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hale karaรงelik laura migotto giuseppe resci AAAAAAA
presenta
un evento a a cura di Giorgio Bertozzi e Ferdan Yusufi in collaborazione con
Tangram Gallery di Stefano Ferracci
Nuova Fiera di Roma 15-18 maggio 2015
Testo introduttivo della mostra a cura di
Annalisa D’Amelio Testi critici di
Rosy Colombo, Teresa Emanuele, Hülya Küpçüoğlu
L’evento generale è stato realizzato da
ROMART www.romart.org
La partecipazione a RomArt 2015, Biennale Internazionale di Arte e Cultura è realizzata grazie al contributo di Vista Soc Coop. Roma di Alexander Jaknagiev
Sponsor tecnici
Progetto grafico e immagine di optical art in copertina realizzati da
Stefano Ferracci
SINTESI - TRIGONOS di Annalisa D’Amelio
Sintesi è il titolo con il quale Neoartgallery ha voluto identificare una serie di eventi itineranti, che hanno come linguaggio quello unico e universale rappresentato dal confronto tra gli artisti. Un luogo dove è possibile poter ammirare l’arte nei suoi poliedrici linguaggi e divenire motivo di confronto e interscambio tra artisti di varie nazionalità ma soprattutto italiani e turchi. Sintesi, il cui nome ha una derivazione lontana, si è tramandata nel tempo declinandosi dal latino synthèsis, che a sua volta deriva dal greco σύνϑεσις ossia “composizione” e a sua volta derivato da συντίϑημι, “mettere insieme”. Unire i linguaggi, come un metodo che va dal semplice al complesso, presupponendo un ordine tra gli oggetti esposti, anche quelli non naturalmente correlati. Sintesi diviene un evento itinerante che conferisce un’intramontabile tributo alle arti che sono nate, si sono sviluppate e diffuse attraverso le acque del Mediterraneo. Il periodo della diffusione delle arti ebbe inizio nel 323- 31 a.C. È la fase in cui l’arte in Grecia non è più lo stile nazionale di alcune città greche e delle loro colonie, ma diviene uno stile internazionale, diffuso in tutta l’area del Mediterraneo ed oltre. A questo periodo si da, di solito, il nome di arte ellenistica. Esso va convenzionalmente dalla morte di Alessandro alla battaglia di Azio, quando i padroni divennero i padroni assoluti di tutte le principali aree di produzione ellenica. Da questo momento l’ellenismo di fatto non scompare, ma viene assorbito dall’arte romana, che rappresenta la continuità perfetta con il mondo artistico dei greci. Il Mare Nostrum diviene così la culla dell’arte, dello scambio, di nuove conoscenze, di nuovi linguaggi. La prima Sintesi nasce nel Mediterraneo, si è svolta infatti ad Istanbul nel 2008, dove si è ripetuta nuovamente nel 2009 per poi arrivare nello stesso anno a Roma e, nel 2010 e negli anni successivi, ad Erzurum, città carovaniera sita nel cuore dell’Anatolia fino a giungere a Mersin, metropoli moderna a sud della Turchia, sul Mediterraneo. Quest’anno sarà presente di nuovo a Roma nell’ambito della manifestazione RomArt, infine di nuovo in Turchia, nella verde Bursa, antica capitale Ottomana a sud del mar di Marmara.
