Numero 05

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€ 1,50 Anno 2 Numero 5

elettronica

Dj Arp

ska-rocksteady folkrock

hardcore writing pittura

teatro

luglio - settembre 2010

Ratapignata

Nur

To Ed Gein

Matz Carlo Murroni luce/buia. CyberPorn ArtReport Periodico di arte cultura spettacolo - Musica • Arti visive • Danza • Cinema • Teatro • Letteratura • Tradizione


Periodico di arte cultura spettacolo

Musica • Arti visive • Danza • Tradizione • Teatro • Letteratura

Direttore Mario Rosas

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Redazione Bettina Camedda, Maria Letizia Mereu, Valerio Mereu, Roberto Pili Nicoletta Rosas, Andrea Zaccolo redazione@artreport.it

Collaboratori Alex Bboy, Anna Fabiana Boi, Marco Cabras Stefano Ferrari, Jin Be, Maria Grazia Marilotti Leandro Melis, Francesco Nonnoi Stefano Obino, Alessio Piga, Oreste Pili Giacomo Pisano, Mauro Porcu Anna Federica Toro, Giuseppe Ungari Grafica e impaginazione Valerio Mereu grafico@artreport.it

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Stampa Publigrafic Via Morandi - 09134 Cagliari Tel. 070.506256 - 506266 - Fax 551298 In copertina Claudia “Bentesoi” by Agenzia RosasPress Registrazione presso il tribunale di Cagliari n° 7/09 del 23/04/2009 Registro Operatori Comunicazione n° 19414 Tutti i diritti di riproduzione degli articoli pubblicati sono riservati. Manoscritti, disegni e fotografie non si restituiscono. Il loro invio implica il consenso dell’autore alla pubblicazione. È vietata la riproduzione anche parziale di testi, documenti e fotografie. La responsabilità dei testi e delle immagini pubblicate è imputata ai soli autori. L’editore dichiara di aver ottenuto l’autorizzazione alla pubblicazione dei dati riportati nella rivista. INFORMATIVA AI SENSI DEL CODICE IN MATERIA DI PROTEZIONE DEI DATI PERSONALI Il decreto legislativo n. 196 del 30 giugno 2003 ha la finalità di garantire che il trattamento dei dati Vostri personali si svolga nel rispetto dei diritti, delle libertà fondamentali e delle dignità delle persone, con particolare riferimento alla riservatezza e all’identità personale. Vi informiamo, ai sensi dell’art. 13 del Codice, che i dati personali da Voi forniti ovvero altrimenti acquisiti nell’ambito dell’attività da noi svolta, potranno formare oggetto di trattamento, per le finalità connesse all’esercizio della nostra attività. Per trattamento di dati personali si intende la loro raccolta, registrazione, organizzazione, conservazione, elaborazione, modificazione, selezione, estrazione, raffronto, utilizzo, diffusione, cancellazione, distribuzione, interconnessione e quant’altro sia utile per l’esecuzione del Servizio, compresa la combinazione di due o più di tali operazioni. Il trattamento dei Vostri dati per le finalità sopraindicate avrà luogo prevalentemente con modalità automatizzate ed informatiche, sempre nel rispetto delle regole di riservatezza e di sicurezza previste dalla legge, e con procedure idonee alla tutela delle stesse. Il titolare del trattamento dei dati personali è ArtReport, con sede in via dei Visconti 43/45 a Cagliari, nella persona del legale rappresentante; responsabili del trattamento sono i dipendenti e/o professionisti incaricati da ArtReport, i quali svolgono le suddette attività sotto la sua diretta supervisione e responsabilità. Il conferimento dei dati personale da parte Vostra è assolutamente facoltativo; tuttavia l’eventuale vostro rifiuto ci rende impossibile l’esecuzione di alcun adempimento contrattuale. I dati, o alcuni di essi, per i fini di cui dianzi, potranno essere comunicati a: - soggetti esterni che svolgano funzioni connesse e strumentali all’operatività del Servizio, come, a puro titolo esemplificativo, la gestione del sistema informatico, l’assistenza e consulenza in materia contabile, amministrativa, legale, tributaria e finanziaria; - soggetti cui la facoltà di accedere ai dati sia riconosciuta da disposizioni di legge o da ordini delle autorità.

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Editoriale di Mario Rosas

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Cari Lettori,

occhio al calendario, se questa fosse una rivista qualunque vi trovereste innanzi a un preambolo formato cartolina, sullo sfondo ambite spiagge da frequentare, locali in voga e improbabili diete a base di carota per raggiungere un’abbronzatura che neanche ai Caraibi. Ma se questa non è la solita rivista da portare sotto l’ombrellone, neppure voi, del resto, siete i soliti lettori da accontentare a suon di gossip e notiziole. Per questo numero, estivo tanto quanto quelli che lo hanno preceduto –– su questi lidi fa caldo tutti i mesi dell’anno –– andremo su è giù come il funambolico yo-yo di Albertino, tra il passato e il presente delle suadenti launeddas di Nicola Agus, l’acclarata bravura dei Ratapignata e il writing di Matz, non senza dare voce a mondi che meritano di essere raccontati, conosciuti e apprezzati. Correte, paletta e rastrello al seguito, la scoperta vi attende. Buona lettura! Mario Rosas



Numero 5 luglio - settembre 2010

14

Sommario 8 To ed Gein Missione: destabilizzare 10 Nur Tenores, blues e sutra

12 The Giannies

Ritorno al passato

14 Ratapignata

Pipistrelli che alla notte accompagnano le note

16 Dj Arp Xp

Il Drum & Bass che ha passato i confini

18 Isla Sound System

Viaggio all’interno del reggae from Sardinia

20 Misfits

Il concerto live in San Sperate

22 Matz

Writing tra passato, presente e futuro

24 Poster

II convention di giocoleria in Sardegna

26 Albertino...

...And the yo-yo culture

22


Numero 5 luglio - settembre 2010

32 Lucido Sottile

Luce buia cyber porn

33 Come mi batte forte il tuo cuore Il nuovo libro di Benedetta Tobagi

34 Aprile in libertĂ

Reportage sul concerto del 25 aprile

41 Carletto Murroni

Arte incisa nel profondo

44 Concerto di musica sinfonica

38

prova riuscita per gli allievi del conservatorio di Caglari

Rubriche Parole a Fumetti La Pagina Di Saffo Click Zone Cultura e Tradizione

Launeddas: ad ogni canna le giuste note

28 30 37 38

Lingua... in sardu 42

16

Sa lingua sarda a iscola

24


TO ED GEIN

MISSIONE: DESTABILIZZARE

di Leandro Melis ph. Roberto Pili

S

ei ragazzi di Olbia provenienti da diverse realtà musicali della loro città: sono i TO ED GEIN. Salvatore suona la batteria, Fabrizio e Maurizio cantano, Luca e Raffaele suonano le chitarre e Michele il basso. Da questa unione è nata una band dedita all’hardcore di stampo americano, stile west coast, che suona con passione ed energia da vendere unita ad una tecnica impeccabile. I To Ed Gein sono tra i più attivi sia in terra sarda che su territorio nazionale. Ascoltate il loro omonimo disco per farvi un’idea del loro suono: mentre lo fate, leggete queste righe per rendervi conto di chi avete davanti.

Ciao ragazzi! Quando avete deciso di formare i TO ED GEIN? Nasciamo da costole di vari gruppi che per vari motivi adesso non esistono più. Ci conosciamo tutti da molto tempo e questo ci ha aiutato nella nascita del progetto TOEDGEIN. Volevamo suonare musica veloce e divertente magari provando a destabilizzare il clichè del solito suono punk/ hardcore! L’impatto con la vostra musica ricorda le sonorità dell’hardcore newyorchese tra vecchia e nuova scuola, quali sono le vostre ispirazioni? Per noi è un complimento! Musicalmente siamo tutti nati, più o meno, con il punk rock di stampo americano, l’ hc melodico anni ‘90 (quello di Epitaph, Fat Wreck e Burning Heart, per intenderci); adoriamo la ritmica dei Sick Of It All, H2O e Suicidal Tendencies. Loro sono il nostro pane quotidiano, senza tralasciare le melodie dei Bad Religion e la semplicità spavalda dei minor threat, gorilla biscuits e tutta la scena positiva della seconda metà degli anni ‘80. Quali sono le vostre produzioni discografiche? Come vi muovete per promuovere la vostra musica, sia a livello di distribuzione discografica che per l’organizzazione dei concerti? Per quanto riguarda l’organizzazione dei concerti noi non diciamo mai NO, suoniamo sempre e dappertutto. Crediamo che l’approccio live sia la cosa più importante, ormai i cd e i dischi li comprano solo amici e collezionisti. Per quanto riguarda la produzione e distribuzione siamo appoggiati dalla Hammer Of Sardinia dei nostri amici Tonino (bassista dei Roll

Call) e Fabrizio (chitarra dei Ciurma Skins), loro hanno creduto in noi e hanno coprodotto il cd (l’unico per adesso) insieme a dei nostri cari amici del basso Molise: Brother and Brother records. Il cd è stato poi ristampato in una versione speciale per i paesi europei da Blodcloth Records e negli States da Stand Not Surrend Records, distribuito anche su www.interpunk.com e negli store online. La vostra band si muove tantissimo dal vivo. In questi anni avete fatto tantissimi concerti nella nostra isola e anche nel resto dell’Italia. Quali affinità e quali differenze? La Sardegna è un posto meraviglioso dove poter suonare, ogni volta è un festa e l’orecchio dell’ascoltatore sardo è molto esigente, se non piaci ti snobba sul serio. Nella Penisola la situazione è simile, però sono più abituati alla realtà dei concerti, che siano hardcore o altro. A volte per fargli muovere il culo bi-


I To Ed Gein mentre posano per ArtReport alla stazione ferroviaria di Olbia

sogna davvero lavorare! Ma la nostra fetta di pubblico siamo riusciti a conquistarcela e anche “fuori” riusciamo a uscirne soddisfatti dalle serate. Avete accompagnato band di fama mondiale e calcato anche il palco Heineken jammin’ festival , come vi siete sentiti? Suonare con i Sick of it all, gli Adolescents e gli Ignite per noi è stato davvero un sogno! Vivere un’intera giornata, mangiare e bere con loro e calcare lo stesso palco, credo sia stata la cosa migliore che ci potesse capitare. Per quanto riguarda l’Heineken jammin’ fest ricordiamo: la sbronza della notte prima del concerto, la sbronza del giorno del concerto, il caldo, il palco immenso, i pass che ci davano il via libera a tutti gli stage, i queens of the stone age che dal vivo sono veramente uno spettacolo, una bottiglia di grappa rubata in hotel e regalata a Pino Scotto e i Sex Pistols vecchi, ingrassati che facevano le rockstar! Bello!

