l'Artugna, 153 Agosto 2021

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Spedizione in abbonamento postale art. 2, comma 20, lettera C, legge n. 662/96. Filiale di Pordenone.

ANNO L / AGOSTO 2021 / NUMERO 153 PERIODICO DELLA COMUNITÀ DI DARDAGO / BUDOIA / SANTA LUCIA


L’EDI TO RIALE

APRILE 2021 / 152

50 anni di pubblicazioni

di Roberto Zambon

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P er il nostro periodico, che festeggia il 50° di pubblicazione, questo è un anno particolare e sarebbe stato bello che, in questo numero, avessimo potuto dare ampio spazio al «compleanno» (magari accennando anche alla vittoria italiana del Campionato Europeo di calcio in Inghilterra). Per ricordare il 50° avremmo potuto organizzare un convegno importante, oppure allestire una mostra interessante: nel passato abbiamo, in più occasioni, dimostrato di essere in grado di farlo. A dire la verità, qualche idea già l’avevamo ma abbiamo dovuto soprassedere a causa della pandemia che ci obbliga spostare più avanti nel tempo ogni decisione. L’Italia, come il resto del mondo, fa fatica a battere questo virus che, in due anni, ha mietuto un numero altissimo di vittime (più di quattro milioni nel mondo, di cui quasi centotrentamila in Italia). Per fortuna, ora abbiamo un’arma importante che, se bene usata, può sconfiggere questo invisibile ma potente nemico: il vaccino. Da inizio 2021 abbiamo, tutti, la possibilità di immunizzarci da questa malattia che può essere mortale. Attualmente (30 luglio), in Italia sono stati somministrati 68 milioni di dosi, di cui 32 milioni di seconda o unica dose. Ciò significa che il 60% della popolazione con più di 12 anni (circa 54 milioni), ha portato a termine il percorso vaccinale. Continuando con questo ritmo abbiamo la possibilità di sconfiggere il virus. Analizzando i dati per fasce d’età, però, è preoccupante la scarsa partecipazione alla campagna vaccinale dei più giovani. Infatti, se dai 60 anni in su, circa l’82% ha chiuso il ciclo vaccinale, e se dai 40 ai 60 anni la percentuale

di vaccinazione supera il 60%, per le fasce di età inferiori tale percentuale si abbassa al 50% fino ad arrivare al 20% per i ragazzi dai 12 ai 19 anni. Quest’ultimo dato è preoccupante perché, fra non molto riaprono le scuole, che possono essere un luogo di facile trasmissione della pandemia. Siamo in un momento decisivo della battaglia contro il coronavirus e sarebbe un peccato sprecare i risultati fin qui ottenuti grazie agli sforzi compiuti dal sistema sanitario e da gran parte della comunità. Speriamo che nel prossimo numero de l’Artugna si possa parlare della pandemia in termini meno preoccupanti.

N on ci siamo dimenticati, però, del 50° di pubblicazione e vorremmo ricordare questo traguardo restaurando un mosaico che, da molti anni, era abbandonato all’intemperie. Si tratta di un’opera di Luciano Bastianello Fusèr, che inizialmente era posto in una nicchia ricavata sul muro di cinta dell’Asilo di Dardago. Il mosaico intitolato «Passione di Cristo» riproduce la salita di Gesù al Calvario sotto il peso della croce ed è stato realizzato negli anni che vanno dal 1968 al 1970. Verso il 1989 è stato sottoposto ad un restauro (sembra che sia stato ‘verniciato’?). In occasione dei lavori di ristrutturazione ed ampliamento del fabbricato della scuola materna, il mosaico, «tenuto insieme» da un telaio metallico, è stato spostato e abbandonato per circa 30 anni. Ora il nostro periodico lo ha fatto restaurare da Marisa Molaro di Mosaiclife (Tarcento/Ud) e sarebbe nostro desiderio che il mosaico potesse trovare la sua sede definitiva sulla parete dell’asilo

che guarda verso le ex scuole elementari. La parete, oltretutto, è riparata dalle intemperie e ciò permetterebbe visibilità e protezione per questa bella opera di un nostro valido artista compaesano.

U na seconda iniziativa è il nuovo servizio offerto dal nostro periodico: l’accesso a tutti i foglietti settimanali pubblicati dalle parrocchie di Dardago, Budoia e Santa Lucia con tutte le informazioni (Sante Messe con le varie intenzioni, eventi particolari, informazioni varie per la vita parrocchiale). Ciò può essere utile per gli abitanti nelle nostre parrocchie ma soprattutto per i lettori che vivono in altre zone d’Italia e del mondo, i quali potranno, così, sentirsi più vicini ai loro paesi. È possibile accedere a tutti foglietti pubblicati (quasi 600) a partire dal 2010! Due sono i modi, alternativi, per usufruire di questo servizio: 1) accedendo all’indirizzo internet sotto riportato: www.parrocchie-artugna.blogspot.com

oppure 2) inquadrando, con il cellulare, il QRCODE qui riportato

50 anni di pubblicazione! È un traguardo molto importante ed è nostro dovere ringraziare tutti voi che con le vostre offerte e con la vostra vicinanza ci avete permesso di arrivare fino a qui. Speriamo che questo sia solo un «traguardo volante» e che quello finale sia ancora distante.


LA LETTERA DEL PLEVÀN

Tutti siamo chiamati ad annunciare e a testimoniare

il Vangelo Viviamo un tempo importante per le nostre comunità cristiane: è prossimo il trasferimento ad altri incarichi dei parroci della unità pastorale Alto Livenza e l’arrivo dei nuovi. Coloro che guideranno, da settembre, le nostre comunità parrocchiali fanno parte di un gruppo sacerdotale fondato dal compianto don Angelo Pandin: vivono in modo comunitario il loro sacerdozio ed il servizio alla diocesi. Sono quattro sacerdoti: due abiteranno ad Aviano e avranno la cura di tutte le parrocchie di quel Comune e due vivranno a San Giovanni di Polcenigo con il compito di seguire le parrocchie dei Comuni di Budoia e di Polcenigo. Avranno la collaborazione di altri sacerdoti. Questo succede nel periodo di preparazione al Sinodo che dovrebbe rinnovare e stimolare la vita cristiana nel nostro territorio. Penso sia un tempo buono per riprendere con forza e con la consapevolezza che la evangelizzazione non è compito esclusivo del clero ma che, in quanto battezzati, tutti siamo chiamati ad annunciare e a testimoniare il Vangelo. Mi auguro che non ci si chiuda a difesa di vecchie tradizioni o campanilismi ma che, piuttosto, si ricerchi l’incontro con tutti, anche con chi da tempo non partecipa più alla vita della Chiesa. I nuovi Pastori sono relativamente più giovani e certamente sapranno stimolare, ascoltare e vivere un tempo di rinnovamento: ci riusciranno se avranno la vostra partecipazione.

IL GESTO DEL SERVIZIO Ho sperimentato, nel breve tempo della mia presenza tra voi, la validità di molte persone che si impegnano per la catechesi, la liturgia, la gestione economica, l’ordinaria manutenzione, la pulizia della chiesa e delle sue pertinenze e per tutti i vari adempimenti delle parrocchie. Voi siete già un buon terreno per formare una Chiesa più viva e propositiva che faccia dire a chi si è allontanato: «È bello ritornare nella nostra comunità a vivere insieme il Vangelo». Resterò a collaborare con i nuovi sacerdoti a servizio delle comunità. Con amore e coraggio continuiamo ad essere gli inviati del Signore. Pace e bene.

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Giotto, Lavanda dei piedi (1304-1306), Padova, Cappella degli Scrovegni.

di don Vito Pegolo

]

www.parrocchie-artugna.blogspot.com


LA RUOTA DELLA VITA NASCITE Benvenuti! Abbiamo suonato le campane per l’arrivo di... Chiara Perco di Edoardo e di Raffaella Del Maschio – Milano – Budoia Adele Stefani Ianna di Alessandro e di Chiara Ianna – Maniago

MATRIMONI Felicitazioni a... Nozze di diamante Luigina Zambon e Primo Busetti – Dardago

LAUREE, DIPLOMI Complimenti! Licenza Scuola secondaria di primo grado IMPORTANTE Per ragioni legate alla normativa sulla privacy, non è più possibile avere dagli uffici comunali i dati relativi al movimento demografico del comune (nati, morti, matrimoni). Pertanto, i nominativi che appaiono su questa rubrica sono solo quelli che ci sono stati comunicati dagli interessati o da loro parenti, oppure di cui siamo venuti a conoscenza pubblicamente. Naturalmente l’elenco sarà incompleto. Ci scusiamo con i lettori.

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Chi desidera usufruire di questa rubrica è invitato a comunicare i dati almeno venti giorni prima dell’uscita del periodico.

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Eduardo Battaglia, Nicolò Bianchi, Marco Brotto, Riccardo Callegari, Giuseppe Carlon, Nicole Carlon, Enrico Chies, Tommaso Comin, Nicola Crestan, Caterina Curatolo, Daniele Del Maschio, Luca Del Zotto, Lea Di Fusco, Etan Epiro, Nicol Esposito, Zoe Falato, Giulia Garbo, Lorenzo Gavrila, Lorena Grassi, Lara Jovanov, Victor Lachin, Evelin Marian, Gregory Peto, Nicholas Antony Ricci, Aurora Rui, Simone Terruzzi, Martina Toffoli, Benedetta Zambon, Giovanni Zambon Diploma di maturità Alan Foscarini– Elettronica – Istituto Malignani – Budoia Juan Claudio Jaime – Informatica – Istituto Kennedy – Budoia Francesco Dell’Angela Rigo Jaime – Chimica – Istituto Kennedy – Budoia Martina Ferrarelli – Liceo Economico Sociale – Pujatti – Budoia Leonardo Tizianel – Liceo Scientifico – Majorana – Budoia Maico della Putta Matteo Carlon – Istituto Tecnico «G. Cardano» Geometri – Milano

DEFUNTI Riposano nella pace di Cristo. Condoglianze ai famigliari di... Rosa Zambon di anni 91 – Dardago Albertina Ianna di anni 100 – Dardago Luciano Pagotto di anni 70 – Artegna Maria Soldà di anni 91 – Santa Lucia Laura Pasa di anni 74 – Venezia Luigina Selva di anni 100 – Venezia Leda Rasi di anni 95 – Budoia Giacomino Del Zotto di anni 77 – Budoia Maddalena Vettor di anni 76 – Budoia Paola Zambon di anni 63 – Trieste Paolo Gislon di anni 64 – Santa Lucia Cristian Sartori di anni 19 – Aviano Emilio Gaspardo di anni 80 – Dardago Uliana Celant di anni 94 – Budoia Alfredo Zambon di anni 86 – Dardago Paolo Gislon di anni 73 – Vicenza Maria Zambon di anni 87 – Castello d’Aviano Giorgio Romani di anni 86 – Dardago Laura Pilot di anni 73 – Pordenone – Budoia Maria Zambon di anni 83 – Salsomaggiore Terme – Budoia Domenico Carlon di anni 92 – Budoia


L’ARTUGNA PERIODICO DELLA COMUNITÀ DI DARDAGO BUDOIA / SANTA LUCIA DARDAGO

BUDOIA

SANTA LUCIA

IN QUESTO NU MERO

153 ⁄ ANNO L / AGOSTO 2021

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www.issuu.com/artugna

@ direzione.artugna@gmail.com

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Direzione, Redazione, Amministrazione Via della Chiesa, 1 · 33070 Dardago [Pn] Conto Corrente Postale 11716594 IBAN IT54Y0533665090000030011728 dall’estero aggiungere il codice BIC/SWIFT BPPNIT2P037 Direttore responsabile Roberto Zambon · cell. 348.8293208 Per la redazione Vittorina Carlon Impaginazione Vittorio Janna Contributi fotografici Archivio de l’Artugna, Mirco Basso, Euridice Del Maschio, Vittorio Janna Hanno collaborato Leontina Busetti, Barbara Gottardello, Francesca Janna Stampa Sincromia · Roveredo in Piano/Pn

2 Editoriale 3 Tutti siamo chiamati ad annunciare e a testimoniare il Vangelo di don Vito Pegolo

32 Gli Alpini per la Comunità di Mario Povoledo 33 Budhuoia revoluthionaria 2 di Fernando Del Maschio

4 La ruota della vita

34 ’n te la vetrina

6 Buon Compleanno a l’Artugna

36 Lasciano un grande vuoto...

...da un foresto di Aldo Cargioli

40 La Cronaca

50 anni un bel traguardo! di Donatella Angelin

42 I ne à scrit...

50 anni sono tanti di Enrico Vettor Complimenti! di Sergio Gentilini

41 L’inno alla vita Accompagnano le offerte Il bilancio 43 Programma religioso

9 Una pietra sempre «viva» di Vittorio Janna Tavàn 12 Pergamene medievali riguardanti Budoia di Alessandro Fadelli 15 Migrazioni ieri e oggi di Adelaide Bastianello 19 Maestranze responsabili e competenti di Leontina Busetti 20 Un ponte con la Cina di Roberto Zambon 22 La profezia di Francesco di Silvano Scarpat 24 Sulle tracce delle Aquile Randagie di Alessandro Cauz e Marco Zambon 25 Prime Confessioni 2021 di Emanuela e Michela, bambini e genitori 27 Riflessioni di Leontina Busetti

Autorizzazione del Tribunale di Pordenone n. 89 del 13 aprile 1973 Spedizione in abbonamento postale. Art. 2, comma 20, lettera C, legge n. 662/96. Filiale di Pordenone. Tutti i diritti sono riservati. È vietata la riproduzione di qualsiasi parte del periodico, foto incluse, senza il consenso scritto della redazione, degli autori e dei proprietari del materiale iconografico.

28 La balena metallica di Roberto Quadrelli 30 Mario Povoledo, Cavaliere della Repubblica 31 Il Giro a Dardàc di Adelaide Bastianello

IN COPERTINA 1921-2021 Il ‘nostro’ fante compie cent’anni! Un monumento... una pietra sempre viva, resa oggi ancor più viva dal nostro tricolore. [foto di Vittorio Janna Tavàn]


L’ANNO DEL CINQUANTESIMO

Buon Compleanno a l’Artugna Per i 50 anni di fondazione de l’Artugna, continuiamo a ricevere con profondo piacere manifestazioni augurali, riflessioni, considerazioni, opinioni dai nostri lettori.

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Fin dalla sua nascita, siete stati proprio voi, lettori, a sostenere il periodico con i vostri contributi, con le vostre attive collaborazione e generosità, manifestandoci fiducia e volontà per proseguire il cammino, spesso impegnativo per una seppur modesta pubblicazione locale come la nostra. Vi ringraziamo e continueremo con soddisfazione a dare ampio spazio anche nei prossimi numeri ai vostri pensieri e suggerimenti per rendere più attuale e viva la rivista.

