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FOCUS ON
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FOCUS ON
IL VENDING ITALIANO TRA PRESENTE E FUTURO: NUOVI SCENARI DI CONSUMO
GLI STATI GENERALI DEL VENDING, CHE SI SONO SVOLTI LO SCORSO NOVEMBRE A ROMA, HANNO SEGNATO IL RIORNO AD UN CONFRONTO DIRETTO TRA IL SETTORE E LE ISTITUZIONI, RAPPRESENTATE DA ALCUNI ESPONENTI POLITICI CHE HANNO PRESO PARTE ALL’EVENTO. LA GIORNATA DI INCONTRO È STATA PERÒ ANCHE FONDAMENTALE MOMENTO DI APPROFONDIMENTO SULLA SITUAZIONE DEL MERCATO ITALIANO IN MERITO AI CONSUMI ALIMENTARI (NUOVI TREND DI CONSUMO) E IN PARTICOLARE, SULLO STATO DI SALUTE DEL VENDING ITALIANO.
LA GIORNATA DI INCONTRO È STATA FONDAMENTALE MOMENTO DI APPROFONDIMENTO SULLA SITUAZIONE DEL MERCATO ITALIANO IN MERITO AI CONSUMI ALIMENTARI E, IN PARTICOLARE, SULLO STATO DI SALUTE DEL VENDING ITALIANO.
A introdurre l’argomento, uno studio condotto da IPSOS e presentato da Nando Pagnoncelli, che ha riassunto gli ultimi due anni di vita della distribuzione automatica italiana, lasciando intravedere quali saranno le prospettive future del settore secondo gli addetti ai lavori.
STUDIO DI SETTORE SUL MERCATO DELLA DISTRIBUZIONE AUTOMATICA IN ITALIA (2020 E PRIMO SEMESTRE 2021)
due diverse fonti: la piattaforma Vending Market Monitor, che raccoglie dati di 27 aziende di gestione del mercato automatico (circa 40% del fatturato totale) e dati Ipsos raccolti attraverso interviste online (svolte tra luglio e settembre 2021) a fabbricanti e gestori che operano nel mercato OCS. Analizzando l’andamento del mercato, nel 2020 il fatturato totale del settore ha raggiunto quota €1.280.680,539, vale a dire -31,95% rispetto al 2019. -30,4% anche per le consumazioni e -1,79 per quanto riguarda il parco macchine installate. Una flessione importante, che ha visto diminuire sensibilmente le consumazioni di snack, ridotte del 40,56% e quelle delle bevande
fredde del 38,23%, mentre quelle dei gelati del 63,71% anche se, anche in questo caso, questo tipo di consumazione influisce relativamente sull’andamento generale del fatturato vending. Analogamente, il consumo di caffè (-24,20%) e delle altre bevande calde è in calo del 25,52. Ben -33,98% per il caffè solubile, anche se “pesa” solo il 5% del totale consumazioni. Va ricordato che, all’interno delle consumazioni di bevande calde, il caffè pesa per l’88% del totale e che si dimostra anche il prodotto che meglio ha resistito al calo dovuto al lockdown causato dalla pandemia da Covid-19. Tra le altre bevande calde, tè e gingsen sono quelle che hanno dimostrato un calo più contenuto, al contrario di cioccolata e orzo, che hanno fatto registrare una riduzione vicina al 40%. Parlando invece di bevande fredde, le consumazioni di acqua (77% del totale categoria) sono diminuite del 38,78% rispetto al 2019. Le bevande gassate hanno registrato un calo più contenuto (-30,61%) mentre tè freddo e bevande alla frutta hanno perso oltre il 40%. In particolare, è l’acqua naturale ad aver mostrato la flessione più sensibile: -40,28%. L’acqua frizzante è stata utilizzata come sostituto di bevande gassate e questo ha fatto sì che il suo trend negativo rispetto al 2019 fosse più contenuto. Per quanto concerne gli snack, il trend particolarmente negativo è imputabile anche alla chiusura delle scuole e alla riduzione del flusso di visitatori negli ospedali, canali in cui questo tipo di prodotto viene maggiormente consumato. Sono gli snack salati ad aver registrato il calo maggiore (-45,58%). Tra i freschi, tramezzini e panini sono quelli che hanno “tenuto” maggiormente e questo è facilmente ricollegabile alla chiusura di bar e ristoranti durante il lockdown del 2020. La macchinetta, in questo caso, ha parzialmente sostituito i locali per la pausa pranzo. Se la cava meglio l’OCS, contando che le aziende pesano per il 69% del fatturato totale del canale. A contenere i danni è stato il consumo domestico, che conta il 24% del fatturato totale e che è calato del 11,69% totale rispetto