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Anno XLV · Dicembre 2016 · Numero 139 Periodico della Comunità di Dardago · Budoia · Santa Lucia
Annunciazione Santa Lucia via Besa Fort, 20 sec. XVIII, autore ignoto, affresco, cm 100x100 ca. proprietà, della famiglia Lucia Fort e Enrico Carli.
Sappiamo come il Papa, fin dall’inizio del suo pontificato, abbia invitato la Chiesa ad andare nelle periferie per incontrare i relitti dell’umanità, l’uomo che si trova privo di speranza, coloro che cercano una luce, la pace e l’amore e non riescono a trovarla. Coloro che sono stati relegati ai margini della società, nelle grandi metropoli, senza i servizi essenziali, in ambienti degradati dove regna lo spaccio di droga, l’abuso della prostituzione, dove si gettano i bambini... giù dai balconi. Dove la gente vive nella paura.
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un Bambino nato Forse il Papa pensava alle «Villas Miserias» del suburbio di Buenos Aires o alle innumerevoli «Favelas» brasiliane o anche alle periferie di Roma, Napoli, Palermo e via dicendo. Ma anche periferie culturali, spirituali, politiche, economiche con le quali Francesco vuole che la Chiesa entri in un dialogo di simpatia. E, ogni tanto, il Papa ci spiazza con certi incontri o con alcune considerazioni su persone o mezzi di comunicazione che, in altri tempi la Chiesa avrebbe considerato «vitandi» (da tener lontani). Comunque io sono convinto che il Papa abbia pensato a quel Bambino che circa 2000 anni fa è venuto al mondo in periferia. Betlemme era allora un pae2
se a 8 km da Gerusalemme, dal nome famoso perché vi era nato il re Davide antenato del Bambino, ma dalla realtà molto modesta. Un paese dove vivevano pastori, gente povera, rozza, dal lavoro pesante, gente disprezzata, forse tra le ultime classi sociali. Un paese dove non si trovò un alloggio degno di quel nome per far nascere il Bambino. Una grotta che serviva da rifugio e riparo per le notti fredde, al bestiame. Ma in quella notte fredda, in quella periferia, in mezzo a quella gente e ai suoi animali, si fa presente il Figlio di Dio. Accorrono i pastori, trovano il Bambino adagiato in una mangiatoia (’n tel cianal de le vacie n.d.r.), avvolto in
la lettera del Plevàn Unicum come soggetto nel corpus dei segni devozionali dell’area comunale è l’iconografia raffigurante l’Annunciazione, dipinta sul lato destro della facciata dello splendido edificio secentesco di architettura spontanea della famiglia Carli-Fort, sotto il porticato ad archi che regge il ballatoio del primo piano. Alterato nei tratti e nel pigmento, l’affresco rappresenta la Vergine e l’Angelo Gabriele collocati alle estremità opposte della composizione; al centro s’intravede un elemento d’arredo. Le pesanti ridipinture impediscono un’adeguata valutazione dell’opera.
Testimonianze: come tramandò nonna Lucia alla nipote omonima, l’affresco devozionale fu realizzato da un pittore, in segno di riconoscenza alla famiglia Fort. Informatori: signori Lucia Fort e Enrico Carli Data di schedatura: novembre 1990 [dal periodico l’Artugna, dicembre 1990, n. 61]
nella periferia poveri panni e forse, come dice la tradizione, circondato da semplici e miti animali. Uomini di una cultura pagana vengono dall’Oriente, portando significativi doni per entrare in dialogo con questa realtà sovrumana. Snobbati, naturalmente, dall’intelligentia, dalla religiosità sorda e assonnata del giudaismo che si riteneva il detentore dell’Alleanza con Dio, e si fa invece complice di un’alleanza col potere omicida di Erode. Il Bambino e la sua famigliola devono fuggire, profugo in Egitto, un paese inospitale, lontano dalle persone care, forse subendo gli oltraggi, le derisioni e i rifiuti dei profughi, si nasconde per non rivelare la sua identità. La sto-
ria si ripete. Tornato in patria, un’altra periferia Nazareth, un paese sperduto dell’alta Galilea, dove non c’era nemmeno una strada per raggiungerlo, si arrivava camminando tra i sentieri scoscesi (su pa’ i trois n.d.r.). Una casa in comune con altre famiglie, poco diversa dalla grotta di Betlemme dove era venuto al mondo. E poi tutto un Vangelo di vicinanza e compassione per i poveri, gli ammalati, i peccatori, i reietti della società. In polemica con le classi dominanti: re Erode, i farisei, i sadducei, i dottori della Legge, i capi dei sacerdoti con insulti pesanti e gravi per richiamare la loro lontananza dal progetto salvifico di Dio. La sua morte come un uomo 3
di don Maurizio Busetti
della Periferia: in mezzo a due ladroni, di fronte ad una folla schiamazzante, deriso dai soldati e dai sacerdoti, abbandonato anche dai suoi: solo sua madre, poche donne e un apostolo, Giovanni erano lì. È questo Bambino della periferia cui guarda Francesco e lo ripropone perché possiamo coglierne il messaggio e seguirlo. Perché lì sta la risposta alle nostre attese, alle attese della nostra periferia. In questi giorni le nostre case e le nostre strade si riempiono di luci, i bambini intonano le arie natalizie, le chiese vengono adornate con bellissimi presepi, risuonano di liturgie, profumano d’incenso proclamano la venuta del Bambino. Ma noi, l’uomo in attesa siamo poi in grado, in mezzo a tutta quest’aura paludata di poesia e d’incanto, di scoprire il Bambino quello della periferia. Quel Bambino che vorrebbe parlare ad Erode e dirgli che non è venuto a detronizzarlo, vorrebbe parlare ai sacerdoti e dir loro di scoprirlo nelle pagine della storia umana, vorrebbe parlare al popolo addormentato dalle false promesse di paradisi terreni irraggiungibili per mostrare la strada del vero Paradiso. Vorrebbe... ma trova solo ad ascoltarlo qualche povero pastore e dei ricercatori pagani che hanno avuto il coraggio di mettersi in cammino ed andare in cerca di Lui. I et fac similiter. Vai e fa come loro.
Buon Natale e felice 2017
[ la ruota della vita ]
NASCITE Benvenuti! Abbiamo suonato le campane per l’arrivo di... Elena Zambon di Piero e di Barbara Puppini – Dardago Chiara Zambon di Piero e di Barbara Puppini – Dardago Alessandro Burigana di Marco e di Teresa Zambon – Budoia Emanuele Fort di Simone e di Gloria Mauro – Santa Lucia Venice Marialice Zambon di Giorgio e di Shannon Hartmann – Sant’Antonio (Texas) Arabella Zambon Rosit di Matteo e di Heather Swann – Witham (Inghilterra) Alberto Modolo di Luca e di Paola Zuodar – Udine Sara Beani di Andrea e di Sabrina Zambon – Ranzano
MATRIMONI Felicitazioni a... Fabio Zecchinon e Sabrina Fort – Santa Lucia Nozze d’argento Angelo Tasca e Anita Zambon Biso – Dardago Nozze d’oro Alfredo Zambon e Franca Angelin – Dardago
DEFUNTI Riposano nella pace di Cristo. Condoglianze ai famigliari di… Mario Aurelio Negro di anni 79 – Dardago Franco Ciacotich di anni 66 – Dardago Domenico Del Maschio di anni 93 – Budoia Emma Zambon di anni 81 – Budoia Ermellina Zambon di anni 95 – Dardago Silvestro Zambon di anni 86 – Fontanafredda Luciana Agelli di anni 84 – Santa Lucia Silvio Del Ponte di anni 95 – Milano Rina Zambon di anni 84 – Milano Matilde Zambon di anni 93 – Milano Elio Polese di anni 81 – Budoia Padre Agostino Selva di anni 90 – Milano
IMPORTANTE Per ragioni legate alla normativa sulla privacy, non è più possibile avere dagli uffici comunali i dati relativi al movimento demografico del comune (nati, morti, matrimoni). Pertanto, i nominativi che appaiono su questa rubrica sono solo quelli che ci sono stati comunicati dagli interessati o da loro parenti, oppure di cui siamo venuti a conoscenza pubblicamente. Naturalmente l’elenco sarà incompleto. Ci scusiamo con i lettori. Chi desidera usufruire di questa rubrica è invitato a comunicare i dati almeno venti giorni prima dell’uscita del periodico.
Gianni! Par piathér, fame ’n bin, me ocor doi rith de lenc pa’ l’Artugna... [*]
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Due riccioli di legno si uniscono a formare un cuore. Una sintesi che racchiude il forte legame che unisce l’uomo e il legno. Legno che, come la pietra, ha contraddistinto da sempre la vita delle nostre genti, confortato il lavoro quotidiano, caratterizzato le abitazioni. Il legno si anima, è vivo, concede la forma ad un cuore dove nascono emozioni e sentimenti... dove trova spazio l’antico messaggio di pace di un lontano Natale.
2 La lettera del Plevàn di don Maurizio Busetti 4 La ruota della vita 6 Cracovia, Giornata Mondiale della Gioventù di Chiara Maccioccu
[*] Gianni! Per piacere, fammi una cortesia, mi servono due riccioli di legno per l’Artugna... (Gianni Rosìt della storica falegnameria di Dardago, n.d.r.).
8 Esperienza di volontariato: una vacanza... diversa! di Joelle Bianchi
dicembre
6 201
anno X L
[foto di Vittorio Janna]
V·
sommario
In copertina.
139
10 Archivio a cielo aperto di Vittorina Carlon
Direzione, Redazione, Amministrazione tel. 348.8293208 · C.C.P. 11716594 IBAN IT54Y0533665090000030011728 dall’estero aggiungere il codice BIC/SWIFT: BPPNIT2P037
14 Dardago, il paese delle meraviglie di Euridice Del Maschio
internet www.artugna.blogspot.com
16 Dove si respira musica di Vittorio Janna Tavàn
e-mail direzione.artugna@gmail.com Direttore responsabile Roberto Zambon · tel. 348.8293208 Per la redazione Vittorina Carlon Impaginazione Vittorio Janna
38 Punture di spillo 38 Concerto di Natale
18 Lavori al campanile di Santa Lucia di Alberto Del Maschio
ed inoltre... Cent’anni dalla Grande Guerra Inserto n. 6 a cura di Vittorina Carlon, Vittorio Janna e Roberto Zambon
22 ’n te la vetrina
Spedizione Francesca Fort
23 Secondo avviso di giacenza di Alessandro Fontana
Ed inoltre hanno collaborato Francesca Janna, Espedito Zambon, Gianni Zambon Rosìt
25 Grazie, Roby! di Bruno Fort
Stampa Sincromia · Roveredo in Piano/Pn
26 Non solo una carta sentieri... ma 15 interessanti itinerari da percorrere 27 Impegno e volontariato: solidarietà con le popolazioni colpite dal sisma 28 Frate Agostino (Giovanni) Selva O.P. 30 Lasciano un grande vuoto... 32 Cronaca 36 Inno alla vita 5
37 Bilancio
39 Programma religioso natalizio
Contributi fotografici Archivio de l’Artugna, Vittorio Janna, Francesca Romana Zambon
Tutti i diritti sono riservati. È vietata la riproduzione di qualsiasi parte del periodico, foto incluse, senza il consenso scritto della redazione, degli autori e dei proprietari del materiale iconografico.
37 ...dai conti correnti
17 Perché non si tiene aperta la chiesetta di Santa Lucia? di Orfeo Gislon e Leontina Busetti
20 Una lapide per Garibaldi di Alessandro Fadelli
Autorizzazione del Tribunale di Pordenone n. 89 del 13 aprile 1973 Spedizione in abbonamento postale. Art. 2, comma 20, lettera C, legge n. 662/96. Filiale di Pordenone.
37 I ne à scrit...
CRACOVIA 26-31 LUGLIO 2016
Giornata Mondiale della Gioventù di Chiara Maccioccu
I giovani delle parrocchie di Castello d’Aviano e di San Giovannni di Polcenigo partecipano alla GMG
I nsieme al gruppo pedemontano di quasi 50 ragazzi ho trascorso, in occasione della Giornata Mondiale della Gioventù, una settimana a Cracovia, città del fondatore delle GMG San Giovanni Paolo ll. Noi giovani, guidati da don Riccardo Ortolan, sacerdote delle parrocchie di Castello d’Aviano e di San Giovanni di Polcenigo, ab-
biamo avuto l’occasione di unirci a gruppi provenienti da tutto il mondo nella città polacca per compiere un cammino spirituale. Le nostre scarpe hanno macinato chilometri in qualsiasi condizione atmosferica, abbiamo mangiato cibi tipici che ci offrivano gli abitanti del luogo, o addirittura non abbiamo mangiato, ma la fati-
La grande veglia al Campus Misericordiae. Alla messa finale si sono riunite tre milioni di persone.