Tra i piccoli locali e i grandi palchi, quale dimensione live vi entusiasma di più? I grandi palchi ci fanno cagare! I suoni sono sempre pessimi e lo show risulta dispersivo. L’unico vantaggio è che i cantanti hanno più spazio per potersi sfogare e fare le scimmie. I piccoli locali sono più accessibili, il contatto con la gente è familiare ed è bello quando si crea veramente “una gabbia di matti” e l’accordatura ne risente a causa di colpi vari… Cosa dobbiamo aspettarci dai TO ED GEIN? Un cd nuovo se volete! Abbiamo già nove pezzi freschi freschi e dobbiamo solo decidere quando e dove registrarli. Noi abbiamo tanta voglia di suonare; siamo un gruppo di amici che si vogliono bene e credono in quello che fanno. Spetta sempre a chi ti segue continuare a farlo e spargere il verbo! www.myspace.com/toedgein


Tenores, blues e sutra.

di Fabiana Boi ph. Roberto Pili

I

l refrain delle interviste ai Nur è il passato di Massimo Loriga nei Kenze Neke, ma a noi piace ricordare Enrico Frongia negli Argia, l’amore per il blues di Daniele QQ, e l’interesse del gruppo per la tradizione, nell’accezione di tramandare il passato senza cristallizzarlo. A cinque anni dal ristampato Chentu colores arriva Nemos. Un viaggio senza preconcetti nella musica, come ci ha spiegato Massimo Loriga. In Chentu Colores erano presenti molte sovrapposizioni vocali sullo stile del canto a tenore. Qui ce ne sono molte di più. Omar Bandinu, su bassu del tenore Mialinu di Bitti, collabora con i suoi vocalizzi a due brani. Non siamo ancora riusciti a inserire il canto in campidanese. Non ho problemi di comprensione, ma serie difficoltà a parlarlo e la mia pronuncia è pessima. Penso che invece Enrico non abbia difficoltà alcuna. E dopo Chentu Colores cos’è cambiato? Non c’è Paolo Berria, che ha lavorato in quel disco. Abbiamo introdotto nuovi strumenti, siamo diventati più attenti a riportare la tradizione, perché in questo disco ci saranno molti balli, ma anche una vena più mistica, psichedelica. Abbiamo usato alcuni stru-

menti della tradizione mediorientale e si sente nelle atmosfere. Collabora di nuovo con noi Sandro Fresi, alla ghironda. C’è Alessio Sanna, col moog, e Arrogalla, che ha realizzato una bonus track del brano Nemos in versione dub. C’è la tradizione canonica, ma anche musica elettronica, rithm’n blues, e brani assolutamente rock –blues. Rispetto al passato abbiamo virato su musiche un po’ più allegre, inizialmente eravamo più riflessivi. Abbiamo cercato di evitare di registrare ogni strumento da solo, la musica perderebbe spontaneità. Infatti, alcuni balli sono registrati in diretta, ma per le voci e gli strumenti che suono io è stato assolutamente necessario sovra incidere. C’è di tutto in Nemos. Per certi versi è il disco che più si avvicina alla tradizione, ma contemporaneamente è quello più sperimentale. Per esempio un brano si chiama Gosos: i ‘gosos’ sono canti religiosi di origine iberica, si pensa con influssi arabi. Nel suonarlo è riemerso da sé, senza nessuna forzatura, l’influsso arabeggiante. Poi il brano che da’ il titolo al disco: Nemos. Parliamone. Nemos vuol dire nessuno, il testo del brano omonimo parla di lui. Fingiamo che sia una persona. Il brano inizia così: «Dono al vento le mie brame, che


In

anteprima il nuovo album dei Nur

I NUR. Da sinistra: Daniele QQ Cuccu: chitarre, mandola, laud, sulittu, trunfa. Alessandro Picciau: batteria. Massimo Perra: organetto, fisarmonica, percussioni. Valter Spada: basso. Massimo Loriga: voce, sax, armonica, flauto, sulittu, trunfa. Enrico Frongia: voce.

le possa disperdere nell’aria». Nemos abbandona tutto, cerca di vivere il presente, senza trascinarsi sulle spalle il passato e senza anticipare il futuro. Si vorrebbe proporre qui e ora, senza preconcetti. Così come la musica in Nemos: è veramente un viaggio senza preconcetti. Credo che tutte le musiche, se fatte bene siano buone. Non amo certo la musica da discoteca, però anche quel genere, in un certo contesto, potrebbe non dispiacermi troppo. Qui dentro c’è veramente di tutto. Inoltre il brano Nemos contiene alcuni frammenti di un antico sutra buddista, passato dal sanscrito al cinese, e poi al giapponese. Un sutra scelto perché parla sempre del concetto di presente eterno, cui bisogna aspirare, vivere l’istante. Senza alcuna motivazione religiosa. E’ stato infine tradotto in sardo. Da qui, suppongo, la grafica della copertina… La copertina del disco ribadisce graficamente il concetto del brano Nemos. Il boe simbolo dei Nur stavolta ha un corpo, in posizione da meditazione. Una sorta di Buddha, e sullo sfondo, non il tipico fiore di loto, ma un rosone di cassapanca sarda, che sembra un sole. Si ispira molto ai dischi della psichedelia degli anni ‘60 e dei primi ‘70. Se ne sta occupando Alessandro Sanna della Nootempo records, il cantante dei Sa Razza.

Si scivola nella world music. Anche se è un concetto molto vago, ci siamo rientrati subito. Gran parte dei gruppi che cantano in sardo in Sardegna fanno musica pop, lontana da noi. Siamo dei conoscitori, lo dico con immodestia, della tradizione, dietro alle musiche c’è molto studio. Per migliorare la ricerca mi sono iscritto al Conservatorio in Etnomusicologia. Massimo Perra è un suonatore di organetto eccezionale di provata esperienza, Daniele è un grandissimo appassionato di canto a tenore, ha ballato nei gruppi folk. Enrico Frongia ha una voce particolarissima e ha fatto di tutto, ovunque. Però il nostro retaggio è decisamente Rock e ci ispiriamo più ai Jehtro Tull o al progressive, anziché ad altri. Abbiamo dei cultori che, lo dico sempre con immodestia, hanno un buon livello culturale. Solo per il fatto di cantare in sardo veniamo collocati automaticamente nel calderone dei gruppi di pop etnico, con il quale non abbiamo molto a che fare. E non possiamo sicuramente competere con il loro carattere commerciale. www.nuronweb.com www.myspace.com/nuronline


The Giannies

di Leandro Melis ph. Roberto Pili

R

icordate Ritorno al futuro? E il giovanissimo Michael J. Fox nei panni di Marty McFly esibirsi nei primi anni cinquanta per l’ignara folla in un ballo scolastico suonando Johnny Bee Good dell’indomito Chuck Berry? Ricordate le espressioni di sgomento e sorpresa dei partecipanti nel sentire la grinta di quelle note? Bene. Quella DeLorean che trasportò Marty indietro nel tempo deve esser senz’altro passata per Santu Lussurgiu, deve aver caricato Diego, Mauro, Daniele e Gianluca e fermandosi un po’ verso la fine degli anni settanta, deve averli trasportati nell’America dei fifties. I quattro, cresciuti con pane e pecorino, con il punk rock, l’heavy metal degli anni novanta, ritrovatisi in un epoca non loro si sono reinventati il rock’n’roll e hanno tirato fuori una band validissima, attiva nell’ambito d.i.y (do it yourself, n.d.r.). Un suono che colpisce e trascina a ballare chiunque capiti sotto tiro. La parola a Diego, cantante e portavoce dei Giannes Ragazzi spiegateci come è possibile che nel ventunesimo secolo in un piccolo paese del centro Sardegna, Santu Lussurgiu, nasca un gruppo stile The Giannies? Accade perché nel ventunesimo secolo la musica del diavolo emoziona ancora. Possiede ancora quella spinta primordiale che ti fa muovere il culo, che ti prende completamente le gambe, il cervello, le braccia. Il rock’n’roll devi sudarlo, viverlo completamente. È un’esperienza semplice ma impossibile da dimenticare. Questa è la sua fortuna. Il vostro genere ricorda il rock’n’roll dei 50’s, quali sono le vostre influenze musicali? Si può parlare di rock’n’roll ‘inconsapevole’? Sia io che Mauro, il batterista, abbiamo sempre avuto una predilezione per il rock’n’roll, senza però approfondirne la conoscenza. I riferimenti erano svariati, da Hives a Hormonauts passando per i Gluecifer, ma abbiamo sempre guardato più al punk rock, sia di stampo inglese che californiano. Quando è nata l’idea di mettere su una band rock’n’roll abbiamo

chiamato Daniele, vecchio compagno di classe di Mauro, che sapevamo essere un bravo chitarrista. Ci si è presentato questo super metallaro, con tanto di chitarra degli Slayer e ipervelocità negli assoli, andato alla ‘scuola’ di Pantera e Metallica per anni e anni. Con lui e con Gianluca, bassista, abbiamo fatto le prime prove. L’idea era quella di fare rock’n’roll. In quel periodo un amico mi ha passato una raccolta di quattro dischi sul rock’n’roll degli anni Cinquanta piena di maestri come Chuck Berry, Elvis Presley e Bill Haley. Abbiamo ascoltato e d’istinto ci siamo messi a fare le cover di quelle vecchie canzoni, senza curarci del suono, della ritmica giusta o della velocità. È venuto fuori questo punk rock’n’roll che ci ha entusiasmato all’istante. È stato molto bello perché il non avere dei riferimenti stilistici propri di quella musica ci ha fatto fare tutto con la libertà più assoluta. Abbiamo creato un suono, che può pure non piacere, ma è nostro. La vostra attività live è molto intensa, suonate in tutte le occasioni anche le più improbabili. Come vivete questa dimensione che caratterizza il vostro gruppo? Il live è l’essenza dei Giannies. I litri di sudore persi sul palco sono il sangue di questo gruppo. Abbiamo passato i nostri primi due anni suonando in continuazione. In Sardegna abbiamo praticamente suonato dappertutto. Nei locali, i tzillerisi, in spiaggia, ai matrimoni.


Sullo sfondo i The Giannies: da sinistra, Gianni D - chitarra; Gianni C - voce; Gianni LP - basso; Gianni M batteria.

Reggere un ritmo del genere è veramente difficile, quindi ora suoniamo in minore misura rispetto a prima. Ma la regola è sempre la stessa. Ogni palco è importante, che ci siano dieci persone, che ce ne siano mille. Avete fatto anche dei tour nello stivale, come siete riusciti a organizzarli? I tour nella penisola sono nati da collaborazioni e scambi con altri gruppi. Il primo, nel nord Italia, è avvenuto grazie all’apporto del gruppo Cranchi Boy e il perfido Porfido, con la collaborazione di Brinca per una data bolognese, mentre gli altri si sono rivolti alla Puglia, posto a cui ormai siamo molto affezionati, ed è stato reso possibile dallo scambio con i Rekkiabilly, gruppo rockabilly barese che tornerà presto in Sardegna e di cui vi consiglio vivamente l’ascolto. Inutile dire che sono stati giorni indimenticabili, emozionanti, per certi versi esilaranti. Ora stiamo cercando di lavorare ad un prossimo tour estivo, ad Agosto. Ne abbiamo bisogno! Fino ad oggi cosa avete pubblicato? Cos’altro bolle in pentola? Ad oggi abbiamo all’attivo un demo di due canzoni uscito tre mesi dopo il nostro primo ‘incontro’ e la partecipazione a diverse compilation nazionali ma soprattutto, un anno e mezzo fa, abbiamo dato alle stampe I feel Allright, il nostro primo disco, completamente autoprodotto nella sua prima stampa e in seguito ristampato con l’apporto di quattro etichette estere. Siamo molto fieri di quel disco. È colmo di sbagli ma rappresenta al meglio il

nostro suono ed il clima in cui le canzoni sono state scritte. Ora stiamo lavorando a Wastin’ my days, un 7 che spero uscirà prima dell’estate, anticipando il lavoro per il prossimo disco. Lo produrremo con la nostra piccola etichetta Talk About e attualmente siamo alla ricerca di altri coproduttori. Come siete entrati in contatto con l’etichetta americana che vi ha ristampato I feel allright? L’incontro con la newyorkese Sliptrick records è avvenuto in quella piazza virtuale tanto cara a noi musicisti: MySpace. Ho passato mesi a mandare mail ad etichette sparse per tutto il mondo. Sliptrick si è dimostrata subito disponibilissima, ha coprodotto la metà delle copie delle ristampa lasciando il resto del lavoro alle tedesche Subwix e That Lux Good Records, alla russa Outcry Records e alla nostra Talk About records. Un lavoro corale che ha portato I feel All right in giro per il mondo. Avete dato i natali alla Talk about records una piccola etichetta indipendente che si muove nel campo dell’autoproduzione. Quale è il vostro punto di vista in merito? Talk about nasce in seguito alla scoperta del mondo d.i.y. Talk about rock’n’roll è un piccolo festival che abbiamo organizzato a Santu Lussurgiu. Da questo nome è nata l’idea di dare prima di tutto un marchio alle nostre produzioni e di cominciare ad operare a favore della musica indipendente. Abbiamo coprodotto, oltre a I feel All right, il secondo disco dei K’e’k’em ed organizzato diversi live a gruppi non sardi. Ora ci prepariamo a schiacciare l’acceleratore su questo progetto, che vuole essere una piccola etichetta indipendente ma funzionare anche come agenzia booking, supportando le band che ci piacciono, al di là del genere musicale, della distanza. La musica è la prima cosa. Vi ringraziamo di cuore per lo spazio, esiste il bisogno di realtà come Art Report. www.thegiannies.com www.myspace.com/thegiannies


Ratapignata

di Bettina Camedda ph.Roberto Pili

L

a loro formazione nasce nell’autunno del 1998: 6 ragazzi provenienti da diverse realtà musicali e affascinati da più generi decidono di unirsi e dare vita a un nuovo gruppo: i Ratapignata. Messa da parte la matrice ska-punk che caratterizzava i Senso Unico, un noto gruppo del quale alcuni dei Ratapignata facevano parte in precedenza, decidono di abbattere i limiti di una scelta stilistica musicale già in voga in Sardegna per creare qualcosa di nuovo, qualcosa che fosse solo loro. Ricercano sonorità lontane, amano sperimentare più suoni, passano dallo ska-punk fino a raggiungere le radici giamaicane dello ska degli anni’70 per poi farle proprie. Nel 1999 i primi concerti, fra i quali fanno da spalla insieme agli Skamiska al gruppo Radici nel cemento. Il pubblico inizia a conoscerli e a apprezzarli. I Ratapignata si fanno largo con una loro produzione musicale. Il repertorio: 7 brani autoriali, musiche composte in sala collettivamente e testi scritti nella stragrande maggioranza dal cantante Emanuele Pittoni.

