Il fantasma di Shangai

Page 1


IL FANTASMA DI SHANGAI_interno_def2.Enrico.qxd:interno 27/05/14 17.15 Pagina 4


IL FANTASMA DI SHANGAI_interno_def2.Enrico.qxd:interno 27/05/14 17.15 Pagina 1

Armando Curcio Editore


IL FANTASMA DI SHANGAI_interno_def2.Enrico.qxd:interno 27/05/14 17.15 Pagina 2

ELECTI I Edizione giugno 2014 Š 2014 Gruppo Armando Curcio Editore S.p.A., Roma www.armandocurcioeditore.it info@armandocurcioeditore.it ISBN 978-88-6868-016-9 Direzione editoriale: Cristina Siciliano Art direction: Mauro Ortolani Copertina: Antonello Romeo Impaginazione: Pierluigi Guerrucci Supervisione editoriale: Enrico Conticchio Tutti i diritti sono riservati, incluso il diritto di riproduzione integrale e/o parziale in qualsiasi forma.


IL FANTASMA DI SHANGAI_interno_def2.Enrico.qxd:interno 27/05/14 17.15 Pagina 3


IL FANTASMA DI SHANGAI_interno_def2.Enrico.qxd:interno 27/05/14 17.15 Pagina 4


IL FANTASMA DI SHANGAI_interno_def2.Enrico.qxd:interno 27/05/14 17.15 Pagina 5

A mia mamma, per il tuo sorriso senza confini A mio papĂ , dolce poeta cuor di leone A Piero, per avermi portato a Shanghai e per tutto il resto


IL FANTASMA DI SHANGAI_interno_def2.Enrico.qxd:interno 27/05/14 17.15 Pagina 6


IL FANTASMA DI SHANGAI_interno_def2.Enrico.qxd:interno 27/05/14 17.15 Pagina 7

INDICE CAPITOLO I Il Mercato del Mandarino Yu

11

CAPITOLO II Claude Monet - Vincent Van Gogh

27

CAPITOLO III Nel covo di Quinlan

49

CAPITOLO IV La katana nera

77

CAPITOLO V Fuori controllo

97

CAPITOLO VI Jamina

125

CAPITOLO VII Christine

157

CAPITOLO VIII La collana delle 51 perle

179

CAPITOLO IX Meno di un minuto

199

CAPITOLO X La notte degli inganni

225

CAPITOLO XI Enigma

257

CAPITOLO XII Il fantasma di Shanghai

291


IL FANTASMA DI SHANGAI_interno_def2.Enrico.qxd:interno 27/05/14 17.15 Pagina 8

Entrate... entrate... e lasciate un po’ della felicità che recate Bram Stoker - Dracula

Le malvagità riappaiono dalla terra dove le hanno seppellite agli occhi degli uomini William Shakespeare - Amleto


IL FANTASMA DI SHANGAI_interno_def2.Enrico.qxd:interno 27/05/14 17.15 Pagina 9

Il pianto di Jamina si perse in un vociare confuso. La sensazione che qualcuno l’avesse abbracciata per farla calmare. Bram, forse? Tutto divenne vago e indefinito. Nebuloso. Ad ogni immagine che fuggiva via corrispondeva un respiro in più verso la morte. William non oppose alcuna resistenza. Assecondò la corrente, diretto verso l’abisso. Si lasciò trasportare nel regno del demone. Vide due cascate incastonate in una grande parete rocciosa riversare la propria acqua nera in un lago torbido come petrolio. Vide il cielo cosparso di nuvole viola dalle forme più strane. Alberi secchi simili a scheletri contorti, una vallata di pietre. Rumori sempre più lontani, come attutiti, ovattati, come un ardore che da ruggente si fa inesorabilmente muto. L’abbandono. La dimenticanza lo avvolse come una coperta e penetrò nel suo cuore riempiendolo di tenebre. Freddo. Un freddo che mette paura. Notte. E ancora più buia della notte, l’oscurità. Un petalo bianco trasportato dal vento. Un fiocco di neve. L’ultima piccola luce che vide, quando ormai la discesa nell’abisso era compiuta. Un rumore innaturale, simile ad un soffio di serpente, sembrò provenire dai due dipinti, come se la tela di Monet, Impressione al levar del sole, e quella di Van Gogh, Campo di grano con corvi, si stessero preparando ad assistere ad uno spettacolo di sangue. Era solo suggestione?


IL FANTASMA DI SHANGAI_interno_def2.Enrico.qxd:interno 27/05/14 17.15 Pagina 10


IL FANTASMA DI SHANGAI_interno_def2.Enrico.qxd:interno 27/05/14 17.15 Pagina 11

Capitolo I IL MERCATO DEL MANDARINO YU

Shanghai, la città sul mare. Tre mesi prima. Varcata quella soglia ebbero l’impressione di abbandonare il presente e di entrare in un’altra epoca. Qualcosa di magico che non sapevano spiegarsi ma a cui erano certi di appartenere. Non c’era stata una volta, neanche una, in cui non avessero provato quell’emozione così profonda, così seducente, così stranamente inquietante. Entusiasmo, forza, desiderio. Era come tornare a casa. E allo stesso tempo prepararsi a una nuova e intima metamorfosi. Eccolo, il Mercato del Mandarino Yu. Il luogo più affascinante, caotico, contraddittorio e misterioso di Shanghai. Una distesa di pagode di legno adibite a empori costruita nel più verdeggiante dei giardini Ming. Non c’è niente che non si possa comprare qui. Seta, spezie, libri, perle, abiti, fiori, armi, oggetti di ogni tipo. Segreti. Il Mercato è un labirinto di scorci, di botteghe nascoste, di sentieri dove il sole non arriva e di larghi piazzali dove il sole d’estate ti ustiona. Il luogo ideale per chi ama mescolarsi nel chiasso delle comitive, dei negozianti che offrono la propria merce, delle guide che declamano le meraviglie dell’arte cinese. Il luogo ideale per perdersi, per cercare il silenzio, per ammirare le ninfee rilucenti, quell’esplosione morbida di petali verdi, blu, indaco e rossi sui rivoli d’acqua che serpeggiano tra le pagode. 11


IL FANTASMA DI SHANGAI_interno_def2.Enrico.qxd:interno 27/05/14 17.15 Pagina 12

Pierluigi Fantin

Il Mercato del Mandarino Yu è proprio questo: un brulicare di contrasti. Così come Shanghai, una continua danza degli opposti. «Bentornati, il vostro tavolo è pronto», annunciò un giovane cameriere facendosi loro incontro. Il ristorante si trovava all’ultimo piano della più alta pagoda del Mercato ed era famoso, oltre che per la splendida vista sulla città, per i suoi prelibati jiaozi. «Terrazza?», domandò William. Il ragazzo annuì con una punta di timore, invitandoli a seguirlo. La sala era gremita di clienti. Non meno di duecento persone, più quelle che aspettavano in piedi il proprio turno. Una ressa di voci e rumori di stoviglie. I camerieri che urlano ai cuochi cosa cucinare, i cuochi che urlano ai camerieri che non riescono a cucinare così in fretta, le bacchette che ticchettano scomposte tra le mani incerte dei turisti, le bacchette che fendono l’aria come frecce tra le mani esperte dei cinesi. Dalla cucina l’inconfondibile aroma di jiaozi. Attraversarono la sala facendosi largo tra gli spazi angusti tra i tavoli e raggiunsero la terrazza. Un’ondata di luce. Nel cielo neanche una nuvola. Il tavolo che era stato loro riservato era quello più vicino alla balaustra, isolato dagli altri, il migliore del locale. Il giovane cameriere accennò un inchino impacciato e attese che si accomodassero. «Aspettiamo lei», disse Bram sbrigativamente, congedandolo. Dall’alto la vista sul Mercato del Mandarino Yu era incantevole. I colori dei giardini in fiore, i corsi d’acqua cristallina su cui si 12


IL FANTASMA DI SHANGAI_interno_def2.Enrico.qxd:interno 27/05/14 17.15 Pagina 13

IL FANTASMA DI SHANGHAI

specchiano i tetti arcuati delle pagode, i ponticelli e le passerelle di legno, simili a piccole code di drago che collegano una pagoda all’altra, come in un’esuberante Venezia d’Oriente, il passeggiare alternato di centinaia di persone. E in lontananza, i contorni scintillanti di Shanghai, i grattacieli, i padiglioni dell’Expo, gli edifici del Bund, il quartiere simbolo della città. Un groviglio indistinto di auto. Il porto. Il mare. Uno spettacolo che le luci della notte avrebbero completamente trasformato. Floripedes si presentò al loro tavolo portando con sé la propria provocante bellezza e un grande cestello di bambù pieno di ravioli fumanti. «I vostri jiaozi preferiti. Zucca, funghi, verdura e carne. Spero che vi piacciano», disse adagiando il cestello sul tavolo, gli occhi maliziosi, i fianchi lenti e il seno ben disegnato sotto la veste di seta rossa. William la ringraziò e la salutò affettuosamente. Bram invece cominciò a squadrarla dalla testa ai piedi, indugiando sulle sue forme. «Che c’è?», domandò Floripedes, fingendo imbarazzo. «Non mi hai più chiamato», rispose Bram continuando a fissarla. «Ho dimenticato il tuo numero». «Hai dimenticato anche il resto?», insistette con un tono a metà tra ironia e sfida. «Se vuoi ti rinfresco la memoria». Floripedes sorrise con voluttà malcelata, una giungla febbrile negli occhi. «Un’altra volta, magari. Oggi c’è troppa gente. Perché non passate più spesso?», rispose, un sorriso seducente che sapeva di promessa. «Ora arriva la birra. Buon appetito...». Come al solito fu William a proporre il brindisi. Una tradizione che avevano sempre rispettato e a cui non sapevano 13


