TerrAmica Num. 6 - 2017

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ANNO IV

N° 6

I FUNGHI MEDICINALI E LA MICOTERAPIA CURARE LE PIANTE CON IL SAPONE SCEGLIERE IL CAVALLO DA TREKKING IL FORMAGGIO ED I SUOI VARI COLORI

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EDITORIALE 4 5

Agricoltori e “agricultori”, tiriamo fuori la voce! Uno sguardo al Comitato di Redazione

di Luca Poli

COLTIVAZIONI 6 9 12

sommario

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Curare le malattie delle piante con il sapone molle potassico

ZOOTECNIA 18 20

Il mondo dei funghi medicinali

I vari colori del formaggio

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Foto copertina: Leonardo Graziani

ANNO IV - N° 6 - GENNAIO 2017 DIRETTORE EDITORIALE: FLAVIO RABITTI

Impaginazione e grafica: Flavio Rabitti

Direttore responsabile: Marco Salvaterra

Reg. Tribunale di Firenze nr. 3876 del 01/07/2014

Periodicità: Semestrale

Stampa: Tipografia Baroni e Gori srl Via Fonda di Mezzana, 55/P 59100 - Prato

Sommario

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di Milena Sansovini Lo Splay Leg nel suinetto La Lepre, il selvatico per di C. Papeschi e L. Sartini eccellenza di Davide Merlino L'irrigazione in elicicoltura di Gemma Navarra e Erika Verdiani Il cavallo da trekking di Lapo Nannucci Allevamento dei molluschi bivalvi

ANIMALI DA COMPAGNIA

TerrAmica - Rivista Associazione di Agraria.org Sede legale: Via del Gignoro, 27 - 50135 - Firenze C.F. 94225810483 - associazione@agraria.org www.associazione.agraria.org

Redazione: Cristiano Papeschi (Responsabile scientifico Zootecnico), Eugenio Cozzolino (Responsabile scientifico Coltivazioni), Marco Salvaterra, Marco Giuseppi, Flavio Rabitti, Luca Poli, Lapo Nannucci

La tecnologia "In Line di Eugenio Cozzolino Roller Crimper" di Guglielmo Faraone Il sapone molle potassico Le buone pratiche agricole per ridurre di Marco Gimmillaro l’inquinamento puntiforme Contributi ed incentivi per gli di Ivano Cimatti agricoltori italiani

Gli autori si assumono piena responsabilità delle informazioni contenute nei loro scritti. Le opinioni espresse dagli autori non impegnano la rivista e la sua direzione.

Lo Scotch Fancy, il canarino a “spicchio di luna” American Pitbull Terrier: gladiatore o compagno fedele?

di Federico Vinattieri di Federico Vinattieri

AGROALIMENTARE ITALIANO La gestione del vino dopo la di Marco Sollazzo fermentazione alcolica di Cesare Ribolzi Il colore del formaggio Le storie del cibo: i Pomi d'Oro di Pasquale Pangione La ricetta: O'rraù (ragù napoletano)

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AMBIENTE, FORESTE E NATURA 48 52 53

Il Farinello Il mondo dei funghi medicinali Il legno, un materiale innovativo

di Nino Bertozzi di Matteo Ioriatti di Marco Giuseppi

SPECIALE ISTITUTI AGRARI 56 60

L’Istituto Agrario "F. De Sanctis" di Avellino

di L. Poli e F. Rabitti

ASSOCIAZIONE DI AGRARIA.ORG

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Agricoltori e “agricultori”, tiriamo fuori la voce!

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ed all’importanza che viene data ai tanti aspetti del cibo. Quindi per cercare di approfondire questo interesse evitando che si trasformi in una moda passeggera, penso sia necessario rimboccarsi le maniche ed iniziare a raccontare seriamente cosa facciamo, come lo facciamo e, nonostante le difficoltà, quanto sia bello lavorare in agricoltura! Solo noi possiamo farlo al meglio: la conoscenza della vastità e della complessità dell’agricoltura può por-

capolino nella vastità del mondo agricolo non può che esserne rimasto estasiato e, come è successo nel mio caso, colpito da un senso di profondo rispetto. Personalmente provo infatti molta stima per le tante persone che lavorano in agricoltura: da Nord a Sud, dalla zootecnia all’enologia, esiste una moltitudine di uomini e donne che possiedono un enorme patrimonio culturale fatto di saperi, nozioni, gesti e tradizioni. Sfortunatamente però una parte delle persone, trainata da media superficiali, ha una visione dell’agricoltura completamente distorta che, mischiando superficialità, semplicismo ed un pizzico di nostalgia per il vecchio orto dei nonni, contribuisce a far perdere valore ad un pezzo della società che non può essere considerato soltanto un settore economico, ma bensì parte fondante di esso. Di contro stiamo vivendo un periodo dove il nostro settore sembra riscontrare un grande successo nella società; basti pensare infatti al boom di iscrizioni agli Istituti ed Università di Agraria

tare le persone a rispettarla e, cosa ben più importante, a rispettare le persone che ci lavorano. Dal rispetto magari possono scaturire una maggior attenzione alla qualità dei prodotti agricoli (es. stagionalità, km 0, filiera corta) piuttosto che limitarsi a scegliere un prodotto sullo scaffale solamente in base al prezzo. Quindi, sempre tenendo saldi la semplicità e l’umiltà tipica dei contadini, possiamo far forza sulle nostre conoscenze e competenze per far conoscere a sempre più persone il mondo agricolo, mettendo in moto quel vero riscatto che il nostro settore merita: in poche parole, facciamo sentire la nostra voce!

Editoriale

n questa prima esperienza di editoriale per TerrAmica vorrei rivolgermi agli agricoltori ed allo stesso tempo agli “agricultori”, cioè a tutte le persone che, per esperienza da una parte e formazione dall’altra, si trovano a trattare di agricoltura. Termine inteso nel senso più ampio del significato: dalle coltivazioni alla zootecnia, dall’ambiente ai prodotti della terra, passando per la meccanica agraria e l’ecologia. Chiunque abbia anche solo fatto

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Luca Poli Dottore Forestale luca9008@hotmail.it

Editoriale


Uno sguardo al Comitato di Redazione di TerrAmica Cristiano Papeschi (Responsabile Scientifico Settore Zootecnico): laureato in Medicina Veterinaria presso l’Università di Pisa, specializzato in Tecnologia e Patologia degli Avicoli, del Coniglio e della Selvaggina presso l’Università di Napoli, è attualmente in servizio presso l’Università degli Studi della Tuscia (Viterbo); già collaboratore di numerose riviste tecniche a carattere zootecnico e veterinario, membro di comitati scientifici e di redazione. Eugenio Cozzolino (Responsabile Scientifico Settore Coltivazioni): diplomato presso l’Istituto Tecnico Agrario Statale “De Cillis” e laureato in Scienze Agrarie presso la Facoltà di Agraria dell’Università di Napoli “Federico II, lavora presso il Consiglio per la Ricerca e la Sperimentazione in Agricoltura. Marco Giuseppi: diplomato all'Istituto Tecnico Agrario e laureato magistrale in Scienze e Tecnologie dei Sistemi Forestali all'Università degli Studi di Firenze. Segretario dell'Associazione di Agraria.org e responsabile progetti Erasmus+ (youth exchange e Servizio Volontario Europeo). Svolge la libera professione di Dott. Agr. e Forestale collaborando con diversi studi agronomici. Luca Poli: diplomato all’Istituto Tecnico Agrario e laureato magistrale in Scienze e Tecnologie dei Sistemi Forestali presso l’Università degli Studi di Firenze. Iscritto all'Ordine dei Dottori Agronomi e Forestali di Firenze. Riveste il ruolo di vice-presidente dell'Associazione e svolge le mansioni di webmaster della Rivistadiagraria.org e del Catalogo online delle aziende agricole. Lapo Nannucci: diplomato presso l’Istituto Tecnico Agrario e laureato in Scienze e Tecnologie Agrarie alla Facoltà di Agraria di Firenze, è iscritto all’Albo dell’Ordine dei Dottori Agronomi e Forestali di Firenze; libero professionista settore pesca ed acquacoltura, è consulente esterno di Federpesca e CE.S.I.T, Centro di Sviluppo Ittico Toscano. Particolare esperienza nel settore della pesca di piccoli e grandi pelagici. Marco Salvaterra: laureato in Scienze Agrarie presso la Facoltà di Agraria di Bologna, è docente presso l’Istituto Tecnico Agrario Statale di Firenze; dal 2000 si occupa di divulgazione in campo agricolo attraverso il network Agraria.org che comprende, fra le altre cose, un Catalogo di Aziende Agricole, uno di Allevatori, una Rivista quindicinale online ed un Forum del settore. Flavio Rabitti (Direttore editoriale): diplomato all’Istituto Tecnico Agrario Statale di Firenze e laureato in Tutela e Gestione delle Risorse Faunistiche alla Facoltà di Agraria di Firenze; dal 2009 iscritto all’Albo regionale degli Imprenditori Agricoli. Gestisce una piccola azienda agricola in Toscana a Suvereto (LI), all’interno della quale produce vino, olio extravergine di oliva, miele, ed una serie di prodotti artigianali al tartufo (www.rabitti.eu).

Editoriale

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La tecnologia "In Line Roller Crimper" Una tecnica semplice ed innovativa che consente di ottenere numerosi benefici agroambientali, soprattutto nel metodo BIO di

Eugenio Cozzolino

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do di azoto (N2O). Negli ultimi anni in molti paesi si sta diffondendo una nuova tecnica di coltivazione che può essere molto interessante dal punto di vista della capacità di sequestrare quantità importanti di CO2, ridurre le emissioni di N2O, ridurre le emissioni dei mezzi agricoli ed essere quindi anche conveniente eco-

Coltivazioni

uando si parla di emissioni dovute all’agricoltura non ci si riferisce solo a quelle dei trattori ed altri mezzi agricoli. Una parte importante delle emissioni legate all’agricoltura sono dovute anche alla lavorazione del suolo che, grazie a processi ossidativi, emette anidride carbonica (CO2) e protossi-

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nomicamente per gli agricoltori. Si tratta della coltivazione di copertura (cover crop) terminata col roller-crimper (1). La tecnologia In Line Roller Crimper (ILRC) consente, attraverso la realizzazione di uno spesso strato pacciamante naturale derivante dall’allettamento al suolo di coltura di copertura, un uso più efficiente delle

Fig. 1 - Impiego del Roller Crimper in orticoltura

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Coltivazioni


Fig. 2 - Prototipo di Roller Crimper con discissori a disco e coltelli, entrambi posizionati subito dopo il rullo e ad azionamento idraulico risorse naturali. In particolare, tale tecnica ostacola lo sviluppo delle infestanti, riduce l’evapotraspirazione del terreno facendo risparmiare acqua irrigua e protegge il suolo dall’erosione e dalle alte temperature. La pacciamatura, una volta esaurito il suo compito, si degrada ed arricchisce il suolo di sostanza organica. Ne consegue che la diffusione di questa tecnica consente di ottenere dei benefici agroambientali (riduzione di input energetici e di sintesi chimica, miglioramento della fertilità dei suoli, fissazione della CO2), socio-economici (riduzione dei costi di produzione) e di sicurezza alimentare, contribuendo inoltre a mitigare in agricoltura gli effetti negativi associati ai cambiamenti climatici (2). I benefici ottenibili dalle cover crops,