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di Aldo Cargioli

...da un foresto Buon compleanno cara l’Artugna, da un foresto. Sì, perché io sono un ligure doc, un uomo di mare che si commuove ancora quando sente «ma se ci penso allora vedo il mare… e allora io penso ancora di ritornare». Ma ho sposato Daniela Angelin di famiglia budoiese, non sapendo allora che con lei avrei sposato un popolo intero. Siamo quasi coetanei, sono arrivato a Budoia quasi cinquant'anni fa e da allora ci sono ritornato ogni anno. Ormai sono un «ligurefriulano». A poco a poco ho assimilato la vostra essenza e ho osservato quante similitudini, pur nella loro diversità, accomunano le nostre genti. La dura fatica e i rischi del lavoro in mare, così come quella dei campi spesso resa difficile dal terreno pietroso, quelle pietre che rendono così belle le vostre case. E ancora i gradi valori patriottici, noi in mare e voi sulle montagne e, da ultimo, l'emigrazione che ha accomunato le nostre genti.


50 anni un bel traguardo!

di Donatella Angelin

Cara l’Artugna, ancora buon compleanno e non cento ma mille di questi giorni.

...quelle pietre che rendono così belle le vostre case.

Attraverso le tue pagine ho vissuto le trasformazioni positive della nostra Comunità anche se ti ho conosciuta solo nell’aprile 1996. Sono nata a Milano ma ho sempre trascorso le mie vacanze a Budoia dove vivevano tutti i miei cari e proprio attraverso i loro racconti e le loro esperienze sono sempre stata al passo con le realtà dei paesi. Una volta era diverso non c’erano televisione né mezzi tecnologici per scambiare informazioni quattro chiacchiere e commenti alla fine della giornata; le persone pensavano solo a lavorare e ad aiutarsi nei lavori dei campi e degli orti. Poi ha cominciato a cambiare la società e quindi ecco la necessità di realizzare un notiziario per dare

...ti ho conosciuta solo nell’aprile 1996.

più conoscenza e divulgazione al cammino della nostra comunità, e per illustrare gli sviluppi, i progressi, gli ammodernamenti che hanno fatto dei nostri paesi un esempio di cammino fruttuoso verso il futuro. Il cambio generazionale ha portato più «foresti» che «nativi» ad abitare nei paesi, ma per me figlia di emigranti, che abito lontano dalle mie radici, questo progetto è ed è stato importante perché, perdendo purtroppo tutti gli affetti più cari, ha permesso e permette tutt’ora di partecipare, conoscere e vivere idealmente insieme alla comunità la storia, i racconti, le novità e tutte le iniziative lodevoli e preziose. Naturalmente dietro a tutto questo ci sono persone che dedicano la loro esperienza, il loro tempo e il loro sapere per rendere sempre più interessante e istruttivo il periodico l’Artugna e ai quali va il mio ringraziamento più sincero con l’augurio che possano continuare per tanto tempo ancora a tenerci idealmente uniti.

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Ma soprattutto quell'amore profondo per le proprie radici, che traspare così forte dalle tue pagine. Abbiamo entrambi dei caratteri piuttosto chiusi e spesso duri, ma leali e schietti. Le nostre lingue sono incomprensibili per i non nativi, ma è una piacevole conquista impadronirsene un poco alla volta. Ho trovato veri amici e appassionati sportivi con i quali ho stretto un forte legame. Vorrei qui ricordarne uno per tutti, che è da poco mancato al nostro affetto. Più che un amico, un fratello. Ciao Furio.

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L’ANNO DEL CINQUANTESIMO

50 anni sono tanti

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di Enrico Vettor

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Ricordo una vecchia canzone di Alberto Lupo e Mina che recitava più o meno così: «...sei la frase d’amore cominciata e mai finita...». Questo è Dardago per me, un paese che amo, che rappresenta le mie radici, dove ho trascorso buona parte della mia infanzia, parte della mia adolescenza e dove torno ogniqualvolta mi è possibile, per questo ringrazio per avermi dato la possibilità di dedicare queste righe che riempiono il mio cuore di orgoglio e felicità. Tanti auguri l’Artugna per i tuoi primi cinquant’anni, complimenti per avere saputo coniugare, informazione, storia, poesia, letteratura, ricordi, per essere riuscita ad arrivare al cuore dei Dardaghesi, anche i più lontani, con estrema discrezione, puntualità e sempre con argomenti di qualità, per non parlare poi delle numerose opere editoriali, che ricordiamo e custodiamo gelosamente. Sono certo che con i tuoi collaboratori saprai essere interprete di questo momento storico estremamente difficile per tutti noi, essere testimone di un cambiamento tanto veloce quanto inarrestabile, che purtroppo nulla lascerà come era prima. Dico questo con grande nostalgia per i meravigliosi anni 60-70-80 caratterizzati da un grande fermento nella società, da una grande vitalità, entusiasmo, desiderio di migliorare, periodo in cui oltre al denaro contava la determinazione, il coraggio, la visione, l’intraprendenza, oggi purtroppo noto più un senso di rassegnazione.

...Dardago... un paese che amo, che rappresenta le mie radici.

Tanti auguri perché tu possa continuare ad informare come hai fatto fino ad oggi non solo ma ad avere sempre una platea di lettori disposti a dedicare tempo ed attenzione per apprezzare il lavoro e le fatiche della redazione. Si sa ora la nuova generazione predilige le notizie «spot», pochi secondi per leggere, pochi secondi per informarsi, per gli approfondimenti... ancor meno! Certo non è la generalità ma la tendenza è questa. Rinnovo, quindi, i miei più sentiti auguri a te l’Artugna, tanti auguri anche a me con la speranza di poterti leggere ancora a lungo e auguri per i nuovi e futuri lettori, affinché dimostrino l’attenzione e l’affetto che questa pubblicazione merita. Cordiali saluti

di Sergio Gentilini

Complimenti! In questi giorni ho ricevuto il numero di aprile 2021 e vi scrivo innanzitutto per complimentarmi per il vostro 50.mo anno di intensa e lunga attività. Il periodico l’Artugna è ben composto, ricco di notizie e di riflessioni e di memorie e di tante preziose fotografie che nel tempo anch’esse mostrano, dimostrano e documentano tante realtà che poi man mano diventeranno ‘Storia’, per residenti e non. Desidero poi sottolineare quanta passione, ricerca e attenzione ‘si respirano’ pagina dopo pagina nel Periodico. Complimenti vivissimi con fervidi auguri di continuare a offrire per tanto tempo ancora, il frutto del vostro prezioso operare, e NON solo per la comunità di Dardago, Budoia e Santa Lucia.


di Vittorio Janna Tavàn

il Monumento ai Caduti di Dardago compie cent’anni

Domenica 23 ottobre 1921 Numerosi giovani, donne, uomini, anziani, ex-combattenti, autorità civili, ufficiali e gruppi militari gremiscono la piazza di Dardago. Tutti aspettano con trepidazione, tutti attendono qualcosa di nuovo... lo scoprimento e l’inaugurazione del Monumento ai Caduti. Collocato al centro del paese, non dovrà solo ‘ricordare’ il sacrificio di alcuni giovani, ma soprattutto ‘cercare di assolvere’ quel debito morale verso chi, precocemente, è stato privato delle gioie della vita. Una profonda e perenne riconoscenza verso quelle «26 vite non vissute». Grande è il silenzio che precede la cerimonia. Forte è l’emozione. Generale è la commozione. Su alcuni volti, a stento trattenute, scendono delle lacrime. Solo i colori delle bandiere, il suono della banda, i discorsi delle autorità e l’inaspettato sorvolo sulla piazza da parte di alcuni aerei, provano a lenire quel dolore e rimuovere quel lutto, che ha toccato l’intera comunità. Erano trascorsi solo tre anni dalla fine della Grande Guerra, l’inutile strage, che aveva portato sofferenze e morte in tutta Europa. Anche le nostre tre piccole comunità non

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una pietra sempre «viva»

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Il giorno dell’inaugurazione. Al centro l’avv. Girolamo Cristofori di Sacile tenne il discorso ufficiale; Serafino Ponte e l’ing. Giuseppe Zambon parlarono a nome del Comitato e dei Reduci mentre il maestro Antonio Del Maschio Cùssol diresse la banda del paese. Al termine le nuove campane, rifuse e ricollocate alcuni mesi prima, suonarono a distesa. L’allora pievano, don Romano Zambon, è riconoscibile tra la folla, a sinistra dell’avvocato Cristofori.

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erano state risparmiate e avevano subito le violenze del conflitto. La pubblicazione Cent’anni dalla Grande Guerra, curata dal periodico l’Artugna, narra la storia ‘minuta’ e personale di chi ha vissuto l’intero dramma in trincea, come soldato, e in paese, come civile. Una raccolta di testimonianze e di fotografie, un accurato lavoro per Dardago, Budoia e Santa Lucia che diversi comuni pedemontani ammirano.

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Anche Dardago aveva sentito il forte desiderio di commemorare i propri ragazzi caduti in guerra. L’iniziativa partì dalla cerchia dei famigliari, dei parenti, degli amici e conoscenti e, sull’esempio di altri paesi, si costituirono in un Comitato, guidato da Serafino Ponte, con lo scopo di realizzare un Monumento ai Caduti. In quell’epoca, in paese, operava un ‘valente scultore’, Pietro Zambon Rosìt. In gioventù aveva studiato all’Accademia di Venezia e iniziato a praticare nella città stessa. Rientrato a Dardago aveva avviato un piccolo laboratorio d’arte, circondandosi di allievi apprendisti. Alcune sue opere sono visibili ancor oggi, come Mosè con le tavole della legge e san Pietro con le chiavi del Regno, che ornano la facciata della chiesa, così pure in cimitero sono presenti alcuni suoi bassorilievi (testimonianza di Gianni Zambon Rosìt).

L’incarico di progettare e costruire il Monumento, quindi, fu affidato dal Comitato a scalpellini e a giovani scultori che frequentavano quella ‘bottega’. Fu Leone Burigana che, dotato di maggior talento artistico, tracciò il disegno dell’opera e scolpì la statua del Fante morente con bandiera avvalendosi anche dei

1921 2021

consigli e delle osservazioni degli altri giovani artisti. Il compito di completare e adornare il grande basamento toccò agli altri allievi del Rosìt. Ricordiamo gli scalpellini Abramo Busetti Caporàl, Benvenuto Busetti Caporàl, Antonio Janna Ciampanèr e Battista Zambon Pinàl. Mentre gli artistici bassorilievi sotto il capitello


Il momento conclusivo. I partecipanti si ritrovano nel cortile della Canonica per un brindisi. Tra gli addetti al servizio ‘catering’, sulla sinistra, è riconoscibile Antonio Vettor Cariola. Sotto a sinistra. Una delle prime immagini del monumento. Fanno da sfondo alcuni particolari di vita dardaghese: la grande vasca del ruial, la fontana d’acqua potabile e alcune figure femminili con il tradizionale thanpedon sulle spalle.

furono affidati all’ornatista Alberto Cecchelin Scatiròt (come riportato da l’Artugna nel n.43).

Lato nord.

Lato sud.

Lato est.

All’estremità superiore della grande colonna, su cui poggia il «Fante morente con bandiera», fanno da ornamento quattro artistici bassorilievi, opera di Alberto Cecchelin Scatiròt.

Da quel 23 ottobre 1921 sono passati cent’anni. Con il susseguirsi dei giorni e delle stagioni il sole e la pioggia lentamente hanno intaccano la pietra, ma l’uomo sa fare anche peggio quando cancella il valore della memoria. Cent’anni per la storia non sono che un giorno, eppure all’uomo basta anche meno per dimenticare... dimenticare l’origine, il significato simbolico e il valore storicoartistico di tanti Monumenti come questo. Eppure, anche se semplici lapidi, sono documenti storici di valore al pari di «opere d’arte» e come tali dovrebbero essere beni cui rivolgere continue ‘semplici attenzioni’: accurata pulizia, opportuni decori floreali e, quando necessario, interventi di manutenzione o restauro. Lasciarli in uno stato di abbandono sarebbe come cancellare la memoria di quei soldati caduti, di quelle vittime civili, di quelle «vite non vissute».

RINGRAZIO

Flavio Zambon Tarabìn Modola e Gianni Zambon Rosìt per la collaborazione. Lato ovest.

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A perenne ornamento

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NELL’ARCHIVIO DI MANIAGO-MARTINENGO

pergamene medievali riguardanti Budoia L’amplissimo archivio privato dei conti di Maniago-Martinengo, ora conservato nella Villa di Brazzà-Martinengo a Soleschiano di Manzano (Ud), è stato egregiamente catalogato nel 2010-2012 dalla studiosa e archivista Gabriella Cruciatti. In questo vasto fondo compaiono, oltre a quelli della famiglia dei conti di Maniago, anche alcuni documenti dei conti di Polcenigo.

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Il signum di Francesco di Martino di Aviano.