al periodo pre-pandemia. Anche per gli accessori (bicchieri e palette) un calo complessivo del 26,94% rispetto all’anno precedente. E il futuro? Per valorizzare il settore e aumentarne la conoscenza all’esterno, saranno necessari investimenti per migliorare la comunicazione sia verso i clienti, attraverso la formazione del personale, che verso i consumatori, grazie all’utilizzo delle nuove tecnologie. Una nota positiva viene dalla consapevolezza di essersi lasciati alle spalle la congiuntura negativa dettata dal Covid-19: il 61% dei gestori intervistati ritiene infatti che il settore conoscerà una crescita sostanziale nei prossimi 5 anni. Saranno soprattutto gli impianti industriali, il vending pubblico e il commercio a determinare la crescita del comparto. Gli operatori individuano una crescita maggiore per la DA rispetto all’OCS, che si ritiene crescerà soprattutto nei sottosegmenti Home e Ho.re.ca. La ripresa dalla pandemia (perlomeno nella sua fase più acuta) ha iniziato a mostrare i suoi effetti positivi sul mercato dell’automatico già nel primo semestre del 2021:
+10,14% sui volumi totali rispetto al 2020. Un miglioramento, anche se siamo ancora lontani dai numeri del 2019. Vediamo la situazione più nel dettaglio. Nella prima parte del 2021 tutte le categorie di prodotto si sono rivelate in ripresa rispetto all’anno prima: la variazione più significativa interessa i gelati, anche se influiscono appena lo 0,007% sul volume totale; seguono bevande fredde e referenze calde. Crescono, anche se di poco, gli snack. Il dato è ancora negativo se confrontato con il 2019. A fare da traino nella crescita del caldo è, ancora una volta, il caffè che cresce nel 2021 del 12%. Tra le bevande fredde, l’acqua fa registrare un +10,88% e gli energy drink una crescita del 32,35%. Anche dall’OCS segnali positivi, con un +9% nel primo semestre dell’anno. Riassumendo, il 2020 è stato un anno senza precedenti, con pesanti conseguenze sul clima di fiducia dei consumatori e sulla loro percezione del clima economico, che proprio a marzo/aprile 2020 ha subito un drastico crollo, toccando il minimo storico degli ultimi anni. Il lockdown, con la chiusura di scuole e aziende, ha influenzato il settore della distribuzione automatica che, per sua natura, è collegato alla fruizione di questi ambienti: nel 2020 si è registrata una contrazione del settore sia a volumi (-30,4) sia a valore (-31,95). Il caldo vale il 69% del mercato e mostra una contrazione del 25,52% in consumazioni. Sono soprattutto le bevande calde diverse dal caffè quelle che hanno fatto registrare la riduzione maggiore (-33,99%), mentre le bevande fredde hanno visto diminuire le consumazioni del 38,23%: è soprattutto l’acqua, in particolare quella naturale, a trainare questo trend in diminuzione. Complici la chiusura delle scuole e le restrizioni per i visitatori negli ospedali, drastico calo delle consumazioni di snack: -40,56%. Anche il mercato OCS nel 2020 mostra una contrazione, seppur più contenuta rispetto all’automatico, sia a volumi (-11,76%) sia a valore (-13,56%). Sono le aziende a determinare il 69% del valore di mercato del comparto e il caffè, che vale il 95%, ha subito una contrazione del 11,69%. Contrazione più sensibile per le altre bevande calde (-13,07%). Per il 2021 si evidenziano segnali di ripresa, anche se i numeri sono ancora inferiori al 2019. Il mercato registra un +10,14% complessivo rispetto al 2020 e il trend di crescita interessa tutte le categorie di prodotto, ma soprattutto gelati, bevande fredde e calde. La crescita non è da sottovalutare, anche in considerazione di un clima sociale positivo rispetto al 2020, soprattutto nel nostro Paese. Il dibattito politico riguardante il green pass e i vaccini riguara fortunatamente una minoranza della popolazione. Va colto il momento di fiducia: non vale più “uno vale uno”, ma si è tornati a stimare il valore dell’intermediazione. Infine, il senso comune è sentito perché visto come chiave per uscire dalla crisi e crescere, tutti”.