IL FANTASMA DI SHANGAI_interno_def2.Enrico.qxd:interno 27/05/14 17.15 Pagina 14

Pierluigi Fantin

rinunciare, come fosse una dimostrazione tangibile della loro amicizia. «Al futuro», disse con voce chiara e al tempo stesso impostata, come se meditasse quel brindisi da tempo. «Al futuro, perfetto», ribadì Bram. I bicchieri si scontrarono con forza. Qualche rivolo di schiuma scivolò sulle loro mani e gocciolò sulla tavola. Due lunghe sorsate di malto. «Ora va molto meglio», sottolineò Bram con soddisfazione riempiendo nuovamente i bicchieri. «A Floripedes», disse, e bevve un’altra sorsata. William guardò l’amico con affetto e provò ad abbozzare un sorriso, ma subito la sua bocca si irrigidì, lasciando spazio a un’espressione combattuta e malinconica. «Dovresti lasciarla in pace», disse. «Perché? Non hai visto come mi guarda?». «Ho visto come la guardi tu». «Che significa?». «Lo sai». «No, non lo so». «La farai soffrire inutilmente». «Se ne farà una ragione. Prendila con un po’ più di leggerezza. Il destino dà, il destino prende. Lo sai». William scosse la testa, gli occhi verde smeraldo, una tristezza lontana nello sguardo. «Lei merita qualcosa di meglio di... di gente come noi». «Ancora con questa storia?». «Non vuoi capire, lascia stare». Bram aggrottò la fronte e serrò i pugni sforzandosi di mantenere la calma, ma dal tono della sua voce trapelò ugualmente quella collera particolare che sorgeva in lui ogni volta che William metteva in discussione la loro condotta di vita. Non 14


IL FANTASMA DI SHANGAI_interno_def2.Enrico.qxd:interno 27/05/14 17.15 Pagina 15

IL FANTASMA DI SHANGHAI

era l’implicito giudizio dell’amico sulle loro azioni che lo turbava, ma i sintomi di un distacco da lui che si facevano ogni giorno più evidenti. «Che cosa c’è che non va oggi? È il giorno della paternale?». «Io ci penso spesso. Più che spesso», replicò William, di nuovo quella malinconia verde nello sguardo. «Vivere una vita normale, come le persone normali». «Ma cosa dici?». «Una vita normale. Semplicemente un’altra vita». «Un’altra vita...». «Sì. Svegliarsi la mattina senza macchie di sangue rappreso sui vestiti. Uscire di casa senza l’ossessione di dover per forza avere una pistola nella giacca. Un lavoro onesto. Magari una moglie affettuosa. Chiedo troppo ormai, vero?». «Devi avere un calo di zuccheri. Non parli seriamente…». «Dico quello che penso», rispose William, l’espressione del viso che virava da un’inafferrabile nostalgia a una chiara inquietudine. «Stai esagerando, non mi piace questo gioco». «Voglio cambiare aria per un po’». «Basta, piantala». «Voglio cambiare aria per un po’», ripeté William, la voce improvvisamente ferma come un macigno. «Maledizione, basta adesso!», gridò Bram, attirando l’attenzione dei commensali a loro più vicini. «Ne abbiamo già parlato. Fatti una vacanza, poi vedrai che starai meglio». William scosse nuovamente la testa, poi guardò le proprie mani, i palmi aperti davanti agli occhi spalancati, un’espressione quasi di disgusto. «Non riesco a dimenticare», disse. Eccola, la verità. La goccia che aveva fatto traboccare il vaso. «Erano solo i mercenari di quel bastardo. Meglio loro che noi». 15


IL FANTASMA DI SHANGAI_interno_def2.Enrico.qxd:interno 27/05/14 17.15 Pagina 16

Pierluigi Fantin

«È stata una carneficina, maledizione. Venti persone...». «Venti mercenari di Quinlan», ribadì Bram scandendo ogni singola parola, come a dare loro maggior peso. «Mi avrebbero ucciso. E tu mi hai salvato». «Lo so, ma... dio... mi serve una pausa». «Queste sono stronzate!», urlò ancora Bram in preda a un nuovo scatto d’ira, stavolta più violento. Il suo viso si deformò leggermente e si segnò di occhiaie profonde. Sulla sua fronte comparvero tre lunghe rughe orizzontali. Una vena bluastra si gonfiò dall’attaccatura dei capelli alla base del naso. I suoi occhi neri si incattivirono. «Gridare non serve». «Servirà a farti ragionare». «Abbassa la voce, Bram». «Vuoi mandare tutto a puttane per colpa di quel bastardo di Quinlan, ti rendi conto di quello che stai dicendo? Maledizione, avresti avuto meno sensi di colpa se mi avessi lasciato in mano sua». «Ora sei tu che esageri». «Vuoi mollare tutto allora? Dimmelo chiaramente, se è questo quello che vuoi». «Credi che per me sia facile?». La terrazza, il ristorante all’ultimo piano della pagoda, la luce del sole, il cielo terso, la vista mozzafiato sul Mercato del Mandarino Yu e su Shanghai, la tavola imbandita. Un silenzio sospeso precedette la risposta di Bram. «Non è semplice essere mio amico, vero?», disse, mentre il tono della sua voce si abbassava. I tratti del suo viso si distesero, le occhiaie sparirono, la vena bluastra sulla fronte perse il suo strano e improvviso spessore e i suoi occhi neri e profondi si addolcirono. 16


IL FANTASMA DI SHANGAI_interno_def2.Enrico.qxd:interno 27/05/14 17.15 Pagina 17

IL FANTASMA DI SHANGHAI

«Basta sapere come prenderti». «Voglio che tu sappia che non sono mai stato tanto in disaccordo con te come in questo momento. Stai commettendo un gravissimo errore, spero che tu te ne renda conto». «Mi rendo conto che c’è qualcosa che non va in me, qualcosa che devo ancora riuscire a mettere a fuoco. Forse il Maestro mi aiuterà a capire». «E quando pensi di dirlo a Golan?». «Ancora non lo so». «Oggi?». «No, parteciperò al prossimo colpo. Non voglio abbandonare tutto come se stessi scappando». «Un po’ di cervello almeno ti è rimasto. Molto poco, in realtà. Vedrai che l’adrenalina dell’azione ti farà rinsavire». «Non so cosa sperare». «Io sì». «Tu conosci sempre la strada...». «Sempre», ripeté Bram mascherando dietro quell’ostentata fierezza tutto il suo affetto per l’amico. William sorrise, il viso gentile, gli occhi luminosi, verdi, smeraldini. Ancora, quel velo di tristezza. «E sul colpo?», continuò Bram. «Cosa sappiamo?». «Qualcosa di molto grosso. Quadri». «La paga?». «La solita». «Ci vorrebbe un aumento». «Ci vorrebbe un brindisi», replicò William. «Un altro?». «Sì». «A cosa?». «Porta sfortuna fare due volte lo stesso brindisi?». «Generalmente sì», sorrise Bram impugnando la caraffa e 17


IL FANTASMA DI SHANGAI_interno_def2.Enrico.qxd:interno 27/05/14 17.15 Pagina 18

Pierluigi Fantin

riempiendo di birra entrambi i bicchieri. «Ma non a noi». Un’altra lunga sorsata di malto. Terminato il pranzo rientrarono nella sala interna del ristorante, ancora gremita di clienti, e furono inondati da un intenso odore di cucina. Floripedes li salutò con un cenno della mano destra, con l’altra teneva in equilibrio una pila di piatti sporchi. Nel muovere la mano, una delle sottili bretelle che le facevano aderire la veste di seta al corpo si allentò e cominciò a scivolare verso il basso: dapprima le lambì la spalla, poi, dopo un attimo di esitazione, si mosse a solleticarle il braccio, e infine le sfiorò il gomito raggiungendo l’avambraccio, mentre la seta rossa dell’abito cominciava ad allontanarsi dal suo seno lasciandone intravedere la forma tonda e nuda. In quel momento, proprio quando la veste stava per cedere definitivamente, si udì un fortissimo schianto. Il vociare degli avventori si interruppe di colpo. William e Bram portarono la mano alle pistole, senza estrarle, e si voltarono istintivamente in direzione del rumore. Videro il cameriere che li aveva accolti immobile tra i resti di uno dei grandi vasi che fino a quel giorno aveva ornato l’entrata del ristorante. Riportarono subito gli occhi su Floripedes ma ormai era troppo tardi. La bretella era di nuovo al suo posto, e con essa anche la veste. Tornarono sulle caotiche strade del Mercato del Mandarino Yu e si diressero verso una zona poco battuta dai turisti. Si addentrarono in un dedalo di vicoli semideserti ed avanzarono in quell’intreccio di stradine accompagnati dal rimbombo dei loro passi sul pietrisco, una eco piena e regolare, come se la loro fosse l’andatura di due piccoli giganti. Dopo una decina di minuti in direzione sud est raggiunsero il 18