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Sintesi duemilaquindici porterà con sé Trigonos nato dall’incrocio della produzione di tre artisti caratterizzati da metodologie espressive completamente diverse tra di loro ma che sono accomunati da una fortissima personalità artistica. Trigonos, triangolo, in cui ogni suo vertice ha la propria autonomia e personalità. Ma è l’insieme a creare la perfezione geometrica. Il numero infatti, per Pitagora, rappresenta l’essenza delle cose, la vera sostanza. Il concetto che è alla base del principio pitagorico che le cose sono numeri e dunque appartengono ad un ordine misurabile. I pitagorici, che per primi hanno ricondotto alla natura, o meglio il carattere che fa della natura qualcosa di oggettivo, all’ordine misurabile e hanno riconosciuto in quest’ordine ciò che dà al mondo la sua unità, la sua armonia, quindi la sua bellezza. All’opposizione dell’impari e del pari, del limite e dell’illimitato, corrispondono altre opposizioni nelle quali sempre l’ordine, il bene e la perfezione stanno dalla parte dell’impari: Tre. Per arrivare alla contemplazione dell’uno senza dualità, il che corrisponde alla realizzazione suprema, cioè all’apertura totale e al trascendimento irreversibile di qualsiasi dualità oppositiva. I tre artisti di Sintesi - Trigonos curati da Giorgio Bertozzi e Ferdan Yusufi sono: Hale Karacelik Artista turca presente da anni in Italia, con l’associazione NeoArtGallery, nelle principali fiere di arte contemporanea, recentemente le sue opere sono state premiate alla biennale di Firenze, ed esposte alla personale romana tenuta presso la galleria Lombardi. L’artista “virtuosa del colore e della materia” trasferisce su tela, le impressioni ricavate dai luoghi che “sentiva”, dalle città e paesi o da foto che l’hanno influenzata, tutto questo con i suoi sentimenti e pensieri. Nei suoi dipinti la natura è sempre in primo piano. Con il pennello di Karacelik, il dipinto a volte può essere un paesaggio che vedendo piace a volte può essere una visione critica che riflette il dilemma di città-regione. Paesaggi di fantasia, nei suoi dipinti, vengono presi nel senso più ampio. La natura è tutto per Kalacelik, l’artista dichiara che, percepisce e illustra “la vita” come natura, nella sua evoluzione, caducità, interpretazione e bellezza. L’artista, inoltre, dicendo che “le cose ammirate ed estinte in natura sono i colori in essa contenuti”, posiziona in primo piano nei suoi dipinti i colori stessi, creando una bellissima armonia.
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Laura Migotto Artista che ha contribuito alla creazione del Gruppo Sintesi facendone parte sin dalla sua costituzione. Scrive di lei Gaia Bottino: “... L’arte di Laura Migotto solleva dalla più comune tentazione: quella di fornire sempre e comunque un nome ad ogni oggetto, collocando così la realtà in recinti ristretti dove l’intelletto e l’anima faticano a respirare. Le opere si tramutano in uno specchio dell’intimo dove realtà e immaginario non sono più mondi separati e indipendenti ma reciprocamente La seconda edizione di Quintessenze è ispirata al mistero ed al fascino della bellezza che uniti sie presenta contaminaticon tra spavalderia di loro. Al di là di ogni approdo sicuro, Laura Migotto è va attratta molte volte e splendore mentre in altre occasioni individuata, dall’inesplorato e proiettata verso una continua ricerca di mondi sconosciuti da abbracciare in pratica capita oltre che scoperta. Nell’arte la bellezza è il filo conduttore della sua stessa il potere mente. Opere