LA DIFFICILE BATTAGLIA DEL PAESE BASCO di Giuliana Sgrena
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osa vuol dire abertzale? Una volta l’ho chiesto a una mia amica di Bilbao. «È qualcosa che ti senti dentro le viscere, che non si può spiegare: è l’appartenenza a questa terra, alla sua cultura, è la sofferenza per la repressione, è la lotta per i propri diritti». Ana ha pagato duramente questo senso di appartenenza: arrestata un giorno all’uscita dalla redazione di Egin, il giornale per il quale lavorava (chiuso dalle autorità nel 1998) e accusata di far parte dell’Eta pur non essendo mai stata una militante di organizzazioni clandestine. Durante i giorni in cui era stata trattenuta nel carcere di San Sebastian (carcerazione preventiva) era stata brutalmente torturata e quando è arrivata all’Audiencia nacional a Madrid, il tribunale speciale, era completamente tumefatta. Ana Ereño ha vinto la prima causa per tortura in Euskadi e i suoi torturatori si sono visti interrompere la carriera, almeno fino a quando, qualche anno fa, l’allora premier José Maria Aznar non gliel’ha ripristinata. In questi anni la sinistra abertzale si è molto variegata, così come il comando dell’Eta non è più monolitico. La soluzione della questione basca attraverso il dialogo resta un miraggio. All’inizio del suo governo era stata sostenuta anche da Zapatero (per la prima volta un capo di governo aveva parlato di Euskadi come di una nazione) ma poi la trattativa era stata bruscamente interrotta con la fine della tregua sancita dall’attentato all’aeroporto di Madrid rivendicato dall’Eta. La rottura è frutto di opzioni diverse. Evidentemente Zapatero deve fare i conti con molte forze contrarie al dialogo nel suo stesso governo, così come nell’Eta c’è chi non vuole rinunciare alla lotta armata e ha così rotto la tregua. Contro questa logica del tanto peggio tanto meglio però si sono ribellati anche molti prigionieri veri o presunti militanti dell’Eta, che si sono sentiti abbandonati oltre che isolati essendo dispersi in tutta la Spagna. A prendere posizione esplicitamente contro la lotta armata all’interno di Batasuna è una corrente politica che nel 2002 si è costituita in forza politica, Aralar. Le denuncia della violenza dell’Eta e l’abiura della lotta armata è quello che viene spesso chiesto al leader di Batasuna, Arnaldo Otegi, nuovamente in carcere dopo aver già scontato una condanna a quindici mesi come leader dell’organizzazione messa fuori legge. Una rottura pubblica che non gli è stata perdonata dall’ala oltranzista. Il leader abertzale più popolare di Euskadi è sempre in carcere a Madrid nonostante politici di Mara Guerrini e Guido Vidoni di portata internazionale come Jerry Adams abbiano chiesto la sua scarcerazione. Non a caso. Otegi, e altri componenti della sinistra abertzale si ispirano proprio al modello irlandese per proporre una soluzione della questione basca. Perché in Euskadi non ha funzionato? «Quel che manca in Spagna non è un Jerry Adams ma un Tony Blair», mi aveva detto Otegi, quando l’avevo intervistato nel decimo anniversario della fondazione del giornale Gara, nel gennaio 2009, durante un dibattito pubblico a San Sebastian. Dopo mesi di carcere Otegi si era anzi mantenuto ai margini della politica ma sarebbe stato l’ex dirigente dell’Eta «Antxon», che aveva contribuito al primo dialogo dell’Eta con il governo ad Algeri, vent’anni fa, a convincerlo a rimettersi in gioco per mantenere un ruolo alla sinistra abertzale altrimenti a rischio di scomparsa perché fuori legge e senza punti di riferimento, dopo che anche i tentativi di mediazione internazionale, con la partecipazione di alcuni governi europei, erano falliti. Ma perché tutti i tentativi di negoziato sono falliti e come si può tornare a trattare? «Un processo di negoziazione prima o poi ci sarà perché lo vuole la maggioranza popolare. Il negoziato però non è un obiettivo bensì un mezzo. La sinistra abertzale deve tornare a interiorizzare la volontà di vincere. Non è nata per logorarsi ma per portare questo paese alla costruzione di uno stato di sinistra», ci aveva detto Otegi. E tuttavia con un leader politico in carcere e senza una rappresentanza politica legale (la sinistra abertzale era arrivata fino al 17 per cento dei voti nel paese basco) tutto questo processo è molto più difficile. Probabilmente anche per questo, Batasuna, lo scorso 20 giugno, ha firmato un accordo «strategico» con Eusko alkartasuna, una scissione di sinistra del Partito nazionalista basco tutt’altro che rivoluzionaria, con l’obiettivo di riunire tutte le forze nazionaliste e di sinistra per la creazione di uno stato basco.