Coltivazioni

sono relativi alla produzione di una elevata biomassa, andando ad aumentare il contenuto di sostanza organica nel suolo. La costituzione di tale biomassa impedisce agli elementi derivanti dalla mineralizzazione della sostanza organica di venire persi per lisciviazione o scorrimento superficiale ed al contempo previene forme di inquinamento delle falde ad opera dei nitrati. La fissazione dell’azoto atmosferico ad opera di specie leguminose in simbiosi con microrganismi azotofissatori permette di aumentare il livello di azoto nel terreno nel medio periodo; questo viene messo a disposizione per circa il 40% per la coltura successiva, mentre la restante quota sarà utilizzata dalle colture coltivate nella seconda e terza stagione. Nella gestio-

ne di una cover-crop basilare risulta essere la scelta della specie, che deve soddisfare i principali aspetti colturali (come una buona energia germinativa, una rapida emergenza oltre che un rapido adattamento e sviluppo, in modo da contrastare le infestanti). Le specie che vengono utilizzate tradizionalmente sono quelle appartenenti alle famiglie delle leguminose (es. veccia, favino, trifoglio) con lo scopo di fornire azoto fissato per via simbiotica alle colture da reddito che seguono, come il mais ad esempio (3). La tecnica della terminazione conservativa mediante l’utilizzo della ILRC è una innovazione che, nella sua semplicità tecnologica, ha consentito nell'ambito del progetto di ricerca ORWEEDS del CRA-Consiglio per la Ricerca in

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Agricoltura (ora CREA), una piccola rivoluzione socio-culturale nel rapporto fra ricercatori, operatori agricoli e piccoli imprenditori. La motivazione principale di questo successo risiede nella semplicità della tecnica (fig. 1) e della tecnologia utilizzata, associata ad una notevole diversità di funzioni ecologiche (controllo delle infestanti, minore consumo idrico, rilascio graduale degli elementi della nutrizione) e di vantaggi ambientali (minore consumo energetico). L’operatore agricolo ha percepito come “friendly” la tecnica proposta ed ha partecipato immediatamente e con entusiasmo alla discussione sulle potenziali problematiche connesse al suo uso. L'innovazione consente di preparare il letto di trapianto per le specie orticole con un ridotto numero di operazioni meccaniche. La coltura di copertura, tradizionalmente incorporata nel terreno con la pratica del sovescio, viene schiacciata con un rullo sagomato (roller crimper) abbinato a due serie di discissori, formando una pacciamatura naturale (fig. 2). Questo consente, rispetto alla tecnica tradizionale (sovescio + pacciamatura artificiale), un risparmio di gasolio del 56% e di tempo del 45% (2). La biomassa vegetale può essere costituita da una miscela di graminacee e leguminose con un elevato rapporto C/N (partecipando alla formazione di humus stabile), che formerà uno spesso strato di pacciamatura naturale in grado sia di apportare azoto che di coprire efficacemente il terreno per circa 90 giorni oppure solo da leguminose (con un più basso rapporto C/N), favorendo così il rilascio dell'azoto ma riducendo l'efficacia dalla pacciamatura naturale a circa 30-40 giorni. La tecnica ha consentito, sulla maggior parte delle orticole testate, l'ottenimento di produzioni soddisfacenti. In pomodoro, peperone dolce, peperone piccante, lattuga e zucchino le produzioni sono risultate comparabili a quelle

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ottenute con la tecnica tradizionale (sovescio). Notevole è stato l'interesse degli imprenditori agricoli, soprattutto di quelli che operano con il metodo biologico, i quali hanno apprezzato la capacità di contenimento delle infestanti della pacciamatura naturale e la sanità delle piante. Le potenzialità della tecnica ed il crescente coinvolgimento degli agricoltori hanno spinto una ditta privata ad acquistare dal CRA il brevetto e ad iniziare la costruzione dei primi esemplari di roller crimper abbinato ai discissori (2).

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(1) https://aspoitalia.wordpress. com/2015/09/19/cover-crop-lagricoltura-che-aiuta-il-clima/ (2) https://www.feedingknowledge.net/ home/-/bsdp/10223/it_IT (3) http://tesi.cab.unipd.it/45143/1/Nale_ Stefano_TESI.pdf

Dr. Eugenio Cozzolino Cter-CREA eugenio.cozzolino @crea.gov.it

Coltivazioni


Il sapone molle potassico Biodegradabile e con un ottimo rapporto qualità/prezzo, rappresenta un valido sostituto agli oli minerali per la lotta ad alcune patologie vegetali di

Guglielmo Faraone

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l sapone molle di potassio è un sale di potassio di acidi carbossilici a catena lunga (acidi grassi). Si ottiene per saponificazione con potassa di oli vegetali estratti da alcune piante; ottimi gli oli di canape (quando si coltivava la Canapa per usi industriali) e d'oliva (il migliore, poichè ha una migliore interazione patogeno-pianta a favore di questa). Il sapone potassico, abbinato agli insetticidi, svolge la funzione di bagnante ed adesivante, favorendo la diffusione omogenea del principio attivo all'interno delle miscele da distribuire.

dagli insetti, svolge un eccellente azione insetticida per asfissia contro numerosi insetti tra cui gli Aleurodidi (come ad esempio Aleurothrixus floccosus o mosca bianca). Presen-

rizzati dal ministero e va utilizzato unicamente tal quale senza nessun nome di fantasia aggiunto (ma solo con il nome della ditta produttrice). Penetra attraverso i pori della pelle

Un pò di storia Il sapone è stato usato in tempi remoti sin dagli antichi Egizi; famoso era quello di Aleppo che nell'VIII secolo gli Arabi portarono in Sicilia ed in Spagna. Prima dell'avvento dell'industria chimica americana dell'ultimo dopo guerra, i nostri nonni usavano il sapone molle potassico fatto con l'olio di oliva (specialmente al sud Italia) od il sapone di Marsiglia (che anch’esso veniva fatto con olio di oliva ma che oggi si produce con un miscuglio di oli vari cocco, lino, etc) come detersivo domestico di grande efficacia, ad esempio per il bucato, pulizia colletti e polsini delle camice, pulizia personale e per finire anche per la pulizia dei capelli. Per il nostro scopo però a noi interessa la variante liquida del sapone molle potassico, che è possibile utilizzare in agricoltura per la lotta ad alcune patologie vegetali.

Meccanismo d'azione Esplica azione indiretta nei confronti della fumaggine poichè favorisce lo scioglimento della melata prodotta

Coltivazioni

Una delle patologie che è possibile combattere (Cocciniglia cotonosa) ta un ottimo rapporto qualità/prezzo rispetto agli oli minerali, avendo la stessa identica funzione; oltre a ciò sarebbe da preferire a quest’ultimi data la sua biodegradabilità al 100%. Oggi è indispensabile in lotta integrata addizionato ad esempio al bicarbonato di sodio contro le crittogame (funghi) ed in biologico. Nella Legge 27 /11/2009, n. 18354 lo troviamo iscritto tra i 10 prodotti auto-

ed è, inoltre, utilizzabile per la pulizia delle mani e del proprio corpo; oltre ad essere un ottimo detergente fa riconquistare morbidezza alle mani maltrattate dal duro lavoro.

Dosi ed utilizzo Il sapone molle potassico è un prodotto ecologico completamente biodegradabile che si trova in commercio pronto all'uso in piccole con-

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fezioni o in bidoni da 3 sino a oltre 10 kg (per usi professionali); prima dell’utilizzo è da sciogliere con acqua calda, demineralizzata od acqua

rende un prodotto più che buono, da riscoprire e provare. L’unica pecca è nel tempo di azione: infatti questo si risolve in un’unica giornata e se pio-

Come si presenta il prodotto acquistato piovana. Il tempo di carenza è di tre giorni, è autorizzato in lotta integrata (ormai obbligatoria) ed in BIO ed il fatto che non abbisogna di nessun patentino per l'acquisto e l'utilizzo lo

ve è necessario ripetere il trattamento (anche se il costo lo permetterà agevolmente). La quantità da utilizzare va da un minimo di mezzo litro ad oltre 1 litro

Afide

(se usato in lotta integrata miscelato con altri insetticidi in fusto da 100 litri), mentre se usato in maniera esclusiva in estate le dosi possono essere aumentate ad 1 litro / 1 litro e mezzo. Se utilizzato nei trattamenti invernali e su colture particolarmente colpite dal patogeno e/o in appezzamenti da risanare, le dosi vanno adeguate portando il suo quantitativo ad un minimo di 2 litri sino ad anche il doppio. Lo si può utilizzare in orticoltura, frutticoltura e giardinaggio; è stato sperimentato con successo in Sicilia ed al sud sugli agrumi e testato con lo stesso successo (addizionato al bicarbonato di sodio) contro le crittogame del sesamo con un ottimo risultato. Si usa inoltre su vite, pero, melo e praticamente su tutte le cultivar attaccate da insetti con apparato pungente succhiante, provocandone l'asfissia. Il costo? Un quinto rispetto agli oli minerali.

Cocciniglia

Alcuni patogeni colpiti dal sapone molle di potassio In conclusione, i benefit sono molti e da non sottovalutare; può essere utilizzato sia dall’hobbista che dal professionista, senza alcun effetto collaterale. A questo punto non rimane che provare… per credere!

Gugliemo Faraone Metcalfa

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Mosca bianca

Docente di Coltivazioni Mediterranee

Coltivazioni


10kg

5Lt

5kg

Pronto all’uso

2kg Il sapone molle potassico è un prodotto ecologico completamente biodegradabile; Utile a favorire lo scioglimento della melata prodotta dagli insetti contrastando l’instaurarsi dei danni provocati da formiche, svolgendo inoltre un’eccellente azione insetticida per asfissia nei confronti di molti insetti tra i quali: Afidi, Cocciniglie, Cotonose, Psilla, Metcalfa, Mosca bianc, Acari, Tripidi, Aleurodidi, etc. Iscritto tra i 10 prodotti autorizzati dal ministero per l’utilizzo in agricoltura secondo la legge n. 18354 del 27/11/2009 ed autorizzato dalla comunità europea per l’agricoltura biologica secondo l’allegato 2 del Reg. CE n. 889/08. Utilizzabile in Orticoltura, Frutticoltura e Giardinaggio

Sede Legale Via Don Milani 32/G [ Zona industriale ] Carini (Pa), Sicilia, Italia. P.iva 06466410823 Tel. 091 8680134 info@orosoap.it - www.orosoap.it

Stabilimenti produttivi Via Galileo Galilei 15 [ Zona industriale ] Carini (Pa), Sicilia, Italia.