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Come siano finiti all’interno dell’archivio dei nobili maniaghesi non si sa con esattezza: forse per matrimonio (ce ne furono diversi fra membri delle due illustri casate), oppure per donazione, o per un acquisto? È un mistero finora insoluto. Il fondo «di Polcenigo» comprende comunque ben 274 pergamene che vanno dal Duecento al 1674; alcune mancano di una data sicura, certe sono copie di altri atti più o meno antichi, in qualche caso si tratta di documenti stinti, mutili o avariati, e quindi poco decifrabili. Come scrive la Cruciatti, «sono quasi tutti atti di natura privata, in particolare transazioni di immobili e rendite di natura allodiale e feudale nell’area soggetta alla signoria dei conti di Polcenigo e Fanna; a questi si aggiunge altra documentazione relativa all’amministrazione del patrimonio». Alcuni documenti poi sono riconducibili a contenziosi (testimoniali, sentenze, procure), e vi sono pure alcuni testamenti, patti dotali, quietanze, convenzioni e altro ancora. Molte pergamene riguardano il ramo «orientale» dei conti di Polcenigo e Fanna, quello trasferitosi a Fanna e Cavasso, ma non mancano carte riferibili all’altro ramo nobiliare, quello polcenighese (val la pena di ricordare che i due rami furono sempre strettamente connessi, giacché non si può parlare di due famiglie veramente distinte). La maggior parte dei documenti si riferisce così a Fanna, Cavasso Nuovo e dintorni,

di Alessandro Fadelli

ma ve ne sono diversi che parlano invece di Polcenigo e di Budoia, anch’essa compresa nella parte di feudo più occidentale; altri ancora si riferiscono a varie città e paesi friulani e veneti dove la famiglia comitale aveva possedimenti o interessi. Qui, seppur brevemente e soltanto sulla scorta dei regesti (riassunti) elaborati dalla Cruciatti, non potendo per ora prendere visione diretta dei documenti, parleremo delle quattordici pergamene medievali riguardanti Budoia, Dardago e Santa Lucia (in una quindicesima più tarda, una procura risalente al 1522, si citano solo i nomi dei merighi di Dardago, Tonio Cechilino, di Budoia, Cecchino Dedor, e di Santa Lucia, un certo Coccolo). Solo due sono gli atti duecenteschi riferiti a persone e luoghi budoiesi, ma particolarmente preziosi perché cadono in un periodo molto avaro di documenti. Il 4 febbraio del 1234 (quasi ottocento anni fa!), in casa del notaio Gerardino a Polcenigo, un certo Grimaldacio (sarà stato proprio così il nome?) di Dardago vende al notaio stesso per sei lire tre campi arativi siti a Dardago. A stendere l’atto è chiamato un altro notaio polcenighese, Dietrico (o Diatrico). Nel dicembre del 1238 (forse il 4 di quel mese: il documento – redatto dal notaio Gerardo, probabilmente quello citato nell’atto precedente – non è ben chiaro) un certo Bruno del fu Giovanni Çimola(n)di de Seronis (ossia di Sarone) per ses-


santacinque lire vende ad Aldrico, figlio del fu Almerigucio di Coltura, e a Bertoldo, figlio di Floro di Fanna, agente anche a nome del padre e di altri quattro suoi fratelli, alcune decime percepibili su diversi campi e clausure (terreni recintati) situati nella pieve di Dardago e ad Aviano. Tra i beni che devono il censo annuale vi sono anche dei mansi (aziende agricole con o senza casa colonica), coltivati da Rodolfo de Ligonto (Ligont, località tra Dardago e Aviano), Ardinano pure de Ligonto, Pregonea, Puppo di Dardago, Rainolfo di Dardago, Grimaldo de Varnerisso, Viviano de Arpoix (?) e un certo de Maxeredo (Maseredo o Masaret?) dal nome indecifrabile. Un tal Adelpretto di Dardago viene poi incaricato di immettere gli acquirenti nel possesso del bene comprato. Passiamo al Trecento, che ci riserva sei pergamene notarili. Il 28 luglio 1314, a Polcenigo, in casa di un certo Pravesino (?) e di fronte al notaio Nicola de Bovolino, Giacomo del fu Leonardo de Rayna, con il consenso del suo signore Aldrigone (un conte di Polcenigo?), anch’egli presente all’atto, trasferisce a titolo di feudo, per il prezzo di quaranta soldi piccoli, la decima di due campi della chiesa di Santa Maria di Dardago, siti presso San Martino, a Roperto da Dardago. Ianesio di Budoia viene incaricato di immettere l’acquirente nel possesso del bene. Successivamente Roperto concede in affitto, per un periodo di ventinove

anni, il diritto di riscossione della rendita appena acquisita a Benvenuto, figlio di Giacomo del fu Enrico Albi di Dardago, dichiarando di essere già stato liquidato dei canoni di affitto del presente contratto e garantendo al locatario la possibilità di un eventuale rinnovo. Nel 1321 Marsilio, figlio naturale (e quindi non legittimo) del fu Gerardo, nobile di Polcenigo, acquista a titolo di feudo da una persona di Polcenigo non meglio definibile (un altro conte?) due mansi esistenti nel distretto polcenighese, uno sito nella villa di Dardago e un altro in quella di Budoia. Presente all’atto, e pienamente consenziente, è Alberto detto Fantussio, dominus (conte) di Polcenigo. Tra i testimoni presenti sono da segnalare l’abate di Fanna e un monaco di Pomposa (dalla cui potentissima e antica abbazia dipendeva quella di Fanna). Manca il nome del notaio perché la pergamena, come talvolta accade, è mutila in fondo, dove compare solitamente proprio il nome del rogante. Il 19 febbraio 1322 lo stesso Marsilio del fu Gerardo di Polcenigo fa testamento a Fanna, in casa di un certo Arnoldo, più precisamente in camera (era forse gravemente malato). Tra le molte disposizioni testamentarie disposte a salvezza della propria anima e trascritte dal notaio Antonio del fu Ailino di Maniago, Gerardo lascia in virtù di legato anche dieci soldi alla chiesa di Santa Maria di Dardago e cinque a quella di Santa Lucia.

Il 14 luglio 1356 a Santa Lucia, dinanzi ad una proprietà di Giovanni, figlio di Francesco, viene stipulato un accordo tra i fratelli Matteo e Giovanni, figli di Francesco de Forti (Fort) di Santa Lucia, da una parte, e Andrea del fu Domenico, altro figlio di Francesco, ora abitante a Fanna, dall’altra. Le due parti in causa, davanti al notaio Francesco di Martino di Aviano, si dichiarano soddisfatte della divisione del patrimonio paterno e materno e s’impegnano a non avanzare altre rivendicazioni reciproche. Due anni più tardi, il 18 febbraio 1358, sulla riva del torrente Artugna e presso la chiesa di San Martino, il nobile Rizzardo del fu Odorico di Polcenigo, anche a nome dei fratelli Mattiusso e Brizaglia, stipula un complesso accordo con il nonno Fantussio, con il quale s’impegna a rivendergli un mulino sito nel borgo di Polcenigo sull’acqua dell’Agason (ossia il Gorgazzo). L’accordo è annotato dal notaio ser Minico detto Saruto di Aviano con l’autorizzazione del vicario patriarcale (a noi in realtà è pervenuta una trascrizione, effettuata sull’originale dal notaio Giovanni, figlio di ser Guidone detto Macheto di Parma, abitante a Sacile). Non stupisca che il rogito notarile sia stato fatto all’aperto, vicino all’Artugna, perché nel passato ogni luogo – chiesa, bottega, cortile, strada, piazza, campo… – era buono per stipularvi un atto. Pochi giorni dopo, il 10 aprile, questa volta a Santa Lucia, e precisamente nel

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Moneta Pagano della Torre 1319-1331.

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cortile della casa di un personaggio che abbiamo già incontrato, ossia Giovanni del fu Francesco del fu Fortis (Forte), lo stesso Rizzardo, insieme col fratello Mattiusso di Polcenigo, s’impegna a retrovendere entro dieci anni al predetto nonno Alberto detto Fantussio di Polcenigo due mansi situati uno a Malnisio e l’altro a Budoia, condotti rispettivamente da Tommasino e da Romano. Anche in questo caso il notaio è ser Minico detto Saruto di Aviano. Entriamo ora nel Quattrocento, che esibisce altri sei atti notarili pergamenacei. Il 22 dicembre 1444 a Polcenigo, presso il notaio Donato del fu ser Giovanni, i nobili Simone di Polcenigo, figlio del fu Vicardo, e Giacomo anch’egli di Polcenigo vendono per otto ducati a Bartolussio, figlio del fu Poleno (?) de Costa, un terreno boschivo posto nelle pertinenze della villa di Santa Lucia in località detta A cal de pra. Il 15 dicembre 1450, nel castello di Solimbergo (Sequals), nella residenza del nobile Andrea di Polcenigo, Andrea del fu Fantussio e Giacomo del fu Nicolò, entrambi conti di Polcenigo, nominano come loro procuratori i nobili Antonio e Fantussio, figli del fu Nicolò, nipoti del suddetto Andrea e fratelli di Giacomo, affinché li rappresentino in un contenzioso giudiziario con un tal Bonello Compugnetti (?) di Dardago, riguardante l’omicidio di un certo Nigro di Dardago (commesso da uno dei conti di Polcenigo?). La procura è stesa dal notaio Daniele del fu ser Pietro Astolfi di Fanna. Il 24 agosto 1460 Antonio di Fanna, conte di Polcenigo, compra da Vendramino de Fabris di Santa Lucia e da Antonio faber, fratello di mastro Pasutto della stessa villa, i diritti su alcuni terreni che erano stati di un tal Mesco di Santa Lucia, genero ed erede di Giovanni Furlano, anche lui presente e consenziente alla stipula del contratto. Il conte di Polcenigo s’impegna a liquidare a Vendramino i sette ducati che lo stesso aveva in precedenza versato a Giovanni Furlano e, in più, anche dieci lire e quattro soldi come censi arretrati a carico del suddetto Me-

sco. L’atto è rogato nell’abitazione polcenighese del nobile acquirente dal notaio Bonifacio, figlio del fu ser Giacomo aromatario (speziale, farmacista) da Prata, ma al momento abitante in Polcenigo. Il primo giugno del 1464 si stipula un importante e complesso atto nel castello di Valvasone, residenza del conte Ulvino del fu Enrico di Valvasone. Nell’occasione i conti Antonio, Fantussio e Giacomo, figli del fu Nicola di Polcenigo, si spartiscono alcuni beni di famiglia che non erano stati frazionati in un precedente atto divisionale sottoscritto dagli stessi nobili. Nella parte toccata a Giacomo sono compresi, oltre a diversi altri beni, anche i diritti acquistati dai fratelli sulle proprietà di Mesco di Giovanni Furlano situate a Santa Lucia, con

fu Pietro Carbo di Pordenone, cancelliere della giurisdizione di Polcenigo. Infine, il 10 dicembre 1485 a Polcenigo, di nuovo presso la loggia comunale, ad banchum iuris (al banco della legge), compare dinanzi a Francesco Passarini, vicepodestà di Polcenigo, e ai suoi giurati un tal Cesco, figlio di Bartolomeo detto Tolotto di Santa Lucia, per affermare solennemente che rinuncia all’eredità paterna e dichiarare altresì la propria disponibilità a contribuire al mantenimento del padre, fornendogli vitto e vesti, tanto al momento presente quanto in futuro. La dichiarazione è ricopiata dal notaio Andrea del fu Pasutto Fabris, cancelliere di Polcenigo. Solo quattordici sono le pergamene «budoiesi», come si diceva.

tutta probabilità proprio quelle nominate nell’atto precedente. A trascrivere l’atto era stato il notaio Marco Antonio del fu Venuto Giselli di Valvasone, che l’aveva ricopiato dalle note del defunto notaio ser Giorgio, figlio del fu Giacomo di Maniago, abitante a Valvasone. Passano quattro anni e il 19 gennaio 1468 a Polcenigo, presso la loggia comunale che sorgeva un tempo nell’attuale Piazza Plebiscito, il messo Angelo certifica coram populo che, su istanza dei conti di Polcenigo, ha citato in giudizio Tonino del fu Casolino di Budoia, che ha ora l’obbligo di presentarsi a Spilimbergo dinanzi al Luogotenente della Patria del Friuli per una questione che riguarda la restituzione di alcuni pegni. La notifica della citazione è trascritta dal notaio ser Pietro (?) del

Da esse non emergono vicende particolarmente rilevanti, ma solo fatti minuti di vita quotidiana (compravendite, citazioni, procure, testamenti, divisioni e altre faccende familiari), annotati da vari notai (alcuni fino ad oggi sconosciuti, come Dietrico di Polcenigo o Donato del fu Giovanni) e popolati da nobili e da plebei con nomi spesso stranissimi e privi di veri cognomi (alcuni dei quali, come Giacomo de Rayna e Francesco de Forti, si trovano pure nelle pergamene dell’archivio parrocchiale di Dardago, pubblicate da Carlo Zoldan nel 2008, vedi foto sopra). Sono insomma piccoli ma interessanti frammenti di un passato davvero lontanissimo, ma pur sempre nostro.


migrazioni ieri e oggi di Adelaide Bastianello

Un caffè a mezza mattina è ormai un’abitudine diventata usanza. È mancata molto in tempo di Covid, ma tentiamo sempre di trovare un modo per non perderla. Stamani mentre mamma ed io bevevamo il nostro caffè sedute all’aperto su una seduta di fortuna – perché la zona arancione non permette le sedute all’esterno dei locali – i discorsi sono andati agli anni del «passato remoto», i tempi del dopoguerra, il suo arrivo a Milano da giovane sposa e migrante da Dardago per iniziare una vita diversa a Milano. Di norma i migranti dardaghesi che arrivavano a Milano in cerca di lavoro si appoggiavano a parenti o famiglie di conoscenti che già era-

L’argomento è più che mai attuale, ma la società odierna è differente... ed indifferente. Il valore dell’ospitalità, come tutti i beni comuni, è divenuto fragile e rischia di venire distrutto. Serve un’intelligenza collettiva superiore agli interessi individuali, poiché resiste lo spirito buio che vede l’ospite solo come minaccia.

no inserite nel mondo del lavoro e possedevano in affitto una casa dove abitare. A quei tempi «casa» era un abbaino o un sottotetto ricavato, sempre pulito e dignitoso, ma molto piccolo, difficilmente un appartamento come lo pensiamo oggi, ma il cuore era grande. Un posto per offrire da dormire si trovava sempre, non si negava a nessuno anche se la famiglia era già numerosa con figli e magari nonni o cognati! Quindi il nuovo arrivato chiedeva ospitalità per un breve periodo nell’attesa di trovare un lavoro oppure prendeva in affitto un posto letto da loro, nel caso ne avessero la disponibilità. >>>

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Uno dei valori che ha sempre contraddistinto le popolazioni dei nostri paesi è l’ospitalità, innanzitutto verso i compaesani, come dimostra l’articolo che ci viene proposto.

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migrazioni ieri e oggi

Terenzio a Milano e... Maria sull’isola di Jersey

Coloro che non avevano punti di riferimento e venivano a Milano senza conoscenze potevano contare però su un dardaghese «doc» al quale rivolgersi per un aiuto, un consiglio su come muovere i primi passi in questa sconosciuta città. La parola d’ordine era «Terenzio Zambon Pinàl». Veniva loro detto: «Appena arrivi a Milano in stazione Centrale, vai da Terenzio Pinàl che lavora lì e lui certamente ti aiuterà, ti troverà un posto dove andare a dormire»... e talvolta anche un lavoro. Infatti molti direttori di alberghi limitrofi alla stazione o in zone più centrali spesso si rivolgevano a Terenzio quando avevano bisogno di personale, perché lo conoscevano come persona seria e affidabile che avrebbe sicuramente offerto lavoratori onesti, fidati e di buona volontà.

Terenzio Zambon Pinal (1913) con la moglie Vincenza Quaia. In basso a sinistra. Terenzio e Vincenza con i figli Pietro ed Ermanno a Milano.

