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Il nome del Prosciutto

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stranieri quello che arriva dalla terra dei Menapi. Se la coscia di maiale conservata con il sale rimane un cibo prevalentemente, se non esclusivamente, popolare in tutta Europa, in Italia durante il Basso Medioevo diviene anche un cibo di pregio che interessa anche furti e da qui scritture e soprattutto citazioni letterarie in lingua volgare nelle quali compare il nuovo termine inventato non si sa da chi, ma di origine latina: presciutto. Il termine è documentato a datare dal Milletrecento, epoca in cui gli scrittori d’agricoltura parlano in termini specifici delle tecniche di trasformazione degli alimenti. Da qui in avanti e fino a oggi, per le sue eccezionali qualità alle quali è arrivato, il prosciutto anche in letteratura assume un significato simbolico. Inoltre, rappresentando il cuoco come maestro e signore della cucina diviene Mastro Prosciutto. A questo proposito piace ricordare che Luigi XVIII di Francia (1755-1824) era particolarmente orgoglioso della sua capacità di affettare il prosciutto a mano, “a coltello” come si dice oggi, in fette sottilissime.

Grazie di queste precisazioni e prima di lasciarla le chiedo cosa ne pensa del Prosciutto Cotto.

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Illustre signor Prosciutto, così lei è denominato in Italia, qual è l’origine del suo nome e quella dei suoi fratelli o cugini di altri paesi?

Chiariamo subito un fatto, spesso dimenticato e fonte anche di equivoci se non fraintendimenti, partendo dalla saggia e antica norma latina che nomina sunt consequentia rerum (Giustiniano, Institutiones, libro II, 7, 3) e cioè che il nome delle cose dovrebbe essere appropriata alla loro entità, il che non sempre avviene. Mi chiamo prosciutto perché sono una coscia di maiale, ma anche di altri animali, trattata con il sale che prosciugandomi, nel corso di mesi e stagioni permette la mia maturazione. Con maggiori dettagli la mia denominazione di prosciutto deriva dalla particella pro che indica un’anteriorità e dal verbo latino exsuctus, participio passato di exsugere (spremere, asciugare, inaridire), ma anche prae-suctus (succhiato) o per-exsuctum, tutte denominazioni che indicano una lavorazione di prosciugamento ottenuto con la salagione in ambiente opportuno e che bloccando lo sviluppo dei batteri consente una maturazione e una conservazione della coscia. Una tecnica molto antica, risalente certamente agli Etruschi, probabilmente anche prima e ben descritta dal romano Marco Porcio Catone il Censore (234 a.C.-149 a.C.) che descrive la salagione dei prosciutti (pernae) alla maniera di Pozzuoli e da Marco Terenzio Varrone (116 a.C.-27 a.C.) per le pernae comacinae, cioè i prosciutti alla maniera di Como. La conservazione delle cosce di maiale tramite salagione è un procedimento generalizzato e da Polibio (206 a.C.-118 a.C. e Strabone (63 a.C.-23 d.C.) sappiamo che si producevano prosciutti in Gallia Cisalpina, Frigia, Licia e Spagna, vicino all’Aquitania, dove nella città di Pamplona (Pompeiopoli) erano eccellenti e rivaleggiavano con quelli del Monti Cantabrici. Altri territori di buoni prosciutti sono quelli prodotti in Cerdagna nella parte orientale dei Pirenei, nella Gallia Narbonese o dai Galli Sequani dell’alto corso del Reno, nell’attuale Belgio dai Menapi e dai popoli germanici dalla attuale Renania alla Westfalia. Gli antichi romani denominavano i prosciutti pernae (gambe) e petasones le spalle salate e pernarius il prosciuttaio, confezionatore e mercante di prosciutti. Il termine “gamba”, dal greco καμπή che vuol dire curvatura o articolazione, e che indica la coscia conservata con il sale, lo troviamo ancora oggi in lingue neolatine quali lo spagnolo Jamon, il francese Jambon, l’inglese ham derivazione del protogermanico hamma che significa “gambo” e nel tedesco Schinken discende dall’antico tedesco dove significa coscia, parte del corpo storta.

Molto chiaro quanto mi ha detto, ma se è possibile ora mi dica perché mentre in altri paesi è rimasto il termine antico, greco o romano, derivato da “gamba”, in italiano si è adottato il nuovo termine derivato da “prosciugato” e cioè prosciutto.

Certamente la perna romana come le cosce di maiale salate (Jamon Jambon Ham Schinken) erano cibi popolari e degli eserciti dei Romani, ma già questi conoscono anche prosciutti di qualità. Marco Valerio Marziale (40 d.C.-104 d.C.) (PERNA – Cerretana mihi fiat vel misa licebit / De Menapis: lauti de petasone vorent - Xenia, LIV) predilige il prosciutto prodotto nel paese dei Cerretani (Cerreto in Valnerina) e tra gli

Nel più o meno lontano passato il prosciutto, coscia di maiale salata e stagionata, quasi sempre era mangiata dopo essere stata dissalata e cotta in acqua, come ancora si fa con altri salumi (spalla cotta, salama ferrarese, cotechino, zampone ecc.). Nulla a che vedere con una coscia di maiale fresca, con o senza osso, che dopo essere stata schiacciata e salata con una salamoia contenente sale, aromi e una bassa dose di conservanti è massaggiata in una zangola, pressata in uno stampo e cotta a vapore. In modo analogo è per le varianti arrosto e affumicate come il Prosciutto di Praga messo in commercio intorno al 1860 da Antonín Chmel (1850-1893) e oggi Prazka sunka, una specialità tradizionale garantita. Tutti questi pur ottimi salumi non prosciugati, ma anzi idratati, sono denominati prosciutti facendo riferimento alla parte anatomica usata, la coscia, denominata prosciutto per il suo uso migliore e cioè il vero prosciutto crudo e stagionato quale io sono. Ben accette, come sto vedendo, sono quindi le sempre più frequenti e diverse denominazioni di marca o di fantasia che sono date ai migliori di questi salumi di coscia di maiale cotta.

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