ASA Magazine 14 - Settembre 2020

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ASA Magazine Anno 4 – Numero 14 – Settembre 2020 – Rivista Quadrimestrale

LA RIVISTA DELL’ ASSOCIAZIONE STAMPA AGROALIMENTARE ITALIANA Registrazione Tribunale Lg. 48/1948 – Tutti i diritti riservati – Dir. Resp. Roberto Rabachino

Prosecco DOC Da sempre e costantemente attivo nella tutela del prodotto e del consumatore, in tutto il mondo.


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ASA al servizio della corretta comunicazione

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’Associazione Stampa Agroalimentare Italiana è uno strumento di raccordo e di sintesi, di stimolo e di supporto, di analisi e di costruttiva critica. La nostra mission è offrire supporto e collaborazione a tutti quei giornalisti e/o operatori dell’informazione che hanno nella serietà, nella moralità, nella sensibilità, nel rispetto e della deontologia professionale, le loro principali caratteristiche. Iniziative, progetti, eventi collegati ai nostri associati troveranno il giusto spazio all’interno del nostro sito, nei nostri social, nella nostra rivista e nella nostra newsletter inviata settimanalmente a più di 30.000 iscritti. Sensibile alle tematiche legate alla professionalità degli operatori della comunicazione di settore, ASA è anche uno strumento di formazione per i propri iscritti con un programma di corsi specialistici a loro dedicati in forma gratuita.

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ASA MAGAZINE n. 14/ 2020 – Settembre 2020 – Rivista Quadrimestrale Registrazione Tribunale Lg. 48/1948 Direttore Responsabile N.14 / SETTEMBRE 2020 Rivista Quadrimestrale

Roberto Rabachino direttore@asamagazine.it

Redazione Centrale e Editing Enza Bettelli redazione@asamagazine.it bettelli@asa-press.com

Proprietà - Editore Associazione Stampa Agroalimentare Italiana c/o Maria Teresa Bandera Via Ghedi, 1 – 25010 Isorella (BS) editore.asamagazine@asa-press.com P. IVA 13391650150

Concessionaria per la Raccolta Pubblicitaria ADV S.r.l.s. - Tel. 335 6063373 pubblicita.asamagazine@asa-press.com

Grafica e Impaginazione Lorenzo Bettelli redazione@asamagazine.it

Comitato di Redazione e Controllo Roberto Rabachino, Giorgio Colli, Patrizia Rognoni, Riccardo Lagorio e Saverio Scarpino

Hanno collaborato a questo numero Roberto Rabachino, Franca Dell’Arciprete Scotti, Giovanna Turchi Vismara, Silvia Donatiello, Carmen Guerriero, Nicoletta Curradi, Franco Mioni, Redazione Centrale

Per la fotografia Franca Dell’Arciprete Scotti, Consorzio Tutela Formaggio Asiago DOP, Omnia Comunicazione, Carmen Guerriero, Enza Bettelli, Nicoletta Curradi, Ufficio Stampa San Gimignano, Borgo Brufa, APT Perugia, G. Belfiore, Ufficio Stampa SANA, Gruppo Delphina, Azienda Siddùra


Sommario EDITORIALE La crisi del vino al tempo del Coronavirus a cura di Roberto Rabachino, Presidente Nazionale ASA

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APPROFONDIMENTO Prosecco DOC: da sempre attivo nella tutela del prodotto e del consumatore a cura di Redazione Centrale

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TURISMO NAZIONALE Alpe Cimbra: una “perla virtuosa” di Franca Dell’Arciprete Scotti

Un percorso nei luoghi di Dante tra Romagna e Toscana di Giovanna Turchi Vismara

Monferrato: colori e golosità di Franca Dell’Arciprete Scotti

Umbria: scoprirla in dimore di charme di Franca Dell’Arciprete Scotti

Tesori di Puglia, Murge da scoprire e da assaporare, senza fretta di Carmen Guerriero

“Orizzonti Verticali”, si veste di nuovo San Gimignano di Nicoletta Curradi

Viaggio nella Tuscia tra natura e antica nobiltà di Nicoletta Curradi

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TURISMO INTERNAZIONALE

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La culla del rum mondiale, Gran Canaria di Silvia Donatiello

Creta, c’è più gusto tra spiagge remote, villaggi tipici e trekking in montagna di Carmen Guerriero

I castelli dei paesi catari e il fascino delle città di Giovanna Turchi Vismara

AGROALIMENTARE NAZIONALE

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Asiago: non solo formaggio, ma luogo ideale di vacanza nel Bel Paese di Nicoletta Curradi

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A Fano torna il BrodettoFest

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Greco di Tufo DOCG, lo storico Oro di Irpinia

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di Franco Mioni

di Carmen Guerriero

Sardegna, il turismo punta a enogastronomia e tradizioni di Carmen Guerriero

NEWS DALL’ITALIA

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Le aziende vinicole toscane al tempo del Covid 19

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Il biologico e il naturale ripartono da SANA RESTART

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di Nicoletta Curradi

a cura Redazione Centrale

Siddùra Golf Cup, vino e sport, in costa Smeralda di Carmen Guerriero


La crisi del vino al tempo del Coronavirus Quasi 4 cantine italiane su 10 (39%) registrano un deciso calo dell’attività con un pericoloso allarme liquidità che mette a rischio il futuro del vino italiano dal quale nascono opportunità di occupazione per 1,3 milioni di persone, dalla vigna al bicchiere.

È

quanto emerge dall’indagine Coldiretti/Ixé sugli effetti dell’emergenza Coronavirus in riferimento allo studio Mediobanca sul settore. A pesare, la chiusura forzata della ristorazione avvenuta in Italia e all’estero con un forte calo delle esportazioni . Ad essere colpita è stata soprattutto la vendita di vini di alta qualità che

trova un mercato privilegiato di sbocco in alberghi e ristoranti in tutto il mondo. L’Italia con 46 milioni di ettolitri si classifica davanti la Francia come il principale produttore mondiale con circa il 70% della produzione destinato a vini Docg, Doc e Igt con 332 vini a denominazione di origine controllata (Doc), 73 vini a denominazione di origine controllata e garantita (Docg), 118 vini a indicazione geografica tipica (Igt) e il restante 30% per i vini da tavola. Iva agevolata e un credito di imposta per i crediti inesigibili derivanti dalla crisi Covid -19 sono alcune delle proposte formulate da Coldiretti, impegnata nella campagna #iobevoitaliano per promuovere gli acquisti. In Europa poi si brinda solo in farmacia con l’inizio della distillazione del vino partita dalla Francia, dove 200 milioni di litri di vino invenduto diventeranno gel disinfettante o bioetanolo, mentre in Italia manca ancora il decreto applicativo per attuare una misura analoga per oltre 150 milioni di litri di prodotto. Se i viticoltori francesi potranno destinare alla distillazione sia vini comuni che quelli per le denominazioni di origine come lo champagne, in Italia il provvedimento riguarda solo i vini comuni e viene accompagnato da interventi previsti dal Dl rilancio come la vendemmia verde per ridurre le rese di quelli di qualità. Interventi importanti sui quali si


registra un pesante ritardo nell’attuazione a quasi due mesi dall’inizio della vendemmia quando sarà necessario aver già liberato posto per il vino nuovo nelle cantine. Servono massicci investimenti pubblici e privati per la ripresa delle esportazioni con un piano straordinario di comunicazione sul vino che rappresenta da sempre all’estero un elemento di traino per l’intero Made in Italy, alimentare e non. Unico elemento positivo, l’aumento del 20% delle bollicine stappate dopo il lockdown, con un balzo negli acquisti per festeggiare la ritrovata libertà con brindisi nelle case tra parenti e amici. E’ quanto emerge da una analisi sulla base dei dati Ismea della settimana tra l’11 ed il 17 maggio rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Il boom degli acquisti di spumante è la punta dell’iceberg della voglia degli Italiani di tornare gradualmente alla normalità recuperando i piaceri della tavola ma restando però al sicuro tra le mura domestiche. Il risultato è un aumento degli acquisti casalinghi di prodotti alimentari che su base annua è stimato pari al 6%. Una crescita che non compensa però il crollo del 66% a maggio, secondo Confcommercio, del fatturato in alberghi, bar e ristoranti, che ha avuto un pesante effetto valanga anche sulla vendita di molte specialità Made in Italy, dal vino alla birra, dalla carne al pesce, dalla frutta alla verdura ma anche su salumi e formaggi di alta qualità che trovano nel consumo fuori casa un importante mercato di sbocco. In alcuni settori come quello vitivinicolo la ristorazione rappresenta addirittura il principale canale di commercializzazione con oltre la metà del fatturato. Non a caso sei aziende agroalimentari in generale su 10 hanno registrato una diminuzione dell’attività con un impatto che varia da settore a settore. a cura di Roberto Rabachino, Presidente Nazionale ASA Fonte/dati/dichiarazioni da Ismea, Mediobanca, Coldiretti, Ixé, Confcommercio, Commissione Europea


Prosecco DOC: da sempre attivo nella tutela del prodotto e del consumatore Un’attività costante di monitoraggio contro contraffazioni, imitazioni ed evocazioni del marchio Prosecco DOC in tutto il mondo è parte dell’importante lavoro svolto dal Consorzio di Tutela. Stefano Zanette, Presidente del Consorzio, risponde ad alcune domande sul tema. A cura Redazione Centrale

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ig. Zanette, quali azioni vengono portate avanti dal Consorzio a tutela del Prosecco DOC? Disponete di un piano d’azione globale?

negli USA (qualsiasi bevanda alcolica che si intenda esportare negli USA deve essere etichettata secondo i canoni regolamentati dal TTB ed obbligatoriamente approvata prima che la spedizione venga effettuata. Tale autorizzazione è Il Consorzio ha attivato diversi richiesta attraverso il modulo “COLA” - Certificate Of Label sistemi di controllo a livello mondiale per verificare a tutti i Approval). livelli eventuali violazioni della Il Consorzio interviene denominazione, dai marchi ai sistematicamente a negozi, dal web fino ai COLA fronte dei vari casi

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rilevati, primariamente a fronte delle violazioni più conclamate, come ad esempio contraffazioni, evocazioni palesi o utilizzi della denominazione per presentare vini diversi. Nei casi più difficilmente dimostrabili solitamente vengono svolte indagini e ricerche ulteriori per verificare se vi siano usi dannosi che vadano a rafforzare la lesione ai danni della denominazione. Il Consorzio inoltre collabora

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intensamente con le autorità nazionali ed europee impegnate nella tutela delle denominazioni di origine, abbiamo anche siglato importanti protocolli di intesa, come quello contro le frodi on line stabilito con BMEL (Bundesministeriums für Ernährung und Landwirtschaft – Ministero dell’Alimentazione e dell’Agricoltura) tedesco ed ICQRF (Ispettorato centrale della tutela della qualità e della repressione frodi dei prodotti agroalimentari). Collaboriamo anche

intensamente con l’ICQRF nella tutela online della denominazione grazie alle importanti convenzioni siglate dal Ministero delle politiche agricole importanti marketplace. Il Consorzio inoltre ha ampliato i confini della protezione della denominazione con registrazioni di marchi e IG a livello mondiale andando in questo modo a tutelare importanti mercati come il Canada, la Russia e il Regno Unito.

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La contraffazione del Prosecco è un problema comune? Quali sono i principali paesi coinvolti? La contraffazione (ovvero la produzione di falso Prosecco, non la evocazione o imitazione) non è attualmente il problema più diffuso sul fronte della tutela per la nostra denominazione. Alcuni casi sono stati riscontrati specialmente in Moldavia, Ucraina, Bulgaria, Russia, Bielorussia e Polonia.

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Come vengono scoperti i prodotti non conformi? Attraverso le segnalazioni di consumatori o tramite il lavoro di alcuni “investigatori delle falsificazioni”? Sicuramente le segnalazioni che ci arrivano da consumatori e produttori sono una buona parte delle notizie di lesione che riceviamo. Oltre a ciò il Consorzio ha attivato altri servizi di monitoraggio, in particolare: • sorveglianza mondiale di tutti i depositi di marchi che contengono il termine “Prosecco” o nomi simili; • monitoraggio in vari Paesi europei ed extra EU nei quali

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bizzarri e curiosi che avete incontrato? Uno tra i casi più insoliti è stato il cosiddetto Prosecco APM (“Automatic Prosecco Machine” – il cui acronimo richiama ATM, ossia come vengono chiamati gli sportelli automatici nei paesi di lingua inglese), ossia una macchina che avrebbe servito il Prosecco alla spina: un chiaro esempio di frode, essendo il vero Prosecco DOC venduto esclusivamente in bottiglia. Degni di nota sono inoltre i numerosi casi di presunti sali da bagno al Prosecco, profumi, saponi, caramelle, rossetti, ecc. che troviamo molto spesso, tra gli altri, in mercati come Gran Bretagna e Germania. Come si riconosce l’autentico Prosecco DOC?

vi è una larga diffusione di Prosecco o sono stati riscontrati casi di violazione; • vigilanza sul territorio nazionale;

• monitoraggio dei COLA depositati negli USA; • monitoraggio web. Quali sono i casi più

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Il Prosecco Doc può essere prodotto e commercializzato solo in bottiglia contrassegnata da una fascetta di Stato obbligatoriamente posta sui sistemi di chiusura di ciascuna bottiglia. La fascetta di Stato contiene dei codici che consentono agli agenti vigilatori del Consorzio e alle autorità competenti di verificare la provenienza e autenticità di ogni singola bottiglia posta in commercio. Al fine di identificare il Prosecco autentico è inoltre

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opportuno accertarsi che nella etichetta si riportato “DOC” o “denominazione di origine controllata/ protetta” e l’indicazione della provenienza italiana. C’è qualcosa che il consumatore può fare quando scopre un “Prosecco” non

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conforme?

date informazioni dettagliate sul luogo preciso nel quale Per consentire al Consorzio di si è riscontrato il problema, intervenire in maniera efficace preferibilmente, se possibile, con documentazione a fronte di un possibile fotografica. caso di violazione della In caso di segnalazioni, dubbi Dop Prosecco è necessario o perplessità è possibile fotografare accuratamente contattare il Consorzio tutte le etichette e informazioni riportate in esse. all’indirizzo tutela@ consorzioprosecco.it. ▣ Inoltre, dovranno essere

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ALPE CIMBRA:

una “perla virtuosa” Il riconoscimento di “Perla Alpina” premia il territorio di Folgaria, Lavarone e Luserna in Trentino: paesaggi sconfinati, interessanti testimonianze storiche, gustose esperienze gastronomiche. Testo e foto di Franca Dell’Arciprete Scotti

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avvero una bella realtà, attenta all’ambiente e alla mobilità dolce, Alpe Cimbra in Trentino. Un territorio che comprende Folgaria, Lavarone

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e Luserna, appena entrato a far parte del Consorzio Perle Alpine. Il riconoscimento è molto importante perché attesta quei requisiti che, lungo tutto l’arco delle Alpi, dalle Alpi Marittime in Francia alle Alpi Giulie in Slovenia,

toccando Italia, Svizzera e Austria, distinguono borghi e cittadine particolarmente virtuose. Alpe Cimbra entra nel Consorzio Perle Alpine per la sua rete di piste ciclabili, la spinta all’utilizzo delle bici elettriche, l’Alpe

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Cimbra Express, un taxi bus a chiamata, che evita il circolare a vuoto dei bus urbani, la rete di pedalò, per godere piacevolmente i laghetti alpini. Strategie per evitare l’inquinamento e valorizzare al massimo l’ambiente. Un ambiente che è davvero prezioso: boschi di conifere, abeti altissimi, prati e pascoli verdi, sentieri immersi nel sottobosco, giardini botanici.

