviati in America ed esposti al pubblico nella scuola di Beaux-arts di New York il 31 agosto 1923. L’11 novembre viene proclamato vincitore il progetto di Alexis Dumont, grazie alla sua eleganza e alla correttezza architettonica, che meglio degli altri avevano soddisfatto i criteri dati.
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Inevitabile, emerge il contrasto del nuovo progetto con il carattere “industriale” dell’edificio U, raramente citato nel piano o, in ogni caso, considerato in modo marginale. Le sole attenzioni a esso rivolte consistono di fatto nell’ipotesi di aggiunta di entrate nella parte ovest, per meglio permettere agli studenti di Scienze di accedere alla futura biblioteca e nella condivisione del sistema di riscaldamento centrale. Anzi, tra i vantaggi attribuiti al progetto vincitore, le note allegate citano esplicitamente il fatto che la facoltà di Scienze resti nascosta al meglio, grazie alla disposizione della pianta e – di conseguenza – in alzato 20. Una volta ultimati gli edifici, infatti, l’entrata ufficiale si confermerà quella di avenue de Nations: da quella prospettiva, l’edificio-fabbrica rimane invisibile.
CREATO CON LA VERSIONE DIDATTICA DI UN PRODOTTO AUTODESK
19_ Idem 20_JASPAR,E. “Les batiments universitaires du Solbosch”, L’Emulation, Société centrale d’architecture de Belgique 6 (Giugno 1924):81-90..
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3.3_
SECONDO PROGETTO IMMAGINARIO ED EDIFICIO A
Campus inglese
Campus planners e beaux art approach.
L’influenza della concezione di campus proprio della cultura americana, ha un peso importante nel progetto del Solbosch. Anche se affidato a soli architetti belgi, il progetto recava un chiaro accento americano. Lo stesso Paul Héger l’anno prima del concorso, si era recato negli Stati Uniti per visitare i campus dell’università di Harvard, Colombia, Princeton e Yale rimanendo “rempli d’une profonde admiration pour l’organisation de l’enseignement supérieur en Amérique.”21 Nella teoria dell’architettura scolastica, si possono riconoscere due tipologie di campus. Il “piano inglese”, dove tutti gli organi sono raggruppati senza discontinuità, intorno a uno spazio aperto. Tipico di questa tipologia è la forma quadrangolare degli edifici. Questa disposizione, incrociandosi con i principi di composizione della scuola delle Belle arti di Parigi (ampiezza, simmetria, ecc.), diviene la preferita da numerosi architetti e presidenti di collegi o università europee durante il XIX secolo. Esportata in America, viene rapidamente recepita e adattata al diverso contesto22. Il “piano americano”, al contrario, prevede una serie di edifici indipendenti e ciascuno con una funzione specifica. Queste influenze puntano a un generale ripensamento del campus e, soprattutto, alla sua integrazione fisica all’interno della comunità e della città in cui si trova. Negli Stati Uniti, la progettazione è più libera, figlia di un’urbanistica più giovane e integra il campus denotandolo di un carattere quasi urbano. Il fatto che spesso gli agglomerati universitari fossero finanziati da ricchi donatori, aveva generato un’attività specifica: quella dei campus planners, architetti e urbanisti incaricati di lavorare a progetti ex novo, ma anche di adattare ai bisogni o alle mode le strutture dei campus esistenti. Anche la collaborazione tra architetti e artisti è altrettanto sperimentata nella dimensione del campus, nel metodo noto come beaux art approach, ovvero una progettazione che tenga in grande considerazione la parte decorativa ed estetica23. Si pensi al campus dell’università di Yale24, interamente suddiviso per collegi, uno per ogni facoltà. Ogni collegio è costituito da uno o più edifi-
21_ HÉGER Paul, e altri autori, “La situation de l’Université pendant la LXXXX° année académique”, Rapporto presenta-to alla discorso solenne presentato al rientro scolastico, Bruxelles, 13 ottobre 1924. Archivi dell’ULB ULB/B11.1 1924. 22_ Secondo A.R. Willard, queste differenti linee di pensiero erano le risultanti delle culture religiose dei rispettivi Paesi: nei collegi americani, gli edifici erano “indipendenti tanto quanto le chiese congregazionalisti sotto l’egida del regime ecclesiastico della Nuova Inghilterra”, mentre nei loro omologhi britannici, si drizzavano “uniti come un insieme di comunità anglicane sotto l’egida di un vescovo”, A. R. Willard: “Development cit., pp.513. 23_ ADELMAN, Rachel, “Such Stuff as Dreams Are Made On’: God’s Footstool in the Aramaic Targumim and Midrashic Tradition.” Paper presented at the annual meeting for the Society of Biblical Literature, New Orleans, Louisiana, November 21–24, 2005. 24_ Sito ufficiale dell’università di Yale http://yalecollege.yale.edu/
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ci-dormitorio, che circonda un quadrangolo o un cortile. Ogni collegio comprende una sala da pranzo e servizi agli studenti, che vanno dalle biblioteche ai campi da squash. La maggior parte degli edifici universitari del campus di Yale presenta inoltre un’architettura caratteristica, per lo più in stile neo-gotico, ma ciascuna in grado di originare un’atmosfera diversa. L’inserimento di opere d’arte e sculture, oltre ad abbellire l’ambiente, avevano – secondo le convinzioni maturate oltreoceano – un effetto benefico sulla formazione dello studente, così come l’integrazione dei giardini, pensati per stimolare la qualità dell’apprendimento. L’importanza del verde, vero progetto paesaggistico attorno all’edificio, era quindi pensata come parte del progetto a partire dalla sua genesi. In tutti gli elaborati relativi all’edificio A esposti a New York, anche se il programma non ne parla, la progettazione dei giardini è sempre presente e accompagna l’insieme dell’architettura. Il progetto di Alexis Dumont non fa eccezione, anzi – meglio di tutti gli altri – rappresentava lo stile europeo rivisitato secondo il gusto americano. Con i tre blocchi decorati da sculture e bassorilievi e l’aggiunta di cortili e fontane, seguiva perfettamente i principi del beaux art approach. La semplice geometria della pianta e dei giardini risolveva l’asimmetria del lotto. In più, l’architetto aveva diviso chiaramente gli edifici per funzione: ai lati, le due facoltà, al centro l’amministrazione e la biblioteca. Collegati tra loro in diagonale, ma comunque indipendenti, i tre edifici equilibravano l’insieme dando movimento, pur rimanendo allineati con l’avenue. Le case degli studenti continuavano la disposizione accostandosi alla strada e permettendo una totale apertura sui giardini terrazzati e sui campi sportivi. Il suo stile, ispirato alle architetture dei Paesi Bassi del 1650-1750, riassumeva bene la tradizione, rimanendo tuttavia moderno nell’impostazione dei piani, nella facilità e razionalità delle circolazioni, la penetrazione della luce, la cura dei dettagli. In più, si inseriva perfettamente nel contesto delle ville intanto sorte attorno al Bois de la Cambre. L’inserimento di appartamenti per studenti e studentesse – 100 stanze maschili da una parte e 50 per le ragazze dall’altra – risulta un elemento di grande modernità. Comprendeva da una parte con 100 stanze per gli studenti e un’altra a parte con altre 50 per le ragazze. Nel blocco B avrebbero trovato posto anche sale per lo studio di gruppo, cucine e un ristorante universitario, sale per lo sport, sale conferenze e anche locali per le associazioni studentesche. All’interno del lotto, alle spalle dei dormitori, sarebbero sorti anche campi d’atletica e da tennis. In questo modo, lo studente avrebbe vissuto pienamente l’esperienza universitaria, sviluppando anche un senso di appartenenza alla comunità.
Progetto Immaginario Dumont, 1924
Europa, America e ancora Europa
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L’esperimento di Solbosch si ispira al modello di oltreoceano e tenta, anzi, di superarlo. Al riguardo, l’architetto americano Mr. Howells, dice: “These houses cannot describe as what we in American colleges call “dormitories”. They are rather homes, or clubs-houses, carefully supervised, excellent home-clubs for the young people who come from a distance. In this way however, the American dormitory system or the idea of it, will be for the first time introduced into a Continental university; [...] This will build up an alumnus valuable to the university which is also characteristically American.25“
Il merito di aver trapiantato per la prima volta in un Paese europeo le caratteristiche del sistema americano, fa di Solbosch la sintesi di un ciclo culturale. Così come, inizialmente, le strutture scolastiche in America altro non erano se non l’adattamento oltreoceano dei campus inglesi (copiandone lo stile fino a invecchiare artificiosamente gli edifici26), ora si assiste alla reimportazione del metodo nel vecchio continente.
25_ AAmerican Istitute of architecture. “New Buildiing for the University of Bruselles”, The American Record (1924):108-111. 26_ Molti edifici di Yale furono costruiti in stile neogotico tra il 1917 e il 1931. L’architetto, James Gamble Rogers, invecchiò questi edifici di proposito annaffiandoli con dell’acido, rompendo i vetri per poi ripararli in stile medievale e persino creando nicchie per statue che poi lasciò vuote per trasmettere la sensazione che col tempo fossero andate perse o rubate. In effetti, anche se l’architettura ricorda molto quella medievale, con grandi blocchi unici di pietra, la maggior parte degli edifici è rinforzato con elementi d’acciaio come era consuetudine negli anni 30. Fonte: sito ufficiale dell’università di Yale http:// yalecollege.yale.edu.
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Nonostante i 25 milioni di franchi belgi, la costruzione dell’edificio A non sfugge alle difficoltà finanziarie, soprattutto nella pianificazione degli interni e le decorazioni di facciata. In particolare, gli ornamenti previsti verso avenue des Nations con sculture e balaustre in pietra, nel 1927-1928 sono giudicate troppo onerose. Alla fine non restano più fondi per la costruzione del blocco B destinato agli alloggi degli studenti e la costruzione viene perciò limitata alle parti strettamente indispensabili. Ma così facendo, senza questa metà, ne risulta indebolito lo stesso edificio A, che diviene un corpo architettonico decontestualizzato, almeno quanto lo era stato fino a poco prima l’edifico U. Nonostante ciò, l’edificio A avrà molto più successo e ben presto diviene il simbolo dell’università stessa. Non appena terminati i lavori (1928), la statua di Pierre-Théodore Verhaegen viene spostata da rue de Sols e collocata davanti all’entrata dell’edificio centrale di Solbosch27. Questo elemento è assai significativo, poiché data l’asimmetria all’entrata, la statua mette in ordine le cose, come fulcro visivo dell’intorno, dell’edificio e del suo ingresso. Con l’insieme architettonico fin qui descritto, si deve tenere in gran conto il progetto dei giardini circostanti, che presuppongono panoramiche e prospettive della costruzione che ne accentuano l’eleganza dello stile. Un altro elemento che cattura lo sguardo dell’osservatore è la torre dell’orologio. Con i suoi 50 metri di altezza in mattoni e pietra bianca, la costruzione restituisce un effetto di grande monumentalità28. Sul significato da attribuire alla torre-campanile esistono interpretazioni diverse. La più letteraria è quella di una Memorial Tower dedicata a lla generosità dell’America, ma c’è stato chi ha legato il particolare edificio alla tradizione delle torri civiche delle città belghe. Tuttavia, alla domanda “a cosa può effettivamente servire quel campanile”, estetica a parte, molto prosaicamente Paul Héger rispose: “A rien!”29. Il Volume centrale (AX) si articola attorno a due corti interne. Uno dei lati è occupato da una galleria dislocata su due livelli, a colonne e pilastri con un parapetto geometrico. Il soffitto a cassettoni ha un modulo quadrato che si ripete nella pavimentazione lavorata a mosaico. A sinistra della hall, la sala del consiglio imita quella del Palazzo Granvelle. Ciascuno dei due volumi esterni (AW e AY), tra loro identici, è articolato intorno a una corte centrale e ospita una facoltà: quella di Diritto e quella di Filosofia e Lettere. I due edifici sono
L’edificio A, Alexis Dumont, 1924-1928
Statua di Pierre-Théodore Verhaegen, 1865
Il significato del campanile
Interni
27_ Statua in bronzo realizzata nel 1865 opera dello scultore belga Guillaume Geefs. 28_ Informazioni tratte del sito dell’inventario del patrimonio architettonico della città di Bruxelles: http://www.irismonument.be/fr.Bruxelles_Extension_Sud.Avenue_Franklin_Roosevelt.50.html 29_ Willems, Jean. “L’universié, Hotesse...” , Bruxelles Universitaire 9 (Luglio 1925): 3-10 . Archivi dell’ULB ULB/B11.1 1RR50
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8-9_secondo progetto Dumont del 1924, pianta e alzati con i l blocco A a destra e il blocco B. A sinistra si vedono i due edifici che avrebbero dovuto essere gli alloggi per studenti. The American Record , 1924.
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più bassi rispetto a quello centrale. I materiali utilizzati per AW e AY sono la in pietra blu, mattoni rossa e pietra bianca. La corte centrale, ispirata a un chiostro, era originariamente ornata da una fontana. I tre volumi non hanno subìto grandi modificazioni se non quello dell’annesso esterno rappresentato dall’edificio R di cui copia lo stile architettonico dell’edificio A. Ha invece subito profondi cambiamenti, il giardino circostante lentamente eroso dall’addensamento del campus, lasciando il disegno incompleto e vagamente leggibile. Se la mancata realizzazione del blocco B aveva già indebolito il progetto Dumont, l’accostamento di edifici più moderni ha finito per soffocare lo spazio, mettendo decisamente in crisi il progetto inizialmente concepito. A soffrire per queste modifiche è stata soprattutto la parte nord del complesso, poiché la prossimità di altri edifici (segnatamente l’edificio NB) ha pesantemente cambiato, in negativo, l’effetto visivo/percettivo dell’insieme. Del “progetto immaginario” resta soprattutto ciò che esso simboleggia. Anche se non tutti possono sapere dei dettagli sui fondi o del concorso americano, si intuisce che l’edifico A fosse parte di un progetto più vasto, inserito in un contesto differente, che ne spiega lo stile. Ancora oggi se ne percepiscono la forza e l’importanza attraverso le decorazioni dei pennacchi e della torre, ma anche per la sua stessa posizione. Nato come progetto di rappresentanza dell’università, ha svolto egregiamente la sua funzione per molti anni, imponendo l’ingresso del campus verso l’avenue de Nations e influenzando l’urbanistica del quartiere fino agli anni ‘50, quando invece, è quest’ultima che ha cominciato influenzato la struttura del campus.
Progetto attuato
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10_Foto storica con le due architetture contrapposte viste dall’avenue des Nations; nelle forme e nello stile sono opposte e quest’immagine lo dimostra bene. L’Emulation 10, ottobre 1929. 11_Piante dell’edificio A in seguenza: giardini del 1924, piano terra, e aggiunta dell’edifcio NB , NA R che hanno modificato irreversibilmente uno dei pochi spazi verdi attuali del campus e denaturalizzando il progetto di Dumont.
