Sistema solare

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STELLE SOLE

PIANETI MERCURIO, VENERE, TERRA, MARTE, GIOVE, SATURNO, URANO, NETTUNO PIANETI NANI CERERE, PLUTONE SATELLITI CERERE, LUNA, PHOBOS, IO, EUROPA, TITANO, ARIEL, TRITONE ALTRI CORPI CELESTI ASTEROIDI, COMETE


00/ IL SISTEMA SOLARE

Il sistema solare è costituito dal Sole e dai corpi celesti che gli gravitano attorno, come i pianeti, i satelliti, gli asteroidi e alcune comete. Il Sole è la stella del sistema, cioè l’unico corpo dotato di luce propria; la sua massa è varie centinaia di volte superiore a quella di tutti gli altri costituenti presi insieme. La massa dell’intero sistema è concentrata, quindi, nel suo corpo centrale. Solo il due per mille del totale è distribuito fra i pianeti e corpi minori. I pianeti che ruotano intorno al Sole sono otto (Plutone è stato “declassato” a pianeta nano), e precisamente (in ordine di distanza dal Sole, riportando tra parentesi il numero dei relativi satelliti): Mercurio (0), Venere (0), Terra (1), Marte (2), Giove (12), Saturno (9), Urano (5), Nettuno (2). Nel luglio del 2005 è stato scoperto, nella fascia di Kuiper, oltre Plutone, quello che si credeva potesse essere il decimo pianeta, 2003 UB313, oggi denominato Eris, ma anche questo è stato classificato come pianeta nano. I quattro pianeti più prossimi al Sole hanno piccole dimensioni e densità piuttosto elevate; i quattro successivi hanno dimensioni molto superiori e densità basse, dell’ordine di quella solare (1/4 o 1/5 rispetto a quella terrestre). Tra Marte e Giove, cioè tra i pianeti piccoli e quelli grandi, si stende la fascia degli asteroidi, costituita da decine di migliaia di piccoli corpi orbitanti a distanze dal Sole da 2,2 a 3,7 volte quella terrestre (tranne alcuni con orbite eccezionalmente allungate). Le comete sono corpi celesti formati da un nucleo e da una coda, di densità bassissima, che riflettono la luce solare, ma possono anche avere luminosità propria; percorrono orbite estremamente allungate, di periodo variabile per l’influenza gravitazionale che subiscono da parte dei pianeti e del Sole. Tutti i pianeti descrivono attorno al Sole orbite ellittiche quasi

circolari, e giacenti quasi tutte sullo stesso piano. Anche gli asteroidi hanno lo stesso verso di rotazione. In tutto il sistema solare solo alcuni satelliti dei quattro pianeti maggiori ruotano in senso opposto (movimento retrogrado). Si possono considerare costituenti del sistema gli sciami di meteoriti e la materia gassosa e pulviscolare dispersa nello spazio. I moti dei vari corpi osservati dalla Terra sembrano molto complessi. Sin dall’antichità gli studiosi hanno cercato di descriverli in differenti modi. Filolao di Crotone (V secolo a.C.) pensava che i vari corpi ruotassero attorno a un fuoco centrale (Vesta). Eudosso di Cnido ritenne che si muovessero in sfere aventi tutte centro comune nella Terra (omocentriche), teoria sviluppata in seguito da Aristotele, che portò il numero delle sfere a 55. Fu Copernico (1473 1543) a esporre la teoria eliocentrica, secondo la quale tutti i corpi del sistema solare ruotano attorno al Sole. Successivamente Keplero formulò le tre leggi che regolano il moto dei pianeti attorno al Sole, e Newton quella della gravitazione universale, che permise di risolvere tutti i problemi concernenti i moti planetari. Sull’origine del sistema solare si sono formulate varie teorie; quelle unitarie ritengono che da un’originaria nube gassosa in lento movimento si siano costituite concentrazioni locali che hanno formato Sole e pianeti (teoria sostenuta da Kant, Laplace, Faye); le teorie dualistiche chiamano in causa un’altra stella, oltre al Sole, che passando molto vicino a esso ne avrebbe distaccato una parte, dalla quale si sarebbero formati i pianeti (Jans). Oggi ha molto valenza la teoria di Weizstácker, per la quale il Sole, passando attraverso nubi interstellari, avrebbe trascinato con sé la materia destinata a formare i pianeti.




02/ LE STELLE Le stelle sono corpi celesti dotati di luce propria, emessa insieme ad altre radiazioni di varia lunghezza d’onda. A causa della distanza appaiono tutte (a eccezione del Sole) puntiformi. La posizione delle stelle sulla volta celeste può essere considerata, a seconda dei casi, relativamente a diversi sistemi di riferimento; di uso più frequente è il sistema equatoriale, nel quale si misurano le coordinate degli astri sulla volta celeste rispetto all’equatore e ai poli celesti. Perché si generi una stella occorrono anzitutto idrogeno ed elio. È dunque la materia interstellare, concentrata lungo la Via Lattea, in quelle stesse formazioni massicce che sono le nebulose, a fornire il materiale per la formazione delle stelle. Nella protostella si innesca quello che viene chiamato il ciclo di Bethe. In questa fase l’idrogeno si trasforma in elio, reazione termonucleare all’origine dell’energia prodotta dalle stelle. Questo ciclo interessa il più lungo periodo della vita dell’astro, la cui età verrebbe quindi determinata dal suo contenuto di idrogeno. Quando viene interamente consumato l’idrogeno interno, la reazione comincia a intaccare anche le zone più esterne, e la luminosità della stella aumenta. Nella fase successiva, i nuclei di elio vengono trasformati in nuclei di litio, la stella aumenta le proprie dimensioni e diventa una gigante rossa. Lo stadio che segue dipende dalla massa complessiva della stella. Nel caso di un astro con una massa simile a quella del Sole, questo si modificherà in una nana bianca, perdendo gradualmente luminosità e calore per poi diventare una nana nera. Nel caso di stelle con una massa maggiore rispetto a quella del Sole, il corpo celeste

passa allo stadio di gigante rossa. Non producendo più energia, la stella si autoalimenta fino al collasso e alla distruzione che proietterà nello spazio gli strati stellari, dando vita a una supernova. La massa della stella esplode e, per un breve periodo, raggiunge una elevatissima luminosità. Il nucleo diventa una stella di neutroni detta pulsar, caratterizzata da un elevato campo magnetico e da continue pulsazioni di radiazioni. Nel caso in cui il residuo della supernova abbia una massa superiore a un determinato punto critico, durante il collasso si può creare un buco nero. Per verificare la composizione chimica, per conoscere l’età, per ricavare la storia dello sviluppo di una stella si utilizza il diagramma Hertzsprung-Russell (detto anche diagramma H-R, dal nome dei due astronomi Ejnar Hertzsprung e Henry Russell), in cui sono messe in relazione la classe spettrale e la magnitudine assoluta (luminosità) degli astri. La classe spettrale riguarda la colorazione superficiale delle stelle che dipende dalla temperatura. In base a questa caretteristica le stelle sono state suddivise in sette classi spettrali O, B, A, F, G, K, M. Attraverso il diagramma H - R si può osservare come la maggior parte delle stelle sia collocata in quella che viene chiamata sequenza principale (la diagonale che va dall’angolo in alto a sinistra, a quello in basso a destra), zona in cui si trova anche il Sole. In basso a sinistra si posizionano invece le nane bianche, mentre in alto a destra si trovano le giganti rosse e le supergiganti.