Sullo sfondo i Ratapignata: da sinistra, Maurizio Marzo - chitarra; Corrado Loi - Bassista; Simone Sedda Batterista; Francesco Bachis - Tromba; Emanuele “Lele” Pittoni - voce; Massimo Mura percussioni; Igor Baglivi - chitarra.


pipistrelliaccompagnano che alla notte le note

Intanto la formazione subisce alcuni cambiamenti ma il “pipistrello”, significato del termine Ratapignata, vola alto e senza sosta: cresce la produzione musicale, si scrivono più brani. Oggi della formazione originaria sono rimasti in tre: Lele Pittoni, voce, Francesco Bachis, tromba e cori, e Simone Sedda, batteria ai quali si sono aggiunti Corrado Loi, basso, Igor Baglivi, chitarra Maurizio Floris, sax, Eugenio Aresu, percussioni e live electronics, Gianluca Pitzalis, trombone. Un processo stilistico musicale, quello dei Ratapignata, che si è voluto nei dieci anni di musica e che ha dato vita a due dischi Sighi sighi e Sonu’e magasinu. Il segreto del loro successo? Il talento, che c’è sempre stato e ormai cresciuto attraverso lo studio della musica e la voglia continua di migliorarsi; la passione per la musica, che trasuda da ogni testo e in ogni nota e i loro live che ne sono la dimostrazione. Energia allo stato puro, note cariche di solarità, vita e voglia di divertirsi sono le caratteristiche che rendono indissolubile il legame tra i Ratapignata e il pubblico che si entusiasma ad ogni concerto. www.ratapignata.org www.myspace.com/saratapignata


DJ Arp Xp

di Stefano Ferrari ph. Roberto Pili

S

e si parla della drum and bass prodotta in Sardegna allora non si può fare a meno di pensare e aver voglia di ascoltare la musica di DJ Arp, figura di riferimento della drum’n’bass che ha scavalcato i confini isolani e persino nazionali. Con questa intervista vogliamo presentarvelo sotto inedite sfaccettature. Partiamo dalle origini, quando sono cominciati i tuoi primi approcci alla musica e cosa ascoltavi e suonavi in quel periodo? Ho iniziato a suonare la chitarra da bambino ma senza troppo entusiasmo. Da adolescente, grazie alla passione per la musica rock e metal, ho scoperto uno strumento fantastico come il basso, senza il quale di certo non avrei intrapreso l’attuale cammino. Come sei arrivato alla drum’n’ bass e quali sono stati gli artisti che ti hanno più influenzato? Il mio primo approccio è stato incerto. Ero troppo legato alla musica ‘suonata’, non potevo tollerare che si facesse della musica senza ‘suonarla’. L’album New Forms di Roni Size & Reprazent, ha stravolto tutto. Quando hai iniziato a produrre i tuoi primi pezzi e fare le tue prime serate come DJ? Ho iniziato a produrre alla fine degli anni novanta, usando il pc e delle inutili groovebox. In seguito, grazie all’incontro con alcuni dj e produttori, tra cui Maver, Valdes, Sygo, Rollers Inc, ho iniziato a mixare e a fare serate a Cagliari e in giro per l’Italia, anche grazie alle prime

uscite in Inghilterra con gli Smoke e con le partecipazioni alle compilation Italian Bassline. Cosa ti piace in particolar modo della professione di dj? Mi permette di proporre la musica che produco e mi dà l’immediato feedback del pubblico, fondamentale per capire se si sta lavorando bene. Fare il dj mi dà inoltre la possibilità di viaggiare e incontrare tantissime realtà in giro per l’Europa. La Drum ‘n’ Bass è un genere che negli ultimi anni si è evoluto molto, talvolta allontanandosi parecchio dagli elementi che lo caratterizzano, secondo te come si evolverà in futuro? La direzione che si sta prendendo è quella di rendere la drum’n’bass un genere più elastico e aperto alle contaminazioni degli altri generi elettronici ‘cugini’ come dubstep e techno. Alcuni produttori come Sabre, Instra:mental, Alix Perez, stanno rivoluzionando il concetto stesso di produzione, meno legata all’impatto sonoro e più rivolta alla ricerca di nuove sperimentazioni. Il producer è tornato ad essere più musicista/creativo e meno engineer/tecnico. E la tua musica che direzione ha intrapreso? Sto cercando di produrre senza l’obbligo di rispettare canoni specifici o standard che ingabbiano spesso la possibilità creativa. Ho realizzato alcuni singoli dubstep ed è in uscita un nuovo disco in cui un lato è un chiaro richiamo alla UkGarage anni novanta mentre l’altro è nato dall’incontro tra influenze dubstep e techno. Per quali etichette stai lavorando al momento?

Le mie tracce sono uscite su Critical (UK), IM:Ltd (FR), Modulate (IT), Elastica (IT), Essence of Dub (UK) e tante altre. In uscita ho alcuni singoli su Nu Directions, IM:Ltd, un remix per l’etichetta polacca Addiction e un remix per il gruppo sardo dei Sikitikis. Ogni estate a San Teodoro si tiene il festival “SUN and Bass” per cui collabori, ce ne vuoi parlare? Il Festival è il più importante appuntamento del mondo con la drum’n’bass. Sono strafelice di farne parte in qualità di collaboratore e soprattutto come DJ resident. È una grande opportunità per scambiare contatti e materiale con numerosi addetti ai lavori, alcuni veramente importanti. Per fare un esempio, nella scorsa edizione abbiamo avuto l’onore di portare con noi Goldie, il più importante esponente del genere. Vista la tua lunga esperienza nel genere, quali consigli daresti a chi inizia ad accostarsi alla drum’n’bass sia come Dj che produttore? Consiglio di ascoltare con attenzione centinaia e centinaia di dischi, vecchi e nuovi. Quali sono i tuoi progetti e le eventuali collaborazioni per il futuro? Insieme a due amici, Andrea Tramonte e Neeva, abbiamo tirato su una mini label chiamata On2Sides, che ha la particolarità di non basarsi su un genere specifico, ma spazia tra le produzioni sarde più varie e soprattutto le stamperemo su cassetta! www.myspace.com/arpexperiment


il

drum and bass

che ha passato

i

confini


ISLA SOUND system

di Marco Cabras ph. Roberto Pili

A

rt Report dà voce agli interpreti dell’espressione sound system del genere reggae. Nella splendida cornice in notturna della città di Cagliari i due componenti degli Isla Sound: Micfo e Luca De Vita. Dopo diversi gruppi reggae isolani oggi esploriamo un altro versante del reggae sardo: quali sono i suoi tratti distintivi? Noi siamo un sound system, una cosa diversa dal gruppo che suona in presenza del dj, sebbene abbiamo anche noi le nostre porzioni live. Inoltre siamo promotori di reggae; come sound system ci ispiriamo ai sound giamaicani degli anni Ottanta che, insieme alla dancehall e alla selezione di dischi, creavano anche delle forme di live con dei singer che cantavano sopra le basi, un po’ come succede nell’hip hop: si eseguivano vere e proprie canzoni sia scritte che in freestyle. Anche noi facciamo degli showcase, un misto di live e dj. In aggiunta organizziamo serate con band affini alla nostra in quanto miriamo a portare avanti il reggae sardo. Per questo ci avvaliamo di molti singer isolani, cerchiamo ragazzi che hanno particolari doti per cantare su riddim anche se non provengono dal reggae. Un esempio è Ciccittu dei Ganasana che fa hip hop ed è bravissimo anche su riddim reggae. Cos’è il riddim? È la base, il suo nome viene da rhythm (ritmo). La scelta di cantare sopra le basi o musiche di altri era già in voga dagli anni Sessanta col soul. Si faceva anche in Italia ma in Giamaica è rimasto fino ad oggi e ci sono dei produttori specializzati che si occupano solo di riddim e ci fanno cantare sopra dei cantanti. Il reggae comunque non gira tutto solamente su riddim ma anche su basi originali. Quando è nato il vostro gruppo?

Isla sound nasce nel 2003. All’inizio era solo un sound system classico da dancehall, oltre a selezionare i dischi c’era la presenza dell’Mc che accompagnava il pubblico e cantava qualche pezzo. Dal 2003 la formazione è cambiata, prima eravamo in tre, ora siamo sei escludendo i cantanti che girano a seconda dei live. infatti organizziamo anche live di gruppi sardi e artisti internazionali. Col tempo, a furia di girare tutta la Sardegna, ci siamo fatti una discreta esperienza. Ormai ci definiamo polivalenti, facciamo un po’ tutto: dal volantinaggio al pierraggio, dall’Mc al selecta, dal montare allo smontare l’impianto. I componenti sono: Luca De Vita, Momar Gaye (anche cantante degli Zaman di Cagliari), Micfo, Renz (dagli Arrokibi Roots di Mogoro) Siro, Quadio (dai Mamavibe di Serramanna). Cos’è Sardegna in Levare? Di quale altro aspetto del vostro mondo tratta? Sardegna in Levare è il primo sito sardo reggae fondato da Paolo Carta che ha fatto dal 2004 la vetrina del reggae in Sardegna, si tratta dunque di un altro aspetto della promozione in tutti gli ambiti, dalla strada e dai live a internet, insomma. Quale messaggio porta il reggae nel 2010? Da sempre il reggae ha portato avanti un messaggio di pace e di unione, esprimendosi in favore della rivalsa sociale di quei popoli sempre oppressi nella storia, ha cantato il rientro dei popoli neri in Africa e la loro voglia di esprimere desideri di libertà. Col


Da sinistra: De Vita - selecta dj; Renz - selecta mc; Micfo selecta dj.