Il personale del Gallia, del Touring, dell’hotel Manin, del Principe Savoia, del Duomo dalle cucine al facchinaggio, dalle camere ai garage, erano per la maggioranza friulani e molti di Dardago. Terenzio, figlio di Mondo Pinàl, lavorava alla stazione centrale presso il deposito bagagli vicino alla «Sala delle Carrozze» e qui vi facevano riferimento molte persone dardaghesi, era un punto di incontro per parlare di casa, per ritrovarsi e perché no, bere un «got de vin» e mangiare una fetta di salame «de chel bon» che lui teneva sempre nel retro da offrire agli amici, e poi via di nuovo al lavoro. Terenzio Pinàl era una persona sicura, perbene, inserita e con molte conoscenze, una persona generosa che se poteva fare un

piacere ad un paesano non si tirava mai indietro. Penso che molti dardaghesi gli debbano riconoscenza per aver «dato il la...» alla loro vita meneghina. Per esperienza e per aver parlato con diverse persone posso dire che figure come Terenzio Pinàl ce n’erano diverse sparse nel mondo dell’immigrazione. Io ad esempio sono stata ospitata per un paio d’anni nelle vacanze estive, erano quasi gli anni ’70, «dalla Maria de Nani Schena» (Maria Zambon Pinàl, figlia di Giovanni) a Jersey (Canale della Manica). Qui da Maria ho sentito parlare il vecchio dialetto dardaghese con vocaboli che in famiglia già non sentivo più da tempo. Maria era arrivata a Jersey nel 1946 come sposa di un soldato inglese conosciuto a Dardago verso la fine della guerra quando gli inglesi erano accampati «do de le Grave». All’epoca diverse giovani di Dardago e paesi vicini lavavano o aggiustavano biancheria per i giovani soldati e ufficiali inglesi in cambio di carne secca, alimenti vari o altro; Maria ha conosciuto così John Lewis e quando poi lui è dovuto rientrare in Inghilterra... l’ha chiesta in moglie. Solo nel 1946 Maria ha però potuto sposare il suo «Jo» con un «matrimonio per procura» e partire così giovane sposa all’avventura di un mondo e di un paese ignoto, completamente sconosciuto per lei vissuta soltanto a Dardago, ma aveva fiducia nel suo amore e si è fatta coraggio. Jersey è un’isola principalmente turistica, quindi piena di alberghi, e posso dire che la sua casa era un via vai di veneti, friulani che andavano a chiedere ospitalità per dormire, chiedevano aiuti o suggeri-


Agosto 1965. Maria con in braccio la piccola Anna davanti a casa e all’ufficio prenotazione taxi, che gestiva per conto del marito. Alle sue spalle Adelaide tra due inquilini, ospiti di Maria. In basso. Aeroporto Milano Linate 1970. Dopo una bella vacanza trascorsa a Dardago, Maria e la figlia Anna sono in attesa di rientrare a Jersey.

conosciuta da tutti, sia italiani che inglesi. So che anche a Parigi accadeva la stessa cosa, l’emigrante tende sempre a cercare casa, famiglia, radici..

Cambiano i tempi... Torniamo alla Milano degli anni ’40-50. Cambiano i tempi e le generazioni, ma di solito quando emigri in un posto straniero, estraneo, sconosciuto, dove però sai che potresti trovare un parente o conoscente, istintivamente cerchi di stare loro vicino, di trovare casa nei dintorni, non cerchi la lontananza ma la prossimità; e così è successo che a Milano si crearono le zone friulane. Negli anni ’40, a Porta Nuova, zona nord est, vicino alla stazione nel raggio di una cinquantina di metri potevi trovare i Barnardo, i Thisa, i Curadela, i Pinài, i Cariola, i Bisut e un poco più in là i Tavàns e ancora i Pinài, si ricostruiva così il tuo paese. Poi più spostati ad est ecco un altro gruppo di Dardaghesi e Budoiesi intorno a via Lecco, al Corso Buenos Aires, poi in zona viale Padova, in zona san Siro e più tardi a Baggio. Tutti questi gruppi di nostri migranti sparpagliati nella città, ave-

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menti per il lavoro. Quando sbarcavano sull’isola Maria era il punto di riferimento, la tappa obbligata, il famoso cordone ombelicale che ti legava all’Italia, al Triveneto, a casa. Lì sapevi che trovavi conforto, una buona parola, un consiglio o semplicemente sapevano di potersi confidare sui problemi lavorativi o anche pene d’amore. Lei era una mamma, ascoltava, consigliava, sollecitava, strigliava, insegnava ad avere cura dei soldi e a risparmiare. A fine settimana i ragazzi le consegnavano metà della paga e lei andava per loro in banca a versare il risparmio settimanale, perché Maria sapeva che diversamente i giovani avrebbero sperperato quei risparmi correndo dietro alle ragazze e a fine stagione dopo tanto lavoro si sarebbero trovati a mani vuote. Nell’isola Maria era molto bene inserita ed era

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migrazioni ieri e oggi

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I fratelli Zambon Pétol ai Giardini Pubblici di Milano. Da sinistra: Giacomo, Costante, Caterina, Girolamo e Giovanni.

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vano però un punto unico di riferimento per i loro incontri tra paesani... i Giardini Pubblici di Porta Venezia, piccolo polmone verde vicino al centro città. Lì erano certi che avrebbero trovato uno o più conterranei per scambiare chiacchiere, avere informazioni, trovare lavoro, talvolta anche la morosa. Qui passavano le poche ore di libertà che il lavoro concedeva loro, qui si ritrovavano le balie friulane che portavano ai giardini i bimbi «dei signori», qui arrivavano le ultime notizie «da cjasa», qui si rincuoravano e sentivano meno la nostalgia del loro paese. Se chiedete ai dardaghesi di Milano, tutti vi confermeranno il «ritrovo» dei Giardini Pubblici, ognuno di loro ha almeno una o due foto che possono testimoniarlo, quello era il cordone ombelicale che li teneva uniti a Dardago. C’è da ricordare che il migrante friulano a quei tempi non solo era bene accolto nella ricerca del lavoro ma era anche richiesto. Infatti, si era fatto la nomea di persona corretta, onesta e instancabile, pertanto un datore di lavoro lo assumeva senza tante domande e se aveva ancora bisogno di personale gli si rivolgeva ed ecco che

veniva assunto il fratello, l’amico, il compaesano e così col passaparola si trovavano gli impieghi. Gli alberghi e ristoranti meneghini avevano personale friulano, le famiglie benestanti avevano le donne di servizio friulane, molte portinerie erano gestite da donne friulane e le imprese edili anche; erano i tempi della grande ricostruzione del dopoguerra e per chi aveva buona volontà, ed al friulano non mancava, trovare lavoro non era un problema.

E oggi... Tutti questi pensieri, questi discorsi sono nati tra noi quella mattina su quella «improbabile seduta» proprio guardandoci intorno, vedendo le persone che ci circondavano e abbiamo comparato le differenze migratorie tra ieri e oggi e considerato com’era nel frattempo cambiato il nostro modo di vivere oggi rispetto a «ieri», particolarmente in una città come Milano, oggi si parla così: smartworking, urban district, cohousing, dad, movida, ecc. Il problema primario però, co-

mune in tutta Italia, è la mancanza cronica del lavoro che porta le persone alla disperazione, poi l’incapacità di molti nel rinunciare a certe comodità che diventano necessità essenziali, la mancanza di professionalità e di adattabilità nel lavoro ed infine la perdita ovvero la non accettazione nel fare molti lavori più umili che un tempo garantivano alle famiglie una sopravvivenza dignitosa. Certo è che il migrante da ovunque provenga oltre a portare con sé inevitabilmente il proprio carattere, le proprie miserie, i sogni, le speranze, le aspettative dei famigliari, ognuno di loro porta con sé anche il proprio bagaglio culturale che può trasformarsi in uno stimolo o una zavorra nella buona riuscita del suo inserimento nella nuova realtà nella quale vuole entrare a far parte. Oggi, con la forte carenza lavorativa presente in Italia e con una migrazione così cosmopolita e disperata, molto pochi sono coloro che riescono veramente ad inserirsi nella vita meneghina nonostante gli aiuti economici e di sostegno che da più parti vengono loro offerti... però qualcuno ci riesce, speriamo che questi siano da esempio e aiuto per molti altri.


NEL NOSTRO TERRITORIO

maestranze responsabili e competenti di Leontina Busetti

precisione con cui arrivano alla base, colpisce l’accurata sistemazione dei mattoni dell’arcata. Sopra fu previsto un muretto, indispensabile a evitare danni a chi passasse sotto in caso di caduta sassi. Questi due ponti sono lì da più di cent’anni, eppure nessun segno di cedimento: il tempo non ha per nulla scalfito i materiali né la loro solidità. Non certo un’opera d’arte, per carità, ma un lavoro serio, ben rifinito, senza dubbio progettato ed eseguito da costruttori e maestranze coscienza osé, responsabili e competenti.

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I ponti e i viadotti ferroviari sulla linea Sacile-Maniago-Pinzano-Gemona, un tempo soprannominata «La Pedemontana», sono molti. Nel Comune di Budoia sono due: uno dietro la discarica comunale, lontano dalla strada, l’altro, molto alto e ben visibile, a Santa Lucia, sulla strada della Lama. Sono stati costruiti nel 1916, data incisa sul colmo dell’arcata, per motivi bellici, alcuni anni dopo è stata inaugurata la stazione e da allora sono usati per il passaggio di convogli passeggeri e merci ad uso civile. Di questi ponti colpisce la perfezione delle pietre sui lati disposte a palladiana, colpisce la

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FRESCO DI STAMPA

Con i ‘tipi’ della casa editrice di Venezia Marcianum Press è uscito il libro di don Adel Nasr. l’Artugna porge le più vive congratulazioni per il lavoro svolto, augurandogli che possa portare avanti con successo il suo lavoro per la beatificazione del Cardinale Celso Costantini.

un ponte con la Cina

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di Roberto Zambon

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In alto. La foto pubblicitaria del libro, tratta dal sito della casa editrice veneziana Marcianum Press.

Ricercando nella rete alcune informazioni sulla Cina mi sono imbattuto in una pagina in cui veniva annunciata la pubblicazione di un libro dal titolo «Un ponte con la Cina – Il Papa e la delegazione apostolica a Pechino (1919-1939)» di Adel Afif Nasr. Subito il pensiero andò al «nostro» don Adel Nasr, ma non ero a conoscenza che avesse come secondo nome Afif. La mia curiosità aumentò quando vidi che la prefazione era firmata da un personaggio di rilievo del Vaticano: il Cardinale Pietro Parolin, Segretario di Stato di Sua Santità. Mi venne in mente un articolo apparso su queste pagine qualche anno fa 1 in cui si parlava di don Adel – a quel tempo parroco

Il 6 novembre 2007, don Adel interprete del re dell’Arabia Saudita, Abdallah bin Abdulaziz Al Saud, in occasione dello storico incontro con papa Benedetto.


In attesa di poter leggere il libro, la prefazione del cardinale Parolin2 ricostruisce la storia dei rapporti tra la Santa Sede e la Cina nella prima metà del secolo scorso mettendo in evidenza il ruolo fondamentale del cardinale Celso Costantini di Castions di Zoppola. Il cardinale Parolin, riferendosi a don Adel ne riconosce la «perizia storica e giuridica» e ricorda che dall’ottobre 2017 è postulatore3 per la causa di beatificazione del cardinale Costantini. Il nostro vescovo Giuseppe Pellegrini, nella premessa, ricorda altri due «missionari» diocesani in estremo oriente: il Beato Odorico Mattiussi da Pordenone (XIV secolo) e il vicario apostolico mons. Giuseppe Rizzolato (XIX secolo). Partendo dalla Lettera apostolica Maximum illu, considerata

Al termine di ogni Battesimo, don Adel presentava, a modo suo, il nuovo cristiano all’assemblea. La foto è stata scattata il 1° Ottobre 2016 in occasione del battesimo di Marco Zambon.

la magna charta delle missioni, scritta da Benedetto XV nel lontano 1919, il Cardinale Parolin illustra l’operato di Pio XI che, appena insediato, creò la Delegazione apostolica in Cina, anello di congiunzione per tutte le missioni del territorio. In tale Delegazione il pontefice volle l’allora mons. Celso Costantini di Castions di Zoppola. Il futuro cardinale friulano (e diocesano) fu in grado di creare solide basi per il futuro delle missioni in Cina superando molte difficoltà con la politica dominante e con le sempre presenti pressioni da parte delle Nazioni straniere. Se il 25 febbraio 1943 Pio XII ricevette in Vaticano le credenziali dell’Ambasciatore cinese accreditato presso la Santa Sede – un

evento di straordinaria portata storica – ciò fu in gran parte merito del lavoro svolto dal Cardinale Costantini per stimolare buone relazioni tra la Santa Sede e la Repubblica Cinese.

NOTE 1. l’Artugna n. 113, marzo 2008. 2. Il testo completo della prefazione è presente in Parolin, la Chiesa in Cina e l’affetto dei Papi – Vatican News https://www.vaticannews.va/it/vaticano/ne ws/2021-05/cardinale-parolin-libro-ponteper-cina-celso-costantini.html 3. L’ecclesiastico che sostiene presso il tribunale competente una causa di beatificazione o di canonizzazione.

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di Dardago, Budoia e Santa Lucia – che era stato l’interprete del re dell’Arabia Saudita in occasione di un incontro con papa Benedetto XVI. Il re Abdallah bin Abdulaziz Al Saud era stato ricevuto in Vaticano il 6 novembre 2007. Durante tutto l’incontro, il Papa parlava in italiano e il re in arabo. A fare da traduttori erano due sacerdoti e uno di questi era proprio don Adel che, nei mesi precedenti, si era anche premurato di rimuovere alcuni ostacoli che si frapponevano al concretizzarsi dello storico evento: la visita di un re dell’Arabia Saudita al Papa era stata ideata da molti anni ma non si era mai concretizzata. Il Vaticano non aveva rapporti diplomatici con il principale regno arabo e l’incontro si proponeva di aprire la strada ad importanti sviluppi e al miglioramento dei rapporti tra cattolicesimo e Islam. Questo ricordo risolse il mio dubbio: don Adel e don Adel Afif sono la stessa persona.