Qui si può arrivare, soprattutto provenendo dalle grandi città, in cerca di ossigeno, relax e lentezza. Esattamente le parole d’ordine del turismo 2020, che ha eliminato frenesie ed eccessi. E l’Alpe Cimbra ci riserva anche tanti punti di interesse per una piacevole vacanza. Terra di confine affacciata sul Veneto, ha vissuto in pieno i conflitti bellici.

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Ne è grande testimonianza la linea dei Forti austriaci, costruiti quando tutto il territorio faceva parte dell’impero austroungarico. Ottimo esempio è il Forte Belvedere, vicino a Lavarone. Inserite negli ambienti, le casematte e le postazioni ben conservate, i pannelli documentano la vita in trincea, gli armamenti, l’organizzazione militare, facendo riflettere sugli orrori della guerra.

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A pagina 14, Folgaria da Serrada. A pagina 15, Forte Belvedere. In questa pagina, Guardia e, in basso, gastronomia a Luserna. A pagina 17, Lago Lavarone.

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Resti di un altro forte sono a Dosso delle Somme, che si raggiunge con una bella corsa in seggiovia da Serrada vicino a Folgaria. Qui la vista spazia immensamente e liberamente sulle catene montuose intorno. Ma i ricordi dei conflitti arrivano fino alla più recente attualità. Base Tuono a Passo Coe

è un sito unico in Europa, dedicato al sistema di difesa missilistica NikeHercules, suggestivo testimone della Guerra Fredda, quando il mondo era diviso in due blocchi sull’orlo della terza guerra mondiale. Tra il 1966 e il 1978 era stato una base missilistica dell’Aeronautica Militare italiana e della NATO:

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oggi ha un eccezionale valore documentario, con l’esposizione di tre missili posti su di una rampa in posizione fissa e pronti per un lancio e tutti i pannelli che spiegano come avvenivano le comunicazioni e gli ordini, oltre alle mappe sulla situazione geopolitica. Anche in questo caso cimeli terribili di contese mondiali

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si trovano all’interno di paesaggi idilliaci. A pochi metri da Base Tuono con i suoi missili puntati verso il cielo, si apre il giardino botanico di Passo Coe, con sentieri nel bosco, assortimento di ogni tipo di piante, laboratori per bambini, esempi di tecniche agricole. Un elemento di grande interesse culturale ad Alpe Cimbra è poi la presenza a Luserna di una piccola minoranza linguistica, tutelata e protetta, che parla il Cimbro, cioè un dialetto tedesco della Baviera che ha mille anni di vita. Testimonianza interessante di emigrazione remota, quando gruppi di famiglie bavaresi verso il 1200, spinte dalla carestia e attirate da questi altopiani soleggiati, si insediarono a Lavarone e a Luserna. E proprio Luserna, rimasta isolata nei secoli, conserva il ricordo di tutto ciò nel Centro di Documentazione, con le sue varie sezioni dedicate alla storia e alle tradizioni cimbre, alla Grande Guerra e alla fauna del territorio, e nella casa tipica in pietra Casa Museo Haus Von Prükk. Una bella stratificazione culturale, dunque, in questo piccolo territorio che racconta tanta storia. Ad esempio sarà sorprendente sapere che Freud scelse Lavarone per le sue lunghe villeggiature

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estive per ben tre anni. Amava passeggiare a lungo in montagna, nuotare nelle acque fredde del lago, contemplare la natura intatta, così favorevole alla meditazione. E qui compose il romanzo Gradiva che oggi dà il nome a una bella passeggiata sul lungolago. Un’altra chicca ci attende a Guardia, piccola frazione di Folgaria, “paese dipinto” per merito di un grande artista, pittore e scultore, Cirillo Grott, che invitò qui pittori famosi ad abbellire il paese, dipingendo le facciate. Così oggi si passeggia a Guardia col naso all’insù, scoprendo i muri a soggetti naif o sacri o fiabeschi, in un itinerario fantastico fino all’atelier Grott, ricco di splendide sculture in legno. A parte la storia, qui il paesaggio la fa da padrone. Per le escursioni c’è solo l’imbarazzo della scelta e ogni giorno rivela un nuovo punto di vista. Basti pensare ai nomi di certi itinerari: il Sentiero dell’Immaginario, Sulle tracce dell’orso, Dalle storie alla storia, Il sentiero della primavera, Il sentiero dei toponimi, tutti a partire da Luserna. Oppure il Respiro degli alberi, vicino a Lavarone, una mostra di sculture nel bosco dedicate all’anima degli alberi. Parte importante e imperdibile dell’itinerario

ad Alpe Cimbra sarà anche l’esperienza enogastronomica. Si pranza con un menù rustico e tradizionale nelle baite di montagna, come Baita Tonda in cima alla seggiovia di Serrada e “Osteria Coe” al Passo Coe: canederli di speck, gnocchi al capriolo e ai porcini, polenta e luganega, formaggio alla piastra, spezzatino con polenta e mirtilli rossi. Ci offre invece una vera e propria esperienza sensoriale il Lusernarhof in posizione panoramica davanti al Vezzena: sablée al Vezzena, pistacchi e speck, lasagnetta di polenta di Storo, Asiago e porcini, pappardelle ai porcini, spaghettoni Monograno “Il Cappelli” Felicetti di Predazzo alla carbonara, con speck croccante, ricotta affumicata e polvere di ginepro, canederli pressati al Puzzone di Moena, ravioli al caprino di Maso Guez, ossobuco di cervo e polenta, coppa di maiale all’anice stellato. ▣ http://www.lusernarhof.it Per dormire: ottimo per posizione, servizio e accoglienza l’hotel Villa Wilma di Folgaria http://www.hotelvil awilma.it Tutte le info turistiche: www.alpecimbra.it www.alpine-pearls.com/it

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Un percorso nei luoghi

di Dante tra

Romagna e Toscana In occasione dell’anno dantesco, un progetto interregionale tra Emilia Romagna e Toscana propone un viaggio affascinante alla scoperta di pievi romantiche, piccoli borghi, botteghe artigiane, antichi palazzi e gastronomia tradizionale. di Giovanna Turchi Vismara – Foto Enza Bettelli

Tu lascerai ogni cosa diletta più caramente... Tu proverai sì come sa di sale lo pane altrui, e come è duro calle lo scendere e ‘l salir per l’altrui scale...” Con queste drammatiche parole pronunciate dal suo trisavolo Cacciaguida, Dante durante il viaggio nei cieli del Paradiso acquisisce la certezza del suo esilio da Firenze. Un esilio iniziato nel 1302 all’età di 37 anni con

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l’ospitalità presso la corte degli Scaligeri a Verona e conclusosi, dopo varie traversie e soggiorni presso altri Signori, a Ravenna, presso la corte di Guido Novello da Polenta e luogo della sua morte nel 1321. Qui si trova anche la sua tomba che porta sull’architrave del piccolo tempio la scritta “Dantis poetae sepulcrum”. Intorno agli anni dell’esilio del sommo poeta non tutto è dato sapere, ma certamente si soffermò in varie località piccole e grandi dell’Appennino tosco-emiliano

alcune delle quali conservano ancora l’alone del suo ricordo. In occasione dell’anno dantesco, per la celebrazione dei settecento anni dalla morte, un progetto interregionale tra Emilia Romagna e Toscana ci porta a scoprire attraverso l’Appennino tosco-emliano un itinerario legato al poeta, ricco di cultura, natura e tipicità del territorio (www.viedidante.it). È un viaggio affascinante alla scoperta di pievi romantiche, piccoli borghi, botteghe artigiane, antichi

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palazzi, e con la gioia di poter assaporare i piatti della tradizione e i gustosi prodotti tipici del territorio. Lasciata l’amata Firenze e il bel San Giovanni, il battistero ove il poeta fu battezzato, la prima tappa è Borgo San Lorenzo circondato da verdi colline illuminate da sempre nelle notti d’agosto da miriadi di stelle cadenti. Nel centro storico si accede da due porte, quella Fiorentina e quella dell’Orologio, residuo delle antiche mura costruite nel 1351. La vicina Pieve di San Lorenzo, risalente all’anno 941, è il più grande edificio romanico del contado fiorentino e all’interno

conserva opere d’arte di grande valore, tra cui una Madonna attribuita a Giotto. Percorrendo sentieri ben tracciati sulla zona collinosa, è da non perdere presso la Madonna dei tre fiumi la visita al Mulino ad acqua Margheri, risalente all’anno 845 e ancora perfettamente funzionante. Qui si può assistere al processo di macinatura e acquistare la farina di grano, granturco e marroni dal sapore antico Giungendo da Firenze dalla via Bolognese o dal casello autostradale di Barberino di Mugello si arriva al Comune unico di Scarperia e San Piero, ricco di risorse

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In alto, Brisighella. A pagina 22, Appennino e, in basso, Faenza. A pagina 23, Ravenna, tomba di Dante.

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turistiche, culturali e gastronomiche. L’antico borgo di San Piero si sviluppò intorno all’omonima pieve già nell’XI secolo, ma raggiunse il momento di massimo splendore tra il XIV e XV secolo grazie ai Medici che costruirono nei dintorni le loro ville, tra cui il bellissimo Castello di Trebbio e le ville Adami e Schifanoia. Il Castello di Trebbia, dal 2013 riconosciuto dall’UNESCO Patrimonio mondiale dell’Umanità, fu costruito, su commissione di Cosimo de’ Medici, da Michelozzo Michelozzi sui ruderi di una precedente torre feudale. Poco distante vi è il Convento del Bosco ai Frati, fondato dagli Ubaldini prima dell’anno

Mille ed è uno dei più antichi della Toscana. Nel centro storico di Scarperia vi è il Palazzo dei Vicari che, oltre a vantare l’antica torre campanaria, opera del grande architetto Filippo Brunelleschi, è sede del Museo dei Ferri Taglienti. Vecchia di secoli, questa produzione di coltelli di alto artigianato è viva tuttora e nell’antica bottega del coltellaio, accompagnati dall’esperienza dell’artigiano, si può assistere e partecipare alla costruzione di un coltello usando gli strumenti antichi ormai in disuso, venendo a contatto con gli odori, i rumori, i fumi del focolare, fondamentali per costruire un coltello. Otre al passo della Colla,

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ancora in terra toscana ma affacciato sulla Romagna, tra Faenza e la riviera Adriatica si trova il caratteristico paese di Marradi dalla particolare struttura urbanistica che, pur in pieno territorio montano, ricorda le vie del centro storico di Firenze arricchite da palazzi signorili. Ciò fu voluto dalle nobili famiglie dei Fabroni da Pistoia e dei Torriani da Milano che qui esiliati non vollero rinunciare all’eleganza degli spazi cittadini. Percorrendo i sentieri tra i ricchi boschi del territorio si raggiungono interessanti località come la Rocca di Castiglionchio, antica fortificazione del VI secolo, e l’Eremo di Gamogna, un antico

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complesso monastico fondato da San Pier Damiani nel 1053. Marradi, con le sue colline letteralmente coperte da castagneti, è la patria del “marron buono”, il marrone IGP Mugello che ogni anno viene celebrato dalla famosa Sagra delle Castagne. E per permettere ai visitatori di godere di un vero e proprio viaggio intorno al castagno è stato realizzato il progetto della Strada del Marrone del Mugello di Marradi. Si accostano a questi frutti autunnali e ai vari dolci a base di marroni anche altre prelibatezze come le tagliatelle al fungo porcino o al tartufo di stagione, le grigliate di selvaggina e di castrato di agnellone e cappelletti con lo stracchino e il raveggiolo. Incastonato nel Parco

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Regionale della Vena del Gesso Romagnola, lungo l’antica via Faentina che collega Firenze a Faenza – città legata da sempre alla sua produzione di ceramica – e a Ravenna, si trova Brisighella, uno dei Borghi più belli d’Italia. La sua origine risale al Duecento, legata a Maghinardo Pagani da Susinana, Signore di Imola e Faenza. Su uno dei tre speroni rocciosi che caratterizzano il territorio, e ove oggi sorge la torre dell’orologio, Maghinardo fece costruire una torre di difesa per controllare i passaggi e i commerci dalla Romagna ghibellina

verso la Firenze guelfa. Egli combatté dalla parte della Firenze guelfa nella battaglia di Campaldino nel 1289 a cui partecipò lo stesso Dante. Successivamente però divenne un convinto sostenitore dei ghibellini di Romagna in alleanza con gli Ordelaffi di Forlì. Dante stigmatizzò tale comportamento e nel canto XXVII dell’Inferno definì il Signore “...il lioncel dal nido bianco – che muta parte da la state al verno”. Brisighella, oltre a vantare numerose testimonianze artistiche che si sono andate costruendo nel corso dei secoli, eccelle

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A pagina 24, piadina con squacquerone e salumi. In questa pagina, uva Sangiovese. A pagina 26, marroni IGP del Mugello.

