Le migrazioni

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MIGRAZIONI DEGLI INSETTI FARFALLA MONARCA

MIGRAZIONE DEGLI UCCELLI LE OCHE

MIGRAZIONI DEGLI UNGOLATI GLI GNU

MIGRAZIONI DEI CETACEI MEGATTERA

MIGRAZIONI DEI PESCI LE ANGUILLE


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00 LE MIGRAZIONI Il fenomeno delle migrazioni, noto all’uomo fin dai tempi antichi, spinge gli animali appartenenti alle specie pi˘ diverse a spostarsi dalle terre di origine verso nuove aree, e quindi a tornare indietro lungo rotte prestabilite, con periodica e puntuale ricorrenza. Restano, tuttavia, ancora non ben definite, e in alcuni casi misteriose, le cause che li determinano. Per rispondere a questi perchÈ Ë importante considerare gli stimoli immediati che innescano il viaggio e i fattori selettivi che rendono vantaggioso il cambiamento di luogo. Tra i fattori scatenanti a breve termine sembrano avere ampia diffusione meccanismi interni che agiscono come un ´orologio fisiologicoª per avvertire che Ë arrivato il momento di migrare e, tra i segnali esterni, le variazioni della lunghezza del giorno, particolarmente apprezzabili alle medie ed elevate latitudini; numerosi

animali possiedono un orologio interno ben regolato che consente di calcolare la durata del giorno e iniziare il viaggio in modo che l’arrivo coincida con condizioni ottimali per la riproduzione. Schematicamente i movimenti migratori possono essere distinti in esodi, nei casi in cui non ci sia ritorno ai punti di partenza; in migrazioni continue, quando gli spostamenti avvengano pi˘ o meno senza interruzioni, e in migrazioni discontinue quando al contrario gli spostamenti siano intercalati a periodi di stasi. » tuttavia estremamente difficile tracciare tali schematizzazioni, dal momento che esistono situazioni intermedie sfumate tra comportamenti tipicamente migratori e abitudini sedentarie, sia nell’ambito di specie strettamente imparentate che tra diverse popolazioni della stessa specie.


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01 MIGRAZIONI DEGLI INSETTI Diverse specie di Locuste hanno sviluppato un comportamento migratorio: le pi˘ famose, fin dall’antichit‡, sono senza dubbio la Locusta migratoria, Locusta migratoria, diffusa in Africa, Asia, Europa e Australia, e la Locusta del deserto, Schistocerca gregaria, presente in una fascia estesa dall’India settentrionale all’ Africa del nord. Tutte le Locuste migratorie attraversano due fasi ben distinte e riconoscibili per marcate differenze di forma, colore, fisiologia e comportamento: una fase ´solitariaª in cui Ë assente qualsiasi tendenza associativa o coordinamento nel volo, e una ´gregariaª, in cui l’impulso al comportamento associativo e alla migrazione diventano irresistibili. Improvvisi aumenti della densit‡ di popolazione nelle aree di riproduzione, conseguenti al verificarsi di particolari condizioni ambientali, svolgono un ruolo importante come fattori determinanti per la trasformazione dalla fase solitaria a quella gregaria. Gli sciami che si alzano in volo, abbandonandosi in larga parte alla direzione del vento, possono coprire aree di estensione superiore a 1000 kmq e spostarsi per migliaia di chilometri causando immani devastazioni a ogni sosta. Le migrazioni di Locusta migratoria hanno carattere di esodo dal momento che i movimenti degli sciami sono ´a senso unicoª, mentre quelle di Schistocerca gregaria per la periodicit‡, la regolarit‡ degli spostamenti e l’esistenza di

un ritorno, costituiscono una migrazione propriamente detta. Numerosissime specie di Insetti oltre alle Locuste intraprendono migrazioni: tale comportamento puÚ essere legato sia alla ricerca del cibo che al manifestarsi di fenomeni di gregarismo o di sovraffollamento, spesso collegati a particolari modificazioni fisiologiche, morfologiche e comportamentali: tra le Farfalle, la Cavolaia maggiore, Pieris brassicae, attraversa fasi gregari e associate alla comparsa di melanismo nei bruchi, prima che negli adulti si manifesti il comportamento migratorio. Alcune Libellule, come Libellula depressa, L. quadrimaculata e Sympetrum meridionale, tutte specie europee, si spostano in sciami numerosissimi: a determinare l’impulso ligratorio, sembra siano da una parte un umento improvviso della densit‡ di opolazione e, dall’altra, caratteristiche climatiche come la temperatura e l’umidit‡ dell’aria. Un Emittero Eterottero, Eurygaster integriceps, fornisce invece un esempio di migrazione stagionale. All’inizio dell’estate, dopo aver accumulato abbondanti riserve di grasso, volano in moltitudini immense verso monti, talvolta agevolati dal vento, percorrendo fino a 200 km di distanza. Vi trascorrono l’estate in riposo per spostarsi in autunno verso i pi˘ bassi e soleggiati pendii montani da dove, all’inizio della primavera, intraprenderanno una terza migrazione verso le pianure.