Viaggio all’interno del

REGGAE

from Sardinia

passare del tempo si è evoluto sviluppandosi in diverse ramificazioni, con musica anche differente però facente sempre capo alla musica giamaicana, esiste infatti chi usa il reggae per mandare messaggi non proprio benevoli. Il reggae nasce come musica quindi è normale che mandi tanti messaggi, compresi quelli negativi, che nello specifico disdegniamo. Alcune scene, come quella giamaicana oggi (seppur non totalmente), sono molto commerciali, noi non amiamo il reggae attuale in questa forma, se perde il levare non è più reggae. Abbiamo capito che nel reggae ci sono diversi stili e diverse anime, riuscite a farmi un rapido quadro generale sui vari generi? C’è da dire che noi siamo contro la violenza nella musica, quindi alcuni artisti da noi non hanno tutto quel rispetto. Parliamo però dei generi che selezioniamo e che rispecchiano buona parte del pianeta reggae. In ordine cronologico lo ska , se volete ascoltare uno dei migliori gruppi ska non si possono non ascoltare gli Skatalites; l’early reggae ovvero il primo reggae di cui un gran gruppo sono stati i Toots and the Maytals; il reggae rocker degli anni Settanta che è quello che presenta testi conscious legati al rastafarianesimo e all’Africa in generale i cui esponenti principali sono Jacob Miller, Peter Tosh, Bob Marley e tanti altri; il rub a dub (una delle nostre passioni) che deriva dal dj style e ha un modo di ballare particolare e una filosofia tutta sua, gli esponenti sono molti tra cui Lone

Ranger e Ranking Joe; il dub che è un genere a sè nasce negli anni Settanta insieme al roots, di cui King Tubby e Lee Perry sono i maggiori esponenti, poi il digital reggae anni Ottanta che è il primo raggamuffin, all’interno del quale vogliamo segnalare il grande Admiral Bailey e come produttore King Jammy; dal Duemila si è aggiunto il new roots che è un reggae più moderno che si rifà al rocker ma fruisce di sonorità più moderne (Alborosie, Anthony b, Sizzla tra i maggiori esponenti). In conclusione la dancehall ma è il genere che suoniamo meno. Con chi avete avuto il piacere di dividere il palco o la consolle di recente? Nell’arco di questi anni abbiamo promosso e organizzato live e showcase con artisti come Vibronics (UK), Ziontrain(UK), General Levy (UK), Turbulence (Ja), Dr Ring Ding (Germany), Dan I (Italia, Ve), Brusco (Italia, Rm), Sardinia Bass Legalize (Sardegna, Ca/ Ol), Brother culture (UK), Roots Man I (Italia, Ca/Fi), Dr Boost (Italia, Olbia), Shaka Root (Italia, CI), Smoke (Italia, Mi), Michelangelo Buonarroti band (Italia, Firenze),Train To Roots Band (Italia, Ca), Zaman band (Sardinia/Senegal), Arrokibi Roots Band (Italia, Or), Arawak (Italia, Sassari), Mamavibe Band (Italia, Ca), Bunna from Africa Unite. È una lunga lista! Inoltre nel 2009 abbiamo seguito la Sound System’s Area al Sardinia Reggae Festival di Banari dove si sono esibiti numerosi sound system italiani e sardi. Qual è il sogno degli Isla Sound? Pensiamo sia quello di ogni artista: vivere di musica e magari provare a camparci un po’. Ci piacerebbe che la promozione diventasse un lavoro vero e proprio, ci piacciono molto gli aspetti organizzativi e soprattutto con Isla ci divertiamo sia nel lavorare agli eventi che nel vivere le serate. Ci troverete in giro per la Sardegna anche questa estate. Provare per credere! www.myspace.com/islasoundsystem2


LIVE IN

SAN SPERATE

di Leandro Melis ph. Roberto Pili

L

Le band che hanno supportato il concerto dei Misfits organizzato dall’associazione KUNTRA il 16 aprile 2010 a San Sperate: In alto The Giannies. In basso il Teatro degli orrori

a Sardegna si conferma una terra molto ospitale per la musica rock. San Sperate, piccolo centro del campidano, noto per i suoi murales, ha accolto con grande partecipazione i Misfits dinosauri del punk, Il teatro degli orrori una delle band rock più seguite in Italia e i The Giannies, giovani punksters sardi con il rock’n’roll dei fifties nelle vene. Più di mille persone sono accorse al campo sportivo comunale per gustarsi il lieto evento. I Misfits, attivi dall’inizio degli anni ’80, richiamano una marea di gente sebbene Jerry Only, oggi cantante e bassista della band, sia l’unico superstite. Alla chitarra troviamo un truccatissimo Dez Cadena, ex chitarrista dei Black Flag, seminale band hardcore californiana. Il trio composto da queste due icone del punk rock ha suonato per un’ora senza sosta anche se penalizzato da una pessima qualità sonora. Le canzoni eseguite, più veloci del solito, si riconoscono a stento ma la gente balla e si diverte. Tra pezzi leggendari come I turn into a martian, We’re 138, Teenagers from mars, skulls, die die!My Darling, propongono anche qualche brano dei Black Flag, una su tutte l’eterna Rise above. Il teatro degli orrori viene accompagnato da una folla che conosce a menadito le liriche dei loro pezzi. È il cantante a tenere il palco con il suo parlato e le sue storie. La musica si sente poco ed è abbastanza confusa per quasi la metà del loro set, dopo riuscirà ad aggiustare il tiro e a dar il giusto spazio anche ai musicisti e ai loro suoni ricercati. Resta inspiegabile come non si sia riusciti a tirar fuori una qualità audio decente da un impianto più che dignitoso. Peccato perché sarebbe stato un evento da ricordare con estremo piacere piuttosto che una serata da raccontare con un leggero amaro in bocca.



MATZ

Il Writing tra Passato Presente e Futuro

di Jin Be Ph. Roberto Pili

E

siste una necessità innata che fa parte della natura stessa dell’uomo, quella di comunicare con gli altri esternando le proprie emozioni e i propri sentimenti attraverso mezzi e linguaggi differenti. Le chiavi d’accesso sono molteplici ma portano tutte nella stessa direzione. C’è chi lo fa con la danza, chi con la musica o chi, come Matz si esprime con la scrittura e il disegno. Writer degli anni novannta ci descrive, come in un viaggio, le tappe della scena sarda di cui è parte integrante. Hai iniziato negli anni novanta e possiamo definirti una figura storica del writing sardo. Ma come si è evoluta la scena dai tuoi esordi fino a oggi? Il pensiero, il modo di vivere e le tecniche, a tuo parere, sono andate in una direzione negativa o positiva? Da quando ho conosciuto il writing la mia visione del mondo è cambiata, le dimensioni e gli intrecci uniti allo studio delle lettere, i colori e le sfumature dello spray scaturivano in me delle sensazioni mai provate prima. Era un mondo nuovo, con le sue regole e i suoi codici, e solo chi ne faceva parte poteva decifrare tutto questo e apprezzarne la bellezza. Son passati tanti anni da quando ho iniziato e come è normale che sia anche il writing ha subito un evoluzione sia a livello di stile che di tecnica. Internet, Mass Media e multinazionali si sono avvicinati al fenomeno, ma se da una parte si è avuta una maggiore conoscenza di quella che era una cultura di nicchia dall’altra si rischia di omologarla limitandone la ricerca personale di chi ne fa parte. Quali sono le differenze sostanziali che riscontri tra la vecchia scuola e le nuove generazioni? Nei primi anni ‘90 la scena in Sardegna era ancora molto giovane e l’ostacolo principale era dato dal fatto che funzionava tutto tramite passaparola, giravano pochi li-

Matz. Alle sue spalle un graffito sui muri di Monastir. Nella pagina a fianco la pecora, simbolo della SAF CREW.


bri e fanzine e non si trovavano spray di qualità come oggi. Farsi una cultura e imparare le basi non era semplice. Per documentarsi si fotografava tutto quello che c’era in giro attinente a questo mondo. C’erano le Jam, ma non le frequentavo tanto, andavo giusto per dipingere anche perché ho sempre ascoltato principalmente musica punk hardcore e non mi sono mai sentito parte integrante del movimento Hip Hop. Ogni zona aveva i suoi writers e in generale ci conoscevamo tutti, capitava di spostarsi per disegnare insieme e per scambiarci foto ed esperienze. Anche se molti della vecchia generazione hanno ormai mollato per vari motivi, chi è rimasto come me ha avuto la piacevole sorpresa di vedere che anche tra le nuove generazioni che c’è chi ci crede e lo fa con passione. Nuovi o vecchi che siano l’importante che ci sia sempre una base di rispetto reciproco. Parlaci della SAF crew. Da chi è composta, quando è nata, e cosa si prefigge. Perchè come simbolo ritroviamo la pecora? SAF sta per Sardos Frades e già questo fa capire cosa rappresenta. Ne fanno parte oltre me Jilos e Idea di Nuoro e Nero di Iglesias. Veniamo tutti da zone e realtà differenti della Sardegna ma ad accumunarci è stata la grande amicizia e il fatto di avere la stessa mentalità. La crew è nata ufficialmente due anni fa anche se dipingevamo insieme già da tempo. In gruppo lavoriamo su grandi superfici provando a dare un’impronta personale alle nostre produzioni facendo anche riferimento alla tradizione muralistica sarda. La pecora è solo uno dei tanti personaggi che uso raffigurare con l’intento di rafforzare l’appartenenza alla mia regione.

Sei attivo in un piccolo paese del cagliaritano: Monastir. Quali difficoltà hai incontrato o incontri tutt’ora tra la diffidenza per il graffitismo e l’ignoranza della cultura? Diciamo che tutto sommato ormai la gente si è abituata ai graffiti e sono in linea di massima accettati e apprezzati anche se non si può pretendere di piacere a tutti, ma questo vale nel writing tanto quanto nella vita di tutti i giorni. Il tuo stile è un mix di Wild Style e Puppets, che evoluzione artistica hai avuto nel corso degli anni? Perché sei più propenso a raffigurare animali? Per un writer penso sia importante sperimentare un po’ tutti gli stili, quello che mi viene più naturale è il semi-wildstyle in quanto ho una predisposizione a impostare lettere semplici con incastri che variano in base alla situazione o allo stato d’animo di quel momento. La base è quella dei graffiti classici anche se ho sempre apprezzato qualsiasi corrente stilistica per evitare di chiudermi troppo e avere più influenze possibili. Disegno spesso animali perché mi affascina il concetto di purezza, istinto e libertà che il regno animale mi trasmette contrapposto alla società umana sempre più apatica egoista e distruttiva. Fa parte del mio modo di essere e del rispetto che ho per la natura in ogni sua forma. Hai mai preso parte a collettivi, mostre o personali? Si ho partecipato più volte a manifestazioni e contest in giro per la Sardegna, fa sempre piacere confrontarsi e conoscere nuovi writers o ritrovare e stare insieme ai vecchi amici. Anche per quanto riguarda le mostre è capitato che mi chiedessero le foto dei miei lavori da esporre. In ultimo cosa vuoi dire alle nuove generazioni e a chi si sta cimentando per la prima nuova in questo mondo? Siate voi stessi, non pretendete di ottenere tutto e subito ma andate avanti con tanta pazienza e passione. www.myspace.com/batmatz



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re giorni di straordinaria follia dedicati all’arte antica della giocoleria. Il 25, 26, 27 giugno negli spazi gestiti dall’Associazione Nazionale Alpini, vicino Calamosca, si è svolta la II Convention di giocoleria, organizzata dall’Associazione culturale Karalis Animazione. Giocolieri, funamboli, acrobati, trapezisti ed esponenti della corrente artistica del Nuovo Circo, provenienti da tutto il mondo, si sono esibiti in spettacoli e nei laboratori per la gioia dei più piccoli e non solo.