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anche per la ricchezza dei suoi prodotti gastronomici legati a un territorio in gran parte integro ed ecologicamente intatto. Un prodotto principale è l’olio extravergine di oliva “Brisighello” DOP. Tipico

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della zona dei calanchi è il carciofo Moretto, poi vi sono i formaggi stagionati nelle grotte di gesso e la carne di Mora Romagnola, un’antica razza suina autoctona. Sono di altissima qualità anche i vini prodotti dai tipici

vitigni autoctoni come il Sangiovese DOC e l’Albana di Romagna DOCG. E non si può tralasciare un prodotto tipico di tutta la Romagna, la fragrante piadina farcita con il formaggio Squacquerone e con saporiti salumi. ▣

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M O N F E R R AT O : colori e golosità In Monferrato l’originale progetto delle Big Bench per contemplare paesaggi verdi e viola, scoprire tesori di cultura e di gusto. Testo e foto di Franca Dell’Arciprete Scotti

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el Monferrato alessandrino il progetto delle Big Bench invita a scoprire il paesaggio da un

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punto di vista insolito. Tanto più che siamo in un territorio, Langhe Monferrato Roero, protetto come Patrimonio Mondiale Unesco. E in ottima posizione, a 100

km da Milano e a 100 km dal Mar Ligure. Il progetto è nato da Chris Bangle, un artista che opera prevalentemente in Piemonte, ma ha varcato i confini

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regionali. Da un’idea originale è derivata una vera moda. Sono le Big Bench o Panchine Giganti che invitano a volare in alto, scoprire nuovi approcci e nuovi modi di vedere cose già familiari. Da un progetto tra amici e vicini di casa, adesso si sviluppa una passione collettiva e le persone fanno a gara a seguire la mappa delle Panchine, trovarle, arrampicarsi sopra, sedersi sentendosi bambini e contemplare quel meraviglioso punto di vista che prima non conoscevano. Anche perché difficilmente avrebbero immaginato di guardare un giorno le

montagne e i vigneti italiani seduti su un pezzo di arredamento da esterni fuori scala. In Piemonte il Monferrato alessandrino è ricchissimo di questi oggetti di design diventati iconici. A Rosignano, a Sala, a Castagnole, a San Salvatore, a Lu Cuccaro si scoprono tanti panorami nuovi e spettacolari da questi insoliti punti di vista. Bellissima anche l’idea di colorare le Panchine con i colori tipici dell’ambiente in cui sono collocate, dal viola della lavanda al rosso dell’uva da vino, al blu e giallo del cielo e dei campi coltivati. Ad esempio sarà bellissimo,

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A pagina 28, Big Bench. In basso, Lu, lavanda. A pagina 30, Giarole, Castello Sannazzaro. In basso, Casale, Duomo di Sant’Evasio.

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nel periodo di fioritura della lavanda, andare a Lu Cuccaro. Nel cuore del Monferrato si sviluppa una strada panoramica che, anche senza lavanda, sarebbe da sola oggetto di meta imperdibile, a piedi o in bicicletta. Per la suggestività dei luoghi, entrambi i borghi Lu e Cuccaro hanno posizionato le Big Bench, le panchine iper-dimensionate proprio come tributo alla distesa profumata, di un colore blu intenso. Per tutto il mese di luglio le cangianti tonalità di blu e viola dei campi di lavanda, una coltivazione che ormai non è più solo appannaggio della Provenza, coltivazione biologica e biodinamica (pochi sanno che gli olii essenziali vengono esportati proprio in Francia), sono un vero spettacolo. Le flaneries in blu possono portare alla scoperta di borghi, pievi e castelli oltre che, naturalmente, di paesaggi rilassanti e fascinosi. A Casale, piccola capitale di altri tempi, quando era al centro del Marchesato del Monferrato, belle passeggiate toccano monumenti e palazzi, musei e luoghi golosi. Splendide la cattedrale di Sant’Evasio, esempio di romanico imponente e grandioso con il suo atrio ad arconi intrecciati e la chiesa di Santa Caterina, eccellente esempio di barocco

piemontese. E davvero sorprendente la Sinagoga. Nel piccolo ghetto, dove ancora si vedono le tracce dei cancelli di chiusura e dove viveva una fiorentissima comunità ebraica, benvoluta dai vari signori di Casale, sorge questa splendida Sinagoga di fine ‘500, una delle più belle del mondo. Volute dorate, dipinti floreali, una grande finestra dipinta attraverso la quale si scorge un cielo azzurro, la scritta in oro in ebraico “Questa è la porta dei cieli”. E poi armadi e grate in legno scolpito e dorato, corone d’argento da collocare sopra i rotoli della Legge, mantelli in velluto ricamato e scialli da preghiera. www.casalebraica.info Un’altra tappa da non perdere è quella alla Gipsoteca “Leonardo Bistolfi”, inserita nel ricco Museo Civico: oltre 120 opere tra terrecotte, disegni, bozzetti e modelli in gesso per raccontare la storia creativa di questo talento casalese, richiestissimo dalla committenza pubblica e privata, per le sue figure flessuose nei motivi tipici del Liberty, e i ricchi elementi simbolisti. A Lu invece, il prezioso “Museo d’arte sacra San Giacomo” contiene il famoso dipinto del Guala, “I canonici di Lu”, uno dei capolavori della ritrattistica di gruppo del ‘700. Qui spicca anche l’eleganza

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pittorica di Orsola Maddalena Caccia, di cui il museo conserva, tra le altre, la tela “Santa Caterina d’Alessandria tra Sant’Agata e Sant’Apollonia”, opera tra le più pregevoli della galleria luese.

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e chicche golose

In questa zona non si perderà l’occasione di degustare e acquistare la robiola di Roccaverano, una pregiata formaggetta di capra protetta dal Consorzio di tutela del formaggio Robiola di Roccaverano DOP.

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oste dolcissime

Prima tra tutte quella alla Pasticceria Portinaro di Casale, produttrice dei famosi Krumiri rossi. Una ricetta casalese che ha quasi 150 anni, premiata all’Esposizione Universale di Torino del 1884 e conservata ancora oggi gelosamente secondo la tradizione: ingredienti di prima qualità e la caratteristica zigrinatura del biscotto piegato forse a forma di baffo (omaggio al re Vittorio Emanuele II?). www.krumirirossi.it Ad Alessandria, invece, ci attendono due famose pasticcerie storiche: Bonadeo propone, oltre alla piccola pasticceria, anche la Polenta di Marengo, dedicata

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alla vittoria di Napoleone, un dolce soffice e morbido, fatto di farina di mais, uvetta, pasta di mandorle, maraschino. La pasticceria Gallina, invece, propone i Baci di Gallina, friabili e freschissimi, che si sciolgono in bocca come burro, incartati a mano nella inconfondibile confezione rossa. www.pasticceriabonadeo.it www.pasticceriagallina.it

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na fattoria didattica ad Alessandria

La soave e delicata accoglienza della signora Franca Goggi è

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la cifra stilistica della sua azienda, l’Azienda agricola Cascina Ospedale, ad Alessandria. La si può raggiungere anche con una piacevole passeggiata a piedi, dalla città. Qui si coltiva la lavanda sia officinale che ibrida, tutta biologica (oltre che farine e cereali come farro, soia, grani, ceci, mais… poi macinati a pietra). I campi sono spettacolari, ma qui si possono fare vere esperienze, poiché sono stati creati laboratori per fattoria didattica: un piccolo mulino per fare la farina, semi da piantare e scoprire (e poi portarsi a casa) e ovviamente la passeggiata nella lavanda

In questa pagina , Casale, Sinagoga. A pagina 33, Big Bench e, in basso, Casale Monferrato: Gipsoteca Leonardo Bistolfi.

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che pare sia un toccasana per il mal di testa. C’è anche un piccolo punto vendita, dal lunedì al sabato (8.30-12.30 no martedì). www.cascinadellanonna.com .

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ormire al Castello

Per dormire ci si sposta con piacere di qualche chilometro per un’esperienza memorabile. A Giarole ci attende il castello Sannazzaro, abitato dal Conte Giose Sannazzaro, erede di una dinastia che possiede il castello da 700 anni, fin dall’editto del Barbarossa che concedeva la costruzione.

Splendida dimora storica visitabile: saloni da ballo, salottini della musica, porte dipinte dal Guala, ritratti degli antenati, costumi dell’800, foto di principi e principesse, letti a baldacchino, tappezzerie sontuose, pavimenti intarsiati, colazione in giardino all’ombra di alberi

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secolari. Una dimora storica che immerge nell’atmosfera di un Piemonte nobile e cavalleresco, ma con tutti i comfort della moderna ospitalità. ▣ www.castellosannazzaro.it www.visitlmr.it www.alexala.it

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UMBRIA:

scoprirla in dimore di charme Un itinerario suggestivo tra Perugia e Foligno, tra i segni di un nobile passato, palazzi, chiese, affreschi di grandi artisti e un soggiorno in strutture di classe. di Franca Dell’Arciprete Scotti – Foto di Franca Dell’Arciprete Scotti, Borgo Brufa e APT Perugia

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ntichissima, nobile, colta, Perugia è una delle città più belle del centro Italia. Cuore dell’Umbria, che è il cuore dell’Italia. Ricchissima di tesori artistici e architettonici, ma a misura d’uomo. Un week end slow permette di visitarla tranquillamente a piedi. Anche se un saliscendi continuo, data la conformazione collinare di Perugia, metterà a prova i camminatori meno abituati. Per fortuna molte scale mobili aiutano, a partire da quelle spettacolari della Rocca Paolina. Centro focale è la Piazza IV Novembre: in un magnifico colpo d’occhio, al centro la Fontana Maggiore disegnata da Giovanni e Nicola Pisano, intorno il Palazzo dei Priori, uno dei più grandiosi palazzi pubblici dell’età comunale, con i due magnifici Collegi del Cambio e della Mercanzia. Una facciata nuda e severa introduce all’interno

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del Duomo. Ma sarà sorprendente soprattutto il percorso sotterraneo che parte dal Museo del Capitolo e immerge in una stratificazione di 14 metri e mezzo, dall’Acropoli etrusca di fondazione dove ora sorge il Duomo, alla base della collina. Nella discesa una scoperta continua: pilastri etruschi, mura romane, il pavimento di una cattedrale romanica, il salone dei Conclavi, la cantina dei canonici, tracce di una domus romana. Basterebbe questo percorso sotterraneo che, ironia della sorte, è stato aperto “per merito” del terremoto del 1997, a percepire la storia di Perugia dipanata su 2500 anni. Questa storia così ricca

di presenze, di eventi, di contese, ha lasciato meravigliose tracce. Anche perché Signori e Papi volevano testimoniare il proprio potere e prestigio. Chiese imponenti, palazzi monumentali, archi, porte, torri. Il tutto in un quadro affascinante di vicoli e strade acciottolati, voltoni, sotto portici, contrafforti altissimi, pietre scure, potenti muri sovrapposti di enormi massi etruschi, impilati senza calce, pietre romane, mattoni medievali. Alcuni interni sono strabilianti e rievocano la presenza di grandi artisti, primo fra tutti Pietro Vannucci detto il Perugino, che lasciò un bell’autoritratto con manifesto autocelebrativo nella sala dei

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A pagina 34, Foligno, centro città. A destra, Perugia, Piazza IV Novembre, Fontana Maggiore. In questa pagina, Borgo Brufa. A pagina 35, Castello di Gallano e, in basso, Perugia: Via Maestà delle Volte, Chiostro Fontana (Foto: G.Belfiore).

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Cambiatori di Monete. Strabiliante anche l’interno di San Pietro, chiesa benedettina coperta letteralmente di quadri, marmi e legni intarsiati, affreschi, immersa nel silenzio di orti e giardini botanici. Le fa da contrasto la nudità solenne di San Bevignate, un unicum nel panorama italiano, chiesa templare del 1200, affrescata nell’abside e in controfacciata, che nasconde nell’ipogeo una fullonica o tintoria di epoca romana. Tra i Perugini illustri un altro artista che non dimenticare è Gerardo Dottori, pittore futurista tra i fondatori del manifesto della pittura aerospaziale, a cui è riservato grande spazio nel Museo civico di Palazzo Della

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Penna. http://turismo.comune. perugia.it/ www.guidainumbria.com

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e Perugia ha già il suo appeal ben noto, un po’ più in ombra è Foligno, a cui si arriva di passaggio per itinerari più celebri. Eppure Foligno merita decisamente una visita lenta e attenta. Basti pensare che per tradizione, viene considerata il “centro del mondo”, in quanto si trova al centro della penisola italiana, a lungo considerata il centro d’Europa, e quindi del mondo. E poi offre tesori e curiosità. Per esempio, chi sa che qui

fu stampata la prima copia della Divina Commedia, come è testimoniato nel Palazzo Orfini, sede del Museo della Stampa? Oppure chi sa che qui il piccolo Federico II compì la sua formazione di bambino e adolescente? Curiosità forse, ma che dimostrano la vitalità di questa cittadina, forse oscurata dalla sua stessa importanza industriale. Sulla Piazza centrale si apre l’imponente Palazzo