Le buone pratiche agricole per ridurre l’inquinamento puntiforme Proteggere le fonti idriche dalla contaminazione da agrofarmaci è un tema sempre più sentito, anche a livello comunitario; ecco quali sono le line guida da seguire di

Marco Gimmillaro

S

appiamo come l’acqua sia una risorsa fondamentale e non solo per l’agricoltura; nel futuro infatti sarà una risorsa sempre

organismi acquatici proteggendo quella biodiversità che li caratterizza. Contrariamente però a quello che si pensa, il rischio maggiore di inquinamento delle acque proviene dall’inquinamento puntiforme (si stima che incida dal 50 al 70%); questo ha un impatto maggiore della deriva durante i trattamenti o del ruscellamento dalle superficie trattate verso i corpi idrici (Kreuger, 1998; Maillet-Mazeray et al., 2004; Neal et al., 2006). Ma la protezione ambientale e dell’acqua non è l’unica problematica a cui porre attenzione; infatti ridurre i rischi derivanti dall’uso degli agrofarmaci gestendo correttamente sia la fase di stoccaggio e trasporto dei fitofarmaci, la preparazione delle miscele e dopo l’applicazione anche la fase di gestione dei residui e dei contenitori, porta sicuramente altri benefici data la Contenitore acqua pulita presente sull'atoriduzione dei rischi per l’omizzatore peratore ed il miglioramento più preziosa e strategica. Le stesse della salubrità delle produzioni agrifonti Unesco hanno segnalato come cole. sempre più persone, anche nel no- Quindi l’inquinamento puntiforme è stro paese, vivono senza o con scar- generato dall’insieme di una serie di se disponibilità di risorse idriche po- pratiche agronomiche scorrette che tabili. porta allo sversamento localizzato e Ma proteggere le fonti idriche sia ripetuto delle soluzioni in piccole susuperficiali che sotterranee è un do- perfici; le aree adibite alle operazioni vere, per ridurre i rischi legati alla iniziali o finali sono sempre le stessalute umana e per proteggere gli se, molto ridotte (generalmente non

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superiori ai 20 mq) e per di piu’ posizionate in azienda o negli appezzamenti da trattare in prossimità di pozzi o delle prese d’acqua; spesso si trovano anche nelle vicinanze di fossi di scolo, se non dei corpi idrici veri e propri. Ma questa forma di inquinamento può essere totalmente annullata se si seguono tutta una serie di semplicissimi accorgimenti tecnici. La problematica è talmente importante e sentita che sono stati finan-

Risciacquo contenitore su pompa utilizzata per la preparazione della soluzione ziati diversi progetti a livello europeo, in cui è coinvolta anche l’Italia, proprio per migliorare e sviluppare delle line guida che permettano di ridurre questi rischi.

Coltivazioni


Da qui è stato sviluppato il progetto TOPPS (Train the Operator to Prevent pollution from Point Sources), che fa parte dei progetti Life

sere fatto in ambienti idoenei ed a di acqua, deve avere il fondo che norma), nella fase di trasporto all’in- permetta la raccolta di tutti i residui; terno dell’azienda e durante lo spo- questo può essere anche mobile, stamento dal deposito di stoccaggio con vasche da sistemare sotto il serai punti di preparazione del- batoio. Per la preparazione della mile miscele; è necessario evi- scela vera e propria si devono usare tare di movimentare gran- macchine predisposte con sistemi di quantità di agrofarmaci idoneii alla preparazione della miscongiurando che, durante scela in sicurezza, cosa che ricordo il trasporto, i contenitori si deve avvenire sempre indossando deteriorino causando perdi- i giusti dispositivi di sicurezza; in alte. Utile risulta montare sui ternativa possono essere utilizzate mezzi idoneii scomparti per delle pompe che permettano di preil trasporto in sicurezza. miscelare il prodotto, inviando diDurante la movimentazione rettamente la miscela all’interno del delle miscele pronte, prima serbatoio. Queste stesse attrezzatudell’applicazione, si devono re solitamente permettono anche il evitare le perdite accidentali lavaggio dei contenitori vuoti. di prodotto; non ci deve es- Riguardo il quantitativo, l’ideale è sere quindi nessun goccio- calcolare il giusto volume necessario lamento o traboccamento ad irrorare la superficie da trattare, durante il tragitto. in modo da non avere eccessiva miLe macchine utilizzate de- scela residua; a questo proposito la vono essere a norma, della giusta tipologia per il trattamento che dobbiamo effettuare e mantenute sempre efficienti e calibrate. Importante che Residui della soluzione sul serbatoio per sver- abbiano i giusti dispositivi antisamento gocciolamento Ambiente cofinanziati dall’Unione e la possibilità di interveEuropea; questo ha lo scopo, oltre nire per modificare il ragche di sensibilizzare e di formare gli gio di azione della macagricoltori ed i tecnici del settore, di china stessa in funzione arrivare a definire a livello europeo della superficie da tratle buone pratiche agricole in grado tare. Inoltre la macchina di consentire la riduzione di questo deve essere munita di inquinamento, anche in funzione dispositivi che permettadelle Direttive Europee sull’uso so- no il lavaggio sia interno stenibile degli agrofarmaci. che esterno, attraverso Parte importante del progetto è la di- un serbatoio indipendenvulgazione e la formazione di tutti gli te con acqua pulita. operatori coinvolti al fine di promuo- La preparazione della vere e diffondere queste pratiche, miscela deve avvenire attraverso incontri realizzati su tutto in apposite aree prediPompa utilizzata per la preparazione della il territorio nazionale. sposte, in modo da evisoluzione in sicurezza, che permette di ridurre Ma analizzando nello specifico le tare la dispersione degli l'inquinamento puntiforme e che permette anche il risciacquo dei contenitori vuoti linee guida e le soluzioni tecniche, eventuali spandimenti vediamo quali sono e come ci aiuta- accidentali di prodotto; no ad evitare i rischi fin qui discussi, occorre inoltre avere la massima cosa migliore è avere macchine che limitando o eliminando del tutto l’in- cura nella preparazione della misce- riescono ad irrorare tutta la quantità quinamento puntiforme. la, evitando di riempire eccessiva- presente all’interno del serbatoio. L’attenzione deve essere massima mente il serbatoio. Eventuali rimanenze devono essere in fase di stoccaggio (che deve es- L’area attrezzata, fornita di presa diluite con acqua e quindi, se non si

Coltivazioni

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A sinistra serbatoio in fase di pulizia su piazzola, a destra lo stesso serbatoio pulito a fine operazione ha un punto di raccolta, smaltite sul campo, evitando di farlo sempre nello stesso punto e comunque sempre lontano dalle zone di rispetto come corsi d’acqua, pozzi, scoline (anche a secco) o altre aree sensibili. A fine trattamento è necessario lavare la macchina sia internamente che esternamente, meglio se con un sistema indipendente di lavaggio. Anche in questa fase è importante

Biobed per evaporazione seguire tutte le norme di sicurezza, indossando I giusti dispositivi di sicurezza; la piazzola si può comple-

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tare con dispositivi di emergenza in caso di contatto accidentale con le miscele e/o gli agrofarmaci. La piattaforma cosi strutturata deve avere un sistema di scolo che permetta di raccogliere tutti i residui in vasche di raccolta in modo da permettere il successivo smaltimento. Queste vasche (che prendono il nome di Biobed), devono essere riparate dall’acqua piovana e favorire l’evaporazione dei residui, in modo da agevolarne il successivo smaltimento. Solitamente l’evaporazione è favorita dal sole e dal vento (o attraverso aereazione forzata) ma può essere effettuata anche tramite biodegradazione, immettendo i residui su substrati naturali organici. La disidratazione porta a concentra-

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re e ridurre enormemente i residui dei trattamenti, che poi possono essere raccolti e smaltiti con costi contenuti, in virtù della riduzione del loro peso e volume. Molti di questi progetti di biobed sono ancora pilota ed in fase di miglioramento, ma hanno già dimostrato la loro validità; sono inoltre a norma e, dato che sono considerati depositi temporanei, non necessitano di nessuna autorizzazione. Bibliografia ATTI Giornate Fitopatologiche, 2008, 2, 3-10 RIDUZIONE DELL’INQUINAMENTO PUNTIFORME DA I: IL PROGETTO EUROPEO TOPPS, P. BALSARI, P. MARUCCO, G. OGGERO Università degli Studi di Torino Dipartimento di Economia e Ingegneria Agraria, Forestale e Ambientale - Sezione di Meccanica - Via L. da Vinci, 44, 10095 Grugliasco (TO) paolo.balsari@unito.it 23 Febbraio 2015, Il Corriere vinicolo N.6, Biobed, per il contenimento dell’inquinamento puntiforme di Mariangela Ciampitti e Beniamino Cavagna

Dr. Agronomo Marco Gimmillaro marcogimmillaro@ hotmail.com

Coltivazioni



Contributi ed incentivi per gli agricoltori italiani Vediamo quali sono le possibilità di ottenere finanziamenti a fondo perduto di Ivano

L

Cimatti

a legislazione italiana, in particolare la legge 23 maggio 1997, n. 135 offre la possibilità di ottenere incentivi e contributi a fondo perduto per l'avvio di nuove attività agricole ed inoltre anche il subentro di un giovane imprenditore nell'azienda di famiglia. Il vantaggio di questa formazione è che il capitale erogato è rimborsabile solo per il 50% della somma di cui si è beneficiato. Questa legge è indirizzata a coloro che intendano realizzare un’iniziativa nel settore della produzione, trasformazione e commercializzazione di prodotti in agricoltura. I soggetti beneficiari della 135 97 devono però essere in possesso di alcuni requisiti: - età anagrafica di 18 ai 36 anni; - essere in possesso della qualifica di imprenditore agricolo (tale qualifica può essere conseguita entro e non oltre due anni dalla data di ammissione alle agevolazioni e si ottiene dimostrando che si ricava dalla propria azienda un reddito pari o superiore al proprio reddito complessivo e che si lavora in azienda un tempo inferiore alla metà del proprio tempo di lavoro totale); - conseguire la qualifica di imprenditore agricolo entro due anni dalla data di presentazione della domanda di finanziamento; - certificazione di reddito per il lavoro nella propria azienda agricola; - in caso di subentro nella conduzione dell'azienda ad un parente entro il secondo grado (genitori, fratelli, nonni) nella conduzione dell’azienda, con l’assunzione della responsabilità ai fini civili e fiscali. Il parente (conduttore uscente) deve avere il

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legittimo possesso dell’azienda a titolo di proprietà, di affitto, di comodato o di uso a far data dal 24 maggio 1997 e fino alla data di presentazione della domanda. Possono accedere ai finanziamenti in agricoltura della legge anche i giovani che già sono imprenditori agricoli, e che intendono subentrare al parente, per ampliare la propria attività. - residenza in uno dei territori di cui agli obiettivi 1, 2, 5b e art. 92.3.c del Trattato UE; - la sede dell'azienda agricola deve

corrispondente produzione agricola (non è possibile ad esempio inserire in progetto un'attività di trasformazione per più di 1.000 quintali di pomodori se la produzione aziendale prevista a regime è di 5.000 quintali di pomodori). Nello specifico, la detta legislazione permette di accedere a degli incentivi o contributi a fondo perduto (solo per il 50-40% in base alle caratteristiche del territorio indicate nel relativo bando) per sostenere le spese di avvio di una nuova attività agricola o permettere ai gio-

essere in uno dei territori di cui agli obiettivi sopra. La legge finanzia diverse tipologie di iniziative e/o progetti in agricoltura, per quanto concerne la produzione, trasformazione e commercializzazione di prodotti, comprese le attività di agriturismo. Le attività di trasformazione e commercializzazione di prodotti agricoli sono ammissibili a patto che non superino il 100% della

vani imprenditori di subentrare ad un parente nella conduzione dell'azienda di cui il parente è diretto proprietario. All'atto del subentro, il giovane diventa il diretto responsabile. Le spese finanziabili con gli incentivi o contributi concessi con la legge la 135 del 1997 comprendono l'importo totale della spesa preventivata per l'acquisto di bene e servizi legati all'avvio dell'attività e alla produzio-

TerrAmica | N. 6 - Gennaio 2017

Coltivazioni


ne agricola, alla trasformazione dei prodotti e alla loro competitiva commercializzazione sul territorio. Tutte le attività di trasformazione e com-

Con la legge la 135/97 è possibile finanziare svariati settori di agricoltura (coltivazioni agricole, orticoltura, floricoltura, silvicoltura), allevamento

Centro Nord all'80% dell'investimento. Le agevolazioni sono subordinate alla sussistenza delle seguenti

mercializzazione dei prodotti agricoli costituiscono delle spese finanziabili con il bando gestito dalla Legge 135/97 fino al 100% della produzione agricola. Ciò significa che non è possibile che nel progetto di spesa vi sia presente un numero superiore a 500 Kg di pomodori, per esempio, se la produzione aziendale prevista ammonta a 1 quintale.