IL FANTASMA DI SHANGAI_interno_def2.Enrico.qxd:interno 27/05/14 17.15 Pagina 19

IL FANTASMA DI SHANGHAI

luogo che stavano cercando, la piccola pagoda di legno che il Maestro Koˇngquè aveva adibito a biblioteca. L’insegna che ne indicava l’ingresso era nera e sulla sua superficie vi era intarsiata con eleganti ideogrammi rosso pastello la parola cambiare. Il Maestro Koˇngquè era seduto a terra, appena oltre la soglia della pagoda, assorto in profonda meditazione. La sua schiena era dritta e salda, le sue gambe ben incrociate e il suo respiro era intenso e regolare. William e Bram si sedettero accanto a lui, a terra, imitandone la posizione. L’interno della pagoda era avvolto da una gradevole penombra, uno spazio accogliente che invitava alla riflessione, all’ascolto, al dialogo. L’aria fresca e leggera, un odore denso di foglie di tè. Le pareti erano piene di scaffali ricolmi di libri. Dal pavimento fino al soffitto, grossi volumi dalle spesse rilegature, vecchie pergamene, appunti sparsi e carte geografiche macchiate dalla salsedine e dal vino. «Maestro Koˇngquè», lo salutò Bram. «Sono lieto di rivedervi, Maestro», disse a sua volta William con affetto. «Bentornati, figlioli», rispose il Maestro, parole e sorriso in un unico gesto, mentre una ruga si allungava con calma dalla sua bocca fino alle guance. Sul viso portava i segni profondi dei cento anni – solchi simili a falci di luna – ma i suoi occhi a mandorla brillavano come quelli di un giovane pavone. Da essi emanava un potere misterioso, un incanto di infiniti bagliori iridescenti, testimonianza di facoltà appartenenti a un’epoca lontana. Ma della sua antica forza il Maestro era restio a parlare, come chi sia in possesso di un’arma mortale che spera di non dover più utilizzare. Simili a pagode nascoste tra alte montagne nebbiose a cui neanche William e Bram avevano mai avuto 19


IL FANTASMA DI SHANGAI_interno_def2.Enrico.qxd:interno 27/05/14 17.15 Pagina 20

Pierluigi Fantin

accesso, rimanevano celati il vero potere dei suoi occhi e i tumultuosi segreti del suo passato. «Non la rimonterete mai, Maestro...», disse William, riferendosi ai cardini divelti di quella che una volta era stata la porta d’ingresso della pagoda. «Mai. Dici bene», rispose il vecchio saggio. «Più grande è la porta, più grande è la prigione», disse, posando i suoi occhi di pavone prima su William, poi su Bram. «Come state, figlioli?». William accolse quella domanda come una liberazione e lasciò che lo sguardo del Maestro lo penetrasse nel profondo. Bram invece si limitò a rispondere bene, come se la risposta a quella domanda, quando rivolta a lui, non potesse essere che quella. Il volto rugoso del Maestro si scavò impercettibilmente e i suoi occhi, per un momento, si assottigliarono. «Cos’è accaduto con gli uomini di Quinlan?», domandò. «Andiamo subito al punto», commentò Bram. «Quello che sicuramente già sapete, Maestro», rispose William. «È tutto vero». «Morti?». «Venti uomini, sì». «Lo ha fatto per salvarmi la vita», intervenne Bram. «O noi, o loro. Non c’era altro modo». Di nuovo gli occhi di Koˇngquè si posarono su William. E ancora su Bram. Giovani uomini penetrati da una saggezza remota come le onde del mare. «Hanno avuto ciò che meritavano», insistette Bram non riuscendo a sostenere quello sguardo. «Il dolore e la vendetta sono due amanti lascivi», commentò il Maestro. «Mi hanno torturato a morte». «Lo so». 20


IL FANTASMA DI SHANGAI_interno_def2.Enrico.qxd:interno 27/05/14 17.15 Pagina 21

IL FANTASMA DI SHANGHAI

«Allora sapete anche che William non ha nessuna colpa», ribadì Bram con irruenza. «Lascia che sia lui a parlare per sé. Ascoltare gli altri non è mai stato il tuo forte, figliolo». «Io ucciderò Quinlan, Maestro», replicò Bram con quell’impulsività che a volte gli risultava incontrollabile. «Anzi, prima lo torturerò e poi lo ucciderò», disse, e fece per alzarsi. Il Maestro spalancò gli occhi. Per un momento la compostezza dei suoi lunghi anni fuggì via. Una linea di dolore attraversò la sua mente da parte a parte, come se una lancia rovente avesse preso a rovistare violentemente tra i suoi pensieri. «Siediti». «Ne ho sentite abbastanza di prediche per oggi». «Siediti», ripeté il Maestro. «Fai male ad offendere il tuo nobile cuore con intenti di sangue. L’odio è sempre mal riposto». «Maestro, cercate di capire», intervenne William, tentando di giustificare l’amico, la voce incerta perché il suo cuore era incerto. Il vecchio saggio lo guardò con affetto. «Non temere le tue paure», disse invitandolo a proseguire, mentre William già cominciava a raccontare come si erano svolti i fatti, e come lui, da solo, era riuscito a introdursi nelle carceri di Quinlan e a liberare Bram, lasciando sulla sua strada venti cadaveri. Il Maestro Koˇngquè rimase in silenzio. Parlava il suo scrutare. Delicato ma deciso. Dai suoi occhi William e Bram avevano imparato che la forza e la dolcezza possono coesistere nella stessa persona. «Ho bisogno del vostro consiglio, Maestro», concluse William. «Vi prego». «Vuole lasciare l’organizzazione», aggiunse Bram, quasi con sfrontatezza. «Tu sai così bene quello che voglio», replicò William. «Vorrei che riuscissi a spiegarlo anche a me». 21


IL FANTASMA DI SHANGAI_interno_def2.Enrico.qxd:interno 27/05/14 17.15 Pagina 22

Pierluigi Fantin

«Cosa devo spiegarti. Noi siamo questo», esplose Bram indicando la pistola che nascondeva nella giacca. «Siamo le nostre armi, i furti, le missioni di Golan. Siamo questo. Non puoi cancellare il passato. Non puoi rinnegare quello che sei. Quello che siamo», di nuovo quell’aggressività, tra rabbia e affetto per l’amico. «Ma il futuro sì. Quello lo potete ancora cambiare», disse il Maestro, e le sue parole rimbombarono come un tuono in una giornata di sole. «Sei arrogante, Bram. Questo è il tuo limite ma al tempo stesso la tua forza. Il furore che ti senti scorrere nelle vene è la tua linfa vitale, e questo è un bene. Ma non hai ancora imparato a pensare in funzione degli altri. Non conosci rimorso. O almeno questo è quello che vuoi dare a vedere. Vivi di passioni momentanee. Effimere, come la breve vita delle farfalle». «Vi ringrazio per il complimento, Maestro. Non avete qualche insulto anche per il vostro caro William?». «Sai bene che non era un insulto». Bram non seppe rispondere e la sua impulsività rimase improvvisamente muta. L’ardore è spuntato quando prova ad abbattersi contro chi non vuole altro se non il tuo bene. «William – proseguì il Maestro –, tu conosci te stesso così a fondo... la consapevolezza che hai di te è la tua forza ma al tempo stesso il tuo limite. I tuoi sentimenti e la tua determinazione sono così sinceri e potenti che influenzano tutte le persone che ti circondano. Ma grava su di te il peso delle tue azioni, di cui riconosci tutte le contraddizioni. Il senso di colpa ti lacera. Non sapete dove state andando, figlioli. Nessuno di voi due lo sa», continuò il Maestro. «Ma saprete porvi le domande giuste per trovare la vostra strada». «Troppe domande rallentano l’azione», obiettò Bram. «Troppo poche la rendono inutile», ribatté William. 22


IL FANTASMA DI SHANGAI_interno_def2.Enrico.qxd:interno 27/05/14 17.15 Pagina 23

IL FANTASMA DI SHANGHAI

«Se non sopporti la vista del sangue dovevi scegliere un altro mestiere, William. Potevi fare il poeta, o il filosofo. E invece sei un ladro. Un killer». «Tu hai paura», replicò William, un lampo accecante nei suoi occhi verde smeraldo. «Di te?». «Di me, sì. Del nostro lavoro, delle persone che abbiamo ucciso, del mondo. E di te stesso». «Di me stesso?». «Esattamente. E non hai la forza di ammetterlo». «Figlioli, vi prego», intervenne il Maestro esortandoli alla calma. «Non sprechiamo il breve tempo della vostra visita litigando tra di noi. L’affetto che nutrite l’uno per l’altro deve unirvi, non dividervi». Bram scosse la testa contrariato. «Diteglielo anche voi che non siamo tagliati per un’altra vita, Maestro». Era quello il punto: Bram non accettava l’idea che William potesse cambiare vita, che potesse allontanarsi da lui. «Eppure scommetto che tu stesso, pur non condividendo il suo proposito, gli hai offerto il tuo appoggio», commentò il Maestro. «L’ho fatto». «Gli jiaozi di Floripedes hanno addolcito il momento», ironizzò William stemperando la tensione. «William – riprese il Maestro –, ricordi cosa dice l’insegna all’entrata della pagoda, vero?». «Sì, Maestro. C’è scritto: cambiare». «Poche cose sono più difficili di un cambiamento. Poche cose sono più belle. Ti muove un istinto sincero, figliolo, non dubitarne. Le risposte che cerchi arriveranno». «Ma come capire se... come distinguo la cosa giusta dall’errore?». «Cercate di comprendere, figlioli, l’universo rinchiuso dentro la 23