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Trinci, legato alla dinastia dei signori di Foligno, una delle più interessanti dimore tardogotiche di tutta l’Italia centrale. Al suo interno un prezioso ciclo di affreschi dei primi del Quattrocento ad opera di Gentile da Fabriano e della sua bottega, una sorta di “una vera e propria enciclopedia figurata della cultura umanistica dell’epoca”. Ritratti di personaggi illustri e imperatori, leggende e miti, la Sala delle Arti Libere e dei Pianeti, la più bella e certamente la più famosa di tutto il complesso del palazzo: figure monumentali e motivi ornamentali che interpretano le Arti come simboliche donne occupate ad istruire giovani ragazzi. In centro ancora da non perdere l’Oratorio della Nunziatella, del 1492, dove è esposto il “Battesimo di Gesù” del Perugino, mentre è davvero sorprendente l’opera di De Dominicis ospitata dall’Ex Chiesa della Santissima Trinità in Annunziata: la Calamita Cosmica. E se, per evitare gli assembramenti, non si effettuerà la Giostra della Quintana, non dimentichiamo che c’è in città un museo che conserva tutte le testimonianze di questa suggestiva rievocazione storica del passato medievale di Foligno. www.comune.foligno.pg.it

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e dimore di charme

Per scoprire queste città umbre così ricche di tesori, sarà perfetto un soggiorno in dimore di charme, che spesso, a pochi chilometri dalle città, permettono di sperimentare una dimensione appartata e panoramica. Borgobrufa Resort, appena incoronato da 5 stelle, con la spa più grande dell’Umbria, è un paradiso di relax esclusivo per una vacanza benessere. Da ogni punto, una vista da togliere il fiato, un borgo che ruota attorno al benessere, con il casolare, la villa nobile e le altre costruzioni tipiche umbre circondate da una distesa di olivi e vigneti. www.borgobrufa.it

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dieci chilometri da Perugia, a San Martino in Campo, “Alla Posta Dei Donini” è la quintessenza di una residenza d’epoca: costruita dalla famiglia dei Conti Donini, ricchissimi produttori e commercianti di sete, nella seconda metà del ‘500, ha sale e soffitti affrescati anche dall’Appiani, una cappella e un teatro privato, scuderie, un bosco-giardino, creato secondo la maniera romantica. A Posta Donini il tempo è scandito dai suoni della natura, dai colori degli alberi e dai profumi dei fiori. Nei

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due ettari di parco botanico anche il maestoso Ginkgo Biloba di 250 anni simbolo del resort. Due must da aggiungere per godere in pieno il soggiorno a Posta Donini: l’elegante Spa e il Ristorante Pantagruel che valorizza territorio e materie prime in piatti che partono dai sapori di un tempo per creare qualcosa di nuovo e inaspettato. www.postadonini.it

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n po’ più lontano da Perugia, nel cuore verde dell’Umbria, in piena Valtopina, ci attende il Resort Castello di Gallano, un intero borgo di origine medievale riqualificato come un gioiello incastonato nella natura. Un castello medioevale, piazzette, spazi caratterizzati da charme e design, stile elegante e raffinato ovunque. Tutti gli appartamenti hanno travi a vista in legno e pavimento in vero cotto, arredi dai toni caldi e naturali e con finiture di pregio. Come in una favola si è trasportati in un altro tempo, quello in cui la natura definisce i ritmi della vita: tra il cielo azzurro ed il silenzio della valle, ci si rilassa in una delle piscine o degustando piatti dai sapori tipici e vini del territorio. ▣ www.castellodigallano.com www.umbriacharme.org/ www.umbriacharme.eu/

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Tesori di Puglia, Murge da scoprire e da assaporare, senza fretta Le Murge sono da sempre considerate “la Puglia nella Puglia”, un territorio particolare ricco di sfaccettature tra colori, sapori e profumi che rendono questa parte della Puglia difficile da dimenticare. Testo e foto di Carmen Guerriero

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l toponimo latino “murex” (roccia appuntita), è indicativo di quest’area centrale della Puglia, estesa tra le province di Bari, Barletta-Andria-Trani, Taranto e Brindisi, dove primigenie formazioni calcaree hanno originato numerosi fenomeni di carsismo ipogeo ed epigeo come doline, gravine, lame, inghiottitoi e grotte. Dal 2004, l’area totale di 68.000 ettari è tutelata dal Parco Nazionale dell’Alta Murgia, primo Parco rurale d’Italia, teso non solo a tutela

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dell’ecosistema naturale, ma anche a salvaguardia e valorizzazione di territorio ed attività produttive come antiche masserie, tratturi e tradizioni locali. Tra queste, Minervino Murge vanta sicuramente il primato per espressione di una tradizione gastronomica autentica, ricca di profumi e sapori, come quella dell’Osteria “La Tradizione” che da anni tiene le redini all’antica attività familiare iniziata nel 1952, ancora oggi apprezzata per i suoi piatti di tipica cucina

casalinga, come i troccoli alla murgese, a base di pasta fresca tipica fatta a mano col ferretto, con pomodorini e ricotta dura, oppure maccheroncini di grano arso con cime di fiori di zucca, purea di fave e cicerchie (legume) e mollica abbrustolita in guanciale di maiale. Il “rinfrescante” è l’originale compromesso tra gelato e mousse di limone, mentre la chiusura del pasto è affidata a deliziosi dolcetti alle mandorle fatti in casa, serviti con rosolio artigianale a base di petali di

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A pagina 39, Tempio di Athena Ilias, Parco Archeologico San Leucio. In questa pagina, Trullo nella campagna tra Minervino Murge e Canosa. A pagina 41, Mosaico del pavone, Antiquarium, Parco Archeologico San Leucio. In basso, ricostruzione tomba di Medella, Ipogeo Lagrasta

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rosa canina, mandorle amare e chiodi di garofano. Per gli amanti delle rivisitazioni con stile, a pochi metri c’è Osteria Brandi, il regno dello chef Pietro Carlone che, insieme al fratello ed al suo staff, persegue la tradizione indulgendo ad un concept di ricerca quasi maniacale, per accostamenti inediti ed originali, come la melanzana viola con sgombro e cuore di bovino giovane affumicato al fieno, il “bottone” (tipo raviolo), ripieno di panzanella con guazzetto di cozze, o lo spaghetto “cavalieri”, con ricotta di pecora, tartare di manzo podolico e noci, conditi con estratto di sedano e mela verde. A poca distanza, tra strade punteggiate da uliveti secolari, vigneti e trulli di

pietra, Canosa di Puglia è un appuntamento irrinunciabile per gli appassionati di archeologia, grazie ad una ricchezza di insediamenti senza precedenti, come il Parco Archeologico di San Leucio, il più imponente tempio italico dell’Italia meridionale edificato nel 318 a.C. per celebrare l’alleanza romano-canosina, dal 1925 ancora un cantiere aperto. Dedicato alla Dea Athena Ilias, poi romanizzata Minerva Ilia, il tempio fu fondato, secondo fonti storiche, da Enea, figlio di Anchise e la dea Venere che, scampato dalla distruzione di Troia, viaggiò per il Mediterraneo fino alle coste del Lazio, diventando il progenitore del popolo romano. Distrutto tra V e VI sec. d.C., il tempio fu riconvertito con gli

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stessi materiali in una basilica paleocristiana dal santo vescovo Sabino (VI sec. d.C.), dedicata prima ai Santi Medici Cosma e Damiano e solo in età longobarda a S. Leucio, come risulta da alcuni mattoni e formelle su cui è leggibile monogramma e simboli cristiani. L’ultima fase di utilizzo dell’area è caratterizzata dalla presenza di tombe, specie infantili, essendo Minerva protettrice dei bambini e, in generale, della maternità. Dal 2008 l’annesso Antiquarium, custodisce eleganti colonne in marmo sormontate da capitelli ionici e pulvini bizantini, frammenti (piedi, addome e testa) di un

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telamone di tipo satiresco, ex voto anatomici, incensieri, bronzetti, pesi da telaio, statuine di bimbi in fasce e di madri ed i bellissimi mosaici pavimentali policromi di pregiata fattura, tra cui il “mosaico del pavone”. Poco distante, il più importante complesso funerario di Canusium e dell’intera regione (fine IV e I sec a.C.), ha tre distinti ipogei scavati interamente sottoterra nel banco tufaceo, di cui Lagrasta (IV-I sec. a.C.), è il più grande, composto da nove ambienti, tra camere e vestiboli, disposti a croce latina. Qui, nel 1843, fu rinvenuta l’iscrizione latina, poi dispersa: “Medella

figlia di Dasmo, fu sepolta il 28 dicembre del 67 a.C. sotto il consolato di C. Pisone e M. Acilio” a testimonianza dell’uso della tomba fino al I sec.d.C. Per i gastronauti, Casa 28 Cucina e camere è l’indirizzo per scoprire, in un ambiente rilassante e cordiale, piatti semplici della tradizione locale, come crostoni con burrata e “spaccatelle”, pomodoro al naturale della locale Azienda agricola Paglione, flan di peperoni con fonduta di caciocavallo, parmigiana, “friggitelli”, strascinata di grano arso con pomodorini e pesto di rucola, basilico e menta in abbinamento agli ottimi vini delle aziende del territorio. ▣

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A pagina 42, Bottone ripieno di panzanella con guazzetto di cozze, Osteria Brandi. In questa pagina, Troccoli alla murgese, Osteria La Tradizione. In basso, Crostone burrata e spaccatella, Casa 28, Canosa.

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“Orizzonti Verticali” s i ve s t e d i n u ovo a San Gimignano La tre giorni, oltre ad ospitare eventi di forma volutamente frammentaria e performativa, ha accolto un’opera collettiva costruita pezzo per pezzo durante tutta la manifestazione. di Nicoletta Curradi – Foto Ufficio Stampa

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ll’ombra delle torri di San Gimignano (SI), anche in quest’anno così difficile, ha potuto svolgersi l’ottava edizione di “Orizzonti Verticali – Arti sceniche in cantiere/Sentieri di carta”. L’ottava, ma anche la prima di una nuova fase, modulata in tre giornate performative molto interessanti. L’interdisciplinarietà delle arti è rimasta un caposaldo della manifestazione diretta da Tuccio Guicciardini e Patrizia de Bari e curata dalla Compagnia Giardino Chiuso, da sempre ispirata alle tematiche del

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confronto generazionale per la trasmissione delle esperienze artistiche e delle Arti sceniche. Il 2020 è stato per Orizzonti Verticali l’anno della rigenerazione, un punto zero verso un 2021 che ci si augura che torni nella forma festival che lo ha sempre accompagnato. «I progetti culturali in Italia, ormai già incapaci di rigenerarsi per molteplici motivi sovrastrutturali, hanno subito un violento arresto dopo il terremoto che ci ha colpito inaspettatamente hanno spiegato i direttori artistici - ma questo ci dà una grande possibilità

di riflessione, come un immaginario punto di ritorno, o punto zero, per riappropriarsi dei pensieri e della elaborazione delle idee. Fin dalla nascita del progetto OV molte personalità di varie generazioni ed estrazioni artistiche hanno lasciato le loro “memorie”, le tracce dei loro percorsi proprio qui, a San Gimignano, intrecciando il loro vissuto con il nostro presente per immaginare un futuro del teatro, della danza e delle arti performative. Ripartendo da queste testimonianze, Orizzonti Verticali si sedimenta e si rinnova rilanciando il valore della cultura (da colĕre

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pezzo per pezzo durante tutta la manifestazione. Quest’opera ha formato un grande spazio scenico al centro della città in Piazza Duomo, dove pubblico, artisti, critici e cittadini sono stati invitati a dare il proprio contributo attaccando pagine di libri. Lo stesso invito è stato rivolto agli artisti ospitati durante le sette passate edizioni di OV. Alla fine, questo spazio è stato il palcoscenico della performance finale a cui hanno aderito artisti tra i più grandi esponenti del teatro italiano, come atto di estrema partecipazione ad un progetto che, come tanti in Italia, resiste nonostante tutto. Per questa occasione

«coltivare», parola che esprime la cura necessaria ad ottenerla) come bene primario di crescita collettiva». Il filo conduttore della nuova edizione di OV2020, completamente ripensato, è stato la scrittura, intesa come fonte primaria di trasmissione del sapere, una pagina bianca dalla quale riprendere a solcare il nostro cammino e la nostra ricerca: “...il libro comincia con due pagine

bianche, tutti i libri cominciano con due pagine bianche...” (Sebastiano Vassalli ). La tre giorni, oltre ad ospitare eventi di forma volutamente frammentaria e performativa, ha accolto un’opera collettiva costruita

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eccezionale, Orizzonti Verticali ha avuto per gentile concessione, alcune immagini e frasi edite da Pulcinoelefante in tiratura limitata di uno dei maggiori scrittori italiani del ‘900, Sebastiano Vassalli. Tra le performance e gli eventi di questa edizione: “Sentieri di carta”, “Omaggio a Carlo Quartucci”, “Il Dottor Semmelweis”, “Entanglement primo studio”, “Bianchisentieri”, “Leonardo da Vinci: anatomie spirituali”, “Sto felicemente dimenticando

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tutto”. Orizzonti Verticali, nato nel 2013, contiene in sé un ossimoro che ben esprime contraddizioni e pulsioni, ed è un progetto condiviso con la Fondazione Fabbrica Europa per le arti contemporanee, Ente Regionale per lo spettacolo dal vivo riconosciuto dalla Regione Toscana, per dare concretezza alla diffusione e all’offerta artistica su tutta la Toscana. ▣

A pagina 45, San Gimignano, Piazza del Duomo. In basso, la performance Bianchisentieri In questa pagina, Torri Medievali.

Info: www.orizzontiverticali.net

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Bevi responsabilmente

OGNI PROSECCO DOC È UN VIAGGIO NELL’ECCELLENZA ITALIANA. MA SOLO SE HA ORIGINE QUI.

SOLO PROSECCO DOC ORIGINALE HA IL CONTRASSEGNO. Quando brindate, siate originali: scegliete il vero Prosecco DOC, solo quello in bottiglia, proveniente dal territorio unico delle nove province di Veneto e Friuli Venezia Giulia, la Dreamland. Lo riconoscete dalla bottiglia col contrassegno sul collarino. E dal suo gusto inconfondibile.