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PARTE SECONDA •
A
N
A
L
I
S
I
ARCHITETTONICA DEL CAMPUS DI SOLBOSCH
“L’architecture, comme la littérature, s’èdite aujourd’hui en volumes. Ce sont généralement des cubes.” Alexis Dumont • 1931
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4_ CAMPUS ACCADEMICO_ 1918-1938
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4_ CAMPUS ACCADEMICO 1918-1938 4.1
CARATTERISTICHE DELLA I FASE
Due poli un campus
Orientamento e distribuzione
Sport
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La divisione tra parte “accademica” e “vita studentesca” è il connotato principale della prima fase: il territorio si divide in due poli, diversi per funzione, ma pur sempre parti di una unità spaziale che coinvolge l’intera comunità universitaria, così avvicinandosi – per la prima volta in Europa – a un’idea di Campus. I principi del concorso americano vengono riproposti negli anni ‘20-’30 attraverso progetti legati ai bisogni degli studenti, come per esempio esigenze abitative, di nuovi servizi, di strutture per lo sport. È in questo contesto storico che fanno la loro comparsa l’edificio di Educazione Fisica (E2) insieme al campo d’atletica e i primi alloggi per studenti (Edifici J, F1) costruiti a partire dal 1928. Il suolo che pende verso ovest, insieme alla posizione dell’edificio A, orientano indiscutibilmente l’ingresso del campus verso l’avenue de Nations. Il tutto va immaginato, all’epoca, in un contesto ancora molto spoglio e agreste, poiché l’urbanizzazione del quartiere era di fatto limitata all’avenue, che ben presto si sarebbe saturata di case e villette. Edifici che restano indipendenti dall’università, sorgono anche lungo l’avenue Jeanne anche se il suo tracciato è tutto interno al lotto. L’avenue Héger, non è ancora definita nel contesto urbano, ma ha solo la funzione di delimitare i due poli. La distribuzione stradale del campus segue una semplice gerarchia che inizia con l’avenue de Nations da cui si dipartono le strade interne perpendicolari (Jeanne, Héger e Depage), per terminare con i percorsi pedonali interni che collegano i vari edifici. Percorsi inseriti nel verde e che, di fatto, costituiscono un filtro evitando la connessione diretta con le strade di grado maggiore. L’università aveva ancora a disposizione più della metà di tereni liberi, ma ulteriori costruzioni sarebbero state possibili principalmente grazie a donazioni esterne, condizione che portò a una densificazione lenta (anche se continua) in tutta questa prima fase. L’architettura sportiva trova in quel periodo terreno fertile, favorita anche dalla politica dello Stato che in quegli anni sospinge la popolazione a praticare l’esercizio fisico, finanziando piscine e strutture sportive in tutto il Paese1. È così che il campo d’atletica e i campi da tennis (oggi non
Schema riassuntivo
Densità e edifici A E2 F1 L J U
Verde e alberi
Distribuzione
I°_CAMPUS I°_CAMPUS ACCADEMIQUE ACCADEMIQUE _1918-1938 _1918-1938
ADMINISTRATION ADMINISTRATION ENSEIGNEMENT ENSEIGNEMENT ENTREES ENTREES ENTREES ENTREES ENTREES ENTREES
Funzioni
ADMINISTRATION ADMINISTRATION ENSEIGNEMENT ENSEIGNEMENT ÉTUDIANTE ÉTUDIANTE
AMMINISTRAZIONE
ADMINISTRATION ADMINISTRATION ADMINISTRATION ADMINISTRATION ADMINISTRATION ADMINISTRATION ENSEIGNEMENT FACOLTÀ ENSEIGNEMENT ENSEIGNEMENT ENSEIGNEMENT ENSEIGNEMENT ENSEIGNEMENT
ÉTUDIANTE VIE VITA STUDENTESCA ÉTUDIANTE VIE ÉTUDIANTE VIE ÉTUDIANTE VIE ÉTUDIANTE VIE ÉTUDIANTE VIE
ADMINISTRATION ADMINISTRATION VIE VIE ÉTUDIANTE ÉTUDIANTE ENSEIGNEMENT ENSEIGNEMENT VIE ÉTUDIANTE
VIE ÉTUDIANTE Tecniche e materiali
STRUCTURE STRUCTURE MÉTALLIQUE MÉTALLIQUE PREFABRIQUES STRUCTURE PREFABRIQUES STRUCTURE MÉTALLIQUE MÉTALLIQUE BÉTON BÉTON ARMÉ ARMÉ PREFABRIQUES PREFABRIQUES TIRANTS TIRANTS BÉTON ARMÉ BÉTON ARMÉ CEMENTOMÉTALLIQUES ARMATO MÉTALLIQUES MACONNERIE MACONNERIE TIRANTS TIRANTS MURATURA PORTANTE EN BRIQUES BRIQUES EN MÉTALLIQUES MÉTALLIQUES STRUCTURE MIXTE STRUTTURA MISTA MACONNERIE STRUCTURE MIXTE MACONNERIE EN EN BRIQUES BRIQUES
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Diversi paesaggi
Conclusioni
più visibili) rappresentano un punto focale del campus “accademico”, ben riassunto dal motto di Giovenale “mens sana in corpore sano”, in un periodo in cui tutti gli spazi all’aperto rivestono un ruolo importante come luoghi d’attività e di vita quotidiana. Formula che richiama i principi del fine art approach. Così, infatti, si esprime Paul Héger, parlando del tempo libero degli stundenti: “Ils pourront, des qu’ils auront un moment de liberté, se livrer à tous les plaisir du sport ou aller flaner dans les allées ombreuses d’un parc”2: La mescolanza di paesaggi e atmosfere rappresenta una grande ricchezza: lo Square G si infittisce di alberi e diviene luogo di ritrovo degli studenti; i giardini dell’edifico A aiuole da promenade; il boschetto della villa Capouillet crea un’atmosfera campestre che contrasta con il vuoto della spianata per gli sport e i campi da tennis. L’alternanza tra pieni e vuoti è quindi a favore degli spazi liberi, che finiscono per caratterizzare in quella fase un campus immerso nel verde con edifici distanti tra loro, nel quale la comunità universitaria può vivere ogni momento della giornata e ogni aspetto della vita. Ciò che oggi è possibile riscontrare di quella prima fase è il ricordo di quei paesaggi. L’andamento del suolo e la varietà del verde si ritrovano ancora oggi come spazi residui del campus la cui politica degli anni successivi avrebbe limitato l’attività antropica all’aperto a favore delle costruzioni3. L’unico luogo risalente a quella prima fase rimasto intatto, è lo Square G ancora oggi scenario di eventi e incontri. Lo Square G è rimasto allo stato originario, probabilmente per la forma chiusa dell’edifico U nel quale, viste le relazioni spaziali interne, ogni costruzione risultava impensabile. Anche l’edificio E2 ha mantenuto la funzione iniziale, accostata da altre strutture sportive più grandi, ma la sua identità è stata messa a repentaglio quando il campo sportivo è stato eliminato per costruire un parcheggio. Della spianata dedicata agli sport, rimane solo uno prato di meno di 500 m2. Anche se l’orientamento principale risulta oggi invertito, l’esperienza di attraversare il campus da avenue des Nations verso Ixelles (o viceversa), permette una visione più ampia.
2_ Willems, Jean. “L’universié, Hotesse...” , Bruxelles Universitaire 9 (Luglio 1925): 3-10 . Archivi dell’ULB ULB/B11.1 1RR50 3_ Come per esempio la trasformazione dei campi sportivi in parcheggio, o come i giardini geometrici che vengono “tagliati” e nascosti dalla biblioteca di scienze Umane, come si vedrà nella III fase del campus.
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4.2
LA CITÉ HÉGER
La necessità di dotare il campus di alloggi per gli studenti era discussa da tempo all’interno dell’università, ma si era fatta più impellente dopo la prima guerra mondiale, quando l’ULB assume piena consapevolezza che l’impegno sociale nei confronto degli studenti deve andare oltre la missione strettamente educativa. Come conseguenza, la sua prima azione fu quella di creare un refettorio e una mensa per studenti, in spazi messi a disposizione dalla città, attivi dal 1918 al 1921. Negli stessi anni, venivano inaugurati la Casa delle Studentesse e la Casa degli Studenti, in immobili sparsi per la città4. Nel contesto periferico di Solbosch, dove in quel momento si trovavano solo edifici di tipo accademico, l’inserimento di residenze studentesche mirava a completare il campus rendendolo più organico. Il progetto per alloggi di Dumont aveva creato grandi aspettative, ma alla fine, per carenza di fondi, era stato ridimensionato e delimitato a un solo l’edificio molto meno costoso (parte frontale dell’edificio J). Diverso dal progetto iniziale, si presenta come un lungo volume su un unico piano, che ospitava una cinquantina di stanze per ragazze. La porta d’ingresso è delimitata da due colonne scanalate e un timpano stilizzato. Ha una grande copertura in tegole smaltate nere, mentre le facciate sono in mattoni e pietra blu locale. L’edificio J è caratterizzato da uno stile eclettico molto più sobrio di quello dell’edificio A, al quale è accomunato soltanto dalla posizione centrale nel lotto e dall’orientamento verso la strada5. Questo intervento, insieme alle residenze sparse per la città, servì comunque a ospitare parte degli studenti fino alla realizzazione, nel 1933, del primo vero progetto di studentato all’interno del campus: la Cité Paul Héger. Anche la Cité – progettata da Alexis Dumont e ancora una volta finanziata dalla CRB Educational Foundation – ha uno stile architettonico diverso dagli edifici che la precedono6. Caratteristico dell’architettura modernista degli anni ‘30, con una predominanza per le linee orizzontali e facciate prive di decorazioni, si riavvicinava piuttosto all’architettura funzionalista di Eugène François della facoltà di Scienze applicate più che al falso stile storico dell’edificio A. Il nucleo originario è composto da due blocchi asimmetrici, la cui forma
Edificio J, Alexis Dumont, 1928
Cité Héger, F1 Alexis Dumont, 1932-33
4_ La Case delle studentesse e la mensa erano in chassée de Waterloo 145, mentre la Casa degli studenti si trovava nelle Scuderie del Palazzo di Egmont, prestate dalla Città. 5_ “Harmonie” Bâtir: manuel de la construction 20 (1934): 820. 6_ Idem
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metamorfosi
1955-57
1971+ 1990
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già indica la popolazione studentesca che l’avrebbe occupata: 150 stanze destinate ai ragazzi in un edificio e 50 stanze per le ragazze nell’altro, separati da un padiglione d’entrata che dà su avenue Héger attraverso una grande scalinata. La sua è una collocazione strategica, di fatto una cerniera tra le due parti del campus. È anche l’edificio più alto e vanta servizi molto moderni; le stanze, affacciate sul campo da sport oppure sui giardini dello Square Servais, permettono in ogni caso una piacevole veduta. Ma si dovrà aspettare il 1968 perché la libertà d’accesso a entrambe le parti e alle camere non fossero più separate per genere. In una successiva evoluzione, il padiglione centrale con la scalinata viene demolito per prolungare la costruzione lungo la strada e aumentare il numero di camere (questa volta miste). Nel 1964 e poi nel ‘69-71 si aggiungono ulteriori annessi con servizi, negozi e ristoranti universitari che modificheranno i sobri prospetti dell’architettura di base con protesi di diverse dimensioni, stili, materiali e colori. Oggi, nonostante tutte le metamorfosi e le funzioni aggiunte, si riconosce ancora il nucleo dell’edificio originario, in parte utilizzato come residenza universitaria. L’edifico è attualmente utilizzato dalla gran parte degli studenti per la pausa pranzo, per lo studio di gruppo e come punto di ritrovo. Ma con il tempo ha anche acquistato la funzione di edificio-ponte (o, meglio, edificio-passaggio): la sua posizione di confine tra la strada e il retro del campus, fa sì che venga quotidianamente attraversato da una parte all’altra. Per questo la Cité è rappresentativa della prima fase, di cui è pienamente funzionale perché funzionale ma, allo stesso tempo, è prodromico della seconda. Per la sua posizione allungata, infatti, ha dato il via all’urbanizzazione dell’avenue Héger, spostando l’ingresso oltre la facciata dell’edificio A. Eccezion fatta per le case preesistenti sull’avenue Buyl, è l’unico complesso che costeggi una strada senza filtri, prerogativa invece di tutti gli altri progetti.
150 ragazzi
100 camere miste
mensa universitaria
50 ragazze
sala esposizioni
estensione della mensa
sale comuni
locali circoli studenteschi
1933
1955-1957
1971 + 1990
Schema dell’evoluzione dell’edificio con i vari annessi e la funzione.
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12_Foto storica con la prospettiva del nucleo originario dell’edificio F1 dell’architetto Dumont, che si affacciava sul campo sportivo. A sinistra si intravede l’edificio di Educazione Fisica E2 con la copertura piatta. http://www.ulb.ac.be 13_ Pianta dell’edificio F1
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piano terra
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4.3
L’ ARCHITETTURA MODERNA DI ALEXIS DUMONT.
La giustapposizione di stili e forme di Solbosch rappresenta assai bene, il cambiamento architettonico avvenuto a Bruxelles e in tutta Europa tra gli anni ‘20 e ‘30. Si tratta di un periodo in cui coabitano due scuole di pensiero tra loro assai diverse: quella della tradizionale, classicista della beaux-arts e quella nuova del modernismo razionale. Alexis Dumont (1877-1962) si inserisce in questo contesto come uno dei più brillanti rappresentanti del “classicismo moderno” a Bruxelles1 e principale architetto di Solbosch, dove può esercitare e sperimentare le sue idee di architettura in un arco temporale di 10 anni. Dumont realizza per l’Università i tre edifici A, J e F1 proprio nella fase di sovrapposizione delle due correnti sopracitate. Abbiamo così la facoltà di Diritto, Lettere e Filosofia in stile nazionalista, l’edificio J in eclettico e la Cité Héger ispirata alla scuola razionalista. L’evoluzione dello stile dei progetti di Dumont rispecchia i cambiamenti della concezione architettonica dell’epoca e, se non fosse nota la ricerca stilistica condotta nel corso della sua carriera, sarebbe difficile immaginare che i tre progetti siano opera della stessa persona. La ricerca stilistica: Con una visione dell’architettura aperta alla storia, Dumont considerava contemporaneo qualunque stile. Grazie a questa visione democratica della storia, lo sperimentalismo di Dumont (da non scambiare per incoerenza) giustifica la sua incessante ricerca stilistica, sempre al passo con i tempi. Particolarmente vocato per le realizzazioni su grande scala il professionista è attento ai cambiamenti sociali che interessano Bruxelles, reclamando più attenzione ai nuovi problemi dell’urbanistica che minacciano la città con progetti sempre più fuori scala2. Seppe
1_ VAN LOO, Anne, Dictionnaire de l’architecture en Belgique de 1830 à nos jours. Anversa: Fonds Mercator, 2003, 288-289. 2_ Progetti importanti come quello della Rimessa Citroën (1933). Questo complesso, realizzato in collaborazione con Marcel Van Goethem, si trova in Place Yser a Bruxelles e mostra uno stile industriale collocato tra mo-
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inoltre soddisfare le esigenze della sua epoca senza mai dimenticare le basi della tradizione. Inizia dal classicismo accademico3, per passare all’Art Déco e abbraccia il razionalismo prima di finire conciliando la funzionalità con l’estetica. In tutte le fasi, il suo stile si distingue per rigore compositivo e precisione dei dettagli. Non a caso Dumont vince il concorso per l’edificio A, grazie alla semplicità della pianta, alla facilità della distribuzione e alla chiara disposizione degli spazi, caratteristiche proprie di altre architetture moderne, sebbene l’aspetto esteriore avesse tutt’altri connotati. La trilogia di Solbosch si posiziona nella fase matura della sua lunga carriera, nel momento di passaggio verso dell’architettura modernista. La ricerca di questo architetto riassume bene il dibattito sul primato del bello oppure di quello dell’utile, caratteristico delle due scuole di pensiero, praticando prima le direttive dell’una e poi dell’altra. La sua, dunque, è una visione dell’architettura polivalente e sempre in movimento. Alla domanda: “Cos’è l’architettura moderna?” postagli in occasione di un dibattito al Cercle Artistique et Littéraire di Bruxelles nel 1931, Dumont risponde pragmaticamente riconoscendo che:
dernismo e Art Déco. Consiste in un parcheggio su più livelli e una sala di esposizione al pianterreno. L’edificio è dotato di un’ossatura in acciaio e un rivestimento del tetto in trasparenti, per creare un’illuminazione naturale permanente all’interno. Altre architetture di questo periodo sono l’Immobile Shell (1937), le Assicurazioni Trieste (1932), mentre il suo ruolo di attento custode delle tradizioni si amplifica dopo la guerra con il progetto della Galleria Ravenstein elaborato tra il 1954 e il 1958 con il nipote Philippe, sempre a Bruxelles, espressione ultima del classicismo monumentale.
3_ I suoi studi avvengono presso l’Accademia di Bruxelles 1897-1907 sotto Ernest Acker di cui abbiamo parlato nel capitolo 2.2 L’Esposizione Universale del 1910 pp. 11.
