La tavola di Arlecchino

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Lucio Diodati La tavola di Arlecchino


Lucio Diodati la tavola di Arlecchino


la tavola di Arlecchino di Marzio Dall’Acqua

E’ appena uscito un bel libro di Nicoletta Capozza che scheda “tutti i lazzi della commedia dell’arte”, edito da Dino Audino di Roma, nel 2006. I lazzi sono mimesi del corpo, artificio di posizione e di comportamenti, azioni che accentuano il comico ed il fantastico della scena, moltiplica i suoni e le allusioni a rumori più o meno escatologici, insomma articolano lo stesso linguaggio comico sulla scena della commedia improvvisata, costruita su canovacci, trame esili e componibili, ad incastro. Ebbene non ci sono lazzi per il mangiare, per la tavola imbandita, ma ce ne sono moltissimi e ben descritti, nei testi che tramandavano azioni e trame per gli attori, per la fame, una fame atavica, insaziabile, che porta a escogitare ogni imbroglio, ogni inganno, che spinge a fantasie esagerate, che hanno il paese di Cuccagna come ultima Thule di una quotidianità povera di cibo, scarsa e scarna di sostentamenti, sogno ad occhi aperti, perenne come il rodio delle budella. E non meraviglia che Arlecchino, forse l’estrema trasformazione e reincarnazione di un Herculinus di antiche atellane, di primitive satire tra cerimonia religiosa e farsa da fiera, cioè di un essere abitatore di boschi, dell’uomo selvaggio e nero che tanta parte ha nell’immaginario urbano, come totale rivolta contro la civiltà, come sovversione di quanto ci sembra stabile risultato di un processo lungo e razionale, del quale tuttavia in noi stessi temiamo la fragilità. Ma nel momento del banchetto i lazzi non sono più possibili. Si tratta infatti di una liturgia, di un rito, sul quale si concentra il corpo con gesti che sono misura, piacere, godimento, espressione di una ricerca massima e totale di appagamento e, se con altri, di condivisione sociale, di scambio, di incontro, oltre ogni divisione. Ecco la tavola di Arlecchino di Lucio Diodati è questo ripetersi di bocche aperte con la grazia di becchi di uccellini che invocano il cibo, è una rappresentazione diafana e smunta che non ha l’eccesso


carnale, l’opulenza senza vergogna di Botero, ma ne può rappresentare, tra bulimia e anoressia, l’altra faccia, che trova gesti misurati, colori delicati, grafismi di fumetti, di tabelloni pubblicitari, nella bidimensionalità delle immagini inventate che rimandano ad un mondo borghese, ad un galateo rispettato e condiviso, di una eleganza senza peso e corpo, definita da un segno preciso, un contorno senza incertezze e dubbi, mentre il colore steso in modo uniforme imita carni, abiti e piani, oggetti di un esangue desiderio. E’ il pranzo dell’abbondanza, dell’eccesso, onnivoro, ma insieme senza fame, senza persino appetito. Per riattivare la gola bisogna inventarsi non un sovrabbondante paese di Cuccagna, dove l’eccesso porta al rifiuto, al rigetto ma raffinatezze estreme, accostamenti di sapori, invenzioni per sollecitare e stimolare l’oralità che diventa così fantasia e cultura. Arlecchino è così l’infinita tavola di colori

del cibo e delle possibilità della gastronomia.

Marzio Dall’Acqua


la tavola di Arlecchino di Francesca Londino Le mostre di Lucio Diodati si presentano sempre come singoli capitoli di un lungo racconto ideale. I diversi pezzi che compongono le sue mostre, non sono che passaggi narrativi di un unico tema:la rappresentazione della figura femminile. In un suggestivo palcoscenico artistico gruppi di donne dagli occhi imperscrutabili, fessure schiuse appena, per custodire piccoli segreti, prendono identificazione attraverso una tecnica pittorica che combina colori e forme in una raffinata esecuzione. Le quinte si aprono su un fondo, privo di elementi scenografici, che allude ad un dove da cui i personaggi fanno ritorno. Un trionfo di simmetrie e di armonie che si fondono con la rappresentazione di una femminilità solare e sognante, leggera e carnale, divertita e divertente. È l'immaginazione la categoria che contiene e concilia il tutto, è l'immaginazione che sposa artificio e realtà, emozioni e ragione. Una duplice sensualità si effonde allusiva dalle sue opere, quella vivace delle sue figure femminili, contornate da un tratto rapido e avvolgente, e quella legata all'ebbrezza del dipingere, al piacere per fluide accensioni cromatiche, che nascono parimenti dalla storia della pittura e dalla realtà. Con stile favolistico, ironico e di forte presa narrativa, Diodati ci consegna figure di donne, cristallizzate in ironici fermo-immagini, che ridono e sussurrano, intorno ad una tavola imbandita, accomunate dallo stesso intimo desiderio e bisogno di essere guardate, comprese, accolte. Attingendo ad una cultura storico-artistica, lontana dall’estetica pubblicitaria, Diodati sottrae dal cliché estetico della donna-oggetto le sue gioiose e disinvolte creature e ci restituisce il gusto dei piaceri semplici vissuti coscientemente ed insieme condivisi. La sua è una pittura del sorriso, una pittura che ricorda la luminosità della vita e

che ci stupisce per la semplicità, una semplicità

complessa che non cerca motivazioni razionali agli eventi della realtà e dell'irrealtà che l'artista descrive con poetica immaginazione.