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01/2 FARFALLA MONARCA Uno dei pi˘ noti Insetti che compiono vere e proprie migrazioni su ampio raggio Ë la cosiddetta Farfalla Monarca, Danaus plexippus, appartenente alla famiglia dei Danaidi. Tra un’ America e l’altra. La Farfalla Monarca Ë distribuita in quasi tutta l’America, dal Canada meridionale fino al Paraguay, ma in Nordamerica Ë presente soltanto durante la stagione estiva. A seconda delle condizioni climatiche questo Lepidottero presenta un numero variabile di generazioni annuali. Gli spostamenti migratori verso i quartieri di svernamento pi˘ meridionali vengono intrapresi nel periodo autunnale. Nella prima fase della migrazione gli individui si riuniscono in piccoli nuclei, successivamente formano gruppi di molte migliaia di unit‡ comprendenti entrambi i sessi. Le popolazioni occidentali di Farfalla Monarca migrano in direzione sudoccidentale, mentre quelle centrali e orientali si dirigono perlopi˘ a meridione. Alcune delle aree di svernamento delle popolazioni occidentali di questo Insetto sono state individuate in alcune regioni montane costiere della California; qui gli individui di Farfalla Monarca sostano a migliaia sui tronchi e sui rami degli Eucalipti e di varie Conifere, dove trascorrono l’inverno in uno stato di semiibernazione. Gli accoppiamenti avvengono in primavera nei quartieri di svernamento, dopodichÈ entrambi i sessi ritornano nelle aree pi˘ settentrionali di estivazione. Durante il viaggio di ritorno le femmine depongono le uova su piante del genere Asclepias che incontrano lungo il tragitto. Le popolazioni orientali di Farfalla Monarca presenti negli Stati Uniti, mostrano un comportamento migratorio

diverso. Fino a pochi anni or sono i siti di svernamento di queste erano praticamente sconosciuti nonostante le intense ricerche condotte al riguardo, effettuate anche mediante l’utilizzo di individui ´marcatiª. Nel 1976, grazie alle indagini di alcuni zoologi canadesi, fu finalmente individuata l’area geografica di destinazione delle popolazioni svernanti orientali di questa Farfalla. Tale area geografica Ë rappresentata da una piccola valletta di circa 1,5 ettari, collocata a un’altitudine di circa 3000 m in Messico, nello Stato di Michoacan. Anche in questo caso le Farfalle si raggruppano a migliaia sui tronchi di varie Conifere e, secondo una stima del 1977, la presenza della Farfalla Monarca in questa valletta ammontava a circa 14 milioni di individui. Lo studio sui movimenti migratori di questi Insetti viene condotto tramite il ´marcaggioª degli individui, in modo analogo all’inanellamento degli Uccelli. Ovviamente il metodo utilizzato per contrassegnare questi Lepidotteri deve essere adeguato alla delicatezza della loro struttura corporea. Esso consiste nell’applicare sulle ali di ciascun individuo piccole targhette di carta con sopra scritto un numero di riferimento. Per mezzo di questi esperimenti si sono potute fare alcune interessanti osservazioni, come ad esempio il fatto che il viaggio pi˘ rapido effettuato da una Farfalla Monarca Ë stato di 2150 km in soli 43 giorni, con una velocit‡ media di almeno 51 km al giorno. Il viaggio pi˘ lungo sinora documentato, invece, Ë stato intrapreso da uno di questi Insetti partendo dall’Ontario arrivando sino in Messico, coprendo una distanza in linea d’aria di 3000 km.


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01/3 MIGRAZIONE DEGLI UCCELLI L’adattamento al volo comporta molti vantaggi per gli organismi che ne sono possessori, in quanto permette loro, tra l’altro, di coprire grandi distanze in tempi relativamente brevi. Gli Uccelli riescono in questo modo a utilizzare territori che possono essere molto ricchi di cibo in determinati periodi, ma che risultano totalmente inospitali in altri. Questi spostamenti, regolari e su ampia scala, di una popolazione, o parte di essa, da una ben definita area di riproduzione a un’altra, distaccata, di svernamento, e viceversa, vengono chiamati migrazioni. In realt‡ questa definizione non copre tutti i casi di migrazione presenti nelle popolazioni di Uccelli, ma viene oggi generalmente considerata valida per la maggior parte di essi. Il fenomeno della migrazione Ë il complesso risultato evolutivo di tutta una serie di fattori ecologici che alla fine hanno reso vantaggioso, per moltissime specie, lo spostamento in massa di un gran numero di individui da una parte all’altra dei continenti, ovviamente non senza

enormi problemi e numerose perdite. Gli Uccelli migratori sono molto sensibili alle variazioni ambientali, come la presenza di luce nell’arco della giornata, i mutamenti climatici stagionali, i cicli di produzione delle risorse alimentari ecc. A queste variazioni esterne corrisponde un cambiamento interno di tipo fisiologico, soprattutto a livello ormonale, che permette loro, ad esempio, di accumulare grasso a sufficienza per il volo. Le rotte e i tempi degli spostamenti, cosÏ come le incredibili capacit‡ di orientamento dei migratori, poggiano poi su ben salde fondamenta genetiche. Sostanzialmente le basi della migrazione sono le stesse per tutti gli Uccelli, ma a seconda del tipo di ambiente della localizzazione geografica si assiste a differenze notevoli soprattutto per quanto riguarda le rotte di volo. Tutti i cieli del mondo sono solcati da migliaia di strade invisibili percorse ogni anno da milioni di Uccelli, e la principale rotta di migrazione all’interno dei continenti sembrerebbe correre lungo un asse nord-sud.