IL FANTASMA DI SHANGAI_interno_def2.Enrico.qxd:interno 27/05/14 17.15 Pagina 24

Pierluigi Fantin

parola cambiare», disse il Maestro, e con un dito tracciò nell’aria le linee degli ideogrammi intarsiati sull’insegna. «Quell’universo è la rivoluzione», scandì lentamente. «La rivoluzione del mondo, e di noi stessi. La paura di cambiare è la nostra peggior nemica. La paura di cambiare è un sonno di morte sempre a caccia di vite giovani. È un torpore che congela le membra e rende pesanti le palpebre, un’apatia che incatena la fantasia. Uccidete la paura di cambiare, figlioli, non un nemico per vendetta. Uccidete lei e avrete vendicato tutti coloro che a lei si sono sottomessi. In questo consiste il mio consiglio». «Tuttavia non c’è modo di conoscere le conseguenze di un tale cambiamento», commentò Bram. «Voi pretendete un salto nel buio». «In ogni cambiamento è insito un rischio, Bram. Le metamorfosi non sono mai indolori. I sentimenti, le forme, anche i ricordi sono mutevoli. Ma dov’è che dimostri la tua forza, se non nel momento in cui sei tu stesso a decidere dove andare?». «Non è semplice decidere dove andare. Non quando si è da soli, come noi». «Ma voi non siete soli. Potete contare l’uno sull’altro. La vostra amicizia è il bene più prezioso. Avete me. Avete Golan. Avete tutti questi libri!», disse il Maestro indicando gli scaffali stracolmi sopra le loro teste. William e Bram li guardarono come se li vedessero per la prima volta. Nella carta la fortuna della conoscenza. «Quando non riuscite a compiere una scelta aprite un libro, presentatevi a un personaggio col rispetto che merita – lo stesso che lui o lei dimostrerebbero nei vostri confronti – e chiedetegli perché in una determinata circostanza si sia comportato in quella determinata maniera. Spesso i personaggi seguono logiche che sfuggono persino agli scrittori che li hanno creati e chi altri se non i personaggi stessi possono essere in grado di 24


IL FANTASMA DI SHANGAI_interno_def2.Enrico.qxd:interno 27/05/14 17.15 Pagina 25

IL FANTASMA DI SHANGHAI

spiegarle! Fidatevi di loro e credete ciecamente alle loro confidenze: sono talmente ansiosi di parlare che vi verranno a cercare anche nel sonno, siatene certi». Ebbero l’impressione che il tempo si fosse fermato. La pagoda, la penombra, l’odore di foglie di tè, i rumori del Mercato in lontananza. William e Bram tornarono alla realtà, come se si fossero appena svegliati da un lunghissimo sogno. Erano ancora seduti a terra, col Maestro, le gambe incrociate, la sua stessa posizione di meditazione. Si sentivano leggeri. Di ottimo umore. Le parole agiscono con lentezza... «Cos’è che secondo voi rende il Mercato del Mandarino Yu un posto speciale?», domandò a quel punto il Maestro Koˇ ngquè. «Il caos», rispose d’istinto Bram. «Mi piace il caos che emana. Sembra vivo». «Questo, tutto questo», rispose a sua volta William indicando i libri sopra di sé e muovendo le braccia come ad accarezzare l’aria. «Il silenzio dei vicoli antichi, dove senti soltanto il sibilo del vento. Nonostante i turisti, nonostante il rumore della città». «Avete ragione entrambi, figlioli. Ed è proprio l’armonia che nasce dall’incontro degli opposti a fare del Mercato e di Shanghai la nostra casa. Guardatevi, voi ne siete la testimonianza vivente. Siete così diversi, eppure così intimamente uniti, e in qualche modo uguali». «Noi, uguali?», proruppe Bram con aria di sfida, stavolta bonaria. William gli rispose facendogli l’occhiolino. «Con la spada è lo stesso», continuò il Maestro. «L’uno colpisce con incredibile forza ma pecca di irruenza». «Questo sono io», commentò Bram sorridendo. «L’altro – riprese il Maestro –, sa aspettare che l’avversario 25


IL FANTASMA DI SHANGAI_interno_def2.Enrico.qxd:interno 27/05/14 17.15 Pagina 26

Pierluigi Fantin

scopra il proprio punto debole, ma esita a infliggere il colpo di grazia». «Ci conoscete così bene...», disse William. «Gli anni servono anche a questo. E ad annoiare i più giovani, come sto facendo io con voi. Perdonatemi, figlioli», si interruppe il Maestro. «Non fatevi tediare oltre da questo vecchio grigio e stanco che sono io. Immagino dobbiate andare da Golan». «Ha indetto una riunione dell’organizzazione per stanotte, al castello», confermò William. «Ci sarete tutti?». «Sì». «Di che si tratta stavolta?». «Quadri. Non è un novità». «Dite a Golan che sarò felice di ricevere una sua visita. È passato troppo tempo dal nostro ultimo incontro». Dopo qualche minuto William e Bram si alzarono da terra e si sgranchirono le gambe. Un’ultima occhiata alla pagoda e agli scaffali ricolmi di libri e pergamene prima di congedarsi dal Maestro, che li salutò con la benevolenza di un nonno affettuoso. «A presto, figlioli», disse il Maestro. Poi una rapida ombra attraversò i suoi splendidi occhi di pavone, come un sinistro presagio di ciò che sarebbe accaduto. «Siate prudenti», pensò. «Le malvagità riappaiono dalla terra dove le hanno seppellite agli occhi degli uomini».

26


IL FANTASMA DI SHANGAI_interno_def2.Enrico.qxd:interno 27/05/14 17.15 Pagina 27

Capitolo II CLAUDE MONET - VINCENT VAN GOGH

Lasciatisi alle spalle il Mercato del Mandarino Yu, William e Bram imboccarono un lungo tunnel di pietra che li condusse in un enorme parcheggio sotterraneo, anch’esso di pietra. Raggiunsero una delle navette elettriche che faceva la spola tra i vari settori del parcheggio, vi entrarono e accostarono una tessera magnetica ad un piccolo lettore ottico. La navetta cominciò a muoversi silenziosamente sul percorso tracciato dai binari e imboccò una galleria illuminata da una lunga serie di luci intermittenti. Pochi minuti di attesa, la sensazione di scendere in profondità, poi la navetta si fermò al centro del settore H, dove la Maserati grigia di William li stava aspettando. Il motore ruggì come un leone appena sveglio. Le ruote stridettero sull’asfalto e la luce dei fari si lanciò sulle pareti del parcheggio quasi a volerle spingere via. Sei piani come sei gironi dell’inferno, diretti verso il cielo. Sei piani, uno dopo l’altro. Fino all’uscita. I bagliori del sole che cercano di afferrare i loro occhi, pupille larghe ancora abituate al buio. William spegne i fari e ferma l’auto. Il semaforo interno al parcheggio è rosso. Il rombo del motore. Il verde scatta nello stesso momento in cui Bram aziona la musica. 27


IL FANTASMA DI SHANGAI_interno_def2.Enrico.qxd:interno 27/05/14 17.15 Pagina 28

Pierluigi Fantin

William accelera. Shanghai. Il Bund li accolse a braccia aperte. Un quartiere dal cuore pulsante e dalle mille anime. La lunga banchina che costeggia il fiume Huangpu, i grandi palazzi in stile New York anni ‘30, i giganteschi grattacieli del nuovo millennio, le futuristiche costruzioni dell’Expo. E poi – l’armonia che nasce dall’incontro degli opposti –, le antiche pagode e i vicoli della città vecchia, vestigia di una tradizione millenaria ancora viva, nascosta tra i tentacoli di una metropoli multiforme. William rallentò, abbassò il finestrino e si voltò a guardare il fiume. Su uno dei battelli che lo attraversava c’era uno schermo che trasmetteva a loop una pubblicità con Scarlett Johansson. Il suo viso in primo piano sembrò sorridergli, mentre i contorni del Mercato del Mandarino Yu cominciavano a perdersi nello specchietto retrovisore, sempre più lontani. E sempre più lontana, dietro di loro, l’Oriental Pearl Tower, l’affusolata torre della televisione che svetta sul fiume Huangpu come a guardia delle sue coste. Le ore del viaggio trascorsero veloci. Quando arrivarono a Changshazhen, seicento chilometri a sud di Shanghai, il sole era tramontato e la luna già splendeva sul mare, luce chiara a illuminare l’acqua di guizzi di fate. Il castello di Golan era davanti a loro, una rocca imponente dai tratti marcatamente gotici. Bram compose un numero di telefono e rimase in attesa. «Siete in ritardo», rispose una voce gracchiante, poi il ponte levatoio si staccò dalle mura occidentali del castello e sbatté con forza a terra, arpionandosi al suolo con spessi ganci d’acciaio. 28