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Attenti alla divano-felicità, è una paralisi che rovina la gioventù. [ Papa Francesco]
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ca siamo riusciti a non sentirla dato che il nostro cuore era pieno di gioia per l’avventura intrapresa. Il tema della Divina Misericordia ci ha fornito la possibilità di mescolarci tra i 3 milioni di persone di culture diverse, tutte accomunate dalla Fede in Dio. Le giornate sono state intense a livello emotivo: tra cateche-
Alcuni dei momenti più significativi della settimana trascorsa in Polonia.
si, messe, momenti di riflessione personale e di condivisione tra amici e sconosciuti, ognuno ha lasciato un segno nel cuore dell’altro; ma ciò che resta più impresso nell’animo di noi partecipanti sono sicuramente gli incontri con Papa Francesco. Il pontefice ha trascorso tre giorni al fianco di noi giovani, che l’abbiamo accolto a Błonie in modo molto caloroso. Sicuramente il momento più significativo condiviso con il Santo Padre è stato quello della Veglia, in cui noi e molti altri partecipanti alla GMG ci sono riuniti in preghiera al Campus Misericordiae. Papa Bergoglio ha esortato noi fedeli a rispondere al mondo in guerra con fraternità, fratellanza, comunione e famiglia, ma soprattutto ha spronato noi giovani ad 7
essere padroni del nostro destino e a prendere in mano la nostra vita; si è rivolto a tutti noi ragazzi dicendo di abbandonare la paralisi che nasce quando la felicità viene sostituita da un divano, la felicità non è sinonimo di comodità. Il Signore invita tutti noi a lasciare un’impronta nella nostra vita, un’impronta che segni la nostra storia, ma anche quella di tante altre persone. Presso il luogo della Veglia abbiamo dormito in compagnia di persone di circa 90 etnie differenti, sotto la luce delle stelle, aspettando la Santa Messa della domenica. Siamo rientrati in Italia dopo otto giorni che ci hanno reso delle persone diverse.
Joelle all’asilo nido con uno dei bimbi più grandi, mentre sta giocando.
ESPERIENZA DI VOLONTARIATO
Sono Joelle Bianchi, sedicenne, nipote di Otello Vettor Cariola, frequento il terzo anno del liceo classico a Milano e quando gli impegni me lo permettono e la nonna è disponibile... scappo a Dardago!
di Joelle Bianchi
T ra i mille impegni che mi hanno tenuto occupato il periodo estivo, ce n’è stato uno in particolare che non pensavo mi avrebbe dato così tante belle e intense emozioni e mi ha insegnato a vivere meglio la mia vita vedendo quella di chi non è stato tanto fortunato quanto me. Il mio liceo per l’estate offre diverse proposte per trascorrere i mesi estivi al servizio di chi ha più bisogno. La seconda settimana di luglio avevo deciso di fare volontariato con la scuola e con la mia amata prof di religione. Questa esperienza si sarebbe svolta a Milano e sinceramente non sapevo cosa aspettarmi. Arrivata a scuola, il rettore ha portato me, una mia compagna di classe e un’altra ragazza nella sua parrocchia dove c’è un asilo nido. Questo asilo nido, gratuito, è stato creato per famiglie con problemi a livello economico, giusto per dare loro un aiuto permettendo alle madri di lavorare. Quando sia-
una vacanza... mo andate noi a dare una mano, i bambini erano tre, due fratellini peruviani e un bimbo filippino di solo un anno. Beh, che dire, quei bellissimi bimbi hanno conquistato il mio cuore, mi hanno fatto sorridere e mi hanno regalato tanta gioia. Stare lì accanto a loro mentre esploravano il nido, il loro piccolo mondo; ad un certo punto, uno di loro, il mio preferito, mi tira il pantalone e mi guarda con gli occhioni dolci per farmi intendere che vuole venire in braccio: io amorevolmente lo prendo e lo porto in giro. Gli ho dato da mangiare, preparatogli dalla mamma, ed era un amore mentre, affamato, mangiava piano piano il suo pranzo ed io lo imboccavo. Prima del pranzo l’ho portato in bagno per lavargli accuratamente le mani e rinfrescarlo un po’, dato che c’era un caldo insopportabile. Mi è sembrato di provare la sensazione di essere mamma e ho provato una 8
felicità indescrivibile che mi ha riempito il cuore di gioia. Forse ciò che però mi ha toccato maggiormente nel profondo è stato un altro tipo di esperienza. Il pomeriggio dello stesso giorno ci hanno accompagnate in un centro dove si trovavano disabili, uomini e donne con problemi di vario genere. Essi erano in quella struttura per prepararsi ad entrare nel mondo del lavoro. Mi sentivo un po’ un’estranea nonostante avessi già fatto qualche esperienza simile a questa. Le disabilità erano diverse, chi aveva ritardi mentali e chi aveva soltanto problemi fisici come il ragazzo cieco. Insieme abbiamo svolto varie attività: un pomeriggio, per esempio, abbiamo fatto un lavoro di creatività e fantasia in cui serviva anche un minimo di manualità. La prof di religione, che è sempre stata lì con noi, ha portato i kapla, mattoncini di legno con i quali, in coppia con un disabile, dovevamo
creare delle costruzioni, dare un nome e spiegare cosa rappresentassero. Tra tutti, mi ha particolarmente colpito un ragazzo non vedente veramente simpatico, ma quello che mi ha sconcertato di più è che non considerava questo suo «problema» un ostacolo, non ci pensava affatto, anzi era il più vivace ed entusiasta del gruppo. Sempre ironico, molto dolce e tra lui e un’altra ragazza stava nascendo una storia d’amore, vederli insieme mentre si abbracciavano era una scena veramente molto tenera. Ciò che stupisce è proprio questo: molte persone con evidenti e gravi difficoltà e problemi seri non
Joelle con Martina, compagna di classe e di volontariato.
diversa!
una giornata molto intensa, eravamo lì tutti abbracciati a cantare a squarciagola ridendo per le nostre «fantastiche» intonazioni. Essi, come tutti i giovani, hanno sogni, grandi o piccoli: c’è chi sogna di essere una cantante, invece c’è chi vorrebbe sempre divertirsi, uscire con gli amici: sono ragazzi e ragazze semplici con passioni, sogni e ambizioni. E chi l’avrebbe mai detto che in poco tempo avremmo scoperto così tanto su di loro, ma soprattutto avremmo scoperto molto su noi stessi. Questa esperienza mi ha così entusiasmata che desidero ripeterla, infatti la mia prof ha proposto di andare con una certa frequenza nel centro dove essi passano la maggior parte del loro tempo per fare una vera e propria esperienza continuativa di volontariato. E visto il risultato di questa mia splendida vacanza penso che
Una casa costruita con i kapla, una casa particolare, quella dove avremmo voluto vivere.
danno peso, vivono la loro vita molto meglio della nostra piena di ansie, paure e limiti. Ognuno di loro con alle spalle storie dure e difficili, ma fieri di essere quello che sono. Amano solo sentire qualcuno vicino a loro che li capisca, che li apprezzi e goda della loro compagnia. Non avrei mai pensato di affezionarmi così tanto a queste per-
sone e invece le porto tuttora dentro il mio cuore come una piccola grande famiglia. Nella mia mente c’è un ricordo molto vivido: l’ultimo giorno della nostra settimana di volontariato avevo deciso di passarlo con loro ed essi avevano pensato di concludere in modo un po’ speciale questo nostro percorso insieme... una sessione di musica. È stata 9
l’estate prossima sceglierò ancora una delle idee che la scuola mette a disposizione a noi studenti per crescere non solo culturalmente, ma anche come persona, mettendoci davanti a situazioni che normalmente conosciamo solo per «sentito dire», ma che vivendole veramente ci permettono di capire, dare la giusta misura e affrontare le difficoltà della vita... quelle vere!
Progetto di valorizzazione del patrimonio archivistico per conoscerci e farci conoscere
archivio a cielo aperto a cura di Vittorina Carlon, per la Redazione In questo mese, si è dato avvio nel capoluogo al progetto Archivio a cielo aperto, nato dall’idea di valorizzare il patrimonio archivistico, con l’ideazione di percorsi di tipo antroponimico, toponomastico, religioso, etnografico,… segnalati attraverso ‘tabelle’ sistemate in determinati luoghi – in piazza, lungo le vie o sentieri – sulla traccia di rappresentazioni documentarie conservate prevalentemente nell’archivio dell’antica pieve. Completerà il piano, una mappa di dislocazione dei documenti secondo i percorsi tematici specifici. Si tratta di un progetto della Redazione, condiviso e concretizzato dall’Amministrazione comunale, mediante segnaletica culturale, con lo scopo di educare le nuove generazioni a leggere e conoscere il proprio ambiente,
di far scoprire ai residenti il territorio e le persone con le loro storie, e di trasmettere al turista, storia e cultura dei nostri paesi, obiettivi anticipati già nel n. 133 del nostro periodico. Le prime quattro ‘tabelle’, collocate nella piazza di Budoia e accanto alla chiesa, tracciano l’inizio del percorso AT, (antroponimico-toponomastico), per ricostruire la storia delle famiglie e di determinati edifici, e per conoscere antichi toponimi,
permettendo così di varcare tre-quattro secoli di storia del paese. Il testo è trascritto pure in parlata budoiese con la consulenza di Fernando Del Maschio e tradotto in lingua inglese. Auspicando di far cosa gradita ai nostri lettori che vivono lontano, pubblichiamo le prime quattro indicazioni storiche. Foto in alto. l’Artugna, dicembre 2014, numero 133, pagina 18, in cui si anticipava l’idea del progetto «Archivio a cielo aperto».
AT 1
Casa del cappellano, già casa Capitanio
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Case Quaini – case Cardazzo Schiavon
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Case Sansoni
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Antica piazza di Budoia e chiesa di Sant’Andrea
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Casa del cappellano, già casa Capitanio
Fino alla fine degli anni Sessanta del secolo scorso, nella piazza di Budoia, verso sud, si ergeva un antico fabbricato risalente al Cinquecento, su fondamenta di epoca antecedente, adibito dalla seconda metà del Settecento ad abitazione del cappellano e, quindi, del parroco. All’origine si trattava di un edificio con annessa fucina del XVI secolo che dal 1638 apparteneva alla famiglia Capitanio di Maniago Libero. Il capo di famiglia, «mistro Domenico quondam Nicolò Capitanio detto Gobbo», seppur settantaduenne, nel 1657 esercitava ancora l’arte fabbrile, mestiere che trasmise ai figli Nicolò e Sebastiano e al nipote Pietro. Nel 1757, la proprietà passò all’ «Onorato Comune di Budoia» che «possede(va) il d.to Cortivo, Orto e Brollo con Casa […] che serv(iva) per abitazione del R. do Capellano di detta Villa». La casa confinava «a matina (con) strada publica, a mezodì (con) Giammaria q.m Giacomo Loser d.to Coz, a sera (con gli) eredi di Giacomo q.m Giambatta Quain, a monti (con i ) Cons.ti Loser d.ti Coz», poiché a settentrione, sino a fine Settecento, non esisteva ancora la piazza. Nei secoli successivi, l’edificio subì delle ristrutturazioni e continuò ad avere funzione di canonica, fi-
no al momento della sua demolizione. Le antiche case e proprietà, poste a nord e a sud del fabbricato, appartenevano ai Loser d.ti Coz, famiglie presenti in paese già nel XV secolo: «Taglimenti dicti Loss» (1414); «Ser Simone quondam Tayamenti dicti Loxer de Budoya» (1452). Tale cognome è ora estinto. *** Ciasa del capelan, beldà ciasa Capitanio Fin al 1970, ’n te la platha de Buduoia al era la vecia canonica,’na
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ciasa del Thinquethento se no ancimò pì vecia... In tel 1638, al era ’na ciasa co’ la botega de batifer de la famea Capitanio de Manià; el capo famea al era «mistro Domenico q. Nicolò Capitanio detto Gobbo», che i à insegnat ai so fioi e a so nevodo el mestier de batifer. In tel 1757, la ciasa ’l era deventada del Comun, che i la veva tota pal capelan de Buduoia. Par confin, sote e sora, parché in chei ains no ’l era anciamò la platha, al era el tignì dei Loser Coth, nom che ’l era beldà in tel milequatrothento. Uncuoi i Loser no i é pì a Buduoia.
Bibliografia Archivio Storico della Pieve di Santa Maria Maggiore di Dardago. Terre e rendite. Catasto Santa Maria Maggiore 1757. C. Zoldan, La pieve di Dardago tra XIII e XVI secolo. Le pergamene dell’archivio, Dardago 2008.
Sotto. Nel cortile della canonica, un gruppo di ragazzini e giovanotti dell’Azione Cattolica con il parroco, don Luigi Agnolutto, nel 1942-1943.
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Case Quaini – case Cardazzo Schiavon
Le case non esistono più.
