A scuola di salute - Gennaio 2018

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A scuola di salute Gennaio 2018

Tutto su OBESITÀ, ANORESSIA & Co.

Gli adolescenti e il cibo:

obesità e Disturbi del Comportamento Alimentare Istituto per la Salute del Bambino e dell’Adolescente


Indice

01

Gli adolescenti e il corpo: perché parliamo

di obesità e anoressia Pag. 03

02

Obesità Cosa c’è da sapere Pag. 04

03

Il cibo e gli adolescenti Pag. 16

04

Anoressia Cosa c’è da sapere Pag. 18

05

Obesità, 5 consigli del pediatra Anoressia, 5 consigli del pediatra Pag. 30-31

Coordinamento editoriale: A.G. Ugazio, N. Zamperini Comitato di redazione: G. Morino, A. Reale, A. Tozzi, A. Turchetta, S. Vicari, F. Gesualdo Segreteria: M. Mathieu


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01

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di ALBERTO G. UGAZIO

Gli adolescenti e il corpo: perché parliamo di obesità e anoressia Obesità e Disturbi del Comportamento Alimentare (come anoressia e bulimia) sono patologie differenti. Hanno però in comune il corpo dei ragazzi, la loro psiche e il loro rapporto con il cibo. Da sempre, gli adolescenti hanno un rapporto dialettico con il proprio corpo. Un corpo che si trasforma, che cambia con il passare degli anni in una delle fasi più complesse della crescita di un essere umano. Il rapporto con il corpo è diventato, però, un fattore di importanza sempre crescente. E lo è soprattutto ai tempi dei social network, quando

questa relazione viene portata all’esterno, per essere valutata dal proprio gruppo di amici e conoscenti attraverso like, condivisioni, voti. Il corpo è oggetto di giudizio immediato, il selfie uno specchio pubblico, che esce dalla dimensione privata della propria cameretta. Sono questi i motivi che ci hanno spinto a proporre questo numero, che mette insieme obesità e anoressia. All’interno trovate i contributi dei nostri specialisti e i consigli per affrontare al meglio queste condizioni. Buona lettura!

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02. Obesità Cosa c’è da sapere

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Obesità: un’unica definizione per un mondo di problemi Pag. 06

I consigli pratici per la prevenzione e per la terapia dell’obesità Pag. 07

Quale sport per quale paziente? Pag. 12

Ancora abbuffate: lo shottino e l’adolescente Pag. 14

E se il fegato è grasso? La steatosi epatica in età pediatrica Pag. 15

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di GIUSEPPE MORINO

Obesità: un’unica definizione per un mondo di problemi Si tratta di una delle grandi emergenze sanitarie dei paesi ad alto sviluppo: ecco come si valuta e cosa c’è da sapere

L’obesità infantile rappresenta oggi una delle grandi emergenze sanitarie dei paesi ad alto sviluppo e l’Italia detiene, in Europa, uno dei primati negativi di bambini e adolescenti con eccesso di peso. La definizione di obesità e sovrappeso si basa sul calcolo dell’indice di massa corporea o body mass index (BMI), cioè il rapporto tra peso corporeo, espresso in chilogrammi, e il quadrato dell’altezza, espressa in metri. Il BMI viene poi rapportato alla popolazione normale per età e sesso.

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IL RUOLO DEL PEDIATRA È compito del pediatra valutare il bambino, individuare il problema ed eventualmente indicare un approfondimento attraverso l’invio ad un centro specializzato, dove verrà effettuata anche una valutazione del metabolismo. È importante ricordare, infatti, che anche il bambino con semplice sovrappeso può presentare già in età precoce delle complicanze come il fegato grasso (steatosi epatica), livelli elevati di insulina, trigliceridi, colesterolo, uricemia e pressione arteriosa aumentata, che configurano – se presenti – un quadro complesso noto come sindrome metabolica.

UN APPROCCIO PERSONALE Oggi si tende a parlare del ragazzo con obesità piuttosto che dell’obesità infantile in generale in quanto, pur essendoci alla base del sovrappeso/obesità fattori comuni (familiarità, sedentarietà, errate abitudini alimentari), ogni bambino è diverso dall’altro: abbiamo il mangione (“Ha sempre fame e spizzica”), il selettivo (“Rifiuta alimenti come frutta, verdura, pesce e legumi”), il sedentario (“Solo divano”), il depresso (“Si chiude in camera e mangia di nascosto”). Ogni bambino pertanto necessita di un approccio individualizzato, ludico e motivante. In relazione al quadro clinico (se non complicato) sarà importante proporre al bambino percorsi specifici volti a migliorare l’alimentazione (terapia educazionale per un’alimentazione equilibrata e bilanciata) e stimolare il movimento.