“Le publique d’aujourd’hui répète, comme un axiome, que la beauté d’un bâtiment résulte de l’adaptation parfaite de ses différentes parties à leur des destinations. Or il ne peut être question, dans le domaine du beau, d’un but pratique. Sans doute, la raison demande que le but pratique soit satisfait, mais un bâtiment peut parfaitement convenir à son usage sans être beau, et il peut être fort beau sans être pratique. [...]4” Il dibattito tra bello e utile Secondo Dumont, in sintesi, l’unione tra un’architettura funzionale e una esteticamente gradevole è possibile solo raramente: da una parte c’è infatti la ragione, che obbliga a soddisfare talune necessità tecniche e strutturali, dall’altra il sentimento e lo stile, che portano in direzione contraria. Egli non condanna la decorazione ma nella bellezza plastica dei volumi, delle proporzioni e nell’ordine: “On avait vraiment abusé des Pilastres, avant-corps, festons et astragales [...]. Le principal outil de l’architecture est aujourd’hui la gomme à effacer. Soyons donc nus5”. Così, per esempio, è attratto da materiali quali il ferro e il cemento poiché nella sua concezione di moderno architetto c’è la conoscenza dei nuovi materiali e delle nuove tecniche di costruzione, così da dominarli e da imporre la bellezza alla tecnica. Rinunciare a questa missione significa impedire all’architettura di progredire. Per questo Dumont incita i colleghi a trovare una nuova espressione architettonica della costruzione: lo stile del ferro e del cemento. Standardizzazione Citando architetti come Le Corbusier, di cui ammira il coraggio per aver gettato le basi di una nuova architettura, ne critica tuttavia il tentativo di imporre la modernità come canone unico e incondizionato di
4_ DUMONT, A. “La reponse de Alexis Dumont”, L’Emulation, Société centrale d’architecture de Belgique 8 (Agosto 1931): 248.. 5_ Idem pp.250.
bellezza. Avverte il rischio di una società che si illuda di sostituire del tutto l’utile al bello, finendo così in balìa dell’industrializzazione e della standardizzazione: uno scenario che intimorisce Dumont. Il quale, tuttavia. Giustifica la standardizzazione come risposta ai bisogni di una società moderna, che richiede sempre maggiori beni di consumo. Se c’è necessità di appartamenti a basso costo, ma con servizi e allestimenti dello stesso tenore di quelli destinati alle classi più agiate, ecco che la standardizzazione risponde al bisogno e l’architetto si deve posizionare a favore di quest’ultima. Ma da qui a definirla arte, mescolando il concetto di utile e di bello, continua a essere un errore poiché si tratta di valori di diverso livello. Quale dei due sia superiore, Dumont non lo dice mai apertamente, anche se lascia intuire la sua preferenza per il funzionalismo e l’utilitarismo perché – da architetto sociale qual è – questi criteri meglio rispondono ai bisogni di una società in forte sviluppo6. 1933_stile funzionalista
1924_ stile neo-rinascimentale fiammingo
1928_ stile eclettico
6_ “Et pourtant, je ne veux enlever, aux partisans de la machina à habiter, rien de la respectabilité de leurs préoccupation. Il faut absolument un logement sain à la foule de ceux qui n’en possèdent pas. Si, pour le faire, pour des raisons d’économie, il faut standardiser, alors standardisons. [...] notre société a sans doute des besoins de bien-être à satisfaire avant tout. Sans doute ces nécessités nous font-elles aujourd’hui de l’économie, dont la standardisation est une des formes, la loi suprême. Mais ne disons pas que la standardisation est l’art, ne faussons pas les idées. Ne mélangeons pas les utiles préoccupations des philanthropes et fées sociologue à celles des artistes. Ce sont des valeurs d’un ordre différent. Qu’elles soient d’un ordre plus ou moins élevé, je laisse à d’autre le soin de le trancher”. Idem pp 251.
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4.5
ARCHITETTURA SPORTIVA_ L’EDIFICIO E2.
Eugène Dhuicque
Edifico E2, 1933-1935
Campo da sport
Cambio di copertura, 1950
L’Istituto superiore di Educazione Fisica fa parte delle installazioni del polo dedicato alla vita studentesca, struttura necessaria in un campus moderno e pienamente coerente con la campagna governativa per la promozione dello sport. Realizzato nel 1935 dall’architetto Eugène Dhuicque, l’Istituto aggiunge l’Art déco alla varietà di stili architettonici rinvenibili nel campus. Dhuicque7, all’epoca professore di Storia dell’architettura all’ULB, studia architettura a Bruxelles e conclude la sua formazione a Parigi, nei cantieri di restauro delle cattedrali. Queste esperienze sono all’origine del suo interesse per il restauro e la conservazione dei monumenti. In più, l’ambiente francese lo influenzò facendolo passare da un‘architettura Beaux-Arts a quella Art décò. Dhuicque era un grande conoscitore della storia e degli stili. Questo suo bagaglio culturale, si riflette pienamente in un’architettura di qualità. L’edificio E2 fu considerato all’epoca di grande modernità per numerosi aspetti, tra i quali le facciate, la razionalità della pianta, e anche il sistema di ventilazione-riscaldamento accuratamente studiato8. L’E2 si presenta come una composizione di semplici e compatti, ma eleganti in uno stile Arte déco molto pulito e plastico. Localizzato su una collinetta, l’edificio è teatralizzato da una scalinata che conduce all’entrata principale. Da questa posizione era possibile dominare la spianata con i campi d’atletica, il campo di calcio e quelli da tennis, la cui pianificazione risalente al 1937, era del medesimo architetto. Le facciate dell’edificio sono semplici, in mattoni rossi posati su un basamento, anch’esso in mattoni ma di colore più scuro. È dotato di una copertura a mansarda che lo stesso architetto aggiunse, nel 1950, a quella originaria piatta, a terrazza. L’ulteriore rialzamento ha permesso l’installazione di una nuova sala da sport, ma ha anche modificato la plasticità dell’insieme. La mansarda addolcisce le forme di quello che era invece un volontario taglio netto, e ne aumenta
7_ Eugène Dhuicque (1877-1955) La sua formazione avviene all’Accademia di Belle Arti di Bruxelles (1897-1899), ma divenendo stagista nello studio di E. Janlet, viaggia molto in Francia lavorando in cantieri di restauro di chiese a Parigi. Come autore di progetti, consacra gran parte della sua vita nell’opera dell’Art déco influenzata dalla formazione francese, allo stesso tempo ricoprendo un ruolo importante nell’urbanistica ed è un apprezzato teorico del restauro di monumenti. In seguito diverrà architetto e ispettore dei monumenti storici, dirigerà la “Mission Dhuicque” per la salvaguardia di edifici storici e oggetti d’arte in Belgio, lavorerà come professore all’ULB e, per sua iniziativa, nel 1936 viene fondato l’Institut d’urbanisme et d’aménagement du territoire. È anche direttore della rivista “L’Emulation” (1921-1922) che pubblica una parte importante dei suoi scritti teorici. Fonte: VAN LOO, Anne, Dictionnaire de l’architecture en Belgique de 1830 à nos jours. Anversa: Fonds Mercator, 2003. 271-273 8_. E.D. “L’Institut d’Éducation physique de l’Université libre de Bruxelles”, Le Document 2 (1938): 19-25.
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l’altezza modificando le proporzioni originarie. La distribuzione verticale verso la tribuna e la mansarda, è divisa ancora una volta in due e si trovano ai lati. Fuoriescono dal volume due torrette che caratterizzano la facciata anteriore e quelle laterali. L’entrata principale è segnata da tre arcate finestrate fino all’altezza di due piani, interrotti da un’alta banda continua in pietra bianca recante le iscrizioni dorate dell’istituto. Ai lati si aprivano le entrate separate per gli studenti, da una parte quella femminile, dall’altra quella maschile. L’intera pianta era sdoppiata simmetricamente in due, in modo tale che gli studenti di sesso diverso non si incrociassero, se non nella sala da sport. Subito dopo l’ingresso, si trovava un vestibolo che distribuiva i diversi spazi: una stanza per l’accoglienza, uffici, le scale e le porte degli spogliatoi. La sala da sport, con una luce di 12x20 per 6,7 metri d’altezza, ha un’ossatura in cemento armato, è illuminata di luce naturale grazie a tre grandi lucernari e al primo piano è dominata da una tribuna. Il patrimonio architettonico dell’edificio è molto ricco, soprattutto per il mantenimento di dettagli d’epoca. L’esperienza francese porta Dumont a utilizzare materiali di pregio e molto resistenti. Così, negli interni si riconosce un’attenta cura per i dettagli del mobilio (tutt’ora originale) e dei pavimenti. Negli spogliatoi sono ancora presenti le panche con porta-capotto integrati in legno di quercia, gli scaffali e i corrimano delle scale sono lavorati in pietra e rame; i pavimenti sono a mosaico di granito rosso, nero e bianco, oppure a parquet nelle sale da sport9.
1938 1938
1950 1950 1950
1992 1992 1992
Interni
La cura dei dettagli
Modifiche dell’Edificio di Educazione Fisica
9_BALBACHEVSKY, G. “L’Institut d’Éducation physique de l’Université libre de Bruxelles “, La Technique des Travaux 10 (1937): 511-51.
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13_ Attività sportiva all’ULB. Foto degli anni ‘50 dell’edificio di Educazione Fisica e negli l’aggiunta della mansarda e del campo sportivo 14_ Piante del piano terra con gli spogliatoi e la sala da sport, primo piano con la tribuna e l’ultimo piano a mansarda.
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“La rivoluzione del Movimento Moderno è stata, prima di ogni altra cosa, una rivoluzione tipologica: non c’è stato edificio che ha mantenuto, a rivoluzione compiuta, il tipo o i tipi, il modello o i modelli che esistevano prima.” • Ludovico Quaroni
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5_CAMPUS MODERNISTA_ 1953-1971
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5.1
CARATTERISTICHE DELLA II FASE Questa fase prende il nome dagli eventi, le influenze e gli stili caratteristici del modernismo. Gli anni successivi alla II Guerra mondiale1, vedono una ripresa economica e sociale che portano l’Università a rivalutare immagine e visibilità. In vent’anni, l’Ateneo è interessato a eventi quali i festeggiamenti per i 150 anni dalla fondazione, la partecipazione all’Esposizione Universale del 1958, ma anche la scissione linguistica con conseguente instaurazione del nuovo campus de La Plaine.
Boom studenti
Nuove tecniche e materiali
Campus urbano
Limiti
A metà degli anni 50 le iscrizioni già molto numerose, raggiungono quota 4.380 e diventeranno 15.072 nel giro di 30 anni, grazie anche alla democratizzazione dell’accesso a una Università accessibile a tutti. La crescita esponenziale degli studenti deve tuttavia confrontarsi con la drammatica insufficienza di spazio e la scarsità di mezzi economici, in particolare quelli destinati a nuovi investimenti immobiliari. Una situazione plasticamente testimoniata dalla costruzione di edifici temporanei destinati a contenere l’emergenza di spazio e anche da edifici sviluppati in altezza, per meglio sfruttare le superfici esistenti. Soluzioni possibili grazie a nuove tecniche e materiali, quali pannelli prefabbricati in cemento armato e strutture a telaio in acciaio, che consentono tempi di realizzazione veloci a prezzi relativamente bassi. L’equipe degli architetti di questa fase è composta da Marcel Van Goethem, Marcel Lambrichs, Pierre Giullissent e soprattutto Robert Puttermans che diverrà il nuovo architetto dell’Università. Tutti seguono uno stile moderno, sperimentano forme e materiali nuovi in perfetta sintonia tra loro, ma anche in forte contrasto con gli edifici esistenti. Le nuove realizzazioni più significative sono il grande auditorio Paul-Émile Janson voluto in occasione dell’expo, l’istituto di Sociologia e quello di Fisica, le due “torri” S e D, la Cité des Courses F2 pertinente esempio di residenza studentesca anni ‘60 e l’architettura “temporanea” prefabbricata rappresentata dall’edificio H. Per l’Università è una fase di adattamento, sia all’interno del campus, sia rispetto al quartiere in cui è inserita. Il paesaggio circostante cambia radicalmente e ora le strutture dell’università si affacciano su un quartiere popolato e urbanizzato. Così, a esempio, l’avenue Héger passa da strada di distribuzione secondaria a strada urbana che separa due lotti. L’evoluzione di quest’asse è di grande rilievo nella definizione spaziale del campus. Trasformata in strada di città, rimette in discussione i limiti e l’entrata del campus e la stessa avenue des Nations, che finisce declassata dalle strade attorno; si moltiplicano inoltre le entrate cosicché l’orientamento del campus ne risulta meno definito che
1_ Per non piegarsi all’occupazione tedesca, tra il 1940 e il 1944 vengono interrotti gli insegnamenti. Nonostante ciò, il campus e gli altri edifici del centro storico vengono comunque utilizzati come ritrovi clandestini.
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Schema riassuntivo
Densità e edifici AY C D O E2 J M S
Verde e alberi
Distribuzione
I°_CAMPUS I°_CAMPUS ACCADEMIQUE ACCADEMIQUE _1918-1938 _1918-1938
ADMINISTRATION ADMINISTRATION ENSEIGNEMENT ENSEIGNEMENT ENTREES ENTREES ENTREES ENTREES ENTREES ENTREES
Funzioni
ADMINISTRATION ADMINISTRATION ENSEIGNEMENT ENSEIGNEMENT ÉTUDIANTE ÉTUDIANTE
AMMINISTRAZIONE
ADMINISTRATION ADMINISTRATION ADMINISTRATION ADMINISTRATION ADMINISTRATION ADMINISTRATION ENSEIGNEMENT FACOLTÀ ENSEIGNEMENT ENSEIGNEMENT ENSEIGNEMENT ENSEIGNEMENT ENSEIGNEMENT ÉTUDIANTE VIE VITA STUDENTESCA ÉTUDIANTE VIE ÉTUDIANTE VIE VIE ÉTUDIANTE VIE ÉTUDIANTE VIE ÉTUDIANTE
ADMINISTRATION ADMINISTRATION ÉTUDIANTE VIE ÉTUDIANTE VIE ENSEIGNEMENT ENSEIGNEMENT VIE ÉTUDIANTE
ÉTUDIANTE Tecniche VIE e materiali
STRUCTURE STRUCTURE MÉTALLIQUE MÉTALLIQUE PREFABRIQUES STRUCTURE PREFABRIQUES STRUCTURE MÉTALLIQUE MÉTALLIQUE BÉTON BÉTON ARMÉ ARMÉ PREFABRIQUES PREFABRIQUES TIRANTS TIRANTS BÉTON ARMÉ BÉTON ARMÉ CEMENTOMÉTALLIQUES ARMATO MÉTALLIQUES MACONNERIE MACONNERIE TIRANTS TIRANTS MURATURA PORTANTE EN BRIQUES BRIQUES EN MÉTALLIQUES MÉTALLIQUES STRUCTURE MIXTE STRUTTURA MISTA MACONNERIE STRUCTURE MIXTE MACONNERIE EN EN BRIQUES BRIQUES
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in precedenza. La posizione delle nuove costruzioni – sull’esempio della Cité Héger – è ora per lo più lungo la strada, a contornare i lotti e, anzi, gli edifici stessi diventano il limite stesso del campus, restituendo inevitabilmente una sensazione di chiusura. Questo particolare sviluppo perimetrale del campus, accentua la separazione dei due poli e, al tempo stesso, protegge gli spazi liberi interni. Perché se anche il bisogno di spazio è sempre più evidente, gli spazi verdi (boschetto, giardini, campi sportivi) mantengono la loro importanza e i nuovi progetti, per quanto possibile, ricercano un dialogo tra pieni e vuoti. Problema dei parcheggi
Caratteristiche
Di pari passo con l’urbanizzazione, si incrementa l’utilizzo dei mezzi di trasporto, per lo più privato. Insieme al bisogno di spazi destinati alla didattica, si presenta ora anche il problema del parcheggio. Le strade si riempiono di automobili, in primis l’avenue Héger, dove la circolazione pedonale diventa addirittura pericolosa. Infatti, nel 1965, l’arteria viene integrata al campus allargando così l’area riservata ai parcheggi, pur lasciandovi libera la circolazione cittadina. Questa fase è dunque riassumibile in una semplice equazione: più iscrizioni uguale maggior bisogno di locali per la didattica; da cui una minor disponibilità di alloggi studenteschi e il conseguente incremento dell’utilizzo dei mezzi di trasporto per raggiungere l’università; trasporto pubblico per una piccola parte, ma per lo più privato. Se le caratteristiche principali del periodo precedente erano l’unità tra due poli distinti per funzioni e l’influenza del modello americano, in questa nuova fase, invece, abbiamo:
1_ Divisione spaziale tra i due poli, forzata dall’urbanizzazione del quartiere. 2_ Mescolamento delle funzioni degli edifici in entrambi i poli. 3_Ridefinizione dei confini del campus attraverso l’edificazione lungo il perimento 4_ Conseguente chiusura, a rispetto degli spazi verdi interni (campi da sport e giardini) 5_ Moltiplicazione degli ingressi e dell’orientamento nella relazione con il quartiere.
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5.2_ EXPO ’58_ L’ AUDITORIO PAULE-EMILE JANSON L’esposizione Universale del 1958 fu la prima organizzata dopo la II Guerra Expo’58 mondiale, dunque in uno scenario internazionale di grande rilevanza e profondamente legato alla sua epoca. Un periodo di tensioni, di aspri confronti ideologici e politici, come la guerra fredda, ma anche anni in cui si mira al dialogo e all’aiuto reciproco con la Comunità Europea, primo pilastro dell’Unione. Anni di boom economico, di scoperte scientifiche e utilizzo di nuove tecniche, il contesto postbellico sprona i Paesi partecipanti a rivaleggiare nella concezione dei loro padiglioni come nell’ingegno posto nelle novità tecnologiche. Strutture audaci mescolano cemento, acciaio, vetro e colori vivi. Tutto ciò crea un’atmosfera di stupore ed euforia, che viene riassunto dall’Atomium, rimasto BATIMENT J_AUDITOIRE PAULE-EMILIE JANSON come monumento e simbolo della città. Si rivela, inoltre, al grande pubblico, l’Architettura Moderna, la cui nuova sensibilità estetica assume appunto la denominazione di “stile ’58”1.