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01/4 LE OCHE PoichÈ le Oche si nutrono prevalentemente di erba e altre sostanze vegetali, non hanno bisogno di intraprendere i lunghissimi viaggi intercontinentali dei migratori insettivori; semplicemente si spostano per motivi climatici, visto che i quartieri di riproduzioni sono decisamente inabitabili d’inverno. Ma i viaggi delle Oche non sono necessariamente brevi, infatti alcune popolazioni, come quelli occidentali dell’Oca lombardella, Anser albifrons flavirostris, provengono dalla costa nordoccidentale della Groenlandia, e molte Oche zamperosse, A. brachyrhynchus, dall’Islanda e dalla stessa Groenlandia. La migrazione di questi grandi Uccelli presenta aspetti che sono peculiari soltanto degli Anseriformi. Innanzitutto si tratta di Uccelli sociali, e cosÏ come vivono in gruppo migrano anche insieme. Caratteristiche sono le formazioni di volo a ´Vª rovesciata, dove

il capo fila traina tutto il gruppo decidendo l’andatura e la velocit‡. Questo modo di spostarsi presenta notevoli vantaggi di carattere aerodinamico, poichÈ la forma a ´Vª elimina i vortici e le turbolenze, e il capofila viene sostituito quando Ë stanco. Spesso, quando le Oche migrano nella nebbia o tra le nuvole, i vari componenti dello stormo si tengono in contatto con sonori versi udibili anche da terra. Di solito gli stormi viaggiano a grande altezza e per giorni interi, perturbazioni permettendo; e proprio di un’Oca, quella indiana, A. indicus, Ë il record d’altezza di volo:circa 10.000 sopra l’Himalaya! Una volta giunti nelle localit‡ di nidificazione i vari componenti del gruppo non rimangono insieme per tutta la primavera, e gli individui immaturi, insieme a quelli che non si riproducono, aspettano la nascita dei piccoli per poi spostarsi in un’altra


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area, molto pi˘ a nord vicino al Polo. CiÚ accade per evitare la competizione per il cibo all’interno della popolazione, e poichÈ pi˘ si va a nord e meno dura la stagione primaverile, soltanto gli individui che non si riproducono possono sfruttare i pascoli settentrionali, mentre le coppie con prole hanno bisogno di pi˘ tempo per crescere i piccoli. In tutte le Oche poi avviene una migrazione speciale, il pi˘ delle volte intrapresa soltanto dagli immaturi, per la muta del piumaggio. Gli Anseriformi infatti perdono le penne del volo tutte insieme, e cosÏ rimangono atteri per diverse settimane. Da qui la necessit‡ di recarsi in luoghi particolarmente protetti e ricchi di cibo, dove migliaia di individui si riuniscono, di solito il fine primavera. Queste ´aree di mutaª possono trovarsi a latitudini e direzioni diverse da quelle di riproduzione, ma di solito, vista la gi‡ ci-

tata ricchezza dei pascoli polari, sono situate a nord. Queste zone perÚ possono cambiare di anno in anno, cosÏ come le aree riproduttive e invernali. Quando infine giunge il momento di abbandonare i quartieri settentrionali a causa dell’incalzare dell’inverno, i gruppi spesso si riformano, e i giovani nati seguiranno i genitori fino all’anno successivo. La migrazione delle Oche dunque Ë una migrazione cosiddetta ´imitativaª, poichÈ i giovani imparano le rotte e le localit‡ di svernamento dai propri genitori. Questa Ë, in ultima analisi, anche la spiegazione del perchÈ le Oche possono cambiare cosÏ di frequente le loro aree di svernamento e di sosta; infatti se la migrazione fosse soltanto basata su informazioni genetiche, e dunque istintive, non sarebbe possibile mantenere legami sociali che durano anche decenni all’interno delle singole popolazioni.


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02 MIGRAZIONE DEGLI UNGOLATI Piogge periodiche e periodica crescita dell’erba: a scandire i ritmi della vita nelle vaste praterie africane Ë l’alternarsi di stagioni secche e umide. La disponibilit‡ di foraggio e acqua, dunque, Ë soggetta a cambiamenti pi˘ o meno regolari nel tempo e in questa situazione per i grandi erbivori della savana la carta vincente Ë la messa a punto di strategie migratorie: essere presenti dove le risorse abbondano e partire quando cominciano a scarseggiare. L’ecosistema del Masai Mara nel Serengeti, una vasta area protetta che si estende per circa 25.000 kmq al confine tra Kenya e Tanzania, Ë uno degli ultimi santuari della natura africana in cui Ë ancora possibile osservare imponenti concentrazioni di erbivori ungulati. Quando all’arrivo della stagione secca sugli altipiani sudorientali l’erba incomincia a ingiallire e la terra Ë ormai avara d’acqua, le mandrie si riuniscono in branchi di centinaia di migliaia di individui e lentamente migrano verso le pianure centrali del Serengeti, per poi raggiungere, sempre seguendo il fronte delle piogge e la nuova vegetazione, le vallate del nord-ovest, dove arrivano in concomitanza della stagione umida, da luglio a novembre. Il ciclo stagionale le riporter‡, tra gennaio e maggio, nelle pianure sudorientali di nuovo verdeggianti e ricche d’acqua. Le rotte si sovrappongono, e il calpestio delle immense orde migranti segna nella savana piste di terra battuta, ma gli erbi-

