Artigianato 44

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44 GEN/MAR 2002

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ARTIGIANATO tra arte e design NUMERO 44 Gennaio/Marzo 2002 Trimestrale Anno XII . 6,20

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Spedizione in abb. post. 45% art. 2 comma 20/b legge 662/96 Filiale di Milano

ARTIGIANATO tra arte e design

tarsie di enzo fasano

oggetto segnale personaggi d’autore PORTA euro

intervista a giancarlo bojani Souvenir di pompei FERRO battuto in sicilia art & craft anna de plano vasi elettrici arte del vetro presepe di irene kowaliska

Edizioni Imago International

ARTIGIANATO A firenze arredamento design italiano a zurigo


COMITATO PROMOTORE

COMITATO TECNICO E CORRISPONDENTI PER LE AREE ARTIGIANE

Luigi Badiali (Presidente BIC Toscana) Giacomo Basso (Segretario Generale C.A.S.A.) Camilla Michelotti (L’Arte del Quotidiano) Giorgio Pozzi (Assessore all’Artigianato Reg. Lombardia) Bruno Gambone Francesco Giacomin (Segretario Generale Confartigianato) Demetrio Mafrica

Alabastro di Volterra Sergio Occhipinti (Presidente Euralabastri) Irene Taddei Bronzo del veronese Gian Maria Colognese Ceramica campana Eduardo Alamaro Ceramica di Caltagirone Francesco Judica Ceramica di Castelli Vincenzo Di Giosaffatte Ceramica di Albisola Massimo Trogu Ceramica di Deruta Nello Zenoni (Resp. Artig. Regione Umbria) Nello Teodori Ceramica di Grottaglie Giuseppe Vinci (Sindaco Grottaglie) Ciro Masella Ceramica di Palermo Rosario Rotondo Ceramica umbra Nello Teodori Ceramica di Vietri sul Mare Massimo Bignardi

Giancarlo Sangalli (Segretario Generale C.N.A.)

Particolare del ripiano di un tavolo realizzato con piastrelle in ceramica campana, decorate a mano.

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Ceramica faentina Maria Concetta Cossa (Pres. Ente Ceramica Faenza) Tiziano Dalpozzo Ceramica piemontese Luisa Perlo Ceramica sestese Stefano Follesa Ceramica di Nove Katia Brugnolo (Dir. Museo delle Ceramiche di Nove) Ceramica di Laveno Marcello Morandini Cotto di Impruneta Stefano Follesa Cristallo di Colle Val d’Elsa Giampiero Brogi (Pres. Consorzio Crist. Colle Val d’Elsa) Ferro della Basilicata Valerio Giambersio Ferro di Asolo Stefano Bordignon Gioiello di Vicenza Maria Rosaria Palma Intarsio di Sorrento Alessandro Fiorentino

Legno di Cantù Aurelio Porro Legno di Saluzzo Elena Arrò Ceriani Legno della Val d’Aosta Franco Balan Marmo di Carrara Antonello Pelliccia Marmi e pietre del trapanese Enzo Fiammetta Marmo veronese Vincenzo Pavan Mosaico di Monreale Anna Capra Mosaico di Ravenna Gianni Morelli Elisabetta Gonzo Alessandro Vicari Mosaico di Spilimbergo Piergiorgio Masotti (E.S.A. Friuli Venezia Giulia) Paolo Coretti Oro di Valenza Lia Lenti Pietra di Apricena Domenico Potenza

Pietra di Fontanarosa Mario Pagliaro Pietra di Lavagna Alfredo Gioventù Marisa Bacigalupo Pietra lavica Vincenzo Fiammetta Pietra leccese Luigi De Luca Davide Mancina Pietra piperina Giorgio Blanco Pietra Serena Gilberto Corretti Pietra Vicentina Maria Rosaria Palma Pizzo di Cantù Aurelio Porro Tessuto di Como Roberto De Paolis Travertino romano Claudio Giudici Vetro di Altare Mariateresa Chirico Vetro di Empoli Stefania Viti Vetro di Murano Federica Marangoni


ARTIGIANATO TRA ARTE E DESIGN Anno XII, Numero 44 gennaio/marzo 2002 Registrazione al Tribunale di Milano n. 45 del 30.1.1991

Con il patrocinio del Ministero dell’Industria Commercio e Artigianato Segreteria Generale, Amministrazione e Abbonamenti Edizioni Imago International S.r.l. Corso Indipendenza, 6 - 20129 Milano Tel. 02.70009474 - 02.70009480 Fax 02.71092112 e-mail: edizionimago@tin.it Segreteria di Redazione Via Guercino, 7 - 20154 Milano Tel. 02.33608400 - Fax 02.33608389 Direttore Responsabile Ugo La Pietra Direttore Editoriale Adriano Gatti Comitato Scientifico Enzo Biffi Gentili, Gillo Dorfles, Vittorio Fagone, Anty Pansera UFFICIO STAMPA Claudia Ferrari, Alberto Gatti Hanno collaborato a questo numero Per i testi: Eduardo Alamaro, Giorgio Blanco, Gennaro Borrelli, Weruska Curnis, Gianna Di Cicca, Claudia Ferrari, Claudio Gambardella, Adriano Gatti, Ugo La Pietra, Murilo Fernando Moro, Luisa Perlo, Isabella Taddeo, Osvaldo Valdi, Donato Valli. Per le fotografie: Eduardo Alamaro, Marcello Bertoni, Giorgio Blanco, Matteo Boria, Rebecca Forster, ECHO Il Fotogramma, FotoFaro (Seregno), Bruno Quaresima, Giuseppe Perrone, Pino Picardo, Studio Giallo (Zogno). Inserzioni pubblicitarie Morelato II cop; Artisanexpo-Promos pag.1; C.F.C Daum Italia pp. 2-3; Consorzio Ceramiche Artistiche del Veneto p.4; I.S.O.L.A. p.5; Fierarredo - Bologna Fiere p.6; Targetti p.7; Florence Gift Mart p.8; Gruppo Vetrario Paci p. 9; Syn Factory p.10; MIA Monza p. 11; A.M.I. p.32; Imago p. 88; Artigianato Religioso-Il Quadratino III cop.; Regione Campania IV cop. Traduzione testi in inglese Spaziolingue s.r.l., Milano Realizzazione e stampa SATE s.r.l. Zingonia - Verdellino (BG) Stampa su patinata opaca senza legno PUBBLICITÀ E COMUNICAZIONE Corso Indipendenza, 6 - 20129 Milano Tel. 02.70009474 - 02.70009480 Fax 02.71092112 Distribuzione Italia - EDICOLA inter orbis S.p.A. Via Benedetto croce, 4 - 20094 Corsico (MI) Tel. 02.48693228 - Fax 02.48693213 Distribuzione Italia - LIBRERIA JOO Distribuzione - Via F. Argelati, 35 20143 Milano - Tel. 02.8375671- Fax 02.58112324 Distribuzione Estero A.I.E. Agenzia Italiana di Esportazione S.p.A. Via Manzoni, 12 - 20089 Rozzano (MI) Tel. 02.5753911 - Fax 02.57512606 Abbonamenti Italia: € 20,70 all’anno. Numeri arretrati € 7,70 Estero: € 33,60 all’anno. Numeri arretrati € 10,30 © 2002 Edizioni IMAGO INTERNATIONAL S.r.l. Tutti i diritti riservati. Riproduzione dei testi e delle foto solo previo consenso scritto dell’Editore.

Vetrata a motivi floreali stile liberty, legata a piombo, montata su struttura in legno, per arredamento d’interni.

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S O M M A R I O Editoriale ARTIGIANATO, MODA O NECESSITA’ di Ugo La Pietra

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Ricerche Enzo Fasano, arte dell’intarsio di Donato Valli

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Didattica OGGETTO SEGNALE di Ugo La Pietra

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Mostre Collezioni a Palazzo PittI di Osvaldo Valdi PORTA EURO, OGGETTI PER LA NUOVA EUROPA di Isabella Taddeo

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Musei A CONVERSAZIONE CON GIAN CARLO BOJANI di Eduardo Alamaro

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Progetti e territori SOUVENIR DI POMPEI di Claudio Gambardella FERRO BATTUTO IN SICILIA, XII-XIX secOLO di Gianna Di Cicca

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Autori ART & CRAFT di Weruska Curnis ANNA DE PLANO di Florinda Gaudio VASI ELETTRICI di Luisa Perlo

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Aziende ARTE DEL VETRO di Murilo Fernando Moro

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Libri INVENZIONE DELLA TRADIZIONE A VIETRI SUL MARE NEGLI ANNI TRENTA di Gennaro Borrelli

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Fiere e Saloni ARTIGIANATO A FIRENZE di Adriano Gatti A.M.I. ARREDAMENTO E DESIGN ITALIANO di Claudia Ferrari

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Rubriche MATERIALI E TECNICHE di Giorgio Blanco PUNTI VENDITA AD ARTE AREE REGIONALI OMOGENEE SEGNALAZIONI CALENDARIO DELLE MOSTRE CONCORSO CERAMICA DI NOVE CARICHE - LEGISLAZIONI - NOTIZIE English text Indirizzi

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editoriale di Ugo La Pietra

Artigianato, moda o necessità?

Tutti stanno parlando di

Artigianato e Arti Applicate: la Triennale ha riabilitato, nel suo programma, la categoria “artigianato”; la città di Torino si appresta a realizzare una grande manifestazione commemorativa sull’artigianato; la rivista Modo (l’unica testata italiana che tratta il design) dedica un numero monografico all’artigianato; la Facoltà di Architettura di Palermo (Disegno Industriale) si “converte” organizzando una mostra dell’artigianato siciliano al prossimo Macef; premi e concorsi non si contano più (Ceramica di Este, di Nove, di Faenza) e si incominciano a vedere anche mostre di livello come “I vetri di Murano” allo spazio Oberdan (Provincia di Milano), o la mostra di “Dresser” alla Triennale di Milano; anche il Sottosegretario Vittorio Sgarbi firma con entusiasmo il “Manifesto per le Arti Applicate” promosso da CNA in cui si prefigurano il Museo Italiano delle Arti Applicate e il Padiglione delle Arti Applicate alla Biennale di Venezia. Sarà che il mio interesse nei confronti di questa area culturale e produttiva mi rende più sensibile e attento di altri, ma di fatto, mi appare sempre più evidente una forte attenzione nei confronti delle Arti Applicate da parte di persone e strutture che fino a ieri ignoravano, se non addirittura disprezzavano, questa area artistica.

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Inoltre, il “fatto a mano” non è nemmeno più appannaggio della lavorazione di oggetti con tecniche arcaiche e materiali tradizionali, ma viene rivendicato anche da autori e correnti del “design” più avanzato e c’è chi lo chiama “artigianato metropolitano”, ma al di là delle definizioni sono opere ormai presenti in ogni rivista di design e nelle manifestazioni di questo settore (vedi gli oggetti di Enzo Castellani, Gaetano Pesce, Officine Alchemiche, ecc...). Vero interesse o moda passeggera? Il “fatto a mano” contiene in sé un nucleo di universalità che può aiutare i popoli diversi a comprendersi. Una pratica, in un momento storico come questo di difficile comunicazione tra le persone, tra i gruppi sociali e tra i popoli, che ci spinge a sperare e credere che effettivamente la

“trasmissione diretta delle conoscenze crea relazioni tra le persone anche di diversa cultura e generazione”. “Fatto a mano” vuol dire anche trasformazione della materia secondo un processo lento che insegna ad essere pazienti e a saper ascoltare! E’ un’alternativa alla globalizzazione che in questo momento preoccupa (e in molti casi spaventa) sempre più grandi settori dell’umanità. Così vogliamo sperare tutti che il “fatto a mano”, possa rappresentare la giusta e consapevole necessità che la società esprime nei confronti degli oggetti che si definiscono di “affezione”. Oggetti che stanno tra l’arte e il design, quel grande patrimonio culturale e produttivo che da dieci anni la nostra rivista. sta divulgando con passione.

Nella pagina a fronte: prototipi di contenitori realizzati da Ugo La Pietra per Alessi, 1988. Sotto: flauti di Ugo La Pietra realizzati da Amida (Firenze), 1986.



MOSTRE di Donato Valli

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uando penso all'intarsiatore mi viene in mente innanzitutto l'infinita pazienza che quell'attività richiede, ai confini dell’ossessione, in una applicazione costante e ostinata tesa allo scopo di dare vita e significati alla materia inerte. La quale, tuttavia, non dev'essere prevaricata e tanto meno violentata. Credo che l'arte

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Enzo Fasano arte dell’intarsio dell'intarsiatore consista soprattutto nella capacità di adeguarsi lui, maestro, alla natura della materia per farla vivere e parlare. È un'arte, insomma, fatta di carezze, di persuasioni, di intese segrete, portate al limite di una solidarietà che rievoca ancestrali affinità, remote familiarità di tempi e di spazi, allorché natura e uomo erano amici e confidenti,

docili creature nate entrambe dall’amore di Dio, animate dalla favilla dello stesso spirito. Questa convinzione è ciò che redime l'intarsio dalla sua tecnica. Voglio dire che esso non può essere ridotto a pura perizia compositiva, alla capacità artigianale di accordare i colori delle pietre e del legno e di tenerle insieme nel disegno precostituito.


Nella pagina a fronte: “Campagna salentina” tarsia cm 65 x 75, 1979. In questa pagina: “Orciolo”, tarsia cm 47 x 57, 1984.

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L'intarsiatore non è un miniaturista del legno; senza quella predisposizione d'amore di cui si diceva, senza quell'umiltà del cuore che lo rende fratello della materia che adopera, la sua opera rimarrebbe fredda, inerte, statica, mancherebbe

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insomma di movimento, di ritmo; in una parola, di vita. Tutto questo mi ispirano la figura e l'opera di Enzo Fasano; non posso in lui scindere la sua vita dalla sua opera, nel senso che la prima è tutta assorbita dalla seconda, è tutta riversa in essa, in una

simbiosi che è atto di amore dell'esistenza. Venuto fuori dalle viscere della terra (i genitori erano contadini di quella povera regione che è il basso Salento, terra arida e ricca di pietre, ma altrettanto di colori e di umori),


Nella pagina a fronte: “Propiziazione” tarsia cm 47 x 57, 1984. In questa pagina: “Dolmen” tarsia cm 47 x 57, 1984.

Enzo Fasano non si è mai allontanato da quella suprema castità, da quella povertà che educa e arricchisce. Dev'essere stato catturato dalla mitezza e dai colori della circostante natura, dalla istintiva semplicità, dalle loro segrete vibrazioni. E così ha

cercato di portare la natura nella scuola e nel lavoro e non viceversa, come capita purtroppo a molti di noi. La scuola, però, gli forniva la consapevolezza di poter inserirsi nella natura da attore e non da semplice spettatore.

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In tal modo il legno divenne il suo compagno di viaggio e cominciò ad aprirgli i suoi segreti, a rivelargli le bellezze delle sue sostanze ariose e minerali, a indicargli i percorsi delle sue fibre vegetali, i loro anelli, le loro spirali, la loro durezza o la loro morbidità, i loro umori, i loro profumi, le loro ombre. Enzo Fasano capì che il suo mestiere d'artista sarebbe stato, d'ora in avanti, quello di far parlare questo mondo semplicemente col metterne in rilievo le qualità intrinseche. E questa è la sua prima conquista. L'arte dell'intarsio, infatti, dopo i fasti dell'età umanistica e rinascimentale aveva conosciuto un appannamento dovuto, in gran parte, alla pretesa di diventare concorrenziale con la pittura e ciò l'aveva costretta ad uscire dal suo ambito, e ombreggiare prima i suoi disegni con le impronte di ferri roventi e, dopo, a tinteggiare i legni per rendere più realistica la scena rappresentata. Fasano è tornato alle origini. L'ha fatto in parte seguendo il suo istinto e in parte confrontandosi con le migliori scuole e i migliori maestri d'Europa. Dal locale Istituto d'arte di Parabita aveva appreso la tecnica di lavorazione del legno, dalla frequentazione delle città capitali dell'intarsio ha acquistato la conoscenza di inglobare il momento tecnico in quello creativo e ideologico, perchè la tecnica è inerte, mentre l'arte e invenzione è originalità. Così è avvenuto in lui il passaggio dall'artigianato, sia pure di alta qualità, all'arte vera e propria. Perchè ciò accadesse, però, c'era bisogno del concorso di un'altra componente, che era già nell'aria, nell'atmosfera, ma che occorreva saper cogliere e rendere lievito fermentante di quella attitudine strumentale alla manipolazione del legno. Questa componente era l'energia necessaria per costringere il legno a testimoniare non una perizia da collezionismo, una preziosità da virtuosismo

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calligrafico, ma una civiltà fatta di storia e di sacrifici, di innocenza e di povertà. Il legno doveva narrare una vicenda interna dell'autore, una autobiografia che coincidesse con la storia di una vita sacrificata ed insieme esaltata dal legame antico con la propria terra; non solo una bellezza da ammirare, ma anche una bellezza da sentire, da vivere con partecipazione e commozione. Bisognava lasciarsi conquistare da quel sentimento patriarcale e larico, non perdere la capacità di meravigliarsi dei suoi miracoli di equilibrio elementare, di povertà biblica, di sacralità essenziale, resa solenne dalla semplicità. Ed ecco allora emergere dalle venature del legno i volti e gli oggetti del paese, il paese dell'anima, immobile nel tempo, ma palpitante di affetti arcaici, di gesti simbolici come riti: lo stesso paese che aveva cantato Bodini nei suoi versi e che Comi aveva sublimato nelle regioni dell'assoluto. Fasano, cioè, si immergeva nella cultura della sua terra fatta di contadini e di carrettieri, di mietitori e di raccoglitrici di ulive, di campagne aride ma generose, con scenografia d'alberi e di muri a secco, di case basse e candide, perse sotto un cielo assorto, solcato da vaporose nuvole. L'evoluzione della sua arte, a quel punto, era già segnata. Egli aveva ricondotto l'intarsio ligneo al momento, per così dire, della sua primitività e ciò non tollerava altri contenuti che lo scavo nell'interiorità della memoria fino a un recupero del suo momento originario, là dove aveva inizio la sua storia. Questo punto iniziale non era più un fatto individuale, un ricordo vissuto, ma la ricerca dell'archetipo atto a comprendere e giustificare e testimoniare un percorso di cultura, di sentimenti, di vita che è proprio della geografia particolare del Sud; nè più nè meno di quel che era accaduto ai maestri fondatori del mito novecentesco del Sud tipico e magico: Comi e Bodini nel campo

della letteratura, Ciardo in quello della pittura. L'arte di Fasano è attratta dalle figurazioni di un Salento simbolizzato nei disegni preistorici della grotta di Badisco, che suggeriscono motivi di una geometrica allusività, nei quali il tempo è fermato a un crocevia di suggestioni espresse dal legno con una forza figurale endogena, senza ricorso ad additivi eterogenei di tipo coloristico o materiale. L'archeologia sentimentale di Fasano anima le lamine sapientemente e accuratamente selezionate dando loro una patina di calore e di colore che oggettiva fisicamente lo scorrere dei secoli; e tutto ha un senso di pace ritrovata, di religiosa serenità dissepolta dagli antri della terra-madre che abbraccia il passo della storia e la fatica dei suoi abitatori. Non diverso il tempo che segue a questa prima esperienza archeologica di Fasano. Infatti la serie lignea dedicata alle “stele daune” è sottesa dallo stesso sentimento archetipico, questa volta con maggiore condiscendenza alla stilizzazione e con effetti di assoluto stupore tra storia e intemporalità, tra disegno e sua astrazione simbolica. Questa paziente disciplina, questo severo studio impreziosito dalla fedeltà allo stile e alla tecnica, hanno condotto Enzo Fasano a cimentarsi sia nei grandi pannelli dove è concentrata l'epopea d'una terra e d'una civiltà antiche e solenni, sia, con eguale risultato qualitativo, nella ricerca del piccolo formato, quasi ad approfondire i particolari di un complesso disegno mentale e a isolarli nella loro oggettiva singolarità. Sembra che le varie specialità del legno si cerchino e si organizzino spontaneamente in una scenica rappresentazione ottenuta attraverso un gioco di chiaroscuri che assorbono la luce con castigato pudore. E mi pare che tutto ciò rinvii a una interiore e pacata tenerezza che è anche nostalgia di mondi forse per sempre perduti.


In questa pagina: “La grotta dei cervi�tarsia cm 47 x 57, 1984.

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DIDATTICA di Ugo La Pietra

Oggetto segnale Identificazione e costituzione di nuovi segnali sul territorio mirati alle peculiarità dei luoghi e sviluppati da specifiche figure professionali sono il risultato dell’esperienza didattica nel Corso di Metodologia della progettazione all’Accademia di Belle Arti di Lecce

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ra i nodi centrali che alimentano il dibattito sulle problematiche legate al territorio e, in particolare, sulla sua conservazione e valorizzazione culturale, hanno un posto rilevante le ricerche sulle metodologie per il riconoscimento e l’interpretazione del paesaggio storico o storicizzato, quindi analizzato nelle sue matrici culturali viste come funzione generativa dei fattori fisici del territorio. La perdita della dipendenza dai caratteri specifici di un ambiente, propria della condizione contemporanea, nonché la fisionomia attuale del paesaggio, componente monotono condizionato dalla estensione degli elementi artificiali, riportano, al fine di definire appropriate strategie di intervento, al concetto di “identità del luogo”. Se tali strategie vengono assunte come fondamentali operando in un contesto antropico, divengono base imprescindibile affrontando la trasformazione di un insieme naturale. La lettura di un luogo è affrontata con i termini di “estensione comprensiva” per individuare la continuità equilibrata del rapporto natura/artificio. Gli elementi costitutivi di un paesaggio sono l’argomento da cui partire per lo sviluppo di considerazioni in merito alla complessa interpretazione dei caratteri specifici di un luogo. La specializzazione di ogni singola area è una delle condizioni oggettive sulla quale devono essere

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Oggetto segnale: “Fossile” Autore: Elisa Campa, Scuola di Scultura. Sito: Località cava Lustrelle, Parco dei fossili, Cutrofiano (LE).

sperimentate efficaci strategie d’intervento, progettando con l’obiettivo di insediare opere e installazioni compatibili ed alternative alle tipologie dei segnali esistenti. Il programma didattico proposto da Ada Ghinato, all’interno del Corso di Metodologia della progettazione, parte da tali considerazioni e ne formalizza, attraverso uno specifico approccio progettuale, la ricerca. Vengono individuati

siti dove insediare i progetti artistici e viene costruito un abaco di opere a soggetto. L’obiettivo della esercitazione è sviluppare nello studente la consapevolezza del significato delle ideazioni e degli interventi che egli propone: dal materiale utilizzato, alla forma impiegata e alla coerenza tecnologica. Il fine è la sintesi della lettura dei caratteri identificati dallo studente nel luogo, all’interno del progetto e/o dell’in-


Oggetto segnale: “Fenditura” Autore: Simona Cusenza, Scuola di Scultura. Sito: Punta Penna Grossa; Carovigno (BR). Dalla relazione di progetto:I fili d’erba si dispongono come capelli sulle dune di sabbia, dietro le quali si cela la riserva naturale, riparo di svariate specie di animali. Piccoli labirinti formati da varietà diverse di vegetazione spontanea caratterizzano il luogo. Lungo la spiaggia si dispongono radici e legni portati dalla corrente. L’idea di progetto consiste nel raccogliere i materiali lasciati dal mare sulla battigia e utilizzarli per costruire una finestra che simbolicamente si affaccia sull’oasi. Un filo parte dall’istallazione ed indica uno dei percorsi possibili di visita del sito.

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Installazione segnale: “Sintesi” Autore: Andrea Palamà, Scuola di Pittura. Sito: Località San Giovanni, Pretore e Piscopio; Cutrofiano (Lecce). Dalla relazione di progetto: la zona denominata San Giovanni è situata a circa 1km di distanza da Cutrofiano in direzione est-sud/est; posta relativamente in alto, vi si giunge dopo una breve salita. E’ caratterizzata da un banco di roccia affiorante; forse per questa ragione è stata una zona frequentata sin dalla preistoria. L’idea di progetto è di realizzare un pannello che attiri l’attenzione su di sé per poi spingerla tutt’intorno alla scoperta dell’ambiente circostante, senza però divenire opera a sé stante. Qualcosa, insomma, che sia subordinata al luogo e a ciò che esso significa.

stallazione. Il confronto tra la propria metodologia progettuale e le peculiarità territoriali risulta particolarmente stimolante ai fini della comprensione delle specificità dell’ambiente fisico e sociale ed è una strada per definire le potenzialità del proprio lavoro intellettuale. Si tratta quindi di un obiettivo didattico destinato allo sviluppo di nuove figure professionali e nuove competenze, il cui apporto specifico è proprio della sensibilità artistica, definisce e differenzia la segnaletica omologata e funzionale sviluppata dagli operatori convenzionali ad una produzione artistica che diviene l’interprete di una condizione ambientale, sviluppata da competenze specifiche, come specifici sono gli ambiti di studio: la pittura, la scultura, la decorazione e la scenografia. Muovendo da tali considerazioni, la localizzazione di un’opera installazione sul territorio urbanizzato, evidenzia un duplice aspetto del problema: da una parte i segni capillari dell’uso antropico dell’ambiente corrispondono ad una effettiva risorsa paesaggistica e storica dei luoghi e dall’altra la ricerca di caratteri puntuali, per l’insediamento di progetti mirati, favorisce la partecipazione delle nuove generazioni rispetto alle problematiche afferenti al paesaggio contemporaneo. La complessità del territorio determina così approcci innovativi nella ricerca sulle potenzialità dei luoghi: obiettivo del Corso

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A lato, a sinistra Oggetto segnale: “Totem” Autore: Lorenzo Greco, Scuola di Decorazione. Sito: Area di produzione della terracotta; Cutrofiano (Lecce). A lato, a destra Installazione segnale: “Sequenza paratattica” Autore: Gianluca Chimienti, Scuola di Scenografia. Sito: Insediamenti rupestri; Crispiano (Taranto).

A lato e sotto - Installazione segnale: “Presenze”. Autore: Giovanni Matteo, Scuola di Pittura. Sito: Badia; Cutrofiano (Lecce). Dalla relazione di progetto: la terra è ancora ricca dei resti delle civiltà che hanno abitato la Badia: frammenti di tegole e recipienti in terracotta, pietre, talvolta piccoli manufatti in bronzo e vetro. Il progetto si sviluppa creando una semplice installazione costituita da tre elementi plastici, delle ideali presenze situate lungo le tracce del sentiero cancellato che caratterizzano l’ingresso del visitatore nel sito. In seguito sono stati aggiunti degli elementi luminosi. Gli oggetti appaiono come un ideale prodotto spirituale del luogo, costituiti da materia animata dallo spirito dell’antichità.

è quello di finalizzare la singola esperienza in un progetto complessivo, in un insieme di idee e oggetti reali che diano gli orientamenti operativi. Gli interventi esprimono le premesse per un progetto di valorizzazione del patrimonio storico ambientale e vanno letti come guida per la costituzione di un Museo diffuso sul territorio. La lettura delle diverse esperienze artistiche indica i presupposti per tracciare le linee guida per la costituzione di un Percorso-Museo che attraversa il territorio in più punti e riconosce una serie di aree disponibili, in un quadro tipologico delle zone aperte: aree demaniali, parchi naturali, terreni abbandonati e Museo come serbatoio di idee, luoghi ed oggetti.