02/1 IL SOLE Il Sole è la stella del nostro sistema planetario a cui dà il nome e per il quale costituisce la sola fonte di energia. Intorno al Sole ruotano gli otto pianeti e gli altri corpi celesti che costituiscono il sistema solare. L’astro è l’unica stella che ci appare di dimensioni apprezzabili e permette perciò un numero di osservazioni superiore a quello effettuabile sulle altre stelle. Il suo diametro è di 1.394.000 km; il suo volume è 1.300.000 volte quello della Terra, da cui dista 150 milioni di km. Secondo la classificazione spettrale il Sole è una nana gialla di tipo G2, posta al centro del diagramma stellare di Hertzsprung-Russel. All’interno della stella viene prodotta l’energia che si propaga verso lo spazio. L’energia irradiata dal Sole è la prima causa della vita sul nostro pianeta e viene prodotta nel nucleo, dove la temperatura molto elevata, circa 15 milioni di gradi Kelvin, consente lo svolgimento delle reazioni di fusione nucleare che trasformano l’idrogeno in elio. La struttura del Sole è costituita anche da

altri strati: la fotosfera, la cromosfera e la corona. La fotosfera è la zona visibile del Sole, è la sua superficie, sede dei moti connettivi che gli procurano un aspetto granulare. La temperatura qui si aggira attorno ai 4000 gradi Kelvin. Vi si svolgono fenomeni quali i brillamenti, ossia uscite violente di materia che emettono vento solare (emissione di particelle e di onde elettromagnetiche che si propagano dagli strati esterni dell’atmosfera solare nello spazio interplanetario) e macchie solari, zone caratterizzate da una minore temperatura rispetto alla zona circostante e da una consistente attività magnetica. La cromosfera ha una temperatura che può arrivare fino a 1 milione di gradi Kelvin negli strati più interni. È visibile solamente durante le eclissi di Sole. La corona è la zona più rarefatta e la parte più esterna dell’atmosfera del Sole. Anche questa visibile durante le eclissi o attraverso un coronografo, è costituita da elettroni liberi e da ioni.


03/ I PIANETI


03/ I PIANETI Il pianeta è un corpo celeste solido non dotato di luce propria, che gravita attorno a un astro descrivendo un’orbita ellittica con eccentricità poco rilevante. La sua massa deve essere sufficiente a conferirgli una forma sferoidale e la sua fascia orbitale non deve presentare corpi che abbiano dimensioni raffrontabili o persino superiori. Tale definizione è stata resa nota dall’Unione Astronomica Internazionale il 24 agosto 2006. Gli antichi, che avevano così denominato quei corpi celesti dotati di movimento rispetto alle stelle fisse, osservavano Mercurio, Marte, Venere, Giove, Saturno e consideravano erroneamente pianeti anche il Sole e la Luna. Con l’uso del telescopio si notò che i pianeti sono visibili come dischetti, mentre le stelle, a causa della distanza, appaiono sempre puntiformi. Vennero successivamente scoperti altri pianeti nel sistema solare: nel 1781 Urano, da William Herschel, le irregolarità nell’orbita di questo, permisero a Galle di scoprire Nettuno nel 1846. Solo nel 1930 gli astronomi dell’Osservatorio di Flagstaff, guidati da Clyde William Tombaugh, hanno scoperto Plutone, portando così a 9 il numero dei pianeti conosciuti nel sistema solare. Mentre sembra da escludere la presenza dell’ipotetico

Vulcano, pianeta tra Mercurio e il Sole, nel luglio 2005 è stato scoperto quello che inizialmente era stato definito come il decimo pianeta, un corpo celeste ai confini del sistema solare, con una massa pari a 700 volte quella di Plutone. Ma il 24 agosto 2006, quando si è avuta la definizione data dall’Unione Astronomica, Plutone ed Eris (così è stato chiamto il decimo pianeta scoperto nel 2005) sono stati riclassificati come “pianeti nani”. Il moto dei pianeti attorno all’astro centrale del sistema è regolato dalle tre leggi di Keplero e da quella di Newton. Inoltre ciascun di loro è dotato di un moto di rotazione attorno a un asse. Come già detto, le orbite planetarie hanno eccentricità poco accentuata, la maggiore è quella di Mercurio. I due pianeti compresi tra la Terra e il Sole (e cioè Mercurio e Venere) sono visibili, da noi, sempre nei pressi del disco solare, quindi a occhio nudo, solo all’alba e al tramonto. Di essi Mercurio è difficilmente identificabile, mentre Venere è particolarmente brillante. Gli altri possono assumere qualunque posizione rispetto al Sole, ma sempre rimanendo nella fascia dello zodiaco, dato che il loro moto si svolge, come si è detto, quasi sullo stesso piano.



03/1 MERCURIO Mercurio è il più piccolo pianeta del sistema solare e quello più vicino al Sole. Ha un diametro di circa 4.870 km e descrive un’orbita sensibilmente ellittica. Mercurio era già noto alle popolazioni antiche come Egizi e Sumeri. Tra le sue particolarità, spicca il fatto che esso compie nello stesso tempo esattamente due rivoluzioni attorno al Sole e tre rotazioni attorno al proprio asse. Essendo molto vicino al Sole, Mercurio può essere osservato solo molto basso sull’orizzonte la sera o al mattino poco prima dell’alba. Al contrario di Venere, Mercurio ha un’albedo (frazione della luce totale riflessa dai pianeti illuminati dal Sole) bassissima, come quella della Luna, e ciò indica riflessione della luce da parte di una superficie solida; proprio per questo motivo, già in epoca telescopica, mostrava che l’atmosfera del pianeta doveva essere assente o estremamente tenue. Su Mercurio, come sulla Luna, i crateri sono le maggiori caratteristiche superficiali. L’aspetto e la distribuzione delle dimensioni dei crateri di Mercurio ricalcano quelli lunari; ciò implica che processi di formazione e di degradazione simili (in particolare un intenso bombardamento meteoritico) hanno agito su entrambe le superfici. Mercurio ha un’attività vulcanica e tettonica allo stato di quiescenza e le evidenze di vulcanismo sono molto dibattute. Su di esso appaiono due tipi di estese pianure, di probabile origine vulcanica, allo stesso modo dei mari lunari. Le più vecchie, chiamate «piani intercraterici», sono visibili su tutta la

superficie osservata dal pianeta e la loro natura vulcanica è dubbia. Con metodi di datazione relativa è stato determinato che essi, forse, sono precedenti all’ultima fase di bombardamento meteoritico, rappresentando quindi la crosta originaria di Mercurio. I depositi vulcanici più giovani sono detti «piani lisci» e sono distribuiti intorno al grande bacino d’impatto chiamato Caloris Planitia. Questi terreni dovrebbero essersi formati verso la fine dell’intenso bombardamento meteoritico subito anche da Mercurio, e ricoprono il 15% della superficie visibile del pianeta. Le forme tettoniche più evidenti su Mercurio sono delle scarpate lobate, che si estendono per centinaia di chilometri, dovute a compressioni. Il pianeta dista in media dal Sole 57,9 milioni di km; il suo periodo di rivoluzione è 88 giorni mentre quello di rotazione è di 59 giorni. Mercurio non ha satelliti.