(compresi pesci marini, lagunari e di acque dolci) e della pesca. Tutti i settori legati all'agricoltura possono essere inseriti nel preventivo spesa, ovvero il progetto di business plan che deve essere presentato in allegato alla domanda di richiesta dell'incentivo o contributo a fondo perduto. Le agevolazioni della legge la 135/1997 consistono in finanziamenti in agricoltura sotto forma di contributi a fondo perduto e mutui a tasso agevolato concessi entro i limiti stabiliti dall'Unione Europea (50% ESL nell'Ob.1 e 40% ESL nelle altre regioni). In pratica, la copertura finanziaria iniziale può arrivare: nel Sud al 90% dell'investimento; nel

condizioni: comprovata redditività dell'iniziativa; adeguata professionalità del proponente; presenza dei requisiti minimi in materia di ambiente, igiene e benessere degli animali; esistenza di normali sbocchi di mercato per i prodotti. La legge 135 97 consente investimenti: fino a circa 1.032.000,00 euro. Per l'insediamento di giovani agricoltori previsto un premio unico dell'importo massimo di 25.000,00 euro. Finanziamenti per la gestione: in conformità alle disposizioni comunitarie non sono previsti contributi per le spese di gestione.

Coltivazioni

Avv. Ivano Cimatti ivan_cimatti@ hotmail.com

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Lo Splay Leg nel suinetto Un'anomalia congenita che causa la perdita dei piccoli suini dopo la nascita; vediamo quale possa essere una possibile soluzione al problema di

Milena Sansovini

L

Zootecnia

a splay leg è una patologia congenita che si presenta con una frequenza che va dall'1% al 5-6% e oltre. La presentazione tipica di questa anomalia è dovuta al non completo sviluppo di alcuni muscoli scheletrici, in particolare quelli della schiena e degli arti; il suinetto sembra normale all’aspetto, ma mostra

Fig. 1 - Suinetto con Splay Leg

uno o più arti innaturalmente distesi ed aperti che gli impediscono di alzarsi (fig. 1, 2). Le cause di questo fenomeno non sono state ancora del tutto chiarite, ma sembra che in gioco entrino fattori ambientali, genetici, carenze alimentari o micotossine. Di

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sicuro una nascita anticipata peggiora l’insorgere del problema per cui è da evitare l’induzione precoce del parto. La gravità del problema può variare in funzione degli arti coinvolti, poiché possono essere interessati solo i posteriori oppure, contemporaneamente, anche gli anteriori. Nel secondo caso, quando cioè la de-

Fig. 2 ambulazione sia completamente impossibilitata, la speranza di sopravvivenza è pressoché nulla in quanto il suinetto non riesce a raggiungere il capezzolo materno e quindi ad alimentarsi: a quel punto l’eutanasia rappresenta la prima scelta, piutto-

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sto che costringere l’animale ad una lunga agonia.

Una possibile soluzione Se ad essere coinvolti sono solamente gli arti posteriori ed il suinetto è in grado di sorreggersi bene almeno con le zampe anteriori, una buona soluzione è rappresentata dalla

Fig. 3 - Fase della legatura legatura; per effettuarla esistono diverse tecniche, purtroppo non tutte efficaci. Per aumentare le probabilità di successo occorre intervenire assolutamente entro il primo giorno di vita (fig. 3, 4, 5, 6). Per effettuare le legature vengono

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Fig. 4 spesso impiegati cerotti o fascette prodotte e commercializzate appositamente per lo scopo o, in alternativa, una soluzione manuale ma altrettanto efficace si può ottenere utilizzando del comune nastro da elettricista di 2 cm di altezza. Il posizionamento deve essere eseguito come illustrato nelle foto, ma è necessario porre molta attenzione nel non bloccare la circolazione sanguigna; questo infatti provocherebbe dolore e necrosi dei tessuti. Per lo scopo che ci prefiggiamo di raggiungere è sufficiente l’adesività del nastro. In finale si applica una striscia di nastro sulla schiena in posizione trasversale, per bloccare la legatura. E’ meglio evitare di creare una cintura su tutta la circonferenza dell’addo-

Zootecnia

Fig. 5

Fig. 6 meno efficace. Se l’operazione è stata condotta in maniera efficace, il suinetto dovrebbe potersi reggere in piedi già entro pochi minuti dall’intervento ed iniziare a muoversi a piccoli passi (fig. 7). A quel punto potrà raggiungere la madre e, nutrendosi, con il tempo irrobustire la muscolatura. Dopo appena 24 ore si potrà rimuovere la legatura, in quanto il suinetto sarà abbastanza robusto da mantenere la stazione quadrupedale e muoversi autonomamente.

Fig. 7 - Fine delle legatura me poichè potrebbe interferire con la digestione e la respirazione, per cui è meglio optare per una fettuccia più corta anche se potenzialmente

Milena Sansovini Allevatrice

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La Lepre, il selvatico per eccellenza di

Cristiano Papeschi e Linda Sartini

L

a lepre (Lepus spp.) può essere considerata, a buon diritto, il “selvatico per eccellenza”, ovvero uno dei componenti della fauna autoctona maggiormente diffusi e conosciuti. Diverse sono le specie appartenenti al genere Lepus originarie del nostro Paese e qui diffuse, sebbene la lepre europea (Lepus europaeus) sia quella numericamente più consistente; questa è stata infatti oggetto, negli ultimi decenni, di ripopolamenti mirati a carattere faunistico-venatorio nonché, di conseguenza, utilizzata in allevamento e nell’ambito di importazione da tutto il continente europeo e non solo.

Un po’ di storia

La lepre europea

La lepre è conosciuta da tempi immemorabili e le prime raffigurazioni di questo splendido lagomorfo sono state rinvenute all’interno di tombe egizie, in miniature persiane, pitture cinesi datate due millenni prima di Cristo, nell’arte greca, etrusca e romana. Diversi autori dell’antichità ne parlano nei loro scritti, da Plinio il Vecchio a Erodoto, da Claudio Eliano a Orazio fino a Senofonte. In tavola, le carni di lepre erano veramente apprezzate, tanto che la elogiano e ricordano sia Apicio che Marziale.

Inquadramento tassonomico:

Giovane esemplare di Lepre europea

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Classe

Mammalia

Sottoclasse

Euteria

Superordine

Glires

Ordine

Lagomorpha

Famiglia

Leporidae

Sottofamiglia Leporinae Genere

Lepus

Specie

Lepus europaeus

Poiché si tratta della specie maggiormente diffusa, allevata e oggetto di interesse venatorio, parleremo proprio della lepre europea, un magnifico lagomorfo che i più fortunati hanno avuto la fortuna di veder sfrecciare in territorio libero o sui campi coltivati. Negli ultimi decenni si è assistito ad un calo generale della presenza di lepri autoctone in ambiente rurale a causa della maggiore urbanizzazione delle campagne e dell’agricoltura intensiva, che hanno progressivamente ridotto l’habitat di queste specie. Pertanto, visto il calo numerico delle popolazioni “wild” si è reso necessario introdurre nuovi soggetti, provenienti da allevamenti e da operazioni di cattura in zone a maggiore densità ed infine liberati sul territorio, allo scopo di ottenere una ripro-

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duzione in loco. La lepre si muove sicura nel suo ambiente, che conosce palmo a palmo, in particolare nei momenti di tranquillità, soprattutto al crepuscolo o alle prime luci dell’alba, ma anche nelle ore diurne per procurarsi il cibo quando non disturbata. Le zone maggiormente vocate, il suo habitat ideale, sono le aree pianeggianti o collinari dove si alternano terreni incolti, seminativi di foraggio e cereali ma anche frutteti e vigneti, dove l’animale può variare la dieta a proprio piacimento. Il suo areale deve però essere piuttosto variegato e comprendere numerosi rifugi (sottobosco, siepi, rovi, cespugli, erbai, ecc.) poiché, a differenza del coniglio, non scava gallerie ma si nasconde in mezzo alla vegetazione o tra le rocce per cercare riparo. Il rifugio, anche noto come “covo”, non è dunque una vera e propria tana, bensì una zona riparata dove potersi mimetizzare e sfuggire allo sguardo dei predatori: la lepre si accovaccia e rimane immobile, perfettamente invisibile, fino a che il predatore non è talmente vicino da costringerla ad una fuga a zig-zag in tutta velocità, fino a raggiungere i 70 Km/h. Al contrario il leprotto, che non emana odori nelle prime settimane di vita, rimane sempre e comunque immo-

Lepre al covo

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bile e il più delle volte sfugge anche inverno, vista la minore disponibilità all’olfatto del predatore. E’ una spe- di cibo, si accontenta di radici, baccie molto territoriale ed il suo home che, cortecce, semi e ghiande. range misura, in genere, da 1 a 2 Km di raggio; Perchè i denti a "crescita continua"? solo in caso di I denti a crescita continua, anche detti ipsodonti, sono eccessiva pres- un particolare tipo di dentatura caratteristica di molte sione predatoria, specie animali, in particolare i roditori e i lagomorfi. La densità di cospe- caratteristica saliente risiede nel fatto che queste strutcifici o carenza di ture possiedono una radice aperta, tali da consentire risorse alimenta- una crescita illimitata del dente per far fronte al consumo ri, la lepre si spo- di alimenti particolarmente duri. Ad esempio, avete mai sta alla ricerca notato cosa succede ad un cane che abbia l’abitudine di di una zona più rosicchiare materiali duri come ossa o sassi? I denti piaadatta. Della le- no piano si consumano e si accorciano, fino ad esporre pre allo stato na- i tessuti interni. Allo stesso modo i denti dei lagomorfi si turale possiamo consumano regolarmente ma la loro caratteristica credire, ancora, che scita continua consente loro di mantenere sempre una è una specie ge- dentatura livellata ed utile per svolgere la propria funzioneralmente soli- ne, senza quindi mai rimanere “sdentati”. Questi denti, taria e non vive in in particolare i lunghi incisivi, crescono mediamente un gruppi, sceglien- centimetro al mese e devono essere regolarmente condo la “compa- sumati onde evitare problemi di malocclusione (ulteriori gnia” solamente dettagli nell’articolo: “Il coniglio, denti e masticazione”, durante la stagio- TerrAmica num. 5 - 2016). ne degli accoppiamenti; non effettua il letargo, a differenza di molti Un po’ di anatomia e altri piccoli mammiferi selvatici, ed fisiologia in estate si nutre di diverse essenze quali erbe di campo, cereali, legumi- La lepre europea possiede un cornose, colture orticole, depreda i ger- po slanciato, allungato e compresso mogli nei campi coltivati, mentre in latero-lateralmente; è quindi particolarmente adatta alla corsa, attitudine dimostrata anche dalle zampe posteriori molto lunghe e muscolose, dal dorso arcuato e particolarmente elastico, dal bacino stretto, dal ventre piatto e dalle ossa sottili e leggere. La testa è piuttosto piccola, le orecchie lunghe e mobili e gli occhi possiedono una pupilla grande e sporgente con un campo visivo che copre quasi 360°, caratteristiche che le consentono di individuare i predatori anche a distanza notevole. Il mantello è folto e di colore grigio-bruno sul dor-

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so e i fianchi, più rado e tendente al bianco-crema sull’addome. La tavola dentaria, in questa specie, è quella caratteristica dei lagomorfi ed è quindi simile a quella presente nel coniglio: i denti sono a crescita continua, con una doppia coppia di incisivi nell’arcata superiore ed una sola coppia in quella inferiore, tre premolari superiormente e due inferiormente ed infine tre molari sia sopra che sotto. I canini sono assenti ed al loro posto vi è un ampio spazio privo di denti che si interpone tra gli incisivi e i premolari (diastema).