Confinante a est con la casa e l’orto del cappellano, si trovavano le abitazioni cinquecentesche, su fondamenta di epoca anteriore, dei Quaini e dei Cardaz detti Schiavon, il cui ingresso avveniva dalla «Contrada detta Scusat» (l’attuale via Panizzut), lungo una «stradella consortiva». Si trattava, nel 1757, di «case coperte parte a coppi e parte a paglia […] con cortivo murato, orto anesso e con pezzetto di terra Arativa», confinanti «a mattina (con le) Case e Cortivo dell’Onorando Comun di Budoja, (che) servono di domicilio al Reverendo Capellano di detta Villa, parte (con) Domenegho quondam Giacomo Coz detto Loser, e parte (con) li Scussati […], a mezodì (con) Valentin quondam Mattio Stefinlongo, a sera (con) Domenegho Burigana quondam Giacomo, a monti parte (con la) stradella consortiva, e parte (con) Domenigho Coz detto Loser […]». Esisteva un legame di parentela tra i due casati, perché nel Seicento una Cardazo Schiavon, Pasqua, andò in sposa a GioBatta di Giacomo Quain. Il cognome Quain/Quaino/Quaini, presente nel territorio dal XVII secolo, si estinse nell’Ottocento, mentre il cognome Cardazzo Schiavon è ancora esistente.
dei Scussat, chela che ades la se clama via Panithut. Nel 1757, le ciase le era cuerte ’na part co i cops e ’n altra part anciamò co’ la paia. Par confin le veva la ciasa del Capelan, beldà Ciasa Capitanio, Menego del fu Jacum Coth, i Scussath, Valentin del fu Matio Stiefinlongo, Menego Burgana e part Menego Coth deto Lozer. Le doe famee le era inparentadhe tra de lor par via che una de Cardath, la Pasqua, l’era maridadha co’ Batta Quain de Jacum. El nom Quain/Quaino/Quaini, in tel Comun dal 1600, a ’là resistut fin a l’Otothento; chel dei Cardazo al a anciamò cualchedun che se clama cussì.
Ciase Quains Ciase Cardath S’ciavons Dongia la ciasa del prete al era le ciase dei Quains e dei Cardath S’ciavons, che le veva la passada pa’ ’na stradela verso la Contrada
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Case Sansoni
Si tratta del nucleo insediativo dei Sansoni, con edifici cinquecenteschi su fondamenta preesistenti (già documentati nel 1479), prospicente la «Piaceta di S. Andrea» con l’antica chiesa. Si tratta delle case situate all’inizio di via Roma, a fianco della chiesa. Nel 1757, la proprietà di «Domenego quondam Pasqualin Sanson» […] «confina a mattina (con gli) eredi quondam Andrea quondam Piero del Maschio, a mezzodì Antonio quondam Antonio Panizut, a sera li Consorti Carloni, e Consorti Salvadori, a monti Strada Publica mediante Piaceta di S. Andrea». I Sanson(i), che si distinguevano con i soprannomi Pasqualin e Pasqualon, appartenevano al tessuto sociale del paese già dal XV secolo: «Angeli Sansoni» (1475). Il cognome è ancora esistente in 12
Bibliografia Archivio Storico della Pieve di Santa Maria Maggiore di Dardago. Terre e rendite. Catasto Santa Maria Maggiore 1757.
paese, ma solamente un nucleo familiare abita uno degli edifici. Ciase dei Sansons Al é le ciase del quatro-thinquethento dei Sansons Pasquai, dongia la Plathuta de Sant’Andrea. Nel 1757, el tignì de Menego fu Pasqualin Sanson al era a confin co’ i
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eredi de Andrea fu Piero del Maschio, co’ Toni del fu Toni Panithut, co’ i Carlons e i Salvadors. I Sansons i se divideva in chei de Pasqualin e chei de Pasqualon; i viveva unchì dal milequatrothento. El nom al è anciamò a Buduoia, ma sol che ’na famea la vif in una de ’ste ciase.
Bibliografia Archivio Storico della Pieve di Santa Maria Maggiore di Dardago. Terre e rendite. Catasto Santa Maria Maggiore 1757. C. Zoldan, La pieve di Dardago tra XIII e XVI secolo. Le pergamene dell’archivio, Dardago 2008.
Antica piazza di Budoia e chiesa di Sant’Andrea Mappa Napoleonica del 1812.
Fino all’ultimo decennio del Settecento, prima dell’erezione della nuova chiesa, in questo sito sorgeva la «Piazzetta di Sant’Andrea», che si estendeva nell’area antistante al sagrato. Ivi si svolgevano gli incontri della Vicinia (Vicus, villa) ossia le adunanze dei capi di famiglia del Comune, che si riunivano in assemblea pubblica, al suono della campana, sotto le fronde di un albero secolare detto ‘l’albero della Vicinia’, per discutere e deliberare decisioni importanti della vita amministrativa della Villa. L’assemblea era presieduta dal decano, un autorevole personaggio del comune rustico. L’albero fu estirpato per lasciare spazio alla ricostruzione della nuova fabbrica, la cui prima pietra fu posata nel 1795; della già ‘piazzetta’ non rimase che un’area molto ridotta ma, nonostante ciò, si continuò a denominarla «Piazza di Budoia» come documentato nella mappa napoleonica-au-
striaca del 1812, finché non s’individuò un sito più ampio, nella parte sottostante, dove trovò ubicazione l’attuale municipio. Accanto alla chiesa, nel 1774 ebbe inizio l’erezione del campanile, opera delle competenti maestranze locali (dagli Scussatto, ai Cardazzo, dai Carlon ai del Maschio, ai Tres, agli Angelin…). «1774. Spese fatte dal detto Cameraro e Procuratore della Veneranda Chiesa atorno la Fabricha del Campaniel». *** La platha de ’na volta e la glesia de Sant’Andrea Fin ai ultins ains del Setethento, prima che vignis scumithiada la glesia nova, cà ’l era la «Plathuta de Sant’Andrea», ’na che feva consei la Vithinia, i capifamea, pa’ decide ’l da fà in tel Comun de Buduoia (Fi’n ai prins ains del 1800 i tre pais i era comun ognun pa’ cont sio). I se ciatava al son de la 13
cianpana, sote un gros arbul. In tel 1795, cuan che i à tacat la nova glesia, la plathuta a ’l è deventada anciamò pì pithola, ma i à continuat a clamala adiritura, la Platha de Buduoia, fin chè no i à fabricat el munithipio e i à spostat la platha pì in dò. Dongia la glesia al è el cianpanile che i à tacat a falo i taiapiere e i muradors de Buduoia, intel 1774
Bibliografia Archivio Parrocchiale «Sant’Andrea apostolo» di Budoia, Ultimo Libro dei Conti Camerari. 1766-1805.
Dardago il paese delle meraviglie di Euridice Del Maschio
– Su, Gi, alzati! Dobbiamo andare. Sai che quando arriva il sole, non va bene –. – Certo che lo so, i fiori devono restare chiusi e dritti come soldatini –. Cestino in mano e via. Sante è già là. Ciao… 196! – Dice a voce alta. È il numero di fiori raccolti fino a quel momento. Basta un attimo, per perdere la conta. Ce ne vogliono 180, 200 e più per fare un grammo di prodotto essiccato. Ma quali fiori, quale prodotto? Trattasi del crocus sativus Linnaeus, direbbe il botanico. Invece io dico fiore dello zafferano. Ci è donato da un bulbo, anzi più correttamente da un cormo,
che va interrato alla fine di agosto a 12 cm di profondità in un terreno concimato e drenante. Perfetto quello di Dardago, pi sass che tera, ma va bin lo stess. Avvenuta la semina, basta tener d’occhio le erbe infestanti, mi raccomando, e aspettare… A metà ottobre, escono i primi fiori, i primi stimmi che fanno i primi milligrammi di zafferano, spezia preziosa come l’oro. 28 ottobre 2016 ore 7. Uno spettacolo mai visto: davanti a noi lunghe file tutte viola, un fiore dietro l’altro, i petali stretti a proteggere il tesoro. Tonin, quasi disperato pensando alla schiena – I n’è ’na strage 14
stamatina! Manco mal che avon la Sara! – Eh sì, Sara è già accucciata col suo cestino di vimini, l’ha fatto proprio lei, e con la «cipolla» di lunghi capelli raccolti con l’elastico. Sara è giovane, è svelta nei movimenti, passa di qua e di là prendendo 2, 3 o tutte 4 le file, stacca con l’unghia il fiore e conta. Gli standard di raccolta dicono 600 fiori all’ora, lei ne fa 1000. Altro che Tonin! Lui, per ricordare il numero di fiori raccolti, ogni 100, passa una monetina da una tasca all’altra! E poi c’è Mario e Sante e Gigi curvi, in silenzio, a contare… 9.786 fiori! Siamo stati fino alle 9 quella sera, a sfiorare: un fiore alla volta tra i
pollici e gli indici, aperto a ventaglio per trovare quel filamento bianco che diventa giallo e più in su arancione. Ed è proprio lì dove il giallo diventa arancione che si deve tagliare e i 3 stimmi uniti lasciano il fiore per essere essiccati. Questo è lo zafferano in stimmi. E i fiori? Tutti gettati. Possibile che non ci sia niente da fare con tanta bellezza? D’accordo, possiamo mangiarne qualcuno nelle insalate d’autunno, come facciamo con le viole mammole e le primule nelle insalate primaverili. Ma il resto? Su, facciamoci venire delle idee! A.A.A. cercasi creatività! E genialità!
LA RACCOLTA DELL’ORO ROSSO DI DARDAGO. Quando le prime brume d’autunno cominciano a diradarsi e l’alba s’insinua timida tra i pendii boscosi delle nostre montagne, per gli amici della Cooperativa Cial de Mulin, è tempo d’andar per campi. Delicati fiori lilla, come preziosi scrigni chiusi nella loro corolla, proteggono e sussurrano il prodigio di un segreto: gli stimmi del crocus sativus, lo zafferano. Dopo averli essiccati sono confezionati in vasetti di vetro pronti all’uso per profondere così il tradizionale colore giallo ed il sapore deciso ad ogni alimento. Sopra. Da sinistra: Sante, Sara, Antonio, Paola, Melita, Carla e altri amici, ognuno con il proprio stile, ma tutti attenti alla raccolta... non distraeteli, stanno contando i preziosi fiori del crocus!
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dove si respira musica di Vittorio Janna Tavàn
Un pomeriggio dello scorso ottobre ero a Milano quando decisi di andare a trovare la maestra Tina nella sua nuova casa... «Buongiorno. Desidera?» «Buongiorno a lei. Vorrei incontrare la signora Giustina Favia Zambon». «Chi devo dire?». «Vittorio di Dardago»... «Ciao Tina, come stai?». «Sento la nostalgia della mia grande casa in pietra»... *** Il ricordo è ancora là, a Dardago, tra le montagne ed il suo cielo nei quali ha lasciato la musica dei suoi anni più belli, a fianco di Cornelio e di Romana e Roberta. Ora le figlie l’hanno voluta vicina, in quella Milano tentacolare dove – per dirla alla Saba – invece di stelle ogni sera si accendono parole. Di variegate e sublimi parole (come quelle d’apertura rilasciate al periodico La Voce di Casa Verdi), la «nostra» maestra Tina Favia ne deve sentire molte. Ogni giorno. Magari accompagnate ad un tè, una sonata o un canto perché il luogo milanese dove vive è davvero speciale. Fu il suo stesso fondatore, quel tal Giuseppe Verdi, a volerlo realizzare e battezzare come «Casa di riposo per musicisti», meglio conosciuta come «Casa Verdi», la sua opera più bella, a detta dello stesso Maestro. È una struttura unica al mondo, nella quale il compositore investì tutto il suo patrimonio perché si potessero ospitare «poveri e cari compagni della mia vita». Tenori, soprani, direttori d’orchestra, «addetti all’arte musicale» d’ogni tempra ed esperienza, persino
jazzisti, ma anche studenti di musica provenienti da tutto il mondo calcano le grandi stanze della Casa. È un viavai melodico, canterino e musicale, che Tina osserva – o meglio ascolta – con compiaciuto godimento. Chissà se s’era immaginata una «esperienza» così quando dalla lontana Brindisi degli anni Trenta dapprima aveva frequentato il Conservatorio «Tito Schipa» di Lecce e poi, su insistenza del nonno Cosimo, il «Santa Cecilia» di
In alto. Un particolare della grande sala dedicata allo svago e al relax degli ospiti. Sotto. Giustina Favia Zambon nella propria stanza. Alla parete le foto, sue e dei famigliari, continuano a raccontarle l’avventura della vita.
Roma dove si diplomò in pianoforte. Galeotta fu però una serata danzante in terra pugliese dove conobbe Cornelio Zambon Marin, «un bel friulano biondo con gli occhi azzurri, dirigente della Montedison», che ben presto diventò suo marito. Dopo anni Tina si trasferì con la famiglia a Treviso, dove insegnò in un istituto magistrale fino al 1990 quando, insieme a Cornelio, si trasferì definitivamente a Dardago. «In questo paese ho trovato ispirazione e tranquillità per la composizione» aveva affermato qualche anno fa. E di composizioni ne ha realizzate molte, spesso cimentandosi con testi nella nostra parlata, come quelli contenuti nel libro-cd Sot el balèr, scritti dal marito, dove traspira tutto il suo amore per la nostra terra. Apprezzata per la sua sensibilità musicale – memorabile fu anche la musicazione di 11 classici della poesia italiana eseguiti dal Gruppo Elastico diretto dal maestro Fabrizio Fucile – ma soprattutto umana; anche a Milano ha mantenuto la coerenza del suo valore, facendosi benvolere sia col suo strumento che con le carte... «Giustina sei una gran bella persona – dichiara l’intervistatore del periodico di Casa Verdi –. Sai giocare a burraco, sorretta anche dalla fortuna e, avendoti sentita suonare il pianoforte, posso dire che sei davvero una brava musicista!». Tutta l’atmosfera di Casa Giuseppe Verdi ti circonda e continua ad alimentare la tua grande passione: la musica!