03/2 VENERE Venere è il secondo pianeta in ordine di distanza dal Sole. È l’astro più brillante delle notti terrestri. Descrive intorno al Sole un’orbita quasi circolare. Venere è visibile solo per un certo periodo all’alba e al tramonto, e questo trasse in inganno gli astronomi antichi (sino a Pitagora escluso) che ritennero trattarsi di due astri distinti, che denominarono Espero (al tramonto) e Lucifero (all’alba). Da mettere in evidenza che la temperatura del suolo di Venere è superiore al punto di fusione del piombo ed è determinata dalla densa atmosfera (pressione 100 volte maggiore di quella terrestre), che impedisce alla radiazione riemessa dalla superficie di disperdersi nello spazio (è il cosiddetto «effetto serra»). Il suo diametro è di circa 12.100 km; la sua massa è di 0,81; la gravità di 0,88 e la densità è di 5,2, tutti valori molto simili a quelli della Terra. Il suo potere riflettente (albedo) è pari a 0,59, di gran lunga il più elevato tra i pianeti, il che spiega la sua forte luminosità apparente. Al telescopio appare come un disco brillante, uniforme. Sono chiaramente visibili le fasi del pianeta. Viene anche chiamato «pianeta delle nubi», in quanto presenta una spessa atmosfera ed è ricoperto da un denso strato di nubi. Il componente principale dell’atmosfera venusiana è l’anidride carbonica, pari al 97% del totale. Il vapore acqueo è presente per non più dello 0,1-0,2%, ma certamente la sommità delle nubi è molto più secca, a causa della presenza di acido solforico nelle nubi. La colora-

zione giallastra delle nubi è causata, con molta probabilità, da qualche sostanza che assorbe le lunghezze d’onda più corte, cioè assorbe prevalentemente la luce violetta, mentre riflette in percentuale maggiore la luce rossa. La dinamica atmosferica di Venere viene chiamata «a cella», in quanto consiste nella produzione di moti ascendenti nelle regioni fortemente riscaldate e discendenti in quelle di raffreddamento. Ci sono, cioè, delle celle convettive dirette dall’equatore al polo con moti ascendenti nelle basse latitudini e con moti discendenti nelle alte latitudini. Negli alti strati atmosferici, al contrario, si sono riscontrate delle variazioni di temperatura longitudinali che possono essere considerate responsabili dell’esistenza di venti, la cui velocità è dell’ordine dei 360 km/h. La lenta rotazione retrograda della cella potrebbe essere messa in relazione alla mancanza di satelliti. Grazie alle moderne tecnologie è stato possibile farsi un’idea della superficie di Venere, che sembra essere un immenso oceano di terre basse, quasi del tutto pianeggianti, da cui emergono un continente, l’Ishtar Terra, grossomodo della stessa superficie dell’Australia, e due grosse isole, l’Aphrodite Terra e la Beta Region (probabilmente di origine vulcanica). Inoltre, la massima altezza è raggiunta dalla struttura vulcanica dei Maxwell Montes.


03/3 TERRA


La Terra è il terzo pianeta del sistema solare in ordine di distanza dal Sole. È uno sferoide irregolare, leggermente schiacciato ai poli, non lontanao dall’ellissoide di rivoluzione. La sua superficie misura 510.101.000 km2. Ha un moto di rotazione intorno al proprio asse che si compie in 23h56m4s; un moto di rivoluzione, intorno al Sole, in 365,26d (anno sidereo) su un’orbita ellittica. Il campo magnetico della Terra è poco intenso e variabile, con asse quasi coincidente con quello di rotazione; tale campo è sicuramente collegato con la costituzione della parte più interna, il nucleo. L’osservazione diretta si è spinta, con le sonde petrolifere, fino a pochi chilometri di profondità; al di sotto si hanno indicazioni dallo studio della propagazione delle onde sismiche. Nel loro cammino verso il centro della Terra, tali onde permettono di localizzare, a profondità determinate, delle brusche variazioni di elasticità della Terra, tanto da far prospettare l’ipotesi di una costituzione stratificata. Esternamente si avrebbe una crosta di alcune decine di chilometri. Il nucleo più interno, con un raggio di circa 3500 km sarebbe costituito da metalli, in prevalenza nichelio e ferro. La densità media terrestre è di 5,52. Presenta un’asimmetria nella distribuzione dei continenti, concentrati prevalentemente nell’emisfero nord, e delle acque. I contorni di quasi tutti i continenti si adattano molto bene gli uni con gli altri: basti guardare come il bordo orientale dell’America del Sud si incastra quasi esattamente nei contorni occidentali dell’Africa, e come la costa africana e quella asiatica del Mar Rosso siano complementari. Partendo da simili osservazioni, si è sviluppata la teoria della «deriva dei continenti»: si è supposto cioè che la crosta terrestre sia suddivisa in zolle di maggiore o minore estensione che partecipano a un moto generato dai movimenti convettivi dei materiali che si trovano a una profondità di alcune centinaia di chilometri. Lungo i bordi, un tempo a contatto, si trovano fratture da cui fuoriesce del magma e a partire dalle quali avviene il movimento di allontanamento in senso opposto delle diverse zolle, in altri luoghi invece le zolle vengono ingoiate negli strati sottostanti. Quando una massa continentale

incontra una di queste zone, subisce attriti tanto violenti che si piega in modo catastrofico, dando luogo alla formazione delle catene montuose. Lungo i confini delle zolle si instaura naturalmente un regime sismico di notevole intensità dovuto all’instabilità degli equilibri crostali, spesso accompagnato a fenomeni di vulcanesimo a carattere continentale; generalmente, le zone in cui sono più attivi i vulcani sono anche le più colpite dai terremoti. Fino a 200 milioni di anni fa tutti i continenti erano riuniti in un unico supercontinente, detto Pangea, mentre il resto del globo era sommerso dalle acque. L’insorgere di movimenti convettivi a grandi componenti orizzontali nel mantello terrestre ha iniziato a frammentare la Pangea, suddividendola in zolle mobili che hanno assunto la posizione geografica attuale dei continenti. Le zolle formatesi dalla rottura della Pangea si sono mosse con velocità di alcuni centimetri l’anno. La fuoriuscita di materiale fuso dal mantello lungo le linee di rottura del supercontinente (dorsali oceaniche) contribuisce ad allontanare le zolle, rinnovando continuamente la crosta terrestre al di sotto degli oceani. Il movimento della crosta nel tempo, oltre ad allontanare alcuni continenti tra loro, provoca collisioni tra le altre zolle generalmente lungo le linee di interazione e sollevamento di catene montuose, accompagnato da eventi sismici, spesso di notevole intensità, e dal vulcanesimo.


03/4 MARTE Marte è posto tra la Terra e Giove. È denominato anche «pianeta Ardente». La sua orbita è di 687 giorni (anno di Marte), e ruota intorno al proprio asse in 24h37m23s (giorno di Marte). Dalle conoscenze in nostro possesso risulta che la superficie marziana ha subito processi evolutivi che comprendono la tettonica, il vulcanesimo, la craterizzazione da impatto, e l’erosione da parte di fluidi e di vento. La superficie dell’emisfero nord del pianeta ha un aspetto levigato, quella del sud molto craterizzata e quindi molto più antica. L’ipotesi che si può formulare è che esistano, a varie profondità, strati di ghiaccio sotterraneo («permafrost») che, sciogliendosi, possano avere contribuito alla fluidificazione del materiale. I dati inviati dalla sonda europea Mars Express nel 2004 hanno confermato la pre-

senza di acqua nel polo sud marziano. Le prime immagini del suolo marziano inviate dalle prime sonde di esplorazione mostrarono un terreno di aspetto simile a quello di alcune zone desertiche terrestri e cosparso di rocce. Intenso è il modellamento eolico, come suggerito dalla presenza di dune. Il vento spira nella zona prevalentemente da sud con un’intensità media di 2,4 metri al secondo. Il suolo marziano sembra composto da materiale a bassa coesione e finemente granulato. È importante affermare che su Marte sono stati osservati i più alti edifici vulcanici fino a oggi noti nel sistema solare tra cui il Mons Olimpus (alto 27.000 m), il Mons Pavonis, il Mons Ascraeus e il Mons Arsia (tutti alti circa 25.000 m). Il Mons Olimpus, in particolare, è molto simile nella forma ai vulcani a scudo del nostro pianeta, ma