Viaggio nella Tuscia

tra natura e ANTICA NOBILTÀ Una terra di antiche origini, ancora oggi abitata dagli eredi di storiche casate nobiliari in palazzi e castelli fiabeschi. Testo e foto di Nicoletta Curradi

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’intenso desiderio di riemergere dopo lo stop imposto dall’emergenza Coronavirus si fa sentire in tutta Italia e anche nella Tuscia, quella zona del Lazio che i Latini definivano la terra abitata dagli Etruschi. All’epoca si trattava di un’area estesa tra la Toscana, l’Umbria e il Lazio settentrionale, costituita da spiagge, campagne, zone montuose e lacustri. Terra di antiche origini, la Tuscia è ancora abitata dagli eredi di storiche casate nobiliari in

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palazzi e castelli fiabeschi che un interessante itinerario intende mostrare al visitatore curioso. Un percorso organizzato da Undiscovered Italy Tours per proporre il territorio, ha il suo esordio ideale a Villa Lina, situata nel cuore della Tuscia a Ronciglione, intatto paese che racchiude caratteristiche etrusche, medievali e rinascimentali. La struttura occupa 40 ettari di orti sinergici e giardini storici. Paola Igliori, padrona di casa, ci guida all’interno del grande

parco, raccontandoci aneddoti della sua vita, della sua tenuta e della sua spiccata creatività. La location ha una lunga storia di attivisti, artisti, poeti e ricercatori ed innovatori. Per cinque secoli è stata di proprietà della famiglia dei Conti Leali, venuta nel XVII secolo da Brescia per aiutare i principi Farnese nella gestione delle ferriere. La proprietà fu acquistata negli anni ’20 da Ulisse Igliori che insieme alla moglie Lina, donna straordinaria e visionaria, fece riprogettare il giardino

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A pagina 49, giardino di Castello Ruspoli. A pagina 50 e 51, da sinistra: Villa Lina; interno delle Antiche Scuderie Odescalchi; interno di Palazzo Guglielmotti.

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al grande architetto Raffaele De Vico, terminando i lavori nel 1929. La figlia Paola cura tuttora la proprietà dall’età di 20 anni. Artisti e letterati ed innovatori hanno soggiornato qui: Trilussa e D’Annunzio, il pittore Donghi, l’architetto Rosacroce, Raffaele De Vico, gli storici dell’arte Federico Zeri, Giuliano Briganti, Sir Anthony Blunt. Paola Igliori, che ha sposato l’artista Sandro Chia negli anni ’80, ha frequentato tanti grandi

artisti, da Mario Merz ad Alighiero Boetti a Jean Michel Basquiat e molti altri. La tenuta comprende un verde giardino storico di 2 ettari, una serra, 3 piscine, di cui una olimpionica del 1929, un impianto botanico del 1700, varie fontane barocche e viali con tunnel di lecci, pini, oleandri, platani e lavanda. (www.relaisvillalina.com) A Montalto di Castro si trova Palazzo Guglielmotti, di proprietà dell’ultimo erede della casata, il visconte Ferdinando, che ha lasciato il suo studio legale per gestire il caseificio Mammamaremma, che

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produce fra l’altro una deliziosa ricotta. Il palazzo è del XV secolo, fiabesco, con armature e dipinti che raffigurano tutti i membri della famiglia. Nella cappella privata viene celebrata la Messa ogni Natale e ci sono pure le segrete... Il Castello Ruspoli a Vignanello è a base quasi quadrata, con 4 torrioni angolari, è circondato da un fossato e vi si accede da un ponte levatoio. Il giardino all’italiana, di impianto rinascimentale, presenta siepi di alloro e timo e vasi di limoni e aranci. È suddiviso in 4 riquadri e attraversato da 4 viali, che formano 12 parterre di bosso allineati

e squadrati, racchiudendo al centro una grande vasca recintata. Il Castello, voluto nel 1610 da Ottavia Orsini, figlia di Vicino, ideatore del Sacro Bosco di Bomarzo, e moglie di Marc’Antonio Marescotti, nel 1704 prese il nome Ruspoli, con l’obbligo di tramandare il nome. Oggi è ancora residenza estiva dei discendenti della famiglia. Un’altra casata nobiliare che vive tuttora nella

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Tuscia è quella degli Odescalchi, un ramo dei quali gestisce le Antiche Scuderie, immerse nel verde della campagna romana, in prossimità del Lago di Bracciano. È un’elegante dimora storica adibita a cerimonie ed eventi. All’esterno ci sono gli splendidi giardini, due fontanili, un ruscello e la zona lago. (www.scuderieodescalchi.it) Quante occasioni per approfondire la conoscenza della Tuscia! ▣

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La culla del rum mondiale, Gran Canaria

Le Isole Canarie occupano un posto di rilievo nell’industria mondiale del rum, dove il prestigio dei suoi emblematici marchi centenari non conosce confini. di Silvia Donatiello

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oche bevande alcoliche sono famose come il rum. Citato nei romanzi d’avventura, una bevanda pirata a pieno titolo e uno degli elisir più squisiti per gli amanti di un buon sigaro cubano. Ma, nonostante la sua fama di bevanda caraibica, la storia del rum nelle Isole Canarie gioca un ruolo molto importante nello sviluppo di questa bevanda dorata, più intensa quanto più vecchia. Parlare della storia del rum e delle sue origini è parlare delle Isole Canarie. La prima canna da zucchero, la materia prima del rum, piantata in America, partì dalle Isole Canarie nel secondo viaggio di Cristoforo Colombo nel cosiddetto Nuovo Mondo nel 1493, e nel gennaio 1494 furono piantate le prime piante nelle Antille. Nello stesso anno, l’ammiraglio Colombo scrisse al re di Spagna dicendo: “Signore mio, la canna da zucchero che piantiamo sta crescendo bene e con successo” e da lì i primi germogli furono portati a Cuba. Ecco perché le Isole Canarie occupano un posto di rilievo nell’industria mondiale del rum, dove il prestigio dei suoi emblematici marchi centenari come Arehucas, Cocal, Guajiro, Cobana, Artemi, ecc... non conosce confini, producendo distillati che combinano secoli di tradizione con la straordinaria T U RI S M O I NT E RNAZ I O NAL E

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qualità della materia prima di una terra unica. Il 9 agosto 1884, ad Arucas, Gran Canaria, fu inaugurata La Fabbrica di San Pedro, dedita principalmente alla produzione di zucchero, e, in misura minore, alla produzione di distillati di canna e rum, precursori delle attuali distillerie Arehucas, dando vita alla più antica cantina di distillati d’Europa. Il processo artigianale per trasformare il succo di canna

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in rum, unito all’utilizzo di moderni accorgimenti, ha fatto sì che “La Fábrica”, com’era popolarmente conosciuta, ottenesse i suoi primi successi fin da subito.

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ornitori della Casa reale e della Corte spagnola

Nel 1885 si ottenne la prima molitura con 5.619.540 kg di canna da zucchero.

La qualità dei suoi liquori gli ha fatto ottenere i riconoscimenti del Bicchiere d’Argento, del Bicchiere di Bronzo e del titolo di fornitori della Casa e della Corte Reale Spagnola, concesso dalla regina reggente Doña María Cristina d’Austria. Appena 8 anni dopo l’apertura di La Fábrica, nel 1892, il rum che veniva prodotto ad Arucas stava già godendo di grande apprezzamento in tutte le

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isole. Nel 1909, un alambicco del sistema Guillaume fu acquistato dalla fabbrica Egrot et Grangé (Parigi), per migliorare la qualità dei rum. All’inizio del XX secolo, anni di crisi e di guerra, Arehucas continua a crescere grazie alla qualità del suo prodotto e all’impegno dei suoi lavoratori.

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el 1940 nasce il nome di Ron Arehucas (Rum Arehucas)

La fabbrica entrò in piena produzione nel decennio degli anni ‘40, già con Don Alfredo

Martín Reyes come suo manager. In quegli anni nasce il nome di Ron Arehucas, noto come “quello con le chiavi”, per via del simbolismo di San Pedro sulle sue diverse etichette. Nel 1965 La Fábrica fu ribattezzata Arehucas Distillerie e da quel momento inizia un periodo di espansione, sostenuto dall’intenzione di collaborare nella comunità sociale e culturale delle Isole Canarie. Nel 2006 Arehucas Distillerie ha acquisito la Distilleria Artemi, formando così il più grande gruppo di distillati e liquori delle Isole Canarie, al fine di mantenere la storia del rum delle Canarie e

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il suo legame storico con l’Arcipelago. Distillerie Arehucas è oggi un’azienda centenaria, con una storia consacrata, a prova di ciò sono le sue strutture uniche nel comune di Arucas, nel nord dell’isola di Gran Canaria, che ospitano oltre 100.000 visitatori annuali. Consolidato ormai marchio prestigioso basato sulla qualità e sulla storia dei suoi vini, Distillerie Arehucas è riuscito ad affermarsi come punto di riferimento nella società delle Canarie, nonché diventare un pilastro fondamentale per far conoscere al mondo, oltre che il suo prodotto, anche

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le radici e la tradizione della cultura delle Canarie. Attualmente Distillerie Arehucas promuove la sua presenza al di fuori delle Isole Canarie, principalmente nel resto della Spagna e a livello internazionale, esportando in più di 10 paesi, inclusa l’Italia. isita alla “fabbrica” del rum canario

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La distilleria si può visitare quasi tutte le mattine. La visita inizia

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con la degustazione di un assaggio del rum mentre la guida professionale spiega sia le curiosità e le peculiarità del rum, sia la sua storia e tradizione. Un percorso interessante, per imparare di più sul processo di produzione e visitare le più antiche cantine di rum d’Europa. Attualmente ci sono 4.308 botti in questa fabbrica, quindi stiamo parlando di una cantina dalle dimensioni impressionanti. La visita guidata comprende, la degustazione di rum e liquori

e la possibilità di acquistare i prodotti del marchio. Gli orari sono dal martedì al venerdì dalle 9:00 alle 14:00, ingresso a pagamento e parcheggio gratuito.

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l Ronmiel de Canarias. Un tesoro con una denominazione geografica

Il Rum al Miele è ancora oggi una formula irripetibile in qualsiasi altra parte del mondo e per questo è creditore della Denominazione di Origine

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protetta “Ronmiel” che ne garantisce la qualità, il sapore e la corretta preparazione per preservare questo tesoro delle Canarie. È un prodotto di origine popolare radicato nella tradizione delle Canarie. Inizialmente veniva preparato nelle case e nelle taverne, ma gradualmente le aziende produttrici di rum hanno iniziato ad incorporare pratiche tradizionali, sapendo mantenere caratteristiche specifiche e una qualità unica fino ad oggi. Ronmiel de Canarias è ottenuto da rum, liquore di canna, liquore di melassa di canna o suoi distillati, acqua, zuccheri, estratti vegetali e un minimo del 2% in volume di miele, attraverso un processo industriale con rigidi controlli sanitari e di qualità che preservano fedelmente i

metodi di questa produzione artigianale. La produzione di Ronmiel de Canarias si aggira intorno al milione e mezzo di litri all’anno, di cui circa 46.000 litri sono destinati all’esportazione, essendo presente ai numerosi eventi a cui assiste come prodotto emblematico delle isole Canarie. Il rum al miele viene solitamente mescolato con limone o lime, il cui contrasto con il miele lo rende una bevanda morbida da gustare dopo gli eccessi di una cena. Spesso viene anche usato come base della mitica Piña Colada, al posto del rum bianco, permettendo agli aromi del miele e del cocco di mescolarsi, dando un sapore speciale al Cocktail. Per i più audaci, esiste un’altra combinazione più esplosiva di soli tre ingredienti: rum miele,

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panna montata e cannella. La preparazione è più che semplice; riempite circa 2/3 del bicchiere di rum miele e completate con panna montata e una spolverata di cannella. Altro cocktail da provare con il ronmiel è il Mojito, senza aggiungere però tanto zucchero come in quello convenzionale, poiché il miele gli conferisce la dolcezza necessaria per bilanciare il succo di lime e esaltare le foglie di menta. Senza dimenticare che anche la granatina si abbina molto bene al rum al miele. Insomma, che sia da solo o come base per altre bevande, ogni motivo è perfetto per assaggiare e gustare questo fantastico liquore. ▣ Info: www.grancanaria.com https://arehucas.es/

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Creta, c’è più gusto tra spiagge remote, villaggi tipici e trekking in montagna Un viaggio a Creta, l’isola greca distesa di fronte la Libia, non finisce mai di sorprendere nemmeno chi, come me, la frequenta da molti anni. Testo e foto di Carmen Guerriero

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sud est dell’isola, se non si preferisce la comodità di un grosso centro come l’affollata città di Ierapetra, si può meglio optare per i tantissimi dintorni che hanno numerosi bei villaggi interni caratteristici, come Myrtos, Anatoli, Kalo Horio, Kalamafka, Aghios Ioannis, disseminati tra mare e montagne, ricchi di atmosfera e fascino di altri tempi, con piccoli monasteri, minuscole chiesette nelle grotte, fortezze, spiagge pressoché deserte e taberne

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senza pretese, dove scoprire, però, i sapori autentici di una cucina straordinaria, madre della dieta mediterranea. Nel piccolo villaggio di Kalamafka, Ταβέρνα Πανόραμα è una piccola realtà familiare che, quotidianamente, perpetua la tradizione delle specialità locali, quali ‘staka’, ‘mizithropites’, dolmadakia’, oltre a quella del maialino ed agnello alla brace, speziati e dalla gustosissima pelle croccante come una patatina fritta. Qui, tra mezedes (Μεζέδες) antipasti greci e raki, rigorosamente prodotto

dal padrone di casa!, è possibile sperimentare il piacere della famosa ospitalità cretese, che diventa festa collettiva quando, all’improvviso, giunge il casaro di qualche villaggio vicino, con la sua cesta colma di forme di “graviera”, tipico formaggio di latte pecora e di capra, e ricotta fresca ed inizia ad offrirne a tutti! La strada interna che da Kalamafka corre verso Ierapetra è un posto di bellezza aspra e selvaggia, immersa nella foresta di Selakano, uno dei più importanti ecosistemi

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A pagina 59, verso Xerocambos. In questa pagina, Dall’alto, in senso orario: la spiaggia a Aghios Ioannis, Ierapetra; forme di Graviera; Mezedes e vino della casa, Ταβέρνα Πανόραμα; l’insalata greca della taberna Alatsi, Aghios Ioannis, Ierapetra. A pagina 61, Xerocambos.