II CONVENTION DI GIOCOLERIA IN SARDEGNA www.conventiongiocolierisardegna.it


di Bettina Camedda ph.Roberto Pili

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utto ha inizio da un sogno: uno yo-yo che vola e fa strane acrobazie. Poi la volontà e l’impegno costante, giorno per giorno, di far diventare quel sogno realtà. È il sogno che Albertino yo-yo ha toccato con mano classificandosi solo un anno dopo ai Campionati nazionali di Chianciano Terme e che continua a vivere con lo stesso trasporto e l’emozione degli esordi. In molti scoprono per la prima volta lo Yo-Yo da bambini: c’è chi lo ha conosciuto grazie ad un compagno di classe, un amico e chi magari l’ha ricevuto come regalo di compleanno. Tu quando hai scoperto questa passione? L’ho scoperta in modo davvero strano: ricordo che nell’Ottobre del 2008 sognai di giocare con uno yoyo che volava e faceva strane acrobazie. La mattina mi svegliai con quel pensiero fisso in testa così volai su internet in cerca di qualcosa - et voilà - trovai il forum di yoyomaniacs. Lì ho visto i vari video, trick e yoyo. E così è iniziato tutto! Quali sono i personaggi ai quali ti ispiri o che ti hanno maggiormente influenzato? Non posso non citare Gianluca Serra. Grazie a lui sono riuscito a portare avanti questa passione. Mi ha aiutato fin dall’ inizio con i trick, yoyo, cordini e quant’ altro. Ho condiviso assieme a lui momenti davvero magici. A livello mondiale devo assolutamente citare il mio mito, Guy Wright, tecnica e stile a livelli davvero disumani! Poi seguo molto Jensen Kimmit e Paul Han: loro mi hanno influenzato tantissimo, soprattutto Kimmit, in quest’ ultimo periodo mi sta portando a giocare in un modo nuovo. Parlaci della tua carriera di Yoer. Quale è il tuo yoyo preferito, lo stile che preferisci e perché? La mia carriera prende piede seriamente nel novembre 2009 grazie ai nazionali italiani a Chianciano Terme. Mi sono classificato 7° nello stile 1a (quello dove il cordino sta nel dito). Non vi dico l’emozione e i grandi errori sul palco: se ci penso non riesco ancora a crederci! Verso febbraio 2010 iniziano i contatti con Carlo Alberto Menon che mi fa entrare nel team Oxygene, quindi si può dire che la mia carriera è praticamente solo agli inizi. Il mio yoyo preferito e l’ Oxy3evo della Oxygene, L3 della Audley, l’888 della Yoyofactory, Il mio stile preferito? Bella domanda: indubbiamente l’1a è lo stile che pratico di più, mi piace avere il cordino nel dito, sentire la corda che scivola tra le mani, vedere lo yoyo che salta, gira intorno al mio corpo, si piega. È un emozione incredibile pensare che con un filo e uno yoyo ci puoi fare tutte queste cose! Inoltre mi diletto anche in 4a dove il cordino sta attaccato al dito ma lo yoyo non sta attaccato alla corda: è come una sorta di diablo. Questo stile mi piace tantissimo perché ti da’ una libertà totale. Poi la verità è che tutti gli stili sono bellissimi: chiudere

un trick o inventare una combo sono soddisfazioni enormi. Io amo lo yoyo! Vedendo i tuoi video ho notato che possiedi una grande quantità di Tricks. Ce li puoi descrivere? (Sorride) Pensa che ne ho aggiunti pure di nuovi! Descrivere un trick è quasi impossibile, io ne faccio di tantissimi tipi diversi che vanno dai nodi alle cose, dove il cordino svolazza di qua e di là, poi tutte le combo che faccio sono inventate da me tranne qualcuna che è un collegamento di più trick già esistenti concatenati. Attualmente i trick si dividono in: slack (i miei preferiti), whip, grind, mount, front, side. Inventare un trick non è una cosa impossibile ma bisogna avere grande fantasia in quanto ognuno col tempo sviluppa un proprio stile che può essere più o meno simile a quello di un’ altra persona, però bisogna avere voglia e un buon bagaglio di tricks già esistenti imparati in precedenza. Non è un lavoro difficile se lo fai con passione, ma penso che questo sia un presupposto valido non solo per lo yoyoing. A quanti contest hai partecipato e come si svolgono? Gioco da poco tempo quindi sono riuscito a partecipare ad un solo contest, il Campionato Nazionale 2009. Di solito si svolgono così: si organizza l’evento sul forum, che spesso si tiene nel mese di novembre, si decide una data, una città e un hotel. Tutti gli yoer italiani si ritrovano per quella data in un clima di amicizia e di festa. Io mi sono trovato veramente bene! Chi vuole gareggiare può iscriversi sulla base del livello e dello stile. Le categorie si dividono in 1a (beginner, advanced, pro), x-division (2a, 3a ,4°, 5a ), ap (artistic performance). Nella ap tutti gli iscritti fanno una scenetta dove di mezzo c’è lo yoyo, di solito ci si distrugge dalle risata, inventano delle cose incredibili! Non ci sono limiti di età, tutti possono giocare: abbiamo yoer giovani e adulti come ad esempio padri di famiglia. Qui si gioca, si ascolta musica, si parla con gli amici, si ride, si beve proprio come in una festa. Poi si sale sul palco e ci si mette in gioco in un clima misto tra tensione, paura e felicità. Il tutto si svolge in due giornate: la prima giornata di qualificazione e la seconda di finali. Ricordo solo di non avere mai levato lo yoyo dalla mano. Lo yoyoing è un mondo quasi sconosciuto in Sardegna: ci sono dei modi per far conoscere e apprezzare questa disciplina? Internet e le nuove tecnologie possono agevolare questo inserimento? Secondo me prima di tutto bisognerebbe levare ai ragazzi la musica house e la discoteca, no su dai scherzo! Nell’ultimo periodo il movimento in Sardegna sta crescendo, grazie anche alle tecnologie attuali. Oggi ti basta scrivere yoyo su youtube o su google per trovare dei rapper o dei video di yoyoing.


È più difficile invece fare apprezzare questo mondo perché tutti hanno lo stereotipo del bimbo o dello sfigato che gioca con lo yoyo. Secondo me invece è una cosa davvero da fighi che rende speciali anche noi yoers come persone. Molte volte quando la gente mi vede per strada o nelle piazze mi dice: «È impossibile, ma come fai?». Vi assicuro che non è difficile ed è una cosa divertentissima che fa bene anche a livello mentale. Anzi per dare una marcia in più mi servo di voi amici di ArtReport per lasciare il sito del forum italiano di yoyo www. yoyomaniacs.it e perché no, dato che ci sono lascio anche quello del mio sponsor www.oxygeneyoyo. Fatevi un giro e scoprirete davvero un altro mondo ricco

di emozioni, amicizie e soddisfazioni. Lo yoyo è considerato dai più solo un gioco: per te che significato ha? Lo yoyo non è solo un gioco, è un modo di essere, di divertirsi, di imparare, di viaggiare e ti dà la possibilità di conoscere persone incredibili provenienti da tutte le parti del mondo. Siamo come una famiglia. Consiglio davvero di avvicinarsi a questo sport e penso sempre che sia una grande fortuna quella che mi è capitata: ogni giorno sono felice di prendere lo yoyo in mano, di fare del mio meglio per me stesso e per lo sponsor. È tutto questo mi rende davvero vivo e felice. Grazie dello spazio che mi avete concesso ragazzi!


D

aniele Serra è una delle menti più ecclettiche del fumetto italiano, lavora come illustratore collaborando con varie case editrici come DC Comics, Image Comics, Creations Oneiros, Weird Tales Magazine, Necessary Evil Press, Cemetery Dance, e con numerosi scrittori americani e inglesi (Brian Stableford, Steven Savile, Rain Graves, Alexander Besher, etc.) per libri illustrati, cover e graphic novel. Un tratto che porta l’immaginazione nelle profondità dell’inquieto animo umano segna indelebilmente i personaggi creati dall’oscuro scrutare di Serra che apre le viscere dell’uomo, ne viola le segrete e proibite stanze per scoprire ciò che fa insorgere nei benpensanti un moto d’incertezza e di sgomento. I suoi lavori sono stati pubblicati in Europa, Australia e Stati Uniti e si è esibito in personali e collettive a S. Francisco e in Inghilterra. Tra i suoi lavori più importanti ricordiamo Pray for Death con lo scrittore Nicholas Doan (webcomic pubblicato dalla DC Comics), la graphic novel Teenage Timberwolves con lo scrittore inglese James Havoc edito dalla Creation Oneiros, i libri illustrati Cruel Summer e Hollow Earth, la collaborazione con le riviste Weird Tales e Black Static, la miniserie scritta da Jeff Mariotte (pubblicata dalla Image COmics). Inoltre ha lavorato nell’Art department per la realizzazione di “Y”, film americano indipendente che verrà girato a Londra. Il 2009 ha visto l’uscita del suo artbook Illusions pubblicato dalla casa editrice Black Coat Press e sempre nello stesso anno è stato nominato per il British Fantasy Award. Un autore fuori dal comune per abilità estetiche e soluzioni narrative che affascinano il lettore, in barba a tutte quelle menti “eccelse“ che in modo supponente seggono ancora sopra un trono ammuffito sorretto da vecchie edizioni dell’italico fumetto, convinti ancora che questa meravigliosa espressione artistica sia appannaggio di vecchi imbacuccati e pronti per una pensione che nessuno gli pagherà mai... Ultimo uscito dalle matite di Serra: Fade to Black (Image Comics 2010)



S

ono sicura di non sbagliare nell’affidarmi totalmente al grande Walt Whitman. Egli sembra conoscere alla perfezione il contraddittorio universo femminile. Poeta americano sensibile e innovativo, parla all’uomo e alla donna comune. Nasce nel 1819 cresce a New York. Legge moltissimo e frequenta spesso i teatri. Muore nel 1892 a settantadue anni. La poesia qui sotto citata appartiene all’opera fondamentale di tutta la sua vita “Foglie d’erba”. Whitman fu cantore della libertà, della sessualità, dell’omosessualità e di un ideale visionario. Vuole essere un “bardo americano” e si ispira alle vicende del suo paese dando espressione alla natura, non pone limiti al “significato” della sua poesia: «Questo è il canto che io non vi offro completo, ma che vi accenno appena perché, con robusto esercizio, lo facciate vostro. Io non ho fatto il lavoro, né posso farlo. Siete voi a doverlo compiere e a fare del canto che segue quello che esso è».

Questa è la forma femminile, un nembo divino ne esala dal capo ai piedi, attrae con una fiera irresistibile attrazione, io sono spinto dal suo respiro come se non fossi niente più che un vapore indifeso, tutto scompare fuorché noi due, libri, arte, religione, tempo, la terra solida e visibile, e ciò che ci si aspettava dal cielo o si temeva dall’inferno, ora sono consumati, folli filamenti, ingovernabii germogli che ne promanano, altrettanto ingovernabile la reazione, capelli, petto, fianchi, gambe che si piegano, mani che cadono in negligente abbandono, come le mie, riflusso colpito dal flusso e flusso colpito dal riflusso, carne d’amore che inturgidisce e fa dolcemente male, getti d’amore senza limiti caldi ed enormi, tremante gelatina d’amore, biancofiorito, delirante succo, notte d’amore dello sposo che dura sicura e dolce sino all’alba prostrata che ondeggia sino al giorno compiacente e docile, perduta nella fessura del giorno che abbraccia ed ha tenera la carne.

Questo è il nucleo - dopo che il bambino è nato di donna, l’uomo è nato di donna, questo è il bagno della nascita, questo il fondersi di piccolo e grande, e lo sbocco di nuovo. Non vergognatevi, donne, il vostro privilegio racchiude il resto ed è l’esito del resto, voi siete i cancelli del corpo, voi siete i cancelli dell’anima. La femmina contiene tutte le qualità e le tempera, è al suo posto e si muove con perfetto equilibrio, e tutte le cose debitamente velate, è insieme passiva e attiva è fatta per concepire figlie e figli, allo stesso modo. Come vedo la mia anima riflessa nella Natura, come vedo traverso la nebbia, un Essere dalla inesprimibile completezza, salute, bellezza, vedo il capo ricurvo e le braccia piegate sul petto, la Donna vedo.