CREATO CON LA VERSIONE DIDATTICA DI UN PRODOTTO AUTODESK
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Concepita dall’architetto Marcel Van Goethem2 e dall’ingegnere Paul Moenert (il primo professore all’ULB e anche architetto capo dell’esposizione) la nuova sala conferenze si aggancia all’edificio di Dumont del 1928, che ha già cambiato di funzione, accogliendo la facoltà di Biologia. Oggi prende il nome di auditorio Paul-Émile Janson e (ovviamente insieme all’Automium) occupa un posto particolare nella storia dell’architettura brussellese come solo padiglione dell’evento conservato e tutt’ora in uso. Edificato nel 1956, la pianta di forma arrotondata, l’Auditorium ha una capienza di 1.500 posti. La copertura, tipica delle esperienze audaci dell’epoca, è composta da una struttura a doppia curvatura a sella di cavallo, mentre cavi precompressi permettono un ampio spazio libero grazie a un numero limitato d’appoggi. La struttura è costituita da due reti di cavi in acciaio incrociati: la prima, soggetta a compressione, è di cavi detti portanti (a forma di arco), l’altra in tensione, di cavi tensori (forma d’iperbole), che si incrociano ortogonal-
Auditorio Janson Marcel Van Goethem, 1956-58
CREATO CON LA VERSIONE DIDATTICA DI UN PRODOTTO AUTODESK
Anche l’Università viene coinvolta nei preparativi: all’annuncio dell’Esposizione, l’ULB firma una convenzione con gli organizzatori per dotare il campus di una grande sala congressi. Durante l’evento avrebbe ospitato varie conferenze a tema e in seguito sarebbe divenuta l’auditorium per gli studenti.
Struttura.
1_ Van Loo Anne, Dictionnaire de l’architecture en Belgique de 1830 à nos jours, Fonds Mercator Anvers, 2003, pp.576-577. 2_ Marcel VAN GOETHEM (1900-1960) è un architetto protagonista dell’architettura monumentale in Belgio. Inizia gli studi all’accademia delle Belle arti di Bruxelles, completa la sua formazione a Parigi. Prosegue con la carriera di professore di architettura in diverse accademie e scuole a Bruxelles dal 1929 al 1948, quando viene incaricato di un corso all’ULB sotto la facoltà di Scienze Applicate. Collabora strettamente con Alexis Dumont, realizzando numerosi edifici pubblici come la sede del società Belgian Shell e l’edificio dell’Assicurazioni Generali di Trieste (entrambe nella galleria Ravenstein). Altre opere rientrano nel suo ruolo di architetto ufficiale della Banca nazionale del Belgio
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15_ Foto delle entrate laterali dell’auditorio , sotto il pilastro sul quale scaricono tutte le forze della struttura. 16_ Pianta del primo piano dell’edificio J originario del 1928 e l’aggiunta dell’auditorio Janson del 1958.
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mente formando un paraboloide iperbolico. Il tutto è sostenuto da due grandi archi obliqui in cemento armato, che si impiantano al terreno su cui scaricano tutto il peso3. Curve iperboliche e componenti prefabbricati erano presenti in altri padiglioni dell’Esposizione come il padiglione Philips di Iannis Xenakis e Le Corbusier o quello De Brouckère degli architetti L.Baucher, J.B Blondel ed O.Fillipone4. Addossata a un campo in pendenza, alla sala conferenze si accede da tre entrate poste ad altezze diverse: quella principale, attraverso il padiglione del 1928 a livello della strada; due laterali, all’altezza degli archi strutturali. A questo edificio vanno riconosciuti uno stile che ben rispecchia l’estetica dell’Esposizione e anche una speciale attenzione per il territorio, sul quale riesce a posarsi in modo elegante giocando sulla pendenza. La visibilità è in parte nascosta dando le spalle al campo sportivo. Di nuovo emerge il forte contrasto tra uno stile architettonico nuovo e l’esistente, ma per la prima volta tale differenza è tra due parti che costituiscono lo stesso edificio.
5.3_ TERZO PROGETTO IMMAGINARIO PUTTERMANS L’introduzione di un buon sistema di programmazione nel settore delle costruzioni, inizia a manifestarsi come una necessità reale attorno agli anni ‘60. Il consiglio di amministrazione e il suo presidente Félix Leblanc5 si rendono conto che il ritmo di edificazione aveva saturato gli spazi disponibili in modo molto rapido e incoerente. Nel 1959, viene avviato uno studio informale sulle esigenze degli studenti, dall’effettiva urgenza di locali, al rilievo di terreni e case disponibili attorno al campus. Il 30 ottobre dello stesso anno, durante una riunione del consiglio, viene proposta la costituzione di una Commissione degli Edifici che – affiancando il consiglio stesso – dovrà definire un metodo di analisi relativo agli edifici. In quell’occasione viene ufficialmente riconosciuto che:
3_ E’ lo stesso ingegnere che spiega la struttura e il diagramma delle forze e valorizza il potenziale dei cavi in acciaio precompressi. MOENAERT, P. “Toitures et parois en câbles précontraints”, Acier 7-8, (1960): 293-298.. 4_A loro volta guardavano a grandi progetti di stadi quali quello de Bahia Blanca in Argentina o quello di Montevideo in Uruguay o ancora le piscine di Neunkiechen. Fonte: Idem, pp 293. 5_ Félix LEBLANC (1892-1979) Vicepresidente negli anni ‘50 e quindi presidente del Cda dell’ULB 1958-1968, contribuisce all’elaborazione delle diverse leggi di finanziamento dell’università e alla gestione dei beni immobiliari, frutto di donazioni. Grazie alla sua azione nasce l’istituto Bordet e vengono acquisiti i terreni del La Plaine. Fonte : Chapitre IV, Les ingénieurs commerciaux dans la Cité, Solvay Business School 1903-2003
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1_ Il bisogno di edifici è immediato ma non bastano solo interventi che rispondano all’urgenza, bisogna guardare soprattutto al futuro: per esempio, evitando di costruire per poi constatare di lì a poco che l’edificio è già insufficiente. Vengono allora proposti i prolungamenti dell’edifico A per la facoltà di Lettere e Filosofia e il prolungamento della facoltà di Fisica (ancora collocata nell’edificio U) lungo l’avenue Depage, in quello che diverrà l’Edifico D. 2_ I terreni a Solbosch sono ormai insufficienti ed è perciò necessario costruire in altezza. A detta di Gillet, la commissione inizialmente vorrebbe “abandonner assez vite cette idée farfelue6” che, invece, si rivela ben presto condizione indispensabile per attuare a gli altri punti. 3_ Occorre infine urbanizzare il campus, il che implica un piano di progettazione generale7. A questo scopo, si insedia ufficialmente un organo permanente per creare un piano di programmazione edificatoria. Nonostante la preoccupazione di parte del consiglio, il rettore nega l’autorizzazione e l’Ufficio di Programmazione8 proposto non verrà mai realizzato. Malgrado le difficoltà, sotto la guida del suo dinamico amministratore Jean-Pierre Gillet9, l’ULB avvia un ambizioso programma di costruzione: si tratta del III Progetto Immaginario. Prodotto principalmente dall’architetto Robert Puttermans, il Progetto propone uno sviluppo del campus impensabile fino a pochi anni prima, basato sulla costruzione di immobili di grande altezza, come risposta alla obiettiva carenza di superfici. Appaiono così quattro nuovi progetti che cambiano radicalmente l’aspetto dell’insieme. Tre di questi saranno realizzati (S, D, E1), al quarto si dovrà rinunciare perché richiede un finanziamento troppo oneroso. Obiettivo finale di quest’ultimo progetto vorrebbe essere quello di risolvere definitivamente il problema degli alloggi, ingrandendo le capacità de La cité Héger e portare le camere a 312, grazie a tre enormi torri. Fortunatamente l’idea non verrà mai realizzata, poiché avrebbe accentuato il carattere di strada di comunicazione
Progetto Immaginario Puttermans,1959
6_ Idem pp.63 7_ Gillet Jean-Pierre, Les sept fontaines de la sagesse : ULB 1958-1968 : chronique, ESSAIS - Vers - Université libre de Bruxelles, 1992, pp 63. 8_ Esiste in avenue Buyl 121 il Département des Infrastructures, ma purtroppo non ha funzione di progettazione. 9_Jean-Pierre GILLET, professore nonché Presidente e amministratore dell’università; insieme a Leblanc gestisce il conflitto del ‘68 che attraversa anche Bruxelles fino a “sacrificare” i loro posti di lavoro. È autore del libro di cronache che ha coinvolto il campus nel decennio 1958-68, più volte usato come fonte d’informazioni.
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Edificio H M.Lambrichs, 1971
urbana dell’avenue Héger in un periodo in cui si discuteva la sua assimilazione nel campus. Inoltre, avrebbe avuto un effetto urbano irreversibile, una barriera insormontabile si sarebbe interposta tra le due metà del campus, dividendolo definitivamente. Al suo posto viene realizzato più tardi l’estensione “temporanea” della facoltà di Diritto, l’attuale edificio H di Marcel Lambrichs. Sebbene la forma cambi e non si sviluppi altrettanto in altezza, il rapporto con la strada è simile a quello delle torri di Puttermans, in quanto completa lo schema iniziato con F1, spostando sulla strada il baricentro del campus.
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17_ III Progetto Immaginario immagine ritrovata nel libro di Bartier John e De Vlamynck Georges, Université libre de Bruxelles, 1834-1959, del 1960
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5.4_ COSTRUIRE IN ALTEZZA_ EDIFICI D E S Se, nel 1959, l’idea di sviluppare le costruzioni in altezza viene discussa senza essere presa seriamente in considerazione, di lì a poco ci si renderà conto che la scelta è obbligata. Tutte le successive modificazioni e le aggiunte, da quel momento in poi tendono a guadagnare spazio. Del progetto immaginario Puttermans, vengono prima realizzati l’edificio D, a prolungare la facoltà di Scienze applicate con l’Istituto di Fisica di Pierre Giullissen e – poco dopo – l’edifico S, con l’istituto di Sociologia, a opera dello stesso Puttermans. L’architettura rigorosa e volentieri severa di Pierre Guillissen, si adatta assai bene alle forme in altezza e con l’Istituto di Fisica definisce, si esprime in pieno stile international. Una costruzione che misura 85 metri di lunghezza e 19 di larghezza, si innalza di dieci piani sul lato Depage e di sei sul lato Buyl, formando così l’angolo tra l’avenue Depage e l’avenue Buyl. La differenza di altezza è dovuta alle leggi urbanistiche locali cui era sottoposta l’area di Solbosch, che rientrava nel Comune dei Bruxelles centro, mentre l’avenue Buyl segnava il limite con quella di Ixelles. L’edifico di Fisica si trova proprio a cavallo tra i Comuni di Bruxelles centro e Ixelles, il che farà sorgere qualche problema burocratico sui permessi di costruzione, poiché i due Municipi si sono dati normative diverse. Più precisamente, il primo non pone vincoli, mentre Ixelles consente la costruzione di non più di 5 piani. La negoziazione è complicata e, alla fine, l’edificio viene costruito con uno “scalino” dato dai 6 piani sul lato di Buyl e i 10 sul lato Depage. In ogni caso, il complesso è più alto del campus, e anche del quartiere. La stessa scelta del lotto, a detta di Gillet, è dovuta , oltre per una questione di spazio, anche per essere vista meglio dal quartiere attorno:
Edificio D Pierre Giullissen, 1961-64
“Pendant ce temps, les plans d’avant-projet de l’Institut de Physique progressent : le bâtiment sera érige à front de l’avenue Depage à un endroit évident, le seul où il existe encore un terrain disponible. Il sera contrit en hauteur pour utilise au mieux la surface au sol : deux sous-sols, un rez-de-chaussée et neuf étage [...]. Le projet prévoit une dépense de 125 millions et il est, à l’échelle de ce que l’on connaît, impressionnant1
Le fondazioni di questo edificio sono a cassaforma a perdere, perché il sottosuolo è costruito su terreno sabbioso e reso ancora più instabile dalle gallerie scavate per estrarre pietre e sabbia; l’ossatura è in cemento armato, costituita di una fila di colonne centrali e di colonnine di facciata, visibili al pianterreno. Esteticamente, vengono audacemente mescolate le forme moderniste delle
1_ Gillet Jean-Pierre, Les sept fontaines de la sagesse : ULB 1958-1968 : chronique, ESSAIS - Vers - Université libre de Bruxelles, 1992, pp 70
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facciate con materiale rustico come i ciottoli di gres bruno. La distribuzione verticale è assicurata da tre ascensori e una scala ricavata all’interno in un avancorpo sulla facciata posteriore. Al piano terreno, dove una lunga pensilina metallica esterna ripara l’ingresso, a sinistra si apre la biblioteca, a destra una vasta hall con due altri piccoli auditorium. Ai piani superiori, le aule possono raddoppiare le dimensioni, grazie a tramezzi smontabili, elemento di grande modernità e funzionalità.
Edificio S Robert Puttermans, 1964-68
Differenza di piani
Caratteristiche comuni
Non meno rigorosa è l’architettura distintiva dell’istituto di Sociologia, che ha caratterizzato altrettanto a lungo il profilo del campus. Leggermente arretrata rispetto all’avenue Jeanne, si innalza alto e snello con i suoi 13 piani l’edifico S, particolarmente poco profondo e che ben utilizza lo spazio attorno in un interessante dialogo con il quartiere. Anche questo audace insediamento sfrutta il dislivello del terreno e si affaccia verso i campi da sport. Si hanno così due entrate: quella principale, verso avenue Jeanne, segnalata da una pensilina in cemento armato molto innovativa, composta di quattro paraboloidi iperbolici posati su due appoggi. Da questo lato si accedeva anche al parcheggio sotterraneo, ingresso poi spostato verso avenue de Buy. L’entrata in questa direzione è una novità interessante perché apre una inedita prospettiva verso avenue des Courses e su una parte del quartiere con il quale fino a quel momento il campus non si era mai relazionato. Il secondo ingresso era invece verso il campo sportivo all’interno del campus, ma un disgraziato restauro del 1993 ne ha radicalmente mutato l’aspetto, con l’aggiunta di un padiglione d’entrata che ha in gran parte snaturato il concetto dell’attraversamento, creando per di più un filtro che fa perdere il contatto con l’edifico stesso.2 Pensati contemporaneamente in uno stesso progetto, per molti aspetti i due edifici hanno elementi compositivi simili, che è opportuno analizzare insieme: 1_La loro caratteristica più evidente è l’altezza. Per rispondere ai problemi di spazio e grazie alle nuove tecniche costruttive, viene per la prima volta approvato lo sviluppo verticale. È un radicale mutamento della percezione del paesaggio sia guardando l’università dall’esterno, sia dall’interno. Le due “torri” diventano punti di riferimento visibili da ogni parte; ricordano l’importanza e la modernità dell’Università, proprio l’effetto desiderato, mezzo secolo prima, con il campanile dell’edifico A. Entrambi gli edifici presentano, inoltre, altezze differenti, dovute all’identico motivo: la ricerca di soluzioni per far fronte al dislivello del suolo. Così, anche nell’edificio S si ha una differenza di quattro piani: sono 15 dal lato di avenue Jeanne e 11 sul versante del campus. Non va dimenticato che, a quel punto, questi edifici si relazionano con un con-
2_ Unger J.,e autori vari, Itinéraire de l’Université libre de Bruxelles, Collezione “Hommes et paysages”, Société Royale Belge de Géographie, 2006.
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BATIMENT D+S
testo molto più libero.
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3_Ultimo connotato che rende simili i due edifici, è il metodo della loro costruzione, terminata in tempi brevi grazie a materiali prefabbricati di facile realizzazione e completati con un ulteriore elemento innovativo: la facciata a vetrata. Il montaggio dell’edificio S, ancora più che l’edificio D fu talmente rapido che era possibile vederlo crescere giorno dopo giorno, grazie al telaio metallico di cui è costituito. 3
Prospettiva
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2_Posizionati al limite tra campus e strada, in entrambi i casi si devono attraversare trasversalmente per raggiungere il campus, come fossero essi stessi grandi portici d’ingresso. Il loro posizionamento determina anche visibilità dall’esterno e un dialogo con l’interno. L’istituto di Sociologia è pensato per posizionarsi come terminale della prospettiva delle strade attorno. La sua altezza si opponeva alla piattezza del campo sportivo, all’epoca elemento forte del campus. Come torre, può essere vista da tutti e su di essa tutto è visibile. Nonostante l’edificio D fosse posizionato a un incrocio, anche la sua collocazione lo rendeva visibile da lontano e andava a segnare un nuovo ingresso, da avenue Depage. In più formando l’angolo delle due strade, andava a delimitare il campus indicandone con molta decisione i nuovi confini.
metodo costruttivo
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Immagine rappresentativa della chiusura dei confini in due lotti contraddistinti, caratteristica della II fase.