IL FANTASMA DI SHANGAI_interno_def2.Enrico.qxd:interno 27/05/14 17.15 Pagina 29

IL FANTASMA DI SHANGHAI

«È sempre nervoso», commentò Bram chiudendo la conversazione. William premette gentilmente il pedale dell’acceleratore e condusse l’auto dall’altra parte del ponte levatoio, che si richiuse alle loro spalle con un peculiare fragore meccanico. Da così vicino il castello sembrava ancora più imponente. Una costruzione architettonicamente insolita per quella zona della Cina, all’interno della quale Golan aveva collocato il quartier generale dell’organizzazione. William e Bram lasciarono l’auto nello spiazzo antistante il ponte levatoio, attesero che il grande cancello che sbarrava l’ingresso alla parte interna del castello si aprisse ed entrarono nella rocca, seguiti dall’occhio elettronico delle telecamere di sorveglianza. Imboccarono il lungo corridoio che conduceva alla sala delle riunioni e cominciarono a percorrerlo in un silenzio surreale, interrotto solo dal rumore dei loro passi. D’un tratto si fermarono in prossimità di una grande finestra. Malgrado conoscessero alla perfezione ogni angolo del castello, non l’avevano mai notata e ne furono attratti in maniera irresistibile, come se le decorazioni delle sue vetrate ricordassero a entrambi qualcosa di passato e di inspiegabilmente familiare. Sulla vetrata di sinistra era rappresentato un uomo vestito di nero, il portamento e l’eleganza di un principe. Era ritto in piedi di fronte a uno specchio e teneva in mano un teschio al quale sembrava parlare. Sulla vetrata di destra era invece ritratto un vecchio nobile con i denti stranamente aguzzi intento a firmare dei documenti in presenza di un uomo più giovane. Furono colti da una sottile sensazione di angoscia, di sinistro e inquietante timore. Poi una raffica di vento fece sbattere 29


IL FANTASMA DI SHANGAI_interno_def2.Enrico.qxd:interno 27/05/14 17.15 Pagina 30

Pierluigi Fantin

violentemente la finestra contro gli stipiti di pietra. Una folata improvvisa, innaturale, che si interruppe altrettanto bruscamente. Chiusero la finestra e proseguirono oltre, in silenzio. Tuttavia continuavano a percepire qualcosa che li metteva a disagio. Si sentivano osservati. Dopo pochi passi si voltarono in direzione della grande finestra e ad entrambi parve che i personaggi che ne adornavano le vetrate, l’uomo che parlava al teschio e il vecchio dai denti aguzzi, li stessero fissando. I loro occhi erano come vivi. La sala delle riunioni assomigliava a un tempio greco. Era molto ampia e ornata da lunghe file di colonne corinzie che si susseguivano tra le alte pareti di pietra. Golan, numero uno dell’organizzazione, sedeva dietro un massiccio tavolo di marmo bianco. Aveva la fronte spaziosa, la carnagione olivastra e un tratto tipicamente Navajo. I suoi occhi erano nocciola scuro, il suo naso era ben pronunciato e i suoi capelli, lunghi, neri e finissimi, erano raccolti dietro la nuca in un fermaglio d’osso finemente lavorato. Insieme a lui erano seduti Kaeru, Satipo e Chew, i tre membri anziani dell’organizzazione. Kaeru era il consigliere di Golan. Era giapponese, aveva gli occhi sottili, i capelli corti e neri ed era di corporatura particolarmente esile. Era equilibrato nei giudizi e mai avventato nelle decisioni da prendere. Il braccio destro perfetto. Satipo era l’esperto d’arte dell’organizzazione. Prima di entrarne a far parte era stato un abile mercante di quadri e di gioielli. Originario di Pechino, aveva gli occhi e i capelli castani, il naso aquilino e la bocca molto piccola. Chew, infine, era il responsabile degli equipaggiamenti. Nato e cresciuto a Shanghai, aveva delle folte sopracciglia grigie e si 30


IL FANTASMA DI SHANGAI_interno_def2.Enrico.qxd:interno 27/05/14 17.15 Pagina 31

IL FANTASMA DI SHANGHAI

diceva che fosse un inventore talmente abile da essere in grado di costruire occhi umani. Sulla parete principale della sala troneggiava uno stemma: la parola AXIA ricamata a foggia di spessa catena color del bronzo su un drappo rosso fuoco. Axia, questo era il nome dell’organizzazione, termine greco per indicare cose di grande valore. Un nome quanto mai appropriato, come non mancava mai di far notare Golan. A questo infatti era dedita Axia, al furto di oggetti di grande valore. Opere d’arte principalmente, ma anche diamanti, documenti segreti, introvabili reperti archeologici. «Immagino non ci sia il tempo per cenare, vero?», esordì Bram, il suo solito fare provocatorio. «Immagini bene», rispose Golan alzandosi e facendoglisi incontro, seguito da Kaeru, Satipo e Chew. «Come state, pirati?». Un’accoglienza calorosa, il clima delle migliori occasioni. «Una bella rimpatriata», commentò Chew sorridendo, mentre William gli stringeva la mano. «Ogni tanto ci vuole». Qualche minuto di leggerezza, di chiacchiere e convenevoli tra amici, finché Golan richiamò tutti all’ordine. «Vi ringrazio per essere venuti», disse. Un improvviso silenzio avvolse la sala. La chiara sensazione che da quanto stava per essere detto sarebbe nato qualcosa di importante. «Siamo fermi da un po’. E sinceramente cominciavo ad annoiarmi», proseguì il Navajo. «Abbiamo una grande opportunità. Un colpo molto ambizioso, molto pericoloso, molto redditizio. Un’impresa degna di Axia». «Siamo tutt’orecchi», commentò Bram. 31


IL FANTASMA DI SHANGAI_interno_def2.Enrico.qxd:interno 27/05/14 17.15 Pagina 32

Pierluigi Fantin

«Due quadri – scandì lentamente Golan –, due quadri di immenso valore». William ebbe un fremito di inquietudine, un impercettibile e inspiegabile sussulto. «Due capolavori», puntualizzò il Navajo, e invitò tutti a seguirlo in un angolo della sala dove erano posizionati due grandi treppiedi. Su ciascuno di essi era adagiato un quadro nascosto da un velo di raso nero. Con fare da prestigiatore Golan tolse il velo che copriva il primo quadro. Il piccolo drappo di raso cadde a terra fluttuando in modo singolarmente lento, come controvoglia. Apparve il dipinto. Il silenzio era assoluto. «Impression, soleil levant, Impressione al levar del sole. Claude Monet, 1872. Ovviamente è una copia. Guardate. Osservate bene. Che ne pensate?». «È magnifico», disse William, sguardo e sentimenti rapiti da quell’insieme indefinibile di colori. «È davvero magnifico. Sembra l’originale di Monet in tutto e per tutto». «Non ti nascondo che all’inizio ha tratto in inganno anche me», commentò il Navajo. «Osservate i colori, il tratto vago e onirico del pennello», e nel frattempo muoveva le mani come se stesse dipingendo nell’aria. «Il sole all’alba, quella sfera rosso-arancione su uno sfondo di azzurro nascente. Il mare che si confonde col cielo. Il porto dai tratti appena accennati. I riflessi sull’acqua, le giunche di pescatori, che sembrano quasi ondeggiare». «Smuove qualcosa di intimo», aggiunse William. «Gli impressionisti mi fanno questo effetto. Monet più di tutti». «È un tratto molto sentimentale, decisamente unico», osservò Satipo. «Dietro c’è molta tecnica, anche se non si percepisce». «Sicuramente. Ma non è la tecnica a colpirmi», replicò 32


IL FANTASMA DI SHANGAI_interno_def2.Enrico.qxd:interno 27/05/14 17.15 Pagina 33

IL FANTASMA DI SHANGHAI

William. «Mi sconvolge il suo modo di tradurre le emozioni in disegni. I colori che usa. La realtà vista con gli occhi del cuore e poi dipinta su tela. Questo è l’impressionismo, per me». «Vedo che Satipo non è l’unico competente in materia... e voi?», domandò Golan rivolgendosi a Bram, Kaeru e Chew. «Tu, Bram? Che ne pensi?». «Comincio a intuire l’ambizione del tuo piano, questo è quello che penso. Mi piace». «E l’altro quadro?», chiese Chew. Con la stessa eleganza di prima Golan scoprì anche il secondo dipinto. Anche stavolta il velo di raso cadde a terra con singolare lentezza, come se cercasse in qualche modo di opporsi alla forza di gravità. «Vincent Van Gogh, 1890, Campo di grano con corvi. Una copia anche questa. Un tratto decisamente più aggressivo...». «Decisamente», ripeté Bram, affascinato dal dipinto come poco prima William dal Monet. «È selvaggio. È... rischia addirittura di essere impreciso. È sanguigno, direi. È splendido», disse, e i suoi occhi neri si accesero di una luce minacciosa. «Non vi sembra di sentire l’odore di quel campo di grano?», domandò Golan indicando il quadro. «Guardate quel giallo intenso, l’imponente cielo notturno, il sentiero che conduce alla luna. Guardate la seconda luna, sulla sinistra, e quel volo di corvi neri come la pece. Satipo?». «Van Gogh è Van Gogh, non servo io per capirlo. Che cos’hai in mente? A quanto ne so, gli originali sono entrambi spariti da un pezzo». «A quanto ne so io, no», replicò Golan. «Tu sai dove si trovano?», domandò a sua volta Chew, la fronte corrugata sotto le ciglia grigie e folte. «Sì». 33