Francesca Londino


quell’ Arlecchino di Lucio Diodati servo di un solo padrone di Franco Corrado

Manifestatasi la prima volta alla metà degli anni Ottanta tra una avvincente irripetibile folla di donne, muse eterne di una suggestiva iconografia, quella enigmatica figura di Arlecchino non ha mai più abbandonato la scena della ricerca di Lucio Diodati. Nel suo racconto pittorico, il personaggio più tipico e universalmente conosciuto del teatro goldoniano, solo nell’ apparenza esterna simile all’ originale della tradizione, perduta ogni cadenza marionettistica, é apparso subito come elemento equilibratore rispetto alle altre limitate grottesche apparizioni maschili: quelle del carabiniere e del domatore. All’ autoritarismo insito in questi due tipi, nati con intenti per così dire “protettivi” o per tenere a freno esuberanze ben individuabili dell’ universo femminile, ecco a far da contraltare una ben più accondiscendente presenza: la stessa proposta nei panni di un rispettoso cavaliere, capace di assecondare gli atteggiamenti più tipici della donna, al punto da esserne in tutto e per tutto complice. Questa volta, quindi, nelle vesti di “servitore di un solo padrone”, un Arlecchino uscito dall’ ennesima trasformazione, nel quale Lucio Diodati si riconosce e dietro cui coglie il gusto giocoso del nascondersi, trovando per altri aspetti una identificazione totale con il personaggio, fino a farne una sorta di alter ego. Ed é così che, per il pittore abruzzese, prende corpo una stagione di sempre nuove feconde invenzioni. Quello strano affacciarsi di una delle figure più tipiche della commedia dell’ arte sul palcoscenico di vicende umane già raccontate attraverso presenze in massima parte al femminile, a voler sottolineare l’ avvincente perpetuarsi di un mondo che ruota tutto intorno alla donna, dà altra vitale linfa ad un quadro già di per sé emblematico di rappresentazioni. Con l’ entrata in azione di Arlecchino, Diodati rende ancora più solido il suo parlar per simboli con il linguaggio della pittura. Il personaggio del servitore furbo, semplice e malizioso, quel “secondo Zanni” nella gerarchia dei ruoli assegnati dallo schema classico del “recitare libero”, passato attraverso tutta una serie di trasformazioni capaci di cambiarne il


carattere, diventa allora immagine di allegoriche visioni di una realtà particolare in cui, guidate da sensibilità le più varie, confluiscono e si fondono esemplari di vita serena o di un intrigante stare al mondo e trovano anche spazio modelli alternativi. Arlecchino, dunque, ad assecondare ironicamente i vezzi delle donne fatali che popolano le tele di Lucio Diodati; ad assumere atteggiamenti di compiaciuta comprensione nei confronti dei tanti ammiccamenti all’ eros; a darsi un contegno, in qualche misura anche protettivo, stando alle spalle di quelle longilinee figure muliebri rese in pose prossime allo straniamento; a celare voglie ed altre emozioni dietro la serica maschera nera di una tradizione iconografica non sempre rispettata (ricordate la “Famiglia di Arlecchino” del breve “periodo rosa” di Picasso, con il soggetto principale a volto scoperto?). In questo insieme di sfaccettature date al soggetto, del “servo goffo ed ignorante” della commedia dell’ arte, nella versione pittorica di Diodati, insieme alla maschera che cela sguardi non sempre graditi e che conferiscono un alone di mistero all’ interprete del ruolo, forse resta solo il variopinto abito a scacchi: quel vestito che é una fitta rete di figure quadrate e romboidali, in linea con la propensione alla geometria ben evidente nella ricerca del maestro di Popoli. Così reso nell’ insieme – pur conservando i caratteri voluti dal gioco dell’ improvvisazione, peculiari del “secondo Zanni” come degli altri personaggi delle origini – Arlecchino diventa una sorta di arbitro e di risolutore di situazioni di varia natura, complesse o meno che siano, che abbiano o no attinenza con gli intrighi in cui spesso si caccia l’ animo umano. Una funzione di giudice e di consigliere al tempo stesso, quindi, che si porta dietro quel tanto di misterioso proposto sempre da un volto mascherato. D’altra parte, a questo gioco all’ arcano Diodati non rinuncia. Anzi ne fa una costante del suo continuo dar vita ad una galleria di tipi che, come dicevamo in occasione di altri interventi critici, appartengono ad una commedia umana capace immancabilmente di rigenerarsi e di offrire educativi spunti di meditazione.