è cinque volte più vasto del più grande esistente sulla Terra. Lo scudo del Mons Olimpus si estende per 500 o 600 km e la sua vetta raggiunge i 23 km al di sopra della pianura sottostante. Secondo alcuni studiosi, la sua formazione è relativamente recente nella storia di Marte (entro gli ultimi 200 milioni di anni) ed è probabile che sia ancora attivo. Gli altri vulcani, alcuni dei quali sono simili nella struttura a Mons Olimpus, anche se molto più piccoli, sono tutti più antichi e nella maggior parte si trovano nell’emisfero settentrionale. La loro distribuzione superficiale interessa due regioni vulcaniche, delle quali la più estesa e più giovane è nominata Tharsis e l’altra, meno estesa e leggermente più antica, è nominata Elysium Planitia. Nell’emisfero meridionale sono stati riconosciuti solo tre vulcani, datati tra 3,5 e 4

miliardi di anni fa. Le età estreme dei vulcani visti su Marte ci fanno ipotizzare che il pianeta è stato vulcanicamente attivo per la maggior parte della sua storia, e forse lo è ancora oggi. Nel 2003 il pianeta ha raggiunto la distanza dalla Terra di appena 55,7 milioni di km, un evento mai verificatosi negli ultimi 60 mila anni e che non si ripeterà fino al 2287. I suoi satelliti sono Phobos e Deimos. Al primo sguardo è possibile scorgere la «Grande Sirte», la vasta regione a forma di triangolo. I famosi «canali di Marte», intravisti per la prima volta nel 1859 da padre Secchi, appaiono come sottili linee oscure che si incrociano nelle regioni più chiare (deserti) e si estendono per migliaia di chilometri. L’atmosfera di Marte è priva di ossigeno e di vapore acqueo ed è formata principalmente da anidride carbonica.


03/5 GIOVE Giove è il quinto pianeta per distanza dal Sole e il maggiore del sistema solare (circa 768 milioni di km). Ha un diametro equatoriale di 142.860 km e un diametro polare di circa 9000 km meno di quello equatoriale. Ne consegue un notevole schiacciamento ai poli, la sua massa è circa 1/1000 di quella del Sole (318 volte quella della Terra); la gravità alla superficie è pari a 2,6 volte quella terrestre; la sua rivoluzione intorno al Sole si compie in 11,86 anni; la rotazione media su se stesso (giorno di Giove) è di 9h50m30s. Il suo disco appare attraversato da fascie oscure parallele all’equatore e da zone chiare molto estese e brillanti; un particolare della sua superficie è la famosa macchia rossa, di forma ovale, lunga quasi 50.000 km e larga 10.000 km. È una tempesta che perdura da almeno 300 anni ed è osservabile dalla Terra. Appare di colore rosso, forse perché è costituita da un gas ricco di metano. Ruota con un periodo di circa sei giorni in senso antiorario. Per quanto concerne la sua atmosfera, Gerard Kuiper ha di recente accertato spettroscopicamente che nella densa atmosfera di questo pianeta c’è metano e ammoniaca; la temperatura è circa -150°C. I suoi satelliti sono 12, dei quali i più grandi sono i 4 satelliti scoperti da Galileo: Io, Eu-

ropa, Ganimede e Callisto (in ordine di distanza dal pianeta). I diametri di Ganimede e Callisto sono rispettivamente di 5500 e 5050 km superiori a quello di Mercurio, che invece è un pianeta. L’osservazione dei satelliti di Giove ha permesso la scoperta della velocità della luce. La sua densità è di poco maggiore a quella dell’acqua, per cui, data la sua mole, si suppone che molta parte del pianeta sia allo stato gassoso; le ricerche indicano che la sua massa è costituita per l’80% da idrogeno. Il pianeta è conosciuto sin dall’antichità , essendo visibile a occhio nudo. I romani gli attribuirono il nome del dio Giove.


03/6 SATURNO Saturno è un pianeta del sistema solare, il sesto in ordine di distanza dal Sole. Il secondo più grande dopo Giove, con un diametro equatoriale di 120 mila km, quasi 10 volte maggiore di quello terrestre; la massa è 95 volte superiore, ma il volume lo è di ben 767 volte, ne consegue una densità bassissima: 0,12 volte quella terrestre e 0,72 volte quella dell’acqua, la minima cioè tra tutti i pianeti. Ruota su un asse in un periodo breve, 16h5m; il diametro polare è di 12 mila km più breve dell’equatoriale. Il periodo di rivoluzione è di 29,46 anni. La distanza dalla Terra varia tra 1196 e 1659 milioni di km; è il più distante tra i pianeti visibili a occhio nudo. La superficie presenta delle strisce di colore verdastro, molto confuse. Il periodo di rotazione è stato determinato su alcune macchie biancastre ben definite, comparse nel 1873, 1903 e 1933. La temperatura di superficie è di circa -220°C. Il pianeta è circondato da un’atmosfera, costituita principalmente da metano e ammoniaca, con presenza di idrogeno, elio, ossigeno e azoto. La costituzione interna è dubbia, si pensa a un nucleo con densità di circa 3 km, dal diametro di 45 mila km, dal quale si passerebbe improvvisamente allo strato più esterno, a densità bassissima. Christiaan Huygens chiarì che il pianeta

è circondato da un anello sottile, e nel 1675 Giovanni D. Cassini osservò che l’anello era diviso in due dalla «divisione oscura» che porta il suo nome. Nel 1850 fu scoperto un terzo anello, in posizione più vicina al pianeta; quello centrale è di gran lunga il più luminoso. Anche in quello esterno si osserva una zona oscura, detta divisione di Encke. Gli anelli, che hanno uno spessore di 15 km, furono ritenuti solidi da Laplace; tale teoria fu dimostrata insostenibile da Maxwell. Essi sono costituiti da piccole particelle, probabilmente derivanti dalla frantumazione di un satellite avvicinatosi troppo al pianeta. Il diametro esterno del sistema anulare ha uno spessore di 275 mila km; l’anello esterno è largo 18.700 km, il medio 28.500, l’interno 17.800; tra questo e la superficie di Saturno passano circa 10 mila km. Oltre gli anelli, gravitano attorno al pianeta nove satelliti. Huygens scoprì il maggiore, Titano, nel 1655: è l’unico satellite del sistema solare con un’atmosfera. Edward C. Pickering scoprì il nono, Febe, nel 1898, e dimostrò che è dotato di moto retrogrado; nel 1905 annunciò la scoperta del decimo satellite, Temi, non più rintracciato da allora, e forse inesistente.