vori non si muovono tutti insieme. Al contrario, le specie si susseguono le une alle altre in una caratteristica sequenza che costituisce una delle pi˘ raffinate espressioni delle strategie di reciproco adattamento tra erba ed erbivori. Le prime a partire sono le Zebre di Grant, Equus burchelli granti. Questi Equidi prediligono le parti pi˘ alte e fibrose delle Graminacee, e preparano il pascolo agli Gnu, Connochaetes taurinus, che, essendo ruminanti, preferiscono le parti pi˘ basse delle erbe. Chiudono la sequenza le Gazzelle di Thomson, Gazella thomsoni, che esigono invece un foraggio di prima qualit‡, come l’erba nuova che si riforma dopo il passaggio degli Gnu. In questo modo gli erbivori operano un’efficiente e salutare rotazione dei pascoli, evitandone l’esaurimento e stimolando la produttivit‡ primaria: Ë questo equilibrato sfruttamento delle risorse, fondato sui cicli migratori e sulle specializzazioni alimentari, a far sÏ che la savana riesca a sostenere popolazioni cosÏ numerose e diversificate di erbivori. Nelle zone pi˘ aride dell’ Africa, dove la comparsa delle piogge segue ritmi pi˘ irregolari o addirittura sporadici, le migrazioni degli erbivori perdono il carattere di continuit‡. Il Damalisco, Damaliscus korrigum, un’Antilope diffusa con varie sotto specie in Africa orientale e occidentale, ne Ë un esempio. Nelle savane, migrano al seguito delle piogge, unendosi spesso ai


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branchi di Zebre e Gnu; nelle zone semidesertiche dell’Etiopia e Somalia, quando le piogge cadono in determinati distretti del territorio, si riuniscono in branchi di oltre 10.000 unit‡ e si muovono verso i pascoli freschi. Al pari della savana africana, le vaste distese erbacee delle regioni temperate, soggette all’alternanza di inverni lunghi e nevosi a estati brevi e caldissime, hanno favorito in diverse specie di erbivori l’evoluzione di complesse strategie migratorie. I Bisonti, Bison bison, delle praterie nordamericane attualmente ammontano a circa 20.000 esemplari confinati in riserve e ristrette aree naturali, come le pianure dell’Alberta. In quest’area compiono una migrazione primaverile verso est, dove il clima pi˘ umido favorisce pascoli migliori e una grande disponibilit‡ d’acqua, e una migrazione autunnale verso ovest. Tipica migratrice delle steppe eurasiatiche Ë la Saiga, Saiga tatarica, il cui areale Ë attualmente molto discontinuo e ridotto, a causa delle cacce spietate del secolo scorso. Eccetto brevi periodi riservati all’accoppiamento e ai parti, queste curiose Antilopi, dal muso allungato in una sorta di proboscide, sono in continuo movimento tra i territori di alimentazione estivi e invernali, in modo da assicurarsi una disponibilit‡ di foraggio pi˘ o meno costante. La direzione e la durata degli spostamenti, comunque dell’ordine di centinaia di chilometri, possono variare in relazione

alle differenti situazioni climatiche sia locali sia annuali. Per la Renna, Rangifer tarandus tarandus, e il Carib˘, R. t. arcticus, due Cervidi delle regioni artiche diffusi rispettivamente nel settore eurasiatico e in quello nordamericano, le migrazioni stagionali comportano un netto cambiamento di ambiente. Ogni anno, in primavera, gli animali si spostano in interminabili colonne di migliaia di individui dalla taiga, la tipica foresta di Conifere delle alte latitudini boreali, alla tundra che nella breve ma intensa estate artica offre grande disponibilit‡ di erbe e di acqua. In questo ambiente favorevole danno alla luce i piccoli e in settembre si riversano nuovamente nella pi˘ accogliente taiga, abbandonando le brulle distese che presto saranno coperte da ghiaccio e neve. Anche per gli erbivori delle regioni alpine, l’arrivo della stagione invernale porta alla temporanea scomparsa delle risorse alimentari: lo Stambecco, Capra ibex, e il Camoscio, Rupicapra rupicapra, compiono migrazioni altitudinali dai pascoli estivi, situati tra 2000 e 3000 m di quota, ai boschi di Conifere situati intorno a 1000 metri.


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02/1 GLI GNU La pianura di Serengeti Ë il palcoscenico di uno degli spettacoli naturali pi˘ grandiosi del mondo: il ciclo biologico dello Gnu con le sue migrazioni stagionali, l’attraversamento in massa dei fiumi e le nascite sincronizzate dei piccoli. Il motivo di tutto ciÚ sta nella dinamica del clima e della vegetazione che non sono favorevoli per le mandrie durante tutto l’anno e nello stesso posto. Le migrazioni dello Gnu sono causate direttamente dalle necessit‡ alimentari. Pertanto esse hanno inizio quando i mutamenti climatici stagionali trasformano il loro paradiso verde in un’immensa landa arida e polverosa. Il fenomeno migratorio inizia con una puntuale concentrazione di tutti i branchi pi˘ o meno grandi che si erano sparpagliati nella pianura durante la stagione delle piogge. Si forma cosÏ una gigantesca mandria che procede in colonne parallele in cui gli individui marciano uno appresso all’altro. Al passaggio di decine di migliaia di individui il suolo viene eroso e distinti solchi profondi parecchi centimetri attraversano la savana ingiallita. Dalla piana di Serengeti l’orda migratoria si spinge verso la savana di Seronera nel cuore del parco nazionale. Poi si formano due grandi gruppi: il primo avanza verso nord lungo le piste che portano in Kenya nella riserva chiamata Masai Mara; il secondo gruppo invece si dirige verso ovest e segue i bacini dei fiumi Grumeti e Mbalageti che si gettano nel Lago Vittoria. Qui, lungo il corso dei fiumi e sulle colline alberate, l’erba si mantiene verde pi˘ a lungo e gli erbivori possono sopravvivere per tutta l’estate. Un terzo gruppo di Gnu, meno nume-