Franco Corrado


dipinti


Margherita olio su tela cm. 100 x 100


vento caldo olio su tela cm. 120 x 100


la vita è adesso olio su tela cm. 100 x 100


affida una lacrima al vento olio su tela cm. 100 x 150


canzone d’amore olio su tela cm. 120 x 100


canto di libertĂ olio su tela cm. 150 x 100

ciliege rosse acquerello cm. 150 x 100


alla mia maniera olio su tela cm. 100 x 100


come mai olio su tela cm. 100 x 150


ancora insieme olio su tela cm.100 x 100


viaggiatori solitari olio su tela cm. 120 x 100


amore tu lo sai olio su tela cm. 100 x 100


grazie mille olio su tela cm. 100 x 150


tu come stai olio su tela cm. 100 x 100


effetto amore olio su tela cm. 150 x 100

la mia vita olio su tela cm. 150 x 100


domani smetto olio su tela cm. 120 x 100


sogno di una notte olio su tela cm. 100 x 100


la notte no olio su tela cm. 120 x 100


questo grande amore olio su tela cm. 100 x 100


la melanzana olio su tela cm. 100 x 150


angelo azzurro olio su tela cm. 100 x 100


lei sta con me olio su tela cm. 120 x 100


paura del buio olio su tela cm. 150 x 100


basta un attimo olio su tela cm. 100 x 100


tempo di serenata olio su tela cm. 100 x 150


luna indiana olio su tela cm. 120 x 100


domenica pomeriggio olio su tela cm. 100 x 100


vivo di canzoni olio su tela cm. 120 x 100


non perdere tempo olio su tela cm. 120 x 100


vellutata come una pesca olio su tela cm. 150 x 100


io me ne vado olio su tela cm. 100 x 100


re del mondo olio su tela cm. 120 x 100


io sono qua olio su tela cm. 100 x 100


segnali di vita olio su tela cm. 120 x 100


lo chiam olio su tela cm. 100 x 100


solo con l’anima mia olio su tela cm. 120 x 100


solo noi olio su tela cm. 100 x 100


gioielli rubati olio su tela cm. 120 x 100


una favola olio su tela cm. 100 x 100


storie di due innamorati olio su tela cm. 150 x 100


1955

Lucio Diodati nasce a Popoli il 24 ottobre

1970

segue studi scientifici prima e i corsi di scenografia all'Accademia di Belle Arti de L'Aquila poi

1979

acquista un torchio calcografico

1980

espone durante il festival dei Due Mondi a Spoleto

1981

scopre la pittura acrilica

1985

è di quest'anno il lavoro "amiche"

1997

conosce il computer

1998

dopo aver lavorato senza confrontarsi con altre esperienze, decide di mostrare sui lavori ad un più vasto pubblico (Arte di aprile)

1999

conosce Gennaro Fiume, espone nella sua galleria di via Brunetti a Roma

2000

personale a L'Aquila

2001

espone suoi lavori a Reggio Emilia e Parma scrive Mauro Nuzzo... le opere di Diodati hanno la caratteristica di apparire sempre in luoghi insoliti, i suoi personaggi sembrano vivere in una storia già stata, ma non scritta, percorrono luoghi nuovi per l'arte a Parma, ci fanno compagnia...

2002

partecipa a L'Havana a un'incontro culturale Italia - Cuba espone a Salerno e Potenza inizia a giocare con l'argilla

2003

personale a Parma International Artexpo New York espone a Casarano (Lecce) sulle strade di L'Avana (Cuba) racconta in " impressioni dal vero" isorrisi e i colori delle donne cubane, dipinge una tela lunga venti metri. Art-Philadelphia "Dalla donna di Fellini alle donne di Diodati " Hotel La Gradisca Rimini ha scritto Chiara Canali ...figure che evocano la stessa atmosfera felliniana di languidi sospiri che suscitava il passaggio di una famosa protagonista del fascino femminile: la Gradisca. collettiva “SALA BARNA” Barcellona "il sogno felliniano a Bologna nella pittura di Lucio Diodati" Bologna personale a Greenville – Nort Caroline – USA

2004

"Dalla donna di Fellini alle donne di Diodati " Canalgrande Hotel Modena International Artexpo New York Mostra mercato a Vicenza, Viterbo, Montichiari, Padova,Bolzano e Bari personali a Stavern e Sandefiord (Norvegia)

2005

personale a Roma “I colori di Arlecchino” Mostra mercato di Genova, Viterbo, Forlì, Parma e Bari collettiva “5 at the Glass Bridge” a Dubai

2006

Affordable art fair - Londra Universo-donna - Potenza (Italia) Art & Fashion '06 - Dubai

2007

Arlecchino a Piacenza - Piacenza Affordable art fair - Londra Glasgow Art Fair - Glasgow (Scozia) Arte e fiaba - Spittal/Drau (Austria) Arlecchino in Calabria Arte sin fronteras - La Plata (Argentina) Duetto - Parma Mostra mercato di Longarone, Agrigento e Forlì

biografia


Prestampa e Grafica: Spaziotif, Salerno 089.301777 Stampa: Arti Grafiche Sud, Salerno 089.481434


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