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MOSTRE di Osvaldo Valdi

A Firenze, nell’estate dell’anno

2000, dopo un biennio di intensi, costosi e delicati lavori, è pervenuto a compimento l’atteso restauro di quella parte di Palazzo Pitti, che fin dal 1983 ospitava il Museo del Costume, fondato da Kristen Ashengreen Piacenti e diretto da Carlo Sisi e Caterina Chiarelli. Questa elegante suite di piccole sale, oggi riportate al decoro originario, è sede della Galleria del Costume, rinnovata ed arricchita nelle sue collezioni e riaperta alla frequenza del pubblico. Si tratta, è doveroso

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Collezioni a Palazzo Pitti

In mostra alla Galleria del Costume una collezione di oltre seimila pezzi fra abiti antichi costumi teatrali e accessori del vestiario

notarlo, dell’unico museo di storia della moda presente in Italia, ma anche di una istituzione che può vantare un raro e cospicuo patrimonio costituito da oltre seimila pezzi fra abiti antichi, costumi teatrali e accessori del vestiario. Le tredici sale, attraverso le quali si sviluppa il percorso espositivo della collezione permanente, sono tuttora “abitate”; vi dimora, infatti, una schiera di personaggi di grande impatto visivo: i manichini, presenze silenti ma tuttavia animate da sette tipologie fisiche diverse, che accompagnano

il visitatore con solenne ed enigmatica fissità, alla riscoperta degli abbigliamenti e dello stile di vita dei remoti proprietari: silhouettes, pettinature, “espressioni” del volto, rispecchiano di volta in volta l’epoca , la storia e la provenienza dell’abito che indossano. In effetti, la Galleria è dotata di un allestimento vetrinistico essenziale ma di prim’ordine: nelle luminose sale campeggiano molte vetrine climatizzate, ove non solo gli abiti, ma gli ombrellini, i ventagli, gli scialli, le scarpe ed altri accessori del vestiario narrano una storia


Nella pagina a fronte: allestimento della mostra “Il salotto della moda” (1997). In questa pagina, dall’alto e da sinistra: abito da giorno, manifattura italiana 1860-63; abito da giorno, manifattura francese 1837-38 ca; abito da ricevimento, manifattura inglese 1865 ca.

sorprendente, sia per la bellezza intrinseca degli oggetti, sia per la forza rappresentativa dell’evoluzione storica del gusto, seguita passo passo nel volgere dei secoli. L’esuberante ricchezza dei depositi del museo non consente certamente l’esposizione contemporanea dell’intera raccolta, ma in realtà ciò non prefigura alcun limite, ma piuttosto un’ulteriore risorsa: ne deriva, infatti, il periodico incessante rinnovarsi dei corredi esposti, che i manichini presentano ai nuovi visitatori con amabile docilità, e nel contempo invogliano i visitatori già conosciuti ad ulteriori occasioni di accesso alla Galleria, per poterne apprezzare il valore didascalico ed il volto sempre nuovo e vitale. Gli spazi espositivi sono sudddivisi in quattro sezioni. La prima, a buon diritto definita “storica”, raccoglie una trentina di esemplari, di cui molti inediti, confezionati fra il secolo XVIII e l’inizio del XX secolo. In questa sezione, oltre ai corredi più antichi, si può ammirare, ad esempio, un delicato manichino dal vitino di vespa e dai capelli raccolti intorno alla nuca, secondo la moda dell’epoca, che indossa un fascinoso abito da giorno di manifattura inglese del 186065; più avanti, due straordinari mantelli femminili da sera, prodotti dalla Casa Fortuny nel

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Nella pagina a fronte, da sinistra: abito da sera, manifattura italiana, Torino 1934 ca; abito da sera, manifattura francese 1934 ca. In questa pagina, dall’alto e da sinistra: abito da sera, manifattura italiana 1937-38 ca; abito da sera, manifattura italiana, Maria Monaci Gallenga, Roma 1927-28 ca; abito da sera, manifattura italiana, Sartoria Ventura 1925 ca; mantello da sera, manifattura italiana, Venezia (Fortuny) 1910 ca; abito da sera, manifattura francese, Madeleine Vionnet 1931-32 ca.

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Le illustrazioni di questo articolo sono tratte dai cataloghi delle mostre, editi da “Sillabe” Livorno.

Nella pagina a fronte: abito da sera, manifattura italiana, Torino 1923-24 ca. In questa pagina, dall’alto e da sinistra: copertina della rivista “ La moda”; bozzetto pubblicitario anni ’30; abito in due pezzi, manifattura italiana, 1939-40 ca.

1910-15, uno dei quali apparteneva ad Eleonora Duse. La seconda sezione è costituita da una mostra monografica denominata: “Moda femminile fra le due guerre” e presenta abiti perlopiù provenienti da sartorie italiane. Le pareti delle sale, in rispondenza con gli abiti esposti, sono ornate da dipinti di De Chirico, Casorati, Chessa, Donghi, Bacci, Sironi, qui pervenuti grazie alla collaborazione con la Galleria d’Arte Moderna di Firenze. Fu in quell’epoca che assunse un peculiare carattere lo “stile italiano”, sorto anche per l’impulso dato a nuove ricerche di materiali e tecniche nazionali, che favorì lo sviluppo delle sartorie artigianali ed il miglioramento qualitativo dei tessuti di produzione autarchica. La terza sezione ospita una importante donazione di Flora Wiechmann Savioli, composta da gioielli realizzati con materiali “poveri” fra il 1958 e il 1969, completata da abiti e grembiuli di gusto minimalista. Nell’ultima sezione si può ammirare una parte della donazione di Gianfranco Ferré, oltre trenta completi selezionati dalle Collezioni Couture e Prêt-àporter, realizzati fra il 1986 e il 1999. La visita della Galleria si conclude nelle sale del Quartiere Inverno e del Quartiere Nuovo, ove dominano ancora abiti ed accessori di Ferré, con decoro a mano ed elaborazioni dello stilista.

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mostre di Isabella Taddeo

Porta Euro oggetti per la nuova Europa Il benvenuto del mondo del design alla moneta unica europea attraverso una mostra di nuovi oggetti e strumenti

Con un buon anticipo sull’uscita della moneta unica europea, Andrea Pellicani, giovane designer milanese, ha sviluppato una curiosa ed intelligente collezione di “Porta Euro” presentata all’interno dell’ormai collaudata sezione delle “mostre di ricerca” nella manifestazione di Abitare il Tempo 2000. Nata come test per osservare le reazioni della gente di fronte a proposte di design che facilitassero e ponessero il problema dell’uso, del trasporto o del deposito delle tante nuove monetine, la mostra dimostrò, di fatto, il grande vuoto che esisteva e che ancora oggi stenta a

colmarsi intorno a questo problema. La mostra fu accolta con una compiaciuta curiosità ma senza una particolare apprensione! Pochi infatti conoscevano a sufficienza la situazione che ormai ci vede tutti coinvolti: nuovi termini, nuovi segni, nuovi valori, nuovi formati delle banconote e delle monete. La mostra ha cercato di rispondere proprio a quest’ultimo punto in quanto uno dei problemi che stiamo affrontando è di dover utilizzare molti più “modelli” rispetto a ciò che abbiamo sempre usato con le lire: basterebbe pensare agli otto formati di monete in euro (multipli e

sottomultipli). Da queste considerazioni è nata appunto la collezione ideata da Andrea Pellicani, il quale ha proposto, oltre al suo oggetto, dieci prototipi derivanti da altrettanti progetti di architetti e designers di chiara fama: Rossana e Carlo Amadori, Gianmaria Colognese, Axel Muller Scholl, Nadia Nava, Franco Poli, Franco Raggi, Lucy Salamanca, Luca Scacchetti, Keiko Suzuki. Nelle proposte progettuali, gli autori sono stati invitati ad esprimere i propri dubbi, le incertezze, le paure, ma anche le aspirazioni, le attese e le speranze di fronte alla nuova realtà

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Nella pagina precedente: allestimento generale di Andrea Pellicani. In questa pagina a lato: portaeuro (aperto e chiuso) di Keiko Suzuki, realizzato da Pelletterie Mosolo, Nimis (UD). Sotto dall’alto: “Portamonete per l’Unione Europea” di Luca Schacchetti realizzato da Labirinto Romei , Palomba Sabina (Roma); portaeuro di Lucy Salamanca realizzato da Porro & Porro - Montesolaro (CO).

Sopra, da sinistra: “Centurione” portaeuro di Rossana e Carlo Amadori, realizzato da Simone Scapini, Bussolengo (VR); “La casa dell’euro” portaeuro di Franco Raggi con Katia Scarioni realizzato da Simone Scapini, Bussolengo (VR). Sotto: “C’era una volta l’euro” scultura di Giammaria Colognese realizzata dall’autore.

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A lato: “Muccapazza” portaeuro da tavolo di Andrea Pellicani realizzato da AC&T, Pesaro.

dell'euro, in maniera sia ironica e dissacratoria che funzionale e già pronta all'uso. Il risultato è stato quello di una piccola e stimolante esposizione a cui sicuramente seguiranno altre proposte di designer e di aziende che operano in un settore merceologico, anticipato da Pellicani, che presto invaderà i nostri mercati.

A lato: “Pecunia non olet...neanche l’euro!” vaso multiuso di Alex Muller Scholl realizzato da Galleria Fatto ad Arte, Monza (MI) e Ceranima , Sesto Fiorentino (FI). Sotto: “Il chiodo fisso” (un puntaliere per l’euro) scultura di Franco Poli, realizzata da Simone Scapini - Bussolengo (VR) e Marmi e Graniti Zantedeschi , Domegliara (VR).

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MUSEI di Eduardo Alamaro

A conversazione con Gian Carlo Bojani

Intervista all’ex direttore del M.I.C.  Museo Internazionale Ceramiche di Faenza ora al comando dei Musei Comunali di Pesaro

I

nostri lettori più attenti sanno dell’interesse con il quale la nostra rivista ha seguito lo sviluppo delle sperimentazioni e degli studi ceramici posti fra tradizione ed innovazione, segnalando costantemente le iniziative del MIC, Museo Internazionale Ceramiche di Faenza, la “corazzata” dei Musei delle ceramiche d’Italia. Il professor Gian Carlo Bojani, direttore di quell’istituto museale internazionale dal 1979, dal primo ottobre 2001 è passato a dirigere i Musei Comunali di Pesaro. Abbiamo chiesto al nostro collaboratore (nonché del bollettino MIC di Faenza) Eduardo Alamaro, di intervistare il direttore “uscente”, suo antico amico. Ne è nata una lunga, precisa, ficcante conversazione che coinvolge i temi antichi e recenti relativi alla ceramica e al MIC, temi sui quali si misura trimestralmente la nostra rivista. Ne offriamo alcuni stralci all’attenzione del volonteroso lettore, augurando novelli successi alle arti applicate ed industriali di Pesaro a direzione Bojani. A - Di dove sei? Quale la tua “radice” antropologica? B - Sono di Fano: mio padre della campagna -Roncosambaccioera cresciuto ribelle in un meraviglioso castello dei Conti Saladini, “villa San Biagio” con torri e merli: i nonni paterni ne erano i custodi e io vi ho trascorso momenti incomparabili; mia madre, di genitori ignoti (si sa chi erano...),

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mi ha segnato profondamente. Da parte di mio padre la fantasia, la poesia, la libertà; da mia madre una problematica carnalità, una ferrea normatività… addolcita con gli anni. A - Che studi hai fatto? Che formazione hai avuto? B - Dal liceo classico di Fano, alle Università di Roma, Firenze, Poitiers (Francia), Lovanio (Belgio), fino alla conclusione con l’arrivo a Faenza, all’età di trentasei anni. A - Quando hai incontrato la ceramica, anzi le ceramiche? B - La ceramica l’ho incontrata grazie al professor Ulrich Middeldorf, direttore dell’Istituto Germanico di Firenze, che mi segnalò al professor Giuseppe Liverani direttore del MIC di Faenza, che cercava un successore dietro pressione di Cora, Fanfani, etc. Questi signori (studiosi e collezionisti che poi molto hanno donato al MIC, ndr) diffidavano delle scelte che avrebbero potuto fare i politici … Raccontando a Middeldorf delle mie esperienze con la ceramica in archeologia, un giorno mi disse che ero la persona adatta per il Museo di Faenza… A - Quando sei arrivato a Faenza? B - Nel mese di settembre del 1974, ma Liverani mi contattò l’anno prima. A - Quando e perché hai assunto la direzione del MIC? B - Nel 1979, alla scomparsa di

Liverani. La successione era stata indicata da Liverani stesso sollecitato dai “fiorentini” (di cui sopra, ndr). A - In che condizioni trovasti allora quell’istituto museale? B - Il Museo mi piacque proprio per la sua aria vecchiotta (il mio castello dell’infanzia?), ottocentesca, un po’ fanée. Il mio professore Jozef Mertens, archeologo di Lovanio, venutomi un giorno a trovare, mi disse che occorreva cambiare molto, ma che questo doveva essere fatto con prudenza e poco a poco. A - Sono note le divergenze d’opinione con la Ravanelli Guidotti, conservatrice del MIC. Quando iniziò “la forcella”. Quale l’episodio che ti viene in mente? B - Carmen Ravanelli era nata si può dire nella ceramica, aveva avuto scuola da Liverani, e dunque: chi era costui che veniva ad usurpare uno spazio, lui che non ne sapeva niente di ceramica? A - Era d’uso a Faenza che “il papa” uscente nominasse il suo successore: Ballardini scelse Liverani, quest’ultimo te. Tu avevi scelto quale “delfino” Vossilla, mi pare di ricordare. Perché fallì questa “successione al trono”? Chi bloccò il salto del “delfino”? B - Francesco Vossilla rimane certamente una personalità eccellente di storico dell’arte, di livello veramente internazionale, ha studiato negli USA, può


A lato: Gian Carlo Bojani mentre nel dicembre 1999 illustra una preziosa formella medioevale della donazione del benemerito Pietro Bracchini (a destra nella foto).

sostenere confronti internazionali con grande prestigio… Vossilla avrebbe potuto essere un buon direttore con un Consiglio d’Amministrazione che l’avesse fortemente sorretto. A - ...“Famosa” fu la vertenza giudiziaria sulla titolazione della mostra Rambelli-Bucci, ecc… Qual era la disputa, allora? B - La copertina del catalogo “Domenico Rambelli e la ceramica alla Scuola di Faenza”, in cui avevo omesso il titolo della seconda parte: “Anselmo Bucci e la ceramica d’atelier”, riportato solo sul frontespizio: era solo un pretesto. Angiolo Fanfani era morto da poco, nel ferragosto di quell’anno (mettendo piede sulla soglia del MIC, ndr), appena un mese prima. Dovetti difendermi, e capii che ciò sarebbe stato possibile solo in sede giudiziaria, io che non avevo avuto mai bisogno di ricorrere ad un avvocato. Al termine di tutto ciò feci una gran vomitata, con infarti ed interventi al cuore. A - Perché il giudizio non positivo espresso da una precisa area politico-culturale faentina sulla direzione del MIC? B – Non sono per niente facile ad essere governato, e la mia nomina a Faenza -non certo da me ricercata- avvenne per ragioni unicamente professionali e scientifiche. A - Come andò a finire la vicenda? B - Pare che il giudice allora

dicesse (o scrivesse? Non ricordo bene) che erano incorse “oscure manovre” nei riguardi del direttore del Museo. A - Che hai fatto sul contemporaneo, per il MIC? B - Sul contemporaneo, oltre ad aver contribuito fortemente alla definizione di un vero e proprio linguaggio della critica d’arte ceramica (Vittorio Fagone me lo ha più volte riconosciuto), si può dire che ho cercato di tenere viva l’attenzione con tante iniziative. Ma, purtroppo, gravemente ha nociuto nell’ultimo ventennio all’incirca la chiusura della Sezione contemporanea del Museo che avrebbe potuto costituire il volano, il motore di fatti veramente nuovi, compreso il Concorso internazionale della Ceramica d’Arte Contemporanea. Quando si chiude, altri occupano gli spazi. A - Mostre-mercato, palazzo delle Esposizioni di Faenza, commercio, Dolcini, “doc”, ecc….. Tu non sei mai stato tenero con quella parte. Qual è il punto culturale, al di là dei personaggi che lo interpretano? B - Liverani mi aveva fortemente influenzato negativamente nei riguardi dei precedenti che portano alla Legge 188/90 (quella del marchio DOC, ndr): aveva molte perplessità sullo sviluppo che andavano prendendo “le cose”. A parte tutto, ritengo che i Comuni di antica tradizione

ceramica debbano fortemente autodeterminarsi, costituendo una specie di Azienda Italia della Ceramica, come accade con la Camera della Moda, per il Design, per la qualità del prodotto Italia nelle sue varie componenti. Con tutto questo, il Museo, i Musei, devono giocare un ruolo non semplicemente ornativo. A - Ho letto una tua critica alla recente mostra romana -costata due miliardi- dedicata alle “Città della Ceramica”. Come vedi questa “cosa” del DOC? B - Il DOC può essere preso come un’occasione utile per giungere all’Azienda Italia Ceramica, non molto di più, e con quello che ho detto prima. A - Capitolo fabbrica di San Pietro, cioè ristrutturazione ed ampliamento dell’edificio del MIC. Gli architetti progettisti hanno lavorato in stretta collaborazione con te. Quale la tua filosofia nel ridisegno? B - Fondamentalmente ho cercato di ridisegnare un Museo laboratorio: rinnovata sezione espositiva per il pubblico; sezione di servizio bibliografico/ biblioteca con i più aggiornati strumenti informatici (già dalla fine degli anni Settanta, come da orientamenti avuti all’Università di Lovanio in seminari del 1975-76); sezione di restauro, inventario, catalogazione, archivi

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fotografici anche qui aggiornati sulle tecniche più avanzate; sezione didattica largamente intesa, oltre la metodologia munariana; centro studi per la conservazione, congressi, seminari, colloqui specialistici e non, con adeguate sale ed auditorium; attività e spazi per la formazione orientata degli artigiani anche alla commercializzazione, e in questo aderii in seguito -e da subito, con entusiasmo- al progetto dell“incubatore” per la formazione di nuove aziende artigianali; depositi attrezzati anche per la consultazione del pubblico interessato; sezioni di mostre temporanee con attività permanente, sia per la ceramica retrospettiva, sia per quella contemporanea: spazi redazionali per le attività editoriali. A - Una cifra. Quanto è costato fino ad ora quest’ampliamento? B - Ritengo che tra gli acquisti di nuove aree, le nuove costruzioni e le ristrutturazioni dei vecchi ambienti la spesa non dovrebbe superare sinora venti miliardi. A - Rapporti coll’Ente Comune. La contraddizione è lampante tra realtà (e casse, ndr) comunali e titolazione (e sostanza, ndr) internazionale del MIC. Che fare? B - La Fondazione, con un apporto equilibrato anche del Comune di Faenza, potrà -se ne saranno capaci i responsabili-

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risolvere l’annosa questione. A - Bollettino del MIC. Perché la “Faenza” non è andata mai oltre la formula editoriale per “addettissimi” ai lavori? B - Perché non esiste al mondo una rivista simile. Una specie di “Archivio” e “Annali”. Si può studiare una formula alternativa, molto divulgativa, ma senza annullare questa “Faenza”. A - Rapporti con “la scuola dei Maestri”, col “Ballardini”. La formula Museo/scuola non è più praticata (e praticabile?), mi pare. Separazione, divorzio, rifondazione? B – Sarà utopico pensare una scuola speciale a Faenza, oltre le trasformazioni ministeriali. Anche di questo dovrebbe occuparsi la città e il Museo, non sentire questa situazione didattica come avulsa dal contesto, e dal suo ruolo museale. A - Un giorno, ad un convegno, hai affermato -ed io l’ho riportatoche quando tu mettesti piede a Faenza, nel ’74, trovasti un Istituto d’arte vivace, ricco di maestri grandi e piccoli, da Zauli, Biancini, ecc... a quelli di laboratorio. Ora, dicesti, di quella genia non pare esserci eredità. Confermi o correggi? B - Confermerei, ma non sono proprio aggiornato sull’attualità, sulle “ultimissime”. Occorrerebbe chiederlo ai vari

Mingotti, Galassi, Mariani, Giovannini e così via..., ma temo forte in un impoverimento. A - Rapporti con il CNR e le “ceramiche speciali”. Quali i collegamenti stabili possibili per il MIC? B - Non so a che punto sia il Parco Tecnologico” dell’IRTEC-CNR, pare abbia intrapreso anche vie diverse da quella ceramica. La Fondazione, con l’autonomia che il Museo internazionale comunale non aveva, potrà riaprire proficuamente -a mio modo di vedere- il discorso. A - Il MIC è diventato la più grande cassaforte della ceramica in Italia. Come si fa a riguadagnare qualche punto a favore del Museo Industriale delle origini, tesi a me cara? Che hai fatto tu in tal senso? B - Credo di aver creato delle premesse di dibattito, anche grazie a te, sia in Faenza che in Italia. Ripeto, la Fondazione potrà fare molto in questa direzione con scelte coraggiose. Ci credo sul serio, sai, ho lavorato per più di vent’anni per questo, se non altro resistendo in loco, cosa non facile! Anche se non prevalendo su altri aspetti, con la Fondazione il Museo potrà essere anche Azienda, con tutto quello che ciò comporta. A - Per me il punto è questo: o si


Sotto, dall’alto e da sinistra: Rinfrescatoio, maiolica turchina,Castelli, ultimo quarto del XVI sec. (Museo Internazionale Ceramiche di Faenza); Gian Carlo Bojani mentre si erge leonino il 20/9/1999 tra i membri del nuovo Comitato Scientifico del Museo Internazionale Ceramiche di Faenza; “Albarello da farmacia”, maiolica, XVI sec. (Museo Internazionale Ceramiche di Faenza).

va dal museo “internazionale” delle ceramiche (MIC) al “museo globale delle Terre” (MGT), o si torna -di fatto- ad un più domestico “museo comunale delle ceramiche” (MCC). Come lo vedi il MIC, nel futuro, in questa forbice? B - Sono d’accordo con te, ovviamente: Museo Globale delle Terre. A - Dopo essere stato “Papa” a Faenza, al museo internazionale, ora vai a Pesaro, ai Musei Comunali. Diventi “parroco” delle ceramiche di quel campanile? O no? B - I Musei di Pesaro non sono solo ceramica anche se, da sempre, essa ha pari dignità storica e qualitativa di quella faentina. Di Urbino (Pesaro-Urbino: PU), ti ricordo, Ballardini scrisse che “fece d’Italia una Provincia”. Solo che Pesaro non ha avuto un Ballardini, abilissimo promotore. I Musei di Pesaro, per me, sono una sfida di riorganizzazione, riordinamento, ampliamento, ristrutturazione. Dalla formazione del personale alle strutture architettoniche. Ricordo poi che c’è il Museo Industriale “Vittoria Toschi Mosca” da restituire alla visibilità pubblica dopo più di un secolo, ed ho già ottenuto tre miliardi per un primo intervento. Insomma: c’è molto da fare! A - Auguri, Bojani, buon lavoro!

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PROGETTI E TERRITORI di Claudio Gambardella

Souvenir di Pompei

Sperimentazione e ricerca nel territorio campano per un artigianato artistico finalizzato al merchandising europeo

Quella del merchandising

museale mi sembra essere una grande opportunità per i territori italiani in cui paesaggio e beni culturali costituiscono i punti focali di un turismo culturale, per molti considerato il motore economico del sud d’Italia, il suo futuro cuore industriale. In queste aree quasi sempre scarseggiano le aziende produttive. Anzi per la verità è assente una moderna cultura d’impresa. Ma il rischio e la tentazione di assumere come modello il nord industrializzato sono sempre in agguato. Sarebbe impensabile fare come hanno fatto gli altri, essendo peraltro mutate le condizioni storiche e diverse quelle sociali. Ecco perché pur accettando le leggi che regolano un mercato, che non è ora soltanto nazionale, ma, tendenzialmente, globale, vanno individuate le risorse e le potenzialità su cui imbastire parte dello sviluppo economico di un territorio. Certo sarebbe più giusto fare queste considerazioni su altre riviste e che a farle fossero gli economisti, gli industriali o i politici. Ma chi ha detto che i contributi di idee non possono venire anche dal mondo della cultura, dell’università e del design, come in questo caso, visto che sono proprio le istituzioni pubbliche le più lente e pigre nell’accogliere le sollecitazioni

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che provengono da altri settori della società? In Campania, la regione che conosco meglio, sono rare le realtà produttive nel settore del mobile e del design in genere. Non mancano, invece, piccole imprese artigiane, che da oltre cento anni portano avanti con molta dignità una singola “cultura

materiale”, divenuta ormai tradizione, attraverso il piccolo oggetto o gioiello, e che sono concentrate in determinate aree. Sono San Leucio, nei pressi di Caserta, il polo serico e dei tessuti nel settore dell’arredamento più importante in Italia (quello di Como lo è per l’abbigliamento), Torre del Greco, famosa per la


Nella pagina a fronte: oggetti di Cappelli e Ranzo. In questa pagina, dall’alto: oggetti di Annibale Oste; allestimento generale della mostra di Claudio Gambardella.

lavorazione del corallo e dei cammei, Vietri sul Mare, sulla costiera amalfitana, con Faenza il luogo piĂš significativo in Italia , in cui si producono manufatti di ceramica e importante anche per le piastrelle usate in edilizia, ed infine Sorrento con le sue tarsie lignee. A questo elenco si potrebbero aggiungere San Lorenzello, per le ceramiche, e Capodimonte a Napoli per le porcellane. Pur se diverse tra loro per storia, origini, tecniche di produzione, queste tradizioni artigianali hanno un comune denominatore: la

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produzione del passato, quella storica, che ha conferito loro una certa notorietà e diffusione (il fatturato è sempre molto interessante, soprattutto quello derivante dall'esportazione), proprio perché di grande suggestione, incombe su quella “nuova”, che viene costantemente sottoposta ad un duro ed impietoso confronto. E le cause sono tantissime. Tra queste vi è sicuramente la struttura della produzione eccezion fatta per l’industria tessile leuciana, un caso un po’ diverso - che attribuisce all’artigiano un ruolo centrale e troppo condizionante, che scaturisce dall’antica retorica del “fatto a mano”, da sempre posta in antitesi al prodotto industriale. L’artigiano, invece, avendo esaurito la sua carica creativa (se mai l’ha avuta: quello di una volta era al contempo artista ed esecutore), fa ricorso da una parte ad un’antica sapienza manuale, che al contrario va totalmente intesa ed “ascoltata”, ma dall’altra, incapace di rinnovare il patrimonio di forme ed immagini che deriva dalla storia, non fa altro che ripetere all’infinito, semmai con alcune sue personali variazioni, stilemi e stereotipi. Il lavoro che in Campania sto conducendo con queste imprese, con le Facoltà di Architettura e le Soprintendenze, da oltre dieci anni, consiste proprio nell’introdurre, come terzo incomodo, nel sistema produttivo di queste “tecniche”, o meglio ancora “arti applicate”, il designer, non quello che imprudentemente viene trascinato in campo dal parente, in una donchisciottesca e patetica battaglia, senza avere, poverino, la benché minima possibilità di riuscire in un’impresa così delicata e difficile, ma colui al quale vengono riconosciuti, obiettivamente, dei meriti, al di là

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dei linguaggi, del gusto e delle scuole di appartenenza, per un lavoro che lo vede impegnato da anni. A partire dalla prima edizione delle Giornate Napoletane del Design (primavera ’90) la manifestazione napoletana promossa dall’Istituto Italiano del Design fondato da Almerico de Angelis - sono stati invitati nomi noti del design come Alessandro Mendini, Riccardo Dalisi, Andrea Branzi, Matteo Thun, Filippo Alison, Sergio Calatroni, David Palterer, Luca Scacchetti, Giuseppe D’Amore, Fumio Shimizu, Anna Gili, Tarshito, Lapo Binazzi, Daniela Puppa, Annibale Oste, Giovanna Talocci, Alessandro Fiorentino, Ugo Marano, Marcello Panza e Claudio Giunnelli, Salvatore Cozzolino, Antonio Barrese, Isao Hosoe, Massimo Iosa Ghini, Enzo Mari, Franco Raggi, e lo stesso Ugo La Pietra, che da anni sta dedicando il suo lavoro di intellettuale e di designer alla scoperta e alla valorizzazione dell’artigianato d’arte. La formula sperimentata è sempre la stessa. Un designer viene invitato a partecipare ad una mostra, “vincolandolo” ad usare un materiale, appunto la ceramica vietrese, la tarsia sorrentina, il corallo di Torre del Greco (o la tecnica del cammeo), la seta di San Leucio. Ma ogni evento è anche incentrato sul tema del “souvenir”, che per tipologia e dimensioni si innesta appunto sul discorso iniziale del merchandising museale. Perciò dopo la prima mostra del ’90, “Napoli souvenir d’autore”, si è svolta a Napoli - nell’edizione ’98 delle Giornate Napoletane del Design e a Ferrara, per “Restauro ’99” - la mostra “Appunti di viaggio: souvenir per Napoli” ed ancora,

per “Restauro 2000”, sempre a Ferrara, “Ariamare: 100 oggetti di Riccardo Dalisi per la Costiera Amalfitana”. L’ultimo evento del genere si è tenuto a Verona, nella passata edizione di Abitare il Tempo. Il Comune di Pompei, con il patrocinio della Facoltà di Architettura della Seconda Università degli Studi di Napoli, ha partecipato con la mostra “Bye bye Pompei / nuovi souvenir per Pompei” . In questo caso ogni autore ha dovuto disegnare quattro oggetti ispirati alla Pompei antica ed a quella sacra (Pompei oltre ad essere il sito archeologico più visitato d’Europa è anche un importante santuario religioso del sud d’Italia) da realizzare appunto in ceramica vietrese, tarsia sorrentina, cammeo di Torre del Greco - utilizzando la pietra lavica - i tessuti di San Leucio, secondo tipologie e dimensioni compatibili non solo con le tecniche artigianali ed i materiali adottati, ma anche con un concreto progetto di produzione e commercializzazione, che per la verità stenta a decollare. Con questa operazione, che rientrava nel più generale progetto di promozione dell’immagine di Pompei, si intendeva aprire una ricerca sul genius loci della città, non solo per disvelarne, attraverso nuovi souvenir le due anime, pagana e sacra, ma anche per intravedere i sottilissimi fili che la legano. In questa occasione sono stati coinvolti, come autori, Sergio Cappelli, Riccardo Dalisi, Beppe Facente, Anna Gili, Makio Hasuike, Isao Hosoe, Alessandro Mendini, Paola Navone, Annibale Oste, Patrizia Ranzo, Luca Scacchetti e, come aziende, Art Decor Inlaid Wood Works Factory, Bernardo Casciello, Ceramica Artistica Solimene,


A lato: opere di Beppe Facente. Sotto, dall’alto: opere di Paola Navone; oggetti di Hasuike.