Walt Whitman


Scuola Civica di Musica

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’Istituzione Scuola Civica di Musica dell’Unione territorio da parte dell’Istituzione. Le manifestazioni dei Comuni del Basso Campidano con sede a artistiche estive concludono come ogni anno l’attività San Sperate ha iniziato la sua attività didattica didattica della Scuola Civica di Musica. Quest’anno il nel 2004 e col presente Anno Accademico 2009/2010 cartellone è particolarmente nutrito. Dal 12 al 16 Luconclude il suo sesto anno di attività. La Scuola Ci- glio è previsto presso i locali della Scuola Civica di vica di Musica istituisce i suoi corsi sulla base di un Musica il Laboratorio di Educazione Vocale e Canto articolato progetto didattico, ideato dal suo Direttore ad Indirizzo Moderno tenuto da Tiziana Capasso, doArtistico M° Stefano Figliola, che va ad integrare di cente della Scuola Civica. Venerdì 16 Luglio dalle fatto nel suo complesso una già variegata offerta for- ore 19,30 nello spazio Frantoio Casa Tola “La Scuola mativa nel campo dell’istruzioCivica di Musica in Concerto”, ne musicale. Viene riservata concerto non stop degli allievi una particolare attenzione alla della Scuola Civica di Musica primissima fascia d’istruzione con la partecipazione degli “propedeutica” che ospita al allievi della Scuola Media ad suo interno allievi di età comindirizzo musicale “G. Deledpresa tra i 4 e i 6 anni. Il gioda” di San Sperate. Sabato vanissimo allievo, con l’ausilio 17 Luglio 2010 alle ore 21,00 delle più moderne metodolosarà la volta di “Musical che gie didattiche che prevedono Passione!”, spettacolo allestiun training di gruppo corale e to con la partecipazione degli strumentale e un primissimo allievi del Laboratorio di Eduapproccio individuale alle dicazione Vocale e Canto ad verse Discipline Strumentali indirizzo Moderno di Tiziana oggetto di insegnamento presCapasso. Da Domenica 18 so l’Istituzione, sarà in grado Luglio prenderà il via la II° di avvicinarsi, con l’aiuto del edizione del “San Sperate Piadocente, alla scelta del sucno Festival 2010” col concerto cessivo percorso formativo inaugurale di Stefano Figliola “ufficiale” con consapevolezza e del suo “Bach Jazz Quartett” e competenze musicali magalle ore 21,00 nello spazio giori (senso del ritmo, intonaFrantoio Casa Tola. Nei giorni zione, coordinamento moto19, 20 e 21 Luglio il Festival rio), trovandosi evidentemente si trasferirà nella suggestiva avvantaggiato fin dal suo priChiesa di San Giovanni per i mo approccio allo strumento. Recitals di Francesco Pisu ed Non mancano naturalmente Elisabetta Locci. La serata del in organico i tradizionali corsi 21 Luglio vedrà come protastrumentali che comprendono gonisti tre giovani interpreti. I 3 classi di Pianoforte, 2 classi meriti per una Scuola Civica di Chitarra,1 classe di Violino, di Musica come quella di San 1 classe di Canto Lirico nonSperate così organizzata, così Raffaele Muscas - Musicisti - pittura murale ché 7 classi di Teoria e Solfegfunzionale nel rispetto delle gio. Dal prossimo Anno Accademico 2010/2011, su esigenze del proprio territorio, così qualificata e quaprecise richieste da parte dell’utenza verrà attivata 1 lificante, che sta realmente diventando un importante classe di Flauto Traverso e la classe di musica Jazz. centro culturale e di aggregazione sociale, devono Particolarmente rilevante all’interno della Scuola Civi- essere attribuiti, oltre che al suo Direttore Artistico M° ca la presenza delle Discipline ad Indirizzo Moderno Stefano Figliola, a tutto il Consiglio di Amministraziocon 5 classi di Batteria e 3 classi di Educazione Voca- ne, al corpo docente e al personale di segreteria anle e Canto ad Indirizzo Moderno. In questi ultimi anni che e sopratutto ad una Amministrazione Comunale la richiesta di frequenza per queste discipline ha avu- attenta e sensibile ai problemi della cultura, che intento un notevolissimo incremento al punto che il numero de anche per il futuro scommettere e investire nuove degli iscritti si è addirittura triplicato. Il motivo di tanto energie a favore di un’Istituzione come la Scuola Cisuccesso è da attribuire indubbiamente ad un’attenta vica di Musica, motivo di orgoglio e fiore all’occhiello politica di divulgazione didattico – artistica profusa sul per tutta la cittadinanza di San Sperate.

MESSAGGIO PROMOZIONALE

San Sperate


LUcido SOttile in

Luce buia / cyber porn di Giacomo Pisano Ph. Roberto Pili

V

iaggio nella rete tessuta da Lucido Sottile, un filo che lega realtà virtuale a carne pulsante, cyberspazio e impulsi vitali ancestrali. Questo è luce buia/ cyber porn, l’ultima produzione della molto amata compagnia cagliaritana che esplora il mondo del sesso senza tabù e pregiudizi, a metà strada tra favola e tragedia ma con attimi di comicità studiata e misurata. Un sesso spesso non consumato, cibernetico, mentale, che nel quotidiano trova semplicemente un appiglio o un pretesto per inseguire chimere

fantasiose e cariche di simboli. Ruoli definiti, esiti già decisi, ricerca dell’essere supremo e dell’orgasmo perfetto. Ancora una volta è l’umanità il fulcro dell’indagine, che parte da un bisogno ancestrale, naturale, irrefrenabile e che si riveste di barocco, di sporcizia, a volte di orrore. Ironia e riflessione si inseguono come dei flash su una lama di rasoio, un rasoio Lucido... e Sottile. www.lucidosottile.com


Come mi batte forte il tuo cuore, quando

è

Benedetta Tobagi a raccontare del suo

«

di Bettina Camedda ph.Roberto Pili

Questo libro mi ha fatto vivere l’esperienza profonda di come una persona adulta può, attraverso la scrittura, dare voce ad una parte che si porta dentro, quella di una bambina ferita, fino a riuscire a liberarla dallo stato di impotenza in cui si trova. Nel mio caso ho potuto finalmente, in qualche modo, proteggere mio padre, fare quello che non ho potuto fare la mattina che è morto davanti ai miei occhi». Lei, che all’epoca dei fatti era una bambina di tre anni, è Benedetta Tobagi; lui, il papà, assassinato nel 1980 a soli trentatrè anni dalla Brigata XXVIII marzo, è Walter Tobagi. Ed è sempre lei, oggi donna serena ma che non perdona gli assassini, a rivelarsi al pubblico attento che venerdì sera, nella Facoltà di Scienze Politiche, ha assistito alla presentazione del libro Come mi batte forte il tuo cuore, a cui sono intervenuti Paola Piras, preside della facoltà e Gianluca Scroccu, presidente di Solidarietà e dirittiFondazione Luca Raggio. Un libro che unisce i due aspetti pubblico e privato di più voci, di più vite legate dal ricordo e da quel senso di empatia ricercato dall’autrice fino a divenire narrazione di un sentimento senza però cadere nel sentimentalismo. Benedetta Tobagi ripercorre con senso del dovere la vita di suo padre mettendosi a nudo e raccontando, in modo spietato, l’esperienza del lutto e del dolore facendo i conti con quel passato rimosso, non affrontato e mai elaborato di una bambina. «Come mi batte forte il tuo cuore è la voce dovuta a mio padre, è la voce che gli è stata tolta per un omicidio politico e che ho cercato di rimettere in circolo» spiega l’autrice, e lo fa raccontando la vita del cronista attraverso il punto di vista dello stesso Walter Tobagi, uno dei grandi lavoratori di sperimentazione politica e culturale, definito anche storico del presente. L’autrice utilizza le fonti con grande libertà per ricostruire gli eventi, gli avvenimenti e i contrasti politici a partire dal terrorismo della fine degli anni ‘70 collegato all’autonomia operaia organizzata, fino agli atti della commissione di inchiesta sulla Loggia P2 e al famoso processo rosso seguito al caso Tobagi che ha spaccato l’opinione pubblica. Benedetta conduce il lettore nello studio del padre, tra i suoi libri e nel suo archivio privato. Ci mostra Tobagi al liceo, innamorato dell’epistolario di Cesare Pavese, all’università, a lavoro al Corriere della sera e lo fa servendosi delle parole lasciate negli scritti editi e inediti da suo padre e attraverso le fotografie di un uomo sorridente. Walter Tobagi diventa così più familiare agli occhi del lettore e a quella bambina, oggi donna, che l’ha perso troppo presto ma che non ha mai smesso di amarlo.


Aprile in libertà

di Anna Federica Toro Ph. Roberto Pili

M

emoria e coscienza civile, ma soprattutto tanta musica e divertimento in una piazza del Carmine gremita di giovani per il tradizionale concerto del 25 Aprile. Organizzato dal Comitato guidato dall’instancabile Diego Attoli, quest’anno il concerto non ha visto sul palco cagliaritano nessun grande nome di richiamo: quattro band locali e un gruppo fiorentino: Pippo e i suoi pinguini polari, che, sebbene tra le punte di diamante dello ska della Penisola, è risultato ai più quasi sconosciuto. Eppure il pienone c’è stato ugualmente, e fin dal pomeriggio, nonostante gli accenni di pioggia che però non hanno spaventato nessuno. L’energia degli H-Lappia Nutrie ha aperto la serata musicale, con il loro punk rock moderno e i testi demenziali che, come ha sottolineato il cantante Tunno, hanno voluto «portare un po’ di spensieratezza in questa giornata così importante». Ancora punk rock italiano, “allegria e cavolate” con Le doppie prese (cavolate ma anche testa, dato che alcuni di


Alcune immagini del concerto del 25 aprile in Piazza del Carmine a Cagliari. Nella pagina a fianco un momento della manifestazione.

loro sono impegnati in prima persona nel Comitato), per poi approdare al dub reggae di altissimo livello dei Dub in Island, che ha fatto ondeggiare e cantare tutta la piazza. Tra un gruppo e l’altro le letture di Anna Brotzu tratte dal vecchio libro di poesie dei prigionieri rinchiusi nella prigione nazista di via Tasso a Roma, a ricordo del vero significato della giornata: la memoria e gli ideali della Resistenza, che di questi tempi non è mai superfluo rammentare. Col buio si è aperta la parte finale della serata tutta a ritmo di ska: dalle irresistibili cover degli SkaccoMatto, che pure nei pezzi propri non disdegnano una certa critica sociale, al gruppo Pippo e i suoi pinguini polari, che con la loro armata di fiati hanno chiuso degnamente una serata all’insegna della musica libera e della festa. Forse qualcuno avrebbe preferito una maggiore varietà di generi, e la mancanza di servizi igienici ha creato come al solito qualche disagio, ma si dà atto al Comitato del massimo impegno che ogni anno mette nel portare una boccata di musica dal vivo ai cagliaritani, sempre più affamati di live e di momenti culturali e musicali di condivisione.