A seguire, con la sua relazione dal titolo
“New Normal, nuovi consumi, nuovi
consumatori” la docente Anna Zinola, esperta di psicologia del consumo alimentare, ha delineato i nuovi trend e le esigenze del nuovo consumatore nel futuro prossimo. Di seguito, il suo intervento integrale.
“Insieme, analizzeremo il nuovo scenario e le nuove tendenze di consumo alimentare. Il “new normal” comprende il consolidamento della sostenibilità, la cura di sé come responsabilità, il must dell’inclusione, la direzione verso la dematerializzazione, una nuova frugalità, phygital reality, dittatura dell’entertainment. Partiamo dalla sostenibilità, un tema che sicuramente il Covid-19 ha rafforzato. Il lockdown, con il blocco di attività e spostamenti, ha avuto un effetto benefico sull’ambiente e ha reso le persone ancora più consapevoli delle conseguenze negative che lo stile di vita contemporaneo (con il suo retaggio di inquinamento, spreco delle risorse ecc.) ha sul pianeta.
L’attenzione verso i temi della sostenibilità, intesa non solo come ambientale ma anche come sociale, è quindi sempre più alta da parte dei consumatori: i processi, l’utilizzo di materiali, la logistica, ma anche i diritti dei lavoratori e la loro equa retribuzione. Un aspetto che va sottolineato è il consolidamento della sostenibilità, che quindi assume nuovi significati. La sostenibilità rischia talora di diventare green washing (le aziende comunicano un comportamento virtuoso in tema di sostenibilità che, nei fatti, non seguono). I consumatori sono sempre più abili a “smascherare” questo tipo di attività, con conseguenze deleterie per le aziende. La cura crescente che nasce da una maggiore consapevolezza non riguarda solo l’ambiente, ma anche la persona. È una cura di sé che si sviluppa a più livelli: attraverso l’alimentazione (organic food, filiera corta, prodotti del territorio, meno carne e più frutta e verdura); attivitàfisica praticata con regolarità; protezioneindividuale attraverso l’utilizzo della mascherina, la sanificazione delle mani, ecc: un comportamento che, talora, assume derive ossessive, tanto da poter parlare di “safety obsession”. Si tratta di una cura di sé che viene vissuta come responsabilità, un comportamento che si “deve” non solo a se stessi ma anche alla società, così da non impattare sugli altri. Un altro nuovo concetto è quello dell’inclusione: si consolida la propensione ad accettare chi non rientra nella maggioranza, chi –per caratteristiche intrinseche, stile di vita ecc– era (e in molte culture e ambienti è tuttora) definito diverso. L’inclusione può riguardare l’etnia, l’età, il genere, le preferenze sessuali, la religione ma anche le caratteristiche fisiche (come il colore della pelle o la taglia) e, oggi, riguarda anche il cibo. È un tema che tocca le aziende a più livelli: dalla comunicazione al prodotto sino ad arrivare alla composizione interna: ad esempio, con la presenza di persone di etnia diversa nell’organigramma, o di donne in ruoli apicali.Attenzione! proprio come la sostenibilità rischia di diventare green washing, così l’inclusione si presta a divenire social o pink washing: un’inclusione non reale, solo di facciata, che i consumatori riconoscono e puniscono. Guardiamo al prossimo tema individuato, la dematerializzazione. I consumatori si stanno spostando dal possesso all’utilizzo dei beni: non è importante possedere un prodotto ma usarlo (o mostrarlo) quando serve. Il fenomeno riguarda vari ambiti, dalla mobilità (il car sharing, il noleggio dei monopattini elettrici) alla casa (il co-housing) fino alla moda (il noleggio degli abiti da sera o da cerimonia, i sistemi di abbonamento che consentono di avere per pochi mesi una box di capi di abbigliamento in funzione dell’età del bambino in crescita). Le motivazioni alla base del fenomeno sono almeno tre: sul piano concettuale c’è un tema di sostenibilità, sul piano economico c’è un