Ceramica Pinto, G. & F. Rocco Tarsia d’autore, Giovanni Apa, Scala Teodoro Lavori artistici in legno intarsiato. In particolare quest’ultima iniziativa ha interessato l’Università e gli Enti Locali per creare, secondo una formula inedita in Europa, un “sistema museale regionale del design e delle arti applicate”, che, individuando Pompei come “terminale”, mediante il recupero di un edificio storico della città, le cosiddette “Case Operaie”, realizzi una connessione, almeno inizialmente, tra i quattro centri campani di tradizioni artigiane San Leucio, Vietri, Torre Del Greco e Sorrento, sedi, tra l’altro,

di strutture museali già esistenti o in via di realizzazione. Questo progetto mi sembra che possa costituire, tra le altre cose, un valido supporto per lo sviluppo del turismo culturale, utilizzando in particolar modo il grande potere attrattivo di un luogo come Pompei.

I progetti di allestimento delle mostre “Appunti di Viaggio”, “Ariamare”, “Bye bye Pompei” sono stati curati da Claudio Gambardella, con la collaborazione di Giuseppe Albanese e Giovanna Pastore.

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PROGETTI E TERRITORI di Gianna Di Cicca

Il ferro battuto in Sicilia dal secolo XII al XIX

Manufatti d’arte carichi di tradizione e cultura frutto di un’arte millenaria che trae origine e ispirazione da fonti religiose e pagane

L'arte del ferro battuto fu

introdotta in Europa dall'Oriente nel corso delle invasioni indoeuropee. Non ci sono giunte opere importanti di epoche anteriori all'XI secolo, probabilmente per il facile deterioramento del materiale sotto l'azione corrosiva degli ossidanti. Le prime opere in ferro battuto compaiono in Francia (fig.1) ed in Spagna solo nel XII secolo. Dal punto di vista tecnico, in genere il fabbro medievale si serviva di un molino per azionare il maglio con cui batteva il ferro per plasmarlo. Il lavoro veniva quindi proseguito alla fucina, sfruttando la malleabilità del ferro scaldato al rosso e la sua proprietà di essere saldato per martellatura in tale stato (bollitura). Le prime realizzazioni furono armi, serrature, chiavi e bandelle; ben presto però si giunse alla costruzione di grandi cancellate (fig.2), composte di piccoli 1

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elementi lavorati a doppia voluta ed uniti per ribattitura: l'ossatura della cancellata era ridotta al minimo; in modo analogo venivano lavorate le cerniere e i battenti delle porte. Elementi fondamentali della composizione sono le barre di ferro che per il loro essere piatte, cilindriche o quadrangolari, ci rivelano i segni caratteristici dei diversi stili. Il medio gotico, ad esempio predilige il ferro piatto, stretto o largo, o la barra battuta a foglio. Nel settentrione, l'elemento cilindrico domina invece il tardo gotico ben oltre i suoi limiti cronologici, fino al Rinascimento. In questo periodo, nel mezzogiorno italiano si adopera la barra quadrangolare, alla quale si riferisce pure il barocco, sotto la guida dei maestri francesi. Alla fine del XII secolo si scoprì un nuovo procedimento: lo stampaggio, consistente nel far entrare, a colpi di martello, 3

il ferro scaldato al rosso in un piccolo stampo fissato sull'incudine. Le nuove creazioni godevano così di maggior leggerezza e fantasia riscontrabile nei capolavori dei maestri del ferro francesi del XIII secolo. In Italia, nello stesso periodo, abili modellatori del ferro furono i fabbri senesi autori della cancellata del Palazzo Pubblico di Siena (fig.3), e del cancello, dagli eleganti ritmi gotici, della cappella Rinuccini in Santa Croce a Firenze. Altrettanto celebri sono le inferriate veronesi. La specificità tecnica del ferro battuto quasi scomparve nel XV secolo per effetto della maggior diffusione della lavorazione dei motivi ornamentali con lastra a freddo, ribaditi sull'ossatura di ferro. Si ridusse il lavoro in fucina. Gli artisti italiani di inferriate per finestre, di portafiaccole e di lanterne, fra cui ricordiamo quella del Palazzo 4


Nella pagina a fronte, da sinistra a destra: decorazioni di cancelli, Francia, sec.XIII; ferro battuto italiano e francese, sec.XIII e XIV; cancello di S. Trinità, Firenze, sec.XIII e cofano, Siena, sec.XV; lanterna, Palazzo Guadagni, Firenze, sec. XV. In questa pagina, dall’alto: cancelli italiani e francesi, sec. XVI (Museo delle arti decorative, Parigi); grande rosta con motivi a “c” e riccioli, fiori a punta e a stella, Palazzo Lanolina S. Alfano, Noto, sec. XVIII; balconi sagomati a petto d’oca, Palazzo Bonanno di Lungarini, Palermo, sec. XVII. 5

Guadagni a Firenze (fig.4) - simile ad un piccolo tabernacolo gotico- guardarono sempre più alla tecnica del fonditore. Un aspetto particolare assunsero le ricchissime cancellate spagnole, con lunghi motivi a spirale, formati su un'anima di legno che poi veniva bruciata: famose quelle della cattedrale di Granada. Alla fine del XV secolo e per tutto il XVI, le decorazioni in ferro battuto seguirono il gusto rinascimentale (fig.5). In Sicilia l'arte, nel Quattrocento, è sorretta dal mecenatismo della classe abbiente che ne fa simbolo del suo incisivo ruolo sociale. Le comunità cittadine si dotano di attrezzature pubbliche nelle quali si esprime la dimensione laica dell'architettura e dell'arte, mentre quella religiosa è proposta dalle medesime comunità nelle numerose chiese degli attivi ceti economici. La pluralità della committenza giustifica il ricco ventaglio tipologico e stilistico dei manufatti artistici. Per tutto il XV secolo e in pieno ’500 si assiste, ad un mutamento nell'assetto territoriale dell'isola, in rapporto al suo dislocamento nell'area geografica spagnola e alla rinnovata importanza del mare quale fattore di civiltà. In questa prospettiva si ha lo sviluppo delle principali città siciliane, Palermo, Messina, Siracusa, Trapani, Catania, ecc., dove, non a caso, maggiormente rappresentativi sono i segni della volontà d'arte del tempo (fig. 6,7). Poiché promotori di cultura sono in genere uomini implicati nelle varie attività imprenditoriali , non si può trascurare il ruolo dei maggiori committenti dell'epoca, tra cui gli Abatelli, gli Aiutamicristo, i Fardella, ecc. I palazzi costruiti da queste famiglie, fuori dall'ordine urbanistico del tempo e regolatori di un nuovo ordine, da essi generato, facevano da poli di riferimento nell'infittirsi dell'edilizia cittadina.

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Fra i manufatti artistici quattrocenteschi e del primo cinquecento, la maggior parte di quelli giunti fino a noi sono di natura religiosa, tuttavia è proprio l'architettura palaziale che meglio registra la metamorfosi della società del tempo (fig.8). Dal palazzo-torre trecentesco, chiuso ed esclusivo, ostile e diffidente del contesto urbano, a quello quattrocentesco ampiamente dialogante con la via e con la vita esterna, il percorso è quello stesso di coloro che, tenendo in mano le sorti della società siciliana, evolvono il loro status da feudale a mercantile e finanziario, contrattando con la monarchia un proficuo rapporto di dare e avere. Nei primi decenni del XVI secolo le città siciliane furono invase da un gruppo di scultori che lavoravano in uno stile derivante dal tardo Quattrocento fiorentino. Questo portò, per esempio a Palermo, alla compresenza tra il vecchio e il nuovo. Gli ultimi decenni del secolo XVI e la prima metà del XVII non offrono che un piccolo numero di opere documentate, ma dagli esempi giunti fino a noi si può attribuire a questo periodo una produzione brillante, specie per quanto riguarda l'uso del bugnato e della decorazione di porte e finestre. Scaglie di pesce, foglie, ramoscelli, conchiglie, frutta, ed

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altro ancora, venivano adoperati quali motivi decorativi, nell'edilizia, e sposavano bene le caratteristiche dei materiali più diversi. E' proprio nel periodo barocco, tuttavia che il ferro battuto toccò un alto livello d'arte: l'inferriata divenne come una cornice spaziale artisticamente lavorata; anche i motivi ornamentali assunsero funzioni spaziali, perfettamente fuse con la concezione architettonico-prospettica del cortile o del giardino. Si assiste ad un'accentuazione del linguaggio architettonico e decorativo nell'elemento portale e balcone sovrastante (fig.8), spesso collegati in modo da formare la tribuna, sulla quale si posava lo stemma familiare. "L'uso generalizzato del balcone rispetto alla finestra è una caratteristica dell'architettura civile mediterranea in generale e siciliana in particolare, imposta da ragioni climatiche e da abitudini di vita, caratterizzate da frequenti e auspicati rapporti sociali da vivere all'aperto..". Nella seconda metà del XVIII secolo verrà a delinearsi una delicata situazione, economica e politica, nei piccoli e grandi centri dell'isola. Le maestranze o corporazioni artigiane avevano una parte importante nella vita cerimoniale della città e persino nella loro politica; furono "la forza più

efficiente dell'isola". Il XVII secolo è quello che si ricorda per i catastrofici terremoti che sconvolsero tutta la Sicilia, ma si preferisce fare riferimento a ciò che li seguì, cioè soprattutto la tanto desiderata rinascita che ogni centro abitato teneva a riavere. Le decorazioni in ferro battuto, quanto quelle marmoree, saranno le chiare manifestazioni di questa volontà, e adorneranno le città con forme fantasiose di suprema bellezza. Scenografie ardite ed abbaglianti, insieme alla concretizzazione di sogni ed utopie, sono i risultati incredibili, di apparenti fragilità, di provocazioni e sfide per ogni futuro sommovimento della terra. Si dà ora l'accento al gioco delle convessità e concavità, all'estro del ferro battuto. Le inferriate sono ritmate alle estremità da riccioli più o meno grandi, che agli angoli presentano dei fiori a margherita dalle foglie piuttosto appuntite (fig. 9); vi sono poi le ringhiere non rigonfie che, con le loro geometrie, partecipano alla trasformazione del gusto barocco fino ad arrivare alle linee fluide del Liberty, nel secolo XIX (fig. 10, 11,12). Le roste hanno per lo più forma semicircolare, composte da due o tre fasce, di cui la più piccola nella zona centrale, e le più grandi dettate dalla somma di moduli proposti anche specularmente (fig.13).


Nella pagina a fronte, da sinistra a destra: balcone centrale e rosta a raggiera, Palazzo dei Principi Bosco di Belvedere, Palermo, sec.XVII; balcone di Palazzo Belvedere, Bologna. In questa pagina, dall’alto e da sinistra: balcone sagomato a “petto d’oca” con chiusura angolare a forma di fiore con foglie appuntite, Chiesa del Collegio, Noto, sec.XVIII; disegni delle ringhiere di balcone (Palazzo Vescovile e abitazione a Noto) e della rosta del portale d’ingresso (Palazzo Trigona Cannicarao, Noto); ringhiera di balcone, casa in Via Nicolaci, Noto; finestra con grata a maglia ovale, Palazzo Nicolacci Villa Dorata, Noto; finestra con grata a maglie ovali appuntite, Palazzo Trigona Cannicarao, Noto. 9

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Uno dei motivi protagonisti è comunque il tralcio che assume le dimensioni e posizioni più diverse, in dipendenza dal suo circoscrivere o riempire un altro motivo della composizione. I motivi a "C" con riccioli alle estremità che si curvano verso l'interno, sono spesso affrontati, come gli animali, per lo più piccoli uccelli o draghi, delle stoffe del XIII secolo, in cui si riscontra un forte legame con la disposizione dell'albero assiro. Molto simile al modulo compositivo degli elementi in ferro battuto è pure il decoro di alcune stoffe quattrocentesche dette proprio "a inferriata". In queste stoffe, delle quali il tipo più adatto a questa lavorazione era il velluto, i profili del disegno sono definiti da una profonda e sottile incisione nello spessore della trama, fino a rivelare il fondo.L’accoppiamento tipico della produzione cinquecentesca è quello di motivi floreali con maglie continue più o meno geometrizzate, le stesse che riscontriamo negli schemi a grandi ovali a doppia punta, dalla

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Nella pagina a fronte: balaustra con decorazione a riccioli della scalinata e del sagrato, Santa Maria delle scale, Ragusa Iblea. In questa pagina alcune immagini di decorazioni in ferro battuto a Noto, dall’alto: ringhiera di piccolo balcone detta “a petto”; balaustra con modulo a elementi geometrici di forma ottagonale, Palazzo Vescovile; grata a maglia quadrata con chiodi a forma di fiore, Monastero di San Salvatore, ca. 1791; sopraporta rettangolare, all’interno della maglia quadrata stella a quattro punte decorata a motivi geometrici, Palazzo Nicolacci Villa Dorata. 11

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forma talvolta schiacciata, delle inferriate che proteggono le finestre del Monastero e Basilica del SS. Salvatore, della Chiesa del Collegio e del Palazzo Nicolaci a Noto. Alla fine del secolo è tipica, nell'isola, una tendenza sempre più netta verso uno stile classicheggiante, soprattutto in quei centri, come Palermo, che rimasero più strettamente a contatto con Napoli, capitale del Regno delle due Sicilie, e con Roma. Il ferro potrebbe essere, quindi, la chiave di lettura storico-strutturale delle vicende culturali, sociali ed economiche della Sicilia: storica, perché illustrerebbe i più significativi processi che tali vicende hanno caratterizzato, strutturale, perché potrebbe evidenziare proprio gli elementi costitutivi dei sistemi che le hanno fondate. E' per queste ragioni, mezzo espressivo della creatività e dello sviluppo tecnologico del fare umano, manifestando la propria identità, e confermando la sua indipendenza rispetto all'architettura, cui è indubbiamente legato ma non subordinato. Verso la fine del XVIII secolo il gusto mutò profondamente e alla flessibilità del ferro fu preferita la sobrietà dell'acciaio dolce, unito a motivi in bronzo. La decadenza del ferro battuto fu ulteriormente accentuata dall'introduzione di oggetti decorativi in ghisa, materiale di costo sensibilmente inferiore. All'inizio del nostro secolo apparvero nuove creazioni e furono soprattutto sviluppati temi ornamentali con alberi, rami, fiori, frutti, modellati al martello e saldati alla fucina.



AUTORI di Weruska Curnis

Art & Craft

Un laboratorio in cui vengono presentati al pubblico complementi di arredo e oggettistica realizzati in materiali naturali dal metallo riciclato alla carta ecologica

“È come un pezzo di ghiaccio

entro cui brucia una fiamma”. Le sue vetrine, variopinte e stravaganti si stagliano sul caos di una strada provinciale, illuminandola con il proprio eclettismo, attraendo in tal modo lo sguardo del più disinteressato camionista ... Fermo la mia auto sul ciglio della strada e osservo da lontano il loft, all’interno del quale mi hanno detto, ci sia anche il loro laboratorio ... c’è qualcosa che inevitabilmente mi attrae ... mi avvicino. Questa è un’oasi di serenità, lo si capisce osservando i complementi d’arredo. I mobili sono particolari e raffinati al tempo stesso. Gli ambienti hanno un’eleganza pacata, composita, senza nulla togliere all’originalità di alcuni set d’arredo. Alle lampade non mancano né il colore, né la ricercatezza delle forme, ma non sono mai “invadenti”. Le sedie, i tavolini, l’oggettistica, le specchiere, i vetri ... sono tutte sculture. Veri e propri pezzi unici che creano “episodi” di buon gusto, facili da immergere in qualunque ambiente, dal più classico al moderno minimalista. C’è anche una linea di oggettistica e complementi creata appositamente a tema come per esempio: Eco-Garden, dove il metallo riciclato e la carta naturale completano 5 complementi d’arredo di originalità e studio

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fuori dalla comun portata. Il progetto “Snail” nato in riferimento allo studio della “forma naturale”, risultato di un’applicazione che considera ogni aspetto della forma, in questo caso animale. Studi, sezioni, divisioni del complesso preso in esame, permettono poi di scindere e assemblare elementi che vanno a creare un oggetto d’uso, in questo

caso un piano d’appoggio che conserva nel suo insieme le flessuose forme del guscio, di una chiocciola e gli statici andamenti direzionali del suo sviluppo nello spazio. In Snail il design si fonde con l’essenza della vita. “Fire” nasce invece dallo studio della forma del fuoco. Le sue linee di costruzione


intraprendere gli studi di Decorazione all’Accademia di Belle Arti di Brera: sposare l’arredamento all’arte, attraverso uno studio funzionale, ed estetico, diffondendo una cultura del bello senza prescindere dalla funzionalità. Utilizzare indistintamente vetro, metallo, carta ecologica, tessuti, materiali naturali permette alla loro fantasia di dar sfogo ai

progetti più singolari ed originali. Amano parlare del loro lavoro, del loro studio progettuale e si vede. Anche con chi non si dimostra subito intenzionato ad acquistare. Anzi, mi raccontano che spesso “capitano” da loro persone che vogliono solo guardare. Le porte sono aperte per chiunque voglia percepire il loro messaggio. Respiro il loro entusiasmo annotando qualche emozione.

spaziale sono guizzanti come le fiamme e come esse si contorcono in mirabolanti gorghi e spirali. Da un certo punto di vista Fire però appare la contrapposizione completa al fuoco, poiché completamente costruita in carta naturale. I colori sono le fiamme, e l’accensione dell’interruttore luminoso scatena lo scintillío della medesima, che, pur non ardendo, provoca nello spettatore calore visivo e giovialità strutturale. Questi e molti altri progetti dimostrano che il livello artistico qui è altissimo ovunque, e le titolari nonché uniche creatrici di tutto ciò che le circonda, sono, a buon diritto soddisfatte e orgogliose. É proprio il risultato che volevano ottenere quando decisero di

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AUTORI di Adriano Gatti

Anna De Plano

Una designer di origine sarda impegnata tra l’artigianato di tradizione e le nuove forme di design

I vasi flessuosi e trasparenti,

ultime opere di Anna De Plano, rappresentano oggi l’ultima tappa del lungo percorso di questa designer ormai da anni operante a Milano. Un itinerario che parte dalla Sardegna, terra di nascita della De Plano, che sarà spesso presente nelle sue ricerche progettuali, soprattutto quelle in cui la vediamo impegnata a utilizzare tutta la sua conoscenza progettuale per rivisitare le antiche tradizioni sarde. La cultura del fare sarda è ricca di tecniche e di materiali che Anna De Plano rivisiterà nella serie di oggetti “Pane colorato”, risultato di un nuovo concetto di qualità nel prodotto per nuovi linguaggi e nuovi modi d’uso. A conclusione di tutto il suo lavoro intorno a questo particolare prodotto verrà stampato dalla Mondadori Editore, con prefazione di Gillo Dorfles, il libro “Il pane fior fiore dell’alimentazione dalle origini ad oggi”. Ma oltre al pane altre tecniche verranno rivisitate, come “l’intreccio” e il tessuto. Parallelamente a queste esperienze legate al territorio sardo la De Plano, forse anche per la sua natura di donna, è particolarmente impegnata a risolvere problemi progettuali nel sistema degli oggetti domestici. Così ecco molti oggetti di successo come la “Caraffa” in

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ottone argentato, il “Segnaposto”, il “Contenitore per il pane”, i “Carrelli”; questi e altri, temi legati all’alimentazione e in particolar modo a strumenti e oggetti utili per la casa. Le opere di Anna De Plano sono così delicate e intense, capaci di risolvere problemi concreti ma nello stesso tempo piene di

delicata poesia. Non a caso dietro quella che appare come una fragile figura di donna (la De Plano ha la grazia e l’eleganza minuta dei sardi) si cela una forte e intensa passione per le proprie radici, un impegno determinato nella professione, a cui si aggiunge un’imprevedibile passione per le Arti Marziali.


Nella pagina a fronte, dall’alto e da sinistra: “Portapreservativo” ciondolo in argento; “Spuligadentes”; “Kokkoi” portapane, produzione Rede Guzzini; “Caraffa” produzione Mesa. In questa pagina, dall’alto e da sinistra: “Segnaposto”; “Salino”, “Vasi trasparenti”.

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AZIENDE

di Murilo Fernando Moro

Arte del vetro Accuratezza del design ed alta qualità dei materiali ma anche continuità e serietà imprenditoriale caratterizzano il Gruppo Vetrario Paci di Seregno sinonimo di stile eleganza e professionalità

I fratelli Paci, maestri vetrai

in Seregno dal 1959, sapientemente guidati dal padre Ugo (maestro d’arte), hanno dato vita ad un’azienda vetraria, caratterizzata da grande continuità e serietà imprenditoriale, che è cresciuta, con il passare degli anni, distinguendosi per la qualità del prodotto a garanzia della completa soddisfazione del cliente. Piercarlo, Ambrogio e Maurilio Paci hanno articolato il Gruppo in tre settori produttivi specializzati:

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Nella pagina a fronte, da sinistra: vetrate legate a piombo con vetri soffiati, montate su struttura scorrevole; vetrata legata a piombo con motivo floreale. In questa pagina, dall’alto e da sinistra: pannello decorativo con vetri argentati ed opalescenti fissato a muro come quadro; finestra a motivo floreale; pannello fisso con vetrata paesaggio; vetrate a paesaggio con vetri colorescenti e cattedrali montate su finestre.

Italvetrine, Vetreria Industriale e Vetreria d’Arte. La produzione Italvetrine offre più di 300 modelli standard di vetrine per l’arredamento di negozi e showroom: l’accuratezza del design e l’alta qualità dei materiali impiegati trasformano la vetrina in un concreto strumento promozionale, ma anche in elemento di arredo elegante e raffinato, atto a conservare e mettere in mostra oggetti antichi e preziosi. La divisione industriale, attrezzata con sofisticati impianti controllati

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Nella pagina a fronte, dall’alto e da sinistra: vetrate legate a piombo per arredi classici; vetrata con soggetti religiosi in stile moderno; vetrate religiose rilegate a piombo, con interventi pittorici e cotte a gran fuoco. In questa pagina, dall'alto: vetrata a piombo in stile classico; lampade Tiffany.

da computer, produce una vastissima gamma di articoli per ogni esigenza del settore edile, mobiliero, meccanico, elettronico ed automobilistico. Fiore all’occhiello del Gruppo rimane però ancor oggi la divisione

artistica dedicata alla lavorazione e decorazione del vetro. Rilevando il grande patrimonio e l’esperienza del padre, i fratelli Paci hanno portato questo settore ai più alti livelli dell’arte vetraria. Ogni opera viene ancora eseguita in maniera

prettamente artigianale: dal disegno al taglio del vetro, dal montaggio alla saldatura, dal dipinto a freddo a quello cotto a gran fuoco e così via. Molteplici sono i risultati che si possono ottenere usando queste lavorazioni che permettono di creare vere e proprie opere d’arte per l’arredo di hotels, musei ed abitazioni. Grazie all’alta qualità dei suoi prodotti ed alle grandi capacità dei suoi uomini il Gruppo Vetrario Paci è oggi sinonimo di stile, eleganza e professionalità. Le sue vetrine promozionali, gli specchi, i tavoli e le preziose vetrate artistiche sono creati per conferire prestigio e originalità agli ambienti più disparati in Italia e nel mondo.

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Libri di Gennaro Borrelli

Invenzione della tradizione a Vietri sul Mare negli anni ’30 Un presepe in maiolica di Irene Kowaliska manufatto a Vietri sul Mare tra il 1931 e il 1933 miracolosamente ritrovato e pubblicato ci riconduce alla sua significativa affermazione “E’ nel folklore che l’artigianato artistico affonda sempre le sue radici”

L’artigianato artistico è fatto di sottile trame, di magiche sintonie, di scritti, di carte volanti da intercettare: questo è uno dei compiti della nostra rivista. Gennaro Borrelli, sommo storico dell'arte presepiale del Settecento a Napoli, ha mandato una lettera all'amico Eduardo Alamaro, all’epoca della felice pubblicazione di un ritrovato presepe in maiolica di Irene Kowaliska manufatto tra il 1931 ed il 1933 a Vietri sul Mare. Pubblichiamo qualche brano perché è molto più di una recensione, è una lezione di vita d'arte applicata al luogo campano!

Eduardo carissimo, grazie per il “regalo di Natale 2000” che mi hai fatto: la pubblicazione del bellissimo presepe degli anni trenta, miracolosamente ritrovato, di Irene Kowaliska (e/o - come tu la sigli -: “I.K.”). Hai scritto da par tuo in sintonia con la “rusticana poesia” che emana da questo presepe vietrese in maiolica, veramente meraviglioso - come da titolazione.“’E pasture d’‘a meraviglia di Irene Kowaliska”, De Luca Editore Salerno; hai scritto con quella prosa che ti distingue da sempre, una scelta che ti ha creato non pochi stupidi nemici tra i compassati accademici, fissi e morti nel vecchiume che li ricopre. E chi se ne importa, peggio per loro, vai avanti così che sei autentico! Innanzi tutto voglio sottolineare che l'accattivante insieme di pasturielli di I.K. da te pubblicato - “ridotto” ai pezzi canonici della cristianità nostrana -

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Nella pagina a fronte: copertina del libro “ ‘E pasture d’ ‘a meraviglia”. In questa pagina statuine tutte marcate IK, datate tra il 1931 e il 1933 (testimonianza di Paola Fadda), dall’alto e da sinistra: asinello con bue; un maialino; cavalla e puledrino; due giraffe; cammello giallo.

non ha niente a che vedere con la cattolicità tedesca ed austriaca, luoghi dai quali pur proveniva I.K.: lì i presepi erano (e sono) composti da centinaia di figure, con abiti “veri”, che riproducevano (e riproducono) usi, costumi e moda del tempo, tutto molto diverso da questi poveri, nobilmente veraci, pasturielli di maiolica vietrese, cose fatte (e non “belle e fatte”) da poveriCristi dell'Arte Minima. Nell'insieme, tutte le piccole sculture maiolicate di I.K. costituiscono una “meraviglia delle meraviglie” in maiolica, anche se tra di esse non è presente il vero e proprio “Pastore della Meraviglia” del presepe popolare (e non) della scuola napoletana. Evidentemente qui si tratta della meraviglia di I.K. di fronte a quel corpo “reale” della nascita del Ninno, cosa che percorre l'intero tuo testo. Ma le figurine presepiali di I.K. rappresentano anche la storia di un'anima sensibile in un particolare momento della sua vita, in quei lontani anni Trenta a Vietri; anni che ho vissuto anch'io da giovane e che ricordo con amore ma non con nostalgia. Dei vari aspetti della vita artistica vietrese dei “tedeschi”, in relazione all'argomento del tuo testo “presepiale”, scrivi con tale competenza ed attenzione che non mi sento certo di aggiungere ed interpretare una sola virgola, in particolare quando dici del “soggiorno solitario” degli immigrati e degli artisti-immigrati (pagine 15-17), tematica molto

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intrigante. Mi ha fatto piacere vedere che nella nota 15 hai segnalato “la combinazione” maiolicara Procida/Cilento, i cui presepi tanto ammirai nel '73 presso “l'Ellisse” di Napoli, galleria nella quale avrei volentieri acquistato uno di quei magnifici presepi, se il perforante amore per l'altro braccio mio “presepiale”, quello del Settecento, non mi avesse trattenuto. Sbagliai! In questo testo tu lavori sulla forma modernamente antica del presepe e dell'artigianato artistico (ed è evidente che hai fatto tua la figurazione, le scelte plastiche e l'ipotesi di lavoro di I.K., sul folclore, sull'artigianato artistico, ecc..) Irene Kowaliska nasce a Varsavia l' l 1 giugno 1905. La sua prima infanzia si svolge in Polonia e Russia. Nel 1911 si trasferisce con la famiglia a Vienna. Nel 1914 muore improvvisamente la madre Nadine. Sotto la guida del professore Steinhof si diploma alla viennese Kunstgewebeschule ricevendo una preparazione completa nelle arti applicate. Dal 1928 al 1930 lavora a Berlino. Nel luglio 1930 incontra sul lago di Stechlinsee il poeta Armin Wegner, del quale sarà compagna per la vita. Il 19 marzo 1931 varca la frontiera italiana ed eleggerà questa terra sua patria. Lavora a Vietri sul Mare (Sa) quale pittrice ceramica presso le fabbriche I.C.S. e Vincenzo Pinto, con

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La novità di questo presepe vietrese che riemerge dal passato è “ambientale”: è noto che l'ambiente culturale, la committenza, poneva (e pone) l'accento sul “mestiere”, sulla tecnica che è alla base del lavoro delle botteghe artigiane dei “faenzari”; ossia delle fabbriche dei maiolicari/terracottari vietresi. I.K. a Vietri, all'inizio degli anni trenta, è tecnicamente fortunatamente! - una “dilettante” (e che diletto!) della maiolica; ella si riferisce pertanto ad un altro ambiente culturale, in grado di capire quel “diletto”, salta le gerarchie del luogo; sopperisce alla necessità tecnico-esecutiva creando opere preziose, inedite, qualche spazio autonomo di produzione. Nel 1937 crea una sua piccola fornace a fuoco aperto continuando a marcare IK Italia e contrassegno dell'uccellino. Costretta a chiudere il laboratorio ceramico nei primi anni di guerra per mancanza di piombo e stagno, si dedica soprattutto alla stampa di tessuti a Positano, ove si è trasferita alla “Casa Setteventi”. Nel 1941 nasce il figlio Mischa. Nel 1943 viene distrutta dai bombardamenti la sua fabbrichetta vietrese e nel dopoguerra decide di non continuare a realizzare più ceramiche. Continua ad occuparsi della stampa su stoffa fino al 1956 quando abbandona Positano per Roma. Qui impianta un laboratorio

d'amore, piene di raffinate cromie, ricoperte da una forte vernice che pone in evidenza il suo modellato moderno, felice, reso a blocchi, fabulosamente reale, vero, connotato da una nuova poesia attuale, di nuove classi (e classe) sociali. Cosa altro dirti? Nulla, che puoi usare questa lettera-recensione nel modo che credi opportuno. Scusa se è in brutta, ma non ho fatto in tempo a trascriverla, a farla “in bella”. “Passala” tu al computer, per l'Editore! A presto, un abbraccio fortissimo di stima ed affetto, tuo Gennaro Borrelli in Via dei Quattro Venti 104 ove opera fino al 1968. Realizza tessuti per la moda e interior-design con la tecnica della stampa con matrice e con serigrafie. Crea anche disegni per piccole serie a ditte italiane, svizzere, finlandesi e statunitensi. Nell’ultima parte della sua vita la troviamo impegnata nella pittura su vetro, spesso intessuta con inserti di collages. Lavora anche, con la tecnica del “mosaico”, alla realizzazione di grandi vetrate ed alla illustrazione di libri. Muore a Roma il 3 marzo 1991. Sue opere sono conservate al Museo Internazionale delle Ceramiche di Faenza ed al Museo delle Ceramiche di Vietri sul Mare Raito, oltre che in collezioni private italiane ed estere.