N oi di Santa Lucia spesso abbiamo pensato che fosse un vero peccato che la chiesa su de la riva de Messa rimanesse sempre chiusa, eccetto il 13 dicembre e in agosto quando ritorna don Luigino, per la festa dell’emigrante. La nostra chiesetta, simbolo del paese, è sempre stata un punto di riferimento fin da bambini: quanti giochi nel prato adiacente, quante sbrisade su la riva de Bof, quante sfide in bicicletta per arrivare primi lassù. Le campane scandivano le ore e ci accompagnavano durante la giornata: la mattina presto per la Messa, a mezzogiorno e alla sera al tramonto per l’ora de not, poi i vesperi, i matrimoni e il suono triste della medana per
i funerali; suono a festa per le ricorrenze più importanti o avvenimenti singolari. Una scampanata quando si è riscoperto l’affresco e quando, ai quarti di finale di «Italia 90», Totò Schillaci segnò don Nillo non aveva esitato a condividere il suo entusiasmo. Quando c’era la sagra, le campane suonavano a distesa per più giorni, alternate alle glathade che venivano eseguite a mano, salendo sul campanile fino alle campane stesse. La chiesa peraltro è un edificio di notevole valore storico: il primo impianto risale al 1200 circa, poi fu ingrandita in epoche successive fino al 1700 e così si presenta ora. L’affresco, attribuito a
Gianfrancesco da Tolmezzo, è opera del XV secolo; l’altare in pietra viva e marmi policromi è opera del tagliapietra Antonelli e fu posto in opera nel 1724. Ciò nonostante la chiesa rimane sempre chiusa. Un giorno l’idea brillante di Corrado Besa («ma perché non si tiene aperta?») incontra l’abilità decisionale di Orfeo Gislon; lui passa la voce, una sera per decidere i tempi e i modi, un’altra per concordare i turni. Per i mesi di agosto e settembre, alla domenica, la chiesa di Santa Lucia viene aperta, mattina e pomeriggio, da volontari entusiasti e partecipi. Un libro all’ingresso riporta le firme dei visitatori: ne sono state contate 256, ma il numero
perché non si tiene aperta la chiesetta di Santa Lucia?
Suggestiva veduta della chiesa di Santa Lucia vista da via Roial.
di Orfeo Gislon e Leontina Busetti
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di visitatori è decisamente in difetto, perché non tutti hanno firmato; e tutti hanno attestato la gioia di «trovarla finalmente aperta». Riporto fedelmente le parole dolcissime e sincere di una bambina di 8 anni, Nicole Fort: «È stato bellissimo venire in questa chiesa. Signore, ti chiedo soltanto che a me piacerebbe molto avere un cane. Amen». Spesso dei cani accompagnavano i visitatori, e i fedeli animali trovavano una ciotola d’acqua fresca cui provvedeva Bianca Barracco (e non s’impediva certo loro di entrare, tanti sono quelli certi che anche loro abbiano un’anima).
Frequentando la piccola chiesa di Santa Lucia, ci si è resi conto che le lampade che la illuminavano all’interno erano sì belle e adeguate, ma diverse tra di loro, evidentemente collocate con grande risparmio. Ma il nostro amico Marco Zardinoni, marito di Arianna Fort Pevere e titolare di una vetreria a Murano («La fucina del vetro»), le ha rifatte nuove e ricollocate tutte e 16, prendendo a modello la più bella. Un regalo bello e prezioso per la nostra comunità. Ci sarebbe ancora molto da fare: si spera che molti desiderino sposarsi o far battezzare lì i loro bambini, così la chiesa diventerebbe più viva.
L’ubicazione è appartata ma non isolata, la strada per raggiungerla è breve e in buone condizioni, c’è un comodo parcheggio e l’ottima acustica, dimostrata nei concerti tenuti, sono validi motivi per utilizzarla. L’esperimento di questa estate è stato così gratificante, sia per i volontari che per i molti visitatori, che l’anno prossimo la chiesa verrà aperta per un periodo più lungo: ci sono la determinazione e la volontà non solo degli abitanti abituali, ma anche di tutti coloro che arrivano d’estate.
RESTAURO E RISANAMENTO CONSERVATIVO
lavori al campanile di Santa Lucia di Alberto Del Maschio
La storia vuole il campanile della chiesetta di Santa Lucia in colle eretto dal 1743 al 1748, completato con l’installazione di un orologio nel secolo successivo e consolidato dopo il terremoto del 1976. Rispetto all’organismo originario negli anni non si sono avute modifiche agli elementi compositivi anche se l’intervento del 1976 non ha permesso di conservarne interamente l’aspetto esteriore.
Su questo edificio a settembre di quest’anno si sono conclusi i lavori di Restauro e Risanamento Conservativo finalizzati alla conservazione dell’organismo edilizio per assicurarne la funzionalità. Sono state attuate un insieme sistematico di opere che, nel rispetto degli elementi tipologici, formali e strutturali dell’edificio, ne consentano il mantenimento della destinazione d’uso. È possibile confermare che la struttura architettonica è completamente in pietra calcarea bianca tipica dei fabbricati della zona con il fusto intonacato dopo gli eventi del 1976. I lavori hanno permesso di rimuovere ed integrare le parti de18
gradate dell’intonaco per riproporre una tinteggiatura con effetto cromatico simile al precedente. In questa fase sono state rinvenute evidenti tracce di un precedente riquadro dell’orologio con il centro di colore azzurro ed una cornice rossa applicati sull’unica parte di intonaco antico. La modalità di intervento ha previsto la conservazione riequilibrando le sue parti costitutive senza ricostruzioni aggiuntive ed invasive per permettere di percepire meglio quello che è parte originale senza modificarne le tracce storiche. Nei punti di abrasione si è utilizzato un tono più basso al fine di restituire una superficie pittorica omogenea cromaticamente e a tono. È probabile che in origine il fusto non fosse intonacato ma rifinito con
Particolari della torre campanaria durante i recenti lavori. In alto. Un momento del delicato lavoro di restauro.
pietra fugata a «raso» lasciando intravvedere la tessitura della muratura come di consuetudine per gli edifici più importanti. La cella campanaria e l’ottagono sono costituiti da conci in pietra meticolosamente sagomati uniti fra loro da malta e graffe metalliche. Si
tura di copertura in legno con un controllo e rafforzamento della chiodatura e con il successivo trattamento impregnante di protezione. In sommità è stata ripristinata l’originaria croce in ferro «oscurata» dalla sovrapposizione di una croce in legno di maggiori dimensioni.
è intervenuti pulendo la superficie lapidea con trattamento biocida, lavaggio e spazzolatura. Il restauro delle superfici è avvenuto attraverso l’uso di malte compatibili con l’esistente, ricostruendo le parti mancanti, fissando meccanicamente alcuni elementi decorativi instabili per finire con un trattamento protettivo consolidante. Anche nella parte interna sono state consolidate le parti degradate, particolare attenzione è stata posta all’impermeabilizzazione dei cornicioni della copertura e del pavimento della cella campanaria anche attraverso l’impiego di lastre in piombo aggraffate. È stata sistemata la strut-
I lavori sono stati realizzati a seguito autorizzazione della Soprintendenza Belle Arti e Paesaggio del Friuli Venezia Giulia, finanziati nella misura del 50% con l’8x1000 della Chiesa Cattolica e realizzati dalla ditta Fi.Be. Srl di Fontanafredda con la consulenza della dott.ssa Francesca Faleschini per il recupero del vecchio quadrante. Determinante è stata la piena condivisione ed il sostegno economico dei parrocchiani che ancora una volta hanno confermato come la chiesetta in colle ed il suo campanile siano una testimonianza viva della storia religiosa e civile della comunità.
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Pordenone. Ex Palazzo Candiani in Corso Vittorio Emanuele II.
di Alessandro Fadelli
una lapide per Garibaldi A vevamo già avuto modo di parlare in un altro numero di questa rivista dello scultore dardaghese del XIX secolo Napoleone Alessandro Janna (o, come preferiva firmarsi, Alessandro Della Janna), appartenente al ramo dei Bernardo, che fu un personaggio d’indubbio rilievo, ma del quale si hanno ancora notizie incerte e frammentarie, soprattutto riguardo alla sua produzione artistica.1 Torniamo in quest’occasione a riparlarne per attribuirgli la realizzazione della lapide in onore di Giuseppe Garibaldi che è ancor oggi ben visibile sull’ex Palazzo Candiani in Corso Vittorio Emanuele II a Pordenone. La lapide in questione ricorda la visita che Garibaldi compì a Pordenone il 2 marzo del 1867, poco dopo l’unificazione del
Friuli e del Veneto, concretizzatasi con il plebiscito del 21-22 ottobre 1866. Era allora sindaco di Pordenone il possidente, patriota e scrittore Vendramino Candiani (18201906), proprietario del palazzo sul quale sorge la lapide e nel quale fu ospitato il celebre condottiero, il quale ricevette ovviamente un’entusiastica accoglienza da parte della grande folla richiamata dal suo arrivo. Il ricordo marmoreo fu però concretamente realizzato solo quindici anni più tardi, verso la fine del 1882, dopo la morte a Caprera del generale – avvenuta il 2 giugno di quell’anno – e nel quadro di una serie di manifestazioni a suo ricordo, tra le quali rientrava anche un bel busto in marmo, opera dello scultore Emilio Marsili, che è ora collocato al20
l’interno del palazzo comunale di Pordenone. In un brevissimo ma esauriente articolo del giornale pordenonese «Il Tagliamento» del 2 dicembre 1882 troviamo scritto quanto segue: «Sulla casa del cav. Vendramino Candiani, ch’ebbe l’onore nel 1867 di ospitare per alcune ore Giuseppe Garibaldi, venne apposta in via stabile la lapide decretata dal Comitato per le onoranze al grande estinto, in sostituzione di quella provvisoria che fu inaugurata nel dì della commemorazione funebre. La lapide, in marmo di Carrara di m. 1,20 per 0,80, porta nelle parte superiore la stella dei Mille, e nella sua semplicità presenta l’aspetto di un lavoro elegante e perfettamente eseguito com’era
da aspettarsi dal suo esecutore, l’ottimo artista sig. Alessandro Della Jana (sic). Il testo della primitiva iscrizione, fatta lì per lì nella fretta e colla commozione del momento, venne cambiato. La nuova correttissima epigrafe fu dettata dall’egregio prof. Bonini di Udine ed è questa:
A RICORDO PERENNE DEL 2 MARZO 1867 IN CUI GIUSEPPE GARIBALDI QUI OSPITE ALLE LOTTE SUPREME CONTRO I NEMICI D’ITALIA IL POPOLO COMMOSSO INCITAVA I PORDENONESI P . P. 1882
A completamento e chiarimento della cronaca giornalistica, segnaliamo che il «prof. Bonini», autore dell’epigrafe scritta sulla lapide, era con tutta probabilità Pietro Bonini (Palmanova, 1844-Udine, 1905), raffinato poeta, traduttore e soprattutto fervente mazziniano e patriota antiasburgico, autore fra l’altro di una seconda epigrafe a Garibaldi, posta sull’arco della porta di Grazzano a Udine; inoltre, il P. P. finale, prima della data 1882, sta probabilmente per «plaudenti posero». Interessante anche la notizia che a Palazzo Candiani c’era stata una lapide provvisoria, poi sostituita da quella definitiva di Alessandro Della Janna. Recentemente, Francesco Boni De Nobili ha diffusamente e sapientemente trattato della nostra lapide in un articolo sulla rivista «La Loggia», edita dalla Propordenone, riprendendo e ampliando quanto scritto in un altro suo articolo apparso nella stessa rivista, ma non conoscendo il predetto articolo giornalistico del 1882.2 Rimandan-
do al contributo dello studioso pordenonese per ulteriori dettagli, ricordiamo soltanto che il testo dell’iscrizione, come racconta Boni De Nobili, vinse alla fine su altre e ben diverse proposte, delle quali resta traccia nell’archivio storico comunale pordenonese. Nella sommità della lapide si trova scolpita una curiosa stella a sette punte, circondata dalla scritta I MILLE AL LORO DUCE e contenente una triscele che parzialmente copre le lettere ARTUR. La triscele (o triskelis, o triquetra) è uno degli antichi simboli della Sicilia: riprendendo simbologie antichissime, addirittura preistoriche, rappresentava la testa della Gorgone, terribile mostro mitologico, con tre gambe unite all’anca. Spiega Boni De Nobili che «poteva essere la testa di una donna, forse di una dea, talvolta raffigurata con le ali per indicare l’eterno trascorrere del tempo, e contornata da serpenti per indicare la saggezza». Nel nostro caso, si trattava però di un chiarissimo riferimento all’impresa garibaldina dei Mille, che portò alla conquista della Sicilia e poi alla fine del regno borbonico; si trova così non di rado sui monumenti e sulle lapidi dedicate a Garibaldi o, appunto, ai Mille. In quanto ad Artur, è un riferimento alla stella detta Arturo (Alfa Bootis, la quarta stella più brillante nel cielo), che il grande condottiero, con un tantino di superstizione, considerò sempre la sua guida portafortuna e che lo ispirò anche la notte del 24 maggio 1860 per decidere la definitiva marcia su Palermo, poi coronata dal successo. La triscele e la scritta Arturo erano poi effigiate, continua sempre Boni De Nobili, anche nella cosiddetta Stella dei Mille, un’onorificenzagioiello che i Garibaldini devotamente consegnarono al loro comandante: fu questa l’unica decorazione che l’Eroe dei Due Mondi accettò nella sua lunga car21
riera militare. Ebbene, questo è il simbolo che i Pordenonesi vollero scolpito nel marmo della lapide a Garibaldi per mano del budoiese Della Janna. A ulteriore completamento della vicenda, ricorderemo che Garibaldi fu nominato nel 1867 presidente onorario della Società Operaia di Mutuo Soccorso ed Istruzione di Pordenone, carica che aveva volentieri accettato quando ebbe ad onorare la città con la sua visita. Alla sua morte, a Pordenone gli fu poi subito intitolata l’antica via detta di San Giovanni, mentre altre vie e piazze del centro storico venivano a loro volta intitolate ad altri grandi protagonisti del Risorgimento (Vittorio Emanuele II, Cavour e Mazzini).