03/7 URANO Urano è il settimo pianeta, in ordine di distanza dal Sole. Insieme a Nettuno si trova ai confini del sistema solare, ovvero nella regione di spazio distante da 2,5 a 7,5 miliardi di chilometri dal Sole, o che va da 17 a 50 unità astronomiche. Ecco come fu scoperto. Il maestro di musica inglese di origine tedesca Friedrich Wilhelm Herschel (1738-1822), appassionato di astronomia, in una delle sue osservazioni si imbatté in uno strano oggetto, che inizialmente ritenne una cometa. Si trattava, invece, di Urano, come comprese grazie all’ausilio del matematico Anders Johann Lexell. Urano appare al telescopio come un piccolo disco verdastro; se le condizioni di osservazione da Terra sono perfette, si osservano delle debolissime fasce. Urano ha un sistema di 21 satelliti che orbitano sul suo piano equatoriale, quasi perpendicolare al piano dell’orbita; in ordine di distanza, i cinque principali sono Miranda (a 130.000 km), Ariel (a 192.000 km), Umbriele (a 267.000 km), Titania (a 438.000 km) e Oberon (a 586.000 km). Nel 1977, attorno al pianeta all’interno dell’orbita di Miranda, sono stati scoperti cinque sottilissimi anelli di particelle solide di piccole dimensioni con forma leggermente ellittica. Gli anelli sono stati indicati con le prime cinque lettere dell’alfabeto greco a partire da quello più prossimo al pianeta. Questa scoperta è di estremo

interesse, poiché ha mostrato come la presenza di anelli attorno all’equatore dei pianeti giganti non è un’eccezione (si conoscevano prima soltanto gli anelli di Saturno), ma un fenomeno ricorrente. È per dimensioni il terzo tra i pianeti. Ruota intorno al proprio asse in 17h6m, mentre il periodo di rivoluzione intorno al Sole è di 84,01 anni. Data la scarsa inclinazione dell’asse, i due poli restano rivolti al Sole ciascuno per 42 anni consecutivi. L’ellisse descritta è quasi circolare, con una eccentricità di solo 0,0047. La temperatura media è di circa 220 °C. Il pianeta è circondato da un’atmosfera di ammoniaca e metano molto densa, praticamente solida nella zona in ombra.


03/8 NETTUNO Nettuno è l’ultimo pianeta del nostro sistema solare in ordine di distanza dal Sole, dal quale è lontano in media 4501 milioni di km. Dopo la scoperta di Urano, nel 1781, si trovò traccia di sue osservazioni fin dal 1690, malgrado non ne fosse stata individuata la natura di pianeta, e si tentò di calcolare la sua orbita in modo che si accordasse anche alle osservazioni più antiche. Questa operazione non riuscì e si pensò che le osservazioni anteriori al 1781 fossero poco attendibili; ma, mano a mano che passava il tempo, le posizioni calcolate divergevano sempre di più da quelle osservate, e alcuni astronomi avanzarono l’ipotesi che le irregolarità fossero da imputare all’effetto di perturbazioni causate da un ulteriore pianeta sconosciuto. Da qui partirono una serie di studi, condotti da John Couch Adams nel 1843 e, contemporaneamente, da Urbain Jean Joseph Leverrier che, con l’aiuto del professor Galle dell’Osservatorio di Berlino, scoprì l’ottavo pianeta del sistema solare: Nettuno. Nel 1980, per poter valutare meglio la precisione della sua orbita, Charles Kowal cercò di raccogliere avvistamenti del pianeta anteriori alla sua scoperta. Dal fatto che si era calcolato che nel gennaio del 1613 Giove dovette «occultare» Nettuno (cioè interporsi fra questo e la Terra), Kowal decise di controllare nel diario di Galileo - che in quel periodo stava ese-

guendo accurate osservazioni del sistema gioviano -, se ci fosse una qualche traccia della presenza di Nettuno. Galileo segnava nel diario la posizione relativa di Giove, dei suoi satelliti maggiori e quella delle stelle di campo. Pur non identificandolo come un pianeta, Galileo segnalò la presenza di Nettuno 234 anni prima che esso fosse riconosciuto come l’ottavo pianeta della stella Sole. Nettuno si presenta come un oceano di metano e altri gas liquidi circondato da un’atmosfera di idrogeno, metano e acetilene interrotta da macchie scure (perturbazioni cicloniche) e formazioni nuvolose. Il sistema di Nettuno è costituito da 11 satelliti, i più noti dei quali sono Tritone e Nereide: Tritone si muove lungo un’orbita retrograda attorno al pianeta. Il suo diametro è di 48.400 km. Ruota intorno al Sole in 164,8 anni e intorno al proprio asse in 16h5m. È costituito da un nucleo solido ricoperto da un mantello di ghiaccio e di metano (8000 km), questo a sua volta è avvolto da una coltre gassosa di metano, ammoniaca, idrogeno ed elio, capace di assorbire radiazioni rosse e infrarosse e fonte di calore per effetto della compressione gravitazionale. Sulla superficie sono state individuate dalla sonda Voyager due macchie chiamate Grande Macchia Scura e Piccola Macchia Scura.



04/ PIANETI NANI Urano è il settimo pianeta, in ordine di distanza dal Sole. Insieme a Nettuno si trova ai confini del sistema solare, ovvero nella regione di spazio distante da 2,5 a 7,5 miliardi di chilometri dal Sole, o che va da 17 a 50 unità astronomiche. Ecco come fu scoperto. Il maestro di musica inglese di origine tedesca Friedrich Wilhelm Herschel (1738-1822), appassionato di astronomia, in una delle sue osservazioni si imbatté in uno strano oggetto, che inizialmente ritenne una cometIl 24 agosto 2006 viene aggiunta, dall’Unione Astronomica Internazionale, durante l’assemblea generale a Praga, una nuova suddivisione dei corpi presenti all’interno del sistema solare, quella di “pianeta nano”. Tale definizione cambia aspetto al nostro sistema solare, che fino a quel momento si vedeva composto dal Sole, da nove pianeti, dai loro satelliti e da altri corpi minori, quali comete e asteroidi. Ad oggi invece il sistema solare risulata essere costituito dal Sole, da otto pianeti e dai pianeti nani Plutone, Cerere ed Eris, corpo scoperto nel 2003 nell’orbita di Plutone, inizialmente chiamato UB 2003313. L’Unione Astronomica, in realtà, chiarisce con maggiore precisione la definizione di pianeta, sostenedo che può essere considerato tale ogni corpo celeste che abbia una massa sufficientemente grande al fine di essere plasmato in forma sferica dalla forza di gravità da esso stesso prodotta; che orbiti intorno al Sole; che abbia “ripulito” la sua orbita da tutti i piccoli corpi presenti su di essa. Per questo Plutone è stato “declassato” a pianeta nano, dal momento che ritrova sulla sua orbita, un gran numero di corpi più piccoli.a. Si trattava, invece, di Urano, come comprese grazie all’au-

silio del matematico Anders Johann Lexell. Urano appare al telescopio come un piccolo disco verdastro; se le condizioni di osservazione da Terra sono perfette, si osservano delle debolissime fasce. Urano ha un sistema di 21 satelliti che orbitano sul suo piano equatoriale, quasi perpendicolare al piano dell’orbita; in ordine di distanza, i cinque principali sono Miranda (a 130.000 km), Ariel (a 192.000 km), Umbriele (a 267.000 km), Titania (a 438.000 km) e Oberon (a 586.000 km). Nel 1977, attorno al pianeta all’interno dell’orbita di Miranda, sono stati scoperti cinque sottilissimi anelli di particelle solide di piccole dimensioni con forma leggermente ellittica. Gli anelli sono stati indicati con le prime cinque lettere dell’alfabeto greco a partire da quello più prossimo al pianeta. Questa scoperta è di estremo interesse, poiché ha mostrato come la presenza di anelli attorno all’equatore dei pianeti giganti non è un’eccezione (si conoscevano prima soltanto gli anelli di Saturno), ma un fenomeno ricorrente. È per dimensioni il terzo tra i pianeti. Ruota intorno al proprio asse in 17h6m, mentre il periodo di rivoluzione intorno al Sole è di 84,01 anni. Data la scarsa inclinazione dell’asse, i due poli restano rivolti al Sole ciascuno per 42 anni consecutivi. L’ellisse descritta è quasi circolare, con una eccentricità di solo 0,0047. La temperatura media è di circa 220 °C. Il pianeta è circondato da un’atmosfera di ammoniaca e metano molto densa, praticamente solida nella zona in ombra.