A lato: foto dei fratellini Fadda per i quali Irene Kowaliska confezionò i “pasturielli” maiolicati, Salerno (1932?). Sotto, statuine tutte marcate IK, datate tra il 1931 e il 1933 (testimonianza di Paola Fadda), dall’alto e da sinistra: pellegrino in giallo e piccolo pellegrino; pastore con capra; angioletto; Re magio a cavallo.

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FIERE E SALONI di Adriano Gatti

Ci sarà di che divertirsi dal 20

aprile al 1 maggio 2002 alla Fortezza da Basso di Firenze: è in scena il Brasile, paese ospite della 66a Mostra Internazionale dell’Artigianato, che con il suo folclore e le sue accese tradizioni animerà la storica manifestazione fiorentina, appuntamento fieristico divenuto ormai luogo di incontro irrinunciabile in primavera per la stragrande maggioranza dei fiorentini e per tanti appassionati di prodotti d’arte e di artigianato italiano e multietnico. La più grande e più popolata nazione sudamericana (nella quale è presente una nutrita comunità italiana), una delle terre più belle ed affascinanti del mondo con le sue ricchezze naturalistiche e le sue contraddizioni porterà nella storica Fortezza di San Giovanni Battista, nel centro storico di Firenze, i suoi tesori artigianali e la sua cultura popolare fatta di etnie diverse, di balli, canti, carri allegorici e mascherate all’insegna del suo celebre carnevale, da sempre festeggiato per le strade delle città di Rio, Salvador e Recife al ritmo del samba, frevo e capoeira, i tre balli nazionali più diffusi che ogni anno per quattro giorni interi inondano di suoni e colori le vie e le piazze, portando a tutti allegria e spensieratezza. Il Brasile con il suo carnevale vissuto come travestimento, camuffamento, trasformazione, diventa così a Firenze, culla del Rinascimento, spunto, pretesto per

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Artigianato a Firenze

La Mostra Internazionale dell’Artigianato di Firenze giunta quest’anno alla sua 66a edizione ospita il Brasile con i suoi tesori artigianali rinnovando ancora l’appuntamento con la produzione italiana ed estera di qualità

creazioni artigianali di alta qualità. L’occasione è buona per un designer come Ugo La Pietra per proseguire, in Fortezza, la sua storia sulle ‘Diversità’, nel senso di differenziazione di uso e funzioni degli oggetti prima e dopo la loro trasformazione, nascondendo la vera identità di un oggetto ed aggiungendone altri e più riposti significati. In una sala degli ambienti monumentali del fortilizio mediceo verrà così accolta la mostra ‘L’oggetto travestito’, curata da Ugo La Pietra, da alcuni anni partner privilegiato della storica mostra fiorentina nella realizzazione di qualificati eventi culturali. Una serie di oggetti di diverse dimensioni verranno ‘mascherati’ dalla fantasia degli artisti coordinati da Ugo La Pietra cioè modificati con l’aggiunta di nuove forme e decori in grado di alterare profondamente la tipologia e quindi anche la funzione iniziale degli oggetti stessi. Altre iniziative dal ‘sapore’ brasiliano sono previste in Fortezza: alla consueta esposizione commerciale di prodotti artigianali e della cucina tipica, presentati da personaggi in costume faranno da corredo mostre culturali e fotografiche. Inoltre ‘Calcio e pallon...cini’, in collaborazione con Balloon Art, prendendo spunto dalla tradizione del football brasiliano, offrirà ai visitatori l’occasione di ammirare tutta una serie di creazioni artigianali dall’aspetto

rotondeggiante (dai centrotavola alle grandi sculture) mentre ‘Gli angoli del caffé’ si offrirà per il piacere degli appassionati della celebre bevanda, una delle risorse maggiori e dei frutti più conosciuti coltivati nella rigogliosa terra brasiliana. Ma la Mostra Internazionale dell’Artigianato di Firenze avrà nella rilettura di questa splendida nazione che è il Brasile solo uno dei tanti motivi di interesse: importanti presenze dell’artigianato artistico italiano e straniero (circa 600 espositori) animeranno, come sempre, i padiglioni fieristici della Fortezza, così come la prestigiosa iniziativa ‘Visioni’, realizzata in collaborazione con Regione Toscana, APET, Unioncamere Toscana e Artex, riproporrà creazioni di alto artigianato artistico, frutto dell’ingegno e della maestria di artisti e designers italiani e stranieri. Sono previste altre iniziative: ‘Natural..mente - Parchi e territori in Europa’, all’insegna del gemellaggio creatosi tra la Mostra dell’Artigianato di Firenze e le Fiere di Monaco e di Marsiglia, proporrà la natura come fonte ispiratrice di creazioni artigianali e stili di vita, mentre in ‘Frammenti d’Oro - Tracce d’Argento’ il fascino che emanano da secoli i metalli preziosi rivivrà nella creazione di oggetti di ceramica, ferro, legno, vetro, magicamente rivestiti ed impreziositi da una luminosa veste dorata o argentata.


A lato: arazzo Aubusson in lana lavorata a mano (Cina). Sotto: visitatori all’ingresso di una precedente edizione. A pie’ pagina: allestimento della mostra “Odori e sapori”, seconda esperienza all’interno della tematica “Le diversità”, tenutasi nell’ambito della 63a edizione della Mostra Internazionale dell’Artigianato di Firenze.

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FIERE E SALONI di Claudia Ferrari

A.M.I. Mostra dell’Arredamento e del Design Italiano Una manifestazione in continua evoluzione unica vetrina italiana in terra svizzera dal 21 al 25 marzo appuntamento con l’arredo selezionato a Zurigo

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a città di Zurigo è da sempre accomunata ad alta finanza, strategia imprenditoriale, crocevia di affari. Poco si sa della sua anima artistica, della sua sinergia con il mondo dell’architettura e del design. C’è in realtà un’elitaria concentrazione di show room, gallerie d’arte, musei e da qualche anno gode di uno dei Centri Fieristici più moderni a livello europeo. Parliamo proprio dell’anima fieristica di Zurigo, città che da cinque anni “ospita” la rassegna fieristica SMI, Salone Svizzero del Mobile Internazionale; un’importante mostra “contenitore” destinata inizialmente all’offerta locale e che ha subito negli ultimi anni una maturazione in ambito internazionale. Da tre anni SMI ospita la mostra AMI, appuntamento riservato all’arredamento e al design italiano, presentando solo in quest’ultimo circa 100 produttori italiani. Il tentativo di AMI è sempre stato quello, sin dalla sua fase più embrionale, di richiamare a sé gli operatori elvetici e delle zone limitrofe, per offrire una vetrina di nicchia, una sorta di raffinata selezione ove riconoscere i marchi più famosi e collaudati, ma soprattutto un contesto diverso nel quale apprezzare nuove realtà progettuali e produttive, esclusivamente made in Italy. Se nello scenario internazionale dell’offerta fieristica le proposte si

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moltiplicano di anno in anno, ergendo a leader le due manifestazioni quali Milano e Colonia, la fiera di Zurigo si propone come un’opportunità giovane creando nel contempo attrattive ed occasioni commerciali concrete e vantaggiose. Annualmente la mostra AMI, sezione italiana del Salone Svizzero del Mobile Internazionale, propone eventi tematici, aree culturali che possano ben entrare in sinergia con gli spazi commerciali della mostra stessa. Nel corso degli anni abbiamo assistito a progetti innovativi, alcuni di stampo atipico, sino ad arrivare al progetto classico e tradizionale; ognuno di essi teso verso un unico obiettivo ovvero quello di diffondere la cultura abitativa italiana e ampliare le quote di mercato delle aziende mobiliere italiane. Nel 1999 lo spazio tematico denominato “La Casa all’Italiana” è stato progettato da Ugo LaPietra; nel 2000 l’evento che riportava il nome di “Work in Progress” è nato su idea dello studio Lissoni Associati, progettato da Ricardo Bello Dias e Giulia Clausetti. Il progetto culturale della scorsa edizione ha visto la firma dell’architetto Luca Scacchetti, il quale con l’area “Il luogo del legno” ha offerto un tributo al materiale più antico, più duttile, dalle infinite risorse, dall’adattabilità tecnologica ed espressiva, come lo è appunto il legno. Per l’edizione 2001 AMI ha

avuto anche l’onore di ospitare la prima tappa di I.DoT, nuovo riconoscimento internazionale per il design italiano. I.DoT, che rappresenta un punto della situazione sullo stato attuale del design italiano, una riflessione sul percorso dei nostri designer e dei nostri industriali, ha scelto di presentarsi all’interno di AMI per inaugurare il suo itinerario fieristico che si articolerà nell’arco del triennio 2001/2003 e che è appunto partito dalla Fiera zurighese. Per AMI 2002, la parte creativa sarà affidata al giovane designer Alessandro Broggi, che ha debuttato nel mondo del design italiano con l’importante e prestigioso incarico, nel ruolo di assistente alla progettazione, del Nuovo Riconoscimento Internazionale per il Design Italiano I.DoT, la cui prima tappa itinerante è partita proprio dalla piazza fieristica di Zurigo. Alessandro Broggi progetterà un’area tematica in sintonia con il tempo che stiamo vivendo e con le esigenze attuali del committente; spazio di grande respiro dove l’intento è quello di far fungere il progetto anche come un valido strumento di riflessione. Sin dal proprio esordio la mostra AMI ha quindi voluto garantire un incontro fertile e proficuo tra commercio e cultura; l’importante è la promozione del prodotto made in Italy nel territorio elvetico, sia che essa abbia una matrice prettamente concettuale


Immagini dalla precedente edizione, dall’alto e da sinistra: ingresso della manifestazione; scorcio di una delle mostre culturali realizzate per l’evento; tre interni di stand partecipanti.

Studio Olima Associati Via Lambertenghi 41 22100 Como ami@studioolimaassociati.com tel (0039) 031.243392 fax (0039) 031.261907 o che aspiri ad un incontro commercialmente concreto. E’ bene ricordare che la Svizzera è un mercato altamente sensibile al progetto e al prodotto d’arredo di casa nostra; l’Italia ha infatti importanti ed interessanti possibilità di espansione verso questo nucleo geografico, che più di altri è ricco e stabile. La Confederazione Elvetica inoltre, in virtù della sua posizione geografica e dell’eterogeneità linguistica e culturale, ha l’importante ruolo di ponte e di contatto tra nord e sud Europa, in modo estremamente significativo per la Francia e la Germania. Molti sono infatti gli operatori tedeschi e francesi che fanno visita alla MesseZürich. La Svizzera presenta un quadro economico-sociale interessante; con una popolazione di 7 milioni di abitanti e con un reddito pro-capite di 44.350 US$, essa si colloca nello scenario mondiale come uno dei mercati più appetibili in senso assoluto. È importante sottolineare che la spesa annua da parte degli svizzeri per quanto concerne il settore arredamento italiano ammonta a circa 700 miliardi di lire all’anno. Ottime le prospettiva di crescita del mercato svizzero; le opinioni e le tendenze di categoria sollecitano le industrie italiane ad investire in questa nazione, riconosciuta a livello internazionale poiché equilibrio di affidabilità, competenza e stabilità economica.

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Le tecniche dei maestri del marmo “OMBRE DEL TEMPO” Un quadrante solare di marmo realizzato con centri di lavoro a controllo numerico di Giorgio Blanco "Ombre del tempo" è il titolo di un grande orologio solare-calendario astronomico a quadro orizzontale di marmo realizzato con centri di lavoro a controllo numerico in occasione della mostra VERONAFIERE-36° Marmomacchine, edizione 27/30 settembre 2001 (figure 1,2). Un esemplare di "Ombre del Tempo" è stato donato alla Fiera di Verona ed è stato collocato al suo interno, in un giardino, presso l'ingresso principale.

Descrizione dell'opera "Ombre del tempo" è costituito da un quadrante piano circolare, del diametro di 128 cm, di Bianco Miele e da un supporto di Rosso di Verona. L'altezza totale, escluso lo gnomone, è di 90 cm. Il quadrante, nella porzione settentrionale, presenta una concavità del perimetro, in modo da configurarsi come un astro in fase di eclissi. Infatti, parallelamente alla

conica diurna settentrionale estrema (Tropico del Capricorno) è stato tracciato il limite della porzione asportata dal disco del quadrante. Questo "morso" dinamicizza il quadrante sublimando simbolicamente il percorso dell'ombra dello stilo nel giorno più lungo dell'anno. Il dinamismo dell'opera è ribadito dalla forma del supporto ad "ala di aeroplano" rastremata verso l'alto e con il bordo obliquo tagliente volto 1

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Nella pagina a fronte: Orologio solare-calendario astronomico “Ombre del Tempo” (foto Studio Giallo, Zogno). In questa pagina, dall’alto: particolare delle incisioni del quadrante dell’Orologio solare-calendario astronomico “Ombre del Tempo” (foto Studio Giallo, Zogno); struttura metallica di sostegno e regolazione (elaborazione CAD, Fabrizio Duglio).

verso Nord. Il collegamento tra basamento e quadrante orizzontale è costituito da piastre metalliche ed è stato concepito in modo da poter tarare, con movimenti micrometrici, il quadrante medesimo. Per questo la piastra di appoggio è munita di registri di regolazione in modo da permettere un esatto posizionamento (figure 3,4). Sul quadrante sono incise le linee di ombra necessarie all’indicazione delle ore (convergenti in un punto alla base dello stilo). E' anche inciso il sistema delle coniche diurne, ovvero il sistema dei tracciati che nei diversi giorni dell’anno percorre l’ombra dello stilo: dalla posizione più verticale dell’orbita solare, corrispondente al Tropico del Cancro (21 Giugno), a quella più inclinata corrispondente al Tropico del Capricorno (21 Dicembre). Tra questi percorsi conici estremi dei Solstizi ne è compreso solamente uno ad andamento rettilineo in corrispondenza degli Equinozi (21 marzo e 23 settembre) e per questo é definito "Equinoziale". Le coniche diurne teoricamente definiscono il percorso dell’ombra dello stilo in ciascun giorno dell’anno. In pratica sono state tracciate quelle principali, ovvero quelle che segnano i passaggi fondamentali delle fasi zodiacali e, quindi, delle stagioni. Infine sono stati indicati i nomi dei venti principali con direzione radiale dalla base dello stilo. L'orologio solare-calendario astronomico è stato impostato e costruito sulla latitudine di 45°, 5 Nord; pertanto, il suo impiego è limitato al parallelo di appartenenza. Va considerato che l'arrotondamento ad 1° non comporta, in quadranti di queste dimensioni, variazioni di rilievo. rilevanti.

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Centri lavoro a controllo numerico Il centro di lavoro a controllo numerico funziona sulla base di determinate istruzioni. Queste istruzioni sono gestite con un software

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In questa pagina, dall’alto: struttura metallica di sostegno e regolazione; File DXF caricato in Wintools 3.6, pronto per la definizione dei percorsi (elaborazione CAD, Fabrizio Duglio). Nella pagina a fronte, nella colonna di sinistra: lavorazione del quadrante solare di marmo “Bianco Miele” eseguita con centro di lavoro a controllo numerico MAXIMA a 5 assi della C.M.S. (foto Studio di Architettura Giorgio Blanco). Nella colonna di destra: lavorazione del basamento di marmo “Rosso Verona” eseguita con centro di lavoro a controllo numerico SPEED 3 a 3 assi della C.M.S. (foto Giorgio Blanco e Studio Giallo, Zogno). 4

da un "controllore elettronico”, cioè da un sistema che agisce tramite informazioni matematiche che consentono che ogni azione della macchina sia il risultato di una traduzione e gestione di valori numerici. Tradotti i dati geometricimatematici nei valori numerici della macchina, lo strumento che fornisce il moto alla fresa è nominato "elettromandrino", cioè un motore elettrico a rotazione, collegato a "cervelli informativi", i quali, attraverso algoritmi, gestiscono la posizione degli utensili, la loro velocità e verso di lavorazione. Gli organi di trasmissione meccanica sono provvisti di dispositivi che interrelano il regime di rotazione del motore con quello del movimento dei carrelli sui quali esso è montato. La precisione di lavorazione dipende strettamente dal rapporto

utensile-pezzo. Il centro di lavoro a controllo numerico, acquisiti dati CAM, è in grado di riprodurre esattamente l'oggetto così come immaginato ed impostato preventivamente; ovvero in seguito all'azione combinata fra geometria del modello prodotta dai modellatori solidi, parametrici e variazionali, e la definizione superficiale della pietra eseguita dal centro di lavoro a controllo numerico. Progettazione CAD e CAM del quadrante solare “Ombre del Tempo” La realizzazione del quadrante solare "Ombre del Tempo" è stata realizzata in tre distinte fasi. La prima fase è consistita nell'elaborazione di un modello geometrico, fondato sulle 5

regole della gnomonica, utilizzando un software di disegno automatico (CAD); elaborazione finalizzata alla realizzazione di quadranti solari. Tale modello geometrico consente di impostare il piano grafico, composto dalle linee d'ombra e dalle coniche diurne, variandolo a seconda della latitudine prescelta per la localizzazione dell'opera. Il procedimento CAD è stato eseguito con Autocad 2000, la seguente elaborazione CAM con Wintools 3,6 della CMS (figura 5). La seconda fase , quella destinata alla elaborazione CAM, si è occupata della selezione degli utensili e della definizione (ottimizzata) dei percorsi che tali utensili devono compiere affinché i diversi componenti dell'opera progettata siano prodotti con il massimo risparmio di tempo e di energia. L'elaborazione CAM è consistita nella generazione di un algoritmo di codici ISO destinato a fornire al centro di lavoro a controllo numerico le informazioni necessarie. Produzione del quadrante solare "Ombre del Tempo" La terza fase, destinata alla produzione, è stata eseguita con centro di lavoro a controllo numerico MAXIMA a cinque assi della C.M.S. a cinque assi per il quadrante solare (figure 6, 7, 8) e con centro di lavoro a controllo numerico SPEED 3 a tre assi della C.M.S. per il supporto (figure 9, 10). Il primo tempo della lavorazione è stato destinato alla sgrossatura del materiale, mediante frese di vario tipo e dimensione, per il raggiungimento della forma più approssimata a quella finale. Per quanto riguarda il quadrante, sono state prima eseguite le incisioni del piano grafico e successivamente è stata

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realizzata la sagomatura del perimetro curvo ed, infine, quella del bordo. Per quanto riguarda il basamento, un secondo tempo è consistito in lavorazioni di precisione che ha condotto i due componenti simmetrici a conseguire la forma geometricamente esatta cosÏ come previsto dal progetto. Un terzo tempo è consistito nella rifinitura delle superfici in vista e di contatto, anche con interventi manuali. Infine sono stati assemblati i diversi componenti, basamento, quadrante, sistema di collegamento di acciaio e stilo.

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CREDITI Progetto dell'orologio solare calendario astronomico Giorgio Blanco - Architetto

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Elaborazioni CAD Fabrizio Duglio Elaborazioni CAM e lavorazioni a controllo numerico Oliviero Ghisalberti - CMS

Coordinamento generale e direzione tecnica Gian Paolo Margeriti - CMS

Elaborazioni multimediali Roberto Fustinoni - Studio Giallo

Ideazione dell'iniziativa Vartelio Migliorini - CMS

Realizzazione web e computer-grafica Lorenzo Blanco

Assistenza tecnica ed editoriale Felice Ragazzo Studio

Realizzazione CMS Spa

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a cura di Isabella Taddeo

I gioielli di Angela Caputi

Galleria d’Arte “Eclipse”

Angela Caputi fonda l’azienda “Giuggiù” nel 1975 a Firenze dove in un negozio-laboratorio in Borgo S. Jacopo, a pochi passi dal suggestivo Ponte Vecchio, studia, elabora, sperimenta e crea gioielli e accessori utilizzando particolari tecniche di lavorazione di materiali plastici stabi-lendo un interessante connubio tra industria (che fornisce gli elementi base) e abilità artigianale (perchè ogni gioiello è rigorosamente fatto a mano). In breve tempo il nome di Angela Caputi diventa un punto di riferimento importante per i designer di gioielli italiani e stranieri e attualmente la maggior parte dei suoi manufatti viene esportata negli Stati Uniti, in Giappone, Australia, Ca-nada, Sud America e naturalmente in tutta Europa; ha collaborato con diversi stilisti; è presente con un proprio stand alle manifestazioni fieristiche più importanti. Nel 1984 apre un negozio a Milano, nel cuore di Brera. I suoi gioielli sono realizzati con particolari resine sintetiche: Angela ne studia i colori, le forme, le texture, gli accostamenti con altri materiali in una sperimentazione continua che a tutt’oggi caratterizza il suo lavoro. I gioielli acquistano quel calore e quel fascino che solo una grande sapienza artigiana può trasmettere: abilità artigiana supportata da una grande sensibilità e continua ricerca estetica, linfa vitale per arrivare ad un manufatto che spesso si può definire “significan-

La Galleria d’arte “Eclipse” -art’icoli in mostra- di Riccardo Brocchetti nasce dall’approfondimento di alcuni concetti fondamentali: il viaggio dell’uomo all’interno della propria anima, delle proprie origini e del proprio tempo; il costante impegno nell’affondare le mani nella materia come fonte di nutrimento, comunicazione e realizzazione personale; la ricerca di spiritualità e l’esternazione della propria essenza. Manualità, scoperta, arte, storia, armonia, passione e poesia: il risultato dell’incessante sforzo di voler comunicare al mondo l’emozione e il gusto del bello. “Eclipse” si pone anche come magazzino di raccolta e diffusione delle impronte indelebili dell’uomo; centro di divulgazione delle invenzioni della forma; dipinti, sculture, oggetti-stica e curiosità... Le opere e le collezioni di “Eclipse” traggono origine dalle energie e dalla vitalità di quanti si dedicano alla cultura del fare. Artisti e artisti-artigiani che garantiscono l’originalità e l’unicità dei loro manufatti. In quest’ottica si è inaugurata il 13 dicembre scorso la mostra personale di Guido Omezzolli, un artista poco più che quarantenne, nato a Riva del Garda, diplomato in restauro e scenografia all’Accademia di Firenze. A Trento Omezzolli si è fatto le ossa come restauratore, nel campo della ceramica e soprattutto degli affreschi, operando nelle valli del Trentino.

te”, in quanto ricco di creatività e frutto di ricerca e sperimentazione. Borgo S. Jacopo, 82r 50125 Firenze Tel. 055/212972 via Madonnina, 11 20121 Milano (Brera) Tel. 02/86461080 via Spinetti, 13/15 55042 Forte dei Marmi Tel.0584/80705

Nelle illustrazioni: alcune significative creazioni di Angela Caputo.

Sotto: interno della Galleria. A destra: opera di Guido Omezzolli: immagine della locandina-invito della mostra.

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Articoli in mostra La suggestione dell’arte popolare, le decorazioni popolari dei “capitelli” coi loro affreschi murali, le pietre lavorate, le antiche cornici lignee, sono state per l’artista un serbatoio, un repertorio di suggestioni, di memorie, di tecniche diverse. Una decina di anni fa ha scoperto la ceramica raku ed è stata per lui una sorta di folgorazione. Con gli anni vi si è dedicato sempre più intensamente, diventandone un maestro, insegnandola nei corsi delle Arti visuali di Arco e in “stages” a Casartisti. Per la Biennale di Tenno Guido Omezzolli ha creato tre opere in raku, diverse ma di intenso fascino, significative sia sul versante ecologico che nei riguardi della storia e della tradizione popolare. piazza Duomo, 15 25015 Desenzano del Garda (BS) Tel. e fax 030/9141695

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Marienza Morandini Design “Marienza Morandini Design” è una Galleria d’Arte nata alla fine del 2000, situata in un cortile interno non lontano dal centro città di Varese, che si propone, nel tempo, di raccogliere e presentare le opere di Marcello Morandini progettate per ditte italiane e straniere e nuove collezioni proprie. Parlare di Morandini in un breve articolo è davvero impresa impossibile data l’importanza di questo grande personaggio conosciuto in tutto il mondo come figura di rilievo nel panorama dell’architettura, arte e design. Mi limito a dire che nell’attività di designer dimostra una straordinaria versatilità: la vasta gamma di oggetti da lui disegnati comprende tappeti, ceramiche, porte, tavoli, sedie, librerie, stoffe, piastrelle ... e le ditte con le quali ha collaborato sono tra le più rinomate nei rispettivi settori: Rosenthal, Unac, Sawaya e Moroni, Furstenberg, Kowa e altre. In questo spazio, concepito dallo stesso artista, si possono trovare i tappeti in lana annodati a mano di Melchnau; le porcellane di Rosenthal e quelle di Unac Tokyo, le librerie modulari, i paraventi Silent Gliss oltre che ammirare alcune delle sue sculture. Anche nel design Morandini segue il suo inconfondibile stile, uno stile che lascio definire a lui stesso, riportando un breve passo

tratto dall’intestazione di un suo libro: “Se dovessi definire il mio lavoro potrei dire che cerco, attraverso la forma, un senso reale e tangibile di ciò che è emozione. Questo processo avviene attraverso un iter mentale ed operativo legato alla continuità storica razionalista, strutturalista e costruttivista, che trova nella scienza della geometria e nelle forme pure e primarie lo sviluppo non solo di un linguaggio, ma anche la chiave di un metodo e una ricerca. Per la progettazione e realizzazione pratica delle opere mi sono sempre attenuto, con rigore, alla significazione estrema e alla economicità di mezzi espressivi, negli elementi figurativi che sono, nel mio caso, forme volutamente geometriche e stereometriche, tali da conferire all’opera, nella sua complessità, un carattere peculiare, nella copertura della superficie propria dei materiali usati, con un colore uniforme bianco o nero, per renderli esteriormente asettici e valutabili immediatamente e soltanto come una nuova entità, rinunciando ad ogni ulteriore diversa colorazione, troppo condizionabili da altri fattori”. via Veratti, 24 21100 Varese Tel.0332.235882

Da sinistra e dall’alto: scultura, 1991, Museo Konkrete Kunst (Ingolstadt); “De Sede”, 1992, divano-poltrona in pelle; piatti della serie “Basic” prodotti dalla ditta Furstenberg.