NOTE
1. A. FADELLI, Uno scultore dimenticato. Napoleone Alessandro Della Janna, l’Artugna, XXXVI (2007), 110, pp. 12-13 (con albero genealogico a cura della Redazione). Cfr. anche A. FADELLI, Storia di Budoia, Pordenone 2009, pp. 177-179 (scheda curata dalla Redazione de l’Artugna). 2. F. BONI DE NOBILI, La storia sui muri di Pordenone, «La Loggia», n.s., 19 (2014), 17-32; ID., La stella Arturo nella lapide in memoria di Giuseppe Garibaldi a Pordenone, «La Loggia», n.s., 20 (2015), 23-32.
’n te la vetrina
UN ACCORATO APPELLO AI LETTORI Se desiderate far pubblicare foto a voi care ed interessanti per le nostre comunità e per i lettori, la redazione de l’Artugna chiede la vostra collaborazione. Accompagnate le foto con una didascalia corredata di nomi, cognomi e soprannomi delle persone ritratte. Se poi conoscete anche l’anno, il luogo e l’occasione tanto meglio. Così facendo aiuterete a svolgere nella maniera più corretta il servizio sociale che il giornale desidera perseguire. In mancanza di tali informazioni la redazione non riterrà possibile la pubblicazione delle foto.
Anno scolastico 1946-1947. Prima fila da sinistra: Vincenza Loretta Parmesan, ?, Vanda Gambarini, Carla Parmesan Thelot, Maria Teresa Zambon Pinàl, Luisa Bocus Frith, Eugenia Zambon Modola, Rina Melocco, Silvana Zambon Pala, Regina Rigo Vendramin, Bruna Cecchini Trantheot, Graziosa Zambon Pinàl Nonthol. Seconda fila da sinistra: Renato Rigo Barisel, ?, Gianni Ermacora Buréla, Giovanni Ianna Bocus, Filippo Basso, Pietro Zambon Trucia, Franco Ianna Ciampanèr, Luciano Zambon Tarabìn, Aldo Zambon Vialmìn.
Per le didascalie hanno collaborato Espedito e Luciano Zambon.
Gita in occasione della Sagra de la Mont, anno 1960
Foto di Pietro Zambon fornite dal fratello Brunetto.
C A
B
Foto A Da sinistra: Gianni Ermacora Burela, Luisa Ianna Bocus, Giovanni Ianna Bocus, Bernardina Ianna Bocus, ?, Luciano Zambon Tarabìn, Gianni Ermacora Burela, Bruno Zambon Rosit, Raoul Mario Tizianel, Teresina Busetti Caporal, Fernanda Zambon Rosìt. Foto B Da sinistra: Giovanni Ianna Bocus, Luciano Zambon Tarabìn, Gianni Ermacora Burela, Pietro Zambon Trucia, Paolo Bocus Frith, Teresina Busetti Caporal, Lorenzo Pellegrini Luthol. Foto C In piedi da sinistra: Giovanni Ianna Bocus, Luciano Zambon Tarabìn, Celestina Bocus Mugnéc, Pietro Zambon Trucia, Teresina Busetti Caporal. Seduti: Paolo Bocus Frith, Gianni Ermacora Burela.
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N A R R AT I VA Precedentemente, dello stesso autore, l’Artugna ha pubblicato, in tre puntate, il racconto «Julia». Prende avvio in questo numero, un altro racconto verosimile.
secondo avviso di giacenza
Disegno di Alessandro Fontana.
PRIMA PARTE
di Alessandro Fontana Il mio paese si chiama, non meno sorprendentemente di altri qui in Italia, Guardo di Baido, e per quanti sforzi e ricerche abbia fatto, non sono riuscito a sapere chi – e perché – nel tempo andato gli abbia imposto questo nome. Anche gli anziani, che qui come altrove sanno tutto di tutti, sono impotenti innanzi alla loro misteriosa identificazione amministrativo-geografica. Ho quindi deciso di non attardarmici oltre e ora lo pronuncio quasi senza interesse, anche quando lo devo scrivere sul retro delle buste spedite per posta o sui bollettini di pagamento. Ma in questi momenti un sorrisino mi viene per un attimo sulle labbra. A Guardo di Baido vive una donna che, invece, continua a suscitare la mia attenzione per diversi motivi. L’aspetto e le movenze, ad esempio, chiariscono molti punti del suo carattere come i suoi
capelli sale e pepe, portati sempre tirati all’indietro a formare un cuscinetto su cui immagino poggi la nuca quando si concede un riposino. Ha sempre i vestiti in ordine e il volto è ancora giovanile; con quel naso sottile e deciso non dimostra affatto i cinquantacinque anni da poco superati. Quando Franca cammina, con le spalle erette come una ballerina, lo fa di fretta come fosse perennemente inseguita e anche di fretta scopa la strada davanti casa quando il vento da est sparge foglie di robinia e aghi di pino strappati agli alberi del suo giardino e di quelli delle case accanto. Mi hanno detto che si è sposata molto presto e altrettanto rapidamente ha messo al mondo due bambini che le sono rimasti da crescere quando suo marito è deceduto a seguito di una breve e incurabile malattia. Anche i figli giun23
ti a diciannove anni sono andati via di casa a lavorare nella non vicina metropoli e Franca, rimasta sola e stanca di pulire ogni giorno le stanze dei figli e di cucire la roba degli altri, si è fatta assumere come postina al locale ufficio PP.TT. con un contratto a termine. Le era stato facile avere quel posto grazie proprio alla sua perfetta conoscenza del paese e delle sue frazioni e alla sua riconosciuta laboriosità, poi ribadite giornalmente nelle consegne della corrispondenza. In paese mai nessuno si era potuto lamentare di ritardi e lei se ne faceva un punto d’onore: consegnare la posta nello stesso giorno in cui arrivava dalla vicina centrale di smistamento, senza eccezioni o lentezze. Lettere, cartoline, giornali, rimesse di denaro dall’estero, raccomandate, vaglia e piccoli pacchi dovevano essere distribuiti nello
stesso giorno d’arrivo e se il destinatario non avesse aperto la porta, lei ripassava una seconda volta nelle case che, ovviamente, conosceva una per una: era l’ineluttabile dovere e in definitiva il suo piacere. Era perciò raro che Franca fosse costretta a lasciare un avviso di giacenza e in tal caso lo faceva davvero a malincuore come se firmasse la sconfitta del proprio senso di onestà ed efficienza. Ritornava a casa alle due e mezzo ogni pomeriggio e si riscaldava il cibo che aveva preparato già dalla sera precedente: una sbirciata alla televisione e poi tre quarti d’ora di riposo a letto. Ma la sua giornata non era ancora terminata perché Franca era, per antica vocazione e familiare insegnamento, una capace e veloce sarta conosciuta da tutti gli abitanti di Guardo di Baido. Alle quattro perciò cominciava rammendi, allargamento o restringimento di pantaloni, camicette bianche con il rushes molto richieste dalle donne anziane, scialli per le vedove (tante), lenzuola, tute da lavoro per i pochi giovani del paese, tende e tendine per le finestre e qualsiasi altra biancheria o abito che bisognasse di ago e filo. Forse è necessario spiegare il perché del notevole numero di vedove del paese. Molti uomini di Guardo di Baido sono caduti combattendo sia nella prima che nella seconda guerra mondiale e ancor di più sono emigrati senza fare più ritorno. Altri hanno invece trovato fortuna nella vicina grande città come cuochi, portieri d’albergo e altro ma tutti, anche i pochi rimasti in paese, avevano una passione antica e dichiarata per il ‘prosecco’ e per il fumo: la continua assunzione di alcool e di nicotina non era stato un bene per nessuno. Anche Franca era perciò vedova e alla domenica non mancava mai alla messa delle dieci e alla visita in cimitero con un mazzo di fiori freschi per l’indimenticato marito. La sua tomba era, ovviamen-
te, la più linda e curata di tutte. Poi qualcosa mutò. Le Poste iniziarono una serie di aggiornamenti delle procedure, di ristrutturazione degli uffici, d’informatizzazione e di tagli del personale, immediati o solo ritardati. Uno di questi cambiamenti infastidì assai la signora Franca: lo intese come un insulto alla sua persona tanto che, dopo qualche tempo, fece qualcosa che non pensava avrebbe mai fatto.
Ma è meglio se facciamo un passo indietro. Che si erano inventato di così offensivo quelli delle Poste? Senza alcun preavviso o sondaggio presso gli uffici periferici, avevano deciso che le raccomandate, gli espressi e altro che non fosse una semplice lettera – di quelle che oggi si spediscono come ‘posta prioritaria’– dovesse rimanere nell’ufficio postale ed essere qui ritirato personalmente dal destinatario. Questi riceveva – consegnato da Franca – soltanto un ‘Avviso di giacenza’ che riportava alcuni dati fra cui una marchiana bugia. L’avviso riportava i dati dell’indirizzo, la data di ricezione e quant’altro ma 24
informava il destinatario anche, e qua sta la bugia, che: «Siamo passati al suo indirizzo il giorno X alle ore Y ma lei non era in casa. La invitiamo pertanto a venire personalmente all’ufficio Z di Guardo di Baido con il presente avviso di giacenza per il ritiro, munita di documento di riconoscimento e…». La signora Franca era rimasta inizialmente sorpresa e poi era scattata inviperita: quell’avviso di giacenza era un oltraggio a tutta la propria carriera senza ombre e soprattutto senza bugie, onorata dalla sua non comune abnegazione nell’esercizio del suo dovere di postina. E, infatti, fu contro di lei che le prime vibrate proteste si levarono in particolare da quegli anziani o vecchi che non uscivano mai di casa. E poi quell’avviso con la parola giacenza aveva qualcosa di mortuario; l’aveva vista incisa sulle lapidi al cimitero: QUI GIACE... così come si leggeva anche sulla lapide dell’indimenticato marito. E poi, come avrebbero fatto le meschine ottantenni e novantenni sole, magari abitanti a due o più chilometri, senza mezzi pubblici e assistenza di familiari, nei giorni di neve e di pioggia o di solo gelo che a Guardo di Baido erano comuni fenomeni meteorologici per almeno la metà dell’anno? No! No! Questa era falsità e ingiustizia... e poi nascondeva ancora un pericolo. Franca si stava convincendo che se la gente era costretta – e si fosse abituata – a ritirarsi quella posta direttamente all’ufficio nel centro del paese, cosa avrebbe impedito a quei furboni delle PP.TT di smettere anche la consegna a casa della posta prioritaria? Sarebbe stato quasi un passo obbligato e lei avrebbe perso – come tutti gli altri postini – il lavoro cui aveva dedicato tante delle proprie energie!
continua
IL DIRETTORE ROBERTO DE LUCA. UNDICI ANNI DI DIREZIONE COSTELLATI DA TANTA MUSICA E MOLTI RICONOSCIMENTI NAZIONALI
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ED INTERNAZIONALI.
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COLLIS CHORUS
di Bruno Fort
Sabato 7 maggio alle ore 20.45 presso la chiesa parrocchiale di Dardago (Pn), si è svolta la manifestazione «I colori della speranza» 22° incontro di canto gospel-spiritual, promossa dal «Collis Chorus» di Budoia, con la partecipazione del Gospel and Jazz Choir del Conservatorio di Graz (Austria) diretto da F.M. Herzog. Il concerto si è aperto con la presentazione di tre brani da parte del coro per poi proseguire con l’intervento musicale del Volksmusikensemble che ha eseguito con arpa, dulcimer (particolare strumento medioevale a corde) fisarmonica, brani della tradizione popolare austriaca creando un’atmosfera vellutata e delicata. Il coro, composto da una cinquantina di elementi, ha eseguito una vasta
Poster donato dai coristi al maestro Roberto. Una raccolta di aneddoti e immagini per rivivere le esperienze vissute insieme.
gamma di brani gospel-spiritual in un ritmo crescente che ha coinvolto tutto il folto pubblico presente in sala. 25
Il Presidente sul volgere della serata, vista l’intenzione del direttore Roberto De Luca di «prendersi una pausa» dopo
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undici anni di direzione costellati da tanta musica, concerti nonché da riconoscimenti importanti quali i premi a concorsi nazionali ed internazionali, ha voluto ringraziarlo per tutto l’impegno e la costanza profusi in questi anni e la dedizione per far crescere il coro. Il Direttore nel contempo ha voluto ringraziare tutti i suoi compagni di viaggio che durante questo periodo hanno condiviso con lui, dapprima come corista, poi pianista ed infine come direttore, questa splendida avventura dal nome «Collis Chorus» rivolgendo il suo pensiero soprattutto a quelli che
continueranno nell’opera intrapresa alla ricerca di nuove emozioni ed esperienze. Il coro ha voluto in una cena a sorpresa organizzata per lui donargli in segno di stima e riconoscenza, un poster intitolato «GRAZIE!» con le immagini più significative degli ultimi undici anni, i vari pensieri dei coristi e le frasi del direttore. *** A giugno ha assunto la direzione del coro Gaetan Nasato Tagnè, musicista professionista di Istrana (Tv) ed ora residente a Berlino per motivi di lavoro, con
l’auspicio che sappia guidarci verso nuove sfide per vivere ancora momenti indimenticabili come quelli che hanno contraddistinto la lunga storia del coro. ...e poi nella vita abbiamo la fortuna di incontrare delle presenze rassicuranti, dei riferimenti saldi che sono come delle querce (uno canta vicino a me) al quale possiamo dire solo una parola: «Grazie Presidente!».