trasformate in finestre socchiuse che offrono alloritratta sguardodi profilo storia, sicon pensi alla della celeberrima moglie del faraone eretico, la Regina Nefertiti, a quelle di cui sono fatti i sogni.” in tutto ilforme suo simili regale splendore a cui neppure la divinità solare sa resistere tant’è che verso di Mentre la stessa artista dice di sè: Lei tende le mani-raggi cedendo al desiderio di accarezzarla così come non si può resistere “... La mia arte è fatta di riflessi e riflessioni, immediate luminosità emozionali evocate al fascino dell'altera di Milo geometriche o ai corpi di deiall’interno Bronzi di di Riace. direttamente dalVenere colore, astrazioni cheassoluta catturanoperfezione la loro essenza L’attrazione del sorriso è certo malinconico il segreto della Gioconda ma qual’è segreto degli voli un universo immaginario, e infinito. Un universo dove ilpersistono tracceonirici di dipinti da Chagal? Come non rimanere fiato precise dinnanzi al bacio tra inAmore e Psiche umanità destinate a viaggiare lentamentesenza in traiettorie e decise. Oggetti costante scolpitomutamento da Canovaimmersi o davanti del apre XX secolo, Marilyn Monroe, negligenerando, sgargianti colori in unoall'icona scenario che i propri confini a intime riflessioni di Andyforse, Warhol. Dicevamo cheemozionali la storia edell’arte è Pezzi la storia della inquietudini, vibrazioni sentimenti. d’anima chebellezza, vagano nelreale, tempo ideale, nell’attesa di unnascosta, “orizzonte degli eventi” eche deve ancora O forse èogiastravolta accaduto? apparente, sognata, suggerita qualche voltaaccadere. anche azzerata come nei Riflessi e riflessioni, quindi, che si susseguono nella mente. Si intrecciano innalzandosi capolavori di Bacon o di Picasso. nell’infinito e, avvitati tra loro come tralci un vitigno, ruotano si inabissano La prima edizione di Quintessenze si disvolse presso il emuseo delle fendendo scuderiedi di villa colori il buio. Il tutto in un rigoroso, completo, profondo silenzio.” Aldobrandini a Frascati. L’edizione 2014 ha trovato la cornice ideale nell’antica Abbazia Greca
di San Nilo a Grottaferrata dove tutto il bello della sua millenaria storia e delle opere che li Giuseppe Resci sono esposte emerge con la potenza del sacro silenzio che il luogo raccoglie in se. L’abbazia Artista romano di adozione, nato a Gagliano, in Puglia. Compie studi classici e si laurea in è stata medicina una dellea Roma. ambientazioni di Palladion, romanzo scritto da scoprendo Valerio Massimo Inizia a fotografare professionalmente nel 1978 l’emozioneManfredi che narra la vicendaledella statua Atena, leggendario Palladio. La complessa di immortalare proprie visioni,diperPallade tanti anni fermateil solo con gli occhi. Si diploma alla trama siScuola dipana in svariate ambientazioni tra cui il Vaticano, la Turchia e, appunto, Romana di Fotografia e Cinema, nel quartiere di San Lorenzo, fucina della creativitàla nostra Abbaziadella di San NiloGiuseppe a Grottaferrata. capitale. Resci, il pittore della fotografia, lavora in bianco e nero, su pellicola e su dorsi digitali. Effettua ricerca fotografica in Italia e all’estero e si dedica alla postproduzione e alla stampa Fine Art nel suo studio abitazione. Vive in aperta campagna, in una dimora isolata, posta di fronte alla enigmatica maestosità del Monte Soratte, alle porte Giorgio Bertozzi di Roma. L’artista dice di sé: “... il mio compito è trasmettere all’osservatore tutta mostra Curatore della l’inquietudine e l’adrenalina che ho dentro quando scatto, racchiusa in un singolo fotogramma...”