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di MIRELLA ELIA

I consigli pratici per la prevenzione e per la terapia dell’obesità L’educazione alimentare dell’adolescente, più che alla prescrizione di diete (normo/ipocaloriche) che vengono spesso disattese, deve essere volta a stimolare comportamenti autonomi e corretti. Una strategia è quella di indirizzare verso il consumo di porzioni adeguate per quantità e frequenza di assunzione, relativamente all’età.

degli alimenti più calorici o a maggior contenuto di grassi e zuccheri. Questi, infatti, se consumati assiduamente, aumentano la quota calorica globale giornaliera e alterano l’equilibrio tra i diversi tipi di nutrienti. Invece, diversificando il più possibile la dieta e bilanciando le varie scelte nel tempo si può raggiungere il giusto equilibrio. Altri suggerimenti possono • Importanza della colaessere i seguenti: zione. Saltare un pasto, in • Variare gli alimenti. Non esistono “cibi cattivi” e “cibi buoni” in assoluto e quindi non c’è bisogno di rinunciare ai cibi più graditi. È importante invece controllare l’assunzione

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particolare la colazione, può scatenare una fame incontrollata, che spesso porta a mangiare troppo e in modo sconsiderato ai pasti successivi. Sono consigliati alimenti ricchi in carboidrati come pane, cereali, biscotti e frutta accompagnati da latte o yogurt per una colazione dolce, o da prosciutto e formaggio per una colazione salata. • Spuntini intelligenti. Gli

spuntini servono a comgli spuntini a base di carbattere i fisiologici cali boidrati complessi (es. glicemici che possono un pacchetto di cracker) verificarsi tra la prima o di fibre (per es. noci o colazione e il pranzo e mandorle o frutta), per tra il pranzo e la cena. prolungare il senso di saÈ importante che per lo zietà. spuntino vengano scelti • Frutta e verdura. È bene alimenti che, per qualità che siano sempre pree quantità, non interfesenti per assicurare il giuriscano sulle assunzioni sto apporto di vitamine, dei pasti successivi. Dosali minerali e soprattutto vrebbero rappresentare fibra. Inoltre la presenza circa il 5-8% della quota di verdura ai pasti princicalorica globale. Ideali pali o di frutta negli spun-

Porzioni consigliate nelle diverse fasce di età e frequenze di consumo Alimenti

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10-12 anni

13-15 anni

16-18 anni

Frequenza

Pasta

60-70 g

70-80 g

100 g

giornaliera

Riso o altri cereali

60-70 g

70-80 g

100 g

giornaliera

Pane

60 g

60-80 g

80 g

giornaliera

Biscotti o cereali da colazione

50 g

50 g

50 g

giornaliera

Carne

60 g

70-80 g

90-100 g

Pesce

70-80 g

80-100 g

100-120 g

Uovo

n. 1

n. 1-2

n. 1-2

3-4 volte alla settimana 2 volte alla settimana 2-3 volte alla settimana

Legumi secchi

30 g

40 g

50 g

3 volte alla settimana

Formaggio

50 g

60 g

80 g

2 volte alla settimana

Latte e yogurt

400 g

400 g

400 g

giornaliera

Verdure cotte

200 g

200 g

200 g

giornaliera

Verdure crude

200 g

200 g

200 g

giornaliera

Frutta

350 g

350 g

400 g

giornaliera

Olio extra vergine di oliva

30 ml

30 ml

30 ml

giornaliera


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tini contribuisce a tener rafforza gli aspetti sociali • In presenza di obesità sotto controllo la quota del mangiare e della condiventa fondamentale ascalorica globale. divisione. Avere impegni sociare uno schema die• Prediligere alimenti a regolari come un’attività tetico ipocalorico ad un base di carboidrati comsportiva o un hobby aiuta incremento dell’attività fiplessi. La presenza di cegli adolescenti a combatsica e del movimento. reali a pranzo e a cena tere sedentarietà e noia, è fondamentale, perché alleati principali di soforniscono energia, sono vrappeso e obesità. facilmente digeribili (so- • In presenza di leggero prattutto nei casi in cui è sovrappeso è sufficiente prevista l’attività sportiva adottare strategie per dinel pomeriggio) e hanno minuire l’apporto calorico un ottimo potere saziante. attraverso la scelta di ali• Adeguare il comportamenti a minor contenuto mento. Semplici modifidi zuccheri e grassi. che ambientali possono aiutare i ragazzi ad avere un rapporto più sereno con il cibo. Consumare i pasti in famiglia, coinvolgendo anche gli amici,

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Consigli per la riduzione dell’apporto calorico Non aggiungere zucchero a bevande di per sé dolci (latte, spremute)