S

di Bianca Maria Locci

e è vero che “le immagini fotografiche sono un messaggio senza codice”, ovvero arrivano diritte al cuore quelle di Giuseppe Ungari, cagliaritano, sicuramente colpiscono nel segno. Carisma, stile, eccletismo ed un ottimo senso dello humor contraddistinguono la sua personalità. Foto giornalista per professione, fotografo per passione, lavora per importanti agenzie giornalistiche e quotidiani. Energia, bravura, originalità si fondono e caratterizzano i suoi lavori. Paziente e coraggioso, sempre alla ricerca dello scatto più significativo anche in situazioni di pericolo, coglie attimi di vita quotidiana e insieme eventi di cronaca, gloriosi momenti di sport, e il fascino puro dello spettacolo. L'estro dell'artista si esprime al massimo grado nell'irrompere dei colori, in mostre e reportage da lui stesso firmati, dove emergono tematiche sociali e culturali di grande interesse fino alle eleganti e vibranti immagini dei ritratti in bianco e nero della beat generation. www.giuseppeungari.com

Dall’alto: Coppia di cagliaritani con cane al porto di Cagliari; Elezione Drag Queen 2007 al Go Fish di Cagliari; Carabinieri durante ricognizione al campo nomadi di viale Monastir (in primo piano carcassa di elicottero da giostra).


di Raffaella Biora Ph. Mario Rosas

D

a Maracalagonis all’Egitto passando per il Brasile o il Galles passa un unico filo conduttore le cui trame cantano di musiche eseguite con strumenti da ogni angolo del mondo. Ritmi dai richiami ancestrali che si perdono nella notte dei tempi. Ne custodisce a dozzine Pitano Perra, 48 anni, nella sua abitazione a Maracalagonis, appesi alle pareti o sistemati in ogni angolo della casa. Il suo è un vero e proprio museo, un campionario di flauti, cornamuse, costruiti con canne, bambù, conchiglie in legno, ma anche unghie di capra, barattati nei suoi numerosi viaggi. Ottenuti da musicisti e artigiani di mezzo mondo in cambio delle launeddas da lui costruite. Perché Pitano gli antichi strumenti sardi a fiato in canna li realizza ma non li vende. Ne ha costruito a centinaia. Alcune le ha donate ad un amico egiziano o australiano, ricevendo in cambio un ney o un digeridù o uno shofar, lo strumento rituale ebraico in corno di caprone e via elencando. «Così in Africa o in Egitto ci sarà qualcuno che forse imparerà a soffiare su questo strumento della nostra tradizione sarda - afferma - mentre io in questo modo ho l’opportunità di produrre musiche e suoni delle loro

terre». Da venti anni Pitano ‘coltiva’ nel vero senso della parola questa passione nata tra i banchi della scuola di Launeddas di Orlando Mascia a Quartu Sant’Elena. «Qui ho imparato a suonare e ho scoperto l’arte della costruzione dello strumento», racconta Pitano, un nome ereditato dal trisavolo, Sebastiano, che nella variante campidanese del suo paese è diventato Pitano. E non solo le costruisce. Nel terreno dove un tempo suo nonno faceva il vino ha trapiantato le radici e cura il suo canneto con tanto amore. «Non sono in vendita le mia launeddas - afferma con una punta di orgoglio - ognuna è diversa dalle altre, non si può fare un prezzo standard. Anche il più abile costruttore ne fa dieci, ma non tutte funzionano allo stesso modo. È la natura che crea la magia». Ne è convinto Pitano. «Ha un suo carattere la launeddas, farla crescere e completare il lavoro del costruttore spetta al suonatore». Le launeddas di Pitano Perra da vent’anni accompagnano il santo Guerriero il giorno di Sant’Efisio, ma sono esposte anche in musei di strumenti antichi di mezza Europa, Francia, Germania. «Mi piace sperimentare, tentare nuove strade, ma la suonata migliore è quella: launeddas senza altri strumenti di accompagnamento, tradizionale», aggiunge Pitano che lamenta: «i suonatori di questo In alto, Pitano Perra nel suo cannetto e durante la lavorazione finale delle launeddas. Nella pagina a fianco, Nicola Agus, il giovane suonatore di launeddas che unisce tradizione e modernità


strumento sono una razza in via di estinzione, le istituzioni fanno poco per supportare questa antica e preziosa conoscenza che ha almeno tremila anni di vita». Si resta rapiti anche non volendo al suono ancestrale de is launeddas. «È una soddisfazione potersi costruire con le proprie mani lo strumento e cercare il suono ideale, la manualità dà grandi soddisfazioni - aggiunge Pitano - nelle ore più calde della giornata e con molto vento tra dicembre e marzo raccolgo le canne, le lascio asciugare, poi le lavoro. Dopo la luna piena il taglio é ideale». Pitano prende lezioni alla scuola Civica di Musica di Cagliari dal maestro Luigi Lai. «Il suono delle launeddas è magico, affascinante, irresistibile, è come la ninna nanna della tua mamma, è qualcosa di naturale che non controlli. Suonare launeddas dà anche benessere, basta guardare il celeberrimo bronzetto nuragico denominato non a caso ‘Bronzetto itifallico’: ha il pene e il petto in erezione. Quando la launeddas è ben

accordata ed emette il suono giusto, ci si sente sollevato un metro da terra, è una sorta di orgasmo, in parte spiegato con la respirazione circolare, in parte per via degli armonici bassi». Fino agli Venti c’erano molti suonatori in Sardegna. «Poi è arrivata sa musica zivili – racconta Pitano - fisarmonica e organetto hanno sostituito le launeddas nelle feste, per far ballare la gente o accompagnare le processioni e molti suonatori di launeddas sono diventati barbiere, ciabattino. Per fortuna Luigi Lai, e come lui altri, riesce a suonare in tutto il mondo». Pitano Perra non ha dubbi. Il Sarrabus è la patria delle launeddas. Lì la suonano anche i ragazzini. A Sinnai la musica delle launeddas è ‘giusta e onesta’, nel Sarrabus sono estrosi, fantasisti e velocisti. E a confermare ciò racconta un aneddoto: «Una volta ad un vecchio costruttore di launeddas, Antonio Pitzalis, di Sinnai gli feci sentire una cassetta con due brani registrati e eseguiti da due diverse persone, la prima era di un maestro e Pitzalis commenta: ‘non è sa lingua sua’, poi inserisco nel registratore il brano eseguito da un ragazzino del Sarrabus e mi fa: «Custa è sa limba sua».

Launeddas in rock:

tradizione e originalità sul pentagramma del futuro di Bianca Maria Locci Ph. Valerio Mereu

O

gni popolo, ogni etnia, ogni tribù ha una sua danza, una musica, uno strumento che lo rappresenta e lo contraddistingue dal resto del mondo. Le launeddas sono lo strumento che per eccellenza si identifica alla tradizione e alla storia sarda. Ascoltando questa musica così straordinariamente caratteristica, l’immaginazione, quasi come per magia, corre al lontano tempo in cui l’isola bagnata da limpide acque azzurre era ricoperta di foreste maestose, e la natura selvaggia e incontaminata dominava ogni cosa. L’era in cui il tempo trascorreva lento, scandito solo dall’alternarsi del giorno e della notte, buia e piena di mistero. Sarà stato proprio questo contesto, il susseguirsi delle stagioni, ciascuna con i suoi odori e i suoi colori, i rumori del vento che muove le foglie e i versi degli animali, a condurre i nostri avi, testimoni di un mondo a noi sconosciuto, a creare questo strumento, capace di restituirci in qualche modo


la magia di un mondo che possiamo oggi soltanto immaginare. Sarà stata la necessità o il tentativo di sintetizzare il mondo che li circondava, una grande sensibilità e una straordinaria predisposizione per l’arte a far sì che uno strumento sofisticato come le launeddas, sia stato creato da popoli così primitivi. Accordarle, mescolarne i suoni secondo una concezione armonica, è infatti un’arte estremamente complessa e essere consapevoli oggi della loro maestria rende la Storia della nostra terra ancora più ricca di fascino. La testimonianza più importante riguardo alle launeddas proviene infatti da un bronzetto nuragico risalente a 3000 anni fa, ritrovato presso Ittiri, e ospitato al museo archeologico di Cagliari, rappresentante un suonatore di aerofono a tre canne. In aggiunta è stato reperito un frammento marmoreo delle catacombe di Sant’Antioco che ritrae un suonatore di doppio flauto. Nonostante ciò dobbiamo considerare l’origine esatta delle launeddas ancora incerta, così come sconosciuto è il significato preciso del nome, della differenza di denominazione a seconda della zone in cui lo strumento è maggiormente utilizzato: vidulas (perché usate durante la danza delle vedove) nella Sardegna centrale, truveddas (da tufus in riferimento alla cavità delle canne) in quella centrosettentrionale, launeddas (da lacuna, i corsi d’acqua in cui sorgevano le canne) nel campidano oristanese e nel cagliaritano. Di fatto non esistono differenze strutturali fra launeddas, vidualas e truveddas la cui peculiarità del suono viene eseguita attraverso l’utilizzo di umili canne palustri. Sappiamo tuttavia che mediante l’influsso dei popoli navigatori del mediterraneo, come i fenicio punici, la pratica dello strumento si è sviluppata nel campidano prima che nelle zone interne dell’isola. Per queste ragioni parlare oggi di launeddas assume uno spessore sempre crescente, perché in Sardegna infatti esiste ancora chi si appassiona a questo strumento, e la fiducia aumenta nel sapere che sono proprio le giovani generazioni a coltivare un’arte tanto apprezzabile. Nicola Agus, 27 anni nativo di Sinnai e abitante di Settimo, è un mirabile esempio fra questi. Abbiamo chiesto al giovane musicista in che modo, nonostante la tenera età, si sia avvicinato a questo strumento e Nicola ha risposto prima col suo sguardo magnetico, il sorriso dolce e le parole condite di entusiasmo, raccontandoci come ancora bambino provasse una grande attrazione per le launeddas, come quel suono in più di un’occasione, durante le processioni o le feste di paese, abbia ispirato la sua vena artistica. Una passione destinata a crescere, grazie all’amore per la propria terra e per le sue tradizioni, amore che gli è stato trasmesso dalla famiglia e in particolare dal nonno. Il desiderio di suonarle lo ha catturato poco più che bambino, quando trovandosi a Cagliari in oc-

...la magia del suono

La potenza del soffio... casione della festa di S. Efisio osservava i suonatori in processione. All’epoca Nicola suonava già l’armonica a bocca, ma a incantarlo furono i suonatori di launeddas, le loro mani che si muovevano abilmente sullo strumento, le loro guance che si gonfiavano, la potenza del soffio capace di fare uscire dalle esili canne un suono tanto particolare. Se ne innamorò Nicola e da allora non ha mai smesso di chiederle in dono ai propri genitori. In seguito ha studiato per suonare l’oboe, con il grande Luigi Lai, e oggi Nicola studia le launeddas con massima dedizione, apprendendone tecnica e storia. Passione e curiosità, oltre che bravura l’hanno portato a sperimentare, a utilizzare le launeddas per suonare musica moderna, fino a fargli credere che adattarle al tempo corrente avrebbe dato un valore nuovo allo strumento. Spiega con orgoglio e bravura le particolarità delle launeddas, su fiorassiu, fiore all’occhiello delle launeddas, e per farlo Nicola usa le note di Generale, la celebre canzone di De Gregori, creando un’atmosfera insolita attraverso uno strumento che la tradizione vorrebbe legato alla sola musica sarda. La grande avventura di Nicola con le launeddas è iniziato così, ed è cresciuta domandosi se i grandi cantautori della musica nazionale e internazionale avrebbero utilizzato questo strumento nelle loro canzoni e sperimentarlo è stato la sua più forte emozione oltre che la ragione di un grande successo. Tradizione, innovazione e modernità gli hanno offerto il modo di coinvolgere anche i ragazzi ai quali grazie ad un progetto regionale, Nicola insegna quello che più ama fare, e in maniera singolare i ragazzi imparano a conoscere uno strumento antico suonando persino le cover degli AC/DC. Perché è vero che le launeddas sono uno strumento antichissimo, ma è anche vero che alcune innovazione tecniche, hanno fatto si che queste non andassero perse. Così Nicola pur rispettando i repertori sacri e la tradizione che le vuole protagoniste è altresì convinto che portare le launeddas in contesti diversi, e suonarle su repertori nuovi, musiche moderne o di altri paesi, sia il modo giusto affinché vivano attraverso i giovani. Sono audaci le teorie di Nicola, fresche e innovative, ma ancora più perentoria è la sua passione, e per nessuna ragione potrebbe abbandonarla, perché è una passione che riempie la vita, una passione antica che seppure rivisitata in chiave moderna, continua ad essere la carta d’identità del popolo sardo.