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Hale Karaçelik L’ARTE DI HALE KARAçELIK di Hülya Küpçüoğlu L’artista, trasferisce su tela, le impressioni ricavate dai luoghi che “sentiva”, dalle città e paesi o da foto che l’hanno influenzata, tutto questo con i suoi sentimenti e i pensieri. La natura è sempre in primo piano nei suoi dipinti. Con il pennello di Karaçelik, il dipinto a volte può essere una paesaggio che vedendo piace e a volte può essere una visione critica che riflette il dilemma di città-distretto. Paesaggi di fantasia nei suoi dipinti vengono presi nel senso più ampio. La natura è tutto per Karaçelik, l’artista dichiara che, percepisce ed illustra “la vita” come natura. L’artista, inoltre, dicendo che “le cose ammirate ed esistenti in natura sono i colori in essa contenuti”, qualifica i colori in primo piano nei suoi dipinti. La percezione dell’immagine nella pittura di Hale Karaçelik, con la sua variabilità, dà soprattutto piacere a chi guarda per poi tirarlo dentro lentamente. Lo spettatore viene coinvolto nel ritmo di armonia sulla superficie della tela. Il ritmo creato dai colori e dalle pennellate, talvolta attira lo spettatore in un caos che dà l’impressione di un “tripudio di colori”. La natura e il caos, in realtà, sono due concetti che non sono affatto estranei l’uno all’altro ma l’artista, presenta una posizione innovatrice verso la natura e il caos uniti dal “Tripudio di Colori”. Perché, nella natura di Karaçelik, non esiste nessuna confusione o disordine, tranne questo. Nei dipinti, la figura umana ha una posizione che non può competere con la natura. Talvolta, le figure umane presentate in massa sono un riferimento alla natura umana al di fuori della relazione tra natura e uomo. I paesaggi urbani, vengono raffigurati, dal pennello dell’artista, come una silhouette I paesaggi rappresentati come debole silhouette, anche se evocano Istanbul, presentano tracce di altre città. Generalmente, le composizioni realizzate in disposizione verticaleorizzontale vengono sostenute dai segni del pennello e sono compatibili con il ritmo di superficie. Pennellate e segni del pennello vengono utilizzati in modo consapevole dall’artista. Il ritmo della vernice a volte serve a composizioni, a volte serve a tema. Generalmente il tema trattato dall’artista è la natura. Tuttavia, sempre partendo dalla natura, le prove di astrazione effettuate, portano le tracce degli stessi effetti. Le forme, solitamente concentrate nella porzione centrale della superficie indicano che l’artista, frequentemente, usa una composizione chiusa. Ogni tanto si ha l’impressione che una o alcune forme continuano da qualche parte nello spazio, uscendo dalla composizione, come un’approccio consapevole di Hale Karaçelik che può anche essere interpretato in come il fare esplicito riferimento alla composizione. Nella superficie della tela di solito attira la nostra attenzione il colore o il ritmo del pennello che appare improvvisamente tra pennellate stazionarie. La vernice è usata a volte per oscurare e a volte, in strati spessi, per creare uno spazio sostenuto da forti ritmi. Inoltre, l’artista, come il movimento della natura, ha continuato e arricchito in parallelo anche la natura stessa