04/1 CERERE Cerere venne scoperto, per caso, nel 1801 da Giuseppe Piazzi che lo chiamò così in onore della dea protettrice del grano. Inizialmente classificato come asteroide è oggi, insieme a Plutone e a Eris, un pianeta nano. La sua orbita si trova tra quella di Marte e Giove, nella fascia di primaria degli asteroidi, fra i quali è l’unico ad avere una forma sferica. Ha un diametro di circa 950 km. Sono state osservate, sulla superficie, due zone scure, forse crateri d’impatto. Le immagini più recenti, inoltre, mostrano una macchia bianca, di cui però non

si conosce la natura. Gli studi recenti di Peter Thomas indicano che probabilmente l’interno del pianeta è diversificato in un nucleo roccioso interno e in un mantello esterno ghiacciato, probabilmente contenente una quantità immensa d’acqua, molto più di quella presente sulla Terra. Fino a questo momento Cerere non è stato oggetto di missioni spaziali, ma nel giugno 2007 dovrebbe partire la prima sonda che esplorerà il pianeta.


04/2 PLUTONE Plutone è definito, da agosto del 2006, un «pianeta nano». La scoperta di Nettuno fu l’inizio di una serie di ricerche sui pianeti transnettuniani che portò, nel 1930, alla scoperta di Plutone. Nei primi decenni del XX secolo, a più riprese furono pubblicati, da parte di Percival Lowell e di William H. Pickering, lavori di meccanica celeste che analizzavano le perturbazioni dell’orbita osservata di Urano. Queste analisi portavano alla conclusione che, al di là di Nettuno, dovesse esistere un altro pianeta, di cui era possibile prevedere l’orbita, sia pure in maniera approssimativa. Per scoprire il pianeta «previsto» furono condotte ricerche sistematiche presso vari osservatori. Finalmente, il 18 febbraio 1930, Plutone fu individuato da Clyde Tombaugh su una fotografia ottenuta con un telescopio. Il pianeta, però, appena scoperto aveva una luminosità più bassa (di almeno 3 magnitudini) rispetto a quella prevedibile sulla base della teoria di Lowell. La massa di Plutone risultava assai minore di quella prevista teoricamente. Plutone è di gran lunga troppo piccolo per aver prodotto le perturbazioni dell’orbita di Urano su cui si basò Lowell, e la scoperta in vicinanza della posizione prevista dovette essere solo una coincidenza casuale. Ma veniamo alle caratteristiche del pianeta. Si stima che il suo diametro possa essere di 5.900 km. La sua temperatura media è di -230 °C. Plutone è un pianeta nano con un’orbita molto eccentrica. Da un punto di vista fisico, assomiglia molto di più a un satellite di uno dei pianeti gioviani che non a un pianeta. Studi sulla risonanza hanno mostrato che Plutone ha indubbiamente un’orbita stabile, ma questo non sembra essere in contraddizione con l’ipotesi della fuga dall’attrazione di Nettuno. La luminosità del pianeta varia re-

golarmente con un periodo di 6 giorni e 9 ore; da ciò si è dedotto che questo è il periodo di rotazione su se stesso di Plutone. Ha un satellite, Caronte, che vi orbita attorno con un periodo che è risultato di 6 giorni e 9 ore. La coppia Plutone-Caronte rappresenta il primo caso di perfetta uguaglianza tra periodo di rotazione del pianeta e di rivoluzione del satellite. La piccola massa e la bassa temperatura di Plutone fanno supporre che molte molecole, che potenzialmente potrebbero essere costituenti di una atmosfera, quali l’anidride carbonica, l’acqua e l’ammoniaca, possano trovarsi sulla superficie sotto forma di ghiaccio. Le molecole più leggere, quali l’idrogeno e l’elio, sono sicuramente in gran parte sfuggite all’attrazione gravitazionale del pianeta. Se un’atmosfera comunque è presente su Plutone, potrebbe essere formata da molecole di metano, di azoto molecolare e anche da gas inerti, come il neon e l’argon, ma tutte dovrebbero essere concentrate nell’emisfero illuminato.



05/ SATELLITI I satelliti sono corpi celesti dotati di moto di rivoluzione attorno a un pianeta. Il loro moto, come quello dei pianeti, è regolato dalle leggi di Keplero. Quasi tutti quelli del sistema solare ruotano attorno ai loro pianeti in senso antiorario. Si pensa che i satelliti si siano originati nella stessa zona del disco protoplanetario (disco di polveri che dà origine ai pianeti) che ha dato vita al pianeta. Alcuni satelliti, invece, potrebbero essere frammenti di corpi celesti

distrutti. Tra i pianeti del sistema solare solo Mercurio e Venere sono privi di satelliti. La Luna, satellite della Terra, è il solo visibile a occhio nudo. I primi a essere scoperti furono i primi quattro di Giove, per opera di Galileo che li denominò «pianeti medicei».


05/1 LUNA Unico satellite della Terra, la Luna ha una superficie pari a 1/14 del nostro pianeta e un diametro medio di 3476 km. La sua distanza dalla Terra varia da 356.410 km al perigeo a 406.670 km all’apogeo, mentre quella media è di 381.540 km. È priva di atmosfera e sulla sua superficie non esiste acqua allo stato liquido, secondo le conoscenze attuali. Poiché ogni punto della Luna rimane esposto al Sole per circa 14 giorni terrestri consecutivi, la temperatura durante tale periodo è di media di 120 °C, mentre quando lo stesso punto è in ombra per altri 14 giorni consecutivi, la temperatura scende sino a -150°C. La luce lunare è il riflesso di quella del Sole. Priva di atmosfera, sulla sua superficie non esiste acqua. I mari sono ampie distese di polveri finissime. Il più grande è il Mare Imbrium, largo 1200 km. Altri sono i Mari Crisium, Serenitatis e Tranquillitatis. Per quanto riguarda le montagne, le vette più alte si trovano nelle catene di Leibnitz e Doerfel (raggiungono i 6100 m di altezza), entrambe di probabile origine vulcanica. I crateri si sono originati in conseguenza dei violenti impatti di meteoriti e asteroidi che hanno bombardato la Luna nel corso delle prime fasi della sua formazione. Il cratere più grande è il Bailly, con un diametro di 295 km e una profondità di 3960 km. L’attrazione di massa è particolarmente sensibile ed è considerata la causa prima delle maree, comprese quelle terrestri. Il periodo di rivoluzione siderale, o mese siderale, è compiuto in 27d7h43m11,5s. Nello stesso tempo la Luna compie l’intero movimento di rotazione intorno a se stessa. Se consideriamo questo movimento in relazione alla Terra, cioè se vogliamo che il satellite riprenda la sua posizione in riferimento a una località della superficie terrestre, il tempo di rotazione è maggiore (rivoluzione sinodica o mese sinodico o lunazione), perché è intervenuta la traslazione effettuata per seguire la Terra (29d12h44m2,8s). Durante tale movimento la Luna varia la sua posizione rispetto alla Terra e al Sole, per cui rimane a noi invisibile (novilunio), o interamente visibile, ma sempre con