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PRO LOCO BUDOIA
non solo una carta sentieri...
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ma 15 interessanti itinerari da percorrere ass
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Budoia, Polcenigo, Aviano, Piancavallo carta topografica per passeggiate ed escursioni
Gli appassionati di escursionismo ed i camminatori provetti programmano le loro uscite sui sentieri montani, in particolar modo quelli segnalati e numerati dal C.A.I. (Club Alpino Italiano), servendosi della Carte Sentieri pubblicate dalla Casa Editrice Tabacco, per la loro qualità nel rappresentare il territorio e la precisione nel riportare i percorsi. Non è invece facile reperire carte che indichino percorsi dedicati a quella grossa fascia di persone che desiderano passare una giornata o qualche ora fuori dall’ambiente cit-
tadino o dalla routine quotidiana, passeggiando in ambienti tranquilli che hanno saputo mantenere integre le loro peculiarità. La Pro Loco di Budoia ha ritenuto opportuno colmare questo vuoto, riportando sulla carta sentieri Tabacco, quindici itinerari, collegati fra loro e sparsi sui Comuni di Budoia, Polcenigo ed Aviano. Tutti i tracciati, passeggiate ed escursioni, sono affiancati (sul re-
tro della cartina) da una breve ma dettagliata descrizione che permette a chiunque di percorrerli agevolmente, di conoscere l’ambiente in cui si trova, i tempi di percorrenza ed il grado di difficoltà. Passeggiando si avrà la possibilità di visitare i luoghi più belli e caratteristici del territorio compreso tra il Gorgazzo e Castello d’Aviano: il Palù, la Santissima, Polcenigo, San Floriano, Mezzomonte, Santa Lucia, il sentiero naturalistico di Gòr, la vallata di San Tomè, lo storico Ruial, il Mulin de Bronte, la Palestra di Roccia, l’an-
tica chiesetta di San Tomé, l’area pic-nic Val de Croda, il Santuario della Madonna del Monte…
I soci della Pro Loco potranno averla al prezzo speciale di 5,00 euro presso la sede in piazza Umberto I, 5, in orario di apertura al pubblico: la carta sentieri sarà anche distribuita in espositori personalizzati presso edicole, librerie, uffici di informazione turistica, alberghi, ristoranti, attività commerciali.
impegno e volontariato
solidarietà con le popolazioni colpite dal sisma Associazione Pro Loco Budoia Comune di Budoia Parrocchie di Budoia, Dardago e Santa Lucia Squadra Comunale di Protezione Civile Comitato del Cuore
Gli enti organizzatori ringraziano la popolazione e chi ha donato un dolce fatto in casa per aver partecipato il 16 ottobre 2016 al pranzo di solidarietà a favore dei paesi colpiti dal terremoto
Compagnia Carnevalesca «Quelli del Carro» Associazione G.I.M, Gruppo A.N.A. «Bepi Rosa» Comitato Ruial de San Tomé, Comitato Festeggiamenti Dardago Centro Sociale A.U.S.E.R.
il ricavato della manifestazione è stato di 2.472,00 euro e andra’ a favore di tutte le zone colpite dal sisma La Pro Loco di Budoia si fa carico della spesa di 197,90 euro sostenuta per l’organizzazione dell’iniziativa
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frate Agostino [Giovanni ] Selva O.P. Il 5 febbraio 1926, in Calle Della Testa, nei pressi della parrocchia dei ss. Giovanni e Paolo a Venezia, i coniugi Agostino Selva e Cornelia Bastianello – qualche anno dopo aver dato i natali a Luigina – danno alla luce un bel bambino che decidono di chiamare Giovanni. Proprio nella chiesa parrocchiale, affidata da secoli ai Frati dell’Ordine dei Predicatori, dove i genitori si erano sposati, Giovanni riceve i sacramenti, accompagnato spiritualmente senza pressione alcuna dal padre Angelico Panseri O.P. È infatti nell’ambito della comunità domenicana, pur intrattenendo ottimi rapporti con i padri francescani della confinante parrocchia di San Francesco della Vigna, che Giovanni sviluppa un intenso desiderio di Dio unito ad un certo fascino per il carisma di San Domenico. Ma la vocazione vera e propria alla vita religiosa, maturerà solo nei primi anni del secondo Dopoguerra. Negli anni della giovinezza, vissuta con libera serietà, frequenta l’Istituto «A. Rossi» di Vicenza e nel 1945 consegue il Diploma in Elettrotecnica a Venezia, presso l’Istituto Tecnico Industriale «Pacinotti» a Venezia. Dal 1946 al 1948, Giovanni lavora nell’impresa del padre e presso il Comune di Venezia, in qualità di Assistente tecnico. Maturata infine la vocazione religiosa e
avendo trovato il coraggio di lasciare la famiglia, Giovanni parte da Venezia per il Convento patriarcale «San Domenico» in Bologna dove venne accolto il 20 settembre 1948 per poi ricevere l’abito dell’Ordine il 3 ottobre dello stesso anno. Dal giorno della vestizione Giovanni verrà chiamato col nome di fr. Agostino, scelto per devozione al grande Padre della Chiesa e per riconoscenza nei confronti di suo padre che non pose alcun ostacolo alla decisione del figlio. Attraversato non senza qualche fatica il rigoroso periodo di noviziato presso il Convento di San Domenico di Fiesole, fr. Agostino fa la professione semplice a Bologna il 19 febbraio 1950, mentre verrà ordinato presbitero dal Card. Giacomo Lercaro, allora arcivescovo di Bologna, il 3 aprile del 1954. Dopo aver conseguito il titolo di «Lettore in Sacra Teologia», con una tesi su «L’obbligo della vocazione in San Tommaso», nell’ottobre del 1956 viene assegnato al Convento di Santa Maria delle Grazie in Milano dove rimarrà fino al maggio del 1963. Venne poi assegnato prima al Convento di San Domenico a Modena fino al settembre del 1964 e successivamente al Convento Cristo Re in Bolzano. Durante il mese di giugno del 1965, essendo stato nominato Maestro dei Frati Studenti teologi, ritornò al Con28
Il Bollettino Parrocchiale di Dardago «La Voce del Pastore» nel maggio del 1954 riporta con grande enfasi la notizia dell’ordinazione sacerdotale di padre Agostino.
vento Patriarcale di San Domenico a Bologna dove gli fu anche affidato l’insegnamento di Etica e un breve corso sulle Religioni orientali, Nel gennaio del 1968 si trasferì nel Convento di San Bartolomeo a Bergamo, in quanto la comunità orobica lo aveva eletto Priore. Rieletto per il secondo triennio (1971-1974), fr. Agostino ebbe l’onore di essere il primo Priore del nuovo Convento, appena edificato, nonché Fondatore e Direttore del Centro Culturale San Bartolomeo ruolo che ricoprì con passione e impegno dall’otto-
‘
Vieni servo buono e fedele, entra nella gioia del tuo Signore [Mt 25]
bre del 1970 al settembre del 1990. Durante questo intenso periodo, fr. Agostino fu per due volte membro del Consiglio Pastorale diocesano, venne nominato per una volta dal Vescovo membro del Consiglio presbiterale, ricoprì prima l’incarico di Segretario e poi di Presidente della Consulta dei Religiosi e fu Socio del locale Ateneo delle Scienze. Nello stesso periodo ha partecipato a quattro Capitoli provinciali (1968, 1970, 1979 e 1988). Nei Capitoli del 1970 e del 1979 fu eletto come Definitore. Nel settembre del 1990, fr. Agosti-
Centro San Domenico. Una doverosa menzione spetta poi alla traduzione e al commento del Compendio di Teologia di san Tommaso d’Aquino, pubblicato dalle Edizioni Studio Domenicano di Bologna e poi ripubblicata – insieme ad altri scritti del Dottore Angelico – dalla prestigiosa UTET di Torino. Il 13 gennaio 1995, per svolgere l’incarico di segretario del Priore Provinciale, fr. Agostino venne assegnato al Convento di Santa Maria della Grazie a Milano, dove inizio e finì la sua missione come sacerdote domenicano. Durante gli anni milanesi, fr. Ago-
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no di San Domenico, La Stella di San Domenico e il più recente Dominicus. Gli ultimissimi anni trascorsi qui a Milano hanno visto l’intraprendente frate, dai penetranti occhi azzurri, perdere giorno dopo giorno le forze, costringendolo a dover rinunciare progressivamente alla presidenza della Santa Messa domenicale – con l’importantissimo momento dell’omelia, che registrava e riascoltava più: volte, anche superati gli ottant’anni – alle conferenze bibliche e poi alla presidenza della santa Messa feriale. L’indebolimento dovuto al peso degli anni fu una dolorosa prova per fr. Agostino, così desideroso di spendersi ancora in molteplici attività, non più possibili. Tra non poche resistenze e insofferenze, terapie necessarie e fastidiose, il Nostro ha continuato ad alzarsi ogni mattina per concelebrare la santa Messa delle ore 8.30 e dedicarsi – tanto generosamente, quanto ostinatamente – al ministero della Riconciliazione che ha esercitato fino all’ultimo e definitivo ricovero in ospedale. ***
Nelle foto. Padre Agostino Selva a Dardago nell’agosto del 2008, in occasione dei 100 anni di zia Wilgeforte, durante e al termine della Santa Messa di ringraziamento.
no venne nuovamente assegnato al Convento di Bologna dove venne nominato Segretario dello Studio Teologico Accademico Bolognese e dello Studio Filosofico Domenicano, Lettore conventuale, membro della Commissione per la Vita Intellettuale e Consigliere di Convento. Sempre presso lo STAB fr. Agostino tenne un corso di Storia della Teologia, ed ebbe l’opportunità di collaborare con fr. Domenico Scaroni alle iniziative della Congregazione dei Servi dell’Eterna Sapienza e con fr. Michele Casali all’attività del
stino – oltre a rappresentare il Priore Provinciale presso il Consiglio della Conferenza Italiana dei Superiori Maggiori, a partecipare al Consiglio Pastorale Diocesano e a servire la vita comunitaria come consigliere, lettore e sottopriore – svolse con particolare impegno il ruolo di conferenziere all’interno dei cicli Lectura Evangelii organizzati dalla Congregazione dei Servi dell’Eterna Sapienza, fornendo per ogni ciclo una copiosa dispensa. Trovò poi sempre il tempo di collaborare alle nostre riviste: I Martedì, Il Bolletti29
Nel salutarlo, lo vogliamo qui ricordare con le sue stesse parole, proferite nell’occasione del Sessantesimo anniversario di Ordinazione presbiterale: «II mio profondo ringraziamento è congiunto ad una profonda fiducia nella misericordia per le mancanze compiute in questi lunghi anni. Rinnovo l’impegno assunto e la volontà di servire il Signore e le anime con generosità fino alla fine». Ciò detto osiamo infine immaginare che il Nostro, con la burbera impazienza che lo caratterizzava, si presenti alle porte del Paradiso – le cui chiavi sono custodite da san Pietro – superando a colpi di bastone da passeggio la numerosa coda all’insegna di un fragoroso e sorridente «Fate largo, io sono Padre Agostino!». Speriamo fermamente che una voce dall’alto risponda «Vieni servo buono e fedele, entra nella gioia del tuo Signore» (Mt 25).
l’Artugna porge le più sentite condoglianze ai famigliari
Lasciano un grande vuoto...