degli oggetti sulla superficie della tela e con il ripetere di questo, negli ultimi anni l’importanza della natura è aumentata in modo significativo .Tutto questo prova che nell’approccio dell’artista la natura si afferma definitivamente come concetto. “… Sanatçı, duyumsadığı mekanlardan, etkilendiği kent, ülke veya bir fotoğraftan edindiği izlenimleri, kendi duygu ve düşünce bütünlüğü içerisinde tuvale aktarıyor. ‘Doğa’ her zaman onun resimlerinin başrolünde. Bu, Karaçelik’in fırçasında kimi zaman bakınca hoşlanacağımız bir manzara, kimi zaman da kent-kasaba ikilemini yansıtan eleştirel bir manzara da olabilir. Bir hayal ürünü olarak yapılan manzaralar, onun resimlerinde en geniş anlamı ile ele alınıyor. ‘Doğa’ Karaçelik için her şeydir ki sanatçı ‘hayat’ı doğa olarak algıladığını ve resmettiğini belirtiyor. Hatta sanatçı ‘doğada mevcut olan ve sizi kendisine hayran bırakan onun içinde barındırdığı renklerdir.’ Diyerek resimlerinde rengi birinci plana aldığını da açıklıyor. Hale Karaçelik resminin bütün içerisindeki algısı, kendi değişebilirliği içinde öncelikle izleyiciye haz veriyor. Ardından yavaş yavaş içine alıyor izleyiciyi. İzleyici, tuval yüzeyi üzerindeki ritmin ahengine kapılıyor. Renk ve fırça darbeleriyle oluşan ritm, kimi zaman bir ‘renk cümbüşü’ izlenimi veren bir kaosa çekiyor izleyeni. Doğa ve kaos aslında birbirlerine hiç de yabancı olmayan kavramlar. Ancak sanatçı ‘doğa’ ya karşı serin bir duruş sergiliyor ve ‘Renk cümbüşlerinden’ oluşan kaos öylece kalıyor. Çünkü Karaçelik’in ‘doğa’sında bunun dışında bir karışıklık veya karmaşa yoktur. İnsan figürü ise ‘doğa’ ile yarışamayacak bir konumdadır resimlerde. Kimi zaman kitleler halinde sunulan insan figürleri doğa ve insan ilişkisi dışında insanın doğasına da bir göndermedir…”
Kabus, acrilici su tela, cm 150x150 Leke, acrilici su tela, cm 100x100 Hayali Ev, acrilici su tela, cm 100x100
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Kayal覺ktaki Ev, acrilici su tela (blu), cm 100x100 Hediye, 2013, tecnica mista su tela, cm 150x150 (dettaglio) Sar覺 Ev, tecnica mista su tela, cm 100x100
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Kal覺nt覺, 2013, composizione polimaterica su tela, cm 150x150 Geldim, 2013, acrilici su tela, cm 100x100 (dettaglio) Senza titolo, tecnica mista su tela, cm 150x150
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Derin, 2013, acrilici su tela, cm 150x150 O Yaz, 2013, acrilici su tela, cm 100x100 (dettaglio) Penรงe, acrilici su tela, cm 100x100
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Laura Migotto LA MANO DEL TINTORE di Rosy Colombo Sapienza Università di Roma Trigonos è la sintesi della ricerca espressiva di Laura Migotto e insieme l’apertura verso una fase innovativa della sua creatività. Convergono nella mostra, fra gli altri, due elementi inconfondibili del suo talento nell’orizzonte dell’arte visiva contemporanea: per un verso la tavola o tela, non a caso spesso di grandi dimensioni, usata dall’artista come una sorta di palcoscenico per la messa in scena del lavoro dell’immaginazione, sia a livello di tecnica compositiva, sia sul piano della visione; per altro verso un’idea di bellezza carica di pensiero, peraltro suggerita dal titolo stesso della mostra. Emblematica in tal senso è la composizione a olio che tematizza l’atto del pensare nella testa di una bellissima figura infantile, legata a un mondo immaginario dell’infanzia, che però non è quello dell’infanzia contemporanea abitata dagli oggetti del consumo corrente; come indica il titolo “Ricordi dimenticati ai margini di un infinito esistente”- esso è piuttosto legato alla memoria di vecchi giocattoli, chiamando così in causa il tema del tempo – un tema caro all’artista, spesso ricorrente nelle sue opere. Certo, le doti di Laura Migotto non sono quelle di un pensatore concettuale; il suo talento è piuttosto incarnato in una pratica che sa usare i colori in senso metaforico, applicati a immagini simboliche e a figure mitologiche che eccitano la sua immaginazione. L’interesse per i simboli e per l’organizzazione multistrutturale della composizione è sempre stato un nodo importante della sua estetica, dominata, fin dall’inizio, da esperimenti nell’astrazione, anche se mai in modo statico. Esemplare è la comparsa dell’elemento figurativo d’impronta realistica e comunque referenziale; una svolta