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Atelier • Gallerie • Laboratori • Negozi segnalati dalla nostra redazione

Altai via Pinamonte, 6 20121 Milano Tel. 02/29062472

Eclectica c.so Garibaldi, 3 20121 Milano Tel. 02/876194

Galleria Pallata via Santelio, 59/a 25066 Lumezzane Pieve (BS) Tel. 030/6852468

Museo Nuova Era via Vallisa 11/12 70122 Bari Tel. 080/5054494

Art & Craft s.n.c. via Trieste 10/12 24057 Martinengo (BG) Tel./fax 0363/987265

Eclipse Piazza Duomo 15 25015 Desenzano del Garda (Bs) Tel. e fax 030/9141695

Galleria Peccolo p.za della Repubblica, 12 57123 Livorno Tel. 0586/888509

Nibe via Camillo Hajech, 10 20129 Milano Tel. 02/740676

Artè via Meda, 25 20136 Milano Tel. 02/89401059

Fallani Best via San Niccolò, 79/r 50125 Firenze Tel. e fax 055/241861

Galleria Silva via Borgospesso, 12 20121 Milano Tel. 02/784050

Opos Via Ermenegildo Cantoni, 3 20156 Milano Tel. 02/33404307

Artecotta via Bramante, 22 20144 Milano Tel. 02/34536050

Fuoriclasse via S. Carpoforo 4 20121 Milano Tel. 02/86995592

Galleria Magenta 52 c.so Magenta, 52 20123 Milano Tel. 02/4816963

Penelopi 3 via Palermo, 1 20121 Milano Tel. 02/72000652

Arter via Fiori Chiari, 9 20121 Milano Tel. 02/72004010

Galleria Sargadelos via Volta, 20 20121 Milano Tel. 02/6575899

Giacomo Manoukian Noseda p.zza S. Simpliciano, 2 20121 Milano Tel. 02/8051637

Pit 21- Artearredo & Design via S. Marta, 21 20123 Milano Tel. 02/89013169

Asap Corso Garibaldi 104 20121 Milano Tel. 02/6598157

Galleria dello Scudo via Scudo di Francia, 2 37121 Verona Tel. 045/590144

Giuggiù Borgo S. Jacopo 82r 50125 Firenze Tel. 055/212972

Regina Gambatesa via Roberto da Bari, 102 70122 Bari Tel./fax 0805215174

Atelier Produzioni d’arte Corso Garibaldi, 28 20121 Milano Tel. 02-86464389

Galleria Rossella Junck San Marco 2360 30124 Venezia Tel. 041/5207747

Jairo via Crema, 17 20135 Milano Tel. 0348/3931531

Scultura & Design via Hoepli, 6 20121 Milano Tel. 02/801384

Galleria Colombari via Solferino, 37 20121 Milano Tel. 02/29002533

L’Albero del Melograno p.le Baracca, 10 20123Milano Tel. 02/437215

Spatia via Barbavara, 4 20144 Milano Tel. 02/89420191

Galleria Internos via Cappuccio, 21/a 20123 Milano Tel. 02/8900632

La Porta Rossa - Desart Viale Sarca, 51 20125 Milano Tel. e fax 02/66103191

Spaziodigennaro via Boltraffio, 12 20159 Milano Tel. 02/58304749

Aus18 via Ariberto 19 20123 Milano

Galleria Luisa Delle Piane via Giusti, 24 20154 Milano Tel. 02/3319680

La Sciara del Fuoco p.zza S. Nazaro in Brolo, 3 20122 Milano Tel./fax 02/58322324

Spazio S. Carpoforo via S. Carpoforo, 6 20121 Milano Tel. 76008766

Show-room: via Ausonio, 18 20123 Milano Tel. 02 8375436

Galleria Marina Barovier San Marco Salizada San Samuele, 3216 30124 Venezia Tel. 041/5226102

Louise Lanzi via S. Maria Fulcorina 20 20123 Milano Tel. 02/8692130

Starter onlus via Maroncelli, 15/2 20154 Milano Tel./fax 02/6570081

Marienza Morandini Design via Veratti, 24 21100 Varese Tel. 0332/235882

Talento l.go S. Eufemia, 40 41100 Modena Tel. 059/226547

S. Marco 2671 (campo S. Maurizio) 30124 Venezia Tel. 041/5207859

Materia Prima Arts & Crafts Piscina S. Samuele, 3436 30100 Venezia Tel. 041/5233282

Terre Rare via Carbonesi, 6 40123 Bologna Tel. 055/221013

D’Arte via Riello 1ter 35122 Padova Tel. 049/650246

Galleria Ikonos via G. Amendola, 23 87041 Acri (CS) Tel. 0984/941406

Microbrera via Brera, 23 20121 Milano Tel. 02/86461751

360° via Tortona, 12 20144 Milano Tel. 02/8356706

“2link” largo La Foppa, 6 20121 Milano Tel. 02 62690325

Galleria Martano via Principe Amedeo, 29 10123 Torino Tel. 011/8177987

Microdesign via Tadino, 6 20124 Milano Tel.02 2940884

Xenia via Falcone, 2 20123 Milano Tel. 02/8051012

Atelier degli artisti via delle Battaglie, 36/b 25122 Brescia Tel. 030/3753027 Atribu c.so Garibaldi 3 20121 Milano Tel. 02/867127

Cambiofaccia via Giannone, 4 20154 Milano Tel. 02/3451780 Comunicarte Via Cadorna, 58,int.24 17047 Vado Ligure (SV) Tel. 347.4354044

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Galleria d’Arte & Divetro via S. Tommaso 72 24121 Bergamo Tel. 035/243300


Ad Arte

“Collettiva AD ARTE 2001” una mostra a chiusura del primo anno di attività che apre interessanti prospettive per il futuro

Il valore della molteplicità

raccontato attraverso la diversità di espressioni, di tecniche impiegate e di materiali scelti per i lavori. AD ARTE, a chiusura del primo anno di attività associativa, ha messo in mostra i lavori degli artistiartigiani che si sono avvicinati all’attività dell’Osservatorio.In questa occasione si è deciso di non assegnare un tema o effettuare una selezione dei lavori, lasciando alla libertà degli artisti la scelta del pezzo da presentare in modo tale da costituire un catalogo reale dei lavori degli associati. L’esito della mostra è stato quindi un osservatorio “in diretta” delle idee e delle energie manuali e creative che le piccole realtà di artigianato stanno mettendo in circolo. Oltre una trentina le opere esposte realizzate con materiali di ogni tipo, dalle stoffe al vetro, dalla carta al ferro, dalla pietra al legno. Vera protagonista rimane comunque la terra; argilla, bianca o rossa, lavorata in tanti modi diversi: cottura a gran fuoco, tecnica Naked, tecnica raku, smaltatura, ingobbiatura. Raku espresso nelle opere di: “Il laboratorio di Andrea e Simona” con un contenitore di ispirazione rurale, “Elena Donadini” con una lastra con movimento a spirale, “Oronzo Mazzotta” con un gonfalone da muro, “Giusy Perelli Flaùto” con un piatto, “Eveline Zieringer” che gioca a costruire arazzi con formelle dalla simbologia astrale, “Francesco Faravelli” dove il raku si intreccia al ferro, “Stefania Ponzo” con un piatto dalle figure archetipali. Tecnica Naked utilizzata invece da “Luca Tripaldi” nel suo barattolo e da “Luca De Matteis” nel suo vaso. Argilla e smalti cotti a gran fuoco per le suggestive figure di sapore teatrale realizzate da “Enrica Campi” e “Massimo Voghera”. Argilla di Impruneta e smalti vietresi nel vaso di “Vincenzo Dino Patroni”, argilla ingobbiata nel vaso “sirena” di

“Anna e Paola Marinuzzi”. Grès nella scherzosa figura di “Abdon Zani” e ancora grès, usato nella sua massima espressività, nel lavoro di “Gabriella Sacchi” e “Antonietta Lot” del “Laboratorio Nibe”. Interessanti le ricerche sul gioiello di “Antonio Picardi” che combina argento, madreperla e conchiglie e di “Antonella Tandi” che con l’argento realizza animali scherzosi per abbellire il corpo. La luce è protagonista con lampade realizzate nei materiali più diversi: carta, quella delle bustine del tè, tessuta a formare un paralume nella lampada di “Christine Deforges”; metallo, nella lampada scultorea di “Riccardo Brocchetti”; legno e luce colorata nella scultura di “Stefano Stacchini”; pietra, vetro e ferro nel curioso insetto dalle ali luminose di “Lab. 1613”. Il vetro rilegato da “Elena Casadei” crea un quadro dai riflessi colorati sulla parete; vetro fuso per il piatto di “Silvia Brocchetti”. Pietra e metallo nel totem di “Biagio Licata” realizzato da “Expocom”; mosaico per il raffinato lavoro di “Dula Sironi”; legno di cirmolo con elementi sonori nell’opera di “Maria Luisa Grimani”; batik su lino per l’arazzo con legami forti alla terra africana di “Carlo Meroni”; bronzo per l’opera di “Fabio Peloso” con chiari riferimenti all’origine della

Valle Camonica. L’appendiabiti diventa scultura che si adatta allo stato d’animo delle persone nella opera di “Eva Philippi” e la pittura diventa materica nel lavoro di “Giuseppe D’Addario”. A completare la rassegna di materiali e tecniche, il tema del riciclo è stato affrontato da “Franca Formenti” con un arazzo che raccoglie diversi materiali e da “Valeria Vivani” con un corpetto realizzato con il vetro verde ricavato dalle bottiglie. Questi i protagonisti della rassegna del 2001. Sono naturalmente da ricordare gli altri associati di AD ARTE: i “Corrispondenti”, i giornalisti e i critici, gli artisti, gli artigiani, i designer, gli architetti che ci hanno sostenuto e speriamo vogliano continuare a seguire l’attività di AD ARTE anche per il 2002. Attività che si preannuncia fin d’ora ricca e intensa e che sfocerà nella organizzazione di un’iniziativa con il coinvolgimento diretto di tutti gli associati a chiusura d’anno, per creare un nuovo punto di partenza ancora più ricco e solido. Ad Arte Primo Osservazione Nazionale sulle Arti Applicate Via Matteo da Campione, 8 20052 Monza (MI) tel.039/2312002 fax 039/2312628 e-mail: adarte@quaser.it

Sopra: invito “Collettiva Ad Arte 2001”. A lato: spazio espositivo presso la Galleria Fatto ad Arte di Monza.

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LA NUOVA TERRITORIALITÀ “Opus incertum”

L’Italia frantumata in tanti territori, luoghi omogenei di attività legate alla cultura materiale.

È sempre più chiara la frantumazione per ragioni etniche, culturali, economiche, filosofiche...; siamo tanti e sempre più diversi, e la diversità non è più privilegio, non è più emarginazione, ma è diritto. Diritto a sviluppare ed esaltare le proprie convinzioni e le proprie appartenenze senza prevaricazioni.

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Ceramica di DERUTA MERCHANDISING MUSEALE Il “nostro” amato direttore Ugo La Pietra ha più volte, ed in più luoghi e tempi, enumerato i vari tipi di ap-proccio per “fare” il buon merchandising museale. Un primo scalino di questa scala di valori è la perfetta riproduzione, filologicamente garantita, dell’esemplare museale. In tale logica ricade -di fattol’iniziativa espositiva del Museo Regionale della Ceramica di Deruta: “Dulce est amare, ceramiche tradizionali di De-ruta a soggetto amoroso”, a cura di Giulio Busti e Franco Cocchi (catalogo “Futura”, Perugia, disegni di Clarissa Sirci). GiulioBusti -conservatore/contadino del Museo, come ama definirsi- con questa collezione museale ha coinvolto nella “perfetta replica” ben 47 laboratori di Deruta; egli tenta di far riemergere alcuni nuclei sapienziali perduti, di riandare all’originale che sta nel Museo, e ciò nell’epoca delle comunicazioni veloci di Internet che, come è noto, è caraterizzato dal flusso continuo senza origine e senza verifiche. Tenta cioè –il sullodato Giulio Busti (tutto lustri)- di evitare che il museo diventi il luogo della pura conservazione, uno “spazio ornativo” al DOC, come ben dice Gian Carlo Bojani, da poco al comando dei Musei di Pesaro. La prospettiva di Busti è, allora, il MIO (Museo Industriale Oggi), ed in

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La ricerca della differenza ci porta a leggere un’Italia frantumata in tanti territori, luoghi omogenei di attività legate alla cultura materiale. Vengono qui presentate le aree che, in questi ultimi anni, hanno dimostrato una volontà di affermazione della propria identità e, contemporaneamente, il bisogno di rinnovamento.

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tal senso siamo molto compagni. Che dire dei risultati? Che dire del metodo “bustiano”? Busti è semplicemente eroico, possente, titanico. Da quando è andato in pensione come docente di laboratorio del locale ISA, dedica tutte le sue energie ad una didattica allargata a tutto il territorio derutese delle ceramiche odierne (ma non per questo necessariamente attuali). A questi “ceramisti veloci” -che di routine fanno tutto un’altra cosa egli vuol far gustare antichi sapori, forme e colori di cui il Museo è garante e depositario. Busti pare una sorta di integerrimo medico condotto della Deruta/ maioliche: propone ai ceramisti una Disegno di Clarissa Sirci per il piatto “Dulce est amare”, XVI sec. (Victoria & Albert Museum, Londra), immagine della manifestazione.

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medicina alternativa, prospetta caparbiamente ai nativi una medicina antica fatta di erbe raccolte in loco, nei boschi e nelle campagne maiolicate, non ricorrendo ai moderni antibiotici; propone di pestare negli antichi vasi della farmacopea quei saperi (e sapori) perduti, saperi antichi trasformatisi in altro, col tempo, col “progresso”, colle comunicazioni, colla chimica, già nell’Ottocento. Busti propone un consapevole, affascinante salto all’indietro nel rapporto tecnologia/corpo, propone la lentezza come valore, un rapporto col tempo e collo spazio perduto, quello della riflessione storica. Ma come fare? Anche il vasaio superstite di Deruta si è abituato a prendere la veloce antireumina! Dicevamo dei risultati. Tranne in quattro, cinque casi, che comunque costituiscono il dieci per cento del totale (lavabo eseguito da “Maioliche Raffaello”; Coppa amatoria di GERIBI; piatto di Oxford riletto da Mario Sambuco; piatto del batti-cuore di Monatti Maioliche, ecc...), non sono memorabili, solo onesti. Quella semenza “d’epoca” a me pare perduta. Ma Busti cerca il miracolo, per questo dico che è eroico! Amico Busti, rassegnati: la tradizione di Deruta è il presente, quella che è passata di mano in mano, da pennello a pennello, da tornio a tornio, e se è brutta vuol dire che è una brutta tradizione. Che vuoi fare: “l’Accademia della Crusca maiolicata?”. Non c’è più grano (duro) da battere,


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e tu lo sai, conservatore-contadino qual sei, amico mio! A conclusione di questa nota direi che Busti mi fa ricordare una “battuta” del “mio” vicepreside dell’ISA “Palizzi” di Napoli, negli anni ottanta, il prof. Salomone -pace alla anima sua- un antico socialista ormai disincantato. Io -docente non ancora in/decentegli dicevo, riferendomi alla condizione didattica della nostra scuola: “Ma qui è tutta ‘na fetenzia!”, e quello mi rispondeva irridente: “Ma che vu d’‘a scola (dalla Scuola ndt)? Vulisse sentì ‘e cantà ‘a Callas!” E Deruta non ha nemmeno il San Carlo, almeno per il momento!

Eduardo Alamaro

VETRO DI MURANO COLLEZIONE   OLNICK SPANU Si é tenuta tra settembre e dicembre 2001 allo Spazio Oberdan promossa dalla Provincia di Milano, settore Cultura, la mostra di 300 vetri della collezione di Olnick Spanu: excursus della grande tradizione dell’arte vetraria del Novecento. E’ in questo secolo, infatti, che l’arte vetraria muranese assume una posizione di rilievo nel panorama internazionale, grazie alle manifatture degli artisti Barovier, Barovier & Toso, M.V.M Cappelin, Aureliano Toso, Seguso Vetri d’Arte e Venini che seppero fondere la tradizione dei maestri vetrai muranesi con lo stile e il gusto contemporaneo di artisti, architetti e designer (come Gae Aulenti, Alfredo Bardini, Ercole Barovier, Tomaso Buzzi, Fulvio Bianconi, Dino Martens, Flavio Poli, Gio Ponti, Carlo Scarpa, Archimede Seguso, Ettore Sottsass, Massimo Vignelli, Tapio Wirkkala, Vittorio Zecchin), creando opere innovatrici nella tecnica e nel design e originali nell’uso dei materiali. La passione dei newyorkesi Nancy Olnick e Giorgio Spanu (collezionisti nella loro casa-galleria d’arte moderna e contemporanea) per il vetro ita-liano nasce quasi per caso, acquistando, in occasione di un’asta della Sotheby’s, una clessidra di Venini del 1955 (che sarà presente in mostra ) affascinati dai suoi colori verde sme-raldo e blu cobalto. Inizialmente i due collezionisti furono attratti dalle forme e dalle

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vivaci colorazioni delle opere degli anni Cinquanta: le accese policromie dei Pezzati, disegnati da Fulvio Bianconi per Venini, la serie Oriente ispirata all’Africa di Dino Martens per Aureliano Toso e l’eterea eleganza dei Merletti di Archimede Seguso. Ma la passione li spinge verso le produzioni dell’inizio del secolo e così i lavori degli Artisti Barovier, dell’architetto To m as o B u zzi , d e llo s c u lt o r e Napoleone Martinuzzi, del pittore Vittorio Zecchin, entrano a far parte della loro collezione. Vengono particolarmente attratti dall’opera dell’architetto veneziano Carlo Scarpa, del quale i due collezionisti americani apprezzano la semplicità delle loro forme dei suoi Trasparenti e dei Lattimi, le influenze orientali dei Cinesi, le innovazioni tecniche dei corrosi e dei Battuti, la complessità delle Murrine Opache e dei Granulari che Scarpa aveva introdotto a Murano portando, a ca-vallo tra gli anni 1930 e 1940, una ventata di modernità. Così le opere di Carlo Scarpa occu“A murrine”, calice in vetro di Murano, Artisti Barovier per Salviati, 1914 ca.

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pano via via un ruolo centrale nella Collezione Olnick Spanu che oggi può certamente essere considerata una fra le più importanti al mondo. Oltre alle opere già citate, altri prota-gonisti della mostra, curata da Marino Barovier, sono i rari vetri floreali degli inizi del secolo, creati dagli artisti Barovier, gli scultorei vetri Pulegosi di Napoleone Martinuzzi, le raffinate creazioni di Tomaso Buzzi, i singolari vetri nati dalla fertile fantasia di Ercole Barovier, fino alle avanzate sperimentazioni dell’americano Thomas Stearns realizzate negli anni sessanta, rappresentate da pezzi rarissimi come la “Sentinella di Venezia”, di cui si conoscono solo due esemplari, e da pezzi unici come il “Vaso per le lacrime del Doge” e l’inedito “Vaso reliquiario del Doge”. L’interesse dei due collezionisti di New York per il vetro é cresciuto in misura sempre maggiore e si rinnova anche grazie a frequenti visite a Murano, dove hanno modo di incontrare e apprezzare artisti contemporanei come Cristiano Bianchin, Yoichi Ohira, Laura Diaz de Santil-lana e Lino Tagliapietra. La loro collezione si é quindi estesa, oltre al vetro storico del Novecento, anche ad opere contemporanee che costituiscono il punto d’arrivo di questo straordinario excursus sull’arte del vetro di Murano. L’ideazione dell’edizione italiana della mostra si deve a Edizioni Olivares, che da alcuni anni é presente a New York sia come editore sia in alcuni casi come partner per la realizzazione di eventi d’arte e di cultura in collaborazione con i maggiori musei: MoMA, Metropolitan Museum, Guggenheim Museum, Lincoln Center. In occasione della mostra milanese é stato pubblicato un nuovo catalogo ampliato e aggiornato rispetto all’edizione americana ed edito dalle Edizioni Olivares. Il volume raccoglie le immagini a colori di tutte le opere esposte, offrendo in una straordinaria e piacevolissima sequenza i capolavori mu-ranesi fotografati in modo magistrale da Luca Vignelli. La pubblicazione si pone come valido strumento per approfondire la conoscenza delle opere esposte attraverso un esauriente apparato curato dallo storico del vetro veneziano Marino Barovier.

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CREARTe

FIORI D’ARTISTA

L’Associazione culturale “creArte” con sede in Roma, si dedica principalmente ad attività concernenti l’artigianato artistico, ma promuove anche corsi di restauro di “mobile antico” e “vitreaux” (lavorazione del vetro) con il preciso intento di tramandare tecniche artigianali (antiche, nuove e sperimentali) e creare lavoro,

La mostra “Fiori di ferro..., fiori di carta..., fiori d’amore: fiori d’artista”, tenutasi tra novembre e dicembre 2001 presso lo showroom Nicoletta Neri a Milano, ha proposto una raccolta di bozzetti, studi e semplici divertissement del maestro Carlo Mo, eseguiti nel corso di una vita sul tema del fiore. Questo appuntamento è stato un’occasione per ammirare le opere su carta realizzata a mano e le sculture in metallo smaltato con i colori della natura: il giallo dello zafferano, il blu della pervinca, il verde dei prati, il rosso dei papaveri, l’arancio della polpa del mango, il bianco della gardenia, composti nell’armonia che nasce dalla contemplazione incantata del creato, un suggestivo giardino dell’anima.

Vassoio in legno intarsiato.

“Fiore d’artista” di Nicoletta Neri.

seguendo in particolar modo l’iter ideativo e progettuale della formazione individuale.

A.R.I.A. Prima e unica in Europa nel suo genere l'A.R.I.A. -Associazione Realizzatori Italiani di Aerostati- raggruppa costruttori ed appassionati di aerostatica con lo scopo primario di rilanciare una attività ricca di storia, arte e tecnica. La tradizione delle mongolfiere di carta costituisce un'autentica espressione artistica e un ottimo mezzo di comunicazione di massa. Tra le varie attività organizzate da A.R.I.A. figura ogni anno il Concorso Internazionale d’Arte e Decorazione Aerostatica Giuseppe Forlini "Premio Affreschi Volanti". L'8a edizione 2002 prevede la consegna dei "fusi" di carta entro il 13 aprile e premiazione a fine maggio.

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NICOLA SALVATORE “ANTILOGICA”

Progetto “Balena 2001” scultura, N. Salvatore.

Nello scorso mese di novembre presso lo Spazio ex Ticosa di Como, si é inaugurata “Antilogica”, una mostra personale di Nicola Salvatore organizzata dall’associazione culturale Arte e Apotropia in collaborazione con l’Assessorato alla Cultura del Comune di Como. L’idea consueta di “mostra antologica”, in cui viene messo in luce il percorso compiuto dall’artista in un determinato arco di tempo, é stata sabotata dall’artista che ha inteso rifiutare quel concetto di progressione cronologica e lineare su cui essa si fonda. La manifestazione “Antilogica” ha inteso comunque illustrare l’itinerario estetico svolto dall’artista negli ultimi decenni, ma attraverso una prospettiva circolare che si ispira a una sorta di “eterno ritorno”, cioé a un mito proprio di quella civiltà mediterranea su cui si impernia il recente lavoro di Nicola Salvatore. In occasione di questa evento è stato pubblicato un catalogo illustrato con interventi di Massimo Bignardi, Roberto Borghi, Luciano Caramel, Enrico Crispolti e Antonio D’Avossa. Sotto: “Fossile di balena” , 1974, tecnica mista su tavola di Nicola Salvatore, 140x420 cm. (foto Giuseppe Perrone).


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“HUBERT LE GALL” DESIGNER PARIGINO

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CORSI e  CONCORSI IIa EDIZIONE DEL CONCORSO INTERNAZIONALE “CERAMICA DI NOVE”

“Pot de Fleurs”, vaso gigante di fiori in velluto (che si apre e si trasforma in due poltrone), di Hubert Le Gall.

Da settembre a ottobre 2001 la Galleria Magenta ha ospitato una collezione di oggetti di Hubert Le Gall, artista e designer parigino, creatore di mobili e oggetti scultorei, personaggio estremamente insolito ed interessante nel panorama “design”. I suoi lavori incuriosiscono la vista ed innescano il meccanismo della scoperta, il piacere diventa il desiderio di scoprire. Sperimentatore di materie (bronzo, resina, legno, ecc.), ama l’associazione di idee insolite, di contrasti “pieno-vuoto”, “contenutocontenitore”, i suoi oggetti non hanno mai un solo parametro di lettura, vanno scoperti, interpretati, toccati. Oggetti ironici ed affascinanti come “Pot de Fleurs” un vaso di fiori gigante in velluto rosso e verde che si apre e si trasforma in due poltrone; il tavolo “Poppy” una serie di margherite in metallo che accostate tra loro fungono da tavolo e capovolte da portariviste, abbinate al tappeto “Ombre chinée de margherite” sopra cui sono disegnate le ombre, tra irreale e reale, delle margherite.

Il Presidente della Camera di Commercio, Industria, Artigianato e Agricoltura Danilo Longhi, il sindaco di Nove Franco Bordignon, il Conservatore del Museo Civico della Ceramica di Nove Katia Brugnolo, il Presidente dell’Ordine degli Ar-chitetti della provincia di Vicenza Giuseppe Pilla, e l’architetto Diego Morlin, membro del comitato organizzatore del concorso hanno presentato ufficialmente l’iniziativa nel corso di una conferenza stampa presso la Camera di Commercio di Vicenza.“ Dei centri italiani di antica Vivandiera in maiolica, manifattura P. Antonibon, fine sec.XVIII, Museo di Nove.

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che già conta su migliaia di visitatori l’anno. Ma il concorso si propone anche di dare un contributo alla ricerca di nuove proposte formali e decorative nella produzione ceramica”. Il concorso, a cadenza quadriennale, cambia denominazione, e da europeo è diventato internazionale, per sottolineare la volontà di aprirsi maggiormente ad ogni stimolo proveniente da ogni parte del mondo. Verrà assegnato il premio “NOVE terra di ceramica” all’opera che meglio saprà sviluppare il tema di questa edizione: “ un contenitore zoomorfo”(studio, progettazione, realizzazione). Due le categorie di concorrenti: una riservata ad archi-tetti, artisti, ceramisti,designer, inge-gneri, l’altra a studenti degli istituti superiori e universitari. Le iscrizioni si sono chiuse il 31 Dicembre 2001 mentre le opere andranno consegnate entro il 13 Maggio 2002. I premi in palio, per i primi tre classificati di ogni categoria, vanno da dieci ad un milione di lire (pari rispettivamente a 5164,57 e 516,46 euro).

CORSI DI TECNICHE SPERIMENTALI DI ARTE CONTEMPORANEA

“Sole e nuvole”, mensola porta oggetti di vario genere di Hubert Le Gall.

tradizione ceramica -spiega il Sindaco Bordignon- Nove é quello che più di tutti mantiene tuttora ininterrotta una forte attività produttiva nella ceramica artistica, con circa 150 aziende e laboratori, quasi duemila addetti e export in tutto il mondo. Questa iniziativa si inquadra nella volontà di ampliare in Italia e all’estero la conoscenza e l’immagine di Nove e del suo Museo della Ceramica, nel restaurato Palazzo De Fabris,

Presso l“Atelier degli artisti” fino al mese di aprile si svolgono quattro corsi (durata mensile) di tecniche sperimentali per l’arte contemporanea con materiali semplici che, rielaborati e applicati a differenti supporti creano originali oggetti, opere pittoriche e scultoree. La volontà è quella di far maturare un’elasticità mentale e manuale tale da agevolare l’approccio con materiali inusuali nel fare arte. Le materie sono: alluminio catramato, conoscenza e metodi di lavorazione, accostamenti ad altre materie, elaborazioni su supporti in legno (tavole) e cotto (vasi, medaglioni); carte, tecnica del collage con carte nuove, vecchie e antiche, accostamento ad altri materiali (cartastoffa, tessuti, vegetali), elaborazione su supporti piani in poliuretano espanso; mattone, tecnica scultorea eseguita in mattone poroso detto gasbeton, lavorazione e metodi di trattamento del materiale, inserti nella materia; encausto, tecnica pittorica eseguita con l’utilizzo di stucco, pigmenti e cera d’api, metodi di elaborazione con rese finali differenti, elaborazioni su supporti in legno (tavole) e cotto (vasi, medaglioni).