Un apparato digerente particolare

La razza di questo numero: Californiana La razza denominata “Californiana” è originaria dell’omonima regione degli Stati Uniti, la California per l’appunto. Nel 1923 Georges West ebbe l'idea di selezionare un coniglio con una buona pelliccia e un’ottima resa in produttività e carne. Scelse come base di partenza i conigli di razza Russa, per il folto mantello e l'ottima attitudine materna, che fece incrociare con conigli di razza Cincillà, dal rapido accrescimento e dalla densa pelliccia. I maschi derivati da questa selezione vennero poi a loro volta incrociati con femmine di Bianca di Nuova Zelanda ed attraverso questo incrocio venne fissato definitivamente il gene dell'albinismo, pur mantenendo la colorazione a macchie dei russi. Nel 1928, questa nuova razza fu presentata per la prima volta a Southgate in California ed undici anni più tardi, nel 1939, fu ufficialmente riconosciuta negli USA. In Europa, la Californiana fu accettata per la prima volta in Francia, nel 1972. Per anni fu considerata una tra le migliori razze da carne per gli allevamenti intensivi, insieme alla Bianca di Nuova Zelanda ed oggi sta rinascendo a nuova vita come elemento fondamentale nelle mostre cunicole di tutto il mondo. Il carattere docile e silenzioso, insieme al suo aspetto amichevole e alla bellezza del suo mantello, ne fanno un ottimo candidato a diventare anche un buon animale da compagnia. Cosa dice lo standard: E' un coniglio di razza media, con attitudine prevalentemente da carne, dotato di una forte muscolatura ed un’ossatura estremamente leggera. Il corpo è raccolto e tozzo, il petto largo e il torace ampio, gli arti sono forti, diritti e dotati di largo appoggio. La testa di grandezza media è ben salda sulle spalle, le orecchie sono vellutate e portate erette, gli occhi bene aperti. La pelliccia è fine, folta, morbida e lucente. Il pelo corto, la pelle sottile ed elastica. Il bacino e la parte posteriore sono ampi, la linea dell'addome e del dorso sono parallele e quest'ultimo finisce ben curvato. La distribuzione delle macchie comprende la maschera (che parte dal labbro inferiore, copre il naso e non deve superare l'altezza degli occhi), le orecchie, le zampe e la coda. Le macchie sono grigio nerastro e nella stagione fredda possono diventare anche nere. Sono ammesse le colorazioni delle macchie blu e avana. La colorazione è sfumata dolcemente dalle estremità fino a sparire nel bianco puro del corpo, gli occhi sono rosso-albino e le unghie color corno preferibilmente scuro.

L’apparato digerente è in tutto e per tutto simile a quello del coniglio: la lepre è un erbivoro monogastrico con un intestino molto lungo ed un cieco voluminoso e sviluppato, al cui interno avvengono fermentazioni dovute ai numerosi microorganismi qui presenti e capaci di digerire la fibra, produrre Acidi Grassi Volatili (AGV), vitamine e proteine di natura batterica. Dopo una prima masticazione sommaria dell’alimento, il materiale ingerito viene digerito una prima volta in maniera sommaria ed

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Roberto Corridoni incompleta ad opera dei succhi gastrici ed enterici corredati di enzimi ed una volta nel cieco si attivano le fermentazioni batteriche cui abbiamo accennato. Il prodotto espulso dall’ano è un tipo particolare di feci denominato “ciecotrofo”, la cui forma ricorda un agglomerato di pic-

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cole sfere irregolari, lucide, mucose e scure che l’animale reingerirà per dal luogo ad un secondo processo digestivo. In questa fase finale vengono recuperate tutte le sostanze prodotte dalle fermentazioni batteriche e non precedentemente assorbite, in modo che l’animale possa

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Particolare della testa di una lepre estrarle attraverso l’intestino durante la seconda digestione. Al termine di tutto verranno espulse le feci definitive, ovvero le classiche palline scure e sferiche che siamo abituati a riconoscere come deiezioni.

ne è mediamente di 42 giorni ed in questa specie può verificarsi la cosiddetta “superfetazione”, ovvero la

tamento antipredatorio della lepre adulta consiste nel nascondersi e fuggire, a seconda della necessità. Al contrario il leprotto, privo di odori e quindi difficilmente individuabile, mantiene la propria postazione, immobile, anche di fronte al pericolo imminente. La femmina presta pochissime cure alla prole, limitandosi ad allattare i piccoli una sola volta al giorno circa e lasciandoli soli per tutto il resto della giornata, in modo da evitare che un eventuale predatore possa localizzarne la posizione o seguire le tracce della femmina. Pertanto il ritrovamento di un leprotto in mezzo al prato od alla campagna non significa che quell’animale si trovi in una condizione di pericolo, al contrario. “Soccorrere” un leprotto abbandonato significa, il più delle volte, sottrarlo alle cure materne e privarlo del proprio ambiente naturale. Di conseguenza, a meno che

La riproduzione Gli organi genitali (pene e vulva) non sono immediatamente visibili, ma devono venire estroflessi per essere osservati, mentre nel maschio maturo sono ben visibili i testicoli di forma allungata e disposti caudalmente lungo la parete addominale. La maturità sessuale viene raggiunta intorno ai 5-7 mesi nella femmina e 6-8 nel maschio. La stagione riproduttiva, o meglio il periodo degli accoppiamenti, nelle lepre va da gennaio ad ottobre, con ampie variazioni in funzione della latitudine e del clima, con un momento di massima fertilità in tarda primavera ed inizio estate, periodo in cui la disponibilità di cibo è maggiore. Durante la stagione degli accoppiamenti i maschi lottano tra loro per il territorio ed il diritto a riprodursi e successivamente i più forti montano le femmine; anche l’accoppiamento è piuttosto violento e le femmine sessualmente mature riportano spesso lesioni evidenti sul dorso, causate dal morso del maschio durante l’atto sessuale. Non è pertanto raro ritrovare in giro le cosiddette “spelate”, ovvero ciuffi di pelo che testimoniano questi eventi turbolenti. La durata della gestazio-

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Una lepre nel suo ambiente possibilità di avere un accoppiamento fertile anche durante la gravidanza o, meglio, verso il termine della gestazione, che consente all’animale di portare avanti contemporaneamente il frutto di due accoppiamenti avvenuti in tempi diversi: al momento del parto la femmina è dunque già gravida della cucciolata successiva. La lepre partorisce mediamente 2-3 leprotti ogni volta, ma sono possibili fino a 5-6 piccoli, del peso di circa 100 gr o poco meno, già coperti di pelo e con gli occhi aperti.

E se troviamo un leprotto? Come già accennato, il compor-

il soggetto ritrovato non sia palesemente ferito o sofferente, non andrebbe mai prelevato, ma lasciato dove si trova. Dr.ssa Linda Sartini DVM Specializzata in ispezione degli alimenti di origine animale

Dr. Cristiano Papeschi DVM

Università degli Studi della Tuscia Specializzato in teconologia e patologia del coniglio, della selvaggina e degli avicoli

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L'irrigazione in elicicoltura Elementi e parametri da prendere in considerazione per la progettazione di un elemento fondamentale per l'allevamento delle chiocciole di

Davide Merlino

R

itorniamo a parlare di elicicoltura! Per chi si fosse perso il numero precedente di TerrAmica, abbiamo descritto come selezionare e preparare il terreno per l’avvio di un allevamento di lumache secondo il “metodo Madonita”. In questo numero parleremo dell’impianto d’irrigazione, dell’installazione e delle caratteristiche tecniche. L’irrigazione del terreno ha diversi scopi, ma nel nostro caso due sono i motivi principali che ci spingono a realizzarlo in maniera adeguata: il primo è quello di favorire il trofismo delle piantagioni di ortaggi che andremo a coltivare per l’alimentazione

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delle chiocciole nonché per ricreare un habitat ideale, mentre il secondo è quello di ottenere il giusto tasso di umidità dell’aria necessario per indurre i gasteropodi a svegliarsi, a muoversi ed alimentarsi. Cosa molto importante, già sottolineata nell’articolo precedente (TerrAmica n. 4/2016), è la quantità d’acqua necessaria per l’avvio di un allevamento di lumache, che non deve essere inferiore ad 1 lt/mq al giorno.

Specifiche tecniche La progettazione di un impianto di irrigazione non può essere improvvi-

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sata, in quanto le variabili sono moltissime (dislivello, perdite di carico, quantità di valvole, ecc..), pertanto è consigliabile avvalersi di una ditta specializzata che possa realizzare un servizio funzionale e proporzionato al tipo di superficie da curare. Di conseguenza, in questa sede non sarà possibile suggerire le dimensioni dei tubi o delle valvole, poiché questo delicato compito spetta agli esperti dell’irrigazione, ma indicheremo i criteri di base su cui fondare la progettazione dello stesso. Come già accennato, la quantità d’acqua media necessaria per un allevamento che segue il ciclo estivo

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(da marzo a novembre) è di circa 1-1,5 lt/mq al giorno, per cui questo deve essere considerato il dato

scongiurare l’eventuale presenza di determinate specie batteriche (che potrebbero essere causa di proble-

di base al quale fare riferimento. L’acqua non deve essere fornita “a pioggia” o “a goccia”, bensì ”a vaporizzazione”, effetto ottenibile con le cosiddette “farfalle” o “baffi”, strumenti utilizzati nella coltivazione degli agrumeti ma spesso difficili da trovare in commercio. Ovviamente è possibile utilizzare altre tipologie di irrigatori, ma è necessario accertarsi che l’effetto sia quello voluto, ovvero la vaporizzazione. Per ottenere questa vaporizzazione, oltre alla tipologia di irrigatore, è necessario prestare attenzione anche alla pressione rihiesta: ad esempio, le farfalle da noi utilizzate lavorano ad una pressione minima di 2,5 Bar. Anche la qualità dell’acqua è importante; sarà infatti necessario procedere ad analisi specifiche per

mi sanitari) o di elementi dannosi (come cloruro di sodio, zolfo o altri sali e minerali potenzialmente pericolosi sopra certe concentrazioni). A tal riguardo si rimanda a TerrAmica nr. 4 per ulteriori approfondimenti in merito.

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Questione di superficie Dopo aver deciso quale tipologia di irrigatore impiegare, è necessario verificare la superficie che questo

riesce a coprire, poiché l’aspersione non deve superare la larghezza del recinto (solitamente dai 3 ai 3,5 mt):

oltre ad evidenti quanto inutili sprechi, se l’umidità dovesse oltrepassare le reti antifuga le chiocciole potrebbero tentare di superarle attratte

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senza il quale si verificherebbero dei “vuoti” nella piantagione.