rispetto al rigore dell’astrazione geometrica dominante nei suoi lavori precedenti. Astrattismo mai puro, però, ma calato in un paesaggio della memoria, ispirato a statue, o a maschere di tradizione mitologica: cavalli alati e altre figure archetipiche della classicità trasformate dal lavoro del tempo e dalla mano dell’artista contemporaneo in frammenti e in ibridi incroci. Figure comunque mai intere, nelle quali prevalgono le tinte del grigio, del nero, e i toni del chiaroscuro; mentre all’elemento astratto, mai abbandonato anche se in forme incompiute, è assegnata una forte vivacità cromatica, persino accecante. La cifra identitaria di Laura Migotto è la spirale, perseguita con una serialità che appartiene alla grafica nella quale l’artista si è formata e che è forse alla base di un’ estetica del segno nella quale quella figura sempre ritorna come simbolo generativo della creazione artistica, ricordando la grande conchiglia assunta a suo tempo (1978) da Giorgio Strehler a simbolo di una sua memorabile regia della Tempesta di William Shakespeare al Piccolo Teatro di Milano. Figura dell’infinito al quale aspira l’immaginazione dell’artista, ma anche figura dell’opera d’arte di per sé, che nel suo movimento si ricostruisce, secondo la formula tipica del postmoderno, sempre nuova e sempre uguale. “Sebbene cambiata rinasco identica”, recita il titolo di una composizione, a sua volta ri- iscritto sul capo riccioluto di un frammento di statua, collocato dentro il quadro in posizione simmetrica e opposta rispetto a una sezione dove il
linguaggio è decisamente astratto. Tuttavia Migotto lavora la spirale anche come figura che nel suo movimento di espansione e di autoricostruzione attira nel vortice oggetti diversi (si veda “Oggetti in costante mutamento”): tronchi fossili, una figura equina, un mezzo busto di bronzo sul quale la mano del tintore, secondo la definizione che dell’artista ha dato W.H.Auden di Shakespeare – inventore che di fatto è manipolatore di materiali esistenti - ha sovrapposto la vernice di colori brillanti e un collage di frammenti di esistenze altre. Ne risulta una sintesi felice della pratica multiforme di Migotto nelle arti visive: grafica, pittura, scultura, anche con suggestivo richiamo alla fascinazione del ritrovamento dei bronzi di Riace, sui quali una sottomarina natura organica si è inscritta , come una scrittura incisa nel metallo. In altre composizioni le figure del mondo classico sono lavorate in quanto frammenti che mostrano l’azione del tempo, prestandosi all’incisione di diversi segni, anche verbali, e alla sovrapposizione di tracce ancestrali : ombre, macchie, tracce di mondi in origine separati e indipendenti – antico e moderno, naturale e artificiale – che il movimento della spirale fa interagire, rendendoli necessari l’uno all’altro (“Lontano dove i ritorni esistono”). Si configura così la costruzione di un cosmo al centro del quale una spirale mette in contatto profondo, come la grande conchiglia della Tempesta shakespeariana, linguaggio geometrico, linguaggio scenico figurativo, linguaggio del colore. Accade tuttavia che in più composizioni la spirale venga trafitta da un segno rigido, di natura cuneiforme; un segno forte, che in un caso inquietante, come in “ Torre di guardia su un tempo in duplice espansione”, è direttamente assimilato alla lama di una spada, rivelando che l’aspirazione al senso e alla perfezione, espressi dalla potenza della spirale di espandersi all’infinito può , deve anzi, venire interrotta. Al nucleo originario dell’armonia è necessaria l’intromissione di un corpo estraneo, agente di una ferita che incide sulla visione del Kosmos immaginato dall’artista; e che Laura Migotto ci consegna come chiave di lettura non soltanto della sua opera, ma anche del nostro tempo.