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Fiere e Saloni 28a Mostra MerCato dell’ARtigianato a LARIOFIERE Tra settembre e ottobre si é tenuta la manifestazione più importante del settore in programma nei padiglioni del Polo Fieristico di LarioFiere di Erba. Tecnologia, innovazione e soprattutto l’appuntamento con la nuova moneta unica europea, l’euro, i temi che hanno caratterizzato i lavori e i convegni organizzati nei dieci giorni della manifestazione artigiana. A presentare le novità, tecniche e culturali, legate ai vari argomenti sono stati chiamati ad intervenire i massimi esperti di ciascun settore, mentre sono stati oltre 250 gli espositori, provenienti da tutte le province lombarde, a sottolineare ormai come la Mosta Mercato sia diventata un punto di riferimento non solo territoriale ma quanto meno regionale e di eco nazionale. La Mo-stra Mercato dell’artigianato, da quest’anno, ha di fatto allargato gli orizzonti aprendosi all’Italia: non solamente prodotti lecchesi, coma-schi o lombardi, ma italiani. Econo- il Politecnico di Milano, grazie al cofinanziamento della

mie a confronto pronte a nuovi scambi e aperte a nuove sinergie perché l’artigianato rappresenta uno dei catalizzatori più forti dell’economia per tutto il nostro paese. Primo Premio Nazionale del Prodotto Artigiano Un premio per riconoscere l’azienda artigiana più innovativa di fronte alle nuove sfide dei mercati internazionali. Un premio per stimolare la competitività delle piccole aziende e raccogliere le nuove scommesse commerciali, indetto da Lariofiere, in collaborazione con Confartigianato di Como, di Lecco, della Lombardia

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Regione Lombardia. Un premio eccellenza dedicato alle imprese della categoria, un’importante opportunità per riqualificare la piccola-media impresa di fronte alle nuove sfide che lanciano quotidianamente i mercati.

gli Antichi Mestieri in Prato Nel mese di ottobre si é tenuta a

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museale, ma da quello produttivo considerando che nell’artigiano di oggi il sapere acquisito da generazioni si integra con l’uso di nuovi materiali e nuove tecnologie. L’Associazione Antichi Mestieri ha così realizzato con l’appoggio di Ente Padova Fiere, Comune, Camera di Commercio, C.N.A e U.P.A questa mostra intitolata “ Antichi mestieri in Prato” proprio per ribadire il legame che unisce le “botteghe” con la “piazza” padovana che fin dal 1700 ospitava l’antica Fiera del Santo e all’inizio del 1900 le prime Fiere Campionarie, tutti momenti della tradizione culturale ed economica della città.

Il Natale di Maxima Padova Fiere nell’ambito di “Casa su misura 2000” una mostra con convegno organizzata dall’Associazione Antichi Mestieri di Padova sull’artigianato artistico. Artigianato e città: un binomio indissolubile per molti secoli, fin da quando, nel tardo Medio Evo, la rinascita dei centri urbani fu promossa proprio dalle botteghe degli artigiani con il fiorire di arti e mestieri e con l’importanza socio-economica assunta dalle corporazioni. Purtroppo questi ultimi 50 anni sono stati segnati dalla rottura di questo rapporto, a causa della scomparsa di tante piccole attività produttive e dalla perdita conseguente di un prezioso patrimonio di professionalità e di esperienze. E a scomparire non sono solo le “botteghe”, ma anche una certa qualità della vita. L’Associazione nata proprio per cercare di invertire questa tendenza organizza una serie di interventi intesi a rivalutare l’artigianato artistico e tradizionale non da un punto di vista

La prima edizione autunnale di “Maxima” ha avuto luogo dal 5 all’ 8 ottobre 2001 e ha presentato gioielli, regalistica e oggettistica da casa e d’arredamento per gli acquisti natalizi, confermando così i suoi obiettivi di porsi come punto d’incontro e sostegno per le imprese siciliane, per creare nuove opportunità a livello internazionale. I 200 espositori che hanno preso parte a questa edizione sono stati visitati da circa 3500 operatori, provenienti dal Sud Italia e dall’estero: presenti varie merceologie di prodotto, dalla gioielleria all’argenteria, all’oggettistica di arredamento e all’illuminazione, dall’artigianato artistico alle bomboniere. Interessanti anche gli eventi collaterali, come i corsi di visual merchandising, il piano formativo per apprendisti orafi-argentieri, il bando di concorso Gold Virtuosi. La prossima edizione di Maxima si terrà a Palermo dal 26 al 29 aprile 2002.

Ceramica artistica di Giusy Casati prentata all’ultima edizione di Maxìma (foto Dario Scorsone).


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LABORATORI FUSIONI D’AUTORE Fontane, lampioni a muro e a pavimento, rubinetti, gazebo, tavoli e sedie, fioriere. Ma anche nettascarpe, segnavento, pulsantiere per campanelli, cassette postali, battenti per porte, parascintille per camino, maniglie, appendiabiti, ringhiere per scale, griglie di aerazione, fino agli esclusivi orologi solari. Questa è solo una piccola parte degli oggetti creati dal laboratorio artigiano Morelli di Bologna. Un laboratorio nel quale, attraverso la sapiente arte della fusione, dal 1966 nascono opere spesso uniche, evocative di un tempo passato, preziose e nel contempo funzionali. Ottone, ferro battuto, ghisa, alluminio prendono forma e si modellano diventando splendide “creature” per la casa. Spesso gli stessi clienti richiedono oggetti di sva-riate forme e finiture, che diventano così pezzi esclusivi di pregevole lavorazione manuale. Altre volte sono gli stessi addetti della Morelli che ricercano modelli del passato (fine ’800, primi ’900) visitando musei di arti e mestieri in giro per l’Europa. Alcuni esempi: la fontana in ghisa “Morova” è ispirata a modelli nordeuropei di fine secolo scorso e caratterizzata da raffinate decorazioni a rilievo; le cassette postali riprendono, con qualche modifica funzionale, quelle delle “Regie Poste”; i battenti, le maniglie e gli appendiabiti Joseph Tipper sono nati da modelli originali ritrovati nel 1988 nella fonderia inglese di Rawnsley; le panchine costruite in legno e ghisa riprendono modelli classici di fine ’800. Fontanella “Vienna” del laboratorio Morelli.

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MOSTRE ALBE STEINER IL SEGNO  DELLA RAGIONE Museion, Museo d’arte moderna e contemporanea di Bolzano, in collaborazione con ADB, Accademia di Design Bolzano, propone dal 15 dicembre 2001 al 24 febbraio 2002, una mostra antologica dedicata ad Albe Steiner, una delle figure centrali della storia della grafica europea. Si tratta di una rassegna di opere di un protagonista della comunicazione visiva italiana curata da Anna Steiner, realizzata in collaborazione con la Triennale di Milano. La figura di Albe Steiner si afferma a partire dal secondo dopoguerra a Milano dove, partecipando appieno alla vivacità del dibattito culturale in atto all’epoca, fonda nel 1939 con la moglie Lica, con la quale lavorerà tutta la vita, lo studio LAS (Lica Albe Steiner), iniziando a collaborare con industrie e case editrici italiane. La mostra raccoglie i lavori realizzati da Steiner per l’industria, l’editoria e la stampa presentando anche una parte meno conosciuta ma fondamentale nella sua opera: gli elaborati di ricerca, sia fotografica che pittorica, ricerca che é sempre stata alla base della sua filosofia progettuale. In esposizione sono i lavori legati all’editoria libraria, ramo di cui Steiner é stato importante protagonista curando per oltre trent’anni la grafica e l’impaginazione di libri e collane di famose case editrici quali Feltrinelli e Zanichelli. Celebre è la sua partecipazione alla redazione e alla grafica de “Il Politecnico di Vittorini”. Una parte della mostra, infine, è dedicata ai lavori commissionati dall’industria: prodotti di design, packaging e marchi. Gli schizzi, i bozzetti , i semilavorati, che stanno dietro la realizzazione di un qualsiasi stampato di Steiner, contribuiscono a mostrare la complessità del suo lavoro, delle sue motivazioni e al contempo la ricchezza e la qualità della sua elaborazione intellettuale. L’insegnamento di Steiner si basa sulla consapevolezza del valore della comunicazione visiva e dell’interdipendenza dell’at-tività artistica e dell’attività politico-sociale. Accogliendo la lezione delle Avanguardie storiche -prima fra tutte

Sopra: Lega Italiana per la lotta contro i tumori, primo marchio e manifesto di Albe Steiner. Sotto: 14a Triennale di Milano, stampato per le quattro lingue (francese, italiano, tedesco, inglese) di Albe Steiner.

la Bauhaus- Steiner intende la comunicazione visiva come strettamente legata allo sviluppo della civiltà industriale “una comunicazione al servizio di una civiltà”. Il grafico secondo Steiner ha una responsabilità sociale altissima, perché il suo segno è comunicativo e può influenzare lo sviluppo culturale delle masse. Steiner raggiunge una sintesi autentica tra funzionalità e tecnica, economia e bisogni, arte e cultura.

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IL LIBERTY IN ITALIA Palazzo Zabarella, dal 18/11/01 al 3/3/02, ospita una grande mostra sul Liberty italiano. Curata da Fabio Benzi, su iniziativa del Comune di Padova e della Fondazione Palazzo Zabarella, l’esposizione presenta una selezione di dipinti, sculture, progetti architettonici, arti applicate (mobili, ceramiche, vetri, illustrazioni, manifesti, decorazioni, tessuti ecc.), facendo il punto su questo stile internazionale che introdusse l’Italia Unita nel dibattito estetico europeo modernista. La mostra è dedicata alla memoria di Lucia Stefanelli Torossi, la cui attività di mercante collezioni-sta è stata fondamentale per la valo-rizzazione dell’arte italiana della prima metà del secolo; grazie al suo contributo è stato possibile recupera-re opere straordinarie e nascoste al pubblico, che si vedono in mostra per la prima volta, provenienti da prestigiose collezioni private. Tra queste un’opera eccezionale di Galileo Chini “Il Tifone” del 1911, dipinto tra i più impressionanti del gusto liberty-simbolista europeo, un Pel-lizza da Volpedo già della collezione Sapori, un Segantini che nella sua inquietudine precorre i ritratti di Munch. Dalla collezione Stefanelli Torossi provengono inoltre alcuni Chini straordinari, come “Mesù l’at-trice” dipinto in Siam nel 1913, il “ri-tratto di Gualfarda di Carena” tra i più forti esempi delle tensioni secessioniste in Italia. Inoltre hanno prestato le loro opere più importanti i due maggiori collezionisti italiani di Liberty: Vittorio Sgarbi e Giampiero Mughini. Il primo ha concesso ben sedici straordinarie sculture della sua raccolta (tra cui capolavori di Bistolfi, Andreotti, Zanelli), mentre il secondo ha generosamente mostrato per la prima volta, rarissimi libri illustrati, ferri battuti di Mazzuc-cotelli, porcellane di Ginori, ce-ramiche di Biagini e di Chini tra le più belle del Liberty italiano. Ini-ziando ad esaminare con gli ante-cedenti italiani che contribuirono alla formazione di questo stile negli anni ’80 dell’800, la mostra esplora attraverso i capolavori di quel gusto la profonda e originalissima partecipazione dell’Italia alla formazione ed espressione di un dibattito internazionale che assunse il nome (a se-conda dei paesi) di Art Nouveau, Jugendstil ecc. Il percorso si articola intorno ad alcuni tra i temi

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fondamentali che caratterizzano lo stile Liberty: “ correspondances” naturali e la linea biomorfica; la vita moderna; l’estetismo neogotico e neorinascimentale come ricerca di radici culturali; l’esotismo; la geometria; la decorazione ambientale nelle mostre e negli edifici pubblici; la stampa. L’ultima mostra generale su questo tema si è tenuta esattamente venti anni fa a Lugano, ed ora, dopo una messe notevolissima di studi che si sono prodotti sull’argomento, viene finalmente riproposto ad un vasto pubblico il clima artistico italiano di un periodo (fine ’800/primi ’900) ormai storicizzato e decantato dagli sproporzionati entusiasmi del “revival” di cui é stato oggetto. Anche a Parigi (Grand Palais), a Londra (Victoria and Albert Museum) e a Wa-shington (National Gallery) si sono da poco tenute delle mostre sugli aspetti internazionali del Liberty, ma questa di Padova si propone come la prima rassegna completa sul coté italiano di questo fenomeno estetico e di gusto. La mostra crea un percorso di capolavori, presentando circa 350 opere tra le più significative di artisti quali: Previati, De Nittis, Bugatti, Pellizza da Volpedo, Sarto-rio, Cambellotti, Chini, Nomellini, De Carolis, Carena, Casorati, Balla, Bistolfi, Wildt, Zecchin, Sant’Elia, D’Aronco, Basile ecc. Il catalogo, un vero libro sul Liberty italiano pubblicato da Federico Motta Editore, è composto da numerosi saggi che delineano a tutto tondo questo straordinario e originale momento di fioritura artistica e ideale; in particolare gli autori e i temi dei saggi sono di: Fabio Benzi (introduzione e pittura), Maria Grazia Tolomeo (scultura), Paolo Portoghesi (architettura), Anna Maria Damigella (centri del liberty), Maria Teresa Benedetti (esposizioni pubbliche), Giuliana Gardelli (cera-mica), Maria Paola Maino (mobili), Marino Barovier (vetri), Alberta Campitelli (vetrate), Paola Pallottino (grafica), Claudio Crescentini (gioielli e argenti), Arianna Antonutti Baz-zari (vestiti e tessuti), Anna Mattei Strinati (lette-ratura), Johannes Streicher (musica).

VELE D’ARTISTA Passeggiando per Via Caracciolo, il famoso lungomare di Napoli, mi sono imbattuto -durante l’estate ap-

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pena trascorsa- in festose “vele d’artista” triangolari, opportunamente “bloccate” al parapetto del pubblico passeggio e per questo metaforiche vele senza scafo, senza utilità, inedite banderuole sottoposte a tutti i venti del golfo partenopeo dell’arte, (“affollato” e particolarmente bizzoso, com’è noto). Si trattava di una installazione inaugurata per il “Maggio dei Monumenti” -e poi andata avanti per tutta l’estate- organizzata da “Sole Urbano” -una associazione culturale nata dall’iniziativa di un gruppo di artisti napoletani-, con catalogo a cura di Vitaliano Corbi e Giorgio Segato, (Panda Edizioni, Padova). Sono tutti miei vecchi amici e conoscenti d’arte (da Di Fiore a Waschimps, da Di Giro-lamo a Scateni, da Longobardo a Matarese, da Di Ruggiero a DeTora, tanto per citare qualche nome), tutti operatori “maturi” che hanno la loro bandiera (vela?) nel sempre attivo Renato Barisani, classe 1918. Altrui-sti e docenti qual sono, hanno fatto spazio anche ai giovani e hanno invitato una decina di ex studenti della Accademia di Belle Arti di Napoli, della generazione degli anni settanta. Vicino a queste vele d’arte parte-nopee, si sono affiancate, direi mi-schiate, una decina di imbarcazioni “estere”, artisti selezionati da Gior-gio Segato. L’installazione sul lungomare è stata preceduta da una mostra dei bozzetti (realizzati poi col plotter su PVC, a cura di Scuotto Group al-lestimenti, ogni vela triangolare h.3 mt. ca.), mostra tenutasi nella sala delle Prigioni in Castel dell’Ovo. Una rivista come “Artigianato, tra arte e design” può segnalare questa mostra da una particolare angolazione, quella dell’arte decorativa, dell’arte pubblica, della comunica-zione. Da questo “nostro” punto di vista questa mostra costituisce un utile spaccato della riduzione della cifra dell’arte “chiusa” a segnale esteso, urbano, popolare, partecipativo, “decorativo”. E’ noto che dai tempi del liberty e del decò, son caduti tutti i codici di comportamento estetico (ed etico), son stati cancellati tutti i codici di riferimento che le grandi arti “passavano” naturalmente alle botteghe degli artigiani che avevano il compito di popolarizzare la norma del codice, con tutti gli adattamenti del caso, s’intende. Per questo motivo anche la vela del “piscatore d’o mare’’e Pusilleco” dell’800 rispettava un codice, aveva una sua


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regola condivisa, un suo decoro, tutto ciò che le comunicazioni attuali di massa hanno cancellato. Questa condivisione non c’è più: l’artista è solo con la sua opera, col suo proprio “codice” (e codicillo) nel suo studio e nella “sua” galleria col suo mercato (quando c’è). E quando l’artista va nel sociale, quando trasla il suo segno tormentato e profondo nel pubblico “barbaro”, nella metropoli distratta, quando cioè fa comunicazione, paga la strutturale difficoltà a farsi segnale, segno grafico che non sia orpello. Egli, l’artista odierno, non possiede più la faciltà di segno, di mano tecnologica, propria agli architetti napoletani del Settecento che passavano dalla progettazione edilizia del palazzo alla decorazione nella festa di piazza, arte pubblica per eccellenza. Pertanto queste Vele sono interessanti segnali di come un gruppo di artisti napoletani a cavallo (si fa per dire) di due millenni, prevalentemente pittori, hanno applicato i loro moduli, la loro “griffe” d’arte al tema dato, alla Vela partenopea.Purtroppo qui non c’è lo spazio per analizzare le risposte singolarmente, né di far pagelle. Speriamo solo che il vento favorevole, anche amministrativo, possa portarle lontano, queste vele, almeno fino alle prossime stazioni della me-tropolitana napoletana. Auguri! Eduardo Alamaro

“La mosca” particolare della decorazione della vela di Gerardo Di Fiore, una delle più riuscite della installazione su Via Caracciolo a Napoli.

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GIOIELLI E MATERIE

mobili di Paolo Buffa

Nel mese di dicembre, presso la Galleria Spaziotemporaneo a Milano, é stata proposta una mostra, a cura di Anty Pansera. La realizzazione di “Essere Gioielli” ha dato continuità logica ad un percorso espositivo iniziato nel maggio scorso a Parigi e proseguito, con successo, in agosto a Forte dei Marmi. L’azienda Essere Gioielli nasce nel 2000 con alla base una filosofia molto semplice: creare gioielli-scultura, unici e ricercati. Questo “modus operandi” ha consentito a Essere Gioielli di svincolarsi dai processi produttivi industriali a favore della più completa libertà creativa: ogni progetto-ideazione viene studiato nelle sue proporzioni e nelle specifiche problematiche realizzative. Gioielli anche da collezionare, rigorosamente fatti a mano, per ben testimoniare le scelte linguistiche e la ricerca delle forme. E così il più no-bile dei metalli lascia spesso il posto a materiali alternativi come alluminio, lava, acciaio, sassi di fiume, carbonio. Inoltre l’uso delle antiche tecniche di oreficeria, la conoscenza maturata nel tempo e la pratica quotidiana sono messe a disposizione, nel laboratorio di Essere, a favore della ricerca. Ecco perché Essere Gioielli si pone come ponte ideale tra la tradizione dell’artigianato e l’esteticità dell’oggi.

Fino al 20 gennaio 2001 sono in mostra al CLAC (Centro Legno Arredo Cantù) i mobili di Paolo Buffa, una mostra per rivalutare il lavoro di un protagonista del progetto del prodotto d’arredo che ha sviluppato un legame solido e profi-cuo con la realtà produttiva canturina. Sono raccolti pezzi originali progettati da Buffa (1903-1970) ancora reperibili presso collezionisti o produttori storici ma anche molti disegni che ne illustrano il processo creativo. La sua produzione è vastissima e ne corrisponde una ricerca progettuale ancora più estesa testimoniata dall’enorme quantità di schizzi, studi, progetti. Le forme che caratterizzano la sua produzione sono elaborate a partire da una configurazione gradualmente modificata e variata, con l’introduzione di temi ricorrenti, come certe forme di schienale (a treccia o a graticcio) o di particolari elementi di collegamento fra gambe anteriori e posteriori, il trattamento decorativo, ad intarsio o in rilievo delle superfici dei contenitori. In mostra ci sono anche specifici approfondimenti che analizzano l’opera di Buffa in altri settori disciplinari (gli interni, da quelli domestici a quelli navali; l’architettura, ecc.) o la sua partecipazione ad importanti eventi espositivi (come le Triennali).

Originale pendente in corallo ingabbiato da preziose spire in oro bianco e brillantini, gioiello-scultura di Essere Gioielli.

Mobili, sedie e panchina progettati da Paolo Buffa, presentati alla mostra tenutasi al CLAC di Cantù.

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L'oro e la terra Nella sala delle esposizioni del Craft Museum di Delhi, museo dell’artigianato fra i più prestigiosi al mondo, si è svolta, dal 24 marzo al 31 maggio 2001, un’antologica di Tarshito, figura eclettica, che nell’arco di un ventennio ha sviluppato un metodo progettuale capace di sposare la spiritualità e l’artigianato indiano con la creatività made in Italy. L’esposizione, intitolata “L’oro e la terra”, raccoglie oggetti, arazzi e tappeti, disegnati da Tarshito o da lui commissionati ad artisti designer e realizzati da artigiani nepalesi e indiani. Fra di essi, alcuni pezzi “storici” risalenti all’esperienza della Galleria Speciale di Bari e progettati da firme come Nanda Vigo, Andrea Branzi, Mario Merz, Mimmo Paladino, Gianni Pettena. La maggior parte dei manufatti esposti si compone però di produzioni recenti, nate negli anni '90 e recentissimo frutto di un intenso lavoro condotto tra il 2000 e il 2001. La mostra offre un universo variegato per stili e materiali adottati, dove quotidiano e rituale si intrecciano per restituire un senso di assoluta armonia. Sono da segnalare la serie delle Tartarughe in terracotta, realizzata secondo la tradizione delle grandi sculture modellate per le feste popolari della regione del Bihar, le preziosissime miniature eseguite da artigiani rajastani, la serie di strumenti musicali abitabili, tra cui la poltrona in giunco con il gong. Una delle idee forti che sostiene l’ultima produzione di Tarshito è quella dell’uomo guerriero, di colui cioè che sostituisce all’arma mortale la forza della propria potenza spirituale. L’idea trova forma visibile nella serie “Guerrieri d’Amore”, pannelli tessili ricamati con applicazioni a patchwork da artigiane indiane di diverse provenienze, che hanno interpretato il lavoro secondo la propria cultura. Se questa mostra deve la sua attuazione al lavoro paziente ed abile svolto dalla curatrice, la giornalista Daniela Bezzi che attualmente risiede a Delhi (che ha avuto il merito di collegare Tarshito con le maestranze indiane e con il Craft Museum), il libro “Tarshito meditazione e progetto”, edito dalla Electa Napoli, deve la sua

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realizzazione a Clara Mantica, critica esperta di design, arti applicate e artigianato, che da molti anni segue il lavoro di Tarshito. "Tarshito". Copertina del libro "Meditazione e progetto".

Questa pubblicazione, che per ovvie ragioni si avvale anche del contributo di Daniela Bezzi, annovera interventi di Alessandro Mendini, Enzo Biffi Gentili e Cristina Morozzi.Il volume racconta in due lingue il lavoro di Tarshito dal 1979 ad oggi, e costituisce di fatto il portavoce della mostra organizzata presso il Craft Museum di Delhi. Come accade per la mostra, la prima parte del libro documenta la prolifica attività di Tarshito nelle sue molteplici vesti di architetto, artista, designer, performer e art director della “Galleria Speciale” di Bari, attraverso una esaustiva documentazione fotografica e le diverse testimonianze dei protagonisti che gravitarono intorno alla “Speciale”. Narrano la loro esperienza di collaborazione Pierre Restany, Riccardo Dalisi, Alessandro Mendini, Andrea Branzi, Gianni Pettena, Ugo Marano e Frans Haks ponendo in luce lo spirito che animava l’attività di questa galleria.Nella seconda parte è Tarshito in prima persona a raccontare della sua esperienza di lavoro maturata in India nei primi anni ‘80 ma corroborata da una solida formazione occidentale. La veste del libro si fonda su uno dei principi che sottendono all’opera di Tarshito: il matrimonio tra la terra e il cielo. Le tinte dei 4 elementi, terra fuoco, acqua e aria si alternano nella grafica del testo e si condensano nelle illustrazioni che completano questa

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pubblicazione.La creatività -scrive Clara Mantica- diventa nella pratica di Tarshito, un mezzo di unione fra donne e uomini, poveri e ricchi, orientali e occidentali, cristiani, musulmani o induisti, fra designer artisti e artigiani.Egli - come testimonia ancora la curatrice - parla di nuova umanità...di angeli...di guerrieri gentili, di Cielo e di Terra e perciò non è alla moda; non lo è stato nemmeno durante la fugace apparizione della new age “fra gli stili di vita”, perché Tarshito non fa dello stile. Ciò significa per lui gioia dell’autonomia e della ricerca, ma necessita di una grande forza interiore. Tarshito la possiede e la si avverte chiaramente ogni volta che entra in contatto con gli altri, attraverso il lavoro, nelle realtà più diverse: con gli studenti, a cui propone la meditazione come metodo di indagine progettuale; con clienti di medio-alto ceto; con ricchissimi mecenati indiani o nella poverissima casa laboratorio del maestro-vasaio che vive e lavora negli slam di Delhi, fra cumuli di terra, donne affaccendate e bimbi nudi. E colpisce, soprattutto conoscendo la suddivisione per caste della società indiana, sapere che, per l’inaugurazione della mostra al Craft Museum di Delhi, i ministri presenti, ambasciatori, intellettuali ed artigiani che hanno lavorato con Tarshito, erano tutti posti sullo stesso piano. "Guerriera d'amore a cavallo del leone", terracotta tradizionale del Bihar.


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Ugo La Pietra Terre mediterranee Da dicembre 2001 a febbraio 2002 si svolge a Lucca presso il Complesso Monumentale di San Micheletto, sede della Fondazione Ragghianti, l’esposizione dedicata a Ugo La Pietra, artista, designer e architetto. La mostra propone al pubblico una vasta antologia della sua produzione ceramica: 180 pezzi, molti dei quali sono stati realizzati con la collaborazione di artigiani provenienti da zone di antica tradizione come Faenza, Imola, Salerno, Vietri sul Mare, Caltagirone, Grottaglie, Palermo, Udine, Matera; terre dove é forte la “cultura del fare”, ma quasi assente la “cultura del progetto”. Proprio in questi luoghi Ugo La Pietra ha cercato grazie a queste collaborazioni, di sviluppare un enorme patrimonio manuale e tecnico di antica tradizione verso la “continui-tà” dello stesso. Secondo La Pietra infatti questa continuità dovrebbe garantire al contempo la possibilità di “rifare” il passato e di esprimere la propria contemporaneità. Per rendere questo possibile, dice La Pietra, é indispensabile conoscere le diverse realtà produttive, scoprendone le diversità e le attitudini, per poi pro-gettare con modalità diverse da quelle del “designer per l’industria”. Il progetto dell’artigiano deve en-trare senza traumi all’interno della sua attività portando un contributo innovativo nel rispetto del suo “saper fare” di antica tradizione. Questo é quello che La Pietra ha fatto in questi laboratori artigiani, arricchendo nella forma e nei contenuti la loro produzione “storica”. La mostra, realizzata dall’artista stesso con la collaborazione di “Ad Arte”, Primo osservatorio Nazionale sull’artigianato artistico, é curata da Vittorio Fa-gone, direttore della Fondazione Ragghianti, autore anche del saggio che introduce l’ampio catalogo illu-strato pubblicato per l’occasione. L’esposizione continua il ciclo di attività e di scambi espositivi del Centro Studi sull’Arte Fondazione Ragghianti, curato da Vittorio Fagone e inaugurato dalla mostra su Oyvind Fahlstrom. Fra le iniziative di maggior rilievo é previsto il potenziamento della biblioteca specializzata dalla Fondazione e l’informatizza-zione degli ingenti fondi documentali e archivistici che essa conserva.

“Casa naturale” di Ugo La Pietra, Triennale di milano 1993, Laboratorio bertozzi & casoni (Imola)

MOSTRA DEL Laboratorio Nibe alla galleria sargadelos Alla mostra che si è svolta nel dicembre 2001 si sono potuti ammirare manufatti ceramici di particolare interesse realizzati da Antonietta Lot e Gabriella Sacchi, fondatrici nel 1981 del Laboratorio Nibe. Il laboratorio, con sede a Milano in via Camillo Hajech, produce oggetti in maiolica, grès, raku, unici o in piccola serie e svolge attività didattiche rivolte a scuole e privati. La ricerca estetica, la sperimentazione sui materiali, l’ottimizzazione nell’uso degli strumenti,

una metodologia di lavoro che privilegia progettazione e produzione in uno stesso ambito, sono divenute le caratteristiche fondamentali del laboratorio. Negli ultimi anni la partecipazione a concorsi nazionali ed internazionali e i riconoscimenti ottenuti, sono stati occasione di confronto stimolante e veicolo di collegamento con il mondo artistico e ceramico in particolare, ma il Laboratorio ha operato anche in altri ambiti (collaborazioni con stilisti e scenografi).

”La teiera”, servizio con teiera e due tazze in grès, di Antonietta Lot.