L’importanza della mobilità Una volta progettato l’impianto e scelto gli irrigatori, è consigliabile realizzare un sistema di irrigazione “fuori terra” e “centrale”, in modo che possa essere spostato con facilità all’esterno dei recinti a fine ciclo per consentire una più semplice lavorazione del terreno in previsione di un nuovo ciclo produttivo. L’irrigazione in elicicoltura è uno dei fattori più importanti e deve essere valutato con attenzione, poichè un errore iniziale può pregiudicare tutto il ciclo di produzione e quindi il risultato finale. A presto, con un nuovo appuntamento dedicato alle chiocciole! dall’acqua. Inoltre, se le chiocciole raggiungessero i corridoi perimetrali correrebbero il rischio di essere schiacciate dall’operatore, il quale si troverebbe comunque a camminare sempre nel fango o tra le erbacce. L’altezza dell’irrigatore non deve

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essere maggiore di quella delle reti antifuga, per cui al massimo 70-80 cm; la distanza tra un irrigatore e l’altro va regolata in base al tipo di ugello scelto, ponendo attenzione a non lasciare parti di recinto sprovviste dell’adeguato apporto idrico,

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Davide Merlino La Lumaca Madonita

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Il cavallo da trekking Caratteristiche, attitudini, preparazione fisica e psicologica di

Gemma Navarra, Erika Verdiani

I

l cavallo è un animale la cui storia è legata a doppio filo a quella dell’uomo dato che insieme a noi ha compiuto grandi fatiche e coperto

schiena corta e forte ed una buona qualità dell’unghia degli zoccoli. Contrariamente al pensiero comune, secondo il quale “altezza è mezza

è di fondamentale importanza per la preparazione fisica e psicologica del cavallo, poiché questo è un vero e proprio atleta. Dobbiamo sempre

Le varie razze che possono essere utilizzare per il trekking a cavallo (Centro Ippico il Bosco di Rincine) enormi distanze; oggi ci accompagna ancora in numerose discipline sportive, tra cui il trekking. Questa disciplina affonda le sue radici culturali nei grandi spostamenti delle staffette e dei mandriani ed è per questo che esistono cavalli, frutto di una selezione millenaria, morfologicamente e psicologicamente perfetti per questa attività.

Quale cavallo scegliere? Fisicamente il cavallo più adatto è di tipo mesomorfo, con struttura robusta e forte ma allo stesso tempo agile, così da potersi muovere con sicurezza e facilità su pendenze e terreni accidentati. Un buon cavallo da trekking deve avere petto ampio,

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bellezza”, i cavalli con baricentro più basso risultano più stabili e sicuri, inoltre molto più comodi quando dobbiamo scendere e salire diverse volte per aprire un cancello o affrontare un tratto difficile. Oltre alle attitudini fisiche, nel nostro amico è fondamentale un temperamento generoso, coraggioso e saggio. Un cavallo pigro o indolente è infatti più faticoso da gestire e può toglierci il gusto di una bella passeggiata.

L’addestramento Le altre caratteristiche possono essere acquisite con il tempo, lavorando in fase di addestramento, anche se il cavallo non le possiede per natura. La fase di addestramento

tenere allenata la muscolatura con frequenti escursioni affrontando salite, discese e tratti pianeggianti alle tre andature, tenendo d’occhio sempre che i terreni siano adatti. Il movimento è importante per la salute ed il benessere del nostro amico che, ricordiamocelo, è per natura un viaggiatore! Dal punto di vista psicologico è basilare instaurare un rapporto di fiducia e complicità all’interno del binomio, così da poter affrontare ogni ostacolo con serenità. Lavorare da terra può essere utile per far superare paure e incertezze al nostro amico e predisporlo verso un atteggiamento positivo e coraggioso verso ciò che non conosce e lo spaventa. Un interessante metodo di ad-

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destramento preparatorio al trekking è il “Mountain Trail”. Si tratta di una “palestra” per cavalli, composta da vari esercizi che simulano ostacoli e difficoltà che si possono incontrare in un viaggio, dal ponte che risuona sotto gli zoccoli al telo che svolazza per il vento. Affrontando per tappe difficoltà crescenti, il cavallo arriverà

prio cavallo.

Le razze a maggiore attitudine Tra le razze italiane più portate per il trekking, anche in montagna, troviamo il cavallo Avelignese, brillante destriero dorato; il Bardigiano, robusto e rustico dalla folta criniera; il

sta razza, alta 132-140 cm al garrese, presenta una testa leggera con profilo leggermente camuso e molto espressiva con occhi vivaci. Un collo muscoloso, un garrese non molto rilevato e linea dorso-lombare breve e poco insellata. La groppa è arrotondata e molto muscolosa come anche il petto molto ampio. Gli arti

Cavallo Avelignese ad ottenere equilibrio mentale e sicurezza nell’affrontare le difficoltà. Alla fine del nostro percorso educativo il nostro amico dovrà essere in grado di adattarsi a tutti tipi di situazione, dallo stare fermo quando viene legato, sia per motivi di sosta che per qualche scomodo inconveniente, all’affrontare situazioni di responsabilità come guidare la fila o chiuderla, senza creare problemi con improvvise intenzioni di superare e creare disordine nel gruppo. Parallelamente le fasi di addestramento aiutano anche il cavaliere ad imparare a gestire determinate situazioni, oltre che a conoscere meglio il pro-

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Tolfetano, coraggioso mandriano ed instancabile lavoratore; il Delta, candido avventuriero delle paludi. Ognuna di queste razze ha caratteristiche fisiche specializzate per il proprio habitat di provenienza e l’uso che ne veniva fatto in passato. Il cavallo Avelignese è una razza antica delle valli dell'Alto Adige. La sua storia è velata di molte leggende, c'è chi dice abbia avuto origine dai cavalli abbandonati dagli Ostrogoti in fuga dai Bizzantini e chi invece li fa discendere da uno stallone che Ludovico IV di Baviera fece giungere dal regno dei Borgognoni come dono di nozze del figlio Lodovico di Brandeburgo. Que-

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sono brevi e forti, per questo veniva impiegato come cavallo agricolo, da soma, da attacchi e da sella. Centinaia di anni di selezione orientata in questo senso, lo ha reso un cavallo versatile, robusto e vivace adatto a tutte le discipline moderne. Il Tolfetano, risalente all'epoca degli Etruschi, accompagna da secoli i butteri della Maremma laziale nel lavoro con le mandrie di bovini, ancora oggi allevato allo stato brado nei frugali pascoli dei monti della Tolfa. Questa razza, originatasi spontaneamente, è frutto di anni di selezione naturale, dove difficoltà climatiche ed ambientali hanno aiutato a forgiare

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le caratteristiche principali di questa razza, cioè la sua robustezza, rusticità, resistenza e temperamento coraggioso. Morfologicamente presenta altezza al garrese compresa tra i 145 e i 155 cm, una corporatu-

servato l'agilità, il coraggio e la resistenza, caratteristiche indispensabili per vivere in ambienti così ostili. Anche il Delta non raggiunge grandi altezze, 135-148 cm al garrese ed è molto portato sia per il tiro leggero

moderne hanno l’obiettivo di migliorare le prestazioni sportive dei cavalli incrociando i soggetti più atletici; questo rende i cavalli più versatili ma, dall’altro lato, va ad omologarli, perdendo nel tempo quelle che sono

che per discipline sportive da sella. Non dimentichiamo inoltre che anche il cavallo Delta, come i Tolfetani, è stato di grande aiuto per l'uomo nell'allevamento del bestiame. Originatesi da cavalli di montagna tozzi e robusti, invece, i Bardigiani sono cavalli dal piede sicuro, adattissimi ai trekking per la loro conformazione fisica e per il loro temperamento docile. In altezza non superano i 149 cm al garrese, sono compatti, con cassa toracica ben delineata, collo corto e robusto e caratteristiche orecchie appuntite e corte. Fino a poco tempo fa erano cavalli poco atletici e di conseguenza poco utilizzati nelle altre discipline sportive; oggi la selezione è orientata al miglioramento delle qualità sportive di questo cavallotto robusto, che viene impiegato con successo anche negli attacchi, nella monta western ed in quella all’inglese. Le selezioni

le caratteristiche peculiari e uniche delle nostre razze italiane, nate proprio da quelle che sono le nostre tradizioni ed i nostri territori. Non è da sottovalutare l’origine della razza nella scelta del proprio compagno di viaggio, le razze italiane, infatti, sono nate per il nostro clima e i nostri terreni. Ogni cavallo, però, può diventare per ognuno di noi un amico straordinario!

Cavallo Bardigiano ra molto compatta, mantello baio e testa montonina. Una curiosità che chiarisce molto bene lo stretto legame tra caratteri fisici ed ambiente d’origine, è il piede del cavallo Delta. Come suggerisce il nome della razza, questi cavalli sono allevati nelle paludi del delta del Po, dove hanno sviluppato uno zoccolo largo e di unghia resistente adatto a rima-

nere per lungo tempo in ambienti umidi o addirittura immerso. Questa razza discende direttamente dal cavallo Camargue, razza di origine francese. Da quest'ultimo ha con-

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Erika Verdiani Laureanda in Scienze Forestali e guida Equestre Ambientale di 1° livello

Dr. ssa Gemma Navarra Guida Equestre Ambientale di 1° livello nvrgmm@virgilio.it

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Allevamento dei molluschi bivalvi La vongola verace filippina (Ruditapes philippinarum) di

Lapo Nannucci

L

a vongola verace nostrana, Ta- Si tratta di una specie gonocorica, il all'acquisto di seme nato nelle aree pes decussatus, risulta essere cui periodo riproduttivo appare va- circostanti. una specie piuttosto difficile da riabile a seconda della zona geogra- Il periodo ottimale per effettuare allevare, la cui presenza sui banchi fica. Generalmente La deposizione l’attività di semina è quello primavenaturali nel corso degli anni è dimi- delle uova ha luogo in condizioni di rile, durante il quale la temperatura nuita notevolmente. Gli operatori del temperatura comprese tra i 20-25°C dell’acqua risulta superiore a 14°C e settore, con il passare degli di conseguenza cominciaanni iniziarono quindi ad no a manifestarsi le prime importare, a scopo di alle"fioriture" di microalghe. vamento, quantità sempre La semina viene effettuamaggiori di vongola filippita a spaglio in condizioni na (Tapes philippinarum), di bassa marea, in manieuna specie originaria del ra da facilitare il lavoro e Pacifico che fu introdotta consentire di monitorare nelle aree lagunari dell’Alto l'infossamento delle giovaAdriatico. ni vongole, che in genere In queste zone, a causa avviene entro 5-15 minuti. degli elevati livelli trofici Nel caso in cui le condizioni delle acque, della presendi ricambio idrico e la preza di un particolare tipo di senza di fitoplancton siano sedimento e del costante piuttosto scarse, è consiidrodinamismo dovuto alle Fig.1 Vongola verace filippina Tapes (Ruditapes) philippi- gliabile adottare densità di maree, la specie ha riscon- narum Vongola filippina Ruditapes philippinarum Adams & semina piuttosto contenute Reeve (foto mediateca.educa.madrid.org) trato un habitat ottimale e (50 animali per m2), mentre di conseguenza si è ripronelle aree caratterizzate da dotta notevolmente, dando origine e nel tardo autunno-inizio inverno forti ricambi idrici e dotate di buona ad estese popolazioni. viene comunemente osservato un trofia, la densità di semina può arriperiodo di riposo sessuale. vare fino a 1.000 animali per m2. Biologia ed allevamento In seguito alla schiusa delle uova, le Il sito scelto per iniziare l’allevamendella specie larve iniziano a spostarsi attraverso to deve presentare buone condizioni La Vongola filippina possiede un gu- il movimento delle correnti e delle dal punto di vista sanitario e deve scio robusto di forma ovale, che può maree e successivamente si stabili- essere caratterizzato da un fondale raggiungere i 6 - 8 cm di diametro scono sul fondale marino dove, tra- dotato di una pendenza non troppo ed a differenza della vongola verace mite l’ausilio del bisso, si attaccano accentuata. Il sedimento ottimale (Tapes decussatus), presenta una a piccole rocce o pezzi di guscio. per l’allevamento delle vongole è forma meno allungata. L’allevamento delle vongole veraci costituito da un misto di sabbia e Il principale elemento di distinzione viene praticato direttamente sul fon- fango ma possono essere ottenuti tra le due specie di vongola riguarda do e la prima fase del ciclo consiste buoni risultati anche su sedimenti la morfologia dei sifoni, che in T. de- nel reperimento del seme, il quale completamente sabbiosi o fangosi, cussatus appaiono separati, mentre generalmente viene reclutato in na- a condizione che vi sia una buona in T. philippinarum risultano uniti alla tura direttamente sul fondale dell’im- ossigenazione. base e divisi all'estremità. Inoltre, la pianto. Un altro fattore importante da convongola filippina possiede una colo- Nei casi di particolare necessità di siderare risulta essere la pulizia del razione più varia e più vivace rispet- materiale, per ottemperare a questa fondale, in quanto l’eventuale preto alla varietà nostrana. fase, si può ricorrere alla pesca o senza di ostacoli di vario tipo potreb-