lo stesso emisfero (plenilunio). Tra queste due fasi, se ne indicano di solito due intermedie (primo quarto e ultimo quarto). Quando Terra, Luna e Sole giacciono sullo stesso piano avvengono le eclissi. Noi vediamo sempre lo stesso emisfero del satellite perché il movimento di rotazione e il suo movimento di rivoluzione intorno allaTerra si compiono nello stesso tempo. I fenomeni derivati dai moti della Luna hanno dato luogo ai primi calendari dell’umanità. Nel mondo cristiano le fasi lunari sono alla base della determinazione della Pasqua e delle feste mobili a essa relative. Le prime conoscenze scientifiche della superficie lunare sono da attribuire a Galileo. Egli nel 1610, nel Sidereus Nuncius, descrisse molte particolarità morfologiche e fornendo alcuni espressivi disegni d’assieme. Il primo uomo a vedere la Terra stando coi piedi poggiati sulla Luna fu lo statunitense Neil Armstrong, accompagnato da Edwin Aldrin, durante l’allunaggio della navicella Apollo 11 avvenuto il 26 Luglio 1969. Da allora, nessun altro ha vissuto l’esperienza di quegli astronauti, ma le informazioni sul nostro satellite non sono mancate, perché le sonde di moderna tecnologia ci hanno ugualmente fornito informazioni interessanti. È sufficiente ricordare il lavoro compiuto da sonde come Clementine prima (1994) e Lunar Prospector poi (1998), che hanno rilevato tracce di acqua allo stato solido sul fondo dei crateri polari. Lo scenario futuro prevede anche collegamenti con la stazione orbitante MIR e l’allestimento di una base di lancio per veicoli interplanetari che, sfruttando la bassa gravità, potrebbero essere messi in orbita con più facilità e meno carburante.



05/2 PHOBOS Phobos è il nome del primo satellite di Marte un gran numero di crateri, il più grande dei (il più vicino al pianeta) che ruota velocemente quali si chiama cratere Stickney. intorno a esso alla distanza di 9400 km dal centro in 7h39m. Di grandezza stellare 12, fu scoperto da Halle il 17 agosto 1877 dall’Osservatorio di Washington; il suo diametro, ancora non ben conosciuto, si ritiene di circa 10 km. Il suo nome deriva da Fobo, uno dei cavalli del dio Marte. Phobos è probabilmente costituito da una combinazione di ghiaccio e roccia. Sulla superficie sono presenti


05/3 IO Io è il primo satellite di Giove, da cui dista 420 mila km, scoperto da Galileo Galilei agli inizi del 1610. Ha un diametro di 3638 km e un periodo di rivoluzione di 1d18h27m, con rotazione sincrona. La superficie presenta una struttura endogena con una colorazione cromo-rosso-arancione dovuta allo zolfo, al sodio e alle anidridi, e conta la presenza di 200 - 300 vulcani, dovuti alle deformazioni di natura mareale causate dalla vicinanza di Giove. È il corpo più attivo per quanto riguarda l’at-

tività vulcanica, che è legata a manifestazioni di tipo geyser e a flussi di magma proveniente dalle viscere più profonde del pianeta, che gli conferiscono la particolare colorazione. Secondo i dati della sonda Galileo, la struttura interna è costituita da un nucleo di ferro con un raggio probabilmente superiore a 900 km. Le formazioni geologiche presenti sulla superficie sono relativamente giovani, più o meno come quelle della Terra. Presenta anche una tenue atmosfera composta da diossido di zolfo.


05/4 EUROPA Europa è il nome del minore e del più luminoso dei satelliti galileiani di Giove. Dista dal pianeta madre 670 mila km, ha un moto rotatorio che compie in 3d13h13m. Scoperto da Galileo il 7 gennaio 1610, misura un diametro di 2900 km. La sua crosta è costituita da un sottile strato di ghiaccio, adagiata sopra un in-

volucro di acqua. Proprio questo dato ha reso Europa oggetto di missioni della Nasa (E. Observer), volte a studiare il liquido presente sotto la coltre ghiacciata. Il telescopio Hubble ha evidenziato la presenza di una sottile atmosfera composta da ossigeno che però non ha origine biologica.


05/5 TITANO Titano è il nome del sesto satellite di Saturno, tore saturniano. Titano è l’unico satellite sul scoperto da Christiaan Huygens nel 1655. Con quale sia stato possibile rilevare un’atmosfera il suo diametro di 5150 km è il più grande sa- costituita principalmente di metano. tellite del sistema solare, più grande del pianeta Mercurio. La sua distanza media di rotazione intorno a Saturno è di 1.480.560 km. La sua orbita è quasi circolare e complanare all’equa-


05/6 ARIEL Ariel è un satellite di Urano. Misura un diame- Le formazioni geologiche sulla superficie sono tro di circa 1160 km, dista circa 190 mila km valli, crateri e chasmata (canyon). dal pianeta e compie attorno a esso una rivoluzione in circa 2,5 giorni. Fu scoperto il 24 ottobre 1851 da William Lassel. Ăˆ composto da silicati, ghiaccio d’acqua e ghiaccio di metano.


05/7 TRITONE Tritone è il primo satellite di Nettuno, scoperto nel 1846 da William Lassell. Presenta una massa pari a sei volte quella lunare, misura un diametro di 2720 km e ruota attorno al pianeta in senso orario (movimento retrogrado) in 5d21h02m69s a una distanza media di 354

mila km. La sonda Voyager 2 lo ha studiato a distanza ravvicinata nel corso della missione del 1989. il satellite possiede una lieve atmosfera composta da azoto e, in quantità minore, da metano. La sua superficie è segnata da chasmata e valli.


06/ CORPI CELESTI

Nel sistema solare, oltre ai pianeti con i relativi satelliti, esistono tanti altri corpi celesti che contribuiscono a formare un quadro assai complesso del ÂŤpiccolo universoÂť in cui si trova il nostro pianeta. Si trovano altri elementi fondamentali del sistema solare quali le comete

e gli asteroidi. Le prime hanno un’orbita intorno al Sole molto eccentrica e sono composte soprattutto da ghiacci volatili. Gli asteroidi sono corpi di piccolissime dimensioni che gravitano soprattutto fra Marte e Giove.



06/1 ASTEROIDI Gli asteroidi, detti anche pianetini, sono minuscoli corpi che gravitano prevalentemente fra Marte e Giove. A causa della loro evoluzione geologica molto modesta, essi rappresentano quasi un libro aperto sulle fasi più antiche del sistema solare. È importante notare che non tutti i piccoli pianeti sono compresi tra Marte e Giove, ma alcuni sono ben al di fuori di tali limiti. Primi fra tutti i Troiani posti in due gruppi sulla stessa orbita di Giove, in modo tale da formare un triangolo equilatero con questo pianeta e il Sole. Dei due gruppi di Troiani, uno precede Giove di 60° lungo la sua orbita e l’altro segue il pianeta, pure a 60°; a causa di varie perturbazioni, i singoli asteroidi oscillano però alquanto attorno alla propria posizione di equilibrio. Vengono chiamati Troiani perché portano nomi di eroi omerici della guerra di Troia: Achille, Agamennone, Ettore, Patroclo, Menelao, Ulisse, ecc. Il primo, Achille, fu scoperto nel 1906 e ha un diametro di circa 30 km; oggi se ne conoscono una ventina e gli ultimi scoperti hanno dimensioni assai più piccole. Altri asteroidi si muovono in orbite molto eccentriche, simili a quelle delle comete. Alcuni di questi oggetti hanno passaggi molto ravvicinati alla Terra, come accadde per Hermes, che passò ad appena il doppio della distanza della Luna. È di recente scoperta poi un nuovo gruppo di pianetini, aventi addirittura distanza media dal Sole minore di quella della Terra; ad esso è stato dato il nome di gruppo Atena. Per finire, ricordiamo ancora l’oggetto Chirone, scoperto nel 1977, che ha la sua orbita compresa tra quelle di Saturno e Urano. In questo caso, siamo forse di fronte a una nuova, anche se più ristretta, fascia di asteroidi, localizzata fra questi due