roso, si dirige invece verso est, supera il fiume Olduvai e raggiunge il cratere di Ngorongoro al cui interno si trovano dei pascoli permanenti che crescono intorno a zone pantanose. In questi pascoli su terreno vulcanico, gli Gnu migratori si congiungono a quelli sedentari. Infatti in questa zona i pascoli sono sufficienti per una popolazione ridotta di erbivori e solo durante il periodo di siccit‡ gli animali si accontentano di radunarsi in gran numero in un’area cosÏ piccola (17 km di diametro). Durante gli spostamenti, i maschi, ancora in buona forma poichÈ si sono nutriti abbondantemente durante la stagione umida, combattono fra di loro, proteggendo un ´territorio mobileª, cioË uno spazio intorno a sÈ durante la marcia: i maschi. come cani da pastore raggruppano in harem il maggior numero possibile di femmine. In queste condizioni di vita nomade, avvengono rapidi gli accoppiamenti e le femmine trascorrono il periodo della gravidanza durante tutta la stagione secca. A novembre, quando le prime piogge fanno rinverdire i pascoli del Serengeti, gli Gnu ritornano in quella che Ë la loro zona riproduttiva. Il ritorno avviene per motivi ben precisi: i bacini dei fiumi e i pascoli paludosi di Ngorongoro che durante la stagione secca hanno sfamato centinaia di migliaia di erbivori sono ormai ridotti a un pantano e in parte ricoperti dallo straripamento delle acque. La vegetazione delle colline e degli ambienti umidi cresce troppo alta e rigogliosa per un brucatore come lo Gnu adattato a ´tosareª prati di erba bassa. Inoltre, l’imminente nascita dei piccoli richiede grandi spazi aperti e uno


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strato erbaceo basso in modo che la madre si accorga in tempo della presenza dei predatori. Solo nella piana di Serengeti si verificano queste condizioni adatte al successo riproduttivo dello Gnu. Alla fine del viaggio di ritorno, le femmine si preparano a partorire: verso i primi di gennaio, dopo 270 giorni di gestazione, le femmine si concentrano nelle zone pi˘ aperte della pianura e partoriscono quasi tutte negli stessi giorni. » il momento pi˘ difficile del ciclo biologico della specie. Centinaia di Iene macchiate, Licaoni, Leoni, Leopardi e Sciacalli si aggirano famelici in mezzo ai

branchi di Gnu alla ricerca di placente e di piccoli. La contemporaneit‡ delle nascite Ë una risposta adattati va contro la predazione. Nascendo tutti insieme c’Ë una minore probabilit‡ di essere mangiati perchÈ i predatori sono occupati a banchettare a spese di qualche sfortunato compagno. Comunque, il neonato Ë capace di correre gi‡ pochi minuti dopo la nascita. Inoltre la femmina puÚ ritardare il parto e trattenere il feto dentro di sÈ nel caso in cui avverta la presenza di un predatore, restando in attesa di un momento tranquillo.


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02/2 MIGRAZIONE DEI CETACEI I balenieri furono i primi a mettere in relazione la misteriosa comparsa stagionale delle loro formidabili prede in particolari aree, con l’esistenza di periodici movimenti compiuti dai Cetacei alla ricerca di condizioni di vita pi˘ favorevoli. Le Balene, le Balenottere e i Capodogli, che con la loro mole rappresentano i pi˘ grossi animali attualmente viventi, intraprendono infatti migrazioni stagionali, percorrendo ciclicamente le acque oceaniche lungo invisibili itinerari prestabiliti, per raggiungere aree che consentano

loro di soddisfare due esigenze fondamentali: la ricerca del cibo e la riproduzione. Lo schema generale di migrazione dei Misticeti, cioË delle Balene dotate di fanoni, Ë sostanzialmente simile nelle diverse specie e prevede lo spostamento da aree di alimentazione estive di latitudini elevate ad aree di svernamento di basse latitudini, dove ha luogo l’accoppiamento degli individui sessualmente maturi e dove le femmine gravide danno alla luce i loro figli. Durante la breve estate polare le gelide e torbide acque


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che circondano i ghiacci dell’ Artico e dell’ Antartico, offrono un’illimitata quantit‡ di cibo, costituito da minuscoli gamberetti (il krill), mentre nei mesi freddi le tiepide e limpide acque tropicali povere di plancton, sono sicuramente pi˘ accoglienti per la riproduzione. Le migrazioni rappresentano una componente del comportamento istintivo dei Cetacei, come di altri Vertebrati, e sono in qualche modo codificate nel loro patrimonio genetico. Tuttavia l’attivazione di questi compor-

tamenti necessita di una serie di stimoli interni ed esterni. Tra i fattori endogeni sono molto importanti i cambiamenti fisiologici relativi alla produzione di ormoni sessuali o alla quantit‡ di tessuto adiposo immagazzinato durante la stagione trofica, mentre tra gli stimoli esterni la variazione della durata del giorno, o fotoperiodo, agisce sicuramente come fattore scatenante nel determinare la scelta del momento della partenza.