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be condizionare il movimento delle condotto su uno specchio di mare lo stabulario del Consorzio, struttura acque e causare danni all’alleva- in Concessione Demaniale marit- che dall’anno 1976 si occupa di svolmento. gere le operazioni di depurazione e La raccolta del spedizione dei molluschi ai fini della prodotto viene successiva immissione del prodotto effettuata con nel circuito commerciale. metodi di tipo Nel corso della visita presso lo statradizionale, trabilimento, che risulta essere uno dei mite l’impiego di più importanti di Europa, siamo stati rastrelli a mano costantemente affiancati dal Dott. o rasche, oppure Piva, il quale ci ha descritto in maattraverso l’ausiniera dettagliata tutte le fasi del ciclo lio di attrezzi più di produzione. tecnologici come Nell’ambito dei laboratori del conil rastrello vibransorzio, vengono effettuate le indate, la draga turbogini microbiologiche necessarie alla soffiante o la idrocatalogazione del prodotto secondo rasca. la normativa vigente in materia, ovFig.2 Operazioni di raccolta della vongola verace filippiIl prodotto viene na (Tapes filippinarum) fonte ( immagine reperita presso vero, in funzione della zona di proveConsorzio Pescatori di Goro, Co.Pe.Go.) successivamente nienza, vengono identificati i molluselezionato tramischi provenienti da zone classificate te l’utilizzo di setacci manuali o mec- tima all’interno della sacca di Goro “A” e quelli provenienti da zone clascanici ed antecedentemente alla (FE), avente una superficie totale di sificate “B”. fase di commercializzazione, viene 27Km2, di cui 10 km2 circa dedicati Le zone di produzione vengono inviato a: agli impianti. classificate in zona A o B dall’Auto- un centro di spedizione molluschi, rità competente, nel caso specifico nel caso in cui il prodotto provenga Le principali specie prodotte sono: dal Servizio veterinario dell’Azienda da acque classificate “A” e pertanto - Vongola verace filippina (Tapes fi- USL di Ferrara, attraverso un piano considerato pronto per la commer- lippinarum) di monitoraggio annuale; i molluschi cializzazione; - Mitilo (Mytilus - un centro di depurazione, nel caso galloprovincialis) in cui i molluschi provengano da acque classificate “B” e pertanto, prima Durante la visidi avviarli al circuito commerciale, vi ta presso l’area sia la necessità di ottemperare ad un nella quale venperiodo di stabulazione del prodotto gono allevate le all’interno di vasche di depurazione. vongole, avente una superficie Le principali realtà nostratotale di circa ne, il Consorzio Pescatori di 620 Ha, è stato Goro (Co.Pe.Go.) possibile osserPer approfondire la conoscenza ri- vare il lavoro di guardo l’allevamento e la gestione alcuni operatodella vongola verace, insieme al ri facenti parte mio gruppo di lavoro, abbiamo orga- delle imprese nizzato una giornata di sopralluogo c o n s o r z i a t e , presso gli impianti di proprietà del impegnati nel- Fig. 3 Vasche di depurazione in orizzontale (immagine Consorzio Pescatori di Goro (FE) la raccolta del reperita presso Consorzio Pescatori di Goro, Co.Pe.Go.) Co.Pe.Go. prodotto tramite Una volta raggiunta la destinazione, l’ausilio di piccole imbarcazioni dota- che arrivano allo stabilimento devoci siamo incontrati con il Dott. Piva, te di un attrezzo denominato “idrora- no essere accompagnati da un doresponsabile del piano di autocon- sca”. Questa tipologia di strumento cumento (DDR) che riporta la zona trollo dell’azienda nonché persona consiste in un piccolo turbo soffian- di allevamento e lo status sanitario incaricata di farci assistenza durante te, il cui utilizzo viene consentito di classificazione. L’attività di analisi il corso della visita ed insieme siamo all’interno dell’areale in concessione svolta dal laboratorio interno accerta saliti a bordo di un’imbarcazione, al a Co.Pe.Go. l’appartenenza allo status sanitario A fine di raggiungere l’impianto di mol- Una volta rientrati a terra, in con- o B e in base alle variazioni di E.coli, luschicoltura di proprietà del Con- seguenza della conclusione del so- dovute all’apporto di acqua dolce in sorzio. pralluogo presso l’impianto di alle- Sacca, stabilisce le ore di depurazioL’allevamento dei molluschi viene vamento, è stato possibile visitare ne necessarie per riportare i valori di

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E.coli sotto i 230/100 g. Infatti i molluschi allevati in acque “A” devono dimostrare una presenza di E.coli nel liquido intervalvare inferiore al limite di 230/100 g e possono

bacini, viene esaminata allo scopo di tua analisi chimico fisiche e microrilevare una serie di parametri, quali biologiche sull’acqua di depurazione temperatura, salinità, pH e subisce e sul prodotto finito pronto alla veninoltre un procedimento di filtrazione dita ed in oltre si occupa delle valumeccanica. tazioni organolettiche e delle analisi Il corpo idrico, in microbiologiche (E.coli e salmonelle) seguito, raggiun- sui prodotti provenienti da fornitori ge una vasca di esterni. Il laboratorio di Co.Pe.Go., d e c a n t a z i o n e , sulla base del proprio Piano di Anadove avviene un lisi annuale, effettua la consegna trattamento con di campioni di prodotto a laboratori biossido di cloro esterni accreditati, al fine di portare (ClO2), prepara- avanti ulteriori ricerche microbiologito nelle struttu- che e biotossicologiche. re di laboratorio Terminata la fase di depurazione, i dello stabilimen- molluschi vengono trasportati nelle to. aree adibite al confezionamento e Il livello di ossi- successivamente indirizzati alla vengeno all’interno dita. delle vasche viene mantenu- Fonti bibliografiche to con valori pari - FAO. © 2005-2012. Cultured Aquatic Fig. 4 Bins di depurazione in verticale (immagine reperita ad almeno l’80% Species Information Programme. Ruditapes presso Consorzio Pescatori di Goro, Co.Pe.Go.) di percentuale di philippinarum. Cultured Aquatic Species saturazione at- Information Programme. Text by Goulletquer, P. In: FAO Fisheries and Aquaculture Deessere avviati al circuito commercia- traverso l’impiego di ossigeno liqui- partment [online]. Rome. Updated 1 January le passando direttamente alla fase do, stoccato all’interno di un serba- 2005. [Cited 15 June 2012]. http://www.fao. di confezionamento e spedizione, toio da 5000 litri ed iniettato in acqua org/fishery/culturedspecies/Ruditapes_philipevitando quindi le operazioni di de- tramite delle tubature. Tutti i bacini pinarum/en; purazione. facenti parte delQuelli provenienti da zona B, che la struttura sono devono far riscontrare livelli di E. coli collegati ad un sinon superiori a 4600/100 g, prima stema di controllo di essere venduti, devono essere informatizzato, in obbligatoriamente sottoposti ad un maniera da poter periodo di depurazione, al fine di ab- consentire agli battere la carica batterica presente. operatori di teneLo stabulario è dotato di vasche di re costantemendepurazione di due tipi, quelle oriz- te sotto controllo zontali e quelle verticali e l’approvvi- la tempistica di gionamento dell’acqua che vi scorre depurazione dei all’interno, avviene attraverso una molluschi presenpompa che preleva acqua di mare, ti all’interno. anch’essa preventivamente control- Lo stabulario è lata e depurata. dotato anche di I molluschi che hanno necessità di una serie di ba- Fig. 5 Molluschi bivalvi confezionati e pronti per la comottemperare alla fase di depurazione cini in materiale mercializzazione (immagine reperita presso Consorzio permangono all’interno delle vasche plastico (bins) Pescatori di Goro, Co.Pe.Go.) per un periodo minimo di 12 ore, a della capacità di seconda dell’entità della carica bat- 250-300 Kg, disposti in senso verti- - Catudella S., Bronzi P. (2001). Acquacoltuterica da eliminare. cale ed alimentati con acqua di mare ra Responsabile Verso le produzioni acquaLe vasche del sistema orizzontale posta in regime di circuito chiuso, tiche del terzo millennio. Molluschicoltura. sono caratterizzate da un volume la quale subisce il medesimo tratta- Venericoltura. complessivo di 500 metri cubi ed mento di quella pompata all’interno - Informazioni raccolte presso il Consorzio ospitano contenitori di una capacità delle vasche orizzontali ad esclusio- Pescatori di Goro (Co.Pe.Go). pari a di 500 kg di molluschi, frazio- ne del trattamento di depurazione, Dr. Agronomo nati in cassette da 10 kg. in questo impianto effettuato tramite Lapo Nannucci L’impianto di depurazione è a circui- l’impiego di ozono e lampade a raggi lapo.nannucci@ to semichiuso e l’acqua di mare, pri- UV. gmail.com ma di essere immessa all’interno dei Il laboratorio di analisi interno effet-

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Lo Scotch Fancy, il canarino a “spicchio di luna” di