IL FANTASMA DI SHANGAI_interno_def2.Enrico.qxd:interno 27/05/14 17.15 Pagina 34

Pierluigi Fantin

«Dove?», chiese di getto Satipo, serrando subito dopo la bocca, come pentendosi della sua domanda. «Non è solo il dove il problema – intervenne a quel punto Kaeru –, ma il chi. La persona che li possiede attualmente è un uomo molto pericoloso». William sentì nuovamente un brivido di inquietudine. Pensò all’insegna della biblioteca del Maestro, alla parola che vi era intarsiata sopra: cambiare. Immaginò un violento colpo di vento abbattersi sull’insegna e farla cadere a terra. E poi quel nome. La conferma di un terribile presentimento. Gli occhi di smeraldo di William si segnarono e persero una goccia della loro luce. Quinlan. Quinlan. I volti di tutti si incupirono. L’espressione di Bram si tinse di rabbia. Un incontenibile desiderio di vendetta si conficcò nella sua testa. Si morse le labbra. Una piccola linea di sangue sulla bocca. «Dove si nasconde quel bastardo?». «Questa missione non prevede la tua vendetta privata, Bram», lo ammonì Golan, inamovibile. «Con che coraggio mi dici questo?». «Nessuno ha dimenticato quello che ti ha fatto quell’uomo, ma questa non è una spedizione punitiva». «Neanche io ho dimenticato. Dimmi solo dove si nasconde, se lo sai». Kaeru, Satipo e Chew si guardarono preoccupati. La discussione rischiava di degenerare. Fu William a intervenire. La sua volontà di mettere a segno un ultimo colpo con Bram e con gli uomini di Axia prima di abbandonare l’organizzazione non era mutata, ma Quinlan... Fu per salvare l’amico da se stesso che prese la parola. 34


IL FANTASMA DI SHANGAI_interno_def2.Enrico.qxd:interno 27/05/14 17.15 Pagina 35

IL FANTASMA DI SHANGHAI

«Ho accettato di venire qui per un unico motivo», disse, voce che non ammetteva repliche. «Per pianificare un colpo. Se stiamo pensando di rubare due quadri, sono con voi. Un colpo di Axia. Un colpo formidabile viste le opere di cui parla Golan. E a danno del nostro nemico di sempre. È l’occasione giusta per una rivalsa. Non per una vendetta». «William, non mettertici anche tu». «Forse non mi sono spiegato bene. Se stiamo pensando di derubare quel bastardo di Quinlan, sono doppiamente con voi. Vi darò tutto il mio appoggio, come ho sempre fatto da quando faccio parte dell’organizzazione. Ma se è un assassinio premeditato quello che vogliamo compiere, se è un assassinio quello che vuoi compiere – aggiunse fissando Bram negli occhi –, allora dovrai fare a meno di me». «William ha ragione, Bram», lo incalzò Golan. «Se non sei lucido non sei adatto per questa missione». «Da quando sono diventato un peso?». «Non lo sei mai stato, né lo sarai mai. Ma non hai il diritto di mettere a repentaglio la vita dei tuoi compagni. A meno che tu non li ritenga sacrificabili. Forse ho sbagliato a coinvolgerti». Bram era scosso, il sangue scorreva all’impazzata nelle sue vene. La vendetta che aveva così tanto agognato sembrava ora a portata di mano e i propri compagni, lo sapeva, lo avrebbero seguito comunque, William per primo. Ma era giusto rischiare la loro vita per provare a prendere quella di Quinlan? La vendetta valeva davvero più dell’amicizia? Più di Axia, più di Golan, più di William? «Mi ha fatto torturare per giorni», scandì in un bisbiglio rabbioso, il dubbio che lo teneva in bilico tra l’azione e la rinuncia al suo proposito. «Non sei l’unico ad avere brutti ricordi qui», controbatté 35


IL FANTASMA DI SHANGAI_interno_def2.Enrico.qxd:interno 27/05/14 17.15 Pagina 36

Pierluigi Fantin

Kaeru. «Portiamo tutti delle cicatrici. Cicatrici molto profonde, che fanno ancora male. William, Golan, Satipo, Chew, io... tutti noi. Il tuo dolore non vale più del nostro». La tensione era altissima. Kaeru aveva colto nel segno. Le parole successive di Bram sarebbero state decisive. Lo convinse la mano di William. Bram la sentì, rassicurante ma decisa, posarsi sopra la sua. E la rabbia che gli ruggiva in corpo si placò, come un’onda che si preannuncia burrascosa ma poi, in prossimità della riva, perde d’impeto e s’infrange dolcemente sulla battigia. «Sono lucido», disse, un respiro quasi affannato. «Devi esserne certo», replicò Golan. «Sono lucido», ripeté Bram. «Sono con voi». «Non ci saranno ripensamenti?», gli chiese William. «Nessun ripensamento». «Io mi fido di quello che dirai ora, quindi te lo chiedo per l’ultima volta. Promettimi che non cercherai lo scontro con Quinlan». «Te lo prometto». Ed era sincero mentre parlava, i suoi occhi di pece in quelli di smeraldo di William. «Bene», concluse Golan. «Procediamo». «Come sapete – riprese a dire Kaeru –, il Monet è stato rubato dal Museo Marmottan di Parigi tre anni fa. Un colpo da veri professionisti. Dal giorno della rapina, del quadro si sono perse tutte le tracce. Sparito nel nulla, insieme ai rapinatori. Il Marmottan ha un sistema di allarme sofisticassimo, non so come abbiano fatto a violarlo, eppure questo è quanto. Gli inquirenti non hanno trovato segni di scasso, né impronte. Nulla che potesse condurli a una qualche pista. Il Van Gogh, invece – sapete sicuramente anche questo –, è stato rubato ad 36


IL FANTASMA DI SHANGAI_interno_def2.Enrico.qxd:interno 27/05/14 17.15 Pagina 37

IL FANTASMA DI SHANGHAI

Amsterdam, pochi mesi fa. Anche in questo caso il dipinto sembra essersi volatilizzato. Nessuna traccia, nessun indizio. Neanche l’Interpol sa come muoversi». «Alla ricerca dei quadri fantasma», scherzò Bram. «Due fantasmi che valgono venti milioni di dollari ciascuno». «Venti milioni?». «Ciascuno», ripeté Kaeru. «Potremmo chiudere la baracca dopo questo colpo», esclamò Bram indicando lo stendardo su cui era ricamata la catena di bronzo simbolo di Axia. «Questo è da vedere», commentò Golan voltandosi verso William e cercando di leggere il suo sguardo, come se già fosse a conoscenza del suo disagio interiore. I loro occhi si incontrarono per un istante, un tempo sufficiente per dare al Navajo la conferma di quanto aveva intuito. Era la prima volta che vedeva vacillare gli occhi di smeraldo di William, al quale voleva bene come a un figlio. «Cominciavamo a pensare che non avremmo più saputo nulla di quei due quadri – continuò Kaeru –, fino a che un nostro informatore, pochi giorni fa, non ci ha riferito che il Monet e il Van Gogh sono finiti nelle mani di Quinlan. Motivo per cui siamo qui oggi». «Chi è l’informatore?», chiese Satipo con una strana curiosità nella voce, le sue labbra sottili serrate come a impedire alla bocca di parlare ancora. «Si chiama Quinto. Lavora per noi da molto tempo anche se non avete mai avuto modo di conoscerlo. È riuscito a infiltrarsi tra gli uomini di Quinlan fingendosi un mercenario». «È bravo, allora», commentò William. «Sì», confermò Kaeru, i fieri occhi a mandorla. «Il furto dei quadri di Vermeer, ricordate? È stato quasi tutto merito suo». 37


IL FANTASMA DI SHANGAI_interno_def2.Enrico.qxd:interno 27/05/14 17.15 Pagina 38

Pierluigi Fantin

«Talmente bravo – aggiunse Golan –, che ora sappiamo dove si trova il quartier generale di Quinlan. A Yeelis Mos». «E dove sarebbe?», domandò Bram. «Yeelis Mos – spiegò il Navajo – è un sito archeologico abbandonato che sorge alla periferia di Shanghai. Una fortezza diroccata con un perimetro di mura di cinta ancora intatto. Niente turisti, niente occhi indiscreti, niente poliziotti. Un nascondiglio perfetto. Non esiste un luogo più sicuro e isolato, eppure così vicino alla città». «Quinlan non è uno stupido», commentò Chew. «Affatto», ribadì William con aria pensierosa. «Come comunicate con l’informatore?», chiese poi. «Non possiamo metterci in contatto con lui se non è lui a cercarci», rispose Golan. «Quinlan può decriptare ogni comunicazione in entrata e in uscita da Yeelis Mos. Possiede una rete telematica su cui ha il controllo totale. Per parlare con Quinto dobbiamo attendere che esca da Yeelis Mos. E che sia da solo». «Cos’altro sappiamo?», domandò Bram, ansioso di conoscere tutti i particolari del caso. «I quadri verranno portati a Yeelis Mos fra quattro giorni a partire da oggi. Rimarranno custoditi nella fortezza una notte soltanto. La mattina successiva verranno imbarcati per un volo diretto in Nicaragua, dove verranno venduti a un narcotrafficante multimilionario». «Una notte soltanto», ripeté William. «La nostra notte. Conosciamo il tragitto dei quadri? Come li trasporteranno a Yeelis Mos?». «Dalla Foresta dei Salici, nascosti nel pick-up di un finto rigattiere». «Potremmo intercettare il pick-up prima che entri nella Foresta», suggerì Bram. «O assaltarlo la mattina dopo, sulla 38