Carlo Murroni, arte incisa nel profondo di Bianca Maria Locci Ph. Ag. RosasPress

P

ittore scultore e soprattutto xilografo apprezzato, Carlo Murroni, ben rappresenta l’arte incisoria sarda che nella prima metà del secolo si è imposta anche all’attenzione nazionale. Ha conosciuto Picasso e Dalì negli anni parigini di gioventù. Artista a tutto tondo Murroni classe 1916, vive a Cortoghiana con la moglie conosciuta in Francia, la bellissima Jeanne ritratta in più di una tela. «la mia passione - confessa - è sempre stata la scultura, è l’arte che più mi è congeniale, mi piace usare le mani per modellare o trasformare la materia in opera d’arte». Scrive di lui l’amico pittore e incisore, Piergiorgio Barranca di Iglesias: «La sua esistenza è contraddistinta da una travolgente e persistente poeticità. Murroni è sempre stato un irriducibile sognatore e, anco-

ra oggi, racconta di sé come se avesse vissuto in una dimensione sovrastante quella umana, quasi al di là del bene e del male. Complessivamente lo si può definire un surrealista, capace di interpretare l’uomo e la sua storia con mirabile intuizione e col vantaggio di una capacità tecnica espressa maggiormente nelle xilografie, attraverso le quali, nonostante l’avarizia cromatica del bianco e nero, pare quasi raggiungere una sorprendente aromaticità». Fertile il periodo che va dagli anni ‘50 ai ‘60. E’ stato uno dei protagonisti della vita culturale di Iglesias, fucina di grandi incisori che hanno raccolto l’eredità di Remo Branca. Fra le opere uscite dalla sua bottega ricordiamo: Diluvio universale, Festa del 14 luglio in Francia, Le fornaie, Paradiso perduto, La mia città, Vendemmia, Incidente in miniera. Le sue opere fanno parte della collezione Valle.

Un’opera scultorea di Carlo Murroni. In alto, l’artista a fianco ad un’opera dedicata alla moglie Jeanne, conosciuta in Francia.


LINGUA... in SARDU SA LINGUA SARDA A ISCOLA 1997-2010

de Oresti Pili

I

s leis apitzus de sa lìngua sarda, chi funt, ddu torraus a nai, sa Lei de sa Regioni sarda n. 26 (15 de su mesi de ladàmini 1997), e sa n. 482 de su Stadu (15 de su mesi de idas 1999), no funt leis bonas, ma funt mellus de nudda. Sa 26, portat de bonu ca po sa primu borta una lei narat ca sa lìngua sarda tenit sa pròpiu dinnidadi de sa lìngua italiana; in s’art. 2 c. 1, difatis, podeus ligi: “Ai sensi della presente legge la Regione assume come beni fondamentali da valorizzare la lingua sarda riconoscendole pari dignità rispetto alla lingua italiana”. Sa 482, est acitotu una lei prena de pecaus, ma intrendi cussa lei, su Stadu at arreconnotu, s’esisténtzia de sa lìngua sarda. Ma cali funti is pecaus de custas leis? Funt ca:

a) no ponint sa lìngua sarda a essi studiada amarolla e de totus, comenti est, po contras, po sa lìngua italiana ca dda depint studiai totus e in totu is scolas, mannas e piticas. Duncas sa lìngua italiana depit essi studiada, sa lìngua sarda podit essi studiada. Difatis sa 26 e sa 482 permitint de intrai su sardu a iscola, ma sceti presentendi progetus, chi tocat chi siant avotaus de su “Collegio docenti”, chi, in teoria, ddu podit fintzas scrocorigai. In prus no totu is scolas aprontant progetus, e nimancu po totu is classis, duncas unus cantu de pipius stùdiant su sardu, àterus nòu. b) no ant cuncordau s’Universidadi sarda, chi at a bolli nai sa possibilidadi de stùdiu, làurea e abilitatzioni e intrada in ruolu in lìngua e literadura sarda. Po cumprendi beni su dannu de no tenni custa universidadi tocat a pensai ita podiat essi su stùdiu de sa lìngua italiana sena de tenni sa làurea in “lettere”. Fiat de seguru una lìngua sena de maistus laureaus e abilitaus arreconnotus de su Stadu, pròpiu comenti est po sa lìngua sarda.

Fueddàriu/Lessico a apitzus: sopra, su aprontai: preparare arreconnotu: riconosciuto àteru: altro c cuncordai: organizzare, creare d dannu: sciagura

i idas (mesi de): dicembre intrai (una lei): promulgare una legge l ladàmini (mesi de): ottobre n nòu = no

p pecau: peccato, difetto ponni a + inf.: obbligare; ponni a studiai: obbligare a studiare s scola manna e pitica: scuole di ogni ordine e grado scrocorigai: boc-

ciare, respingere sena: senza t torrai a nai: ridire u unus cantu (de): alcuni



E

mozioni, colonne sonore, musical e dintorni è il titolo del concerto dell’ensamble dei gruppi da camera della classe del prof. Felizzi, che ha impegnato gli allievi del conservatorio di musica Pierluigi da Palestrina. Il professor Guido Felizzi, ha diretto i ragazzi della sua classe, i quali hanno allietato il numeroso pubblico, con famosissimi brani, tra i quali Il fantasma dell’opera di Andrew Lloyd Webber, che ha aperto la serata, per continuare con un Americano a Parigi, di George Gershwin, Maria di Buenos Aires, di Astor Piazzolla, e poi Ennio Morricone, con Mission e Exodus. Il programma della serata ha visto la partecipazione di due cantanti, la soprano Rosalba Mannoni ed il tenore Giampiero Boi, e Nicola Ravarino Guagenti, voce recitante. Il direttore Guido Felizzi, che è docente della cattedra di musica da camera presso il conservatorio e per diversi anni primo violino di spalla nell’orchestra del Teatro Lirico, ha diretto l’ensamble che ha proposto altri indimenticabili brani che il pubblico ha apprezzato sottolineando l’esibizione con ripetuti applausi. Dal film Titanic, My heart will go on, una fantasia di temi da nuovo Cinema Paradiso diretto da Giuseppe Tornatore, e Don’t cry for me Argentina dal film Evita. Intermezzo per orchestra dello stesso Felizzi. Il concerto lirico sinfonico, che è stato anche riproposto all’Auditorium della scuola Porcu Satta di Quartu, ha trasportato il pubblico con magica partecipazione tra le note di musical e colonne sonore tra i più famosi di tutti i tempi.

Il prof. Guido Felizzi. In alto e a destra il concerto nell’ Auditorium del conservatorio di musica Pierluigi da Palestrina di Cagliari.

di Bianca Maria Locci Ph. Valerio Mereu

Concerto di

musica sinfonica

prova riuscita

per gli allievi del Pierluigi da Palestrina


Michela Murgia Il mondo deve sapere.

La casa editrice ISBN ha mandato in ristampa Il mondo deve sapere, fortunata opera della scrittrice Michela Murgia e fonte ispiratrice del noto film del regista Paolo Virzì Tutta la vita davanti. Dal 2006 ad oggi la scrittrice si è affermata in prima linea per denunciare il precariato giovanile e i modelli lavorativi nell’epoca del berlusconismo e dei metodi motivazionali. Il suo blog: michelamurgia.altervista.org

Gianni Olla Dai Lumière a Sonetàula.

Dai fratelli Lumiere a Sònetàula, è un raccolta in formato grafico cartaceo che riproduce 109 anni di film, documentari, fiction e inchieste televisive sulla Sardegna. Una preziosa testimonianza che unisce al certosino lavoro di ricerca, assetto critico e fascino, opera di un tenace e acuto intellettuale devoto alla terra d’origine.

Festival Lettereario della Sardegna

L’edizione numero sette del Festival Letterario si è aperta all’insegna della riflessione sulla parola mondo e i sui concetti ad essa collaterali: per raccontare centro e periferia nella letteratura e dare modo a scrittori noti e scrittori esordienti di dialogare con il pubblico dei lettori. Un programma ricco di appuntamenti, esibizioni musicali e miscellanee forme di spettacolo, un appuntamento immancabile per gli amanti della parola. www.isoladellestorie.it

Io non entro...

Tripland

Sighimi’

Gangalistics

Folk you

Randagiu Sardu

Bentesoi

Randagiu Sardu

Ganga

Bentesoi

Dal 29 luglio al 2 agosto 2010 - Banari (SS)

SARDINIA REGGAE FESTIVAL

EST’ ARTE festival

I

l Sardinia Reggae Festival è un festival internazionale di musica pensato per tutti gli appassionati della musica Reggae, che si svolge a Banari, in provincia di Sassari, dal 29 luglio al 2 agosto. L’associazione culturale ‘’Sardinia Reggae’’ in collaborazione con l’associazione ‘’Governo Provvisorio’’e con l’intera comunità di Banari hanno creato il primo festival internazionale di musica reggae in Sardegna, quest’anno alla terza edizione. I motivi che hanno spinto le due associazioni ad organizzare il Sardinia Reggae Festival sono diversi: la grande passione per

E

la musica Reggae, il desiderio di creare nuove ed interessanti attività sociali per l’ isola, ma sopratutto l’idea comune di far diventare la Sardegna il punto ideale per la crescita del reggae italiano e per lo scambio con realtà internazionali. Il progetto di “Sardinia Reggae”, di “Governo Provvisorio” e del Comune di Banari è quello di mettere in atto un importante scambio culturale e di creare un grande ponte virtuale tra Sardegna, Europa e Jamaica, permettendo a tutto il pubblico europeo ed extraeuropeo di conoscere storia, tradizioni e cultura

sarda ed al pubblico italiano, di approfondire cultura e storia della musica reggae nazionale ed internazionale. Press office - SMUGGLE MUSIC Per maggiori informazioni, per eventuali interviste, reportage, partecipazione a conferenze o per eventuali foto o riprese del festival si prega di contattare l’ufficio stampa del festival: SMUGGLE MUSIC press.fd@email.it 333.8397851

Dal 27 al 29 agosto 2010 - Vallermosa (CA)

st’arte è il festival dell’arte. La manifestazione, giunta ormai alla sesta edizione, nasce dall’impegno e dalla passione della giovanissima associazione culturale Sold Out. Esposizioni artistiche, installazioni, artisti di strada, concerti, artigianato locale, sono solo alcune delle attività che si possono trovare dal 27 al 29 agosto nell’Anfiteatro Comunale e in Piazza Gramsci a Valler-

mosa. L’ Associazione Culturale SOLD-OUT nasce il 9 maggio 2008 con l’ intento di promuovere attività artistico-culturali in genere, mostre, concerti, presentazione di libri, esposizioni artigianali, estemporanee di pittura e scultura, seminari, conferenze e dibattiti. SOLDOUT è offerta a tutti coloro che, interessati alla realizzazione delle finalità istituzionali, ne

condividono lo spirito e gli ideali. Info e comunicazioni generali: Associazione Culturale SOLDOUT via Salvo D’Acquisto c/o Casa Montis 09010 Vallermosa (CA) www.soldoutvallermosa.com


Arrogalla e Bentesoi Progetto musicale elettronico composto dalla cantante Claudia Aru Carreras e dal produttore electro-dub Arrogalla.

Balentia Il gruppo nato nel 1995 «dalla scissione di Mogoro Posse, gruppo storico del rap sardo, che ha svolto un ruolo cruciale nella formazione di una delle scene Hip Hop più fervide del panorama nazionale».

Marco Mattei Un viaggio attraverso luci e colori intensi nelle pitture dalle pennelllate energiche di Marco Mattei

Valentina Licciardi La giovane pittrice di Iglesias e i suoi quadri raffigiuranti i simboli delle antiche civiltà della Mesoamerica.

Diverting Duo Con i Diverting duo il viaggio mentale è assicurato, basta farsi cullare dalla voce flebile e incantevole di Sara Cappai, dalla chitarra dai mille effetti di Gianmarco Cireddu Cellophane Flowers Con un nome che rimanda ai Beatles e senza troppa pubblicità la band dal 2007 a oggi propone suoni un presente melanconico ma un’indole arrabbiata.

Wave Storico esponente del writing sardo made in Olbia Lo-Car Un treno che viaggia a velocità variabile, che conduce l’ascoltatore attraverso un mondo quasi irreale, dove ogni stazione è una nuova scoperta. Sirbones crew Direttamente da Sassari la break di Trebor, Easy cash, G-rock, Ikno, Kero, Lil cris, Manuhell, Piede




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