Domenico Del Maschio Il giorno 10 agosto è mancato all’affetto dei suoi cari Domenico Del Maschio Menuti Besut di anni 93. Nessuno muore sulla terra finché vive nel cuore di chi resta. LE FIGLIE ELDA E ANNAMARIA
Valentino Ianna un’eredità che va al di là di qualsiasi valore venale: – dignità – generosità – lealtà – onestà – solidarietà. Tutti valori che noi ci impegniamo a portare avanti e, se possibile, a sviluppare. Valentino sarà il nostro astro – guida nelle difficoltà che la vita ci riserva e ci riserverà. Grazie, Valentino. Grazie, Papà. Un pensiero per Valentino Un pensiero per il Papà Chi era Valentino? Persona brillante. Lavoratore attento, scrupoloso, tenace. Un padre impositivo, un padre severo, talvolta ingiusto. Tutto ciò non ci ha impedito di volergli bene, perché gli abbiamo voluto molto bene e non ci ha impedito di accompagnarlo nel difficile e doloroso percorso della sua grave disabilità che l’ha colpito negli ultimi anni della Sua Vita, grazie, soprattutto, alla presenza costante ed alla dedizione instancabile di nostra Mamma Angela. A dispetto delle ricchezze terrene, a cui noi, comuni mortali ambiamo e tendiamo, Valentino ci lascia un Testamento Morale, 30
Lorenzo Moreschi Non ci sono parole per dire quanto ci manchi. Sarai sempre nel nostro cuore. LOREDANA E CRISTINA
Matilde Zambon Tarabìn Mia nonna era nata il 7 dicembre 1922 a Dardago e aveva sposato Girolamo Zambon Petol, fratello della mamma di don Maurizio. Cara nonna, il grande dolore per la tua morte è mitigato dal saperti di nuovo insieme al nonno, per sempre bellissimi e giovani come il quella vecchia foto. Ciao nonna e bisnonna adorata! Saluta il nonno e digli che vi ricorderemo sempre. MARTA, EDOARDO, SIMONE
Aurelio Negro La tua malattia e la conseguente morte hanno lasciato un vuoto incolmabile, ma il tuo ricordo onorerà per sempre la nostra esistenza. Rimarrai nei nostri cuori; con amore tua moglie, i tuoi figli, i tuoi nipoti e la tua nuora.
Sabato 30 luglio 2016 è venuto a mancare il nostro caro Aurelio. Uomo operoso, buono, un punto di riferimento per tutti noi. Marito e compagno di una vita, padre e nonno esemplare.
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CRONACA
Cronaca nente «Disposizioni per il superamento del bicameralismo paritario, la riduzione del numero dei parlamentari, il contenimento dei costi di funzionamento delle istituzioni, la soppressione del CNEL e la revisione del titolo V della parte II della Costituzione», approvato dal Parlamento e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 88 del 15 aprile 2016. Nella tabella sono riportati i risultati delle 3 sezioni del nostro Comune.
Doi avisi pa’ la ‘raccolta differenziata’ Si tratta di due variazioni nel sistema di raccolta dei rifiuti. Riportiamo le indicazioni apparse nel foglietto informativo distribuito dall’Amministrazione Comunale. «Dal 1° gennaio, il servizio di raccolta porta a porta d’imballaggi in plastica e lattine avverrà solo tramite l’utilizzo di sacchetti azzurri semitrasparenti, dotati di dispositivo elettronico che li associa alle singole utenze, attraverso codici univoci», contenitori che saranno distribuiti presso l’Ufficio Tecnico del Comune di Budoia, dalle 13.00 alle 17.00 dei giorni 19-20-21 dicembre. Non saranno, perciò, ritirati i sacchetti diversi da quelli sopra descritti. Gli obiettivi sono il responsabilizzare ogni utenza nella separazione dei rifiuti e il diminuire la quantità di rifiuti non conformi. La seconda variazione è collegata alla frequenza della raccolta del rifiuto secco non più settimanale bensì quindicinale.
Festa de la Madona de la Salute Domenica 20 novembre scorso, in una giornata regalata per il clima propizio (date le piogge continue dei giorni precedenti) abbiamo potuto celebrare serenamente la tradizionale festa della Madonna della Salute. Da quest’anno abbiamo tentato una nuova esperienza facendo seguire la processione immediatamente dopo la Santa Messa solenne del mattino. Si sa le tradizioni andrebbero rispettate. C’era un detto, in passato, che affermava che piuttosto che togliere una tradizione è meglio bruciare un paese. Ma i tempi sono cambiati e bisogna oggi saper cogliere le occasioni che ci vengono offerte e dare la possibilità al maggior numero di persone di partecipare. Infatti ne abbiamo avuto la riprova. Alla Santa Messa c’erano diversi bambini e ragazzi con i loro cate-
Sì o no?
Domenica 4 dicembre siamo stati chiamati a votare per il Referendum Costituzionale avente come oggetto l’approvazione del testo della legge costituzionale concerRisultato della votazione SEZ. N.
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SEDE
SPOGLIO SCHEDE
RISULTATO
VALIDE
BIANCHE
NULLE
CONTESTATE E NON ASSEGNATE
TOTALE
SI
NO
TOTALE
Budoia Dardago Santa Lucia
625 468 315
1 1 1
4 – 1
– – –
630 469 317
273 173 153
352 295 162
625 468 315
Totale Percentuale
1.408 99,45
3 0,20
5 0,35
– –
1.416 100
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599 809 1.408 42,31 57,14 99,45
chisti e genitori. La partecipazione è stata numerosa e i nostri uomini si sono scambiati per portare in processione la statua della Madonna della Salute. Il coro, come sempre, si è preparato in modo impeccabile e ci ha aiutati a pregare con grande devozione. Maria Santissima col suo divin bambino in braccio è passata per il paese guardando e benedicendo. Anche le altre due parrocchie sono state ben rappresentate da un gruppo di persone. Lunedì 21, ricorrenza liturgica propria, la chiesa si è riempita di nuovo per far festa a Maria con la Santa Messa delle 10.30. Un grazie a tutti coloro che, in qualsiasi modo, hanno collaborato per il buon esito delle celebrazioni e a quanti hanno rivestito il trono di Maria con un tripudio di fiori. DON MAURIZIO
Cops, vasi... de altri temps Il prof. Mario Cosmo ci informa che l’8 novembre – su segnalazione del Gruppo Archeologico di Polcenigo (Gr.A.Po.) – il dott. Micheli della Sovrintendenza Archeologica Regionale eseguì un sopralluogo nel sito romano di Ronzadel e prese atto dei numerosi reperti di valore archeologico. Una scheda del luogo è inclusa nel libro «Siti archeologici dell’Alto Livenza», edito a cura della Comunità Pedemontana del Livenza, nel 1992, in cui si evidenzia il tipo di materiale rinvenuto, consistente in frammenti di laterizi, in particolare di tegole, anfore, anse e puntali, peso da stadera, punta di freccia a foglia e monete di Augusto, di Marco Aurelio e di Costantino. Materiale, che è conservato presso il Municipio di Budoia, l’Antiquarium di Tesis e la Soprintendenza dei Beni Archeologici della regione. Il Gr.A.Po si renderebbe disponibile a operare e proseguire la ‘coltivazione’ del sito.
Coscriti 1948
Anche quest’anno, puntuale come sempre, Andrea Biscontin è riuscito a radunare un bel gruppetto di coscritti dei nostri paesi. Sabato 10 dicembre si sono incontrati a Pordenone per trascorrere alcune ore in compagnia. Ricordi, aneddoti e risate «conditi» con pietanze a base di pesce hanno reso piacevole la serata.
I coscritti del 1948 in festa.
Magnà benon Coscriti 1946
Settant’anni, che bel traguardo! Decidiamo di festeggiare all’insegna della cultura e, perché no, anche della gastronomia. Aquileia, città ricca di storia, è la prima mèta: un’eccezionale guida illustra le bellezze della basilica, dei mosaici e ci svela anche i significati più reconditi della simbologia. Segue la visita al museo storico e ai Resti della Prima Basilica. Pausa pranzo presso «Alla Darsena» ci regala riposo e allegria. Si prosegue per Grado dove, sfidando una gelida bora, visitiamo la Basilica di Sant’Eufemia. Sulla strada del ritorno un’altra tappa: il Castello di Strassoldo, dove la contessa stessa ci guida nella visita. Al termine della giornata ci lasciamo con una promessa: ritrovarci tra un anno!
«Insalute: una rete per crescere sani dall’orto alla tavola» è un progetto didattico, organizzato dal Comune di Budoia in collaborazione con lo IAL e con ‘Giovani in movimento’, che coinvolge gli studenti delle scuole medie del Comune. Si tratta di un corso di cucina, tenuto dallo chef Manlio Signora nei laboratori della Scuola Alberghiera di Aviano, nelle giornate di sabato, per rendere i ragazzi «protagonisti di varie esperienze incentrate sui temi della sana alimentazione e sull’importanza dell’educazione alimentare per la salute» come riferisce l’assessore Elena Zambon. Durante gli incontri i giovani realizzeranno ricette basate sull’uso di prodotti stagionali, in particolare le verdure provenienti dall’azienda agricola ‘Orto Goloso’ di Budoia.
I numerosi coscritti del 1946 durante la giornata passata in sana allegria.
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Pa’ l’an de la Misericordia Anche le nostre tre parrocchie hanno voluto celebrare il Giubileo straordinario della Misericordia, aperto ufficialmente dal Papa l’8 dicembre 2015, solennità dell’Immacolata Concezione. Molti fedeli hanno raggiunto il Santuario di Madonna del Monte, sopra Marsure, salendo lungo la «Via Mariae», recitando il Rosario e meditando sulle cinque stazioni della vita della Madonna scolpite nei capitelli. Altri si sono ritrovati direttamente al Santuario recitando la medesima preghiera. Tutti insieme siamo entrati per la Porta Santa della Misericordia e partecipato alla Santa Messa, celebrata dal nostro pievano ed accompagnata con canti appropriati dal coro interparrocchiale. Le preghiere degli adulti, il canto del coro: sono state due ore di intensa preghiera e godimento spirituale sotto l’occhio amoroso della Madonna del Monte. Al termine della celebrazione mons. Sergio Moretto, Rettore del Santuario ci ha presentato la storia e l’arte della chiesa montana. Per unirci poi alla richiesta giubilare del Santo Padre di compiere un’opera di misericordia alla porta del Santuario è stata fatta una cospicua raccolta di offerte destinata all’istituzione della «Via di Natale» del C.R.O. di Aviano.
Pa’ la sagra de la Madona
8 dicembre, ricorrenza della festa solenne dell’Immacolata Concezione, a Budoia. La giornata inizia con la Santa Messa, concelebrata da don Matteo e don Maurizio, alla quale partecipano numerosi fedeli delle tre comunità. Durante il rito, inoltre, si susseguono alcuni eventi: si ricordano i 60 anni di vestizione dell’ abito talare di
da su un percorso alternativo all’usuale, perciò per la prima volta anche le vie Roma e Casale vengono benedette dal passaggio della statua della Madonna. A conclusione della processione, in chiesa, segue un intrattenimento canoro, allietato dal Coro A.N.A. di Aviano e dalla Corale Julia di Fontanafredda, organizzato dal Gruppo Alpini «Bepi Rosa» in collaborazione con la Parrocchia di Budoia per ringraziare il capogruppo Mario Andreazza, per il servizio svolto con passione e dedizione dal 1998 al 2016.
sitato la Chiesetta che ospita l’opera donata. Infine, venerdì 11 novembre, giorno di San Martino, nella chiesetta è avvenuta la solenne inaugurazione di un quadro ad affresco opera del pittore budoiese Umberto Coassin per ricordare i dispersi nelle varie guerre. L’affresco rappresenta la Mamma del Cielo e una mamma della terra che, in preghiera, attende il ritorno del figlio; al centro, la tragedia dei giovani soldati mandati allo sbaraglio dalle megalomanie dei potenti. Hanno partecipato alla cerimonia il sindaco di Budoia arch. Roberto De Marchi e la presidente regionale dell’Associazione delle Famiglie dei Caduti e Dispersi signora Julia Marchi Cavicchi. In rappresentanza del vescovo emerito S.E. Mons. Ovidio Poletto, indisposto, ha presieduto la liturgia eucaristica Mons. Sergio Moretto, Rettore del Santuario Madonna del Monte di Marsure. La comunità parrocchiale ringrazia tutti coloro che si sono impegnati in questi anni per il recupero e la valorizzazione della chiesa.
San Martin sempro pì bela BioPhoto Festival
don Matteo; si presenta la bella statua lignea «Il Cristo», opera del nostro compaesano Bruno Carlon Brolo, donata alla parrocchiale; si continua – come negli anni precedenti – l’iniziativa della vendita delle torte, confezionate dalla popolazione, il cui ricavato di 682,00 euro è devoluto al CRO Area Giovani. Nel pomeriggio seguono i vesperi in chiesa e la processione che si sno-
L’antica chiesetta di San Martino (XIV secolo), dopo i recenti lavori di restauro, si è «arricchita» di alcune opere. Come già ricordato nei precedenti numeri del periodico, il 25 aprile di due anni fa sono stati inaugurati un quadro ed una statua raffiguranti il santo, opere dei nostri concittadini Elio Silvestri e Renato Zambon. Esattamente un anno dopo, è stata inaugurata la vetrata istoriata con l’immagine del santo dei poveri che divide il mantello col mendicante, dono del Comune francese di Sallertain che ha voluto sigillare il gemellaggio col Comune di Budoia, con l’immagine del suo patrono. Più recentemente , il 17 e il 18 settembre, una delegazione di Sallertain, guidata dal loro sindaco ha vi34
Il 22-25 settembre si è svolto il BioPhoto Festival, in collaborazione con il Comune di Budoia, la Regione Friuli-Venezia Giulia, la Provincia di Pordenone, la Pro Loco di Budoia. Si sono svolte numerose attività, compresa la premiazione del Concorso internazionale, indetto dall’associazione BioArt visual e Daniele Marson, titolare dell’omonima casa editrice, che vuol far conoscere e salvaguardare la grande bellezza dei biomi terrestri. Le immagini sono state selezionate da una giuria internazionale, che ha assegnato il secondo premio a Emanuele Biggi, presentatore di Geo & Geo, con lo scatto sulla vipera cornuta del Sudafrica.