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osa hanno in comune Guevara, Evita Perón, Pancho Villa, Bolivar, Allende, Pinochet, Neruda, Dolores del Río, Iñarritu, Maurice Ravel, Ignacio de Loyola, Miguel de Unamuno, Jean Vigo, Manu Chao? Sono tutti di origine basca. Popolo di grandi sportivi ( i calciatori Bixente Lizarazu e Didier Dechampes, gli alpinisti Juanito Oiarzabal e Alberto Iñurrategi, i ciclisti Abraham Olano, Jesús Loroño, Marino Lejarreta, Miguel Indurain...) e di inventori di sport: la pelota vasca, il Soka-Tira (tiro alla fune), l'Harri Jasoketa (sollevamento di pietre) o l'aizkolari (gara di taglio di tronchi). Paese di blasonati football club (Real Sociedad di San Sebastián, l'Athletic Club di Bilbao e l'Osasuna di Pamplona, famigerata perché chiusa agli stranieri) e festival del cinema (San Sebastian, Bilbao), di cucina raffinata (Martín Berasategui a San Sebastián, Donostia, è uno dei migliori del mondo) e dagli amici eccentrici (Cossiga fu definito ufficialmente «amico del popolo basco»). Euskadi o Euskal Herria («terra abitata dai baschi» e «terra di coloro che parlano la lingua basca») è un territorio di 20.600 kmq, situato
In alto fase di gioco di una partita di pelota basca. In basso alcune scene di quotidiana repressione metropolitana
■ MINORANZE E DEMOCRAZIA ■ L’ATLANTICO SEMIPERIFERICO ■
Euskal Herria, il sud vichingo sui due versanti dei Pirenei Occidentali e composto da 7 province Araba, Bizkaia, Gipuzkoa, Nafarroa, Lapurdi, Behenafarroa, Zuberoa. Quasi 3 milioni di abitanti divisi tra stato spagnolo e francese. Madrid riconosce l'esistenza di nazionalità, ma nega loro il diritto all'autodeterminazione. Parigi, al contrario, riconosce il diritto di autodeterminazione, ma rifiuta di ammettere l'esistenza di popoli o nazioni nel territorio nel quale è in vigore. Questo, oltre a altri elementi di negazione strutturale, sociale e culturale, genera una situazione di conflitto in Euskal Herria, dove vi è una parte della popolazione che lotta per la costituzione di uno stato indipendente, aspirazione che che si scontra con il centralismo e le pretese di unità territoriale di Francia e Spagna. I Baschi hanno almeno 18.000
anni (Welles li considerava «i nativi d’Europa»), dedito a caccia, agricoltura e scambi commerciali coi vicini. Analisi del sangue hanno rilevato la presenza del fattore Rh negativo in una percentuale alta della popolazione (tra il 30 e il 35%), avvallando l'ipotesi che riconosce i baschi come un gruppo etnico a parte che discenderebbe dagli uomini di Cromagnon, che abitavano quei territori nel Paleolitico. Tracce dell'euskera, pitture rupestri (le meravigliose grotte di Lascaux) e manufatti propri, come alcuni ossi di cavallo usati come ornamenti, arrivano fino alle zone abitate ora dai catalani a sud e dagli asturiani ad est, oltrepassando i Pirenei. La lingua, l'Euskara, fa parte di un ceppo a parte, derivante forse dal Nord Africa io dal Caucaso, pur essendo preindoeuropea. I più fantasiosi la ricollegano alla lingua di Atlantide,