IL FANTASMA DI SHANGAI_interno_def2.Enrico.qxd:interno 27/05/14 17.15 Pagina 39

IL FANTASMA DI SHANGHAI

strada per l’aeroporto. La strada sarebbe un vantaggio per noi». «Lo escluderei. Il trasporto sarà sorvegliatissimo. E la Foresta dei Salici è il luogo ideale per un’imboscata. È a Yeelis Mos che colpiremo. Il lupo è più vulnerabile quando si sente al sicuro nella sua tana». «Loro quanti saranno?», chiese William, il suo tipico fare da stratega. «Non più di trenta. E Quinto sarà tra di loro. Un bel vantaggio, se troviamo il modo di sfruttarlo». «Serve un gruppo abbastanza piccolo da non dare nell’occhio ma sufficientemente numeroso da condurre un attacco con successo...», rifletté William a voce alta. «Attacco che peraltro Quinlan ritiene altamente improbabile», chiosò Golan. «E se gli uomini di Quinlan fossero più di quanti ce ne aspettiamo?», obiettò Satipo, di nuovo una strana insicurezza nell’esprimere i suoi ragionevoli dubbi. «Sei sicuro che possiamo fidarci del tuo informatore? Non potrebbe essere una trappola?». «Da quanti anni mi conosci, Satipo? Pensi che vi proporrei una missione così pericolosa se non fossi più che certo di quanto vi sto dicendo?». «Non volevo mettere in dubbio la tua parola, Golan»¸ rispose l’esperto d’arte con condiscendenza quasi eccessiva. «Voglio solo il bene dell’organizzazione, lo sai. Non voglio che qualcuno di noi corra rischi inutili. Non si scherza con Quinlan». «Lo so bene. L’occasione però è molto invitante. Sta a noi decidere se coglierla o no». «Ok», intervenne Bram, deciso a definire subito il piano. «Stai pensando a un’incursione, giusto?». «Sì. Dovrete essere in pochi. Abili, rapidi, silenziosi. I migliori. Ecco perché dovete farlo voi due», rispose il Navajo puntando 39


IL FANTASMA DI SHANGAI_interno_def2.Enrico.qxd:interno 27/05/14 17.15 Pagina 40

Pierluigi Fantin

il dito su di lui e su William. «Non dovrete essere più di quattro. Dovrete essere invisibili. Come fantasmi». «Allora ne mancano solo due», disse William, occhi di smeraldo che si impongono entusiasmo. Insieme, Bram. Per l’ultima missione, pensò. «Ne mancano solo due», ripeté Bram posando una mano sulla spalla dell’amico, tra impeto e riconoscenza. «Ne manca uno». Una voce nuova, potente, profonda. Qiu-Ju si rivelava dopo essere rimasto in disparte per tutta la durata dell’incontro. Il suo profilo da indiano Navajo era ancora più marcato di quello di Golan e il suo portamento era quello lento e serafico di un uomo sicuro di sé. «Te l’avevo detto che avrebbero accettato», disse rivolgendosi a Golan e ricevendo come risposta un sorriso eloquente. «Tu sapevi?», chiese Chew, sorpreso dall’arrivo del Navajo. «La cosa ti stupisce?». «A dire il vero no, anzi mi chiedevo come mai ti stessi perdendo questa festa. Non serve che tu risponda». «Non possiamo andare senza un esperto d’arte...», disse a quel punto Bram. «Non io», rispose di scatto Satipo. «Con noi sarai al sicuro». «Non partecipo mai alle missioni. Non me la sento». «Senza di te non ha senso andare», intervenne William con fare risoluto, la sua attitudine al comando che con il concretizzarsi del piano cominciava a riemergere. «Se Quinlan prova a depistarci con dei falsi siamo fregati». «Per favore, sarei un peso per tutti», tentò ancora Satipo, sempre più alle strette, oltremodo desideroso di tirarsi indietro ma allo stesso tempo timoroso di apparire eccessivamente rinunciatario. 40


IL FANTASMA DI SHANGAI_interno_def2.Enrico.qxd:interno 27/05/14 17.15 Pagina 41

IL FANTASMA DI SHANGHAI

«Non ti lasceremo solo neanche un secondo», insisté William. «Possiamo farcela». «Allora, direi che è deciso», incalzò Kaeru. «Sì», confermò Bram. «Avete i vostri fantastici quattro». «È deciso», ribadì Qiu-Ju. «Sì», ripeté William trattenendo un sospiro. «Facciamolo». «Sì», disse per ultimo Satipo, un macigno di paura strozzato nella gola. Poi, mentre tra le alte pareti di pietra della sala si ricomponeva un silenzio ovattato, tutti si voltarono a guardare le copie del Monet e del Van Gogh. La strana sensazione che fossero i quadri a guardare loro.

La porta del laboratorio di Chew non aveva maniglie né serrature ed era costituita da un unico blocco di legno ricco di morbide venature. Chew appoggiò entrambe le mani sulla parte sinistra della porta e vi esercitò una leggera pressione. Si udì un secco scatto meccanico. Un attimo di pausa, poi si azionò un congegno che produsse un cigolio ferroso. Lentamente la porta del laboratorio iniziò ad aprirsi, scivolando di lato come un sipario. In quello stesso istante i tre grossi tubi al neon disposti sul soffitto si accesero. Uno dei tubi emetteva luce a intermittenza, un ritmo scandito da un irregolare ticchettio. Chew fece strada e si diresse verso il suo tavolo da lavoro sul quale erano posizionati, in un disordine paradossalmente logico, una moltitudine di armi, pezzi di ricambio, contenitori di tutte le dimensioni e una serie indefinita di attrezzi. «Primo regalo per voi», cominciò a dire l’inventore, e sollevò dal tavolo una sottile fiala di vetro che, attraversata dalla luce al neon, rivelò un rosso amaranto acceso, quasi di vernice. «Un antidoto universale. Contro ogni tipo di veleno». 41


IL FANTASMA DI SHANGAI_interno_def2.Enrico.qxd:interno 27/05/14 17.15 Pagina 42

Pierluigi Fantin

«Dovremmo brevettarlo», commentò Bram, mentre sul volto di William, forse per la prima volta in quella giornata, ricompariva il suo inconfondibile sorriso. «Seconda sorpresa», proseguì l’inventore. «Copri-braccia di cuoio. Trattati con un unguento di mia ideazione. Sono leggeri ma molto resistenti. Provateli». William li indossò. Fattura preziosa, cuoio nero con fregi d’argento, un senso di robustezza, di sicurezza, di ottima maneggevolezza. «Resistenti a...?», domandò muovendo il braccio a simulare i movimenti della lotta. La protezione di cuoio ricopriva l’avambraccio dal polso al gomito e calzava come un guanto. «Armi da taglio. Sono pensati per i corpo a corpo». «E le pallottole?». «Non nascono per questo scopo. Se il colpo è ravvicinato il cuoio cede». «Li prendiamo lo stesso», ironizzò Bram. «Certo che li prendete», ribatté Chew, gli occhi vivaci sotto le sopracciglia grigie. «Il meglio però deve ancora venire. Ma vi avverto: tenete a bada l’entusiasmo», e con un gesto quasi teatrale indicò una scatola d’argento contenente due pietre, una blu e una rossa. «Zaffiro – disse afferrando la pietra blu con la mano destra – e rubino», prendendo la rossa con la sinistra. Queste due pietre sono in grado di assorbire la luce che le colpisce, da qualsiasi sorgente essa provenga. Un semplice riflesso, un raggio di luna o di sole, il flash di una macchina fotografica. Immaginate già cosa sto per dire?». «Ci sei riuscito davvero?», lo interruppe William, letteralmente incredulo. «Sì. Dopo anni di tentativi. Ora possiamo convogliare la luce raccolta dalle pietre sulla lama di una spada. Una volta 42


IL FANTASMA DI SHANGAI_interno_def2.Enrico.qxd:interno 27/05/14 17.15 Pagina 43

IL FANTASMA DI SHANGHAI

incastonata la pietra nell’elsa avrete a disposizione una fonte di energia pressoché infinita che renderà le vostre lame più forti, più taglienti e più resistenti. Vi basterà sfiorare la pietra con un dito e la luce si irradierà direttamente sulla lama». «Sei contento, William?», gli domandò Bram con il suo solito sarcasmo. «Finalmente sei un Jedi». «Lo prendo come un regalo personale, Chew», affermò William. «Sei un genio». «Bene, allora. Per oggi direi che abbiamo fatto abbastanza. Andate a mangiare un boccone, avrete fame. E domattina portatemi le spade, ci metterò una giornata».

Con l’approssimarsi dell’alba alcuni tiepidi raggi di sole cominciarono a penetrare dalle grandi finestre del castello e a illuminare ogni cosa di una luce rassicurante. Bram si recò nella sua stanza a godere di un lungo sonno diurno. William invece decise di rimandare il riposo e salì sulla torre più alta della rocca per ammirare l’aurora sul mare di Changshazhen. La luce era soffusa e tingeva l’acqua di rosa. Una piccola imbarcazione a vela navigava all’orizzonte. William si sedette a terra, gambe incrociate, la posizione di meditazione insegnatagli dal Maestro Koˇngquè, ed estrasse dalla tasca interna del giubbotto il proprio diario e una penna. Il diario era rovinato dall’uso ma i graffi sulla rilegatura di pelle ne aumentavano il fascino. Le pagine erano corpose e spesse, fitte di appunti, disegni, fotografie, articoli di giornale, numeri di telefono, biglietti aerei, ritratti. Si vedeva che sopra ci era passata una vita avventurosa. Distese la prima pagina bianca che trovò, una delle ultime 43


IL FANTASMA DI SHANGAI_interno_def2.Enrico.qxd:interno 27/05/14 17.15 Pagina 44

Pierluigi Fantin

disponibili, e vi premette contro la punta della penna. Poi guardò verso il mare e provò a descrivere quello che vide. Un dialogo immaginario tra una vela e l’aurora.