Preferire, per la colazione, biscotti secchi, cereali o fette biscottate, integrali o meno, per un maggior effetto saziante

Ridurre drasticamente il consumo di caramelle e gomme (in alternativa consumare prodotti con dolcificanti ipocalorici ma sempre limitandone il consumo)

Inserire il dolce in sostituzione di altri alimenti, se consumato nell’ambito di un pasto (per esempio rinunciando alla razione di pane) o come merenda, scegliendo il tipo con meno calorie (per esempio crostata o ciambellone)

Evitare l’assunzione, senza controllo, di bevande dolci gassate e aranciata (1 bicchiere equivale a 80 chilocalorie)

Preferire l’acqua come bevanda dissetante e non succhi di frutta (per il loro apporto calorico possono essere inseriti nello spuntino)

Sostituire i gelati alla crema con gelati alla frutta o ghiaccioli

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Consigli per diminuire il contenuto dei grassi

Dosare l’olio con il cucchiaio

Scegliere formaggi con basso tenore di grassi

Usare spezie e aromi per aumentare l’appetibilità dei cibi

Limitare l’uso di alimenti precotti

Preferire metodi di cottura che non richiedono l’aggiunta ulteriore di grassi (pentola a pressione, padelle antiaderenti, griglia, forno)

Preferire il pane ai grissini e ai cracker

Eliminare il grasso visibile dalla carne e dagli insaccati

Utilizzare latte parzialmente scremato e yogurt magro

Preferire il prosciutto crudo privato di grassi o la bresaola o l’arrosto di tacchino agli altri insaccati

Preferire i biscotti secchi ai frollini

Limitare il consumo di uova a 2-3 volte a settimana, il consumo di formaggio a 2 volte e il prosciutto crudo a 1 volta

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Quale sport per quale paziente?

di ATTILIO TURCHETTA

L’attività fisica consiste nell’usare il corpo così com’è disegnato: abbiamo bisogno di muoverci regolarmente quando possibile L’attività fisica va oltre lo sport e il semplice esercizio, riguarda piuttosto la relazione tra l’essere umano e il suo ambiente. Consiste nell’usare il corpo così come è disegnato: abbiamo bisogno di camminare spesso, qualche volta di correre, e comunque di muoverci regolarmente quando possiamo, al lavoro, a scuola, durante il tempo libero. L’ATTIVITÀ FISICA E IL BENESSERE Abbiamo ormai molteplici prove scientifiche del fatto che la pratica regolare di attività fisica nei bambini e negli adolescenti promuove la salute e il benessere. I ragazzi attivi, paragonati ai non attivi, hanno un livello più elevato di rendimento cardiovascolare, una muscolatura più forte, un peso più vicino a quello ideale. Sono quindi più resistenti, meno ansiosi o depressi, e hanno un minore rischio di malattie cardiache, diabete di tipo 2, ipertensione arteriosa, osteoporosi. Naturalmente, in età pediatrica, l’attività fisica riveste anche un ruolo fondamentale nello sviluppo armonico delle capacità motorie e quindi nella crescita della persona. Nel pre-adolescente, la prescrizione dell’attività fisica ottimale rispetta il principio della multilateralità: proporre più attività a limitato 12

carattere addestrativo che mirino a sviluppare in modo quantitativo le capacità coordinative generali. Si possono ottenere benefici notevoli con un esercizio da moderato a vigoroso per anche soli 60 minuti al giorno. Queste attività dovrebbero includere esercizi di tipo aerobico, così come esercizi di rafforzamento muscolare adeguati all’età. Infatti, in età pediatrica, così come negli adulti, la quantità totale di attività fisica è più importante delle sue specifiche componenti (frequenza, intensità o durata) o del mix di tipologie (aerobiche, anaerobiche, muscolo o scheletro specifiche): in poche parole, poco importa come ma è importante muoversi, regolarmente, con metodo.


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L’attività fisica perfetta in una settimana A piedi andata e ritorno da scuola (20 min) Attività in famiglia (20 min)

Lunedì

Salto della corda (10 min) Ginnastica a scuola (10 min) A piedi a scuola (20 min) Martedì

Gioca al parco (25 min) Si arrampica sulla piccola parete attrezzata del parco (15 min)

Da casa a scuola a piedi (20 min) Gioca con gli amici (25 min) Salto con la corda (10 min)

Mercoledì

Corre (5 min) Si stiracchia (2 min)

Giovedì

Attività di gioco con la famiglia (30 min) (queste si potrebbero integrare con le attività degli adulti) Gioca a calcio (30 min)

A piedi a scuola e ritorno (20 min) Gioca con gli amici (25 min)

Venerdì

Bicicletta (15 min)