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ITALIA EMILIA ROMAGNA BOLOGNA Fierarredo 16 - 24 febbraio 2002 Fiere Internazionali di Bologna tel. 051/282111. FERRARA Restauro 2002 (Xa edizione) Salone del restauro e della conservazione dei beni culturali e ambientali 4 - 7 aprile 2002 Ferrara Fiere tel. 051/6646832. MIRANDOLA (MO) Pulchritudo, Amor, Voluptas. Pico della Mirandola alla corte del Magnifico 15 dicembre 2001 - 17 febbraio 2002 Centro Culturale Polivalente tel. 0535/29683-29711. PARMA Alik Cavaliere. Il paradosso della natura. Sculture 1951-1991 17 novembre 2001 - 6 febbraio 2002 ACIG, Centro Culturale Arte Contemporanea Italia-Giappone Via B.Longhi 6. Per informazioni tel. 0521/282669. REGGIO EMILIA Memoria dei campi. Fotografie dei campi di concentramento e di sterminio nazisti. 1933-2000 13 gennaio - 10 marzo 2002 Palazzo Magnani Corso Garibaldi 29 Per informazioni tel. 0522/459406. Alfabeto in sogno.Dal carme figurato alla poesia concreta 20 gennaio - 3 marzo 2002 Chiostri di San Domenico. Comune di Reggio Emilia tel.0522.456532. VIGNOLA (PR) Jacopo Barozzi da Vignola. La vita e le opere 30 marzo - 7 luglio 2002 Rocca Boncompagni Ludovisi e Pal. Boncompagni Per informazioni tel.0536/810977. FRIULI VENEZIA GIULIA

UDINE Marcello D’Olivo (1921 - 1991). 18 gennaio - 28 aprile 2002 Chiesa di San Francesco Galleria d’Arte Moderna tel.0432/295891.

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LAZIO ROMA Klimt, Kokoschka, Schiele: dall’Art Nouveau all’Espressionismo 7 ottobre 2001 - 3 febbraio 2002 Complesso del Vittoriano tel. 06/3297708. Paul Cézanne. Il padre dei moderni 7 marzo - 7 luglio 2002 Complesso del Vittoriano tel. 06/6780664. VITERBO Habitando. 15° Mostra delle tendenze nella casa e nell’arredamento Tusciarte.17° Mostra dell’artigianato di qualità 2 - 10 febbraio 2002 Agritalia. 20° Mostra dell’agricoltura biologica, agriturismo e prodotti tipici 22 - 24 febbraio 2002 Le tre mostre presso Fiera di Viterbo Cassia Nord km. 88,200. Per informazioni tel. 0761/353100. LIGURIA GENOVA Passaggio in Liguria Kandinsky, Vrubel’, Jawlensky e gli artisti russi a Genova e nelle Riviere 27 ottobre 2001 - 17 febbraio 2002 Palazzo Ducale Piazza Matteotti 9 Per informazioni tel. 010/5574010-12-13. Primavera. Salone Ligure dell’Artigianato 15 - 24 marzo 2002 Fiera Internaz. Genova tel.010/53911. LOMBARDIA BERGAMO La collezione Rau. Sei secoli di grande pittura europea: da Beato Angelico a Renoir, a Morandi 31 gennaio - 1 maggio 2002 Galleria d’Arte Moderna e Contemporanea dell’Accademia Carrara.  Per informazioni tel. 035/234396.  BRESCIA Vincenzo Foppa.  Un protagonista del Rinascimento 3 marzo 2002 - 2 giugno 2002 Santa Giulia, Museo della Città tel. 041/5904893. BUSTO ARSIZIO Guido Crepax e le Arti. Un maestro del fumetto raccontato attraverso 200 opere dal 1955 al 2001 29 settembre 2001 - 15 febbraio 2002 Fondazione Bandera per l’Arte Via Andrea Costa 29 tel. 0331/322311.

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CANTU’ (CO) Astrattismo storico italiano.  Il caso Como. I mobili di Paolo Buffa 21 ottobre 2001 - 20 gennaio 2002 Galleria del Design e dell’Arredamento Piazza Garibaldi Per informazioni tel 031/713114. CREMONA Capolavori della Suida-Manning Collection 27 ottobre 2001 - 28 aprile 2002 Museo Civico Ala Ponzone Via Ugolani Dati 4 Per informazioni tel. 0372/461026. MILANO Kurt Schwitters. Collages, dipinti e sculture 1914-1947 27 ottobre 2001 - 27 gennaio 2002 PAC, Padiglione d’Arte Contemporanea Via Palestro 14.  Per informazioni tel.02/76009085. La memoria e il futuro Christopher Dresser:  un designer alla corte della Regina Vittoria 30 ottobre 2001 - 3 marzo 2002 Triennale di Milano Viale Alemagna 6 Per informazioni tel. 02/72434240-1. Dalla Scapigliatura al Futurismo 17 ottobre 2001 - 17 febbraio 2002 Palazzo Reale Per informazioni tel. 02/392261. Le donne di Toulouse Lautrec 13 ottobre 2001 - 3 febbraio 2002 Fondazione Antonio Mazzotta Foro Buonaparte 50 tel. 02/878197. Achille Funi 1890-1972. L’artista a Milano 15 dicembre - 24 febbraio 2002 Spazio Oberdan. Fondazione Mazzotta tel.02/878197 Macef Primavera 8 - 11 febbraio 2002 Fiera Milano International, tel.02/485501. Arte da mangiare mangiare Arte   Acqua: Alimento ed Elemento Ambientale. 8 - 10 febbraio 2002 Press Gallery, Fiera di Milano pad.19 tel. 02/58113117. Il neoclassicismo in Italia.  Da Tiepolo a Canova 27 febbraio 2002 - 28 luglio 2002 Palazzo Reale Piazza Duomo 12.  Per informazioni tel. 02/392261.


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Salone Internazionale del Mobile. Salone del Complemento Eimu.2002 10 - 15 aprile 2002 Fiera di Milano. Cosmit tel.02.8065141.

Alessandro Lupo.  Un colorista del Novecento 7 dicembre 2001 - 14 aprile 2002 Centro Saint-Benin.

MONZA MIA. Mostra Intersettoriale dell’Arredamento 15 - 24 marzo 2002 Ente Mostre Monza e Brianza tel. 039/2842310

Futurismo russo.  La sfida dell’avanguardia 15 dicembre 2001 - 7 aprile 2002 Museo Archeologico Regionale tel.0165/275902

TOSCANA CASTIGLIONCELLO (LI) Masssimo Campigli. Il tempo delle donne. Opere 1922-1966 23 marzo - 5 maggio 2002 Castello Pasquini - tel.0586.724287. FIRENZE Nel segno di Masaccio. L’invenzione della prospettiva 16 ottobre 2001 - 20 gennaio 2001 Galleria degli Uffizi tel. 055/5062368 I mai visti. Capolavori dai depositi degli Uffizi 15 dicembre 2001 - 3 marzo 2002 Galleria degli Uffizi Sala delle Reali Poste tel. 055/2654321. Florence Gift Mart 15 - 18 febbraio 2002 Florence Mart - tel.055/47784 Mostra Internazionale dell’Artigianato 19 aprile - 1° maggio 2002 Firenze Expo & Congress tel.055/49721. LUCCA Ugo La Pietra.  Terre Mediterranee 15 dicembre 2001 - 17 febbraio 2002 Fondazione Centro Studi sull’Arte Licia e Carlo Ludovico Ragghianti Complesso Monumentale Micheletto Via San Micheletto 3.  Per informazioni tel. 0583/467205. SICILIA PALERMO Maxima. Mediterranea Gioielli, Regali, Complementi d’arredo 27 - 29 marzo 2002 OR Mediterranea tel.091/7309080. VALLE D’AOSTA AOSTA Breathless. Catrina Zanirato + Paolo Manfrin 9 novembre 2001 - 10 febbraio 2002 Torre del Lebbroso. Marco Joly 23 novembre 2001 - 12 maggio 2002 Chiesa di San Lorenzo.

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Quando l’orso si risveglia.  40 fotografie sul Carnevale in Valle d’Aosta 12 gennaio - 31 marzo 2002 Biblioteca Regionale. VENETO ROVIGO Il Po in controluce. Arte padana, alluvioni e dintorni 16 dicembre 2001 - 24 marzo 2002 Complesso degli Olivetani, Museo dei Grandi Fiumi, Piazzale San Bartolomeo 18. Per informazioni tel. 0425/21530. VERONA Abitare il Tempo (XVIIa edizione). Giornate Internazionali dell’Arredo 19 - 23 settembre 2002 Quartiere Fiera Per informazioni tel. 051/864310.

ESTERO AUSTRIA SALISBURGO Creativ Salzburg 18 gennaio - 20 gennaio 2002 TexBo 2002 30 gennaio - 2 febbraio 2002 Reed Messe Salzburg Le due mostre presso il Trade Fair Center - tel. +43/662/44770.

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tel. +514/2851600. FRANCIA PARIGI Bijohrca 25 - 28 gennaio 2002 Saloni Internaz. Francesi 02.86457494 TROYES Artisans d’Art 8 - 11 febbraio 2002 Ass.Foires de Champagne tel. + 33/3/25826582 GERMANIA FRANCOFORTE Ambiente 15 - 19 febbraio 2002 Ambedue le manifestazioni a Messe Frankfurt tel.02.8807781 MONACO DI BAVIERA IHM 2002. Lifestyle 14 marzo - 20 marzo 2002 Monaco Fiere tel. +49/89/94955-110,113,130,131. GRAN BRETAGNA LONDRA Earth and fire. Italian terracotta 14 marzo - 7 luglio 2002 Victoria and Albert Museum tel. + 44.20.7942.2000 Carrà. Disegni 10 ottobre 2001 - 20 gennaio 2002 Estorick Collection Foundation, Canonbury Road tel. +44/20/77049522. Repubblica di SAN MARINO Casa & Cose. L’arredamento, i complementi, i servizi 2° Salone Internazionale della Casa 21  - 24 febbraio 2002 Centro Azzurro, Serravalle San Marino Per informazioni tel. 0549/901606.

VIENNA Viennese Graphic Art in New York. Joseph Binder in the United States (1933-1972) 26 settembre 2001 - 20 gennaio 2002 MAK Works on Paper Room MAK, Stubering 5 tel. 0043/1/71136-233.212.

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SVIZZERA

MONTREAL Piranesi & Goya. Roma nel genio di Piranesi-Goya. Capricci. Follie. Disastri della guerra 9 ottobre 2001 - 27 gennaio 2002 Museum of Fine Arts

ZURIGO A.M.I. Mostra dell’arredamento & del design italiano 21 - 25 marzo 2002 Salone Svizzero del Mobile Internazionale tel. + 4162.9239420

NEW YORK New York International Gift Fair 19 gennaio - 24 gennaio 2002 Maison&Objet 18 maggio 2002 - 20 maggio 2002 Per informazioni tel. 0033153249919.

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IIo Concorso Internazionale della Ceramica PremiO “Nove Terra di Ceramica” Regolamento di partecipazione 1) PREMESSA Il Comune di Nove in collaborazione con la C.C.I.A.A. di Vicenza promuove la 2a Edizione del Concorso Internazionale della Ceramica, Premio Nove Terra di Ceramica, che avrà cadenza quadriennale. Il Comune per la realizzazione del concorso si riserva di chiedere la collaborazione di enti pubblici e privati ed il patrocinio di Istituzioni pubbliche e di alte personalità, il cui apporto sarà evidenziato nel bando e nel catalogo del concorso stesso. Il Comune si assume il compito di Ente gestore e rappresentanza esterna per tutte le iniziative ed i problemi inerenti il concorso. L’Amministrazione Comunale auspica che il concorso possa diventare un laboratorio di proposte legate non solo alla tradizione ceramica in genere ma che sia momento propulsivo di idee per il mercato nazionale e internazionale. 2) OBIETTIVO Il concorso internazionale si pone gli obiettivi di ricercare oggetti in ceramica che possano essere realizzati e riprodotti da aziende ceramiche del comprensorio novese; sviluppare la ricerca ed il confronto a livello internazionale; promuovere la ceramica attraverso studi di ricerca e sperimentazioni sulla forma e sui materiali; portare alla ribalta giovani ceramisti e designers. 3) TEMA Il tema è “Un contenitore zoomorfo”. 4) OGGETTO Progettazione e realizzazione di oggetti (contenitori, accessori, servizi, etc.) che siano espressioni di originalità ed innovazione, fabbricabili industrialmente o artigianalmente con sistemi in uso. 5) PARTECIPAZIONE Il concorso è aperto alla partecipazione di due categorie di concorrenti: Cat A) Architetti, Artisti, Ceramisti, Ingegneri, Designers, Professionisti. Cat B) Studenti degli Istituti superiori, Accademie e Facoltà universitarie.Se all’interno delle categorie si formassero dei gruppi di lavoro è richiesta la designazione di un capogruppo. Ogni partecipante o gruppo potrà presentare un solo progetto. 6) ISCRIZIONE L’iscrizione potrà pervenire entro il 31/12/01 con raccomandata, fax o e-mail. 7) ELABORATI RICHIESTI E’ richiesto un oggetto interamente realizzato, in dimensioni reali. Dovrà essere corredato con: a) max n.3 tavole di studio formato A3; b) relazione illustrativa max.n.2 cartelle dattiloscritte in formato A4 nella quale vengono illustrati i criteri ispiratori, le tecniche e i materiali utilizzati; c) n.2 diapositive con sfondo

neutro da usarsi per il catalogo, realizzate da differenti inquadrature. Tutto quanto sopra dovrà essere riunito in un solo plico. 8) CARATTERE SEGRETO I concorrenti non dovranno apporre su alcuno degli elaborati proposti cognomi, nomi, sigle, motti o firme di alcun genere, pena l’esclusione dal concorso. 9) TERMINE DI CONSEGNA Le opere potranno essere consegnate di persona o fatte pervenire tramite corriere in porto franco al Museo della Ceramica di Nove entro le ore 18.00 del 13/5/02, pena l’esclusione dal concorso. Gli oggetti consegnati per il concorso dovranno essere ritirati dal partecipante o da persona incaricata per iscritto entro il 30/1/03, presso la sede del Museo della Ceramica di Nove. Qualora si desideri la restituzione dell’oggetto per corriere in porto assegnato si dovrà darne comunicazione scritta, per lettera o fax, alla Segreteria del Museo entro il 30/1/03.Trascorso tale termine le opere saranno acquisite al patrimonio del Comune di Nove. 10) DOVERI E OBBLIGHI Le opere dovranno essere realizzate nel rispetto delle tecniche ceramiche. 11) NATURA DELLE OPERE Le opere dovranno essere inedite, originali e di proprietà dei concorrenti, pena l’esclusione dal concorso. Si declina ogni responsabilità in caso di plagio o appropriazione indebita di originalità di tutte le opere in concorso. 12) IMBALLAGGIO DELLE OPERE Le opere dovranno pervenire con adeguati imballaggi che ne garantiscano la perfetta conservazione e tali da essere riutilizzati per la restituzione. 13) RESPONSABILITA’ Il Comune non assume responsabilità per eventuali rotture, danneggiamenti o furti che dovessero verificarsi durante le fasi di trasporto o permanenza in mostra. 14) PROPRIETA’ DELLE OPERE Le opere premiate diverranno proprietà dell’Ente che ha conferito il premio mentre i diritti d’autore saranno di proprietà esclusiva del partecipante. I concorrenti potranno autorizzare la riproduzione degli oggetti presentati alle ditte che ne facessero richiesta.. 15) PREMI E RICONOSCIMENTI Una giuria procederà alla selezione dei progetti meritevoli, fra i quali proclamerà i vincitori nell’ambito delle due categorie: Cat. A - Premio C.C.I.A.A. di Vicenza 1° premio L.10.000.000 (€ 5164,568) 2° premio L. 5.000.000 (€ 2582,284) 3° premio L. 2.000.000 (€ 1032,913) Cat. B - Premio Comune di Nove 1° premio L. 3.000.000 (€ 1579,370) 2° premio L. 2.000.000 (€ 1032,910) 3° premio L. 1.000.000 (€ 516,456)

I premi non sono divisibili e vengono assegnati a giudizio insindacabile della giuria. Sono previste anche eventuali menzioni di merito. 16) LA GIURIA La giuria è composta da 5 persone di cui 4 scelte dal Comune tra esperti del settore ed uno designato dalla C.C.I.A.A. di Vicenza, da formalizzare entro il 30/4/02. 17) LAVORI DELLA GIURIA La Giuria, nella prima riunione, procederà all’elezione del presidente, scegliendolo tra i membri. Poi procederà all’esame delle opere, escludendo eventualmente quelle non rispondenti a quanto prescritto dal Regolamento e formando infine la graduatoria di merito per ognuna delle categorie, con possibilità di non assegnare uno o più premi. Il giudizio della giuria è inappellabile. I lavori della giuria saranno segreti e validi se svolti con la maggioranza assoluta dei membri. La giuria dovrà terminare i suoi lavori e trasmettere i relativi verbali al Comune entro l’1/6/02. Art.18) ESITO DEL CONCORSO. L’esito del concorso con la relazione della giuria sulla graduatoria dei premiati, con le relative motivazioni , verrà reso pubblico nella cerimonia di premiazione, aperta a partecipanti e pubblico, il 14/9/02 alle ore 18 presso il Museo della Ceramica di Nove. Nell’occasione sarà inaugurata la mostra delle opere selezionate. Si intende realizzare una mostra delle opere escluse in altra sede, nello stesso periodo. 19) CATALOGO La seconda edizione del Concorso internazionale “Nove Terra di Ceramica” sarà corredata da un catalogo relativo alle due categorie con le riproduzioni delle opere premiate, di quelle ammesse e l’indice di tutti i partecipanti. 20) PUBBLICITA’ Al bando verrà data la massima pubblicità e sarà stampato in italiano ed in inglese. A richiesta può essere inviato anche in francese, tedesco o spagnolo. 21) COMITATO ORGANIZZATORE La Giunta comunale di Nove ha facoltà di nominare un apposito Comitato per quanto attiene aspetti organizzativi del ed eventuali altre attività collegate. Art.22) VARIE. La partecipazione implica da parte di ciascun concorrente l’accettazione incondizionata di tutte le norme del presente Regolamento. Art.23) INFORMAZIONI. Per informazioni contattare il Museo della Ceramica, piazza De Fabris 5, 36055 Nove, tel e fax 0424/829807. e-mail: museonove@ceramics.it http://www.comune.nove.vi.it

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2,3 miliardi a musei locali

È di 2,3 miliardi lo stanziamento deciso dalla Giunta regionale, su proposta dell’assessore alle culture, identità ed autonomie Ettore Albertoni, a favore di musei di Enti locali o di piccoli musei di interesse locale. Con questi fondi saranno finanziati 61 progetti di restauro di opere e reperti, di nuovi allestimenti museali e di attività didattiche. Finanziabili anche progetti speciali o di particolare interesse.Le richieste di finanziamento sono numerose, il che conferma il continuo evolversi del sistema museale lombardo che negli ultimi 11 anni ha visto passare i visitatori da 3 milioni a circa 5 milioni. La decisone della Giunta regionale viene ora trasmessa al Consiglio per l’approvazione definitiva. Questo il dettaglio dei fondi assegnati per provincia: Bergamo 244 milioni, Brescia 101, Como 113, Cremona 234, Lecco 61, Lodi 50, Mantova 101, Milano 954, Pavia 82, Sondrio 97, Varese 263. (Lombardia Notizie, 26 settembre 2001)

Artigiani maestri della tradizione artistica e culturale dell’Italia

C’è l’artigianato fra i principali motivi di richiamo turistico dell’Italia: a dirlo è stato il Presidente di Confartigianato Luciano Petracchi durante la celebrazione della “34 a Giornata dell’Artigiano” organizzata dall’ Artigianato Fiorentino-Confartigianato in Palazzo Vecchio, a Firenze. Petracchi ha parlato davanti a una platea costituita dai titolari di botteghe artigiane che in molti casi sono considerate eredi della tradizione artistica rinascimentale. La 34a Festa dell’Artigiano è stata infatti l’occasione per celebrare la grande tradizione toscana dell’artigianato, ma anche per premiare otto artigiani con 30 anni di attività e cinque aziende con oltre 50 anni vita. “L’ Italia - ha detto Petracchi - è un Paese che non ha materie prime, che non ha petrolio. I giacimenti petroliferi dell’Italia sono le sue bellezze ambientali, i beni culturali e l’ artigianato, che rappresenta la terza motivazione per i turisti che scelgono l’Italia. Salvaguardare l’ artigianato significa sostenere un settore che ha fatto la fortuna del Paese. In questo senso un importante contributo alla creazione di nuove imprese artigiane potrebbe venire proprio dal mantenimento e dal recupero dei beni culturali e ambientali’’.Nel suo intervento Petracchi si è soffermato sul ruolo delle piccole imprese artigiane rispetto al sistema economico nazionale “senza le quali - ha detto - l’Italia avrebbe il 27% di imprese e l’8% del prodotto interno lordo in meno, mentre la disoccupazione sarebbe al 26%’’. “Credo - ha poi aggiunto Petracchi - che il milione e 400.000 imprese artigiane sui quattro milioni di piccole imprese esistenti in Italia possa essere definito non solo capitalismo diffuso, come dicono gli studiosi, ma capitalismo personale, rappresentato da moltissime aziende artigiane che sono andate avanti spesso, non con capitali propri, ma con capitale fornito dalle banche e grazie all’alta responsabilizzazione degli stessi artigiani’’. Il Presidente di Confartigianato aveva iniziato il suo intervento dicendo che “essere artigiani è come fare una strada tortuosa con curve, salite e gallerie: basti pensare al rischio d’impresa’’. (Impresa Artigiana, 30 ottobre 2001)

La situazione dell’artigianato dopo l’11 settembre

Gli effetti della crisi sembrano invece essere rilevanti per le imprese artigiane artistiche e tradizionali della Toscana:

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ciò emerge da un’indagine svolta da Artex (il Centro per l’Artigianato Artistico e Tradizionale) riguardante 63 aziende operanti in 10 settori merceologici (metalli preziosi; vetro e cristallo; ceramiche; ecc.). Circa il 35% delle aziende ha segnalato di avere incontrato difficoltà di vario tipo (il 14,3% in modo significativo; il 20,6% marginalmente) per la consegna di merci a seguito di ordini precedentemente confermati; la maggior parte di tali difficoltà (secondo il 90,9% del campione) proviene dal Nord America. Fortemente negativo appare l’impatto dell’11 settembre sul futuro andamento del mercato; in particolare il 41,3% delle imprese prevede riduzioni significative degli ordini; il 33,3% riduzioni marginali; la restante quota (25,4%) non prevede alcuna riduzione dei propri ordinativi. Ben diverso era invece lo scenario prima dell’attacco terroristico: il 38,1% delle imprese prevedeva infatti un aumento degli ordinativi rispetto all’anno precedente contro una quota (27%) che segnalava una flessione. In sintesi, secondo l’indagine condotta da Artex: “….i fatti recenti sembrano allora i veri responsabili della fase recessiva che adesso gli imprenditori prevedono”. (Impresa Artigiana, 21 novembre 2001)

Il mondo dell’artigianato entra nelle aule scolastiche

La Confartigianato provinciale di Venezia, in collaborazione con la Federazione Regionale, ha presentato l’iniziativa “Scuola e Lavoro”, nella sede della Confartigianato del Veneto. Il Progetto si propone di far conoscere agli studenti della scuola superiore il mondo del lavoro, autonomo e dipendente. Con questa iniziativa, Confartigianato vuole anche avviare un rapporto organico e costruttivo con il mondo della scuola, per facilitare la conoscenza reciproca di queste due realtà, e per permettere una collaborazione sempre più stretta. Alla presentazione hanno partecipato, oltre al presidente della Confartigianato provinciale di Venezia e neo vice presidente vicario della Confartigianato del Veneto Antonino Perinato, il Presidente dell’Istituto Veneto per il Lavoro Antonio Marchiori, il Segretario dell’Unione Provinciale di Venezia Antonio Zorzi, i presidi dei tre Istituti superiori coinvolti con i quali l’iniziativa verrà sperimentata. Per la prima volta il mondo dell’artigianato entra a scuola e lo fa con un progetto pilota che coinvolge tre istituti del veneziano. Il Luzzati-Gramsci, lo Zuccante di Mestre e il Sanudo di Venezia. Due istituti professionali e un istituto tecnico che quest’anno vedranno i loro studenti del quarto e quinto anno misurarsi con le tipiche problematiche del lavoro dell’artigiano, non ultima quella di gestire un’impresa da soli, affrontando leggi e realtà prima mai considerate. “Un mondo, quello dell’artigianato - ha sottolineato il Presidente Perinato – che non esiste nei testi scolastici, una opportunità che i nostri studenti non conoscono e che invece può fornire delle ottime opportunità di lavoro. Per questo – ha aggiunto – inseriremo organicamente nelle diverse realtà scolastiche dei moduli di 20 ore per studenti degli ultimi anni dove si analizzeranno molto praticamente, insieme all’aiuto di liberi professionisti ed esperti del settore, le problematiche, ma anche i vantaggi di questo settore che offre lavoro nella nostra provincia a 50 mila persone per un totale di 11 mila e cinquecento imprese fra quelle iscritte da noi”. Soddisfatti anche i presidi delle scuole coinvolte. (Impresa Artigiana, 13 dicembre 2001)


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È nato Regalitalia.it E’ nato Regalitalia, il sito dell’artigianato di qualità promosso da Confartigianato e visitabile all’indirizzo: www.regalitalia.it Si tratta di una vetrina di manufatti, una carrellata di “eccellenze” italiane che ha l’intento di mostrare uno spaccato della migliore produzione artigianale nostrana. Regalitalia si propone di valorizzare i punti di forza di un mercato in continua espansione, che conta oramai migliaia di aziende. Tutti i prodotti presentati da Regalitalia sono accompagnati da una scheda informativa sui materiali, la tecnica di esecuzione e i dati dell’impresa artigiana che li ha realizzati. (Impresa Artigiana, 17 dicembre 2001)

Marchio Ecolabel per i prodotti ceramici Sono stati approvati, in sede comunitaria, i criteri per il riconoscimento del marchio Ecolabel per alcuni prodotti ceramici. Con la fissazione di questi criteri per l’etichetta ecologica anche le imprese ceramiche artigiane potranno dotarsi della margherita verde. Ricordiamo che i criteri ecologici per l’assegnazione dell’Ecolabel sono elaborati e determinati in seno al Comitato dell’Unione Europea per il Marchio di qualità Ecologica (CUEME) composto dagli Organismi competenti degli stati membri, da rappresentanti delle ONG operanti nel settore ambientale, da rappresentanti delle PMI, da sindacati, da rappresentanti delle organizzazioni di consumatori. Confartigianato ha partecipato attivamente ai lavori di elaborazione dei criteri designando un esperto (Roberto Bassissi, di Ecoricerche S.r.l.) che potesse tutelare le esigenze degli artigiani in questo ambito specifico. Ciò dimostra che è possibile anche per le piccole imprese esprimere una capacità di intervento all’interno di sedi tecnico-istituzionali tradizionalmente “lontane”. Il documento contenente i criteri predisposti per il riconoscimento del marchio Ecolabel sarà presto pubblicato nella Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea. (Impresa Artigiana, 21 dicembre 2001)

Confartigianato Turismo presenta gli “Itinerari del buono e del bello” Una Guida per riscoprire l’Italia dei sapori e dei saperi tradizionali distribuita al Salone “Cibus Tour” di Parma dove la Confederazione è presente con un proprio spazio espositivo, una Guida con 28 “Itinerari del buono e del bello” attraverso l’Italia dei sapori e dei saperi tradizionali. E’ l’iniziativa che Confartigianato Turismo ha presentato a ‘Cibus Tour’, il Salone del turismo enogastronomico, del prodotto tipico e biologico che si è aperto ieri a Parma. L’obiettivo del ‘viaggio’ proposto da Confartigianato consiste nel far conoscere il made in Italy con una nuova chiave di lettura, rivalutando le radici culturali della nostra offerta turistica attraverso le specialità alimentari e gli oggetti d’arte frutto del lavoro e della secolare tradizione dei maestri artigiani. La Guida presentata a Parma è la prima di una serie in cui verranno tracciati inediti percorsi per riscoprire in ogni provincia italiana, e in località spesso ignorate dai consueti circuiti turistici, non soltanto il patrimonio di monumenti e musei e i paesaggi più suggestivi, ma anche le botteghe di artigianato artistico, i prodotti alimentari tipici e gli artigiani che li producono. La ‘mappa’ di questi primi itinerari comprende: Novara, Asti, Savona, Imperia, Genova, La Spezia, Parma, Treviso, Rimini, Massa Carrara, Siena, Chiusi, Orvieto, Perugia,