VELA – La tua bellezza, aurora, mi riempie il cuore. Ti trasformi in mille colori, da quando sorgi fino al guizzo che precede il tramonto, ed io, per ammirarti, mi fermo in mezzo al mare. E non c’è libeccio, maestrale o marinaio che mi possa convincere: i miei occhi sono per te, aurora. E più di tutti mi affascina il momento in cui i tuoi bagliori, rosa come lunghi nastri mossi dalla brezza del mattino, si affacciano sul mare, e sull’acqua, senza fretta, si diffondono. Dalla riva, gli uomini che guardano l’orizzonte sperano che tu li sfiori, e che li accarezzi con le tue dita gentili. È una vita sfortunata la loro, se non ti hanno mai vista da qui, dal punto in cui mi trovo io ora, ai bordi dell’orizzonte. Dall’albero di questa nave che conduco, lasciati guardare per un po’, aurora... AURORA – Dolce vela, se non ti sapessi già sposa del vento, penserei alle tue come a parole d’amore. E arrossirei, se solo l’eterno scorrere della natura lo permettesse. Ma non posso. Col passare dei minuti invece divento più chiara e più luminosa. Tuttavia, credimi, non è vanità la mia... VELA – Sei troppo modesta, aurora. Gli uomini dovrebbero essere modesti, non tu. Eccoli, laggiù, sulla riva. Pittori, pescatori, pirati ed amanti. Se non fosse per te, che ne sarebbe di loro? Sarebbero perduti. Con che dolcezza ti guardano... In quel momento il sole all’aurora, come se provasse vergogna, si sollevò dal suo letto di mare e si nascose dietro la vela della piccola imbarcazione. E la vela, da bianca, divenne rosa, come avvolta da un tenue manto di timidezza. 44


IL FANTASMA DI SHANGAI_interno_def2.Enrico.qxd:interno 27/05/14 17.15 Pagina 45

IL FANTASMA DI SHANGHAI

«È bella, vero?», disse Golan sedendoglisi accanto e riportandolo alla realtà. «È la stessa aurora che vedevamo nella nostra prateria. A parte il mare, chiaramente. Per noi era il segnale per la caccia al bisonte. L’erba era più soffice a quest’ora del giorno». William chiuse il diario e lo ripose nel giubbotto insieme alla penna. «È un’aurora magica. Come l’alba del quadro di Monet», disse, mare rosa negli occhi. «Golan – esitò poi un istante –, che cos’è Axia per te?». «Perché me lo chiedi?». «Perché...». «No, aspetta», lo interruppe il Navajo, i capelli neri, lunghi e fini perfettamente raccolti dietro la nuca, la carnagione olivastra, i tratti pronunciati resi marmorei dai riflessi dell’alba, gli occhi nocciola scuro, il fare paterno che aveva solo con William. «Perdona la mia arroganza. Ti dirò che cosa significa Axia per me. Axia per me è stata salvezza. Non dimenticherò mai la prima volta che ho visto il Mercato del Mandarino Yu. È vero quanto dicono: che ha in sé il caos della polvere di stelle. Io e Qiu-Ju eravamo due vagabondi, stremati da dieci anni di pericoli. La nostra riserva era stata distrutta durante un’assurda esercitazione militare. Non se ne andrà mai via quell’immagine, quel fumo nero, così pesante, le nostre tende e le nostre case incendiate, le grida disperate della nostra gente... Cosa speravo di trovare a Shanghai? Un pretesto per dimenticare, nulla di più, non avevo altro. Fino a che non ho incontrato il Maestro Koˇngquè». «Siamo andati a trovarlo ieri, prima di partire». «Come sta?». «Bene, ha chiesto di te, dice che è tanto che non vi vedete». «Ha ragione. Colpa mia». 45


IL FANTASMA DI SHANGAI_interno_def2.Enrico.qxd:interno 27/05/14 17.15 Pagina 46

Pierluigi Fantin

«Non è cambiato», disse William riferendosi all’insegna della biblioteca. «E tu?», gli domandò Golan. «Sei cambiato?». «Non lo so. Forse non sono ancora pronto». «Non c’è motivo di mettere fretta al tempo», tentò di rasserenarlo il Navajo mentre due rughe si affacciavano sulle sue guance, regalo dell’esperienza. «Lo so che non è una scelta facile. Ero venuto proprio per parlare di questo. Ci mancherai», gli disse con un sorriso affettuoso. «Tu mi leggi nel cuore, Golan, come il Maestro...». «Non sei mai stato bravo a nascondere le tue emozioni, William. Ma tu vivi di emozioni, perché dovresti nasconderle? Sono loro a darti la forza che hai. Un giorno lo capirai». «E non mi chiedi...». «Perché vuoi lasciare Axia?». «Sì». «Non spetta a me rivolgerti questa domanda. Spetta a te solo, e a nessun altro. Con la stessa naturalezza con cui scrivi il tuo diario, così devi assecondare il tuo istinto. Hai qualcosa dentro che ti ha sempre indicato il sentiero giusto da percorrere. Un passo dopo l’altro. Non sbaglierai». «Lo spero. Il pensiero di lasciare te, Bram e gli altri mi lacera». «Ci vuole coraggio per cambiare». «Sì...». «Come l’ha presa Bram?». «Male». «Non mi stupisce. Per lui sei come un fratello». «Lo stesso vale me». «Vedrai, prima o poi saprà accettare la tua scelta». «Lo spero». «O magari, alla fine, scoprirà che sta cambiando anche lui».

46


IL FANTASMA DI SHANGAI_interno_def2.Enrico.qxd:interno 27/05/14 17.15 Pagina 47

IL FANTASMA DI SHANGHAI

La mattina della partenza si ritrovarono tutti nello spiazzo antistante al ponte levatoio. La Maserati grigia di William e la Saab nera di Qiu-Ju erano pronte ed erano state tirate a lucido per l’occasione, in segno di buon auspicio. Chew aprì i due portabagagli e mostrò i doppi fondi che aveva costruito. «C’è spazio sufficiente per tutti e due i quadri», disse. «Trattateli bene quei dipinti, mi raccomando». «E le armi?», domandò Bram. «Potete nascondere pistole e munizioni dietro al cruscotto dell’aria condizionata, in tutte e due le auto. Le vostre spade sono fissate sotto i sedili anteriori, insieme ai copri-braccia e alle fiale con l’antidoto. Su suggerimento di Qiu-Ju vi ho anche procurato dei giubbotti antiproiettile e dei pastrani, in caso aveste bisogno di mimetizzarvi». «Perfetto». «Dunque, ripassiamo il piano», disse Golan. «Qiu-Ju vi guiderà sulla Collina Bianca, un’altura che domina l’intera area di Yeelis Mos dalla quale avrete un’ottima visuale sulla Foresta dei Salici e sulla fortezza. Quando avvisterete il pick-up che trasporta i quadri non fatevi trarre in inganno. È molto probabile che rimarrà per alcune ore fermo nella Foresta. Un’esca. Non abboccate. Non addentratevi in quella Foresta per nessun motivo, pullulerà di cecchini. Quando saranno certi di non essere seguiti, gli uomini di Quinlan guideranno il pickup sul sentiero che conduce direttamente dentro la fortezza. Quinto sarà lì ad aspettarvi. Prendete il Monet e il Van Gogh e fuggite via. Il successo della missione dipenderà dalla vostra capacità di essere silenziosi. Potete cavarvela senza combattere se riuscite a non farvi scoprire», concluse rivolgendo a Satipo uno sguardo d’incoraggiamento che l’esperto d’arte accolse quasi con imbarazzo. «Domande?». «Il problema sarà eludere le postazioni di vedetta», commentò 47


IL FANTASMA DI SHANGAI_interno_def2.Enrico.qxd:interno 27/05/14 17.15 Pagina 48

Pierluigi Fantin

Bram. «Peccato che Quinto non ci abbia fornito qualche informazione in più su come penetrare all’interno della fortezza». «Sta svolgendo un compito estremamente delicato, lo sapete. Non è riuscito a dirci altro. Dobbiamo accontentarci di quello che sappiamo». «Non ci serve altro», disse William, la risolutezza del capo. «Finalmente, quello che volevo sentirti dire», commentò Bram. William sorrise, il viso luminoso, gli occhi di smeraldo caldo. Golan, Kaeru e Chew augurarono buona fortuna ai quattro in partenza e raccomandarono loro prudenza. William e Bram salirono sulla Maserati e chiusero le portiere con forza. Qiu-Ju e Satipo montarono sulla Saab. Chew azionò il ponte levatoio, che si abbassò rivelando una vasta campagna verde e rigogliosa. Un rombo di motori. I bagliori dell’acqua marina illuminata dal sole. Golan e Kaeru si guardarono convinti, la loro fiducia riposta negli uomini più abili di Axia. «Torniamo a Shanghai», disse William inforcando gli occhiali da sole. «Musica?».

48


IL FANTASMA DI SHANGAI_interno_def2.Enrico.qxd:interno 27/05/14 17.15 Pagina 4



Turn static files into dynamic content formats.

Create a flipbook
Issuu converts static files into: digital portfolios, online yearbooks, online catalogs, digital photo albums and more. Sign up and create your flipbook.