Gioca al parco (30 min) Sabato

Si arrampica sulla struttura del parco (15 min) Bicicletta (15 min)

Gioca al parco (10 min) Gioca a calcio (40 min) Gioca con i familiari (10 min)

Domenica 13


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Ancora abbuffate: lo shottino e l’adolescente

di ANDREA CAMPANA

I rischi del consumo di alcol e, soprattutto del binge drinking. Ecco cosa possono fare genitori e insegnanti Da tempo il consumo di alcol è considerato come il terzo più grande rischio per la salute dei paesi sviluppati, ma da qualche anno si sta assistendo ad una progressiva anticipazione delle fasce d’età interessate e ad una diversa modalità d’assunzione con precise finalità. I RISCHI DELL’ALCOL Tra queste, il “binge drinking” (assunzione di più alcolici diversi nella stessa occasione) si è affermato tra i giovani come fenomeno di emulazione per combattere la noia, disinibirsi ed essere più bril-

La popolazione giovane (18-24 anni) è quella più a rischio per il binge drinking, frequente soprattutto durante momenti di socializzazione, come dichiara il 17,0% dei ragazzi (21,8% dei maschi e 11,7% delle femmine) (dati Istat).

I numeri 14

lanti, intenzionalmente finalizzato ad ubriacarsi nel minor tempo possibile durante i momenti di socializzazione. Il fenomeno è preoccupante, non solo per i danni acuti e cronici che può provocare alla salute, ma soprattutto per la perdita di controllo e per i comportamenti potenzialmente pericolosi, per sé e per gli altri, che ne derivano. L’abuso di alcool può infatti associarsi all’uso di sostanze stupefacenti, influisce sull’apprendimento e sulle prestazioni scolastiche, riducendo i voti e aumentando la probabilità di abbandono degli studi prima della laurea. I SEGNALI PREOCCUPANTI Vuoti di memoria, difficoltà a concentrarsi, cambiamenti del ritmo sonno veglia con eccessiva sonnolenza diurna, alterazioni del tono dell’umore, aggressività immotivata, cefalee sono alcuni tra i segni che devono insospettire familiari, insegnanti e il medico, che sono chiamati a lavorare insieme per fronteggiare il problema. Da qui l’assoluta necessità di informare e svolgere un’azione preventiva con largo anticipo rispetto al momento in cui gli adolescenti acquisiranno quell’autonomia che li porterà alle prime uscite serali.


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E se il fegato è grasso? La steatosi epatica in età pediatrica di CLAUDIA DELLA CORTE

Tre domande (e risposte) sulla steatosi epatica nel bambino Il fegato grasso (steatosi epatica non alcolica, NAFLD) è l’accumulo di grasso nel fegato in assenza di assunzione di alcool e di altre possibili cause organiche di epatopatia. L’importante aumento della frequenza dell’obesità infantile negli ultimi decenni ha di fatto comportato, di conseguenza, un’aumentata frequenza di NAFLD, ritenuta una volta appannaggio esclusivo dell’età adulta, anche in età pediatrica. QUANTI BAMBINI COLPISCE? Il fegato grasso colpisce, in media, tra i 3 e i 10 bambini su 100 nel mondo. Un valore che può salire fino a 50-80 su 100 a seconda della localizzazione geografica e di particolari fattori di rischio (sovrappeso e obesità, insulino-resistenza, diabete di tipo 2 e dislipidemie).

COME SI MANIFESTA? Esiste una steatosi epatica semplice, che è la forma più comune della malattia e ha generalmente un decorso benigno, e una steatosi caratterizzata da un quadro più grave, con alterazioni del tessuto epatico che predispongono all’insufficienza epatica e, secondo numerosi autori, al carcinoma epatico. QUAL È LA TERAPIA? La terapia della NAFLD pediatrica è rappresentata sostanzialmente da modifiche dello stile di vita (corretta alimentazione e stile di vita attivo). Approcci terapeutici diversi (farmaci, quali anti-ossidanti, insulino-sensibilizzanti, o supplementi alimentari, quali omega-3, probiotici e/o vitamina D) non sembrano del tutto efficaci nel contrastare il danno epatico. Sono in corso ulteriori studi su nuovi farmaci che, da soli o in associazione, possano migliorare tale patologia.

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03. Il cibo e

Perché parliamo di obesità e anoressia

di FRANCESCO GESUALDO

gli adolescenti Si tratta di malattie profondamente diverse che, tuttavia, hanno alcuni punti in comune. Ecco perché ne parliamo insieme Perché parlare di obesità e di anoressia nella stessa rivista? Si tratta di malattie profondamente differenti. Diversa è la loro frequenza (l’anoressia è una condizione abbastanza rara, mentre l’obesità è molto comune), diversa l’età di esordio, diversi sono il loro livello di complessità e l’approccio terapeutico. Quello che accomuna obesità e anoressia è il fatto che sono malattie del corpo degli adolescenti, e della loro mente. Corpo e mente, soprattutto in pediatria, non vanno mai considerati come entità indipendenti. Per comprendere davvero lo stato di salute del bambino o dell’adolescente è sempre necessario esplorare anche temi psicologici.