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Terni, Narni, Viterbo, Caserta, Napoli, Salerno, Catanzaro, Cagliari. Per ognuna di queste località vengono indicate le attrazioni culturali ed ambientali, le botteghe da visitare, le specialità da assaggiare. Durante ‘Cibus Tour’, Confartigianato ospiterà nel proprio spazio espositivo una serie di eventi che vedono protagonisti proprio gli artigiani ed il loro lavoro: dal processo di disosso di un prosciutto di Parma e relativa degustazione con abbinamento di vini locali, alla preparazione di dolci tipici come la “spongata” emiliana, la “zonclada” veneta, il “tortiglione”di Perugia a base di pasta di mandorle, fino alla degustazione di grappe distillate artigianalmente abbinate al “Tris di nocciole al cioccolato”, anch’esso preparato dal vivo. Interverranno inoltre due artigiani d’arte che realizzeranno un “Pulcinella” in ceramica, secondo la tradizione partenopea, e oggetti e complementi d’arredo in pietra arenaria. (Impresa Artigiana, 23 dicembre 2001)

Sondaggio di Confartigianato su potenzialità ed ostacoli dell’artigianato artistico Alto costo del lavoro, difficoltà a trovare manodopera qualificata, scarse iniziative promozionali pubbliche, carenze delle infrastrutture, complicazioni burocratiche. Sono i problemi che minacciano le imprese artigiane di artigianato artistico e tradizionale, uno dei settori, insieme con l’artigianato agroalimentare, dalle maggiori potenzialità di attrazione turistica. Le difficoltà degli imprenditori emergono da un sondaggio realizzato da Confartigianato. Le risposte mostrano un giudizio positivo sulla situazione del mercato e sulle potenzialità turistiche della zona di appartenenza, ma evidenziano anche forte preoccupazione per molti ostacoli che minacciano lo sviluppo o addirittura l’esistenza dell’impresa. La maggior parte degli intervistati lamenta che nel territorio di insediamento dell’impresa non esiste una zona artigianale o comunque attrezzata per il loro tipo di attività. La pericolosità di alcune zone è un ulteriore elemento critico per la fruibilità del territorio. Per questo motivo molti artigiani vorrebbero spostarsi in regioni più organizzate e sicure. Un altro ostacolo nella vita delle imprese dell’artigianato artistico è la difficoltà di reperire manodopera con una formazione adeguata che possa poi assicurare anche il ricambio generazionale dell’azienda. A questo va aggiunto il problema dell’elevato costo del lavoro. Molti artigiani denunciano la latitanza del sostegno pubblico da parte degli enti locali che potrebbero invece, con azioni coordinate e mirate, dare nuovo impulso alle imprese attraverso azioni di promozione. In sintesi, gli imprenditori sollecitano: - Diminuzione del costo della manodopera; - Attività formative specifiche rivolte agli apprendisti; - Creazione di infrastrutture organizzate; - Realizzazione di iniziative di promozione del territorio da parte di enti pubblici; - Attività di accompagnamento delle imprese nella penetrazione di nuovi mercati; - Finanziamenti mirati alle necessità dell’artigianato artistico; - Semplificazione delle procedure e degli adempimenti burocratici; - Creazione e diffusione di marchi specifici che garantiscano le produzioni degli artigiani d’arte. (Impresa Artigiana, 29 ottobre 2001)

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Craftsmanship fashion or need? (page 14) Everyone is speaking of Craftsmanship and Applied Arts: it must be because the interest I have in this cultural and production field makes me more sensitive and attentive than others; however, I actually find there is a growing attention towards the Applied Arts on behalf of people and structures that until yesterday ignored if not looked down on this artistic field. In addition, the “hand-made” product is no longer the prerogative of work using archaic techniques and traditional materials, but is also reclaimed by the most advanced design artists and currents, and some also call it “metropolitan handicraft”.. Is it real interest or a passing fad? The hand-made object contains in it a nucleus of universality that can help the different peoples understand each other. It is an alternative to the globalisation that is now increasingly worrying (and in many cases frightening) greater and greater numbers of people. Thus, we hope that all “hand-made” products represent the right and conscious need that society expresses towards objects that may be defined as “fancy”, objects that are halfway between art and design. The Lyrical Archaeology of Enzo Fasano (page 16) An artist who has given a new language and splendour to an ancient discipline revisits the tarsia Enzo Fasano is the only real tarsia artist today, combining his artistic inspiration and his Salento soul, displaying two faces of the narrative textures his works are permeated with, whose slender leading thread is precisely the ‘Salentoness’ that is proudly revived and defended today. The fortunate expression of “inlaid spectacle” is back today thanks to him. Being an artist, Enzo Fasano could not stop at tarsia in the meaning of simple handicraft execution; he had to discover an actual language that went beyond the narrowness of the tradition which was still dwelling on the 14th and 15th centuries, with a few touches of the centuries after those. Therefore, the technique did not have to be accepted as an end in itself but it had to be transformed into a medium to revisit the whole of modern art. This is the greatest merit of Fasano’s research; he reasoned on the entire issue in a global sense, and has often remained bound to the more successful forms of 19th-century Southern Italy. But he has also broken away by taking up new figu-

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res, styles similar to those of Baj, giving rise to ironic results such as those present in collage pictures. We must add that these works have all the connotations of paintings: the layout, spatial research, colour, lights, etc. Indeed, they are the equivalents of the graphic research Fasano is carrying out in parallel, and stand out for their artistic thoroughness. Sign Object (page 22) The identification and creation of new signs on the territory: the result of the lessons taken at the Course on Design method of Lecce’s Fine Arts Academy Research on the methods to recognise and interpret the historical or historicized landscape is one of the crucial issues that fuels the debate on problems related with the territory and, in particular, with its conservation and cultural enhancement. Loss of dependence on the specific features of an environment, as well as the current physiognomy of the landscape, lead to the concept of “place identity” with the aim of defining suitable strategies to be adopted. The elements that make up a landscape are the theme from which to start out to develop observations regarding the complex interpretation of the specific features of a place. The curriculum presented by Ada Ghinato for the Course on Design method starts out from these observations and formalizes its research though a specific design approach. The sites in which art projects are to be installed are identified and an abacus of theme-works built. The aim is a synthetic reading of the identifying characters carried out by the student in situ, within the project and within the installation. The comparison between one’s own design method and the territorial features is especially stimulating to understand the specific features of the physical and social environment, and it helps to define the potential of one’s intellectual work: therefore, it is an educational objective aimed at developing new professional figures and new skills. The works express the conditions for a project to enhance the historical, environmental heritage and are to be considered guidelines for building a Museum spread throughout the territory.

PITTI’S COLLETIONS (page 26) In the summer of 2000, after two years of intense, expensive and delicate work, the long-awaited restoration was finally

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completely of the part of the Pitti Palace that since 1963 has housed the Costume Museum founded by Kristen Ashengreen Piacenti and directed by Carlo Sisi and Caterina Chiarelli. Having been restored to their original splendour, this elegant suite of small rooms provides the setting for the Gallery of Costume, whose collections have now been renewed and enlarged and are again open to the public. It is worth pointing out that this is the only museum dedicated to the history of fashion in Italy. This institution can boast a rare and conspicuous heritage consisting of over six thousand items, ranging from antique garments to theatrical costumes and fashion accessories. The thirteen rooms that house the permanent collection are still “inhabited”; they are lived in by an array of visually stunning figures: the mannequins. These silent figures are brought to life by seven different physical forms, accompanying the visitor with solemn and enigmatic rigidity in the discovery of the clothes and lifestyle of these far-off owners: the silhouettes, hairstyles and facial expressions all reflect the epoch, history and origin of the clothes on display. The exhibits are displayed in a series of basic, but high quality showcases. The bright rooms are fitted with numerous climate-controlled glass cases in which not only the clothes, but also the parasols, fans, shawls, shoes and other accessories tell a surprising story, because of both the intrinsic beauty of the objects themselves and their ability to outline the historical evolution of taste over the centuries. The staggering size of the Museum’s resources certainly rules out the simultaneous display of the entire collection. But in practice this should not be seen as a limit, but on the contrary an advantage, since it leads to the endless renewal of the outfits on display, which the mannequins present to new visitors with amiable docility. This also encourages earlier visitors to return to the Gallery in order to appreciate the value of its exhibits and its renewed and dynamic appearance. The exhibition areas are divided into four sections. The first, justifiably referred to as “historical”, contains about thirty examples, many of which have never been seen, dating between the 18th century and early 20th century. In addition to the oldest items, visitors to this section can admire a delicate mannequin with a wasp-waist and hair gathered at the nape, according to the fashion of the time, wearing a charming day-dress


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made in England in 1860-65; further on are two extraordinary women’s evening cloaks made by Fortuny in 1910-15, one of which belonged to Eleonora Duse. The second section is a monographic exhibition entitled “Female fashion between the Wars”, consisting mainly of garments from Italian dressmakers. Corresponding to the clothing on display, the walls of the rooms are hung with paintings by De Chirico, Casorati, Chessa, Donghi, Bacci and Sironi on loan from the Modern Art Gallery of Florence. It was during this period that “Italian style” first assumed a unique character, not least through the impulse give to new research into Italian materials and techniques that encouraged the development of expert dressmakers and the improved quality of home-produced fabrics. The third section contains an important donation made by Flora Wiechmann Savioli, consisting of jewellery made from “poor” materials between 1958 and 1969, together with clothing and pinafores of a minimalist design. Part of the donation by Gianfranco Ferré can be admired in the last section, consisting of over thirty outfits from the Couture and Prét-àPorter Collections dating between 1985 and 1999. A visit to the Gallery culminates in the rooms known as the “Quartiere Inverno” and “Quartiere Nuovo”, where more of Ferré’s creations and accessories are on show, hand-decorated and elaborated by the designer. Euro-holder Objects for a New Europe (page 33) Much before the arrival of the single European currency, the young Milanese designer Andrea Pellicani developed a curious and intelligent collection of “Euro-holders”, presented within the now-famous section of “research exhibitions” at the Abitare il Tempo 2000 Show. Indeed, hardly anybody knew about the situation that is now engaging all of us: new terms, new signs, new values, new formats for the money bills and coins. The show attempted to provide an answer to the latter since one of the problems we are now having to face is the use of many more “trims” compared to those we used with the lire: suffice it to think of the eight different Euro coins. In the design proposals, the authors were invited to express their doubts, uncertainties, fears, but also their aspirations, expectations and hopes in front of the new euro-reality, in an ironic and desecratory way as well as in a functional and ready-to-use manner. The outcome was a small and stimulating

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exhibition which will certainly be followed by others proposed by designers and companies operating in a goods sector that will soon invade our markets. A conversation with Gian Carlo Bojani (page 36) Interview with the former director of the International Ceramic Museum of Faenza, who now heads the Municipal Museums of Pesaro A – When did you come into contact with ceramic, actually the ceramics? B – I came to know ceramic thanks to professor Ulrich Middeldorf, director of the Germanic Institute of Florence. A – When and why did you become director of the MIC? B – In 1979, when Liverani passed away. A – What were the conditions of the Museum then? B – I liked the Museum due to its 19thcentury, slightly fanée air. A – What did you do for the MIC in the contemporary field? B – Aside from contributing enormously to defining a proper language of ceramic art critique, I attempted to keep the attention alive with many initiatives. A – Exhibition-cum-sales, Palazzo delle Esposizioni di Faenza, etc… Aside from the people who interpret it, what is the cultural point? B – I believe that the Municipalities with a strong ceramic tradition must assert themselves and constitute a sort of Ceramic Company of Italy, as happens with the Fashion Chamber, with Design, for the quality of Italian-made products in its various components. Museums must not play a merely decorative role. A – As for the San Pietro factory, that is the refurbishing and extension of the MIC building. The architects and designers worked in close collaboration with you. What is your philosophy in the redesign project? B – I basically tried to redesign the Museum workshop: refurbished exhibition section for the public; bibliographic / library services section with the most up-to-date computer tools; restoration, inventory, classification, photograph archive section, all of which updated with the most advanced techniques; educational section in the broad sense of the term, as well as the Munariana method; study centre dedicated to conservation, conferences, seminars, specialist and non-specialist meetings, with appropriate halls and auditoriums; activities and spaces dedicated to teaching marketing techniques to the craftsmen – here I immediately and enthusiastically followed the

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incubator project to create new handicraft companies; equipped warehouses also dedicated to the keener public; sections with temporary shows and permanent activity for both retrospective and contemporary ceramics; editorial spaces for publishing activities. A – After heading the International Ceramic Museum of Faenza now you are moving to Pesaro, to the Musei Comunali. B – The Pesaro Museums are not only dedicated to ceramic even though it is of equal historical and qualitative dignity as that of Faenza. To me the Pesaro Museums constitute a challenge in terms of reorganisation, re-order, expansion, restructuring in terms of staff training and architectural structures. Souvenir of PompeiI (page 40) Experimentation and research in the Campania region for art handicrafts aimed at European merchandising Museum merchandising seems to me as a great opportunity for Italian territories where landscape and cultural heritage make up the focal points of a cultural tourism, by many considered the economic engine of South Italy, its future industrial heart. Furniture and design companies are still rare in the Campania. However, small cottage industries are not lacking, and since over a century now they proudly propose a “single material culture”.. These are San Leucio (near Caserta), the most important silk and textile centre of Italy for the furnishing industry – Como ranks first for the clothing industry; Torre del Greco, renowned for coral-working and cameos; Vietri sul Mare, along the Amalfi coast where ceramic artefacts and tiles used in the building industry are made (Faenza is the most important centre in Italy); lastly Sorrento for its wood tarsia. Although they differ from each other for history, origins, production techniques, these handicraft traditions all share a common denominator: the production of the past, the historical production, has allowed them to become well-known and to spread (sales are always notable, especial- ly those deriving from exports). Famous designers have been invited since the very first edition (1990) of the “Giornate Napoletane del Design and the formula is always the same. A designer is invited to participate in an exhibition and he is “bound” to using a given material, i.e. Vietri ceramic, Sorrento marquetry work, Torre del Greco coral (or the cameo-making technique), silk from San Leucio. In addition, each event is also focussed on

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the “souvenir” theme, which for type and size is part of the museum-merchandising topic mentioned at the beginning. The most recent event of this sort was held in Verona, at the past edition of Abitare il Tempo. The Pompeii Council, under the aegis of the Faculty of A r c h i t e c t u r e o f N a p l e s ’s S e c o n d University, took part with the exhibition “Bye bye Pompeii / new souvenirs for Pompeii.” In this case each author designed four objects inspired by ancient and sacred Pompeii (aside from being the most visited archaeological site of Europe, Pompeii is also an important religious sanctuary of South Italy). This initiative involved the University and Local Bodies to create, according to a totally new formula in Europe, a “regional museum system of design and applied arts.” I think this project can be, among other things, a valid support for developing cultural tourism by using, in particular, the great power of attraction of a place like Pompeii. Wrought iron in Sicily (pag. 44) Artistically made articles full of tradition and culture, the fruit of an ageold art that draws its origins and inspirations from religious and pagan sources The art of wrought iron was introduced into Europe by the East during the Indo-European invasions. No important works from periods before the XI century have survived, probably because of the easy deterioration of the material under the corrosive action of oxidants. In 15th-century Sicily the art was sustained by the patronage of the well-to-do classes, who made it a symbol of their incisive social role. In this perspective one has the development of the main Sicilian cities, Palermo, Messina, Syracuse, Trapani, Catania, etc., where, not by chance, the signs of desire for art of the time are more representative (fig. 6,7). Since promoters of culture are in general men involved in various entrepreneurial activities, one cannot overlook the role of the greatest purchasers of the time, including the Abatelli, the Aiutamicristo, the Fardella, etc. Amongst the artistic manufactured articles of the 15th and early 16th centuries, the greatest part of those that have survived until today are of a religious nature, although it was the palatial architecture that best registered the metamorphosis of the society of the time (fig. 8). From the 14th century palazzo-tower that was closed and exclusive, hostile and

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distrustful of the urban context, to the 15th century building that had a broad dialogue with the outside world, the route is the same as that of those who, holding the different kinds of Sicilian society in their hands, evolve their status from feudal to mercantile and financial, negotiating a profitable relationship of give and take with the monarchy. It was in the Baroque period, however, that wrought iron reached another artistic level: the grating became an artistically worked spatial frame; even the ornamental motifs assumed spatial functions, perfectly merged with the architectural-perspectival conception of the courtyard or garden. One witnesses an accentuation of the architectural and decorative language in the portal element and balcony above (fig. 8), often connected in order to form gallery on which the family coat of arms was placed. The XVII century is best remembered for the catastrophic earthquakes that shocked the whole of Sicily, but one prefers to refer to that which followed, that is to say, above all, the much-desired rebirth that every town longed to undergo. It is during this period that the accent is placed on the play of convexities and concavities, the inspiration of wrought iron. Gratings are rhythmic to the point of having large or small curls, and display daisy-like flowers with very pointed petals on their corners (fig. 9); then there are the non-protruding railings that, with their geometry, participate in the transformation of Baroque taste, until arriving at the fluid lines of Art Nouveau in the 19th century (figs. 10, 11, 12). Furthermore, the sunburst patterned railings have a semi-circular form, composed of two or three strips, of which the smallest is in the central zone, and the position of the largest is dictated by the addition of modules that are also proposed in a specular way (fig. 13). However, one of the main motifs is the shoot of a plant that assumes widely varying dimensions and positions, independently of its surroundings or of filling another motif in the composition. At the end of the century an ever more definite tendency towards a classical style was typical on the island, especially in those towns, like Palermo, that remained in close contact with Naples, capital of the Kingdom of the Two Sicilies, and with Rome. Towards the end of the XVIII century tastes changed profoundly and the sobriety of soft steel combined with bronze motifs was preferred to the flexibility of iron. The decline of wrought iron was

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later accentuated by the introduction of decorative objects in cast iron, a much cheaper material. At the beginning of our century new creations appeared and ornamental themes with trees, branches, flowers, fruits, modelled by hammer and welded in the forge, were particularly developed. Art & Craft (page 50) A workshop that presents furnishing accessories and objects made from natural materials, from recycled metal to natural paper Its multi-coloured and extravagant shop windows stand out against the chaos of a provincial road: this is an oasis of calm, one understands this when observing the furnishing accessories. The furniture is special and sophisticated at the same time. The interiors are elegant in a tranquil, composite way, in no way diminishing the originality of some of the furniture sets. The lamps are not lacking in colour and sophisticated shape, but are never “intrusive”. The chairs, coffee tables, objects, dressers, glasses… are all sculptures. The “Snail” project springs from the study of the “natural shape” resulting from an application that considers every aspect of shape, in this case animal shape. Studies, cross-sections, divisions of the whole examined, then allow to divide and assemble elements to create a house-and-garden object: in Snail design fuses with the essence of life. Instead, “Fire” springs from studying the shape of fire. Its spatial construction lines flicker like flames and like them twists to form astonishing vortexes and spirals. These and many other projects show that the artistic level here is extremely high, the result being to blend furnishings with art through functional and aesthetic study, spreading a culture of the beautiful without disregarding functionality. To use glass, metal, eco-paper, textiles, natural materials without distinction gives free rein to imagination and allows it to create the most peculiar and original projects. Anna De Plano (page 52) A designer absorbed between traditional handicraft and new design form Willowy and transparent vases, Anna De Piano’s most recent works, are today the last stage of the long artistic route taken by this designer; an itinerary that starts from Sardinia, her native land. The Sardinian culture of doing is rich in


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techniques and materials, which Anna De Piano revisits in the collection of objects “Pane colorato”, the outcome of a new product-quality concept for new languages and new ways of use. Aside from bread, other techniques are also revived, such as “braiding” and weaving. In parallel to these Sardinia-based experiences, perhaps due to the fact that she is a woman, Anna De Piano is particularly dedicated to solving design problems related with domestic products: hence we find many successful objects related with food, in particular tools and objects that are useful at home.Her works are so delicate and intense, and capable of solving concrete problems, but at the same time they are dense with poetry. Electric Vases (page 54) He cut them out, he “contaminated” them and now he has also wired them. They are the vases with which Marco Silombria marks a decade of rather special raids in the world of ceramics. Indeed the first vases by this Turinese artist were created in 1990. Or better, one could call them “non-vases” since he submits them to a systematic “violation”, perpetrating on their shapes engravings and holes that thwart any possible traditional use. With respect to the relationship between Silombria and the ceramic art, a few years ago Enzo Biffi Gentili spoke of recreation, highlighting both of the meanings the term suggests. This “recreational” course, which has often resulted in the exaltation of a “pure” vase shape, took place for Silombria in the mestizo sign language he has been using for years to narrate the longing for the sublime and its inevitable failure in the consumer society. Silombria is aware of this and, starting from this slippery terrain, has ventured to seek a “possible” beauty. His citation of art history appears to be charged with allusions to contemporaneity that do not come from the “top” shelves of culture, but from a low-profile aesthetics. He has long since been attracted by the degraded evidence of an ornamental culture sacrificed on the altar of modernism. His picking up themes or stylistic elements of the past has always walked hand in hand with a healthy ironical behaviour. All this is well illustrated in his significant “non-ceramist” experience with the “non-vases”. Clay decoration, this too just as heretical due to the frequent use of cold-painted colours, has been replaced by synthetic “additives” that appear more and more frequently. However, in the last few years, the ceramic research of Silombria seems to have mostly been oriented towards the

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vase. The specific functions of amphorae – to contain, preserve and, from an archaeological viewpoint, pass down – suggested a further use: transformation into “semiofori”, into supports for signs and symbols of contemporary iconography, organised by Silombria as an index of a personal and very select inventory. Silombria’s vases thus appear to be seeking a function. The ceramic “samples” on display at this exhibition are no exception. The eight vases, presented alongside just as many preparatory studies, are dedicated to a single subject: a set of fluttering angels inspired by the admirable stuccoes of Serpotta, great Sicilian decorator of the 18th century, presented in various versions, from polished to ancient décor from Savona. The Art of Glass (page 56) Wisely guided by their father Ugo (art master), Piercarlo, Ambrogio and Maurilio Paci, master glassmakers of Seregno since 1959, have set up a glassworks divided into three specialised production sectors: Italvetrine, the industrial division and the art division. The Italvetrine production offers more than 300 standard items of showcases for furnishing shops and showrooms. Accurate design and high-quality materials transform the showcase into an actual promotional tool, but also into an elegant and sophisticated furniture piece, capable of holding and showing off antique and precious objects. The industrial division, equipped with advanced computer-controlled machi-nery, produces an extremely wide range of glass items for any need of the furniture,mechanic, building, automobile and electronic industries. However, the feather in the cap of the company is still the art division, dedicated to working and decorating glass. Drawing on the huge heritage and experience of their father, the Paci brothers have taken this division to the highest peaks of the glass-making art. His promotional showcases, mirrors, tables, art windows, are created to confer prestige and originality to the most varied interiors, both in Italy and around theworld. INVENTION OF TRADITION IN VIETRI SUL MARE IN THE THIRTIES (page 60) The artistic craftsman is made of subtle weawings, magic harmonies, writings, loose letters to intercept : this is one of the tasks of our magazine.

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Gennaro Borrelli, eminent historian of Nativity Scene art of the 1700s in Naples, sent a letter to his friend (his and ours, of the collaborating magazine), Eduardo Alamaro, regarding the felicitous finding and exhibition of a majolica nativity scene made by Irene Kowaliska between 1931 and 1933 in Vietri sul Mare. We are publishing a few excerpts because it is much more than a review: it is a living lesson of art applied to the area of Campania. Eduardo, my dearest, thank you for the exhibition of the beautiful and miraculously rediscovered nativity scene from the 1930s, made by Irene Kowaliska. You wrote, which is typical of you, in armony with the “rustic poetry” that emanates from this truly marvellous majolica nativity scene of Vietri. First and foremost I would like to emphasize that I.K.’s enchanting set of pasturielli (shepherds) exhibited by you – reduced to the canons of our local Cristianity – has nothing to do with German or Austrian Cristianity, though I.K. came from those places. As a whole, all the small glazed sculptures by I.K. are a “marvel of marvels” in majolica, though among them the real “Sheperd of Marvels” of folk nativity scenes (as well as other styles of nativity scenes) of the Neapolitan school is not present. However, I.K.’s nativity figurines also represent the history of a sensitive soul in a particular moment of her life, in the faraway 1930s in Vietri. I was pleased to see that in note 15 you pointed out the Procida/Cilento majolica “combination”, whose nativity scenes were so admired in 1973 at L’Elisse gallery of Naples, where I would have gladly purchased one of those magnificent nativity scenes. In this texte you work on the modernly old-fashioned form of the nativity scene and the artistic craft. The novelty of this nativity scene of Vietri which emerges from the past is “environmental”. I.K. in Vietri at the beginning of the 1930s was technically – and fortunately – a “dilettante” of majolica (who created majolica for pleasure). Therefore she belongs to another cultural environment that is capable of understanding that “diletto” (pleasure), and goes above the head of the hierarchies of the place.She compensates for the technical needs by creating precious, first-time works, of love, full of refined schemesschemes, covered by a strong varnish that highlights her modern modelling, propitious, made in blocks, fabulously real, characterized by a new contempo-rary poetry, new social classes and class.

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MUSEO DELLE CERAMICHE DI NOVE piazza De fabris 5 - 36055 Nove (VI) tel. 0424.829807

AD ARTE Primo Osservatorio sull’Artigianato Artistico via Matteo da Campione 8 - 20052 Monza (MI) tel. 039.2312002 fax 039.2312628

FIRENZE EXPO & CONGRESS viale Filippo Strozzi 1 Fortezza da Basso - 50129 Firenze tel. 055.49721 fax 055.4973237

ALAMARO EDUARDO via Stella 120 - 80137 Napoli tel. e fax 081.292572

FLORENCE MART s.r.l. via Trieste 53 - 50139 Firenze tel. 055.477841 fax 055.480110

MUSEO INTERNAZIONALE DELLE CERAMICHE IN FAENZA viale Baccarini 19 - 48018 Faenza (RA) tel. 0546.21240 fax 0546.27141

A.M.I. - Arredamento Made in Italy Studio Olima Associati via Lambertenghi 41 - 22100 Como tel. 031.243392 fax 031.261907

GALLERIA DEL COSTUME DI PALAZZO PITTI piazza Pitti - 50125 Firenze

PELLICANI ANDREA via Rembrandt 56 - 20148 Milano tel. 02.4071742

BLANCO GIORGIO via G.Vasari 14 - 00196 Roma

GAMBARDELLA CLAUDIO via Toledo 210 - 80132 Napoli tel. 081.426298

PERLO LUISA Via Cavour 14 - 10123 Torino tel. 011.8122634

CONSORZIO CERAMICHE ARTISTICHE DEL VENETO via degli Astronauti 1 - 36055 Nove (VI) tel. 0424.828569

GRUPPO VETRARIO PACI via Messina 80 - 20038 Seregno (MI) tel. 0362.229476 fax 0362.229776

PROMOS Azienda Speciale della Camera di Commercio via Camperio 1 - 20123 Milano tel. 02.85155264 fax 02.85155227 ebusiness@mi.camcom.it - www.artisanexpo.it

IL QUADRATINO EDITORE corso Indipendenza 6 - 20129 Milano tel. 02.719615 fax 02.7386373

CREARTE - Associazione Culturale via della Lungara 19 - 00168 Roma tel. 06.8083004

REGIONE CAMPANIA Assessorato alle Attività Produttive Centro Direzionale, isola A6 - 80143 Napoli tel. 081.7966800/6801 fax 081.7966816

CFC DAUM ITALIA S.p.A. via Medici del Vascello 8 - 20138 Milano tel. 02.58012001 fax 02.58013160

I.S.O.L.A. Istituto Sardo Organizzazione Lavoro Artigiano via Ottone Bacaredda 184 - 09127 Cagliari tel. 070.400707 fax 070.400359

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LABORATORIO ARTIGIANO MORELLI via de’ Carracci 81- 40131 Bologna tel. 051.6344090 fax 051.6347047

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FASANO ENZO via F.lli De Jatta 20 - 73052 Parabita (LE) tel. 0833.594103

MAXIMA - OR Mediterranea via M.se di Villabianca 126 - 90143 Palermo tel. 091.7309080

TADDEO ISABELLA via Roma 6/c - 21040 Oggiona (VA) tel. 0331.217811

FIERARREDO - BOLOGNA FIERE viale della Fiera 20 - 40128 Bologna tel. 051.282111 fax 051.282333

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ARTIGIANATO tra arte e design Direttore: Ugo La Pietra

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Artigianato: è una rivista trimestrale che interpreta e diffonde l’evoluzione delle Arti Applicate e i processi di contaminazione con l’arte e il design. Artigianato: parla di creatività e di produzione, sostenendo la ricerca e la sperimentazione e introducendo nuovi concetti per la costituzione e il rinnovamento della piccola impresa. Artigianato: è uno strumento impegnato a diffondere la cultura materiale legata alle risorse dei vari territori, guardando con interesse alla tradizione e alla storia. Artigianato: riscopre il rapporto tra cultura del progetto e la capacità di fare, presentando oggetti riferibili alla logica produttiva e d’uso, ma che, nello stesso tempo, mantengono tutta la virtualità degli oggetti d’arte.


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