Punti di forza in un vortice spazio-temporale, 2014, tecnica mista su tela, cm 170x110 Sebbene cambiata rinasco identica, 2014, tecnica mista e catrame su legno, cm 42x32 Lontano dove i ritorni esistono, 2012, tecnica mista su tela, cm 170x110
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Naturalis, 2014, tecnica mista su tela, cm 150x70
Oggetti in costante mutamento, 2011, dittico, tecnica mista su tela, cm 200x100 Sentinella di un moto perpetuo senza inizio nè fine, 2014, tecnica mista su legno, cm 42x32 (dettaglio) Eventi apparentemente casuali al limite di confini immaginari, 2013, trittico, olio acrilici e collage su tela, cm 330x120
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Sentinella di un moto in costante espansione, 2015, tecnica mista su tela, cm 170x110 Sentinella di un moto in costante espansione, (dettaglio) Ricordi dimenticati ai margini di un infinito esistente, 2014, tecnica mista su tela, cm 170x110
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Alter ego, 2014, dittico, tecnica mista su tela, cm 200x100
Arditi dubbi svaniscono e di foreste assopite sento il respiro, 2015, acrilici su legno, cm 49x36 Pioggia d’oro e abissi di silenzio. Ma dov’è il fragore del mare? 2015, acrilici su legno, cm 49x38
Alter ego (dettaglio)
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Giuseppe Resci THAT pLACE BETwEEN di Teresa Emanuele La scelta di esprimersi attraverso la fotografia non lascia a noi, scrittori della luce, altra scelta se non quella di appropriarci della realtà - di ciò che già c’è ed esiste - per farla nostra, con l’ambizioso intento di trasformare l’ordinario in qualcosa di straordinario. Non ci è dato il lusso, proprio di altre forme di arte, di creare, inventare ex novo. La fotografia sopperisce a questa lacuna creativa fornendoci un mezzo di trasfigurazione della realtà forse più sofisticato e pretenzioso di qualsiasi pennello: il bianco e nero. La tavolozza di colori che massifica la visuale collettiva si riduce così, nelle nostre menti, alla ripida scala di grigi che separa il nero dal bianco, la profondità dalla luce, il buio dalla visione. Non resta quindi che fermarsi ad osservare e, con l’immaginazione, trasfigurare quello che percepiamo a colori in una poesia, dove ombre e luci si sostituiscono, con altrettanta veemenza, all’intensità e versatilità della sfera cromatica che ci è i ntorno. Al dedito e riflessivo spirito di osservazione, caratteristico di chi fa del bianco e nero la propria parola, Giuseppe Resci affianca un veemente impeto personale e biografico, che sembra essersi risvegliato di recente da un lungo torpore. Nel susseguirsi di sfumature e contrasti che catturano gli occhi dello spettatore ignaro, è chiaro che lo slancio dell’artista sia alimentato da un impeto più profondo, viscerale. In effetti, pur avendo scoperto la magia del mezzo fotografico oltre trent’anni orsono, Resci ha voltato le spalle alla sua carriera di medico-odontoiatra appena dieci anni fa. Da allora ha costruito attorno a sé i presupposti per dedicarsi finalmente alla propria vocazione e ispirazione. Nel vissuto precendente, qualcosa lo aveva trattenuto: una fedeltà costretta alle scelte compiute e agli impegni presi. Resci sembra aver trovato nella fotografia il mezzo per raccontarsi. Ed è proprio attraverso le sue immagini che egli rivela le visioni più intime della propria esistenza, in un costante alternarsi di scelte e destino. “Quale arte, come la fotografia, intrattiene un rapporto così intimo, sensuale, corporeo con i filamenti più segreti della nostra memoria? Chi più di essa è capace di risvegliare ricordi sepolti, sensazioni rimosse, perdite o piaceri dimenticati negli abissi del tempo?” (Graziella Lonardi Buontempo, “La Camera dello Sguardo”, 2009). L’artista ha finalmente modo di dar vita concreta alla propria presa di coscienza, all’acquisita consapevolezza e con accesi contrasti disegna il suo passato delineando il suo futuro. La voglia di raccontarsi si alterna irruente ad un timido riserbo, ed il bianco e nero, ancora una volta, colora d’intenso visioni e ricordi. Un senso di inquietudine – il giusto contro l’errore, l’entusiasmo contro la paura – ha accompagnato l’artista nel suo lungo percorso dal dover essere a l’essere. Tormento e sofferenza sembrano permeare l’immagine Sun and Thorns; la tagliente sinuosità delle foglie di agave sembra aver graffiato, ferito, la pelle delicata dell’artista. Poi però, la stessa immagine guida chi guarda verso un serafico orizzonte, dove la calma è tornata per restare in un sereno atteggiamento di stabilità.