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3_ Gillet Jean-Pierre, Les sept fontaines de la sagesse : ULB 1958-1968 : chronique, ESSAIS - Vers - Université libre de Bruxelles, 1992
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18_Vista dell’edificio S subito dopo il suo completamento dalla parte dell’ingresso in avenue Jeanne. Davanti l’entrata si vede la pensilina in cemento armato a forma di paraboloide iperbolico. 19_ Pianta dell’edificio: piano terra con entrata Jeanne e parcheggio sotterraneo, quarto piano ( primo terra dall ‘entrata interna del campus) con padiglione iscrizioni, piano tipo per i livelli successivi.
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“L’architettura postmodernista si caratterizza per il disordine temporale, il disprezzo della narrazione lineare, la commistione delle forme e la sperimentazione nel linguaggio.” Barry Lewis • Kazuo Ishiguro
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6_CAMPUS POSTMODERNO_ 1990-2014
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6_CAMPUS POSTMODERNO_ 1990-2014 6.1
CARATTERISTICHE DALLE III FASE
Introduzione
Gli anni 80 rappresentano per Solbosch un decennio di pausa edificatoria, durante il quale l’attenzione si concentra soprattutto sui nuovi siti de La Plaine e di Erasme. L’allestimento dei nuovi campus e il trasferimento della quasi totalità delle facoltà scientifiche, impegnano la maggior parte delle energie e dei fondi, ma testimoniano un momento di grande innovazione e sviluppo. Negli anni 90 le autorità tornano a concentrarsi su Solbosch, per affrontare i temi emersi negli anni della prima. Vengono perciò attuate azioni per modificare l’impatto che la città ha prodotto sulla forma del campus e cioè per diminuirne il carattere urbano acquisito nella Fase precedente. Già nel 1965, diventa evidente che una strada di grande traffico costituisce un elemento solo negativo: così, l’avenue Héger viene acquisita in cambio di alcuni spazi verdi al di là di avenue Buyl. Un segnale di per sé molto forte, che verrà completato con la pedonalizzazione della stessa strada e della maggior parte delle strade del campus.
Riunificazione
In generale, si mira a una riunificazione dell’insieme, verso un campus dal profilo compatto che si difende dall’invasione urbana e, pur inserito in un contesto ormai cittadino, tiene a ridefinire i propri confini per non permettere alla città di prevalere. È una questione di praticità d’organizzazione, di sicurezza e anche di identità, poiché dopo il periodo della separazione tra i due poli originari, ci si rende consto che la divisione finiva con il nuocere all’integrità dell’insieme universitario. L’entrata principale si conferma quella in corrispondenza di avenue Hèger e Buyl, in asse con l’avenue de l’ Universités proiettata in direzione La Plaine. È anche l’entrata più prossima per i mezzi pubblici (autobus e tram, poi integrati dal servizio di biciclette in condivisione). La connessione con il quartiere e con il resto della città è più diretta nel momento in cui l’università si serve di tali mezzi e, allo stesso tempo, diviene un’attrattiva del quartiere stesso. Sebbene vengano utilizzati anche altri ingressi, si assiste al ribaltamento totale del campus originario, che puntava tutto sulla monumentalità dell’avenue des Nations (da quel momento avenue Roosevelt) che però non aveva avuto lo sviluppo previsto.
Saturazione
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Altra caratteristica – inevitabile conseguenza di una crescita incessante, ma senza programmazione – è la totale saturazione dello spazio. Se la fase precedente mostra coscienza dell’importanza degli spazi verdi, ora non sembra trovare ostacoli il proposito di intaccare il poco rimasto. Tra gli esempi più chiari (e più gravi), l’eliminazione dei campi sportivi a favore di un grande parcheggio. In una città in forte nel favorire il trasporto pubblico (o almeno dei mezzi non motorizzati), l’Università si trova costretta a sacrificare il lusso “spaziale” di un campo da calcio
Schema riassuntivo
Verde e alberi
Densità e edifici
Distribuzione
I°_CAMPUS I°_CAMPUS ACCADEMIQUE ACCADEMIQUE _1918-1938 _1918-1938
ADMINISTRATION ADMINISTRATION ENSEIGNEMENT ENSEIGNEMENT ENTREES ENTREES ENTREES ENTREES ENTREES ENTREES
Funzioni
ADMINISTRATION ADMINISTRATION ENSEIGNEMENT ENSEIGNEMENT ÉTUDIANTE ÉTUDIANTE
AMMINISTRAZIONE
ADMINISTRATION ADMINISTRATION ADMINISTRATION ADMINISTRATION ADMINISTRATION ADMINISTRATION ENSEIGNEMENT FACOLTÀ ENSEIGNEMENT ENSEIGNEMENT ENSEIGNEMENT ENSEIGNEMENT ENSEIGNEMENT ÉTUDIANTE VIE VITA STUDENTESCA ÉTUDIANTE VIE VIE ÉTUDIANTE VIE ÉTUDIANTE VIE ÉTUDIANTE VIE ÉTUDIANTE
ADMINISTRATION ADMINISTRATION ÉTUDIANTE VIE ÉTUDIANTE VIE ENSEIGNEMENT ENSEIGNEMENT VIE ÉTUDIANTE
ÉTUDIANTE Tecniche eVIEmateriali
STRUCTURE STRUCTURE MÉTALLIQUE MÉTALLIQUE PREFABRIQUES STRUCTURE PREFABRIQUES STRUCTURE MÉTALLIQUE MÉTALLIQUE BÉTON BÉTON ARMÉ ARMÉ PREFABRIQUES PREFABRIQUES TIRANTS TIRANTS BÉTON ARMÉ BÉTON ARMÉ CEMENTOMÉTALLIQUES ARMATO MÉTALLIQUES MACONNERIE MACONNERIE TIRANTS TIRANTS MURATURA PORTANTE EN BRIQUES BRIQUES EN MÉTALLIQUES MÉTALLIQUES STRUCTURE MIXTE STRUTTURA MISTA MACONNERIE STRUCTURE MIXTE MACONNERIE EN EN BRIQUES BRIQUES
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La sostituzione del campo da sport con il parcheggio
contornato dalle piste d’atletica. La trasformazione di questi spazi aperti a servizio degli studenti in un parcheggio, è un atto altamente simbolico. Se si considera che durante l’evoluzione del campus, questo elemento sia stato prima desiderato, poi attuato, in seguito mantenuto e quindi distrutto in un ciclo inferiore ai 100 anni, si comprende come questa traiettoria rappresenti bene la gerarchia dei bisogni della società. Con l’inserimento del parcheggio, si introduce anche uno spazio usato solo limitatamente, che risolve il problema dei mezzi di trasporto, ma apre quello di aver creato una barriera, un’area antisociale, proprio nel cuore del campus. Invece di puntare sulla valorizzazione degli spazi all’aperto come luoghi d’incontro e di scambio, la saturazione porta alla loro minimizzazione, alterando anche lo schema pieno-vuoto con la drammatica frammentazione degli spazi verdi. Rispetto all’importanza che questi rappresentavano nella fase precedente, si giunge a viverli come spazi di risulta. Ad aggravare questa trasformazione, arriva anche l’incuria degli spazi più boscosi, specie attorno agli edifici O, C E1.
Prime demolizioni Villa Capouillet
Architettura autoreferenziale
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Così, recentemente – e silenziosamente – si è assistito alla prima demolizione. Nella spianata di Solbosch, Villa Capouillet era la sola presenza urbana tra le poche case di campagna esistenti nella seconda metà del XVIII secolo e appariva perciò come un’eccezione ai tempi in cui non c’erano che campi e boschetti. Era una costruzione in stile neoclassico, molto semplice e pulito, anche se alcuni dettagli degli interni si rifacevano allo stile Art Nouveaux. Il suo utilizzo, insieme al giardino alberato, era stato possibile fino a quando le spese di costruzione dei prefabbricati non erano risultato ben inferiori a quelle del suo mantenimento. Per anni aveva ospitato i laboratori di botanica, il che spiega la costruzione di alcune serre appena fuori dall’entrata. La scarsa manutenzione e il lento abbandono, hanno provocato alla villa problemi strutturali e di copertura, talmente gravi da risultare più conveniente l’abbattimento. È purtroppo significativo che il primo edificio a essere distrutto sia anche il primo che sorgeva sul sito: un evento che si sarebbe potuto evitare se alla struttura fosse stata attribuita la giusta attenzione. E si tratta solo di uno dei numerosi esempi della scarsa cura del patrimonio architettonico del campus, dovuta anche alla continua evoluzione degli spazi e dell’insieme, che ha generato un’attenzione troppo generica o troppo specifica sul singolo. Una delle critiche più fondate che possibile muovere all’Università è proprio di non essersi dotata di un ente responsabile dell’insieme, se non in epoca recentissima. Un’ultima osservazione, relativa alle tipologie stilistiche riscontrabili a Solbosch, riguarda la presenza di nuovi complessi autoreferenziali o meglio che non tengono conto delle realtà già esistenti. Anche nelle fasi precedenti si era più volte parlato delle difficoltà di integrazione tra il succedersi di stili e forme a volte in contrasto con il contesto, ma in alcuni casi ben dialoganti (vedi edifico J). Ora, più che mai, l’edifico è frutto di una visione strettamente mirata all’utilizzo, che tende a considerarlo come l’unico edifico. È il caso della biblioteca di Scienze Umane o della nuova scuola d’economia Solvay, che non rientrano in un’ottica di progetto master, non considerano l’intorno in cui sono collocati. Un criterio certamente deleterio per l’equilibrio spaziale complessivo del campus, anche se ciò non toglie che queste realizzazioni siano adeguate alle funzioni loro assegnate.
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18-19_Immagine assonometrica della seconda fase (18) e della terza (19) e la differenza di traffico urbano. L’importanza della pedonalizzazione dell’avenue Hèger è un elemento essenziale nello sviluppo del campus. la sostituzione del campo sportivo con il parcheggio e la demolizione della Villa Capouillet lo sono altrettando.
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6.2
LA BIBLIOTECA DI SCIENZE UMANE E LE SUE CONSEGUENZE SPAZIALI
Edificio NB, Arte & BUILD 1992-1993
Materialità e dettagli
Voluta come estensione dell’edificio A, la biblioteca viene concepita nel 19921993 dall’atelier di architettura Arte & BUILD e si presenta come un vasto blocco postmoderno che accoglie le diverse librerie di Scienze umane. Ha la forma di triangolo isoscele con un volume a forma di mezzo cilindro applicato lungo l’ipotenusa. La costruzione conta nove livelli – due dei quali sotterranei – per un totale di 13.500 mq. L’astrazione della biblioteca dall’intorno è dimostrato dalla scelta dell’entrata e dalla tipologia di facciata: completamente liscia, formata da vetri oscurati esternamente e lastre in marmo, rende l’impressione di un volume geometrico puro senza aperture né finestre. L’entrata è collocata sul vertice di un angolo cosicché, una volta entrati, si perde la percezione dell’esterno. Per accedere agli spazi interni, infatti, per prima cosa bisogna scendere una doppia scala curva in pietra e cemento, che distanzia e astrae chi la percorre dagli edifici circostanti. Nel seminterrato sono dislocati l’accoglienza, i servizi e la sala per lo studio di gruppo. I piani successivi presentano una diversa altezza perché organizzati in tre duplex con mezzanino. La forte presenza di cemento a vista è curata tanto nella materialità quanto nei dettagli grezzi, ma sobri, tanto che l’insieme gioca un ruolo importante: pareti e soffitti in cemento alveolato si mescolano con blocchi di vetrocemento. La facciata posteriore è caratterizzata da particolari finestre a nastro. Studiate appositamente per il progetto, sono dotate di una traversa arrotondata in metallo ha come scopo l’integrazione tra luce naturale e luce artificiale, ma di fatto rappresentano solo un’ulteriore barriera verso il contesto. Il lato dell’ipotenusa è completamente rivolto verso l’edificio A e i suoi giardini, ma la visuale viene impedita dal sistema di schermature in modo ché ci si limiti ad apprezzare lo spazio interno. La cura dei interni è di buona qualità il che rende piacevole lo spazio per lo studio. Il collegamento con i complessi NA e A è concepito in modo criptico e secondario, tanto che non è agevole rendersi conto di aver compiuto un percorso verso un nuovo edificio. Un effetto che denota un’accentuata insensibilità degli architetti che fa perdere un’opportunità di dialogo architettonico tra due edifici opposti per stile e tecniche di realizzazione, ma proprio per questo ancora più interessante1.
1_SAMYN AND PARTNERS. “Aménagement de l’avenue paul Héger. Unoversité Libre de Bruxelles- Campus de Solbosch.” Aplus (1993): 58-5 e ARON, Jacques. “ La nouvelle Bibliotèque des Sciences Humaines de l’Université Libre de Bruxelles.”Aplus (1993): 60-63.
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Piuttosto audace è anche la scelta della posizione – un incrocio anziché il clas- Mancato rapporto con sico centro di un lotto interno – che sconfina verso l’asse dell‘avenue Héger, il contesto sporgendosi quel tanto che basta per essere visibile anche da lontano, ben BATIMENT NB_ BIBLIOTHÈQUE DE SCIENCES HUMAINES oltre l’ingresso del campus. Una scelta che trasforma il blocco nel nuovo cuore – o meglio nel baricentro – del campus, talmente avanzato che tutto ciò che c’è dietro è toccato solo dalla sua ombra. CREATO CON LA VERSIONE DIDATTICA DI UN PRODOTTO AUTODESK
CREATO CON LA VERSIONE DIDATTICA DI UN PRODOTTO AUTODESK
Ciò nonostante, lo spazio che gli si apre davanti è quello della strada Héger, riorganizzata con la privatizzazione di panchine e nuovi alberi. La forma a corridoio che la ex strada inevitabilmente mantiene, potrebbe essere allargata e meglio organizzata per sistemare una sorta di piazza centrale – o forum – che possa rappresentare anche un nuovo luogo di incontro. Una potenzialità accresciuta nel 1994, quando a opera dello studio CERAU Architects Partners, viene restaurato il ristorante universitario con la sostituzione delle facciate e della copertura, un intervento che creerà un ambiente accogliente e maggiormente attrattivo. CREATO CON LA VERSIONE DIDATTICA DI UN PRODOTTO AUTODESK
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20_Disegno prospettico per la proposta di progetto. Si capisce bene il rapporto che la nuova biblioteca costituisce con i due edifici preesistenti, ponendosi all’angolo divenendo un muro tra i due e soprattutto impedendo la vista di uno o dell’altro dall’avenue Héger. ART AND BUILD architecture studio
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21-22_Alzati delle tavole di progetto per l’edificio NB. Anche da questa rappresentazione si può confermare la tendenza di astrazione del progetto che non tiene conto dell’intorno e fa riferimento solo a se stesso. “La nouvelle Bibliotèque des Sciences Humaines de l’Université Libre de Bruxelles” Aplus 1993. 23_ Piante del primo piano sotterraneo (piano d’ingresso) del quarto e piano tipo dei livelli successivi.
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RTEMENT DES I
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6.3
SITUAZIONE ATTUALE DELL’ULB
La situazione attuale di Solbosch è la risultanza della sovrapposizione delle fasi fin qui descritte. Le modifiche urbanistiche extra-campus che lo hanno interessato – e quelle più propriamente legate alle vicende interne – non ne hanno mai modificato il buon funzionamento. Nella dinamica spaziale attuale, si riscontrano diverse barriere che non permettono fluidità di movimento al suo interno. Oltre l’ingresso di avenue de Buyl, si mantiene l’impronta della strada in una classica forma a corridoio che induce una sensazione di disagio. L’asse della strada Héger, acquistata troppo di recente per aver avuto il tempo di trasformarsi, mostra un’impostazione tutt’ora urbana in quello che invece dovrebbe essere invece il cuore più organico e dinamico dell’area universitaria. Non tutti gli spazi hanno lo stesso valore, ma ognuno svolge un ruolo specifico. L’edifico F1 per i suoi ristoranti e l’edificio NB per la biblioteca, sono gli spazi più frequentati da una popolazione studentesca mista. Normalmente uno spazio aperto centrale viene posto davanti un luogo più utilizzato come cuore nevralgico di tutto l’insieme. Inoltre, questo luogo o edifcio maggiormente utilizzato acquisisce una funzione rappresentativa. A Solbosch la biblioteca di scienze Umane ha acquistato questo valore.
mensa universitaria o la biblioteca. Nel nostro caso si tratta della biblioteca di Scienze umane e del ristorante universitario dell’edificio F1. 2_L’alternanza di spazi aperti. spazi più piccoli sono
disseminati davanti a edifici oppure al loro interno. Partecipano all’insieme come spazi identitari e sono importanti proprio per una sensazione di “respiro”. Uno spazio pubblico aperto, ma collocato all’interno di un immobile e in continuità con quest’ultimo, in cui gli utilizzatori si ritrovano e incrociano il loro passaggio, come ad esempio lo Square G e altri spazi facilmente identificabili ma ormai ridotti a poca cosa. Tanto che questa è la critica più forte che si possa muovere al campus, vittima di una edificazione illogica. 3_Spazi completamente liberi. Sono spazi polifunzio-
nali, come un prato o una piazzetta di cui nei mesi estivi gli studenti si appropriano trasformandoli in luoghi d’incontro e socialità. Non a caso, ciò che resta del campo sportivo di Solbosch è oggi un prato che accoglie questo tipo di dinamica sociale, compresi grandi eventi come concerti e feste universitarie, mentre giardini e aiuole si riempiono di giovani e cittadini nella pausa pranzo e nei pomeriggi in cui il tempo lo consente2. 4_La residenza studentesca, luogo di integrazio-
1_Uno spazio centrale, normalmente situato davanti
ne e di apprendimento. Al momento, a Solbosch non esiste una vera cittadella studentesca, eccezione fatta per alcune stanze rimaste nell’edificio F1. Eppure l’agibilità di una struttura interna è un fattore di importanza capitale, poiché il basso costo e la posizione le rendono facilmente luogo di accoglienza per i nuovi arrivati, vissuto come uno spazio protetto, ricco di stimoli al confronto e di scambio culturale. Anche se, dopo un primo perio-
1_DUBET, François , Universités et ville, Paris: Edizione Harmattan Ville et Entreprises, 1994.