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Uno di questi temi è la relazione con il cibo. E qui troviamo un’altra chiave di lettura per comprendere l’accostamento di queste due malattie. Una distorta relazione con il cibo è alla base dell’obesità e dell’anoressia. Ascoltare le storie del rapporto con il cibo della famiglia e del bambino significa, per noi pediatri, poter cogliere precocemente comportamenti a rischio, proporre un’educazione alimentare corretta, ed effettuare una preziosa azione preventiva. Cominciamo parlando con i genitori fin dai primi giorni di vita. L’allattamento al seno previene l’obesità, e questo è solo uno dei tanti motivi per i quali deve essere pro-

mosso sempre, con passione e tenacia. Continuiamo a dialogare con i genitori nei mesi e negli anni successivi. Fin da quando il bambino inizia a mangiare cibi solidi, esiste spesso il rischio di favorire l’instaurarsi di una relazione poco virtuosa con il cibo proprio a causa di una mediazione invasiva da parte del genitore e della famiglia. Mi raccomando finisci tutto quello che hai nel piatto! Niente cioccolata se non ti comporti bene! Oggi sei stato bravissimo, ti sei meritato un gelato! Spesso viene fatta pressione ai bambini perché mangino il più possibile. Il cibo viene a volte utilizzato come premio, o come ricatto. Inoltre, spesso un biscot-


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to viene scelto senza troppi scrupoli per intrattenere il bambino se è annoiato o per calmarlo se è nervoso. A volte inoltre si è portati, come genitori, a stigmatizzare le differenze di forma fisica o di appetito tra fratelli. Tutto questo può aprire le porte a un rapporto poco equilibrato con il cibo. Negli anni successivi, possiamo parlare direttamente con il bambino, e poi con l’adolescente. Approfondire la conversazione ci permette di comprendere meglio le sue abitudini alimentari. Manifestare empatia nel dialogo ci può aiutare a conquistare la fiducia del paziente, requisito fondamentale per provare a correggere abitu-

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dini sbagliate o rischiose. L’osservazione e il dialogo con l’adolescente ci permette inoltre di cogliere delle avvisaglie precoci di Disturbi del Comportamento Alimentare come anoressia o bulimia. L’instaurarsi di comportamenti selettivi nei confronti di alcuni alimenti, l’emergere di aspettative insistenti sulla

forma fisica, il cambiamento improvviso del modo di vestire per coprire le forme. L’identificazione precoce del problema ne permette una precoce gestione, con migliori probabilità di successo.

Una distorta relazione con il cibo è alla base dell’obesità e dell’anoressia. Ascoltare le storie del rapporto con il cibo della famiglia e del bambino significa, per noi pediatri, poter cogliere precocemente comportamenti a rischio, proporre un’educazione alimentare corretta, ed effettuare una preziosa azione preventiva.

FOCUS ON 17


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04. Anoressia Cosa c’è da sapere

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Il camaleonte del Disturbo del Comportamento Alimentare Pag. 20

?

Anoressia e Bulimia: quali sono le cause? Pag. 21

Disturbi del Comportamento Alimentare: quanto conta la famiglia? Pag. 22

Cosa può fare il genitore di un ragazzo con un Disturbo del Comportamento Alimentare? Pag. 23

Lavorare con la mente: il trattamento neuropsichiatrico Pag. 26

La riabilitazione nutrizionale

Pag. 28

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di VALERIA ZANNA

Il camaleonte del Disturbo del Comportamento Alimentare Con questa formula si indicano un insieme di sindromi determinate da cause diverse e che si presentano in modo estremamente variabile

I Disturbi del Comportamento Alimentare (DCA) costituiscono un insieme di sindromi determinate da cause diverse. Possono presentarsi in modo estremamente variabile: accanto a forme temporanee dovute a precise tappe evolutive e ad alcuni momenti critici dello sviluppo, si possono, infatti, delineare quadri molto seri che determinano un grave impatto sullo sviluppo sia fisico che psicologico del bambino.