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la profezia

di Silvano Scarpat

di Francesco

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PARTE SECONDA

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Per un anno ho praticato con un gruppo di ragazzi il «catechismo di strada». Sono venuti loro a cercarmi, un sabato pomeriggio, mentre tentavo di riparare il tetto della legnaia. Mi hanno portato al loro luogo di ritrovo, accanto ad un piccolo parcheggio, in disparte. E poi, al campo della parrocchia. Li ascoltavo, recuperavo il pallone quando finiva lontano; mi facevano compagnia, mi ringraziavano: «a sabato prossimo!». Come testo unico di catechismo ho adottato «In cammino con Dio», di Regine Scindler

e Stepàn Zavrel, un racconto in sintesi del grande libro della Bibbia, percorso emozionante di parole e soprattutto di immagini. E più ancora, il ritrovarsi insieme per la Messa, alla Domenica, quando si può: per comunicare loro quanto provai alla fine della chiusura in casa, quella domenica di maggio dello scorso anno, quando si riprese a partecipare alla Messa; e la forza e la gioia che ho sperimentato fin da bambino. Scrive Papa Francesco, nell’enciclica Laudato si’ che ad

affliggere i giovani è soprattutto la perdita di identità... una silenziosa rottura dei legami di integrazione e di comunione sociale. I giovani esigono da noi un cambiamento. Mai abbiamo maltrattato ed offeso la nostra casa comune come negli ultimi due secoli. Tra i poveri più abbandonati e maltrattati c’è la nostra oppressa e devastata terra, che ‘geme e soffre le doglie del parto’ (Romani 8,22). In questo accenno brevissimo alle parole di San Paolo c’è il senso profondo, la grande speranza e la profezia


dell’enciclica e della nostra fede: tutto questo gemere del creato è per una rinascita, una sovrabbondanza di vita. Le celebrazioni con i ragazzi, preparate leggendo e cercando di comprendere insieme i passi della Sacra Scrittura, la proclamazione da parte loro delle letture e l’Eucaristia sono esperienze intense di crescita e condivisione; la grande preghiera del Venerdì santo, proclamata dai ragazzi dall’altare, e la Veglia pasquale, con il passaggio dal buio alla luce: Greta, di sette anni, attentissima con la candela accesa in mano, disse: «Il professore canta (l’Exultet) nella lingua che studia mia sorella». Scrive ancora Papa Francesco: Non disponiamo ancora della cultura necessaria per affrontare questa crisi, per rispondere alle necessità delle genera-

zioni attuali, senza compromettere le generazioni future... È necessario ricorrere alle diverse ricchezze culturali dei popoli, all’arte e alla poesia, alla vita interiore e alla spiritualità. Se si vuole costruire un’ecologia che ci permetta di riparare tutto ciò che abbiamo distrutto, nessun ramo della scienza e nessuna forma di saggezza può essere trascurata. Disse Andrej Tarcovskij, il grande regista russo (sulla sua vita è stato realizzato recentemente il film documentario Il cinema come preghiera): «Gli uomini non sono soli e abbandonati in un universo vuoto... Più il male è presente nel mondo, più è necessario creare la bellezza. È senza dubbio più difficile, ma è anche più necessario. Lo scopo dell’arte consiste nell’arare e nel rendere soffice l’anima dell’uomo in modo che

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Bambini, ragazzi e genitori durante la visita alla Mostra internazionale dell’Illustrazione per l’infazia di Sarmede (Tv).

sia atto a rivolgersi al bene». A fine giugno, con i ragazzi del catechismo siamo ritornati a Sarmede, là dove Zavrel, esule da Praga, è vissuto e ha messo in piedi una scuola di illustrazioni per i ragazzi. Il racconto per immagini della storia sacra e dei vangeli è la sua ultima opera, la più impegnativa, e il suo capolavoro. Ma l’avventura continua con la realizzazione e l’esposizione dei disegni di artisti da tutto il mondo, soprattutto giovani. A Francesco – tra i nostri più piccoli – piacque soprattutto il racconto di un libro senza parole, Monts et Merveilles (Monti e meraviglie), di Juliette Binet. Un papà ed una mamma trascinano dentro casa una roccia spoglia, un macigno, e poi insieme colorano, ornano, abbelliscono di verde, fiumi, sole, cielo e stelle. Mentre dormono, vicini, la roccia comincia a dare germogli, fiori e piante; da lì il mondo intero rinasce di alberi e animali, e un uccellino sul ramo; di vita. Francesco, su mia richiesta, ha raccontato anche una sua storia, del pappagallino che era fuggito: una domenica mattina, il paese, come in un vecchio film western, era tappezzato di manifestini. Era ragionevole andare alla ricerca di un animale così piccolo, che vola? Il pappagallino, infine, non era andato lontano: si era rifugiato da Noemi, compagna di classe di Francesco, e Noemi glielo ha riportato. Ci insegnano molte cose i ragazzi.

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sulle tracce delle

Aquile Randagie di Alessandro Cauz e Marco Zambon Siamo due ragazzi quindicenni del comune di Budoia frequentanti il Gruppo Scout di Sacile. Quest’anno abbiamo avuto la possibilità di fare una bellissima esperienza formativa: partecipare ad un campo di competenza Sherpa (camminatore e topografo) presso la Base Scout di Colico (LC), sul lago di Como. Siamo arrivati a Colico la sera del 2 luglio, dopo circa 7 ore di treno; in stazione abbiamo incontrato i Capi Campo e altri scout coetanei provenienti da diverse regioni d’Italia con i quali ci siamo incamminati alla volta della Base Scout Kelly, dove avremmo preparato il nostro accampamento. Il luogo scelto per accamparci ha un valore simbolico per gli scout AGESCI, in quanto è stata la prima base

I nostri due scout. In prima fila in piedi da sinistra: il secondo è Alessandro ed il quarto è Marco.

a essere costruita dopo il periodo bellico (durante la 2a Guerra Mondiale molte basi scout erano state distrutte). Questa fu edificata dalle Aquile Randagie, un gruppo di ragazzi appartenenti agli scout di Milano, Monza e Parma, che, opponendosi ai divieti imposti dal Regime Fascista, continuarono ad incontrarsi di nascosto e a spedirsi messaggi cifrati. Le Aquile Randagie ebbero un ruolo importante anche durante il periodo della Resistenza, aiutando diversi Ebrei a fuggire dalla deportazione. Nei primi giorni abbiamo avuto modo di conoscerci, condividendo usanze e peculiarità delle varie regioni e stringendo facilmente amicizie, in quanto accomunati dalla stessa passione per la vita scout. Abbiamo svolto varie attività insieme, aiutandoci reciprocamente in quelle quattro intense giornate trascorse all’aperto, immersi semplicemente nella natura: giornate sempre accompagnate da canti scout. Siamo andati in kayak sul lago di Como e a fare escursioni alla scoperta dei luoghi che ci circondavano. Abbiamo trovato particolarmente interessante l’uscita nella vicina Val Codera (SO), in particolare alla base scout Centralina, luogo simbolo delle Aquile Randagie, perché si recavano lì per svolgere liberamente le attività estive negli anni più difficili della Guerra, in quanto la base si trova in un punto difficile da raggiungere e difficilmente nessuna Camicia Nera sarebbe andata a cercarli lassù. Ora sulla valle sorgono alcuni villaggi disabitati, trasformati in musei aperti agli escursionisti. Nei giorni rimanenti, presso l’accampamento, abbiamo svolto attività di topografia, mettendoci alla prova con il quadrante d’altezza, l’orienteering... La mattina del 7 luglio, abbiamo dovuto purtroppo salutare i compagni incontrati pochi giorni prima – con i quali avevamo già stretto un forte rapporto – per far ritorno nelle nostre regioni. Conserviamo il ricordo di una bellissima esperienza sia dal punto di vista sociale, in quanto abbiamo fatto molte conoscenze, sia dal punto di vista naturalistico per i bellissimi paesaggi, e ovviamente anche per l’ampio bagaglio di conoscenze acquisite.


Sul sagrato del santuario, in un braciere sono stati bruciati i foglietti in cui ogni bimbo aveva scritto il proprio pensiero.

Prime Confessioni

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parlano le catechiste...

La cerimonia si è tenuta presso la chiesa del colle di Santa Lucia in una splendida giornata di sole. La gioia è stata immensa e la partecipazione attenta ed entusiasta. Domenica 6 giugno si è tenuta quella della classe terza elementare con Emanuela per i bimbi: Adele Camoana, Alessandro Carlon, Alessia Fedrigo, Andrea Carlo, Andrea Minutel, Brenda Marson, Elia Moretton, Emma Carbonera, Evita Marson, Filippo Quaia, Francesco Burigana, Gabriele Bitto, Gabriele Del Puppo, Giulia Agostini, Giulia Toffoletto, Riccardo Del Puppo.

Sono state due giornate indimenticabili e l’augurio più grande che possiamo farvi è che la gioia dell’incontro con Gesù di questo giorno possa accompagnarvi per sempre.

La promessa che se avrete Dio come punto cardine di ogni vostro passo e di ogni vostra scelta, tutto sarà più bello!

...i bambini Alcuni pensierini a ricordo di questo giorno Senza di Te Gesù non sono nessuno, custodiscimi sempre nel tuo cuore. ANDREA C.

Per me il pensiero più forte è stato bruciare i miei peccati cioè bruciare i miei errori dal mondo e proprio quando li ho bruciati mi sono sentita subito più leggera e più libera. Per me è stato un momento significativo togliere i miei sbagli dal mondo, una vera liberazione! GIULIA T.

Pensando a quel giorno mi vengono in mente tre parole: emozione, felicità e gioia di stare insieme ai miei amici, tutti insieme vicini a Gesù. ANDREA M.

È stata una gioia importante, mi sono emozionata tanto e mi sono liberata dai miei piccoli peccati.

ALESSIA

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Il 22 maggio ha fatto la prima Confessione, con la catechista Michela, la quarta elementare. I bambini sono: Matteo Agostini, Mattia Bocus, Anna Brotto, Nicolò Canzian, Edoardo Colussi, Luca Dalto, Giovanni Di Fusco, Karin Fioranzato, Valerio Magris, Francesca Manieri, Margherita Tonus, Davide Zambon, Matteo Zambon, Valentina Zoni.

di Emanuela e Michela

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...i genitori La Prima Confessione dei nostri bambini Il giorno 6 giugno è stato veramente speciale. Era la domenica del Corpus Domini... beh non solo per quello... quel giorno noi genitori abbiamo accompagnato i nostri bambini ad uno dei più importanti impegni cristiani, nell’incontro con il Signore attraverso il sacramento della Confessione. Dopo una cerimonia molto partecipata da tutta la comunità parrocchiale, celebrata nella chiesa di Santa Maria Maggiore a Dardago, in cui il nostro Don Kiran ha voluto accanto sull’altare tutti i bambini, la giornata è continuata presso il Santuario Madonna del Monte di Marsure, dove abbiamo potuto condividere il pranzo in un’atmo-

sfera di amicizia e fraternità. Ma prima della cerimonia della Confessione abbiamo percorso – assieme con don Vito, don Kiran e Don Salvatore – la «Via di Maria»: un sentiero nel bosco sottostante il Santuario stesso, reso ancora più suggestivo dalla pioggia che ci ha accompagnati lungo il tragitto. Il sentiero presenta cinque stazioni disegnate dall’ingegnere Giovanni Tassan Zanin e messe in opera dai volontari della Pro Loco e dalla sezione ANA di Marsure. Le cinque edicole presentano cinque mosaici della Scuola del Mosaico di Spilimbergo, disegnati dal maestro Stefano Jus e realizzati dal maestro Valter Solari. Questo percorso, in salita, conduce idealmente «al monte di Cristo» e permette di fermarsi a meditare e pregare, grazie alle sue

I bambini cantano e rendono grazie a Dio per tutto ciò che la vita ha donato loro in questo giorno speciale, insieme a don Vito e alla loro catechista.

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Tutti insieme sulla gradinata del santuario della Madonna del Monte...

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edicole, che ripercorrono alcuni avvenimenti della vita della madre di Gesù, intitolati: «Vergine fedele», «Madre di Dio», «Madre della Chiesa», «Madre del Redentore» e «Porta del cielo». Giunti alla scalinata che porta all’ingresso del Santuario l’emozione dei bambini, e probabilmente anche di noi genitori, si è resa palpabile. La cerimonia è continuata in chiesa, dove la lettura della «Parabola del figliol prodigo» e le parole di don Vito e don Sergio ci hanno immersi nella spiritualità del momento, permettendo ai bambini di vivere la prima Confessione come un vero momento di incontro con il Signore, di introspezione e comprensione del vero perdono, che Gesù ci ha insegnato, attraverso la sua vita. Poi sul sagrato della chiesa con un piccolo fuoco, in un braciere, sono stati bruciati i foglietti dove ogni bimbo aveva scritto qualcosa. La giornata non poteva che finire con il canto, intonato dai nostri bambini, i don e tutti noi per rendere grazie a Dio di tutto ciò che la vita ci ha donato in questo giorno speciale. Un particolare ringraziamento va alle catechiste e ai nostri don Vito e don Kiran, che nonostante le difficoltà, causate dalla pandemia, sono stati in grado di creare quella comunità, che Gesù vorrebbe per tutti noi. Grazie per avere accompagnato i nostri bambini in questo percorso di fede, che li ha condotti ad un primo importante incontro con Dio. Don Vito e don Kiran, grazie per aver accolto veramente i nostri bambini e averli sempre fatti sentire parte della nostra comunità cristiana, attraverso quei gesti di accoglienza e fraternità, che li ha fatti sentire protagonisti ogni domenica. A voi va il nostro grazie, per aver accolto le nostre paure di genitori e fragilità di uomini e donne, in cammino verso la comunione con Dio.


È una foto che ho trovato su «L’illustrazione dei piccoli», una rivista del 1982, ma sono certa che questa foto risale a qualche decennio precedente. Mi ha sempre colpito e commosso il volto raggiante di questo bambino che ha appena ricevuto in dono un paio di scarpe nuove: non serve sottolineare quanto ne avesse bisogno, ma la sua gioia incontenibile, il sorriso così spontaneo da fargli reclinabile la testa all’indietro sono toccanti e fanno tanta tenerezza.

di Leontina Busetti

Oggi sarebbe difficile trovare una gioia simile nei volti dei bambini che vediamo attorno a noi, penso che mai sarebbero così felici per un paio di scarpe. Hanno molto di più, niente di così necessario, ma mai così contenti nell’ottenerlo. Non credo che capirebbero cosa sia la felicità di possedere qualcosa come quella del bambino della foto, non riusciremmo neppure a farglielo capire, e, se mai ci riuscissimo, sarebbe una vittoria, una bella vittoria.