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dell’isola ed, in generale, del Mediterraneo, in cui predomina una particolare specie di pino, il pinus brutia, resistente alla siccità e al sassoso della zona, sferzata da un forte vento pressoché costante tra alte vette costellate di pini, cipressi, platani, peri selvatici, salvia e rosmarino e profonde gole, come quelle di Aghios Ioannis, in cui le grandi cascate di Mylonas, dopo un tranquillo percorso di circa 30

minuti, spiccano un salto di oltre 40 metri di altezza. Ritornando sulla strada principale che conduce a Xerocambos, Alatsi è una taberna che offre un ambiente marinaro, dalle linee pulite, confortevole, servizio accurato e cortese e piatti gustosi con specialità locali, a prezzi davvero contenuti (non ho mai speso più di 26 euro in due), oltre ad una bella spiaggia attrezzata e poco frequentata (mai più di 10

persone!). Ad un’ora circa da qui, quasi all’estremità dell’isola, il villaggio di Xerocambos, può, senza tema, definirsi una delle località dove si trovano le più incantevoli spiagge di tutto il Mediterraneo! L’impegno del viaggio, non da poco! tra continui tornanti e strapiombi sul mare, viene, poi, ripagato da spiagge assolate, panorami stupendi ed emozioni indelebili nel cuore e nella mente. ▣


I castelli dei paesi catari e il fascino delle città di Carcassonne e Narbonne Un avvincente viaggio alla scoperta della storia e dei luoghi attraversati dalla crociata medievale contro l’eresia catara. di Giovanna Turchi Vismara

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rogrammare un viaggio nel sud della Francia, nell’Aude, nella regione Linguadoca-Rossiglione per visitare Carcassonne e Narbonne e quanto resta di alcuni arditi castelli del territorio, significa venire a contatto con alcune località che conservano indelebili i segni di una grande tragedia che li ha coinvolti. Sono i luoghi dei paesi attraversati dalla crociata

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contro l’eresia catara proclamata dal Papa Innocenzo III nel 1208. Il catarismo fu un movimento cristiano ma decisamente contrario alla Chiesa di Roma. Si diffuse tra il 1100 e il 1200 nell’Europa meridionale e in particolare in Francia nella regione di Albi da cui derivò il nome di Albigesi. Alcuni signori di Provenza e alcuni vescovi, tra cui quelli di Tolosa, Carcassonne e Narbonne, permisero a questi “eretici” di

A pagina 63, Narbonne: canale e, in basso, l’Abbazia di Fontfroide. A pagina 64 e 65, Carcassonne: il castello e, in basso, la Cattedrale di Saint Nazaire e vista sulla città.

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predicare nei villaggi e anche di ricevere cospicui lasciti. La chiesa di Roma fu durissima verso tale eresia e durante la crociata furono conquistati città e castelli e i tribunali dell’Inquisizione mandarono bruciati sul rogo centinaia di eretici. Nel 1209 i Crociati misero a ferro e fuoco Carcassonne e Narbonne sotto il comando di Simon de Monfort che divenne signore di Tolosa e, dopo la sua morte nel 1218, fu il re di Francia a diventare padrone di tutti quei territori. Gli

Albigesi continuarono a ribellarsi contro le forze reali ma alla fine del 1255 furono schiacciati e il movimento andò spegnendosi contemporaneamente al lungo declino della cultura e della lingua occitana nel Sud della Francia. Oggi a ricordare quell’epopea medievale, oltre alle due mitiche città rimangono alcune vestigia dei castelli e numerose abbazie sorte però con la funzione di contrastare l’eresia e rafforzare la posizione cattolica. Il 15 agosto 1209

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Carcassonne fu la prima a capitolare. Dopo travagliati secoli di storia, la città abitata fin dall’antichità da Romani, Visigoti, Saraceni e Franchi, si presenta oggi nella sua parte più alta, grazie anche ai restauri ottocenteschi eseguiti da Violet-le-Duck, con il suo inconfondibile aspetto di fortezza, il più bell’esempio di architettura medievale in Francia. Le sue fortificazioni, iniziate per volere di Luigi IX intorno al 1240, comprendono 2 cinte concentriche rafforzate da 52 torri e aperte da due porte.

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A pagina 66, Castello di Peyrepertuse e, in basso, Castello di Quéribus. A pagina 67, Narbonne, vigneti. In questa pagina, piccoli pâté. A pagina 69, lumache e, in basso, ostriche.

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All’interno, sul lato ovest, si trova il castello con 4 torri; l’area restante è occupata dal borgo medievale con vie strette e tortuose e dalla vecchia cattedrale caratterizzata da una semplice navata romanica e da uno splendido coro gotico. La città, iscritta nel patrimonio mondiale dell’UNESCO dal 1997, offre ai visitatori la piacevole opportunità di compiere una interessante crociera sul mitico Canal du Midi che scorre tra rive verdi e ombrosi boschi. Costruito nel XVII secolo sotto il regno di Luigi XIV, per oltre 200 anni

ha assicurato il trasporto delle merci da Tolosa al mare. Oggi, in seguito allo sviluppo delle vie ferroviarie, affida la sua importanza all’attività turistica, rimanendo comunque l’espressione di una vera e propria opera d’arte con le sue 63 chiuse, 126 ponti, 55 acquedotti, 7 ponticelli, 6 dighe e 1 tunnel. Ma i veri gioielli che circondano Carcassonne e che nel Medioevo erano considerati i suoi cinque figli sono i cinque castelli che diedero asilo agli Albigesi durante le persecuzioni. Distrutti per tale motivo, alla fine della crociata furono ricostruiti ed elevati a

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fortificazioni reali con lo scopo di difendere il Rossiglione dal regno di Aragona. Dopo la fine del XVIII secolo furono però abbandonati e lasciati alla rovina. Oggi, dopo attente opere di restauro, due di questi castelli (Peyrepertuse e Quéribus) sono aperti al pubblico, mentre gli altri tre (Anguilar, Termes, Puilaurens) sono ancora rovinosi e inagibili. Il Castello di Peyrepertuse si eleva T U RI S M O I NT E RNAZ I O NAL E

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e quasi si mimetizza su una vertiginosa parete di roccia del massiccio delle Corbières, a 800 metri di altezza sul villaggio di Duilhacsous-Peyreperteuse, dominando sulla sottostante splendida distesa di vigneti. Sono vigneti che producono vini rossi a denominazione di origine controllata (AOC in Francia) le cui varietà sono Carignan, Grenache noir, Syrah. Sono vini di grande personalità dagli aromi speziati e fruttati che si accompagnano a carni rosse, selvaggina e al cassoulet. Questo castello è considerato il più importante esempio di architettura fortificata medievale in Linguadoca. E’ composto da tre parti: la cinta bassa e il suo torrione, la cinta mediana e il torrione di SanJordi al quale si accede attraverso una stretta e ripida scala detta di San Luigi, scavata nella roccia. Da questo punto, volgendo lo sguardo sull’ampio panorama, si vede svettare in lontananza il castello di Quéribus. Il castello di Quéribus, ultima roccaforte della resistenza catara a cadere nelle mani dei Crociati nel 1255, si erge con la sua elegante silhouette a più di 700

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metri di altitudine sulla cresta meridionale delle Corbières. Dalla sua sommità offre un panorama mozzafiato delle Corbières, del Rossiglione, del Mediterraneo e dei Pirenei. Questo castello fa parte del comune di Cucugnan, caratteristico villaggio che vanta nella sua parte più alta la presenza di un antico mulino ancora funzionante, e nella piccola chiesa romanica preserva gelosamente una statua del XV secolo raffigurante la “Madonna incinta”. E’ questa una rarità perché tali raffigurazioni furono distrutte dopo la Controriforma. Prima di giungere a Narbonne è quasi d’obbligo una sosta all’Abbazia cistercense di Fontfroide, dallo stupendo chiostro romanico, sorta alla fine dell’XI secolo e notevole centro attivo durante la crociata contro gli Albigesi. Narbonne, prima colonia romana fondata in Gallia nel 118 a.C., devastata successivamente da Visigoti e Arabi e conquistata nel 719 da Pipino il Breve, divenne poi feudo dei Conti di Tolosa. Assalita e conquistata dai Crociati, fu scelta come sede

dei concili contro gli Albigesi tra il 1211 e il 1227. Attraverso i suoi numerosi monumenti si legge la sua millenaria storia. Nel centro della città è ben visibile un reperto di strada romana legato alla famosa via Domizia, la grande arteria che collegava Roma alla Spagna. Sulla piazza principale si affaccia il monumentale palazzo degli Arcivescovi, di stile avignonese (sec. XIV) a cui si accosta la Cattedrale gotica di Saint-Just. Interessante è anche la visita agli “horrea”, gallerie sotterranee del tempo dei Romani, adibite a vari usi. Nel cuore delle Halles di Narbonne, all’interno di un elegante edificio liberty, brulica di vita un mercato tutto particolare che rappresenta l’anima della città e offre prodotti freschissimi, dagli ortaggi ai pesci alle carni, la cui qualità è riconosciuta in tutta la regione. Qui cittadini e visitatori, in un’atmosfera di serena allegria, nell’ora del mezzogiorno si soffermano negli appositi stand per gustare le specialità del luogo e bere l’ottimo vino prodotto nel territorio. ▣ www.audetourisme.com

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Asiago: non solo formaggio, ma luogo ideale di vacanza nel Bel Paese In questo territorio, dove la tradizione casearia ha radici antichissime, natura incontaminata, quiete e ospitalità dei suoi abitanti offrono la possibilità di praticare sport, di rilassarsi, ma anche di divertirsi. di Nicoletta Curradi – Foto Consorzio Tutela Formaggio Asiago DOP

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nche se l’estate sta per finire, è sempre il momento giusto per andare alla scoperta dell’Asiago DOP, nel suo territorio dalle radici millenarie fatte di gesti, conoscenze e valori trasmessi di generazione in generazione. Per chi cerca una vacanza lontana dalla confusione, in cui respirare davvero aria pura, i monti sono la soluzione. Lo sanno bene le vacche che ogni anno, d’estate, lasciano le stalle per andare a riposare negli alpeggi. Una volta raggiunti i pascoli montani,

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il paesaggio e anche i ritmi cambiano e ci permettono d’assaporare l’unicità di produzioni inimitabili come l’Asiago DOP. Questo formaggio nasce sull’Altopiano di Asiago e nelle zone montane. È certo che, in questo territorio,

la tradizione casearia abbia radici antichissime. Già intorno all’anno Mille si producevano formaggi gustosi, ricavati da latte di pecora. L’Altopiano di Asiago, noto anche come Altopiano dei 7 Comuni, è una delle mete

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più eleganti e ambite del turismo invernale ed estivo in Veneto. Ma è in estate che questi luoghi mostrano il loro aspetto più suggestivo perché natura incontaminata, quiete, ospitalità dei suoi abitanti offrono la possibilità di praticare sport, di rilassarsi, ma anche di divertirsi. Paradiso per gli appassionati di trekking, e mountain bike, l’Altopiano offre punti d’osservazione unici e itinerari che, partendo dalle malghe, si snodano nelle sue zone più belle e suggestive. Un’esperienza che permette di godere di panorami mozzafiato fermandosi a degustare il

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formaggio che ha portato in tutto il mondo il nome di questo territorio, l’Asiago DOP. Da molti secoli, con l’estate, inizia il tempo dell’alpeggio, cioè il momento in cui le vacche vengono condotte in montagna, oltre i 600 metri, per trascorrere i mesi estivi tra prati e boschi. È proprio qui, oltre i 600 metri, che nasce l’Asiago DOP Prodotto della Montagna, la prima DOP italiana di

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montagna riconosciuta e tutelata dall’Unione Europea per le sue caratteristiche uniche. Dalla raccolta del latte alla mungitura, dalla trasformazione in formaggio fino alla stagionatura, tutta la filiera si compie tra queste montagne, così come garantisce il rigido disciplinare di produzione del Consorzio Tutela Formaggio Asiago. In alpeggio le vacche respirano aria buona, si

muovono libere all’aperto, fanno tanto movimento e si alimentano delle centinaia di specie di fiori ed erbe che fanno di questo Altopiano un campione di biodiversità. Una ricchezza che si ritrova intatta nel gusto e nel sapore dell’Asiago DOP Prodotto della Montagna, che può essere Fresco o Stagionato. Il primo, prodotto con latte intero, ha un sapore delicato e dolce, ottenuto con una stagionatura minima di 30 giorni. Lo Stagionato, a base di latte parzialmente scremato, riposa minimo 90 giorni e sprigiona profumi intensi, aromatici e speziati, che derivano dalla particolare flora presente in Altopiano. Per riconoscerli occorre guardare la crosta: se vi è impresso il marchio a fuoco “Prodotto della Montagna” non si può

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sbagliare. Il formaggio Asiago DOP Prodotto della Montagna Stravecchio, stagionato almeno 18 mesi, è anche Presidio Slow Food. I custodi di una delle più antiche tradizioni, la produzione di formaggio Asiago DOP, sono i malghesi e i casari di montagna delle aziende socie del Consorzio Tutela Formaggio Asiago DOP che, col loro lavoro tramandato di padre in figlio, tutelano un saper fare antico, nato in queste terre molti secoli fa. La loro attività determina importanti benefici anche per l’ecosistema. Con lo sfalcio naturale fatto dalle vacche lasciate libere nei pascoli e la continua manutenzione dei malghesi, il territorio montano rimane pulito e in ordine, preservato dall’avanzare del bosco e delle erbe infestanti. ▣

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A Fano torna il BRODETTO FEST Dall’11 al 13 settembre si danno appuntamento i grandi nomi della cucina italiana. di Franco Mioni – Foto Omnia Comunicazione

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l Festival del Brodetto si prepara a trasformare la città adriatica in un immenso dehors dedicato al suo piatto simbolo. La kermesse affermatasi negli anni con il nome di “Festival Internazionale del Brodetto e delle Zuppe di Pesce” si prepara a rendere ancora una volta Fano capitale del Brodetto e a catturare i turisti del gusto con le numerose novità in programma per la diciottesima edizione. Info: FestivalBrodetto.it Prima fra tutte l’area in cui si svolgerà (con ingresso gratuito): il Festival si allarga dalla tradizionale zona mare per raggiungere (e riempire di profumo di brodetto) il centro storico. Il risultato finale? Un’intera città pronta a celebrare