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02/3 MEGATTERA Solcano i mari da 30 milioni di anni e sono i pi˘ grandi animali oggi viventi sul pianeta: sono le Balenottere, Mammiferi marini che appartengono all’ordine dei Cetacei insieme a Balene, Delfini e Capodogli. Si differenziano dalle Balene vere e proprie per avere il corpo pi˘ affusolato, il profilo superiore del dorso pi˘ appiattito, una pinna dorsale posta non lontano dalla coda e numerose pieghe parallele lungo la gola, il petto e il ventre. Queste pieghe consentono un’ampia dilatazione della cavit‡ boccale, che puÚ cosÏ riempirsi di una notevole quantit‡ di acqua raccogliendo quella miriade di crostacei planctonici e piccoli pesci, che costituiscono il loro cibo. L’indole delle Megattere Ë gioviale e confidente. A differenza delle altre Balenottere, tipici abitatori del mare aperto, infatti, le Megattere si avvicinano notevolmente alle coste e frequentano golfi e baie. Un comportamento caratteristico Ë quello detto ´di spionaggioª. Questo simpatico Cetaceo si mette in posizione verticale, questa volta con la testa sporgente dall’acqua, per girarsi poi su se stesso quasi volesse ispezionare i dintorni. Il significato di questo comportamento appare di utilit‡ per riconoscere i luoghi durante le loro estese migrazioni: viene infatti spesso praticato in prossimit‡ delle coste e i giovani imitano spesso gli adulti come per imparare a orientarsi. Le Megattere sono diffuse in quasi tutti i mari, ma si spostano due volte l’anno rispondendo alle due primarie necessit‡: la ricerca del cibo e la continuazione della specie. Durante la stagione calda, infatti, le Megattere frequentano le acque fredde intorno ai poli ricche di plancton e piccoli

pesci. Al sopraggiungere dell’autunno iniziano a spostarsi verso le acque pi˘ calde dei tropici per trovare i luoghi adatti a mettere al mondo i loro piccoli, che alla nascita gi‡ misurano 4 m di lunghezza. In queste tiepide acque le Megattere trascorrono anche la loro stagione degli amori, durante la quale maschio e femmina sembrano scambiarsi piacevoli effusioni. Nuotano l’uno vicino all’altra, si strusciano i fianchi e, con l’immensa pinna pettorale, si danno affettuosi colpi che, perÚ, ben poco assomigliano a delle carezze, a giudicare dal fragore che fanno e dagli schizzi e spruzzi d’acqua che sollevano. Dopo l’accoppiamento segue una gestazione di quasi un anno e un mese; a parto avvenuto si ha un nuovo accoppiamento. Degli spettacolari branchi di Megattere, che percorrevano i mari del pianeta spinte dall’istinto riproduttivo e dalla ricerca del cibo, oggi ne sono rimasti purtroppo ben pochi. Forse per il loro comportamento socievole, che le fa nuotare non lontano dalle coste, forse per la notevole quantit‡ di olio che fornisce il loro corpo, anche il destino delle Megattere Ë purtroppo strettamente legato a quello delle loro sorelle Balenottere e Balene. La caccia spietata condotta nella prima met‡ di questo secolo non ne ha risparmiato nessuna. Distribuite un tempo in tutti i mari, anche se pi˘ frequenti in quelli meridionali, le Megattere si riuniscono oggi in branchi appena 1000-2000 individui rispettivamente nell’ Atlantico nordoccidentale e nel Pacifico nordorientale, mentre negli altri mari i branchi, che sembrano contare solo poche decine di individui, sono purtroppo sull’orlo dell’estinzione.


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03 MIGRAZIONE DEI PESCI Tra i Pesci, moltissime specie si contraddistinguono per essere dei grandi viaggiatori. Migrazioni anadrome Famose e spettacolari sono le migrazioni dei Salmoni che dal mare tornano ai fiumi nativi per la riproduzione. I Salmoni vivono esclusivamente nell’Emisfero boreale, con una sola specie atlantica (Salmo salar) e 6 specie del Pacifico, tutte appartenenti al genere Oncorhynchus. Il loro comportamento migratorio Ë molto simile; la differenza sostanziale Ë che mentre il Salmone atlantico puÚ effettuare 2 o 3 volte la risalita dei fiumi, le specie del Pacifico compiono una sola montata nella vita, e muoiono dopo aver depositato le uova. Dopo una permanenza in mare di alcuni anni, durante la quale avviene l’accrescimento, i Salmoni sessualmente maturi intraprendono la migrazione riproduttiva verso gli stessi fiumi dove sono nati. A seconda degli spostamenti effettuati in mare aperto alla ricerca del cibo, il viaggio di ritorno puÚ essere soltanto di alcune decine di chilometri oppure straordinariamente lungo; il Salmone reale, O. tschawytscha, ad esempio, per portarsi dalle zone centrali del Pacifico ai fiumi dell’America Settentrionale percorre fino a 3500 km. Man mano che si avvicinano alle foci dei fiumi, i Salmoni cessano di alimentarsi, utilizzando le riserve alimentari accumulate a mare per affrontare la faticosa risalita dei fiumi, durante la quale superano ogni tipo di ostacolo, come rapide e cascate: da questo momento la loro funzione Ë unicamente quella di deporre le uova. La riproduzione avviene