pianeti esterni. Gli asteroidi forniscono, infatti, con il loro insieme di orbite le più diverse, uno splendido banco di prova per le teorie più sofisticate della meccanica celeste. Considerando la massa trascurabile, si è potuto «leggere» l’evoluzione dinamica di questi oggetti «puntiformi» sotto l’effetto delle perturbazioni dei pianeti maggiori. Si è messo così in rilievo la loro caratteristica distribuzione, presentante lacune e addensamenti, in relazione a rapporti semplici tra il loro periodo e quello di Giove (le cosiddette «risonanze»). Si sono scoperte «famiglie» composte da asteroidi estremamente concentrati spazialmente, sì da farne pensare un’origine dovuta a una collisione catastrofica tra due oggetti più grandi. A questo riguardo, notiamo che le collisioni tra pianetini sembrano essere, o per lo meno sono state, molto frequenti. Una distribuzione originale di corpi, in numero limitato, si sarebbe trasformata nell’insieme attuale, numerosissimo, attraverso una serie di collisioni a catena; gli asteroidi attuali sarebbero pertanto, per la grande maggioranza, solo dei frammenti. È possibile oggi la determinazione delle dimensioni di un gran numero di asteroidi mediante l’applicazione di due metodi, detti l’uno «radiometrico» e l’altro «polarimetrico»; con questi metodi, che sarebbe qui troppo complesso illustrare, in questi ultimi anni più di 700 oggetti hanno avuto una stima abbastanza valida delle loro dimensioni, e si è raggiunta la completezza statistica per gli asteroidi di più di 200 km di diametro. Le masse di questi corpi sono estremamente esigue rispetto a quelle dei pianeti. Gli asteroidi sono prevalentemente dei tipi detti C e S, riconducibili rispettivamente alle


meteoriti chiamate condriti carboniose e alle meteoriti metallo-silicee. Il metodo migliore per ottenere il periodo di rotazione di un oggetto roccioso e irregolare come un asteroide è quello di osservarne le variazioni di luce. Poiché la luminosità del pianetino varia principalmente in relazione all’area della superficie illuminata dal Sole che esso ci mostra, osservazioni eseguite in un periodo di alcuni giorni possono facilmente ricondurre a una buona determinazione del periodo rotazionale. Dall’analisi delle variazioni di luce, si è riscontrato che la stragrande maggioranza degli asteroidi è da considerare di tipo allungato o quanto meno non sferico. Gli asteroidi più grandi (maggiori di 200 km in diametro) hanno un periodo medio di rota-

zione abbastanza rapido (intorno alle 7 ore): essi potrebbero rappresentare una popolazione originale o quantomeno poco influenzata da collisioni importanti. Tra i 100 e i 200 km si avrebbe una zona di transizione, in cui sarebbero presenti corpi originali e frammenti dovuti a collisioni catastrofiche. Per gli oggetti ancora più piccoli, la frammentazione sarebbe di gran lunga predominante. Un grosso problema è costituito dal fatto che gli asteroidi medio-piccoli hanno una rotazione media molto più lenta di quelli grandi. Una risposta potrebbe essere data accettando una presenza molto numerosa di sistemi binari o multipli di asteroidi, causati da eventi collisionali.


06/2 COMETE Le comete sono costituite generalmente da due parti: la testa e la coda. La testa comprende una parte più o meno brillante, chiamata nucleo, che appare circondata da una particolare nebulosità più o meno intensa, detta chioma. Le dimensioni apparenti della testa della cometa possono variare; talvolta appare come una piccola stella, altre volte può raggiungere le dimensioni apparenti del Sole e della Luna. Non sempre il nucleo è nettamente distinguibile nella testa. La coda che si diparte dalla testa, si forma quando il corpo si avvicina al Sole ed è costituita da uno strascico che può diventare eccezionalmente luminoso; la coda a volte manca (in gergo popolare viene allora chiamata stella cometa), altre volte si può osservare il fenomeno di più code. Il problema dell’origine e della provenienza delle comete non è ancora del tutto risolto. Esse gravitano intorno al Sole secondo le leggi di Keplero e descrivono orbite che, per alcune sono decisamente ellittiche, per la maggior parte enormemente allungate, quasi paraboliche, per le altre si ritiene che descrivano orbite iperboliche. Per quest’ultime si è affacciata l’ipotesi di una provenienza interstellare, in quanto esse non sono periodiche. Nel 1813 Laplace riteneva che queste fossero formate di materia cosmica e quindi provenissero dalle regioni interstellari. Studi molto recenti, condotti su comete con orbite iperboliche, hanno dimostrato che anche queste percorrevano in origine orbite ellittiche e che le accelerazioni dovute alle attrazioni dei pianeti hanno trasformato in seguito la forma delle loro orbite. Si può pertanto affermare, senza escludere del tutto la possibilità di qualche cometa interstellare, che le comete sono di origine solare. Le loro caratteristiche

fisiche non si riscontrano effettivamente negli altri corpi del sistema solare. Esse sono immensamente estese, ma la loro densità è eccezionalmente piccola, interessando una massa che in generale è inferiore a 1/100.000 di quella della Terra. L’estensione della testa supera talvolta le dimensioni del Sole, mentre quella della coda supera anche la distanza Sole-Marte, raggiungendo un volume che è migliaia di volte quello del Sole. Esse appaiono nello stesso tempo come corpi luminosi (emittenti luce propria), ma anche come corpi riflettenti la luce solare. Ciò è dovuto alla luminescenza dei gas che le costituiscono, generata dalle radiazioni solari che le raggiungono. Questo spiega anche gli accentuati cambiamenti di luminosità che subisce il corpo in prossimità del Sole. Quando si trova lontana dall’astro centrale, in zone dello spazio dove la temperatura è estremamente bassa, l’agglomerato è pressoché completamente congelato: mano a mano che si avvicina al Sole, il calore che lo irradia fa evaporare alcune delle sue componenti che si dispongono tutto intorno a formare una chioma (in latino coma, da cui il nome di cometa) di gas e particelle infinitesime di materia solida, della quale l’agglomerato costituisce il nucleo. Questa chioma subisce l’azione della pressione della radiazione e del vento solari e perciò tende a sfuggire dal nucleo in direzione opposta a quella del Sole. Questo spiega il formarsi della coda, che può estendersi anche per distanze di decine di milioni di chilometri. Il numero delle comete di cui si hanno notizie storiche ammonta a circa 1700 e ogni anno se ne scoprono in media, altre cinque o sei. Molto note sono quelle apparse nel 1843 (visibile in pieno giorno e con un periodo di circa 510


anni), nel 1858 (scoperta da Donati con un periodo superiore a 2000 anni) e nel 1901 (la grande cometa australe). La piÚ famosa è la cometa di Halley, con periodo di 76 anni. In generale, si usa dividere le comete periodiche in categorie in base al valore del periodo di rivoluzione attorno al Sole: 1) comete di corto periodo (meno di 20 anni); 2) comete di periodo

intermedio (20-200 anni); 3) comete di lungo periodo (200-1.000.000 di anni); 4) comete con orbite quasi paraboliche. Data la loro piccolissima massa, le comete subiscono notevoli perturbazioni da parte dei pianeti e perciò gli elementi orbitali variano continuamente. Da notare che sulla cometa agiscono anche forze non gravitazionali.



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