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sulla tavola il piatto simbolo dell’identità marinara del territorio, dove i ristoranti saranno coinvolti nel proporre menu, a pranzo e a cena, a base di zuppa. Tavoli e sedie riempiranno gli spazi all’aperto di Fano, pronta a diventare una città aperta caratterizzata anche visivamente dall’immagine del Festival, per coinvolgere il pubblico e per celebrare il piatto. Una rivoluzione voluta dagli organizzatori, Confesercenti di Pesaro-Urbino e Comune di Fano in collaborazione con la Regione Marche, per estendere e dar man forte sia alla stagione turistica che agli esercenti locali. Tra le novità di quest’anno il “Brodetto Bus”, che collegherà i visitatori del Festival dai parcheggi alle diverse location del Festival,

e poi l’App per prenotare tutti gli appuntamenti della kermesse. La macchina organizzativa è inoltre al lavoro per confermare gli altri ingredienti che hanno reso grande, nel corso degli anni, il BrodettoFest: gli spettacolari cooking show con gli chef di fama nazionale si svolgeranno, come di consueto, al Pala Brodetto; qui la storia della zuppa di pesce abbraccerà l’interpretazione del presente e il pubblico potrà degustare i piatti di chef blasonati del calibro di Moreno Cedroni, Mauro Uliassi, Luigi Pomata, Igles Corelli, Errico Recanati, Costardi Bros, Stefano Ciotti, Carmelo Carnevale, che hanno calcato il palco-cucina di Fano nelle precedenti edizioni. Nelle tre giornate della

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L’ A N T I C A Z U P PA D E I P E S C AT O R I I l b ro d e t t o , c h e f a p a r t e d e l l a s t o r i a d i Fa n o q u a n t o c u l t u r a , mura, chiese e antiche vestigia, è un piatto nato a bordo dei p e s c h e re c c i . Pe r re a l i z z a r l o i pescatori utilizzavano i pesci non idonei alla vendita per d i m e n s i o n i o p e rc h é ro v i n a t i d a l l e re t i : s e n z a e s s e re s f i l e t t a t i venivano cucinati in un tegame con olio, cipolla, concentrato d i p o m o d o ro e a c e t o ; i l t u t t o veniva accompagnato con il pane raffermo. Una ricetta

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semplice, un piatto versatile che s a re b b e p o t u t o f i n i re n e l p a s s a t o g a s t ro n o m i c o m a rc h i g i a n o s e C o n f e s e rc e n t i d i Pe s a ro e U r b i n o non avesse avuto l’intuizione d i re c u p e r a re s t o r i a e o n o r i d e l “B ro d e t t o a l l a f a n e s e ” , r i l a n c i a r l o e , p e r 1 8 a n n i , re n d e r g l i o n o re a t t r a v e r s o i l Fe s t i v a l e l ’ i n i z i a t i v a c o l l a t e r a l e “Fu o r i B ro d e t t o” c h e , d a s e t t e m b re 2 0 2 0 , c o i n v o l g e r à i ristoranti del territorio nel p ro p o r re i l p i a t t o a u n p re z z o convenzionato.

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diciottesima edizione sarà inoltre possibile assistere ai talk show per conoscere personaggi legati al mondo del food e non solo: approfondire le tematiche, le criticità e i progetti del settore della pesca; partecipare insieme ai più piccoli agli appuntamenti dell’area Brodetto & Kids, lo spazio per far conoscere ai bimbi il grande tesoro dell’Adriatico; rilassarsi durante il Festival con la bevanda tipica dei pescatori di Fano, a cui il Festival riserva l’area del MeetMoretta. Vivere, quindi, contornati da splendidi paesaggi di mare e collina, una città da scoprire seguendo gli itinerari legati all’arte, alla storia e alla cultura. Confermato anche il “Fuori Brodetto”, che subito dopo lo svolgimento della kermesse permetterà di gustare il brodetto alla fanese per un mese a un prezzo convenzionato nei ristoranti del territorio. ▣

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Greco di Tufo DOCG, lo storico Oro di Irpinia Un vitigno antico che cresce su una terra gialla e solforosa, in un territorio unico e caratteristico come il vino che vi si produce. Testo e foto di Carmen Guerriero

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l Greco di Tufo è un vitigno legato intimamente al suo territorio, tanto da portarne il nome. Siamo in Irpinia, in un piccolo areale tra otto

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comuni della DOCG: Altavilla Irpina, Chianche, Montefusco, Prata di Principato Ultra, Petruro Irpino, Santa Paolina, Torrioni e Tufo, da cui prende il nome.

Columella riferisce di un “vitigno Greco”, l’Aminea Gemina, che, grazie ai Pelasgi, abili navigatori dell’Asia Minore (scavi a Catal Huyuk, Turchia) poi in Tessaglia, arrivò nel IV

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millennio a.C. ai piedi del Vesuvio e poi in Irpinia, a Tufo (AV). DOC dal 1970 e DOCG dal 2003, l’ “Oro d’Irpinia” cresce su una terra gialla e solforosa, con pendenze che non consentono meccanizzazioni, dove, dalla metà dell’800 e fino agli anni ’60, hanno prosperato miniere di zolfo. E’ brillante, dal paglierino intenso al dorato, floreale giallo, specie ginestra, fruttato, pesca gialla, albicocca e scorza d’arancia fresca, A GROAL I ME N T ARE N AZ I ONAL E

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A pagina 82, vigneti Claudio Quarta Vignaiolo, San Paolo (AV). A pagina 83, vigneti Cicogna, Benito Ferrara. In basso, Alessandra Quarta. In questa pagina, da sinistra: Daniela, Walter e Paolo Mastroberadino, azienda Terredora. A pagina 86, Gabriella Ferrara.

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in evoluzione candita, minerale, note sulfuree, sorso pieno, struttura complessa e armoniosa, finale lungo e sapido, ammandorlato. Oggi la produttività dell’Irpinia è di 10 milioni di bottiglie l’anno, di cui 3,2 milioni di bottiglie dai 600 ettari di vigna dell’areale del Greco di Tufo, in cui le aziende curano standard qualitativi elevati. “Occorre intervenire il meno possibile, le fermentazioni sono spontanee in acciaio senza nessuna chiarifica o filtrazione”- sottolinea Gabriella Ferrara, azienda Benito Ferrara, 20 ettari di terreno, gran parte vigneti a onda di mare, come “Cicogna” da cui il cru più

apprezzato dell’azienda. La tutela richiede anche opere strutturali per agevolare condizioni produttive e servizi. “La valorizzazione del Greco di Tufo deve avere buona e giusta cartellonistica sul territorio di produzione, con aree, paesaggi e bei panorami”– precisa Paolo Mastroberardino, enologo e titolare con la sorella Daniela dell’azienda Terredora a Montefusco (AV), dal 1978 artefice del rinascimento vitivinicolo campano con moderne innovazioni nelle coltivazioni. ”Abbiamo cercato di mostrare che dietro una bottiglia di vino non c’è solo una storia aziendale ma la storia di

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un territorio” -sottolinea Daniela Mastroberardino”Crediamo che una cantina debba essere presidio. Oggi, questa filosofia ha acquistato altre sfumature, sempre con molta attenzione al presidio del territorio in termini di sostenibilità”. Valore, crescita economica ed enoturismo, la tutela dell’unicità è capacità di fare rete tra i produttori, ma anche supporto delle Istituzioni. “Occorre un maggiore impegno delle amministrazioni per assicurare alla comunità

strade adeguate, paesaggi curati, borghi ben tenuti. Sono questi i prerequisiti per lo sviluppo turistico. Il turismo del vino in Irpinia, invece, continua ad essere più un argomento per convegni che un’opportunità per le aziende” -prosegue Daniela Mastroberardino“I protocolli d’intesa non possono restare contenitori vuoti perché per lo sviluppo serve investire risorse. Le aziende devono fare la loro parte per mettersi in rete, singolarmente è più difficile fare turismo… occorre fare un salto di qualità

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complessivamente, ma non si può chiedere sempre solo alle aziende, bisogna ci siano opportunità concrete. Manca una politica turistica regionale a favore delle aree interne”. Il Greco di Tufo DOCG rappresenta lo storico legame di questo prezioso lembo d’Irpinia col vino. E’ fortissimo in questa zona il desiderio di realizzare un grande investimento per il territorio non solo vitivinicolo, ma anche turistico. Ecco perché a Chianche, uno degli otto Comuni dell’areale,

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da alcuni mesi è partito il progetto “Strada dei Vigneti del Greco di Tufo DOCG” promosso dalla Pro Loco Planca, a cura della scrivente giornalista in collaborazione con Teobaldo Acone, Ambasciatore dell’Associazione Nazionale Città del Vino, e siglato, poi, in un Protocollo d’intesa con la Regione Campania, al fine di realizzare una filiera enoturistica virtuosa, con best practices, rete di attori coinvolti, paesaggio, per il rilancio dell’Irpinia tra i territori eccellenti internazionali. “La chance di qualsiasi progetto è che il turismo del vino diventi un po’ di più la norma e in Irpinia dobbiamo lavorare molto” il commento

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di Daniela Mastroberardino. “Promozione, formazione e comunicazione” il suggerimento di Teobaldo Acone, ma il territorio non è pronto per l’accoglienza. “Siamo in presenza di un’area che non ha servizi, né ristorativi né alberghieri” - conferma Paolo Mastroberardino - “Il turismo di queste aree è ambientale e paesaggistico su cui innestare, nelle aree DOCG e DOC, anche quello enologico, con l’augurio che comincino a crescere attività gastronomiche o agro turistiche”. “L’Irpinia, tra paesaggi, storia, cultura, ricchezza enogastronomica, biodiversità, è territorio straordinariamente ricco”

– fa eco Alessandra Quarta - “La rete è essenziale strategia di valorizzazione di identità culturale di quest’area. Ogni progetto per il territorio ha un’importanza chiave. E’ assurdo che nei programmi turistici della Regione Campania, Avellino e Benevento nemmeno siano identificati sulle cartine”. Alla luce di tanto, appare chiaro che occorre una fattiva cooperazione delle Istituzioni locali per piani pro imprenditoria giovanile, agevolazioni fiscali ed opportunità per progetti, idee e lavoro dei giovani, futuro di questa terra e veri custodi delle sue preziose risorse, come il Greco di Tufo. ▣

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Sardegna, il turismo punta a enogastronomia e tradizioni Non solo pane carasau, ma anche miele, Zafferano di Sardegna DOP, pasta fresca fatta a mano, bottarga, pescato del giorno e molto altro ancora, e sempre più spesso in versione bio. di Carmen Guerriero - Foto gruppo Delphina

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a Sardegna rilancia l’offerta turistica della stagione 2020 puntando sulla grande tradizione enogastronomica, agricola e pastorale, rispetto per l’ambiente e rapporto con l’economia del territorio. È crescente, infatti, il tasso di produzioni certificate biologiche, tra i più alti in Italia. Non solo pane carasau, specialità della Barbagia e Civraxiu, una pagnotta dalla crosta scura e tanta mollica, ma anche miele, Zafferano di Sardegna DOP,

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pasta fresca fatta a mano, bottarga, pescato del giorno, prelibate carni galluresi, frutta e verdura dei produttori locali ed i formaggi, tra cui le tre DOP, il Pecorino Romano (prodotto anche nel Lazio e in Toscana), il Pecorino Sardo fresco o stagionato e il Fiore Sardo, tipico della Barbagia di Ollolai, oltre la ricotta e il casu axedu, immancabile abbinamento a salumi o nella preparazione di dolci tipici come la sebadas. In abbinamento i vini (15 Igt, 17 Doc e 1 Docg) da vitigni autoctoni delle diverse aree territoriali come il Cannonau,

vino corposo a bacca nera, già prodotto in epoca nuragica, la Vernaccia di Oristano, prodotto già in età fenicia, una delle DOC sarde (1971) e il Vermentino di Gallura DOCG, perni intorno cui si muove la vasta offerta turistica. Sul fil rouge della tradizione enogastronomica isolana, anche le grandi cucine a vista degli eleganti hotel a 4 e 5 stelle diventano vetrine ideali per coinvolgere i turisti nella preparazione degli chef di specialità tipiche tradizionali da gustare, poi, dalle terrazze panoramiche dei ristoranti, immersi nella

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natura esuberante dell’isola. A Palau, il ristorante lle Flottante, Hotel Capo d’Orso del gruppo alberghiero sardo Delphina, offre una cucina marinara dal pescato freschissimo, con tavoli “a pelo d’acqua” sulla baia turchese di Cala Capra, antistante l’Arcipelago de La Maddalena, insieme a Il Paguro e Gli Olivastri, dalle scenografiche terrazze sul mare, immerse tra i profumi pepati dei ginepri. A soli dieci minuti di auto da Santa Teresa Gallura, l’offerta gastronomica si amplia con “Li Zini”, ristorante del Resort Valle dell’Erica, 5 stelle, eletto Miglior Green Resort d’Europa 2019 ai World Travel Awards, per esclusive cene romantiche a piedi nudi sulla sabbia o con

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“Les Bouches”, dedicato a proposte di specialità vegetariane e vegane o, ancora, “Li Ciusoni” (nome dei tipici gnocchetti), dedicato a chi vuole scoprire

gli autentici sapori galluresi, a base di carni cotte alla griglia o nel forno a legna, come il tipico maialino da latte, salumi della zona rurale, verdure sott’olio

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alla maniera tradizionale, paste fresche fatte a mano e i saporiti formaggi locali, accompagnati dal robusto Cannonau, imbottigliato in esclusiva dall’azienda “Riserva del Presidente” per Delphina. Lungo il tratto di costa tra Alghero e Santa Teresa Gallura, l’Hotel Marinedda di Isola Rossa vanta ben quattro diversi ristoranti, con possibilità di acquistare parte della selezione dei prodotti, come l’olio extravergine di oliva, spezie, marmellate, bottarga, tisane biologiche, mirto, tutti da aziende in Sardegna. Un ventaglio di scelte diverse per scoprire gusti e sapori autentici della Sardegna. ▣

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A pagina 89, Resort Valle dell’Erica: Ristorante Li Ciusoni, e, in basso, Ristorante Li Zini. A pagina 90, Ile Flottante, Hotel Capo d’Orso. In basso, Zuppetta di scorfano, Hotel Marinedda. In questa pagina, Aragosta, Valle dell’Erica. In basso, pasta e cozze, Hotel Marinedda.