Resci cerca – e trova – il suo orizzonte. Attraverso la fotografia e nella fotografia stessa. I suoi occhi guardano ora alla vita con una serenità tutta nuova, pervasa da un entusiasmo fanciullesco. Gli scatti si fanno interpreti di una pacata risolutezza, in un alternarsi di staticità e moto, sapientemente rubati al tempo nel proprio picco di intensità. Resci sembra infatti conoscere il luogo infinitesimale dell’essenza dei gesti e lo cattura con fare impetuoso, per poi trovare una calma placida e solitaria di fronte al respiro statico di un paesaggio. Talvolta la grana, forte e ricercata, regala alle immagini una ruvida carezza materica; talaltra, i contorni appaiono amari e taglienti. I ritratti sono invece avvolti da una nube d’evanescenza. Giuseppe Resci instaura con ogni immagine un rapporto profondo, come se ognuna di esse rappresentasse uno specchio in grado di riflettere un momento, una storia, della sua vita. L’artista non nega un intimo coinvolgimento con ogni singolo scatto; di ognuno ricorda il luogo, l’anno, il titolo. Questo processo di archiviazione sembra tuttavia riguardare non tanto la sua produzione artistica, quanto i suoi ricordi. La collezione presentata appare coesa, seppur nella evidente diversità dei soggetti immortalati. La coerenza dell’artista, più emotiva che fotografica, diviene firma d’autore. Dalla sua formazione, Resci eredita un pragmatico amore per il particolare e un’inclinazione alla precisione. La dedizione e la meticolosità della professione medica riaffiorano oggi nella quotidianità creativa dell’artista che, con un raffinato processo di postproduzione, accarezza le immagini ad una ad una, andando così a delineare, in ognuna di esse, gli ultimi dettagli del proprio ricordo. Attraverso le finiture prima della stampa, Resci ricerca la certezza del suo messaggio. La carta diventa l’ultima pagina della storia di un momento, e una fra le tante possibili prime pagine del libro del proprio futuro. Il presente si riduce così a quel luogo sospeso, a quell’equilibrato istante, fra la consapevolezza di ciò che è stato e la matura inconsapevolezza di ciò che sarà.
The Wave, 2015, stampa Epson ink-jet su carta Hahnem端le Fine Art Baryta, cm 110x73, edizione di 3 Twins, 2011, stampa Epson ink-jet su carta Hahnem端le Fine Art Baryta, cm 60x40, edizione di 6 Undisclosed Desires, 2015, stampa Epson ink-jet su carta Hahnem端le Fine Art Baryta, cm 110x73, edizione di 3
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Priceless Glow, 2015, stampa Epson ink-jet su carta Hahnem端le Fine Art Baryta, cm 110x73, edizione di 3 Open Gate, 2011, stampa Epson ink-jet su carta Hahnem端le Fine Art Baryta, cm 40x60, edizione di 6 Soul Breath, 2015, stampa Epson ink-jet su carta Hahnem端le Fine Art Baryta, cm 110x73, edizione di 3
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Quarantagradi, 2011, stampa Epson ink-jet su carta Hahnem端le Fine Art Baryta, cm 52x35, edizione di 3 In Nomine Patris, 2014, stampa Epson ink-jet su carta Hahnem端le Fine Art Baryta, cm 40x60, edizione di 4 Crash, 2010, stampa Epson ink-jet su carta Hahnem端le Fine Art Baryta, cm 52x34, edizione di 4
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Old Barrow, 2011, stampa Epson ink-jet su carta Hahnem端le Fine Art Baryta, cm 60x40, edizione di 6 Wings, Nails and Daemons, 2014, stampa Epson ink-jet su carta Hahnem端le Fine Art Baryta, cm 60x40, edizione di 4 Caressing Grass, 2014, stampa Epson ink-jet su carta Hahnem端le Fine Art Baryta, cm 60x40, edizione di 4
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hale karaรงelik laura migotto giuseppe resci
Nuova Fiera di Roma, 15-18 maggio 2015