nell’alto corso dei fiumi, in acque fredde e ben ossigenate ed Ë strettamente in funzione della temperatura. Il periodo in cui essa avviene Ë quindi variabile da una specie’all’altra e puÚ cambiare di anno in anno; il Salmone dell’ Atlantico, ad esempio, si riproduce generalmente in autunno. La permanenza degli avannotti nelle acque dolci puÚ variare da poche settimane, come nel Salmone gobbo, O. gorbusha, fino a 1 o 2 anni nelle rimanenti specie; raggiunta la taglia di una decina di centimetri, i giovani Salmoni sono pronti a tornare in mare, trattenendosi per un paio di mesi negli estuari per abituarsi al cambiamento di salinit‡. Quella dei Salmoni Ë un classico esempio di migrazione anadroma (risalita dei fiumi dal mare per la riproduzione); altri Pesci tipicamente anadromi sono gli Storioni (Acipenseriformi), anch’essi a distribuzione esclusivamente boreale. Lo Storione comune, Acipenser sturio, attualmente presente con popolazioni ridotte e localizzate lungo le coste atlantiche europee, Mediterraneo e Mar Nero, all’inizio della primavera risale i principali bacini tributari. I riproduttori, notevolmente dimagriti, tornano subito al mare, mentre i nuovi nati vi giungeranno dopo circa 4 anni. In Italia, lo Storione comune risale parzialmente ormai solo alcuni corsi d’acqua dell’ Adriatico, tra cui il Po, insieme a rari esemplari di Storione ladano, Huso huso, presente con popolazioni ugualmente ridotte anche nel Mar Nero e Mar Caspio. Altre specie anadrome forse meno conosciute sono la Cheppia, Alosa alosa, e la Lampreda


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marina, Petromyzon marinus. La Cheppia, un Clupeide di oltre mezzo metro di lunghezza diffuso lungo le coste atlantiche dalla Norvegia al Marocco e in Mediterraneo occidentale, risale regolarmente i fiumi spingendosi a oltre 600 km dalle foci. La Lampreda marina, nonostante l’aspetto anguilliforme, non appartiene alla classe dei Pesci, bensÏ a quella pi˘ primitiva degli Agnati (Vertebrati senza mascelle). Presente lungo le coste atlantiche nord americane ed europee e nel Mediterraneo, trascorre in mare da 3 a 5 anni vivendo da parassita su diversi pesci (Sgombri, Merluzzi, Salmoni) a cui aderisce saldamente con la ventosa orale. Durante la migrazione riproduttiva verso le zone pedemontane dei fiumi subisce la regressione dell’apparato boccale, e muore subito dopo la deposizione delle uova. Le larve sono provviste di un imbuto boccale con il quale filtrano l’acqua e che nell’arco di circa 3 mesi si trasforma nella ventosa orale: le giovani Lamprede sono cosÏ pronte a tornare a mare. Migrazioni catadrome Altri pesci compiono migrazioni riproduttive in senso contrario (dalle acque dolci al mare) e sono perciÚ definiti catadromi. Ne sono un classico esempio l’Anguilla europea, Anguilla anguilla, e l’affine Anguilla americana, Anguilla rostrata, che dai fiumi e laghi localizzati nelle pi˘ disparate localit‡ geografiche dei rispettivi areali migrano, nuotando in profondit‡, verso il territorio di riproduzione situato nel Mar dei Sargassi, allargo delle Isole Bermuda. Un viaggio, dunque, che per la specie europea Ë dell’ordine di ben

6000 km e che ancor oggi presenta diversi punti oscuri. Anche la Passera comune, Platichthys flesus, al momento della riproduzione abbandona le acque salmastre e i fiumi, in cui talvolta penetra per centinaia di chilometri, per far ritorno all’ambiente marino. Un comportamento piuttosto sorprendente in un pesce che, come tutti i Pleuronettiformi, conduce una vita tipicamente bentonica e apparentemente molto sedentaria. In realt‡ diversi altri rappresentanti dell’ordine intraprendono volentieri lunghe migrazioni dalle acque profonde a quelle costiere del mare, a seconda della differente disponibilit‡ stagionale del cibo. Si tratta di migrazioni che avvengono in uno stesso ambiente, di cui indiscussi protagonisti sono pesci come Tonni, Aringhe e Merluzzi. All’interno del vasto areale comprendente le fredde acque atlantiche dalla Norvegia a Capo Hatteras, in Nordamerica, le numerose popolazioni locali del Merluzzo comune, Gadus morhua, compiono nei rispettivi territori ampie e regolari migrazioni tra le aree di alimentazione e quelle di riproduzione. Nei Merluzzi del Mare di Barents, uno dei raggruppamenti pi˘ cospicui e importanti economicamente, i riproduttori scendono tra febbraio e aprile nelle acque costiere meno fredde e pi˘ salate delle isole Lofoten, prospicienti la Norvegia. A circa 25 cm di lunghezza, i giovani si spostano di nuovo verso il Mare di Barents, seguendo grossi banchi di pelagici di cui si nutrono. Uno di questi Ë l’Aringa, Clupea harengus, altra specie altra specie tipicamente boreale, anch’essa suddivisa in numerosi e