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Le aziende vinicole Toscane al tempo del Covid-19 Il Coronavirus non ha fermato le aziende vinicole toscane, che, seppure tra mille difficoltà, si sono rimboccate le maniche e hanno portato avanti i loro progetti. di Nicoletta Curradi

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n tempi di emergenza sanitaria, è sempre più importante prestare attenzione ai processi produttivi di quanto entra a far parte della nostra alimentazione. Un’azienda toscana persegue già da epoche non sospette

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una filosofia sostenibile, proseguendo la sua attività senza soste. La Tenuta MonteRosola, situata presso Volterra, costruita nel XV secolo come avamposto fortificato per il Castello di Pignano, in seguito divenne

una fattoria che produceva olio d’oliva, vino e grano. Le colline che circondano Volterra si innalzano per oltre 600 metri e sono spazzate dal vento per gran parte dell’anno. Il carattere della terra e lo speciale microclima sono particolarmente adatti

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alla produzione di vino e olio d’oliva grazie alle sane condizioni di crescita. L’intenso lavoro manuale in vigna e oliveto è integrato con moderne tecnologie agricole per il raggiungimento dei più alti standard di qualità. Nel 1999, Gottfried Schmitt e Carmen Vieytes acquistarono MonteRosola e iniziarono un rigoroso processo di rinnovamento e restauro preservando il carattere originale della tenuta e ripiantarono un uliveto e un vigneto all’avanguardia. Nel 2013 Bengt ed Ewa Thomaeus hanno acquisito la proprietà e oltre 120 ettari di terreno circostante, trasformando

l’intera tenuta in agricoltura biologica, certificata dal 2018. Il vigneto e l’oliveto sono in fase di ampliamento con varietà di olive e uva sia già presenti, sia nuove. Una moderna Eco-Cantina dallo stile avveniristico è stata inaugurata nel 2019 dopo tre anni di lavori realizzati dallo studio di Paolo Prati. I vigneti di MonteRosola si trovano tra le celebri regioni vinicole del Chianti, di Bolgheri e di Montalcino, dove il terroir offre l’ambiente ottimale per la produzione di vini di prima classe. I vini incarnano la natura ricca e vibrante del variegato paesaggio di Volterra e trasmettono note complesse che rendono i vini molto

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interessanti. Attualmente la superficie vitata annovera diciannove ettari, undici dei quali in produzione, mentre il progetto è quello d’arrivare a venticinque ettari a vigneto. Nei nuovi impianti, accanto ai classici vitigni internazionali quali Merlot, Syrah e Cabernet, si è dato spazio a Sangiovese, Grechetto e Vermentino. La cantina è completamente autosufficiente per energia, in quanto dotata di impianto geotermico. Un’intercapedine tra la cantina stessa ed il terreno fa sì che ci sia una costante circolazione dell’aria ed alloggia tutti gli impianti. I vasi vinari sono costituiti da quattordici vasche in cemento

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non vetrificato “Tulipe”. La cantina è ideale per degustazioni di vino su misura, eventi privati ​​e tour esclusivi. Gli ospiti possono scegliere tra differenti esperienze di degustazione e le due eleganti sale sono progettate per gruppi fino a 50 ospiti. La filosofia vinicola di MonteRosola e la costante attenzione ai dettagli determinano la qualità inconfondibile dei vini insieme a metodi di coltivazione delicati e rispettosi dell’ambiente. I vini prodotti, pluripremiati, sono tutti Igp Toscana.

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Cassero IGT 2018 si abbina perfettamente ad antipasti a base di pesce, per esempio carpaccio di tonno e pesce spada al forno agli agrumi. Primo Passo Bianco Toscana IGT, ottenuto da uve Grechetto, Viognier e Manzoni bianco, è ispirato ad una delle opere di Mauro Staccioli, artista volterrano di fama internazionale. Si abbina ad aperitivi e antipasti a base di salmone, ma anche al pollo arrosto con erbe e patate. Crescendo IGT 2018 Sangiovese 100 % si accompagna a carni rosse arrosto, brasati, spezzatino di

cinghiale. Mastio IGP 2018 Sangiovese si accosta piacevolmente alla classica pizza cotta a legna e ai sapori toscani: salame, prosciutto e pecorino. Un’altra azienda toscana, la Tenute Folonari, una delle più antiche d’Italia, anche in tempo di pandemia, continua gli investimenti in vigneti e tecnologia per il rafforzamento dell’azienda: da un lato la completa automazione del processo produttivo con un investimento sulle cantine; dall’altro l’allargamento delle superfici vitate che, partito nel 2019 con la Tenuta di

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Campo a Mare di Bolgheri, prosegue con gli interventi previsti nella tenuta Nozzole di Greve in Chianti. Sul fronte dell’adeguamento delle cantine l’intervento già avviato consentirà entro il 2020 di giungere alla completa automazione del processo produttivo con importanti progressi attesi sia sul fronte della riduzione dei costi che di miglioramento della qualità del packaging. Notevoli gli interventi volti ad ampliare i vigneti nelle cinque tenute di proprietà. In particolare, a Greve in Chianti, nella Tenuta di Nozzole, sono stati realizzati

nuovi impianti di Sangiovese per un totale di 5 ettari. A Bolgheri, nella Tenuta di Campo al Mare, sono stati, invece, impiantati tre ettari tra Cabernet Franc e Cabernet Sauvignon e 1,2 ettari di Vermentino. Nel periodo di lockdown le Tenute Folonari hanno presentato una nuova etichetta che entra a far parte della gamma di Baby Super Tuscan delle Tenute: il Syrah e Merlot, un blend di 60% uve Syrah e 40% uve Merlot. Una quarta proposta di “vino frutto” che vede anche l’inserimento di un nuovo vitigno nell’offerta

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dell’Azienda: il Syrah. Si tratta di una gamma di vini intelligenti, caratterizzata da coppie di vitigni internazionali che affinano esclusivamente in acciaio dando luce a vini piacevoli, freschi, perfetti per aperitivi o da abbinare a finger food e street food. Il Syrah e Merlot, con la sua intensità, completa la gamma dei Baby Super Tuscan preannunciandosi un altro vino “nato già grande”, dal gusto avvolgente e dal colore rubino con riflessi viola. ▣ Info: www.monterosola.com www.tenutefolonari.com

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Il biologico e il naturale

ripartono da SANA RESTART L’evento traina la ripresa del settore con un format “in sicurezza” e apre con la seconda edizione di Rivoluzione Bio, gli Stati Generali del Biologico. a cura Redazione Centrale su comunicato SANA – Foto Ufficio Stampa SANA

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re giorni di manifestazione, da venerdì 9 a domenica 11 ottobre, e tre aree tematiche, Food, Care & Beauty e Green Lifestyle, per SANA RESTART: il mercato italiano del biologico e del naturale affida la ripartenza al proprio evento fieristico di riferimento e si dà appuntamento a Bologna

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(www.sana.it). Un nuovo lay-out accoglierà gli operatori e i visitatori, con un’organizzazione degli spazi strutturata per lo svolgimento in sicurezza del primo appuntamento “in presenza” post pandemia. I padiglioni 31, 32, 33, 35 e il Centro Servizi di BolognaFiere saranno la nuova location di SANA RESTART che assicurerà, accanto ai

consolidati standard di servizio, la possibilità di attivare due ingressi – SudMoro e Ovest-Costituzione – a disposizione del pubblico per una ancor più funzionale gestione dei flussi di visitazione. Entrambi gli Ingressi sono collegati con mezzi pubblici, alla stazione ferroviaria, alla città e all’aeroporto cittadino, un plus importante per un pubblico

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sensibile alla tematica della mobilità sostenibile. I quattro grandi padiglioni consentiranno, inoltre, massima flessibilità nella distribuzione delle aree merceologiche dell’evento Food, Care & Beauty e Green Lifestyle.

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a sicurezza al centro del business

Business, networking e sicurezza sono al centro del nuovo progetto di BolognaFiere, impegnata in un’importante azione a

supporto del rilancio delle aziende del settore con il progetto SANA RESTART. La sicurezza di operatori e visitatori è assicurata dal protocollo e dalle procedure messe in atto da BolognaFiere che consentono il riavvio, in totale tranquillità, dell’attività espositiva, grazie a

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format e soluzioni logistiche, finalizzati a garantire il distanziamento sociale, evitare assembramenti e tutelare la salute di tutti i soggetti coinvolti. L’efficacia delle misure cautelative si vedrà già dall’arrivo in Fiera: l’acquisto dei titoli di ingresso sarà effettuabile esclusivamente online, attraverso il sito della manifestazione con indicazione della giornata di visita. Una procedura che consentirà di azzerare le possibilità di assembramento alle biglietterie e avere un puntuale controllo sul numero di visitatori atteso. Sul fronte della sicurezza ogni ambito della rassegna espositiva sarà oggetto di attenzione specifica. Tra le molteplici azioni si prevede: igienizzazione degli spazi utilizzati prima dell’apertura giornaliera; verifica della temperatura degli utenti attraverso portali con telecamere a infrarossi; accesso consentito solo con la mascherina; disponibilità capillare di gel igienizzanti; presenza di sistemi di control room wifi per identificare le zone di assembramento; grande attenzione al riciclo dell’aria e alla pulizia e sanificazione degli ambienti; gestione della ristorazione per consentire il distanziamento anche con nuovi servizi di prenotazione online degli slot di utilizzo e di catering presso gli stand. Ad apprezzare la proposta N E W S DAL L’I T A L I A

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formulata da BolognaFiere sono innanzi tutto gli espositori, che stanno aderendo numerosi a SANA RESTART: cresce la fiducia e crescono le domande di partecipazione da parte delle aziende, fra cui importanti leader di mercato, a conferma di un clima generale in netta ripresa e volontà di incontro, in persona, con la propria business community.

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rande opportunità per gli espositori di SANA RESTART: è operativo il finanziamento agevolato SIMEST per la partecipazione alle fiere internazionali in Italia. Tutti i dettagli per richieste e condizioni al link: https://www.simest.it/ partecipazione-a-fiere-emostre

che permetterà a SANA RESTART di intercettare un’importante fascia di pubblico, quella degli associati e attivisti Slow Food, si fonda anche sulla condivisione di valori, come la sempre più marcata attenzione all’ambiente e alla sostenibilità, che a SANA trovano ampio e riconosciuto spazio.

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importanti

uove partnership, nuovi appuntamenti, conferme

Slow Food, FederBio e BolognaFiere hanno siglato un accordo strategico per mettere a disposizione delle imprese ulteriori strumenti di business, aprendo nuovi scenari per il mondo del bio italiano. La nuova partnership,

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IVOLUZIONE BIO, a Bologna gli Stati Generali del biologico

L’iniziativa – promossa da BolognaFiere in collaborazione con FederBio/AssoBio e con la segreteria organizzativa di Nomisma – torna quest’anno durante la giornata di

apertura dell’evento con una seconda edizione dedicata al confronto tra istituzioni, player della filiera ed esperti del settore su temi di primo piano, come la salvaguardia ambientale, il cambiamento climatico e la biodiversità, alla luce del Green Deal Europeo e dell’emergenza sanitaria. Nell’ambito di RIVOLUZIONE BIO si presenterà anche l’atteso Osservatorio SANA 2020, lo strumento che monitora i numeri chiave della filiera biologica, dalla produzione fino alle dimensioni del mercato. L’Osservatorio è promosso da BolognaFiere e curato da Nomisma, con il patrocinio di FederBio e AssoBio e il sostegno di ICE. ▣

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Siddùra Golf Cup, vino e sport, in Costa Smeralda L’emozionante sfida cui hanno partecipato 130 golfisti provenienti da tutto il mondo. di Carmen Guerriero - foto azienda Siddùra

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port e vino sono i due prestigiosi brand della Sardegna su cui la nota azienda vitivinicola Siddura, fondata nel 2008 dalla famiglia Gottesdiener,

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diretta e amministrata fin dall’inizio dall’imprenditore sardo Massimo Ruggero, ha deciso di puntare quest’estate per il rilancio del settore turistico e per comunicare le caratteristiche dei vitigni autoctoni maggiormente

rappresentative della Sardegna. La gara singola intitolata “Siddùra Golf Cup” ha avuto luogo nel prestigioso Pevero Golf Club, il campo da 18 buche più famoso, dove qualche giorno fa si è svolta

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l’emozionante sfida cui hanno partecipato 130 golfisti provenienti da tutto il mondo. I vincitori sono stati premiati con vermentino e cannonau dell’azienda Siddura a Luogosanto, espressione del terroir della Sardegna e della tipicità dei vitigni autoctoni. Situata nelle vallate vicino al paesino medioevale di Luogosanto, nel cuore della Gallura, l’azienda estende le proprie coltivazioni su terreni sciolti, spesso aridi, ideali per la viticoltura, misti di granito, sabbia e argilla, dove si rincorrono colline pettinate da filari su quaranta

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ettari di vigneto che produce nove etichette: Vermentini di Gallura Spèra, Maìa e Bèru, il Cannonau rosato Nudo, i Cannonau – DOC e Riserva – Èrema e Fòla, il Cagnulari Bàcco, l’internazionale Tìros e il passito Nùali. Già negli anni Cinquanta l’azienda imbottigliava Vermentino da vendere sul vicino e florido mercato dell’isola di La Maddalena. Da allora, la filosofia aziendale di produzione non è cambiata: la produzione del vino inizia nel vigneto, essendo il vino un vero riflesso del suo terroir. ▣

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