LA BULIMIA NERVOSA La Bulimia Nervosa ha caratteristiche psicologiche molto simili all’Anoressia Nervosa. Tuttavia, è più difficile da riconoscere, in quanto coloro che ne soffrono non raggiungono mai il grave deperimento tipico dell’anoressia e mantengono un rapporto peso-altezza apparentemente adeguato. Il sintomo che caratterizza questo disturbo è l’abbuffata (cioè l’introduzione in un tempo relativamente breve di una quantità di cibo ecL’ANORESSIA NERVOSA cessiva). Una volta iniziata, Una delle forme più comuni l’abbuffata non si può interè sicuramente l’Anoressia rompere, se non quando si è Nervosa, caratterizzata da completamente consumata. una volontaria restrizione alimentare dovuta ad un’ec- IL DISTURBO cessiva preoccupazione per EVITANTE/RESTRITTIVO il peso e le forme corporee. Recentemente, inoltre, il Questa forma si esprime in Manuale diagnostico e stauna continua e ossessiva tistico dei disturbi mentali paura di ingrassare e nel- (DSM-5) ha introdotto una la ricerca della magrezza, nuova categoria diagnospesso accompagnata da comportamenti di compenso come il digiuno, il vomito autoindotto o l’abuso di lassativi o diuretici.

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stica per i DCA infantili ovvero il Disturbo evitante/ restrittivo. Questo disturbo può interferire con la normale curva di crescita in altezza e peso del bambino e determinare una importante perdita di peso. Mentre nell’anoressia nervosa il rifiuto del cibo è legato al controllo del peso e ad una alterata percezione dell’immagine corporea, nel Disturbo evitante/restrittivo la restrizione alimentare può essere dovuta a mancanza di interesse verso il cibo, al suo gusto, alla sua consistenza o alla paura delle conseguenze che l’atto del mangiare può provocare (es. vomito, mal di stomaco, soffocamento).


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Anoressia e Bulimia: quali sono le cause?

?

di ALBERTA MEREU

di STEFANO VICARI

I Disturbi del Comportamento Alimentare sono determinati da più fattori, sia di natura genetica-biologica sia ambientale I Disturbi del Comportamento Alimentare sono malattie complesse determinate da più fattori sia di natura genetica-biologica sia ambientale. In generale, la maggiore vulnerabilità osservata nelle ragazze adolescenti o in giovani adulte sembra suggerire come questi disturbi possano essere scatenati dai cambiamenti fisici e ormonali che caratterizzano la pubertà nonché da una possibile difficoltà evolutiva nel passaggio dall’infanzia alla vita adulta. Tuttavia, negli ultimi anni, abbiamo assistito ad una diffusione dei Disturbi del Comportamento Alimentare in età ancora più precoci. Se, da un lato, questo fenomeno può essere spiegato dall’abbassamento dell’età della prima mestruazione (menarca) e da un anticipato

ingresso nell’età adolescenziale, dall’altro può essere ricondotto alla prematura età in cui bambini e adolescenti sono esposti alle pressioni sociali e culturali dei media, internet e social network in particolare. Molti specialisti ritengono, infatti, che lo sviluppo e la diffusione di questi disturbi sia correlata anche allo sviluppo di un modello socioculturale che idealizza la magrezza e la performance personale e disprezza l’eccesso di peso che assume un valore sociale altamente negativo. Ulteriori fattori di rischio che possono contribuire ad un’evoluzione verso un Disturbo del Comportamento Alimentare sono i modelli proposti dalla famiglia e dal gruppo dei coetanei che spesso, a loro volta, esaltano l’ideale della magrezza e incoraggiano comportamenti di dieta. È noto, infine, come la probabilità di insorgenza di Disturbi del Comportamento Alimentare, e di anoressia in particolare, sia maggiore in contesti sportivi agonistici soprattutto in quelli dove la magrezza è ritenuta condizione essenziale per ottenere risultati di rilievo.

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di MARIA CHIARA CASTIGLIONI

Disturbi del Comportamento Alimentare: quanto conta la famiglia? Le dinamiche familiari possono svolgere un ruolo rilevante nel moderare il disturbo soprattutto se a soffrirne è un bambino o un adolescente

I Disturbi del Comportamento Alimentare o Disturbi dell’Alimentazione sono caratterizzati da una alterazione delle abitudini alimentari e da un’eccessiva preoccupazione per il peso e per le forme del corpo. Insorgono prevalentemente durante l’adolescenza e colpiscono soprattutto il sesso femminile. QUALI SONO LE CAUSE La causa dei disturbi dell’alimentazione è multifattoriale e coinvolge fattori biologici e ambientali. Le caratteristiche del funzionamento familiare non sembrano rientrare tra queste. Si ritiene, piuttosto, che possano svolgere un ruolo rilevante nel moderare il disturbo soprattutto se a soffrirne è un bambino o un adolescente. La presenza di dinamiche disfunzionali all’interno delle relazioni familiari può, infatti, contribuire al mantenimento del disturbo o, al contrario, un contesto familiare accogliente e sano ne