2_Nella storia dell’architettura è rappresentato dalla corte interna, tipica di refettori e monasteri del’500. Si potrebbe guardare a questa forma architettonica come archetipo da prendere ad esempio.
Elemeti essenziali di un campus_
Nella progettazione degli spazi esterni di un campus universitario, esiste una gerarchia che tiene conto dell’importanza della loro funzione sociale. Luoghi necessari per stimolare la socialità e il senso di appartenenza, essi sono1: al complesso più rappresentavo e più frequentato come un forum tra edifici con diversi auditori, la
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do di adattamento, parte degli studenti preferisce staccarsene e trasferirsi nel cuore della città. Quello dell’ospitalità studentesca rappresenta un tema delicato per l’ULB. I posti destinati agli studenti sono in parte un servizio pubblico dell’università, che seleziona gli studenti meno abbienti, giacché il livello dell’affitto da privati è notevolmente più gravoso. Attualmente, l’offerta di appartamenti pubblici, già insufficiente, è ulteriormente diminuita e per rinnovare una parte degli alloggi l’ULB ha deciso di ricorrere a società private, il che farà lievitare gli affitti. L’Università non sembra più in grado, di garantire con le sole proprie forze, la coerenza ai suoi storici principi democratici e dovrà perciò ricorrere allo sforzo congiunto di diversi attori come la Città o lo Stato, perché possa essere aumentata l’offerta pubblica.
tra Solbosch e La Plaine, tutt’ora in fase di incremento, fino a che arriverà a toccare i due campus. Curiosamente, l’interruzione ancora oggi esistente nel reticolo di ristoro e servizi, finisce per restituire un senso di vuoto che va a svantaggio dell’immagine stessa del campus. Tanto che alcune linee di pensiero auspicano una maggior iniziativa dell’Università nel proporsi come polo d’attrazione del quartiere anziché attendere l’esito dello sviluppo di quest’ultimo a vantaggio dell’Ateneo.
Dialogo con il quartiere del cimitero d’Ixelles_
Sembra, cioè, non più eludibile l’inserimento di nuove strutture sul sito. Nello spazio del parcheggio, per esempio, oppure riportando alla funzione originaria le case sorte lungo avenue Buyl e trasferendo gli uffici in altre sistemazioni, magari in immobili del quartiere. L’area abitata su cui si affaccia l’area studentesca, prende il nome di “cimitero d’Ixelles”, per via di un antico luogo di sepoltura di notevoli dimensioni. Contraddicendo la sua evocativa denominazione, il “cimitero d’Ixelles” è un quartiere con un suo dinamismo assorbito proprio dalla vicinanza dell’università, divisa nei due campus. Agglomerato di tipo residenziale, è tuttavia largamente occupato da studenti che cercano alloggi in prossimità del luogo di studio. L’avenue de l’Università si divide in due parti: la prima, che da Solbosch raggiunge la rotonda del cimitero, è in gran parte residenziale; la seconda è in realtà un nodo commerciale che vive grazie alla clientela di abitanti, studenti, personale dell’ULB e degli uffici che gravitano su La Plaine. Nell’area della rotonda del cimitero, già urbanizzata dai primi anni 20, oltre che in alcune strade adiacenti si trovano bar, caffè, ristoranti e locali aperti fino a tarda notte, diventati sempre più numerosi a partire degli anni 80. È la zona mediana 97
SCHEMA RIASSUNTIVO 1834 Palazzo di Carlo della Lorena 1842 Palazzo Granvelle in rue des Sols
1893 Parc Leopold 1904 istitut de sociologie Solvay
B
Villa Capouillet (edificio B) preesistenza del XIX°secolo. 1910 Expo universale ‘10
I° GM
U
1918-1924 Edificio U, primo edificio a Solbosh di Eugène Françoise 1923 Concorso per edificio A, grazie ai fondi americani
A
1924-1928 Inaugurazione dell’edificio U + costruzione edificio di A.Dumont
J
1927 Edificio J sul fronte della di avenue des Nationst di A.Dumont
F1
1930 Edificio F1 Cité Héger
E2
1935 Edificio E2 d’educazione Fisica di Eugéne Dhuicque + campi sportivi
C
1938 Edificio C di M.Van Goethem
II° GM
J AZ
1958 ExpoUniversale ‘58 +Auditorio Paul-Émile Janson di M.Van Goethem
E1
1962_E1 di Robert Puttemans
F2
1965 Case dello studente in rue des Courses
M-T-P S
1961-64 D Istituto di Fisica di P. Guillissen + O Centro di Calcolo CERAU 1964-68_ S Istituto di Sociologia di R.Puttemans + modifiche all’edificio F1
D
1967_ M-T3, P1,P2,P3 et P4
H
1971_ Edificio H di M. Lambrichs + Incendio edificio U+ R di R.Puttemans e P. Guillissen
NA-NB P
C-K
98
1960 Annesso AZ
1992_ Biblioteca di Scienze Umane e NB dello studio ART & BUILD 1994_ Parking Samyn & partners
2007_Renovazione C + R42-K
U
2012_ Piani 5-6 dell’edificio U per lo studio A2M
B
2014_Abbatimento della Villa Capouillet
PHOTO
CONCEPT
CAMPUS ACCADEMICO 1918-1938
BÂTIMENTS
CAMPUS MODERNISTA 1953-1971
CAMPUS POSTMODERNO 1990-2014
BÂTIMENTS NON ULB BÂTIMENTS ULB
ESPACES VERTS
JARDIN ET PELOUSE HERBE TERRAIN SPORT ARBRES
ORIENTATION + ACCÈS + ROUTES
FONCTIONS
ENTREES
ADMINISTRATION ENSEIGNEMENT VIE ÉTUDIANTE
MATÉRIAUX
+ STRUCTURE
STRUCTURE MÉTALLIQUE PREFABRIQUES BÉTON ARMÉ TIRANTS MÉTALLIQUES MACONNERIE EN BRIQUES STRUCTURE MIXTE
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PARTE TERZA •
PROGETTA RE.UN CAMPUS
UNIVERSITARIO
“Le problème, c’est que les campus ne vont pas jusqu’au bout de leur logique. Quelle que soit l’orientation prise, il faut s’y tenir. Si une université vise l’intégration urbaine et le rapprochement avec la communauté locale, il ne faut pas qu’elle se contente de simuler un quartier avec quelques commerces et quelques passerelles vers es autre quartiers” Bernard Tschumi
100
7_UNIVER-CITTA’_ DIALOGO DEI CAMPUS CON LA CITTÀ
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7_UNIVER-CITTA’_ DIALOGO DEI CAMPUS CON LA CITTA’ 7.1 TIPOLOGIE DI CAMPUS UNIVERSITARI Nel vocabolario, un campus è identificato come un’area in cui sono situati tutti o parte degli edifici di un’università, spesso sinonimo di cittadella universitaria. Un accostamento linguistico non casuale, dovuto a elementi comuni quali ambiti di ritrovo, percorsi, immobili, spazi pieni e spazi vuoti. All’interno della cittadella agiscono diversi soggetti, le facoltà, gli istituti, il consiglio, oltre ai diversi dipartimenti che regolano l’attività giuridica e la politica del campus. Resta inoltre fondamentale che il campus si rapporti con la città e a questo scopo si sono sviluppate nel tempo diverse tipologie di insediamenti universitari. Campus unificato_ La volontà di unificare tutte le funzioni universitarie su un sito presenta numerosi vantaggi, concentrati in un unico spazio urbano, ma anche gli inconvenienti tipici di quartieri monofunzionali. Per esempio, l’impatto negativo connesso ai periodi di vacanze scolastiche, ai weekend o semplicemente all’orario serale. Inoltre, se il campus è inserito nella città, lo spazio occupato sarà relativamente estendibile in una nella prospettiva di crescita; si può arrivare a una dentificazione eccessiva in uno spazio limitato. Ed è proprio il caso dell’ULB fino a gli anni 60, quando disponeva dello spazio limitato dal contatto diretto con un quartiere cittadino, portato a una densità costruttiva massima. Campus polarizzato_ Per rispondere alla limitazione degli spazi, una soluzione è quella di moltiplicare i campus. La polarizzazione implica una specificazione di ogni campus per insiemi di discipline tra loro inerenti. Questo tipologia permette di aumentare il numero di studenti e anche di affermare l’immagine dell’istituzione in diversi luoghi nella città. Ogni campus ha una sua identità, tende a rinforzarla e si creano facilmente scambi 102
interfacoltà. Lo svantaggio insito nel Campus polarizzato è che si affievolisce il vero significato di “università” cioè comunità, unità delle discipline e diminuiscono le relazioni tra gli studenti di diverse facoltà. Ed è questo l’approccio attuale dell’ULB, adottato nel momento in cui sono apparsi evidenti i limiti di Solbosch. La suddivisione tematica per campus è oggi il seguente: Solbosch è dedicato alle Scienze umane, La Plaine alle Scienze esatte, Erasme alle Scienze mediche. Un fattore rilevante di questo assetto è la distanza tra i poli. Se il fenomeno è accettabile per la scala di un quartiere come Ixelles, che ospita i due primi campus, l’isolamento è invece inevitabile per Erasme. Si tratta, dunque, di una soluzione mista che prevede un campus principale affiancato da campus secondari o edifici disseminati per la città. Campus sparso_ In questa tipologia, molti degli edifici sono inseriti in un quartiere, come nei primi modelli di università francesi (vedi annesso) e in questo modo l’Università si fonde perfettamente con la città. Gli studenti sono a contatto con una mescolanza culturale e sociale tipica delle zone residenziali. Questa forma funziona spesso con l’assioma “un edificio-una facoltà”, sia per fattori pratici sia per ragioni d’identità. Serve quindi un blocco specifico centrale che comprenda infrastrutture comuni come auditorium, sale da sport, mense e ristoranti, per favorire la socialità tra studenti inseriti in diverse facoltà. La diffusione dei luoghi di studio implica lo spostamento delle persone e, nel caso le distanze lo richiedano, occorre un sistema di trasporto che non sempre è all’altezza e che non dipende dall’università. La città gioca così un ruolo importante ed è responsabile di questo particolare parametro, dal f unzionamento non sempre soddisfacente.
Storicamente, questa risulta la prima forma d’inserimento dell’ULB nella città di Bruxelles (Palazzo Grandeville e parco Leopoldo), anche se verrà presto abbandonata per costituire un campus unificato con il trasferimento a Solbosch1. Per i campus circondati dalla città come quello di Solbosch, si pone un’ulteriore problematica relazionale con l’intorno: la questione dei limiti intra e extra-campus. Una volta chiariti i vantaggi derivanti da un buon livello di dialogo tra università e città, occorre chiedersi quali articolazioni sia possibile instaurare tra questi due mondi. Esistono diverse modalità per definire le frontiere necessarie. Tra queste: Campus chiuso_ Frontiere chiuse delimitano lo spazio del campus e le sue specifiche funzioni. Si ottiene così un rinforzamento dell’identità dell’istituzione e una sensazione di spazio protetto studentesco, tipo “nido”. Ma si tratta di una soluzione contradditoria, poiché può apparire assurda o incomprensibile la volontà di volersi estraniare dalla città nella quale si è obiettivamente inseriti. Un esempio di questa tipologia è il campus principale dell’università La Sapienza di Roma, costruita nel 1933, in pieno periodo fascista, perfetto testimone di una precisa volontà di chiusura. Per il quartiere confinante si ripropongono gli svantaggi del flusso giornaliero o settimanale degli studenti e degli addetti, mentre nei giorni in cui non si tengono le normali attività didattiche o il campus è chiuso, si produce il grande vuoto in un quartiere potenzialmente attivo2.
lo spazio pubblico urbano. A fronte di una evoluzione degli spazi e della creazione di spazi sociali comuni con il quartiere, sta l’inconveniente della predominanza di tutto ciò che è città, come traffico, numero di automobili, inquinamento, rumore ecc. ed è inoltre più difficile mantenere marcata l’identità propria di un’università. Campus con frontiere miste_ È una soluzione interessante, perché in grado di delimitare il campus con un’apertura diretta verso il contesto urbano, inserendo funzioni fruibili e utili a entrambi, come abitazioni, uffici, strutture sportive, e culturali… Si ottiene inoltre un coinvolgimento diretto dei cittadini con l’università e la città è indotta a investire molto di più. Scopo ultimo, è l’utilizzo di buoni servizi da entrambi le parti. L’università di Toulouse ne rappresenta un valido esempio, con la sua “operation campus” che prevede la fruizione dei suoi spazi verdi come un parco pubblico cittadino.3
Campus aperto_ Assenza di limiti con la città e quindi continuità con
1_ACCORSI, Florence, Universités dans la ville, Paris, Bruxelles, Milano, SEMAPA : Ante prima, AAM éd. : Silvana Editoriale, 2009. 2_DUBET, François, Universités et ville, Paris : Edizione Harmattan Ville et Entreprises, 1994.
3_http://www.univ-toulouse.fr/
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1_CAMPUS ANGLOSASSONE
2_CAMPUS FRANCESE INTEGRATO
Epoca_ Dal XIII secolo. Luogo_ In Inghilterra e in particolare attorno alla formazione delle università di Cambridge e Oxford. Rapporto con la Città_ Si hanno university towns, l’innesto in piccole città che abbandonano le loro attività commerciali e approfittano della specializzazione universitaria.
Epoca_ dal XIII secolo alla prima metà del XX secolo. Luogo_ principalmente in Francia e segnatamente a Parigi che diventa città universitaria nel 1215 (La Sorbonne). Rapporto con la Città_ Forte inserimento urbano, ma senza una vera programmazione urbanistica come in Inghilterra. I terreni sono acquistati dalle istituzioni, a seconda delle disponibilità finanziarie. Il primo edificio diviene perno di altri più piccoli e non troppo lontani. Si tratta quindi di edifici puntuali e più raramente di lotti interi.
Tipologia_ La forma tipica degli edifici universitari che compongono gli aggregati universitari è chiamata college. Si tratta di costruzioni quadrangolari con corte centrale generalmente inseriti nel verde, che occupano spazi non solo per le attività pedagogiche, ma anche altre funzioni necessarie per la vita degli utenti. Caratteristiche_ Perché sia efficiente, è necessario un numero limitato di studenti. L’alto costo d’iscrizione costituisce un primo filtro e va a formare un ricco capitale finanziario, molto importante per acquisire l’autonomia di gestione. L’architettura degli edifici ne rispecchia le aspettative e l’immagine che l’University town vuole rendere. Positivo/negativo_ Un’ambiguità nella composizione di questi campus risiede nel fatto che sono creati per la collettività, mantengono un rapporto stretto con la città, ma allo tesso tempo vengono vissuti come luoghi esclusivi, i cui margini sono ben rappresentati dai loro alti muri. Questo modello ha un’incidenza forte sui campus americani ma anche, per esempio, in quelli sorti in Germania.
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Tipologia_ In generale ogni facoltà possiede un proprio edificio. Con aggiunta di college, cioè edifici con funzione abitativa per gli studenti, serve anche per completare un insegnamento di tipo pedagogico. Le costruzioni monumentali dell’università di Parigi fanno la loro apparizione sotto il regime laico della III Repubblica e la sua architettura monumentale rappresenta il nuovo potere. Caratteristiche_ Questo modello porta alla nascita dei quartieri universitari a funzione mista molto attiva, come il quartiere Latino a Parigi. Positivo/negativo_ il quartiere si configura come luogo di grande mescolanza e diversità, con effetti positivi per chi vi abita. Università orientate all’integrazione urbana, sorgono fino a metà del XX secolo. Successivamente questo sistema verrà progressivamente frenato dalla divisione per facoltà, che aumenta la competizione all’interno stesso dell’università. In più, l’immagine dei campus americani diviene un modello da seguire in termini di organizzazione e gestione.