tema di risparmio e sul piano pratico c’è un tema di riduzione delle complicazioni di gestione. La recessione economica connessa al Covid19 e la paura del futuro spingono i consumatori a spendere con oculatezza, scoprendo una nuova frugalità. Questo è un comportamento che riguarda sia chi è stato concretamente toccato dalla crisi (per esempio i dipendenti privati sottoposti a CIG, i lavoratori autonomi) sia chi non ne ha subito direttamente gli effetti (per es. i dipendenti pubblici) ma guarda comunque con ansia al futuro. La frugalità si declina a più livelli: si postpone l’acquisto di prodotti dal prezzo rilevante (per es. l’auto, il pc) mentre nella spesa quotidiana si tengono maggiormente in considerazioni le private label e i brand primo prezzo e, naturalmente, le promozioni. Si diversificano gli acquisti tra più canali (online e offline) così da cercare di ottenere il miglior prezzo. Infine, si è più propensi a riparare i prodotti che hanno problemi o sono usurati anziché buttarli e sostituirli), cresce il ricorso al second hand per risparmiare e si vende ciò che non si usa per monetizzare. Veniamo alla phygital reality. Mondo reale e virtuale/digitale sono ormai collegati, l’uno è intersecato con l’altro e il fenomeno interessa molteplici ambiti. Il lavoro: grazie a videocall, le persone rimangono connesse e portano avanti – pur essendo lontane – le attività lavorative (anche) in team. Lo shopping: on line non solo si fa webrooming (verificando e valutando l’offerta) ma spesso, grazie all’impiego della virtual reality, si “provano” i capi, che poi si acquistano o ritirano in negozio; allo stesso modo in negozio grazie, per esempio, ai sistemi di riconoscimento facciale o agli schermi touch screen, il digital entra nell’esperienza concreta di acquisto. Lo sport: le App sviluppate da molti noti brand di sportwear permettono a chi pratica un certo sport di entrare a fare parte di una community e praticare quell’attività insieme. Infine, definiamo il concetto di “dittatura dell’entertainment”. I consumatori, oggi, hanno sviluppato l’abitudine a essere costantemente intrattenuti attraverso vari media: social network, canali Youtube, i podcast, il gaming, le piattaforme video. Una tendenza che appare appare sempre più marcata in termini di tempo dedicato. In Italia, una persona trascorre in media ogni giorno due ore sulle piattaforme social (Youtube e Whatsapp in testa) e che risulta trasversale in termini di target, dai Baby Boomers – i cui tempi di esposizione alle varie piattaforme è solo marginalmente inferiore rispetto ai più giovani – alla Gen Z. Questa tendenza sembra destinata a espandersi ulteriormente a fronte della crescente attitudine a rimbalzare da un canale all’altro: si guarda il feed su Instagram, che rimanda al video teaser su Youtube, che spinge a guardare la prima stagione di una serie su Netflix e via dicendo. Un nuovo scenario si profila, di conseguenza, per le tendenze di consumo alimentare. Si consolida la richiesta di prodotti che siano buoni sul piano organolettico (il sapore, la consistenza, il profumo/odore) perché il cibo è prima di tutto un piacere, ma deve essere fonte di gratificazione in termini di performance, ovvero deve fami bene a livello fisico, devo vederne gli effetti nel breve/medio e nel lungo periodo sul corpo. Si va alla ricerca di prodotti che siano buoni – oltre che per il consumatore, per l’ambiente. La sostenibilità ambientale è un tema centrale: l’88% dei consumatori associa al cibo il concetto di sostenibilità nelle sue varie declinazioni (metodo di produzione, imballaggi, logistica ecc.). Il prodotto deve essere buono anche per gli altri: torna il tema della responsabilità etica/sociale (rispetto dei diritti dei lavoratori, sostegno alle comunità locali.