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può facilitare una evoluzione positiva. Alcune modalità interattive, rigide e ripetute nel tempo, sembrano essere particolarmente disfunzionali: da una parte l’iperprotettività, la scarsa differenziazione dei confini generazionali con una confusione del ruolo genitore-figlio; dall’altra la difficoltà ad affrontare i conflitti e ad esprimere le emozioni negative con una tendenza ad evitarle. QUANTO CONTA LA FAMIGLIA Comunque, più il bambino è piccolo, più è importante coinvolgere la famiglia nel trattamento fin dalle prime fasi del disturbo. Osservare un bambino che non mangia sollecita nei genitori una grande risposta emotiva che spesso contribuisce a rinforzare il sintomo piuttosto che a ridurlo. Le reazioni genitoriali possono essere diverse: accanto a comportamenti che tentano di forzare la chiusura alimentare del bambino, si possono

accompagnare forme completamente opposte dove i genitori tendono ad assecondare eccessivamente i gusti e le difficoltà che emergono durante i pasti. Difficilmente i genitori possono uscire da questa empasse da soli ed è chiaro che per risolvere la problematica bisogna intraprendere un percorso indirizzato anche ad una correzione dei modelli di interazione familiare disfunzionali. In adolescenza, chiaramente, i compiti evolutivi cambiano e il sintomo alimentare può essere espressione di una difficoltà a far fronte alle nuove richieste di emancipazione e di autonomia. Anche in questo caso, accanto ad una terapia individuale volta a rinforzare le competenze dell’adolescente, è importante sintonizzare i genitori su questa nuova fase di sviluppo e sostenere le pressioni e le provocazioni che in questa specifica età tendono ad emergere.


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di FRANCESCO DE MARIA

Cosa può fare il genitore di un ragazzo con un disturbo del comportamento alimentare? La famiglia ha un ruolo importante: bandite le critiche, i giudizi e le colpevolizzazioni

La causa dei Disturbi del Comportamento Alimentare (DCA) è sempre complessa. L’esperienza clinica, tuttavia, suggerisce che inadeguate o distorte abitudini familiari giocano un ruolo nel favorire, mantenere o aggravare un disturbo alimentare di un proprio componente. Il suggerimento fondamentale per aiutare i genitori a modificare le loro abitudini e i loro comportamenti è questo: quello che accade al proprio figlio/a è determinato da una malattia specifica che si chiama Anoressia o Bulimia nervosa.

di un DCA non ha controllo della propria malattia e deve essere aiutato a riconoscerla e sconfiggerla. La famiglia ha quindi un compito importante. Un atteggiamento critico nei confronti delle abitudini alimentari disfunzionali del figlio/a aggrava ulteriormente lo stato di malattia e contribuisce a una inadeguata consapevolezza del disturbo. L’atteggiamento e i comportamenti consigliati sono accettazione e accoglimento del figlio con il DCA, mentre sono bandite le critiche, i giudizi e le colpevolizzazioni. Questa modalità d’approccio diI DISTURBI DEL venta funzionale al miglioCOMPORTAMENTO ramento e alla guarigione. ALIMENTARE SONO È importante, inoltre, che MALATTIE il DCA non sia l’unico arLa mancanza di volontà gomento di conversazioo la scelta individuale non c’entrano nulla. Chi soffre

ne condiviso. Al contrario, nella relazione genitore-flglio/a con DCA è bene che la comunicazione sia basata sull’ascolto e sull’osservazione di quello che accade. L’obiettivo è quello di accogliere e facilitare le espressioni emotive familiari ed individuali di inadeguatezza, insicurezza, paura, vergogna e colpa, dando voce a ciò che non si può o non si riesce ad esprimere, ma che fa star male. Non è un percorso facile. Per questo oltre all’approccio di cura individuale del paziente, è necessario e imprescindibile anche un sostegno psicologico ai componenti della famiglia.

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I Genitori Dovrebbero indirizzare la rabbia verso il disturbo, non verso i figli che ne sono affetti. Una persona con DCA non agisce di proposito, nÊ per attirare l’attenzione

Non sono la causa del disturbo del comportamento alimentare e non dovrebbero essere colpevolizzati

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Devono comprendere che l’anoressia nervosa è una condizione grave, che probabilmente non migliorerebbe senza trattamento


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I Genitori

Devono comprendere che il disturbo compromette la capacità del figlio/ della figlia di prendere decisioni ragionevoli sul cibo e sull’esercizio fisico. Sono i genitori che devono dunque occuparsi di questi aspetti

Devono essere responsabili per il recupero del peso, che è il primo passo del trattamento