di cui i baschi potrebbero essere i discendenti. Fantasie o meno, è l'unica lingua europea che dalla preistoria si è conservata in parte (soprattutto sulle montagne) senza subire eccessive contaminazioni, facendosi influenzare solo parzialmente dagli iberi, dal latino, dalle lingue germaniche, dal francese e da quelle di chi tentò di sottometterli. La parlano oggi circa il 30% dei baschi. Che, nei secoli, hanno resistito con coraggio a ripetute invasioni. Atti difensivi, mai di conquista, per formare territori più o meno autonomi (Vascogna o Regno di Pamplona, poi diventato Regno di Navarra). Celebri le battaglie di Roncisvalle decantate nella Chanson de Roland. I baschi erano grandi navigatori: la Santa Maria, la caravella di Colombo era basca. Sembra infatti che conoscessero da secoli le rotte per
arrivare alle vicinanze della Terra Nova, conoscenze tramandate dai vichinghi e mantenute segrete per garantirsi l'esclusiva sulla caccia delle balene. Il cristianesimo si è affermato intorno al XIII secolo, soppiantando, mai del tutto però, una religione naturale, assimilabile ai culti pagani, dove centrale era il ruolo della donna e si adoravano dee e la madre terra. Il loro vasto universo mitico era governato dalla dea Mari e popolato da Lamiak (ninfe) e Sorginak (streghe), Jentilak (giganti) e Mairuak (costruttori dei Cromlech, i megalitici che ancora si possono ammirare nei bassi Pirenei), come da molte altre divinità combattute a lungo dall’Inquisizione. Con la lingua, ha con il tempo stratificato e definito l’identità basca un ricco patrimonio di leggende e storie orali, le tradizioni popolari, un atteggiamento originale nei confronti della natura e la struttura sociale. Ad esempio ogni cognome basco è relazionato a una casa che a sua volta è il nome del luogo nel quale è sita, la casa è dotata di una considerazione speciale, la solidarietà e l'aiuto reciproco, soprattutto tra vicini o compaesani, è una caratteristica saliente del vivere comune, la società in passato ammetteva differenze economiche, conquistate attraverso il proprio lavoro, ma non tollerava l'uso di schiavi. I baschi al di fuori del loro territorio venivano chiamati generalmente signori, senza distinzione di classe e godevano di privilegi speciali nei tribunali spagnoli, forse per il loro valore bellico. Il nazionalismo basco è nato poco dopo i grandi nazionalismi europei, quando l'autonomia amministrativa di cui questi territori avevano goduto sotto i re spagnoli (i cosiddetti fueros), è venuta meno a seguito della perdita delle guerre carliste e di una industrializzazione fulminea e fiorente che ha destabilizzato la società nel profondo, con la creazione di nuove classi sociali, privilegi intollerabili a favore dell'alta borghesia spagnola, un intenso flusso migratorio proveniente da tutta la penisola. Il nazionalismo basco inventato dai fratelli Arana Goiri, in origine xenofobo, conservatore e cattolico, è stata la miccia che ha portato alla creazione di una dottrina politica indipendentista senza precedenti, ben identificata dal suo simbolo più forte, la bandiera basca (l'Ikurriña), attraverso i simboli dello scudo di Vizkaia (fondo rosso), Dio (croce bianca) e le proprie leggi
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Il festival del cinema di San Sebastian (17-25 settembre) è solo un’occasione per raccontare qualcosa sul popolo basco, le sue lotte, la sua diversità e l’attuale boom. Per capire la centralità culturale, oggi, della cosidetta «periferia atlantica» ALIAS N. 35 - 4 SETTEMBRE 2010 (17