Si colloca in questo ambito il successo dei prodotti certificati Fair Trade, per i quali gli italiani hanno speso, nel 2020, 436 milioni di euro. Tra i prodotti più venduti vi sono, oltre alla frutta (banane e ananas), il cacao (+ 33% nel 2020), lo zucchero di canna (+ 20% nel 2020, + 70% negli ultimi 5 anni) e il caffè (+ 15% nel 2020). Questo è un mercato sempre più importante, che riguarda sempre più consumatori. Se oggi analizziamo l carrello dei consumatori, osserviamo che è portato sempre più a compiere scelte polarizzate. Nella selezione dei brand il consumatore evidenzia un approccio bipolare: da un lato premia le formule che garantiscono un risparmio, come il discount, che oggi vale il 20% del totale delle vendite della Gdo, le private label, i primi prezzi, le promozioni; dall’altro lato apprezza – per le categorie che, nel suo paniere, ritiene di valore – i brand premium. Insomma, tempi duri per i brand e i prodotti con un posizionamento di prezzo intermedio! Aumenta il consumo di frutta e verdura, diminuisce drasticamente quello di proteine animali e, in particolare, di carni rosse (-30% nel 2020). Tuttavia, i vegetariani e vegani rappresentano ancora una nicchia della popolazione, pari all’8,2%. A “dominare” sono i flexitariani, ovvero coloro che seguono un regime alimentare prevalentemente vegetariano (per ragioni di salute e/o ambientali) ma ogni tanto si concedono di mangiare carne o pesce. Cresce contestualmente l’interesse verso ingredienti naturali nuovi e originali, che coniugano appeal organolettico e performance funzionale, per esempio l’alga spirulina, ricca di clorofilla, utilizzata anche da Illy per la formula del caffè Orizzonte; accostamenti inediti di ingredienti naturali, come l’introduzione dei fiori eduli nelle insalate pronte. Continua il successo dei prodotti free from, vale a dire dei prodotti che si definiscono per ciò che NON contengono, ad esempio zuccheri aggiunti, lattosio, lievito, glutine, glutammato, alcol, caffeina, ecc. Attualmente questi prodotti rappresentano il 18,3% dell’assortimento della Gdo. Si affermano anche i prodotti rich in, vale a dire i prodotti che si definiscono per la presenza in forma maggiore di alcuni componenti (proteine, fibre, Omega 3, vitamine, calcio, ferro): questi altri rappresentano l’11,9% dell’assortimento della Gdo. Si ricollegano al mondo del rich in gli alimenti nutraceutici (es. yogurt, broccoli, barbabietola), i superfood (semi di Chia, avocado, bacche di Goji) ai quali – a fronte della ricchezza di sostanze nutrienti - si attribuisce una funzione curativa e/o preventiva: ad esempio, potenziano le difese immunitarie, riducono il rischio cardiovascolare, regolano le funzioni intestinali. Il contenuto healthy è, come abbiamo visto, essenziale, ma non sufficiente. Occorre che si coniughi a un contenuto di servizio, così da semplificare e velocizzare il processo di preparazione dei piatti, intercettare la richiesta – sempre più diffusa presso svariati target di consumatori - di una cucina salutare e, nel contempo, rapida, facile, non impegnativa. Si spiega così il successo dell’ortofrutta di IV gamma (insalate lavate, verdure miste già tagliate per il minestrone, frutta lavata e tagliata) e V gamma (zuppe pronte, verdure cotte conservate sottovuoto) che, nella nei primi nove mesi del 2021, è cresciuto, rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, del 10,2% a valore e dell’8,6% a volume. Infine, il pack è (quasi) tutto. Il pack svolge un ruolo essenziale a più livelli: comunica le caratteristiche del prodotto sia attraverso gli strumenti tradizionali (pay off, immagini) sia attraverso i nuovi tool digitali (QR code), esprime l’impegno del brand in termini sociali e ambientali -La sostenibilità del pack è un must! Infine, il pack ideale semplifica il processo di consumo in un’ottica di servizio (es. apertura e chiusura facili, ingombro limitato, conservazione di lungo periodo)”.
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