Dovrebbero sostenere e supervisionare i pasti e gli spuntini

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di VALERIA ZANNA

Lavorare con la mente: il trattamento neuropsichiatrico Il Multifocal Integrated Treatment (MIT) promosso dall’Ospedale Bambino Gesù coinvolge pazienti e genitori e lavora su psicologia, nutrizione e farmacologia

Coinvolgere più figure professionali nella cura. Ecco il suggerimento di tutte le linee guida che riguardano il trattamente dei Disturbi del Comportamento Alimentare (DCA). L’obiettivo deve essere permettere al paziente il recupero del peso previsto per età e altezza, promuovere l’educazione a una sana e corretta abitudine alimentare, sostenere i genitori, correggere le distorsioni cognitive implicite nella sintomatologia alimentare e approfondirne il significato psicologico sottostante. IL TRATTAMENTO DELL’OSPEDALE BAMBINO GESÙ Il Multifocal Integrated Treatment (MIT) promosso dall’Ospedale Bambino Gesù viene realizzato in regime di Day Hospital e si articola contemporaneamente su diversi livelli di cura - indi-

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viduale, familiare, genitoriale - e diverse aree di intervento: psicologica, nutrizionale e farmacologica. In tale contesto, compito del neuropsichiatra è integrare in un’unica visione i diversi momenti del trattamento e valutare complessivamente l’andamento clinico. Ad oggi, nessun farmaco è considerato un intervento di prima scelta, ma rappresenta solo una possibilità aggiuntiva alle diverse terapie psicologiche. UN TRATTAMENTO PER PAZIENTI E GENITORI La psicoterapia è di gruppo e si rivolge ai pazienti e ai genitori. Nel caso del paziente la psicoterapia ha lo scopo primario e immediato di offrire uno spazio d’ascolto e di confronto con i pari in un contesto protetto. In questo spazio la figura del terapeuta assume un ruolo

di mediazione e contenimento. In secondo luogo, la psicoterapia di gruppo permette di riflettere sul significato psicologico del sintomo e migliorare l’adattamento al mondo esterno. Per i genitori, invece, il gruppo ha lo scopo di rinforzare la collaborazione genitoriale nel processo di cura, laddove il cambiamento della famiglia può costituire una valida risorsa per l’evoluzione positiva della malattia. Il nutrizionista, infine, rispettando le scelte alimentari personali, lavora sul recupero di un rapporto con il cibo più equilibrato, non dominato dall’atteggiamento di controllo ossessivo. Obiettivo ultimo è aiutare il paziente a focalizzarsi sul significato di un’alimentazione sana e sul corretto funzionamento del corpo, anziché sul peso e l’immagine fisica.


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di TERESA CAPRIATI

La riabilitazione nutrizionale Acquisizione di senso di sazietĂ e di fame

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Ripristino di un peso sano

Acquisizione conoscenze sul funzionamento del corpo

6 2 Obiettivi

5 Normalizzazione dell’alimentazione

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Acquisizione conoscenze su una corretta alimentazione

4 Abbandono focalizzazione su immagine fisica

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di T.C.

La riabilitazione nutrizionale Frazionamento dei pasti (per evitare volumi eccessivi)

1 Intervento cognitivo sulla corretta alimentazione

Definizione di precisi orari dei pasti

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5

Regole generali 3

Evitare atteggiamenti rituali

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Evitare pasti solitari e preferire pasti condivisi

Evitare lunghi periodi di digiuno


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05. ObesitĂ e

anoressia

5 consigli del pediatra Vi lasciamo con una serie di brevi consigli pratici per aiutare le famiglie ad orientarsi all’interno di queste patologie e per comprendere meglio come comportarsi.

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Obesità: 5 consigli del pediatra

Non utilizzare il cibo come premio, ricatto o intrattenimento Condividere i pasti con il bambino/il ragazzo proponendo un’alimentazione equilibrata Incoraggiare l’attività fisica anche condividendola

Evitare i fuori pasto e proporre degli spuntini leggeri tra colazione e pranzo e tra pranzo e cena

Nei pasti principali, incoraggiare l’assunzione di carboidrati complessi e di verdure

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Anoressia: 5 consigli del pediatra

Se l’adolescente inizia ad avere eccessive preoccupazioni per il peso e per l’aspetto corporeo, è bene parlarne con il proprio medico L’anoressia e la bulimia sono malattie, non un capriccio né un modo di attirare l’attenzione Evitare di sentirsi colpevoli o di colpevolizzare il ragazzo/la ragazza del disturbo Creare una comunicazione aperta, evitando di parlare eccessivamente del disturbo

Ricordarsi che in questi casi un trattamento, possibilmente multidisciplinare, è sempre necessario

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