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riflessioni

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NARRATIVA

la balena metallica

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di Roberto Quadrelli

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Roberto Quadrelli, mio genero, vive a Milano e da un po’ di anni trascorre brevi periodi a Dardago, con Beatrice (Vettor) e i figli. Apprezza molto le bellezze del nostro piccolo, ma vivace paesino, con i suoi piacevoli sentieri percorribili anche dai bimbi, fino ai piedi della montagna, tappe ormai irrinunciabili per il «GEMG» (Giorgia, Edoardo, Mattia, Giacomo, i miei 4 nipotini). Una delle sue passioni, forse la preferita, è leggere, e, nei momenti di ispirazione e relax, scrivere poesie e racconti partecipando anche a qualche concorso letterario. Stavolta ha voluto condividerne uno con noi lettori del periodico l’Artugna, attinente alla stagione estiva che stiamo attraversando. Spero piaccia anche a voi. Buona lettura e arrivederci. IDA ZAMBON VETTOR

È arrivata. Non perde un colpo, così forte e vitale. «C’era una volta...» mi dicevano, prima che arrivasse. «È facile accorgersene quando arriva, non puoi proprio sbagliarti» continuavano a ripetere. Le parole delle mie sorelle mi sono rimaste bene in mente. Era maggio quando me lo dicevano. «Non sempre nello stesso giorno, ma stai tranquilla che il suo momento è vicino». Perché non fidarmi? Ne avevano già passata una e l’avevano incredibilmente superata. Chissà, forse una disattenzione o un colpo di sfortuna. Però io credo che siano sopravvissute per raccontare la loro storia, perché potessero averne memoria e tramandarla a noi più giovani. È bello ascoltare le loro parole così appassionate. Anche se le mie sorelle sono un po’ ricurve per l’età e nonostante la loro chioma non sia più fluente e bionda come la mia, parlano con così tanto ardore che sembrano ringiovanite. Spero che questa volta possano andare via e che non rimangano qui e che anche per loro ci sia la

grande occasione. È la mia stessa speranza, anche se sono in un luogo incantevole tra le verdi colline dai declivi dolci e cullanti: se si fa silenzio, si può sentire il vento che vibra tra le fronde dei boschi, scuotendo i rami e le foglie. È bellissimo il posto in cui mi trovo perché la vita è prepotente e nuova. Io e le mie sorelle adoriamo il sole, soprattutto al crepuscolo, quando gronda lentamente all’orizzonte: i rossi strali colorano la nostra carnagione chiara e ci fanno sembrare più belle e focose. «Hai visto che avevamo ragione? Era solo questione di tempo». «Certo, non ho dubitato neppure per un attimo». E nascondo un sorriso a fatica. A dir la verità, ci sono stati giorni in cui qualche dubbio mi è venuto. Forse è stata l’impazienza giovanile o l’eccitazione dell’attesa. Le parole delle altre mie compagne hanno ingrandito i miei timori. «Lasciale perdere le tue sorelle, non vedi come sono vecchie e rinsecchite, chissà cosa sognano. Hanno la testa bacata, quelle là». «Ma loro sono la nostra memo-


alte in cielo, noi spighe di grano ci stringevamo per sentire meno la brina che ci ricopriva. E quando albeggiava, ci allargavamo accompagnate dallo schiudersi dei fiori intorno. Ogni giorno l’Uomo passava, ci accarezzava e sorridendo diceva che eravamo proprio belle e che questo sarebbe stato un ottimo anno. Noi allora ci guardavamo vezzose. Le nostre sorelle, forse gelose della nostra bellezza, ci rimproveravano. «State tranquille, anche l’anno scorso diceva le stesse parole...». «Sì, proprio così,» le faceva eco l’altra, «non pensate di essere migliori. Anche a noi diceva così e poi ci ha lasciato qui» e si rabbuiavano al solo pensiero. «Vedrete che quest’anno non vi prenderà perché siete troppo scure» sogghignavano le voci maligne. E a quelle parole si giravano sdegnate, più preoccupate che potesse accadere una cosa del genere che arrabbiate. Io capivo le mie sorelle. Erano contente di passare un’altra estate ma desideravano avere un’occasione come le altre. Il tempo trascorreva e sembrava che il sole si fosse stancato. Si alzava ogni volta più tardi e con lui tutti gli animali, i fiori e le piante. Piano piano, passo dopo passo nel suo cammino. «Vedrete, vedrete. Non appena il sole diventa più pigro, arriva l’Uomo sulla balena metallica. Come l’anno scorso.» «Balena metallica?», frinivano le più giovani incredule. «Sì, proprio così. Arriva con un grande frastuono e ci porta via. Nessuna di noi è tornata per raccontarci dove ci porta. Ma arriva, statene certe.» Anche questa volta c’era chi dubitava delle parole delle mie sorelle e pensavo che stessero farneticando nei loro ricordi. Questa mattina, come tutte le altre, ci stiamo asciugando al sole. Per noi spighe di grano sembra un

giorno come ne abbiamo ormai trascorsi tanti. Ma all’improvviso sentiamo un rumore indefinibile. Gli animali e gli insetti fuggono via, spaventati come noi da questo rombo cupo. «È la balena metallica, è la balena!» grida la nostra sorella maggiore, indicando il mostro in lontananza. «State tranquille compagne, non abbiate paura». Noi, quasi fosse notte, ci stringiamo per farci coraggio: alcune di noi tremano, altre più impavide dicono che è colpa delle vibrazioni che arrivano dal terreno. Una grande nuvola di polvere si alza, come il falò di un gigante infreddolito che ostacola la vista. «Cosa dobbiamo fare?» ormai gridiamo insieme. «Nulla, state ferme e tutte vicine». La balena prende piano piano le nostre compagne, vediamo la striscia piatta che si lascia dietro di sé. E vediamo l’Uomo che la cavalca sorridente. Canta o fischietta ma possiamo solo osservare le labbra muoversi. Sono secondi lunghissimi e nonostante stia per abbandonare questo bellissimo posto so che quello che sta succedendo è giusto. Lo so perché l’Uomo è felice, lo si vede bene, con il suo cappello calato in testa e l’aria spensierata. Lui ci ha amate e curate fin dal primo giorno ed è giusto che sia lui a raccoglierci. Gli ultimi istanti sono invece brevissimi: sono sotto la balena, vedo le pale metalliche che frullano velocemente e allora mi piego. L’ultima immagine che ho prima di esser presa è quella delle mie sorelle che si allungano con grande sforzo per essere raccolte ma che vengono appena sfiorate e poi sorpassate dagli enormi ingranaggi. Per loro ci sarà un altro inverno ma soprattutto il ricordo di un’altra estate.

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ria e i nostri ricordi. Ci aiutano a capire il senso di tutto questo», ribattevo senza molta convinzione. Ma poi è arrivata. Me ne sono accorta ancora prima che le mie sorelle si svegliassero. È stato così lampante che all’inizio ero disorientata. È stata una mattina di giugno, il sole è spuntato tra le braccia collinari prima del solito, l’aria era già tiepida e gli animali si erano destati con il salire del sole. Le cicale cantavano incessanti i loro motivi, interrotti ogni tanto dal frenetico sbattere d’ali delle api e dei calabroni. Si muovevano a scatti, passando da un fiore all’altro, quasi seguissero un percorso invisibile. Tutte le creature del nostro cosmo erano colme di nuova vitalità e sembravano addirittura felici. «È arrivata!» hanno gridato le mie sorelle, appena sveglie. «È arrivata l’Estate! Come ti sembra?» mi hanno chiesto. Persa tra i rumori di quel risveglio, non ho subito sentito i profumi che si spargevano per tutto il prato. I fiori, già sbocciati nonostante fosse ancora mattino presto, sprigionavano la loro fragranza, stordendo chiunque si fosse trovato nei paraggi. L’estate è qui e non sono stata mai così felice. Fortunate le mie sorelle che ne hanno passate due e possono raccontarcelo. Ogni giorno cadevano piccole gocce, sprigionate con un lento movimento rotatorio: l’Uomo stava irrigando i campi e per noi spighe di grano non c’era momento migliore. Le gocce ricadevano sulle nostre chiome bionde e quasi ci schiacciavano. Ma il vento, passando veloce tra i nostri filamenti, ci alleggeriva di questo peso e faceva vibrare migliaia di cristalli d’acqua in aria. Le mie sorelle, però, soffrivano un po’ perché, vecchie di un’estate, non reggevano il peso e si piegavano fino al terreno umido. I giorni e le notti passavano. Quando la luna e le stelle erano

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Mario Povoledo, Cavaliere della Repubblica

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È giunta in redazione la comunicazione del conferimento dell’onorificenza di Cavaliere della Repubblica al nostro concittadino Mario Povoledo. A Mario, attivo collaboratore de l’Artugna, vanno le nostre congratulazioni.

Mario, tra il Sindaco e il Prefetto, mostra con orgoglio la pergamena dell’onorificenza.

Cerimonia particolare, il 25 giugno, nella sala consiliare del Comune: Mario Povoledo ha ricevuto l’onorificenza di Cavaliere della Repubblica. Il Prefetto dott. Domenico Lione ha letto la motivazione ed il Sindaco dott. Ivo Angelin ha consegnato la pergamena al festeggiato.

LA MOTIVAZIONE RECITA:

Mario Povoledo – Alpini Vice Presidente vicario e cerimoniere dell’Associazione Nazionale Alpini – Sezione di Pordenone. Segretario del Gruppo ANA di Budoia.

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Per il suo profondo amor patrio, l’incondizionato rispetto del Tricolore congiuntamente ad una non comune capacità organizzativa che gli hanno consentito di acquisire una qualificata competenza nella gestione di grandi eventi quali i raduni nazionali – interregionali e regionali degli Alpini.

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Per il costante assiduo e disinteressato impegno a favore della comunità di cui fa parte, dimostrando alti valori morali, elevato rispetto delle Istituzioni ed ampia disponibilità nell’affrontare e risolvere i bisogni collettivi ed individuali della cittadinanza, anche al di fuori delle strette competenze connesse al suo mandato di Vice Presidente A.N.A. Pordenone.

L'Ordine al merito della Repubblica Italiana è il più alto degli Ordini della Repubblica Italiana. I colori che lo caratterizzano sono il verde e il rosso. Il presidente della Repubblica Italiana è capo dell’Ordine che è retto da un consiglio composto di un cancelliere (l’attuale è il generale Leonardo Gallitelli) e sedici membri. La cancelleria dell’Ordine ha sede a Roma. Fu istituito con la legge 3 marzo 1951, n. 178 e reso operativo nel 1952. Nacque con lo scopo di «ricompensare benemerenze acquisite verso la Nazione nel campo delle Lettere, delle Arti, dell’Economia e nell’impegno di pubbliche cariche e di attività svolte a fini sociali, filantropici e umanitari, nonché per lunghi e segnalati servizi nelle carriere civili e militari». Il conferimento delle onorificenze hanno luogo il 2 giugno, ricorrenza della fondazione della Repubblica Italiana, e il 27 dicembre, data della promulgazione della Costituzione Italiana.


di Adelaide Bastianello

il Giro a Dardàc

È una bella sorpresa, inattesa così come l’hanno fatta vedere. E di nuovo su WhatsApp arrivano foto e video con le riprese della piazza con la chiesa e il campanile che molti «svelti» e «svegli» hanno immortalato dal video del televisore. Ah... che soddisfazione «Dardac l’è dudha in television!». Adesso sì che posso vedere fino alla fine la tappa, fino al mitico Zoncolan, vinta dal giovane Lorenzo Fortunato.

Il «centro» di Dardago come non lo abbiamo mai visto: è quello apparso durante la trasmissione, in diretta RAI, della tappa del Giro d’Italia che passava sulla nostra strada Pedemontana. L’immagine – ripresa dall’elicottero – inquadra, da sinistra, la canonica, il campanile, la chiesa, la scuola materna ed il teatro. Foto in alto. Sulla strada Pedemontana dardaghese, approfittando di uno degli ultimi tratti in pianura di una tappa molto dura, i ciclisti passano ad alta velocità. La bella fotografia di Mirco Basso immortala il gruppetto di fuggitivi in località Ingoria. I primi due corridori (quelli sulla sinistra) sono Lorenzo Fortunato e lo sloveno Jan Tratnik che, un paio d’ore più tardi, passeranno con lo stesso ordine sotto il traguardo dello Zoncolan, una delle salite più difficili del Giro.

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Il 22 maggio 2021 il Giro d’Italia nella tappa Cittadella-Zoncolan prevede il passaggio nella nostra Pedemontana. Come naturale siamo in moltissimi in strada con mascherine... e poco distanziamento... o come me, a Milano, attaccati al televisore. Sono pochissimo sportiva e ancor meno di ciclismo, ma qui lo sport c’entra poco, voglio vedere le mie montagne, il mio paese. Nel frattempo su WhatsApp girano foto e video dagli amici e parenti, tutti vogliono dimostrare di esserci. Finalmente alle 13.45 il cartello Dardago e subito ecco le case dei Pala, di Gianni Rosit e poi... interruzione per mostrare il Castello di Polcenigo... peccato così mi perdo l’Ingoria e via di seguito! Sono molto delusa perché è stato proprio una folgore quel passaggio, penso «adesso chiudo e basta». Improvvisamente con una ripresa dall’elicottero mi appare la piazza, la chiesa, il campanile e una bellissima panoramica di questo meraviglioso, per me, angolo di mondo che non vedo dallo scorso settembre a causa del Covid.

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di Mario Povoledo

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gli Alpini per la Comunità

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È inscindibile il binomio: Alpini e Comunità; è la logica operava alla sistemazione dei giochi, da noi donati, conseguenza di quel rispetto verso la nostra gente, per i bambini della scuola materna di Dardago. Ai voparimenti ricambiato. È la conseguenza del doveroso lontari, terminato il primo lotto di lavori, il Gruppo, gragrazie che il Gruppo di Budoia deve al Comune che ha zie al valido supporto del Vice Capogruppo Beppino messo a disposizione la sede Carlon e consorte, ha offerpresso la ex scuola elemento il pranzo presso la nostra tare di Dardago e gli Alpini risede. Una apertura in sordicambiano con gesti di solidana, con il dovuto distanziarietà e di attaccamento verso mento, dopo circa due anni i Caduti. Con la firma della di inattività. Inoltre con circa convenzione ci siamo impe8 ore di lavoro altri volontari, gnati a mantenere il decoro insieme alla Pro Loco Budei nostri Monumenti e quedoia, hanno provveduto alla st’anno, nonostante l’attività preparazione dei tavoli per associativa sia ferma per le l’area dei punti verdi presso conseguenze della pandeil plesso scolastico di Bumia, non si è fermato il nostro doia. spirito di collaborazione. Mercoledì 2 giugno, con Su richiesta dell’Amministrauna solenne cerimonia zione Comunale, una quindisvoltasi presso il MonuDurante i lavori di sistemazione dell’area monumentale cina di associati, con in testa mento ai Caduti di Budoia, di Budoia. il Capogruppo Mirco Andredopo la benedizione imparazza, ed alcuni volontari notita dall’Amministratore Parstri estimatori hanno operato per la riqualificazione del rocchiale don Vito Pegolo, il Sindaco, durante il discorMonumento ai Caduti di Budoia, sommando 145 ore so ufficiale, ha elogiato il nostro Gruppo e tutti i di lavoro, in due sabati. Grazie all’escavatore di un sovolontari delle Associazioni che operano nel Comune, cio, tolta la terra del manufatto si è provveduto ad un che si donano senza riserve, con convinzione e non getto di cemento e la ricopertura con acciottolato (per per costrizione, per tenere alto il prestigio dei nostri l’opera di due posatori) per conformarlo alla pavimenpaesi. Alla cerimonia erano presenti, insieme alla potazione della Piazza Umberto I, alla lavatura completa polazione, gli ufficiali della Julia Col. David Colussi, il della medesima e della fontana e al cordolo di pietra Ten. Col. Antonio Esposito e la Cav. Julia Marchi, Preattorno all’albero posto a fianco del Monumento. sidente Regionale dell’Associazione Nazionale FamiNel frattempo, una squadra di altri quattro volontari, glie Caduti e Dispersi in Guerra.