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complessi stock con aree di alimentazione comuni, aree di riproduzione in le costiere e aree di accrescimento delle larve in zone ad alta densit‥ planctonica. A questo complesso insieme di spostamenti ntari e riproduttivi si aggiungono le migrazioni giornaliere tra acque superficiali e profonde, correlate a quelle degli organismi planctonici, che con specie diverse costituiscono la dieta di adulti e giovani. Possenti e veloci nuota-

tori, e quindi instancabili viaggiatori su lunghe distanze, sono i Tonni, come del resto gran parte della famiglia degli Scombridi. Il Tonno rosso, Thunnus thynnus, ampiamente diffuso nel nord Atlantico fino a latitudini subtropicali, in Mediterraneo e nel Mar Nero, al di fuori del periodo riproduttivo vive isolato o in piccoli gruppi, spostandosi anche per migliaia di chilometri inseguendo i banchi di Sgombri e di vari


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Clupeidi. In primavera, gli animali si portano, in gruppi sempre pi˘ numerosi, nelle zone di riproduzione in acque a bassa produttivit‡, ma pi˘ calde. I grossi Tonni genetici, che talvolta possono superare i 500 kg di peso, entrano nel Mediterraneo a partire dalla tarda primavera e si spostano lungo il settore meridionale in direzione ovest-est, seguendo la corrente atlantica. La loro regolare comparsa in vicinanza delle coste

ha dato origine, pare gi‡ all’epoca dei Fenici, alle tonnare: ingegnosi sistemi di pesca ma anche espressione di un’antica e originale cultura mediterranea.


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03/1 ANGUILLA L’Anguilla europea, Anguilla anguilla, Ë ampiamente diffusa lungo le coste atlantiche dall’Islanda al Nordafrica, nel Mediterraneo e nel Mar Nero. » dalle acque dolci di queste regioni che gli adulti migrano verso i territori riproduttivi marini. La riproduzione e il ciclo biologico dell’ Anguilla europea ha rappresentato per molti secoli un vero e proprio rompicapo per gli zoologi. Fin dai tempi pi˘ antichi questi Pesci sono stati una importante fonte di cibo per la popolazione umana; eppure nessuno presentava ovaie o testicoli. Si era pi˘ volte osservato che le Anguille grandi andavano verso il mare e che masse imponenti di anguilline dalla trasparenza di cristallo risalivano i fiumi dal mare. La questione se le Anguille avessero o meno un sesso fu finalmente chiarita nel 1897, quando gli scienziati italiani Grassi e Calandruccio trovarono nello Stretto di Messina una femmina con le uova. Ma c’era un secondo punto oscuro: cosa accadesse tra la schiusa delle uova e la giovane Anguilla trasparente lunga circa 10 cm. Grassi e Calandruccio catturarono 2 leptocefali vivi nello Stretto di Messina, li allevarono in acquario e con gran sorpresa e una buona dose di fortuna assistettero alla loro trasformazione in Anguille in miniatura. Uno zoologo danese, Schmidt, scoprÏ, infine, il luogo di riproduzione: il Mar dei Sargassi, l’area di riproduzione dell’Anguilla europea, che la condivide con l’affine Anguilla americana, Anguilla rostrata. Caratterizzato da acque profonde e calde (circa 20 ∞C) il Mar dei Sargassi sembra essere uno dei pochi luoghi ad assicurare le condizioni

pi˘ favorevoli alla deposizione e sviluppo delle uova. Non si esclude tuttavia l’esistenza, anche all’interno del Mediterraneo, di aree di riproduzione simili. Alla schiusa delle uova, i leptocefali intraprendono il viaggio di ritorno, che li riporter‡ lungo le coste europee dopo 3 anni e ben 6000 km di percorso, convogliate e aiutate dalla Corrente del Golfo; Ë in questa fase di vita planctonica che la forma del corpo, simile a una foglia, si rivela estremamente vantaggiosa. In vicinanza della platea continentale le larve, ora lunghe circa 75 mm, subiscono il cambiamento graduale verso la fase adulta. In questo stadio, ancora caratterizzato dall’assenza di pigmentazione, il Pesce si avvicina alle zone costiere poco profonde, da cui in primavera fino a tarda estate inizia la risalita: Ë l’Anguilla di vetro, conosciuta in Italia con il nome di cieca. Allo stadio di cieche, le anguille non sono ancora nÈ maschi nÈ femmine. Un ruolo determinante sembra essere svolto dalla tiroide che stimola la produzione di un ormone femminilizzante. Il diverso grado di attivit‡ di questa ghiandola indurrebbe negli esemplari ´ipertiroideiª l’acquisizione del sesso femminile, mentre quelli ´ipotiroideiª tendono a diventare maschi e subiscono una serie di trasformazioni fisiologiche e strutturali. In questo stadio (Anguilla argentina), gli animali cessano di nutrirsi e l’apparato digerente si atrofizza: ben equipaggiati con una abbondante riserva di grasso sono pronti a intraprendere la lunga migrazione in mare. Le Anguille lasciano le acque europee in autunno e depongono le uova nel Mar dei Sargassi


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nella primavera successiva, e per quanto si sappia, muoiono subito dopo. Sebbene non siano particolarmente idrodinamiche, riescono a percorrere fino a 40 km al giorno; grazie alla notevole preparazione fisiologica sembrano essere in grado di percorrere 6000 km in pochi mesi, viaggiando in profondit‥. Come invece facciano a trovare il Mar dei Sar-

gassi Ă‹ ancora un mistero. Âť possibile che le Anguille posseggano un senso della direzione, determinato geneticamente e funzionante mediante particolari indicatori di direzione sensibili al campo magnetico terrestre: strutture simili sono state trovate in alcuni animali ma non sono state ancora identificate nelle Anguille.


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