L’Insieme Vocale Elastico a le dhut a Roma Il Club Italiano Dante Alighieri di Roma, scuola di lingua e cultura italiana attiva dal 1994 che Elena Lachin e Fabrizio Fucile dirigono dal 2000, sta partecipando (insieme ad altri sette partner di Germania, Olanda, Romania, Polonia, Lituania e Repubblica Ceca) ad un programma Erasmus+. Il tema del progetto è Spazi sacri come luoghi europei di memoria. Erasmus+ è un programma della Comunità Europea che promuove
Adotta un ‹libre› I
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L’opera di restauro dei preziosi volumi dell’Archivio della Pieve continua. Come documentato sul numero 137 del nostro periodico, dopo il primo lotto iniziale inviato al Centro Studi e Restauro di Gorizia nel 2015 è seguito nel 2016 un secondo lotto di libri. Le spese per affrontare il lavoro sono parzialmente coperte dal generoso contributo della Fondazione CRUP e dal lascito del nostro concittadino Sergio Zambon destinato al periodico l’Artugna. Purtroppo le finanze della parrocchia non sono in grado di completare il rimanente della spesa. Per questo invitiamo gli amici lettori e la popolazione che da anni ci seguono ad aderire
ma, con Stefano Maso basso continuo, diretti da Fabrizio Fucile, hanno testimoniato in questo gemellaggio la capacità di promuovere comprensione reciproca e amichevoli relazioni tra persone di provenienze diverse. Una sola prova la sera prima e la magia della comunione ancora una volta si è rivelata. Più di trecento persone hanno seguito con partecipazione prima e convinti applausi alla fine, l’esecuzione dello Stabat Mater di G.B. Pergolesi che i musicisti romani sarebbero felici di poter ripetere presto in una delle chiese lungo l’Artugna.
opportunità di mobilità e mira a migliorare le competenze dei giovani, delle organizzazioni culturali e didattiche e dei formatori. Nell’ambito dell’incontro organizzato dal partner italiano, la sera di sabato 12 novembre 2016, l’Insieme Vocale Elastico è stato invitato, insieme al Quartetto d’archi Pessoa, a proporre un emozionante concerto nella basilica di San Clemente a Roma, a due passi dal Colosseo. Le soliste Monica Falconio di Pordenone e Ornella Pratesi di Roma, l’Insieme Elastico friulano e il quartetto Pessoa romano de Ro-
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all’iniziativa Adotta un «libre» completamente o anche solo parzialmente. Il costo medio per restaurare un volume è di circa 1000 euro.
L’adozione completa sarà certificata da una pagina rilegata al volume con stampato il nome del benefattore. Offerte inferiori, fino a 200 euro, consentiranno una adozione parziale. Anche in questo caso, nella pagina iniziale, saranno comunque elencati gli offerenti. Tutte le offerte, anche di importi inferiori, sono importanti e gradite. Adottare un libro, significa, in fondo adottare noi stessi e lasciare traccia del nostro operato. Le offerte e le adesioni possono essere effettuate in canonica oppure tramite bonifico bancario con il seguente IBAN IT54Y0533665090000030011728. Dall’estero aggiungere il codice BIC/SWIFT: BPPNIT2P037
Hanno aderito sinora all’iniziativa Adotta un «libre» Maria Antonietta Bastianello Thisa
in memoria del padre Giovanni
Primo Busetti e Luigina Zambon Adelaide Bastianello e Rosina Vettor
in memoria di Francesco Bastianello Thisa e Antonio Vettor Cariola
Roberto Zambon e Rita Marson La parrocchia di Dardago e la redazione de l’Artugna ringraziano sentitamente per la sensibilità concretamente dimostrata.
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Auguri dalla Redazione!
inno
alla vita
Il 5 ottobre a Sant’ Antonio (Texas) è nata Venice Marialice Zambon di Giorgio e di Shannon Hartmann. Grande la gioia dei nonni dardaghesi, Davide e Gianfranca.
È nata una nuova Rosita. Il 18 luglio è nata Arabella Zambon Rosit. Il papà Matteo e la mamma Heather sono strafelici. Lo sono anche il nonno Loris, il bisnonno Marcello e il resto della famiglia sparsa per il mondo. Nella foto, la piccola Arabella con i genitori, nel giorno del Battesimo (23 ottobre), a Witham (Inghilterra).
Davide Zambon di Paolo e di Loredana Perin ha compiuto un anno lo scorso 5 dicembre. Felicitazioni dai nonni Marino Marin e Marisa.
Fabio Biasatti e Nicole Bonic con la loro primogenita Gioia felicemente ritratti nel giorno del Battesimo. Le nostre comunità si uniscono alla loro felicità ed augurano ogni bene.
Aurelio Zambon, nato a Dardago il 29 ottobre 1926, ha festeggiato a Milano (città in cui vive) i 90 anni attorniato dai suoi parenti più stretti, la sorella, i nipoti e la cugina. Alla sinistra di Aurelio (con la cravatta), la sorella Dorina, alla sua destra il nipote Niccolò e a seguire la cugina Nives. È stato un bel momento dove i componenti della sua famiglia sono riusciti a riunirsi pur abitando in città diverse.
Il 15 ottobre 2016 la signora Alberta Panizzut Berta Donisia ha festeggiato felicemente i suoi 95 anni. Sono con lei il figlio Pier Luigi e il nipote Alberto, le nipoti Elda e Annamaria, la cugina Gabriella e la signora Larysa.
LA FIGLIA DANIELA
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l’Artugna · Via della Chiesa, 1 33070 Dardago (Pn)
I ne à scrit... Milano, 30 ottobre 2016
Spettabile Redazione, vi chiedo la cortesia, se fosse per voi possibile, di trovare uno spazio su l’Artugna per pubblicare la foto, tenuto conto del traguardo rag-
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direzione.artugna@gmail.com
giunto dei 90 anni. Sarebbe per mio padre, che è abbonato al periodico e che trascorre circa cinque mesi a Dardago nel periodo estivo, davvero una bella sorpresa! Vi ringrazio sin da ora per la vostra disponibilità.
Come potevamo non pubblicare la foto del compleanno del caro Aurelio! Aggiungiamo anche i nostri auguri! Arrivederci a presto, a Dardago.
DANIELA ZAMBON
[...dai conti correnti ] Grazie di cuore per aver pubblicato i miei ricordi d’infanzia. È motivo di dolcezza in un momento doloroso. SILVANA BOCUS PISU – SUSEGANA
Con infiniti ringraziamenti dalla famiglia del fu Pasqualino Zambon Canta. PASQUITA MAIORANO – SARONNO
Grazie per l’Artugna sempre gradita. VERENA ZAMBON – TORINO
In memoria dei miei genitori e fratelli. GIORGIO PUSIOL – LUGANO (SVIZZERA)
Per l’Artugna che leggo con tanto piacere. PIETRO FORT COCOL – SCOZIA
Grazie per l’Artugna. È sempre un piacere riceverla all’estero! PIETRO ZAMBON VIALMIN – FRANCIA
bilancio Situazione economica del periodico l’Artugna Periodico n. 138
entrate
Costo per la realizzazione
uscite 5.629,00
Spedizioni e varie
345,00
Entrate dal 21.07.2016 al 07.12.2016
3.950,00
Contributo annuale Comune di Budoia
500,00
Totale
4.450,00 37
5.974,00
Punture di spillo [ RACCONTI – AFORISMI – MALDICENZE – PROVERBI – FREDDURE ]
LO ZUCCHERO Mancavano 5 minuti alle 16. Trenta bambini, tutti della 5a elementare, quel pomeriggio, erano eccezionalmente irrequieti, agitati, emozionati, chiassosi, rumorosi. Alle ore 16 in punto arrivò la maestra per iniziare l’esame scritto di religione. Immediatamente un silenzio generale piombò nella sala dove erano seduti i bambini in attesa delle domande. Prima domanda: «Chi mi sa dire con parole sue chi è Dio?», cominciò a dettare la maestra; Seconda domanda: «Come fate a sapere che Dio esiste, se nessuno l’ha mai visto?». Dopo 20 minuti, tutti avevano consegnate le risposte. La maestra lesse ad una ad una le prime 29; erano più o meno ripetizione di parole dette e ascoltate molte volte: «Dio è nostro Padre, ha fatto la terra, il mare e tutto ciò che esiste». Le risposte erano esatte, per cui si erano guadagnati la promozione. Poi chiamò Ernestino, un piccolo vispo bambino biondo, lo fece avvicinare al suo tavolo e gli consegnò il suo foglietto, dicendogli di leggerlo ad al-
ta voce davanti a tutti i suoi compagni. Ernestino, temendo una pesante umiliazione davanti a tutta la classe, con la conseguente bocciatura, cominciò a piangere. La maestra lo rassicurò e lo incoraggiò. Singhiozzando Ernestino lesse: «Dio è come lo zucchero che la mamma ogni mattina scioglie nel latte per prepararmi la colazione. Io non vedo lo zucchero nella tazza, ma se la mamma non lo mette, ne sento subito la mancanza. Ecco, Dio è così, anche se non lo vediamo. Se Lui non c’è la nostra vita è amara, è senza gusto». Un applauso forte riempì l’aula e la maestra ringraziò Ernestino per la risposta così originale, semplice e vera. Poi completò: «Vedete bambini, ciò che ci fa saggi non è il sapere molte cose, ma l’essere convinti che Dio fa parte della nostra vita».
Non dimenticare di mettere questo «zucchero» nella tua vita
inviata alla Redazione da Maria Amelia Da Vitoria
SANTA LUCIA _CHIESA PARROCCHIALE
• Venerdì 30 dicembre 2016 ore 21.00
INSIEME VOCALE ELASTICO P R E S E N T A
bon termine e bon principio 5a edizione
Concerto per solo, coro, organo e clarinetto
Vivaldi, Gloria Domine Fili Unigenite Cum Sancto Spiritu
Brani di Mozart, Vivaldi, Haendel e della tradizione natalizia
Vivaldi, Magnificat Sicut locutus est Gloria Patri Amen Handel, Messia Alleluja
I N G R E S S O
L I B E R O
AAVV. Improvvisazioni sul Natale Noel Hark the Herald angel sing Adeste Fideles Joy to the world
programma religioso natalizio
o ag rd a D
ia uc L a nt Sa
ia do Bu
SABATO 24 DICEMBRE 2016 VIGILIA DEL SANTO NATALE • Santa Messa in nocte
24.00
22.00
22.00
DOMENICA 25 DICEMBRE 2016 SANTO NATALE • Santa Messa solenne
11.00
11.00
10.00
LUNEDÌ 26 DICEMBRE 2016 SANTO STEFANO • Santa Messa • Concerto Collis Chorus
11.00 17.00
11.00
10.00
SABATO 31 DICEMBRE 2016 • Santa Messa e canto del Te Deum • Canto del Te Deum
18.00 –
– 17.00
– 17.00
18.00
11.00
10.00
18.00
17.00
17.00
DOMENICA 1° GENNAIO 2017 SANTA MADRE DI DIO GIORNATA MONDIALE DELLA PACE • Santa Messa solenne e canto del Veni Creator GIOVEDÌ 5 GENNAIO 2017 VIGILIA DELL’EPIFANIA • Santa Messa e benedizione acqua, sale e frutta
Nelle rispettive comunità la tradizionale accensione del panevin. VENERDÌ 6 GENNAIO 2017 EPIFANIA DEL SIGNORE • Santa Messa solenne • Benedizione dei bambini, rappresentazione presepe vivente sul sagrato • Santa Messa vespertina
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11.00 –
10.00 15.00
18.00
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CONFESSIONI
Auguri
Dardago Budoia Santa Lucia
Buon Natale e felice 2017
sabato 24 sabato 24 sabato 24
dalle 15.00 alle 16.30 dalle 17.00 alle 18.30 dalle 18.00 alle 19.00
Umberto Coassin, affresco, chiesetta di San Martino a Dardago.
i figli della nostra terra...
Mi fu proposto di realizzare un affresco dedicato ai «Dispersi» nella chiesetta di San Martino a Dardago. La cosa all’inizio mi spaventò, ma poi pensai che quegli sfortunati figli della nostra terra andavano ricordati ed era giusto fare qualcosa che aiutasse anche noi a pensare a loro e a non dimenticarli. L’idea, a quel punto, mi entusiasmò e incominciai a lavorare. La partenza verso l’ignoto lasciò nelle loro case l’ansia e la disperazione. Questo mi suggerì la figura di una madre triste che prega, con il rosario in mano, e spera che il suo caro sia vivo e ritorni. Il loro destino crudele, la fatica estrema, la presenza continua della paura li rende disperati, soli,
abbandonati; temono la morte sempre più vicina. L’ultimo loro pensiero va alla madre terrena e poi si abbandonano alla Madre celeste, che li accoglierà fra le sue braccia. Questo è il pensiero che cercai di sviluppare e rappresentare nell’affresco. Esso è realizzato applicando su una tavola, opportunamente trattata, gli stessi materiali e colori di un affresco, sabbia di fiume, calce spenta in buca, terre colorate macinate finissime e acqua. La rappresentazione è di facile lettura e spero piaccia. UMBERTO COASSIN