3_CAMPUS AMERICANI Epoca_ a partire de XVII secolo (Harvard 1636) Luogo_ Nell’America del nord sorgono campus ancora oggi emblematici come quello di Harvard, Princeton o l’università della Virginia. Rapporto con la Città_ Assorbimento dai primi coloni del modello inglese di university town. L’iniziale puritanesimo conduce all’idea di fondare le università lontane dal centro o anche in piena campagna, dove lo spazio ne permetteva facilmente la disposizione desiderata. Questo concetto si conferma definitivamente nel XIX secolo con il campus neoclassico, iniziato nel 1817 da Thomas Jefferson con l’università della Virginia. L’idea è di decongestionare il mondo urbano, ridefinendo il suo rapporto con la natura. Per fare ciò predomina una pianta a scacchiera, dove gli edifici sono costruiti solo una volta su due. Il termine campus prende allora il significato di villaggio accademico (con tutte le funzioni integrate). Parallelamente a questo modello si sviluppa il campus nella città, influenzato dal modello tedesco dell’università di Berlino, a cui guarda New York. In questo caso, gli edifici sono raggruppati in 6 campus inseriti nel tessuto urbano. Tipologia_ all’inizio conserva la tipologia del collegio, compreso un complesso chiamato Hall, con funzioni di alloggio studentesco, sale e aule. Tutto attorno, un grande spazio verde chiamato Yard poi campus dall’università di Princeton nel 1770. Caratteristiche_ al suo interno viene favorita un’autentica vita collettiva, resa possibile da diverse infrastrutture quali un centro sportivo, attività commerciali, luoghi di divertimento e di cultura, quest’ultima rafforzata da un alto tasso di residenze studentesche sulle proprietà dell’università. Il campus è vivo anche fuori dalle ore di lezione, nel weekend e durante le vacanze.
4_CAMPUS COME MEGA-STRUTTURA ....UNIVERSITARIA
Epoca_ tra le due guerre fino alla fine degli anni 80. Luogo_ Europa e America, ma in condizioni diverse (in America l’installazione periferica era già tradizionale) Rapporto con la Città_ L’università deve fare fronte a un aumento progressivo del numero di studenti e deve adattare i suoi edifici a terreni molto estesi. Si formano perciò numerosi campus periurbani autonomi. I progetti avviati hanno lo scopo di creare un’autentica vita sociale, inserendo una grande quantità di funzioni, come a formare dei Micromondi urbani. Tipologia_ Il campus segue un piano regolatore generale, che controlla tutte (o quasi) le relazioni con gli edifici. Si formano megastrutture organiche come l’università danese di Odense o quella tedesca di Bielefeld o il Freie-Universitat di Berlino. In America, nel 1940, Mies Van der Rohe progetta un masterplan per l’illinois Isitute of Technology. Caratteristiche_ lo stile è quello razionale e funzionale aderente a un’architettura internazionale. Allo stesso tempo, i progettisti pensano i campus come un ideale territorio di sperimentazione architettonica e urbanistica. (Vedi Louvain-la-Neuve) Positivo/negativo_ si nota una ricerca avanzata per quanto riguarda le relazioni e la gestione del territorio. Ma se le idee sperimentali sono valide in teoria, in pratica si assiste a una serie di fallimenti, dovuti il più delle volte alla mancanza di fondi, ma anche alla rigidità degli schemi dei direttori dei lavori.
Positivo/negativo_ inizialmente mancava una buona relazione fisica con la città, problema oggi risolto grazie a efficienti mezzi di trasporto. La distanza geografica dal centro urbano resta comunque presente e rinvia un senso di periferia. 105
7.2
UN CASO PARTICOLARE: LOUVAIN LA NEUVE
Separazione linguistica
Louvain-la-Neuve, la città di più recente fondazione in Belgio, si vede inscritta nel dibattito linguistico iniziato nel Paese a partire dagli anni 60. Mentre nella Capitale si afferma la distinzione linguistica universitaria che porta alla VUB, lo stesso accade nell’università di Louvain (KUL), città di lingua fiamminga, situata a 30 chilometri a est di Bruxelles. La precisa volontà della comunità fiamminga di spingere gli studenti francofoni a lasciare l’università, porta alla decisione di creare un nuovo insediamento che ospiti un Ateneo francofono (UCL). La complessa problematica è, allo stesso tempo, stimolo per la formazione di una nuova città. L’università vuol evitare i fallimenti cui sono andati incontro i francesi nel tentativo di integrazione periferica urbana e combina quindi i vantaggi di una situazione tipicamente cittadina con quelli di una situazione più centralizzata, arrivando così a creare una “Univers-città”, ovvero una nuova città con Università integrata. È così possibile riscontare una reale volontà di simbiosi tra l’istituzione e le rappresentanze locali, che operano per concordare ogni decisione relativa alla progettazione dell’insieme.
concept_ “Univers-città”
La volontà di definizione sociale e culturale si ritrova nel concept progettuale: gli studenti non devono rappresentare la maggioranza della popolazione, in quanto si rischia l’isolamento sociale, ed è per questo che viene volutamente calcolata come una minoranza: due abitanti su tre dovranno provenire dall’esterno. Ciò non toglie, che di fatto, l’intera cittadina si costituita a partire dei bisogni dell’università. L’università e la nuova città sono integrate in modo da amalgamare le aree di vita sociale. È anche prevista una compenetrazione di diverse funzioni, per assicurare gli effetti indotti dell’attività sociale1. Una collaborazione interessante riguarda anche le infrastrutture di tipo culturale e gli auditorium che seguono la tipologia del campus a frontiere miste con una utilizzazione continuativa degli spazi che stimola la vita sociale. Gli studenti di Louvain-la-Neuve, non vanno in università, ci vivono. Ciò favorisce la partecipazione attiva della città e i suoi investimenti mirati, come per esempio in alloggi “misti” ovvero abitati indifferentemente da studenti e abitanti del luogo.
Sperimentazioni urbanistiche
L’esperienza di Louvain-la-Neuve è anche un modo per sperimentare soluzioni urbanistiche innovative come la differenziazione tra corsie pedonali e corsie per automobili attraverso un diverso tipo di pavimentazione, o l’accorto dislivello delle pendenze, fino alla presenza di scale, ridotta al minimo in una
1_MERTENS, André. Louvain la Neuve, une aventure urbanistique. Paris : Edition l’Harmattan, 2002.
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spinta costante verso la dimensione umana. Il tutto uniformato in uno stile architettonico tipico degli anni 60, con grande uso di cemento armato, una scelta facilitata dal fatto che la maggior parte della città viene costruita contemporaneamente. Ma il rischio di una sorta di dipendenza della città dall’università e il possibile depauperamento dell’area residenziale restava presente, tanto che si arrivò a decidere la creazione di un parco scientifico che accogliesse nuove aziende, portando ogni giorno dall’esterno migliaia di addetti. Cresce, a quel punto, l’offerta di servizi di tipo commerciale, culturale e sportivo per soddisfare la domanda di una popolazione mista, né solo studentesca, né solo residente.
attrative sociali
A tutt’oggi la città si sta sviluppando e aumenta l’importanza nella regione anche grazie all’aggiunta di funzioni supplementari quali la creazione di un museo che arricchisca la vita di studenti e residenti.
la cittaà con gli edifcici dell’università e lo studio dei percorsi stradali. attrative sociali http:// books.openedition.org/ pucl/docannexe/image/963/ img-2.jpg
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7.3
POSSIBILI SCENARI DI PROGETTO La saturazione edilizia del campus è ormai evidente e nessuna costruzione dovrebbe più essere prevista. Le modifiche invece all’interno da attuare riguardano principalmente: la visibilità dell’ingresso, la distribuzione interna, i parcheggi, la riacquisizione di spazi di libero verde, la creazione di un luogo di ritrovo più grande e più variato dell’attuale. Ma la IV (futura) fase che si può immaginare per Solbosch è legata alla sua espansione al di fuori degli attuali confini.
Una IV fase?
Un quartiere universitario esempi
ULB
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BOIS DE LA CAMBRE
Un coinvolgimento del quartiere circostante è rivelatore di un possibile sviluppo spaziale, legato a un’interessante integrazione campus- città, dalla quale entrambe le parti trarrebbero i rispettivi benefici. Quale relazione ha, questo campus, con la città? La situazione attuale non è chiara, in un succedersi di fasi di continuità e di rotture, con il permanere di una ambiguità che lascia senza vita spazi di grande, intrinseca potenzialità. La monofunzionalità del campus rende evidente – specie la sera – la desolante quantità di aree senza destinazione né utilizzo, fino a rendere angosciante e insicuro l’attraversamento pedonale di Solbosch, che risulterebbe invece sicuro e indirettamente sorvegliato grazie ad attività e iniziative di animazione, se solo venissero organizzate da una adeguata politica di gestione degli spazi pubblici. Per esempio, valorizzando la condivisione di infrastrutture con gli abitanti e rendendo altrettanto accessibili le infrastrutture locali agli studenti: - Attraverso l’utilizzo delle attrezzature sportive per animare l’interno del campus. 1- Organizzando eventi culturali (es. nella sala per esposizione Allende, aggiunta nel 1994 all’edifico F1, ma senza visibilità né segnaletica adeguata e dunque poco sfruttata nonostante la sua posizione centrale). Lo stesso si potrebbe dire per i musei dell’università. La centralizzazione di queste funzioni avrebbe un impatto maggiore grazie a un unico spazio più ampio, che servisse come punto di riferimento anche per il quartiere.2
Coinvolgimento del Bois e La Plaine
Si potrebbe cioè immaginare uno scenario in cui il campus viva una relazione autentica con il quartiere e la città, andando a toccare due entità spaziali prossime: Il campus de La Plaine e il Bois de la Cambre. Una complicità maggiore tra i campus Solbosch-La Plaine, una sinergia che preveda anche il coinvolgimento del quartiere di Ixelles, perché diventi un quartiere universitario integrato nel contesto cittadino. Ma l’analisi storico-urbanistica fin qui affrontata può consentire di spingersi ancora oltre, fino a coinvolgere nelle attività dell’università (e del quartiere, in un’ottica di reciproca condivisione) gli ampi spazi del Bois de la Cambre, intorno al quale è nato un quartiere
1_Fu quello che fu proposto dalla città ci Bruxelles durante la discussione di rinnovazione dei locali, ma città e università non trovarono un accordo 2_Un esperiente del genere funziona bene per il campus de La Plaine, il “KULTUURKAFFEE” per la VUB che attrae una popolazione mista grazie a concerti e spettacoli aperto fino a tardi.
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cittadino, e che fa tutt’ora da sfondo al paesaggio del campus. Il Bois rappresenta già un punto di ritrovo importante per la città e viene largamente usato per attività sportive all’aperto. L’allestimento di servizi sportivi indoor, anche a uso dei cittadini, potrebbe incrementarne l’utilizzo anche nella stagione invernale e nel corso della settimana, quando normalmente l’affluenza al parco è minore3. Rimane un grande potenziale dove si potrebbero spostare le attività sportive che occupano maggior spazio a Solbosch, e ridare un nuova funzionalità ad edifici come l’E2 (ormai comunque denaturalizzato dal progeto originario) e inserirci un attività attrattiva anche dall’esterno con autori e sale conferenze o, perché no, un teatro o un cinema organizzato dalle organizzazione studentesche. Per migliorare la qualità degli spazi interni al campus, sarebbe opportuno puntare alla loro ripulitura, ripristinando l’equilibri tra pieni e vuoti. La demolizione degli edifici prefabbricati (P1, P2, P3, P4, M), con il conseguente trasferimento delle funzioni nel campus de La Plaine o in locali nelle immediate vicinanze del quartiere, libererebbe l’entrata e modificherebbe la forma “a corridoio” della strada, oltre a riaprire una prospettiva verso l’edificio D e U. Resta sempre di grande attualità la problematica del parcheggio. Sarebbe ingenuo proporne la completa eliminazione per riportare lo spazio alla sua originale natura. È ben vero che in passato sono stati proposti piani di allargamento del parcheggio sotterraneo dell’edificio S, ma un lavoro di questo genere richiederebbe una spesa enorme e non risolverebbe il problema. Perciò a questa proposta (ammettendone la realizzabilità) andrebbe combinato un sistema infrastrutturale più efficiente che favorisca la mobilità lenta e i mezzi in condivisione. Così come, per servire Solbosch e La Plaine, potrebbe essere valorizzata la stazione ferroviaria di Etterbeek, che invece al momento si presenta come secondaria, mentre ha il vantaggio di collegare la parte sud di Bruxelles e anche il centro (la stessa linea continua per la Gare Central- Gare du Nord). Un’ulteriore proposta per incrementare il numero di alloggi studenteschi nei campus, aumentandone così il senso di apparenza nel solco di una politica di maggior accessibilità all’università, verrebbe a coinvolgere le case preesistenti di avenue Buyl. Destinare all’ospitalità degli studenti questa tipologia abitativa storica di Bruxelles, presenterebbe il vantaggio di riportare nuova vita nel campus, mentre gli edifici oggi adibiti a uffici e in parte inutilizzati potrebbero essere rinnovati. Calcolando un affollamento medio di 10 studenti per immobile (più spazi gli comuni) si arriverebbe a un totale complessivo di almeno 100 posti letto.
Problematica parcheggio
Alloggio studentesco
Un maggior coinvolgimento è infine richiesto anche alla città, che dovrebbe mettere a disposizione servizi, locali e aree verdi sulla base di una completa politica del territorio, purtroppo non sempre possibile Lo scenario descritto è da prendere come prototipo, un po’ utopico, di come si può augurare il futuro del campus.
3_Le dimensioni permetto sempre una quantità e liberta degli spazi verdi.
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CONCLUSIONI
Alla fine di questa analisi si può concludere che il campus di Solbosch nasconde un potenziale architettonico che per diversi motivi non è stato sfruttato. Le problematiche nel suo insieme sono dovute principalmente dalla costante mancanza di una vista generale dell’insieme. I concept del campus è quello della sovrapposizione di campus esistenti, ognuno dei quali si inserisce in un dato contesto e caratterizzato da elementi diversi. La non premeditata collocazione degli edifici ha fatto modo che è andato perso la qualità dell’insieme. Questo è dovuto da una risposta dei bisogni dato solo sul momento ha fatto in modo che è andata persa la visione d’insieme che risulta in definitiva comunque insoddisfatta. I fondi per la costruzione degli edifici si sono per la maggior parte dovuta da parte società estere, associazioni o donatori privati come ex allievi il che ha condizionato lo stile, le dimensioni e altre rilievo. La crescita esponenziale della popolazione studentesca ha fatto dell’ULB la prima università in Belgio, ma allo stesso tempo ha significato responsabilità a cui l’istituzione non ha sempre potuto rispondere a pieno. La mancanza di spazi in un campus limitato da confini cittadini ha portato ad una lenta e inevitabile saturazione. Nonostante questo è Il patrimonio architettonico del campus è molto ricco, come lo dimostra il riconoscimento da parte della città ad edifici come l’A, J o l’E2. In altri casi invece non è riconosciuto, quando invece se si osserva il campus come complesso, si riconoscono di edifici come l’U o l’F1 hanno segnato la storia del campus e sono esempi altrettanto meritevoli sia architettonicamente che per il loro ruolo. Il punto di partenza per Il miglioramento dei suoi spazi è quello quindi di prendere coscienza del ruolo che ogni edificio ha rappresentato nel corso del tempo, e con questo bagaglio partire a pianificare un piano d’insieme. Solo una visione generale, con un adeguato equilibrio tra pieni e vuoti posso riportare la qualità che si è andata persa nell’addizione di fasi. Il dialogo con il contesto urbano , di cui è stato promotore e motore di sviluppo, è necessario per garantire una successiva promettente fase di sviluppo del campus.
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8_ANNESSI
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A_ARTICOLI DI RIVISTE D’EPOCA
1_FLOUQUET, P.L, “Une perle fausse. L’avenue des Nations”, Batir 67 (1938): 251-252 2_“DUMONT , A. “Les nouveaux batiments universitaires du Solbosch”, L’Emulation, Société centrale d’architecture de Belgique 10 (ottobre 1929): 81-88. 3_DHUICQUE, Eugène. “L’Institut d’Éducation physique de l’Université libre de Bruxelles”, Le Document 2 (1938): 19-25. 4_SAMYN AND PARTNERS. “Aménagement de l’avenue paul Héger. Unoversité Libre de Bruxelles- Campus de Solbosch.” Aplus (1993): 58-5 5_ARON, Jacques. “ La nouvelle Bibliotèque des Sciences Humaines de l’Université Libre de Bruxelles.”Aplus (1993): 60-63.