Cerimonia del 2 giugno. Gli alpini con le autorità civili e religiose.

LE ASSOCIA ZIONI


ADHÉS VE CONTE SERIE DI RACCONTI E ANEDDOTI IN PARLATA LOCALE, ACCADUTI NEI NOSTRI PAESI

Continua la pubblicazione dei racconti in parlata budoiese

Budhuoia revoluthionaria 2 di Fernando Del Maschio

C hiei de Budhuoia i é bastantha chieti e no i se s’cialda par gnent. Però coi pretes i é stadhi un po’ par sort. Sta volta ve conte chela de don Luigi Agnoluto, prin ‘Parroco’ de Budhuoia. Da chel ch’ i me à contàt no ’l era un cativo prete, anthi el se ocupava de la dhoventù, pì de altres prima e dopo de lui, e el se meteva in mieth in tele questions par mete pase. El veva però un caratere s’ciadarin e nervoso. A la fin del 1945, intant del Bespre del rendicont, don Luigi ’l à dhit che dal prin de l’an le cantorie le era pai cantors dhovins de la «Schola Cantorum», fondadha da lui e dopo poci ains famosa. Figurasse i cantors veci! A la fin de la funthion, invethe de dhì via i é restath fermi in te le cantorie. El veva un bel dise el prete: «Andate fuori!» I respondeva: «Noi rimaniamo qua, perchè la Chiesa è nostra !» E lui: «In Chiesa comando io!» – el thiava e el sbateva i puis su le balaustre. «No, in Chiesa comandiamo noi, perchè l’abbiamo fatta noi e i nostri vecchi!» Robe che no i ciape mal! Infati cualche femena (la Maria Bomba!) la se à metut a plande: «Pora sior, i ciapa chelcossa! «Tra i pì tenaci ’l era el pora Tone Pelàt (Angelin), lui

e i so doi fradhiei, cantors da sempre. Par fala curta, dopo póc don Luigi a l’é dhut via de Budhuoia. Fin ca i me la contadha. Ma in tel 1950, dopo el Bespre par i thento ains de la Glesia, ai ve-

dhut coi me guoi el pora Tone Pelàt col ciapel in man dhì in sagrestia e la solita Maria Bomba: «El va a domandai perdhon a don Luigi!», invidhat par l’ocasion. I me à contàt che el prete no i ’l à lassat nencia

Don Luigi Agnolutto di Travesio, primo parroco di Budoia, ritratto con bambini e giovani nel cortile della vecchia canonica. La popolazione gli fu riconoscente per l’istituzione dei Gruppi di Azione Cattolica e per la fondazione della Schola Cantorum che proseguì il suo percorso diventando famosa con la competente direzione del maestro Andrea Besa. (Alla Redazione farebbe piacere ricevere da qualche cantore l’esperienza vissuta in quegli anni).


scominthià, i ’l à brathat disent:» Caro Antonio, dobbiamo chiederci perdono a vicenda!» Doi biei esempi de «Carità Cristiana».

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In te la seconda metà dei ani 50, in tei ciamps del Comun de Budhuoia ’l era la riserva de cacia de Marzoto. I contadhins (squasi dhute le famee) i se lamentava parchè le bestie le magnava la roba, no i podheva mete el velen pai sorth, insoma no i era pì parons de la so tera. Na bela dhominia, Andol Mos’cjon (Del Maschio) e qualche altre i à metut fora la vos de ciatasse in platha par protestà contro la riserva. A Mino Mos’cjon i à vignut l’idea de sonà la ciampana a martel e co so cugnadha, Maria Roca, i à thercat de fasse dà la claf del ciampanile dal nonthol Barba Andrea Spinel, ma lui el se à refudhat de dalia, thentha el permesso de don Alfredo, sparit. Alora co un spatheton i é riussidhi a tirà fora la corda de la ciampana granda e a sonala a martel. Intant se era fat sote un bel po’ de dhent e i Mos’cjons e la mularia i ciantava su l’aria de Bandiera Rossa: «Non più Marzotto, non più tabelle / vogliamo libere le nostre terre!». A un therto punto le femene pì coraiose ’l é dhudhe in tavela, le à giavat un poce de tabele «Riserva di Caccia», i le à spacadhe e le à butat i tocs su la porta del Comun (pì de cualchedhun el pensava che sindaco e prete i foss dacordo co Marzoto). La question no ’l è finidha là. Dopo poci dhis, Andol Mos’cjon e Milio Crot (Zambon), guardiacacia de la riserva, i se à ciapat a parole e i à fenit a puins. Andol Mosìcjon ‘l à cognut metese la dentiera. Contarave volentiera ancia l’ultima revoluthion, chela de via Verdi, ma no voi che i me dise che fathe politica.

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’N TE LA VETRINA Foto dal fondo dei cassetti Il nostro lettore e collaboratore Roberto Zambon Pinàl, figlio di Ferruccio, ci ha gentilmente inviato alcune foto antiche, dal fondo dei cassetti, come le ha definite. «Ho trovato nel fondo di un cassetto alcune foto della prima metà del secolo scorso. Sono fotografie molto vecchie e di difficile comprensione. Ho cercato di recuperare il più possibile dalla scansione, visto che l’originale sta subendo il decadimento dell’emulsione tipico dell’epoca quando... si usavano pochi «sali d’argento» per via del costo. Le foto sono state scattate nell’agosto 1939 – data scritta a penna nel retro degli originali – e riguardano una bella squadra di giovani sulla Crosera (Piazzetta del Cristo per il Comune) e all’interno di un cortile sconosciuto». Grazie alla collaborazione di Espedito Zambon (classe 1936) e di alcune persone che abitano vicino alla Crosera, tentiamo di dare un nome a questi dardaghesi, certamente fotografati in un giorno di festa.

In Crosera o Piazzetta del Cristo. Da sinistra: Ferruccio Zambon Pinàl (1922), Rita Zambon Pala (1921), Ada Bocus de la Rossa, Marcello Busetti Caporal (1923), N.N., Maria Zambon Sclofa (1920), N.N., Sauro Zambon Sclofa (1926).


Accanto alla «pompa» in Crosera o Piazzetta del Cristo. Da sinistra: bambina sconosciuta, Elsa Bocus Mugnec (1921), Mario Zambon Pinàl, N.N., N.N.

Da sinistra, in piedi: Maria Rigo, Alfredo Zambon Pala (1922),? Rigo Moreal, Santo Zambon Canta (1922), Battistina Busetti Caporal (1928), Sauro Zambon Sclofa (1926), N.N., Giorgio Ponte (1919). Da sinistra, accosciati: Maria (o Cornelia?) Basso (1923), Gemma Busetti Caporal (1924), Resi Busetti Caporal (1926), Mario Zambon Sclofa (1923), Ferruccio Zambon Pinàl (1922).

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In un cortile.

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Ciao papà...

Roberto Dabrilli

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Il 15 marzo dopo una breve malattia, Roberto improvvisamente ci ha lasciato, nella nostra casa di Dardago che non era più la casa per le vacanze ma il luogo dove vivere insieme il resto della nostra vita dopo esserci trasferiti da Venezia dove eravamo nati, cresciuti, sposati e formato la nostra famiglia. Roberto era una persona speciale, ha sempre cercato di dare il massimo in tutto quello che faceva, era sempre un passo avanti: nel lavoro che ha sempre svolto con grande professionalità, nello scoutismo da lupetto a capo scout e dove ci siamo conosciuti, nel sindacato sempre pronto ad aiutare chi era in difficoltà. Ma soprattutto per la sua famiglia che veniva sempre al primo posto, che ha sempre protetto da tutto e tutti, le sue adorate figlie Silvia e Sara che sono sempre state motivo di orgoglio e che hanno ricambiato il suo amore. Tante sono le cose che ora ci mancano, il vuoto è immenso, non sarà facile continuare ma cercheremo di farlo ricordando tutto quello che lui ci ha insegnato e il più serenamente possibile perché è questo quello che lui avrebbe voluto. Cercheremo di continuare anche quello che lui con tanta passione aveva creato, il sito www.artugna.it per tener vivo in noi il suo ricordo.

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Era la sua creatura che gli dava tanta soddisfazione e che lui curava nei minimi dettagli, con una precisione da programmatore quale lui era, nessuno di noi è in grado di fare quello che faceva lui ma cercheremo di fare del nostro meglio. Grazie per tutto quello che mi hai dato. Buona strada! FRANCA

Tanti sono i ricordi che abbiamo di te e non è facile esprimere quello che si prova. Quando eravamo piccole dicevano che eravamo la tua ombra perché ci piaceva starti vicino e guardare tutto quello che facevi, cercavi di dedicarci tutto il tempo possibile. Scherzavi sempre dicendo «tre donne contro uno» ma in realtà quell’uno eravamo noi quattro insieme. Tu e la mamma, una coppia affiatata e affettuosa, presenti l’uno per l’altro nei vari momenti della vita, è una cosa che abbiamo cercato anche noi nei nostri compagni. Ci hai insegnato tante cose, l’elenco sarebbe lungo, ma una cosa per te era la più importante e ce lo ripetevi sempre, desideravi che ci volessimo bene e noi faremo il possibile per non deluderti. Sei sempre stato una figura presente, un confidente ed una persona da cui cercare un consiglio. Con quella voce profonda che fin da piccole con una parola ci rimettevi a posto, da grandi ci infondevi sicurezza. Sempre con la battuta pronta anche nei momenti difficili riuscivi a sdrammatizzare ed alleggerire la situazione.


Paolo Gislon Paolo Gislon, per tutti Paol Moro, se n’è andato improvvisamente a soli 64 anni. Non aveva una salute di ferro ma era sempre attivo, tanto per la chiesa quanto disponibile per tutte le persone che lo chiamavano, qualunque fosse l’importanza dei lavori. Li eseguiva con la cura e la professionalità che aveva imparato dal suo papà Secondo, falegname importante che ha lavorato decenni nei nostri paesi. Paolo amava in modo incondizionato la sua famiglia: ha assistito i genitori con grande affetto, era molto legato al fratello

Antonio e alla sua famiglia che gli è sempre stata vicina e d’aiuto. La cognata Clelia, la nipote Alida, soprattutto il nipote Alessio, che lo accompagnava alle frequenti visite mediche e a fare tutte le commissioni di cui Paolo aveva bisogno, spesso trascurando i propri impegni di lavoro oppure della sua giovane famiglia. Un amico di paese l’ha salutato scrivendo: «Grazie Paolone dei tuoi sguardi». Ci associamo in questo dolce e triste saluto. LEONTINA BUSETTI

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SARA E SILVIA

L’ARTUGNA PORGE LE PIÙ SENTITE CONDOGLIANZE AI FAMIGLIARI

mulino, la piazza del mercato con le bancarelle di frutta e verdura fatte con il cernit colorato, il tutto nel suggestivo svolgersi del giorno nelle sue quattro fasi, il giorno, il tramonto, la notte e l’alba. Ogni anno cambiava e si costruiva qualcosa di nuovo. Questa è una delle tante cose che fanno parte della nostra famiglia e che continueranno ad esserlo ancora. Sei sempre stato presente e lo sarai ancora per sempre nelle nostre vite. Con affetto.

LASCIANO UN GRANDE VUOTO

Veneziano di nascita e nell’anima ma Dardaghese nel cuore e per scelta. Dopo la pensione dovevano essere delle vacanze un po’ più lunghe, invece Dardago è diventata casa, gli amici scoperti e riscoperti, la vita tranquilla ma sempre piena di eventi della comunità. Poi l’avventura che ti ha preso il cuore, con www.artugna.it ti sei inserito nella vita del paese cogliendo tutti gli aspetti e scoprendo una vita piena di piccole soddisfazioni. C’era sempre qualcosa da fotografare e raccontare, cosa che facevi con un amico prezioso come Gigi Basso. Quando chiamavamo a casa e non sentivamo risposta guardavamo sempre sul calendario che festa era, perché sapevamo qualche santo da festeggiare c’era e questo ci riempiva di gioia perché sentivamo te e la mamma felici. Ci hai trasmesso la passione per la musica, il cinema e la fotografia. Quest’ultima è stata importante nei tuoi ultimi anni, con il progetto delle Chiese a 360° hai coinvolto tutti, perché era un progetto di cui eri fierissimo. Nel nostro cuore abbiamo tanti ricordi meravigliosi come le vacanze insieme, i saluti con il fazzoletto ogni volta che andavamo via, i barbecue in giardino, le tue immancabili canzoncine in rima improbabili, i tuoi proverbi... Una cosa però ricorderemo in particolare ed è il Natale. Tutte le feste per te erano importanti ma il Natale era speciale perché era una tua tradizione di famiglia che tuo papà ti aveva trasmesso e che tu ora hai trasmesso a noi. La nostra casa si trasformava, forse mamma non era troppo contenta perché per un mese regnava il caos, prendeva forma il presepe. Si costruivano le case rifinite nei particolari con le tendine alle finestre, le luci accese, le tegole fatte da noi, il fiume con la ruota del

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Maria Soldà Maniach

per aprirsi ad un sorriso accogliente, ad una battuta arguta, ad un sano e curioso interesse per l’altro.

io e Maria parlavamo sempre Io e Maria parlavamo sempre. A volte più a lungo, a volte di sfuggita, quasi sempre per strada. Potevi sorprenderla mentre a voce alta seguiva la corsa dei pensieri, delle preoccupazioni o di quanto aveva in mente di fare; un filo di parole che subito abbandonava

Mi piaceva quando incontravo Maria intenta a spazzare l’entrata davanti il cancello dell’ordinato cortile, spingendosi oltre con la scopa, verso la scuola e la chiesa. Quella cura propria di tante donne di un tempo che desideravano tenere pulito il paese oltre che la propria casa. Mi ha sempre colpito il suo modo di andare al fondo delle questioni, anche quelle più tristi. Parole rassegnate, ma nelle quali si poteva sempre cogliere una profonda serenità. Maria si esprimeva in italiano, o in quel filtrato veneziano che noi furlani crediamo proprio degli animi eleganti e schietti. Ne usciva una vita di sacrificio e di apprensioni, ma ricca di un respiro positivo per quello che di bello

Leonilda Zambon e Mario Dall’Alba Da poco ci hanno lasciato e vogliamo ricordare due persone importanti della nostra famiglia: Leonida Zambon, 1927-2020, sorella di Pietro, Pierina ed Anna, e Mario Dall’Alba, 1936-2020, marito di Pierina Zambon.