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B_SCHEDE TECNICHE
L EGENDA DEGLI EDIFICI
• A_ Facoltà di Diritto e Filosofia e Lettere, biblioteca, archivi storici e amministrazione. D_ Facoltà di Scienze Psicologia e dell’Educazione. E2_Istituto superiore di Educazione Fisica e Chiropratica . F1_ Cité Paule Héger, ristoranti universitari, Salle Allende e alloggi studenti. J_ Auditorio Paul-Émile Janson NB_ Biblioteca di Scienze Umane S_ Istituto di Sociologia.
......Riconosciuto come patrimonio architettonico della città. ....Edifici di interesse architettonico ......non riconosciuti come patrimonio dalla città.
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EDIFICIO A_ Facoltà di Diritto, Lettere e Filosofia ARCHITETTO_ Alexis Dumont ANNO_ 1924-1928 FASE_Campus accademico ALTEZZA_ piano terra+ 3. Torre di 50 m. RICONOSCIUTO PATRIMONIO ARCHITETTONICO_ si STRUTTURA_ muratura portante e pilastri in mattone. Pilatri di luce di 6x8 metri con semi-pilatri in facciata. STILE_ neo-barocco / neo-rinascimento fiammingo. L’edificio volutamente caratterizzato da un aspetto storico, estremamente alla moda negli anni 1920 per la sua modernità di piani, facilità e razionalità delle circolazioni, penetrazione della luce, nonché nella cura dei dettagli. DESCRIZIONE_Il Volume centrale (AX) si articola attorno a due corti interne. Il hall di pompa si presenta come una vasta sala rettangolare, largamente illuminata. Uno dei suoi lunghi lati è occupato da una galleria su due livelli, a colonne e pilastri con un parapetto geometrico. Il soffitto a cassettoni ha un modulo quadrato si ripete nella pavimentazione in mosaico. Si trovano traforature e decorazioni intarsi in legno di quercia. Nella sala principale si hanno da un lato un iscrizione in greco e dall’altra un memoriale alle vittime della prima ed seconda guerra mondiale. A sinistra del hall, la sala del consiglio è all’imitazione di quella del palazzo Granvelle, dove l’università si trovava prima del trasferimento a Solbosch. I due volumi esterni ( AW e AY) identici articolati ciascuno intorno ad una corte centrale, ospitano a loro volta rispettivamente la facoltà di Diritto e quella di Filosofia e Lettere. Sono più bassi rispetto l’edificio centrale, la loro facciata principale conto un solo livello e nove arcate. Le facciate sono in mattoni e pietra bianca. La corte centrale ispirata di un chiostro era originariamente ornata da una fontana. PARTICOLARITA’_ Torre-campanile l’architetto concepisce la torre come un “ Memoriale Tower, destinato a commemorare la generosità della società americana CRB Educational Foundation che offre i fondi. La torre raggiunge i 50 metri di altezza ed é in mattoni e pietra bianca, di cinque piani di grande monumentalità, con pilastri e traforati rettangolari. L’ultimo livello ci sono un attico e un orologio., e per finire una grande lanterna a padiglione mentre al pianterreno é in bugnato. Davanti all’entrata dell’edificio AX si trova la statua in bronzo di Pierre-Théodore Verhaegen, fondatore dell’università dello scultore Guillaume GEEFS fatta nel 1865 e spostata i loco nel 1928 dalla sua posizione iniziale nell’edificio di rue de Sols.
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A
EDIFICIO U_ Facoltà di Scienze applicate ARCHITETTO_ Eugène François ANNO_ 1918-1924 FASE_ Campus accademico SUPERFICIE_ 8000 M2 ALTEZZA_piano terra+ 6 piani. RICONOSCIUTO PATRIMONIO ARCHITETTONICO_no STRUTTURA_ Cemento armato, rivestimento in mattoni rossi. STILE_ Funzionalista, razionalista.
SQUARE G
A.DUPAGE
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A.HÉGER
DESCRIZIONE_ Per il suo stile razionalista e severo, viene fin da subito paragonato a un edificio industriale e soprannominato la “fabbrica” dagli studenti. Composto da un parallelepipedo lungo e stretto e due doppie braccia perpendicolari, l’insieme risulta compatto, solido e squadrato. Su tutte le facciate prevale una forte orizzontalità. La maglia orizzontale-verticale della struttura permette l’apertura di molte finestre e una buona illuminazione interna, oltre a creare una illusione prospettica che rende l’esterno dell’architettura ancora più longilineo. L’entrate principali sono verso il giardino, il che porta a percorrere lo Square G per entrare nell’edificio, aggiungendo a quello spazio la funzione di filtro verde. All’interno dell’edificio U, una gerarchia di corridoi distribuiscono lateralmente gli spazi. A seconda della funzione si riscontrano locali di diversa dimensione. Essendo relativamente stretto, i pilastri si posizionano esternamente in facciata permettendo totale libertà delle divisioni interne. La distribuzione verticale è garantita da quattro vani scale e, successivamente, da ascensori. Al piano terra si trovano cinque auditori, nel tempo modificati e rinnovati. Solo l’auditorio Henriot, insieme al Museo di Zoologia (piano interrato) sono rimasti al loro stato originale.
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SQUARE SERVAIS 2 10
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U
EDIFICIO E2_Istituto di Educazione Fisica ARCHITETTO_ Eugène Dhuicque ANNO_ 1933-1935 FASE_ Campus accademico SUPERFICIE_ 400 M2 superficie ALTEZZA_ piano terra+2 piani. RICONOSCIUTO PATRIMONIO ARCHITETTONICO_ si STRUTTURA_ Cemento armato e muratura portante. STILE_ Art Déco DESCRIZIONE_ Si presenta come una composizione di semplici e compatti, ma eleganti in uno stile Arte déco molto pulito e plastico. Localizzato su una collinetta, l’edificio è teatralizzato da una scalinata che conduce all’entrata principale. Da questa posizione era possibile dominare la spianata con i campi d’atletica, il campo di calcio e quelli da tennis, la cui pianificazione risalente al 1937, era del medesimo architetto. Le facciate dell’edificio sono semplici, in mattoni rossi posati su un basamento, anch’esso in mattoni ma di colore più scuro. È dotato di una copertura a mansarda che lo stesso architetto aggiunse, nel 1950, a quella originaria piatta, a terrazza. La distribuzione verticale verso la tribuna e la mansarda, è divisa ancora una volta in due e si trovano ai lati. Fuoriescono dal volume due torrette che caratterizzano la facciata anteriore e quelle laterali. L’entrata principale è segnata da tre arcate finestrate fino all’altezza di due piani, interrotti da un’alta banda continua in pietra bianca recante le iscrizioni dorate dell’istituto. Subito dopo l’ingresso, si trovava un vestibolo che distribuiva i diversi spazi: una stanza per l’accoglienza, uffici, le scale e le porte degli spogliatoi. La sala da sport, con una luce di 12x20 per 6,7 metri d’altezza, ha un’ossatura in cemento armato, è illuminata da luce naturale grazie a tre grandi lucernari e al primo piano si trova da una tribuna. PARTICOLARITA’_ Il patrimonio architettonico dell’edificio è molto ricco, soprattutto per il mantenimento di dettagli d’epoca. L’esperienza francese porta Dumont a utilizzare materiali di pregio e molto resistenti. Così, negli interni si riconosce un’attenta cura per i dettagli del mobilio (tutt’ora originale) e dei pavimenti. Negli spogliatoi sono ancora presenti le panche con porta-capotto integrati in legno di quercia, gli scaffali e i corrimano delle scale sono lavorati in pietra e rame; i pavimenti sono a mosaico di granito rosso, nero e bianco, oppure a parquet nelle sale da sport
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piano terra
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E2
EDIFICIO F1_CITÉ HÈGER ARCHITETTO_Alexis Dumont. ANNO_ 1932-335. FASE_ Campus accademico-Campus modernista SUPERFICIE_35 000 M2 superficie ALTEZZA_ piano terra+ 6 piani. RICONOSCIUTO PATRIMONIO ARCHITETTONICO_ no STRUTTURA_ Cemento armato e telaio in acciaio. STILE_ razionalista. DESCRIZIONE_ Il nucleo originario è composto da due blocchi asimmetrici, la cui forma già indica la popolazione studentesca che l’avrebbe occupata: 150 stanze destinate ai ragazzi in un edificio e 50 stanze per le ragazze nell’altro, separati da un padiglione d’entrata che dà su avenue Héger attraverso una grande scalinata. La sua è una collocazione strategica, di fatto una cerniera tra le due parti del campus. È anche l’edificio più alto e vanta servizi molto moderni; le stanze, affacciate sul campo da sport oppure sui giardini dello Square Servais, permettono in ogni caso una piacevole veduta. Ma si dovrà aspettare il 1968 perché la libertà d’accesso a entrambe le parti e alle camere non fossero più separate per genere. In una successiva evoluzione, il padiglione centrale con la scalinata viene demolito per prolungare la costruzione lungo la strada e aumentare il numero di camere (questa volta miste). Nel 1964 e poi nel ‘69-71 si aggiungono ulteriori annessi con servizi, negozi e ristoranti universitari che modificheranno i sobri prospetti dell’architettura di base con protesi di diverse dimensioni, stili, materiali e colori. Oggi, nonostante tutte le metamorfosi e le funzioni aggiunte, si riconosce ancora il nucleo dell’edificio originario, in parte utilizzato come residenza universitaria.
150 ragazzi
100 camere miste
mensa universitaria
50 ragazze
sala esposizioni
estensione della mensa
sale comuni
locali circoli studenteschi
1933
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1955-1957
1971 + 1990
piano terra
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F1
EDIFICIO J_AUDITORIO PAUL-ÉMILE JANSON ARCHITETTO_ Marcel Van Goethem INGEGNERE_ Paul Moenert ANNO_ 1928 + 1956-1958 FASE_ Campus accademico-Campus modernista ALTEZZA_ piano terra RICONOSCIUTO PATRIMONIO ARCHITETTONICO_si STRUTTURA_ mista, prima parte in muratura portante e seconda tensostruttura in cavi precompressi in acciaio STILE_ eclettico + Stile ‘58 international DESCRIZIONE_ A fronte del viale Franklin Roosevelt, l’edificio di 1928 è concepito per accogliere la casa degli studenti. Doveva essere fiancheggiato parimenti di due palazzi stile, mai realizzato, che ripara delle camere studentesche. Rialzando di un estetica eclettica tinteggiato di néo-Rinascimento, l’edificio presenta un piano oblungo e delle facciate in mattoni, pietra blu ed elementi rivestimenti. La porta d’ingresso è delimita da due colonne scanalate e uno timpano stilizzato. Ha una grande copertura in tegole smaltate nere, mentre le facciate sono in mattoni e pietra blu locale. L’autorio Janson viene aggiunto nel 1956; ha una capienza di 1.500 posti, presenta una pianta di forma arrotondata. La sua copertura, tipica delle esperienze audaci dell’epoca, é composta da una struttura a doppia curvatura a sella di cavallo. Sono utilizzati cavi precompressi in modo da permettere uno spazio libero ampio e un numero limitato d’appoggi. La struttura è costituita da due reti di cavi in acciaio incrociati: una soggetta a compressione, detti cavi portanti (a forma di arco), l’altra in tensione, detti cavi tensori (forma d’iperbole), che si incrociano ortogonalmente formando un paraboloide iperbolico. Il tutto è sostenuto da due grandi archi obliqui in cemento armato, che si impiantano al terreno su cui scaricano tutto il peso . Addossato ad un campo in pendenza, possiede tre entrate ad altezze diverse: l’entrata principale è attraverso il padiglione di 1928 a livello della strada, altre due laterali all’altezza delle degli archi strutturali. Gli si deve riconoscere quindi oltre ad un stile che rispecchia perfettamente l’estetica dell’esposizione, una speciale attenzione per il territorio, sul quale riesce a posarcisi in modo elegante giocando sulla pendenza. La visibilità è in parte nascosta porgendo le spalle verso il campo sportivo. Ancora una volta si vede un forte contrasto tra stile architettonico nuovo ed esistente, ma per la prima volta in due parti che costituiscono lo stesso edificio.
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J
EDIFICIO D_ISTITUTO DI FISICA ARCHITETTO_ Robert Puttermans ANNO_ 1964-1968 FASE_ Campus modernista. SUPERFICIE_ 16 150 M2 ALTEZZA_ piano terra+ 10 piani sul lato Depage e 6 lato Buyl. RICONOSCIUTO PATRIMONIO ARCHITETTONICO_ si STRUTTURA_ Cemento armato e telaio in acciaio. STILE_ modernista, international. DESCRIZIONE_ Le fondazioni sono a cassaforma a perdere perché il sottosuolo venie costruito su un terreno sabbioso e reso ancora più instabile da gallerie fatte per l’estrazione di pietre e sabbia. Ossatura in cemento armato, costituita di una fila di colonne centrali e di colonnine di facciata, visibili al pianterreno. Mescola audacemente le forme modernisti delle facciate un materiale rustico: dei ciottoli di gres bruno. La distribuzione verticale é assicurata da tre ascensori e una scala all’interno in un avancorpo in facciata posteriore. Al pianterreno in più si sviluppa una lunga pensilina metallica che ripara l’entrata. Al piano terra una volta entrati dalla strada si ha a sinistra la biblioteca, a destra vasto hall con due altri piccoli uditori. Ai piani superiori le aule posso raddoppiare le dimensioni grazie a tramezzi interiori smontabili, elemento di grande modernità e funzionalità. Si posizionava ad un incrocio il che promette di essere osservato da lontano e segnare un nuovo ingresso da avenue Depage. In più, fermando l’angolo delle due strade delimita i confini in modo deciso.
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D
EDIFICIO S_ISTITUTO DI SOCIOLOGIA ARCHITETTO_ Pierre Giullissen ANNO_ 1964-1968 FASE_ Campus modernista. SUPERFICIE_ 15 000 M2 superficie. ALTEZZA_ piano terra 13 piani. RICONOSCIUTO PATRIMONIO ARCHITETTONICO_ si STRUTTURA_Cemento armato e telaio in acciaio. STILE_ Stile International DESCRIZIONE_ Leggermente arretrata rispetto all’avenue Jeanne, si innalza alto e snello con i suoi 13 piani l’edifico S, particolarmente poco profondo e che ben utilizza lo spazio attorno in un interessante dialogo con il quartiere. Anche questo audace insediamento sfrutta il dislivello del terreno e si affaccia verso i campi da sport. Si hanno così due entrate: quella principale, verso avenue Jeanne, segnalata da una pensilina in cemento armato molto innovativa, composta di quattro paraboloidi iperbolici posati su due appoggi. Da questo lato si accedeva anche al parcheggio sotterraneo, ingresso poi spostato verso avenue de Buy. L’entrata in questa direzione è una novità interessante perché apre una inedita prospettiva verso avenue des Courses e su una parte del quartiere con il quale fino a quel momento il campus non si era mai relazionato. Il secondo ingresso era invece verso il campo sportivo all’interno del campus, ma un disgraziato restauro del 1993 ne ha radicalmente mutato l’aspetto, con l’aggiunta di un padiglione d’entrata che ha in gran parte snaturato il concetto dell’attraversamento, creando per di più un filtro che fa perdere il contatto con l’edifico stesso
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primo piano interrato
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S
EDIFICIO NB_ BIBLIOTECA DI SCIENZE UMANE ARCHITETTO_ ART & BUILD ANNO_ 1992-1993 FASE_ Campus postmoderno. SUPERFICIE_13.500 M2 ALTEZZA_ piano terra+ 8 piani. RICONOSCIUTO PATRIMONIO ARCHITETTONICO_ si STRUTTURA_ Cemento armato e telaio in acciaio. STILE_ moderno DESCRIZIONE_ Si base forme geometriche semplice a partire della pianta a triangolo stesso simbolo della conoscenza. L’entrata è sulla punta di un angolo e una volta entrati non si ha più chiara la percezione dell’esterno, in quanto la prima cosa da fare per accedere agli spazi interni è scende per una doppia scala curva in pietra e cemento, astraendo che le percorre dagli edifici attorno. Il primo seminterrato è occupato dall’accoglienza, i servizi e la sala di studio. Si accede lì fin dall’entrata per un doppio scala curva in pietra e cemento che costeggia le pareti cilindriche del hall. I piani successivi hanno diversa altezza perché organizzati in tre duplex con mezzanino. Curato nella materialità e nei dettagli grezzi, ma sobri si ha un forte presenza di cemento a vista, che gioca un ruolo importante: pareti e soffitti in cemento alveolati si mescolano con blocchi di vetrocemento. In facciata posteriore bucata di finestra-bende dotate di una traversa arrotondata in metallo hanno come scopo l’integrazione tra luce naturale e luce artificiale.
S NB 3
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RTEMENT DES I
S , E
Format : A3
Plan n째 : A3-****
Dossier : -.----.S.--Date : --/--/2012
VUE EN PLAN Ech. : -
SOLBOSCH
S NB 2
piano interrato
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NB
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