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PIETRO, PIERINA E ANNA ZAMBON MARIN

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aveva vissuto, indissolubilmente legato ai grandi amori della sua vita: suo padre e la passione per l’arte; il marito Battistin e la dedizione alla famiglia; Corrado e la premurosa maternità. Figlia, moglie e madre ha ugualmente nutrito un amore incondizionato. Il suo è uno di quei sorrisi che vorresti sempre incontrare per le strade del paese. Un sorriso di incoraggiamento a non cedere alle fatiche della vita, ad affrontare con tenacia le difficoltà quotidiane, a rispondere con l’accoglienza quando sembra che non ci siano più occasioni per offrirla. FABRIZIO FUCILE


IL LORO RICORDO NON SFUMA

Anna Basso

È deceduta, il 26 aprile scorso, mia mamma Anna Basso, nata a Dardago il 20 maggio del 1922. Anna abitava, da piccola, in via Rivetta: era figlia di Augusto e Augusta Zambon. Da Dardago si era trasferita prima a Venezia con la famiglia e poi a Trento. Fu moglie e mamma serena. Aveva 99 anni… segno che la gente furlana è forte.

ELIANA PONTALTI

Giorgio Romani

Redento Carlon Caro nonno, a nome di tutti i tuoi cari, vogliamo, con queste poche parole, ringraziarti per la tua dedizione totale alla famiglia, per il rispetto che hai avuto verso gli altri e per la tua generosa disponibilità. Hai sofferto in silenzio per la perdita della tua figlia Paola, ma ora l’hai ritrovata. Per noi nipoti eri sempre vigile: hai fatto tanto e non perdevi occasione di raccontarci come, dopo tanti anni di sacrifici e lontano dalla tua famiglia, tu sia riuscito, trovando lavoro vicino casa, a ritrovare la serenità con i tuoi cari. Ti abbiamo voluto bene per la tua serietà e per la tua simpatica ironia, per i tuoi consigli. È quasi un anno che non ci sei più, ma tante persone ti ricordano assieme a noi, ci sarai sempre. I TUOI NIPOTI MAURO, DIEGO E LUCIA

Paola e Gianni Fedrigolli

Ciao papà, sei andato dove da tempo volevi essere. Non sopportavi l’idea che Daniela fosse là e noi tutti qui. Ti sei fatto forza per i tuoi nipoti che amavi infinitamente. Nel tuo viso ho visto la pace e la soddisfazione di essere arrivato dove volevi essere. Sono sicura che sei con Daniela e con tutte le persone che amavi di più. Questo mi basta per andare avanti. Ti voglio bene DENISE

Sono già passati cinque anni da quando mi avete lasciato, ma per me è come se fosse stato ieri. Se chiudo gli occhi vedo i vostri volti e sento le vostre voci che dicono: «Anna sono qui», «Ciao mamma!». Sarete sempre nel mio cuore, per sempre. ANNA MARIA BUSETTI


LA CRONACA DELLA COMUNITÀ DI DARDAGO / BUDOIA / SANTA LUCIA

Libres pa’ i fioi

All’entrata del teatro di Dardago è stata posta una casetta di «bookcrossing». L’idea delle insegnanti della Scuola per l’Infanzia

ne, dell’Università e della Ricerca. Il Premio intende valorizzare progetti e iniziative delle scuole che propongano modelli innovativi e buone pratiche di didattica digitale integrata. La classe è stata premiata per la progettazione, la raccolta informazioni e la stesura grafica del giornale «Mai più... Indifferenza». Nella motivazione del premio vengono sottolineate le «competenze relazionali, didattiche e digitali sviluppate nonostante il periodo di pandemia e lockdown». Si può accedere al lavoro premiato utilizzando il seguente indirizzo https://youtu.be/S2hjMZDNSQg

Beldà fat e... invia de laoro La fontana... Alcuni volontari di Dardago: Gigi, Guido, Rino e Walter, con disponibilità e competenza, hanno ripulito e sistemato la fontana della piazza Vittorio Emanuele ridandole il de-

Fameie in festa a San Tomè

La casetta del libro viaggiante.

Statale «Giovanni XXIII» è quella di incentivare la lettura scambiandosi i libri, adatti ai bimbi fino ai 12 anni. La casetta, donata da alcuni genitori, è stata posizionata dal gruppo Alpini di Budoia. Se l’idea piacerà a bimbi e genitori, verranno posizionate altre casette sul territorio comunale.

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Un premio alla scuola elementare

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Complimenti vivissimi agli alunni della classe 5B della scuola Primaria di Budoia e alle loro insegnati che si sono classificati al secondo posto nella fase provinciale del Premio Scuola Digitale, indetto dal Ministero dell’Istruzio-

Come tradizione, domenica 4 luglio, è stata celebrata la Santa Messa a San Tomè – in onore di san Tommaso – per la festa delle famiglie delle tre parrocchie. Nonostante le brutte previsioni, la tanta pioggia caduta nella notte ed il cielo molto nuvoloso, il tempo non ha ostacolato i partecipanti ed i volontari che hanno gestito la giornata conclusasi con il pranzo comunitario nel parco della scuola materna. San Tomè. Messa all’aperto con le famiglie.

coro che merita. Un grazie anche a Paola che ha sostenuto e rifocillato i volontari con graditissimi «spuntini». Speriamo che sia un segno di un ritorno all’amore per il paese, per la pulizia, il decoro e la bellezza. Al lagheto Pinàl... I numerosi frequentatori di questo luogo saranno contenti di trovare due nuove panchine dove poter sostare e finalmente anche due


cestini che invitano a tenere pulita tutta l’area. Grazie! In Platha... L’aiuola del Balèr aveva proprio bisogno di una rinfrescata! Ora è quasi un mini-giardino, incorniciato dai sassi dell’Artugna, in attesa di esser completato in una stagione più favorevole.

Anciamò scavi a Ronthadel Ad inizio estate ha preso avvio la terza fase di intervento di scavi nel sito archeologico della villa rustica romana a Ronthadel, operazione finanziata dall’Amministrazione comunale di Budoia e condotta

insediamento agricolo di un certo pregio, finalizzato alla produzione di diverse colture e retto da un proprietario che sicuramente si avvaleva di mano d’opera sia di uomini liberi sia di schiavi, ma anche la possibilità che il sito, occupato tra il I secolo a.C. ed il IV d.C., possa avere un’estensione maggiore.

Il sito, protetto da un telo, dopo lo scavo e il rilevamento dei dati della fase 3.

AUGURI DALLA REDAZIONE!

L’ INNO ALLA VITA

Su ’l Cjastelàt... Un bellissimo Cristo Crocifisso comparirà sul colle. È un dono prezioso e inatteso da parte di Renato Zambon Tarabìn, il nostro artista del legno. Intanto sono iniziati i lavori di preparazione del terreno per la posa della pavimentazione.

dall’archeologo dott. Gianfranco Valle, supportato nei lavori di scavo dai volontari del Gruppo Archeologico di Polcenigo. Le precedenti operazioni – come riferito nei numeri 147 e 148 del periodico – hanno testimoniato non solamente la presenza di un

Il 3 maggio a Milano è nata Chiara, figlia di Raffaella Del Maschio ed Edoardo Perco. Un caloroso benvenuto a Chiara, e auguri di buona fortuna e tanta felicità. Che la vita le sorrida sempre!

Quest’ultima fase ha riservato nuove ed interessanti scoperte che verranno approfondite e rese pubbliche prossimamente dagli archeologi.

Domenica 1° agosto 2021, Luigina Zambon e Primo Busetti hanno festeggiato il loro 60° di matrimonio a Dardago, attorniati dai figli, nipoti e famigliari. Luigina e Primo sorridono felici ripensando a quel giorno a Venezia... il 30 luglio 1961!


I NE À SCRIT... VIA DELLA CHIESA, 1 / 33070 DARDAGO [PN]

@

DIREZIONE.ARTUGNA@GMAIL.COM

Milano, 27 aprile 2021

zione nel continuare a seguire l’amata rivista.

Ho ricevuto oggi l’Artugna e ringrazio davvero molto per aver inserito il ricordo per mio padre Aurelio. So che lui ne sarebbe stato molto felice. Grazie e tanti saluti.

«Esistono luoghi che ci chiamano, magari anche da molto lontano. Non ne conosciamo la ragione, ma sappiamo che seguendo il loro richiamo ritroveremo un pezzo di anima». (Silvia Montemurro)

DANIELA ZAMBON

Vorremmo dedicare questo nostro grazie a due persone importanti

Sì, felice come quando poteva tornare nella sua casa in via Castello: aveva molto nel cuore il suo Dardàc e la sua Artugna.

Munsingen, 8 marzo 2021

Gentile Redazione, rinnovo l’abbonamento a l’Artugna, che a fine gennaio ho ricevuto con gioia. Che bella rivista! Siete bravi a continuare, malgrado la pandemia. Sono molto contenta che ci siano delle giovani che scrivono e chissà che continuino assieme a voi ad arricchire questa bella rivista. Bravissimi! A voi tutti i miei più cordiali saluti. CARLA DEL MASCHIO

Rinnovo l’abbonamento al periodico che ricevo sempre con piacere. Un caro saluto.

PIETRO, PIERINA E ANNA ZAMBON

Grazie per la generosa offerta e sentite condoglianze per la perdita dei Vostri cari. Pubblichiamo nella apposita rubrica le fotografie che ci avete fatto pervenire.

ACCOMPAGNANO LE OFFERTE Garbagnate Milanese, 10 aprile 2021

Susegana, 29 maggio 2021

Per l’Artugna. Mandi.

Per l’Artugna, col mio pensiero affettuoso e il più sentito grazie!

LUCA GIOVANNI FORT

Mandi, Luca, e tante grazie per la generosa offerta!

_

Castelnuovo del Garda, 9 maggio 2021

Per l’Artugna. Un grazie di cuore. ROSELLA DEDOR E SANDRO FONTANA

Grazie a Voi per il vostro frequente e generoso sostegno.

_

SILVANA BOCUS PISU

Sempre generosa e puntuale: grazie! _ Budoia, 8 giugno 2021

Per l’Artugna, in memoria di nonno Redento. LUCIA, DIEGO E MAURO

Bravi, Lucia, Diego e Mauro! I nonni non si devono dimenticare mai.

_

Venezia, 12 maggio 2021 Palaiseau, 24 luglio 2021

Per il mio abbonamento. Grazie. Sono rimasto vedovo da 6 mesi.

Grazie per l’Artugna che riceviamo sempre con piacere.

GASTONE BURIGANA POSTIN

BIANCA E ANTONIO GISLON

Grazie per il rinnovo e sincere condoglianze!

Vi ringraziamo per il generoso sostegno al periodico.

ANGELINA DEL MASCHIO

Un grazie di cuore a voi che vi ricordate sempre de l’Artugna e la sostenete con generosità.

della nostra famiglia che ci hanno da poco lasciato. Con affetto.

IL BILANCIO NUMERO 152 Fiume Veneto, 6 giugno 2021

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Situazione economica del periodico l’Artugna

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Cari amici della Redazione, in questo periodo di profondi interrogativi, di perdite e di collegamento all’Essenza, desideriamo trasmettervi la nostra stima e la nostra amicizia. Vi arrivi, attraverso questo piccolo contributo, il nostro grazie per l’amore e la dedi-

entrate Costo per la realizzazione

uscite 3.972,00

Preconfezionamento e spedizioni

358,00

Entrate dal 06.03.2021 al 20.07.2021

4.218,00

Totale

4.218,00

4.330,00


programma religioso per l’Assunta o ag rd a D

ia do Bu

ia uc L a nt Sa

SABATO 14 AGOSTO 2021 • Santa Messa prefestiva

18.00

DOMENICA 15 AGOSTO 2021 FESTA DELL’ASSUNTA • Santa Messa Solenne

11.00

10.00

10.00

LUNEDÌ 16 AGOSTO 2021 • Santa Messa in cimitero

10.00

nuovi parroci per le nostre parrocchie Dal prossimo mese di settembre, le parrocchie della nostra Unità Pastorale saranno guidate da due nuovi parroci: Don Davide Gambato (attualmente a Fiume Veneto) sarà parroco di Dardago, Budoia, Santa Lucia, San Giovanni, Polcenigo, Coltura e Mezzomonte. Risiederà a San Giovanni di Polcenigo. Don Davide Corba sarà parroco delle parrocchie di Aviano, Marsure, San Martino, Villotta e Castello. I due parroci saranno coadiuvati da altri due sacerdoti e da tre diaconi. Don Vito resterà comunque tra noi in qualità di collaboratore per le parrocchie dei Comuni di Budoia e di Polcenigo. Salutiamo e ringraziamo don Kiran Thota che viene spostato a Latina per poter proseguire gli studi a Roma.

...per una serata diversa

2021 Con il patrocinio di

Con la collaborazione di

Comune di Budoia

GRUPPO ANA BUDOIA

SPIEDO PAESANO Sabato 14 agosto 2021 dalle ore 19.30 presso le Ex Scuole

DARDAGO

SPIEDO PATATE E FAGIOLI Prezzo: 12,00 euro (bevande escluse)

Prenotazione obbligatoria

entro il 12 agosto 2021 presso Alimentari di Paola Torresin o via e-mail a info@dardagosto.it o whatsapp al +39 349 230 7072

ATTENZIONE I POSTI SONO LIMITATI! In caso di maltempo si richiede il ritiro della pietanza tramite asporto

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sabato 14 agosto dalle ore 19.30

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Dante e la parlata friulana Dante Alighieri, a seguito di un giro dell’Italia alla scoperta dei dialetti, espresse una critica negativa sulla maggioranza degli idiomi italiani. In Friuli, ebbe ad accomunare le parlate degli aquileiesi e degli istriani, qualificandole come linguaggi rozzi, «non adatti all’espressione letteraria […], sentiti come foneticamente sgradevoli per un orecchio fiorentino» (G. Francescato), e le illustra nella sua opera De vulgari eloquentia con la brevissima formula friulana «ces fastu?», espressione presente in un testo di una composizione poetica friulana attribuita alla fine del secolo XIII, conservata in un codice del XIV-XV secolo. Il titolo della rivista «Ce fastu?» della Società Filologica Friulana richiama proprio questo passo del De vulgari eloquentia. [ la Redazione] ❖ Dal patrimonio artistico dell’Abbazia «Santa Maria in Sylvis» di Sesto al Reghena, «I funerali di San Benedetto», particolare di affresco. Tra i personaggi del corteo, dalle intense espressioni giottesche, si è voluto vedere il ritratto di Dante Alighieri. [ Archivio fotografico Abbazia di Sesto al Reghena]

2021 ANNO DANTESCO

Dantedì 25 marzo, giornata dedicata al padre della Lingua Italiana


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