Federico Vinattieri

I

Lo Scotch fancy Lo "Scotch fancy" è una razza par-

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ticolare, considerata una delle più antiche, di cui nessuno conosce l'esatto percorso selettivo ma sul quale sono state fatte diverse ipotesi attendibili basandosi sulla poca documentazione scritta rinvenuta in Scozia e Inghilterra e sull'osservazione della sua morfologia. Sappiamo per certo che le sue origini risalgono alla metà del 1800, in Scozia: inizialmente questo particolare canarino veniva chiamato "Girvan", dall'omonima cittadina scozzese in cui fu creato, probabilmente a partire da un "Lancashire plainhead", piccolo e longilineo, meticciato con un "Gantese", razza estinta da tantissimi anni. Il canarino "Girvan" fu poi incrociato con un'altra razza comune allora in quelle zone, il "Belgian Canary", il progenitore dell'attuale "Bossu Belga": questo meticciamento servì per incrementare la particolare forma ad arco ma anche per migliorarne notevolmente la taglia. Da questi accoppiamenti, dopo alcuni anni, ebbe origine il "Glasgow Canary", che poi divenne "Glasgow-Don", una vera e propria attrazione per gli appassionati canaricoltori grazie alla sua curiosa forma a semicerchio, per la quale veniva ironicamente soprannominato "the Bird o' circle". Il "Glasgow-Don", però, non ebbe

una lunga esistenza (poco più di 50 anni), in quanto molti allevatori lo vollero incrociare nuovamente con il "Belgian" ottenendo, purtroppo, due razze molto simili tra loro e quasi indistinguibili. Pertanto venne presa la decisione di diversificarli e ripartì una selezione agguerrita basandosi su nuovi piani di meticciamento con canarini "Arricciati olandesi". Questo fu un duro colpo per il Glasgow, poiché l'apparizione delle arricciature sul petto e sui fianchi non convinse gran parte dei suoi sostenitori, i quali ne abbandonarono la selezione, facendolo scomparire quasi del tutto. I pochissimi superstiti della razza vennero "presi in mano" dagli allevatori della storica "Old Variety Canary Association", che ricostruirono la razza ripartendo praticamente da zero, utilizzando il poco materiale loro rimasto e ricercando gli esemplari più tipici qua e là. In pochi anni, con l'impegno di molti allevatori appassionati e competenti, si ottennero risultati notevoli e un’omogeneità, anche se non completa, dei rappresentanti di questa nuova razza, per la quale si arrivò pian piano a redigere uno standard. A questa nuova razza, però, non poteva essere lasciato il vecchio nome, oramai superato, di Glasgow-Don. Nacque così lo Scotch Fancy, un appellativo che non poteva che rammentare a tutti le sue inequivocabili origini scozzesi. Lo Scotch "esplose" in tutta Europa e noi italiani possiamo, senza dubbio, essere annoverati tra i pionieri

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n tutte le specie domestiche, l'uomo è riuscito ad ottenere, con il proprio ingegno e la selezione, forme e varietà incredibili. L'immenso lavoro di “fissazione dei caratteri” che è stato fatto nel corso di secoli è sotto i nostri occhi ogni giorno, basti osservare i cani di razza, che, essendo ausiliari e fidati compagni di vita, più di ogni altro animale hanno subìto l'effetto delle nostre attenzioni e proprio per questo motivo sono state create oltre 400 razze di ogni forma, taglia e colore; un esempio fra tutti è l'enorme differenza che passa tra un Alano ed un Chihuahua, pur essendo rappresentanti delle medesima specie animale. Come nei cani, anche nel mondo dell'ornitofilia, in particolare nella canaricoltura, si sono selezionati colori e forme inverosimili, talvolta dovuti a mutazioni particolari, talvolta invece dovuti alla ricerca di determinati caratteri o tratti somatici, finalizzati alla pura attrazione estetica o alla creazione del "diverso" e del "nuovo". Se si è al di fuori del mondo della canaricoltura, non si può immaginare quali difficoltà vi siano nel selezionare scrupolosamente questi piccoli animali. Sicuramente è più facile far riprodurre i canarini rispetto ai cani o ai gatti, ma la difficoltà nell’ottenere e fissare i caratteri desiderati è molto più elevata, in quanto la tipicità viene perduta con una facilità estrema e, come in ogni selezione, bisogna conoscere bene la genetica per poter valorizzare un programma di allevamento.

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dell'allevamento di questa razza, che si diffuse in modo esponenziale soprattutto nel meridione: nel 1999 nacque in Italia lo "Scotch Canary Club Italiano", che ha contribuito

notevolmente a promuovere e tutelare questa razza; attualmente, nel nostro Paese, sono presenti allevamenti di Scotch i cui soggetti vengono invidiati in tutto il mondo per la loro bellezza e tipicità.

Cenni di standard Come in ogni standard delle razze di canarini, le varie voci che descrivono le varie regioni del corpo vengono abbinate ad un punteggio, che sommato andrà poi ad indicare su scheda analitica, quanto il soggetto sotto giudizio si avvicini alla perfezione. La voce più importante per questa razza è senza dubbio la "POSIZIONE", alla quale infatti, vengono abbinati ben 25 punti, ossia un quarto del punteggio totale. La posizione, più che nelle altre razze (ad eccezione del “Japan Hoso”), è legata alla particolare forma del

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corpo a “spicchio di luna” verticale, con la testa portata in avanti sopra le spalle e la coda sotto il posatoio. Per assumere la sua posizione ideale il soggetto deve tenersi bene arretrato rispetto al posatoio, che sarà afferrato saldamente dalle dita e mantenere le zampe vicine tra loro, leggermente flesse, non rigide tipo “Gibber Italicus”. Il profilo della testa, nuca, collo e dorso deve delineare una semicirconferenza, che terminerà con la coda portata sotto il posatoio; il petto e l’addome formeranno una linea concava ed il soggetto, nel suo complesso, assumerà il contorno del classico “spicchio di luna”. Il contorno è nitido grazie anche al piumaggio necessariamente liscio e chiuso. Quando il soggetto assume la posizione esprime la sua forma, è al massimo dell’azione e può mantenerla anche in maniera prolungata. La posizione sarà assunta soprattutto quando il Canarino, saltellando da un posatoio all’altro (in inglese “the hop”), prenderà un saldo appoggio sul posatoio d’arrivo. In alcun modo esso dovrà mostrarsi nervoso né dovrà sorreggersi con una zampa alle sbarre della gabbia. Il massimo teorico della curvatura è di 180 gradi, ma dovranno essere considerate ottime anche curvature minori, purché di raggio costante e purché la testa non sia portata sotto le spalle. Alcuni dei difetti più ricorrenti e di maggior rilievo sono: posizione eretta, dorso verticale, coda perpendicolare, posizione non sufficientemente curva, testa e collo portati sotto le spalle (posizione a 7), coda non portata

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sotto il posatoio, zampa aggrappata alle sbarre della gabbia, zampe rigide o portate troppo larghe, ritte o troppo flesse, scarsa azione, soggetto statico. Altra voce importantissima è la "FORMA", alla quale vengono abbinati 20 punti. Il corpo deve essere lungo, stretto, slanciato e cilindrico, di sezione perfettamente circolare. Un buon petto deve rientrare in una curva concava. A causa della posizione spinta all’estremo, può verificarsi che alcune penne del petto scivolino in modo scomposto, un poco le une sulle altre: il giudice, pertanto, dovrà tollerare tale difetto quando esso non è espressione di un’arricciatura tecnica e non penalizzarlo troppo pesantemente. Il piumaggio migliore sarà sempre di tessitura fine, aderente, compatto e molto chiuso. Lo Scotch non dovrà mai dare l’impressione di pesantezza. Durante la posizione, più le ali saranno aderenti al corpo, più il soggetto sarà di pregio. I difetti che a volte emergono sono i seguenti: corpo largo o corto che dia l’impressione di pesantezza, petto pronunciato, pesante, largo o a coltello, piumaggio mosso e anche ali eccessivamente staccate dal corpo. Entriamo nello specifico di alcune parti del corpo e vediamo la voce successiva: "SPALLE e DORSO", a cui vengono attribuiti 20 punti. Spalle e dorso sono considerati in un’unica voce poiché, nel momento in cui il soggetto assume la posizione, si fondono tra loro formando un elemento unico. Le spalle sono alte, strette, arrotondate e senza avvallamenti; il dorso deve essere anch’esso arrotondato e pieno, formante un arco. Possiamo incappare nei seguenti difetti da dover segnalare: spalle distanziate con avvallamento centrale (tipo Bossù Belga), spalle larghe, attaccatura dell’ala visibile, e anche dorso piatto o non curvo. Caratteristica non di poco conto è la "LUNGHEZZA", alla quale vengono attribuiti 10 punti. Bisogna sempre tener conto che la lunghezza ideale per uno Scotch è di 17 cm. Ovviamente nessun giudice prenderà mai il righello per esaminare l'esatta lunghezza di un esemplare sotto

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giudizio, non si può avere quindi la certezza visiva della reale lunghezza effettiva, ma vi posso assicurare che un occhio esperto sa valutare

propri animali, sia consapevole di portali ad una esposizione di bellezza e quindi dovrebbe sempre e solo esporre soggetti in forma e in

Un esemplare di Scotch Fancy, nella tipica gabbia da mostra una misura di un animale, quindi, nella selezione, bisogna stare molto attenti a non diminuirne la taglia al di sotto della misura richiesta nello standard, perché i soggetti in fase di giudizio in mostra, andrebbero in contro a penalizzazioni. "TESTA e COLLO", che hanno valenza di 10 punti, devono anch'essi attenersi alle seguenti caratteristiche tipiche: la testa deve essere piccola, leggermente piatta, serpentiforme, non arrotondata né a nocciola, con l’occhio spostato in avanti verso il becco. Il collo è lungo, non esageratamente stretto, curvo ma senza spigolosità quando si attacca sia alla nuca sia alle spalle, rendendo così possibile che la nuca e le spalle si fondano armoniosamente. Una testa grande o tondeggiante comporta difetto, come anche un collo spigoloso o corto. La posizione dell'occhio è anch'essa importante, poiché occhi centrali sono da considerarsi difettosi. Il "BENESSERE GENERALE" è ovviamente una voce che da tanti giudici viene quasi data per scontata, in quando si presuppone che un allevatore, quando porti in mostra i

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perfetta salute. Come sappiamo bene noi allevatori però parliamo pur sempre di animali e non di oggetti, pertanto è possibile che il giorno del giudizio il canarino, soprattutto se non ben abituato alla gabbia e se reduce da una muta tardiva, possa subire lo "stress da mostra" e può quindi accadere che durante le fasi di giudizio, sempre postume al giorno dell'ingabbio, possa presentarsi non in perfette condizioni; in tal caso i giudici possono, anzi, devono penalizzare il soggetto in questione. Il punteggio attribuito a questa voce è di 10 punti. Nel benessere generale, ovviamente, è compresa anche la pulizia e l'igiene dell'animale; un esemplare sporco, o poco vivace, verrà quindi penalizzato. La "CODA", alla quale sono attribuiti 5 punti, è un'altra di quelle voci non di primaria importanza per i canarini di forma e posizione, ma che talvolta, nel punteggio finale, può fare la differenza. In questa razza la coda deve essere lunga, stretta e ben chiusa. L'attaccatura dovrà essere coperta dorsalmente da un piumaggio molto chiuso. Una coda aperta, corta o eccessivamente larga sarà

da penalizzare. Ma come viene giudicato un canarino? Non è semplice rispondere perché ogni razza richiede il proprio metodo di giudizio. In generale il giudizio funziona così: il giudice osserva i canarini nelle apposite gabbie, poggiate su di un tavolo e valuta le varie peculiarità di ogni soggetto, esattamente come succede nelle esposizioni cinofile o di altre specie. Ma come ho detto in precedenza, ad ogni razza è abbinato un determinato metodo di giudizio, come anche una determinata tipologia di gabbia. La gabbia regolamentare per esporre e quindi giudicare lo "Scotch fancy" è quella a mezza cupola, con due posatoi di sezione tonda e di 12 mm di diametro, distanti tra di loro 13 cm. Un giudice esperto di Scotch sà bene che questa razza esige l'osservazione dei soggetti in gabbia su un ripiano alto, scegliendo l'esemplare con la migliore posizione, le spalle più strette ed eliminando quelli con spalle larghe, dorso piatto e collo corto. Non si deve esitare nell'escludere dalla classifica finale i canarini con collo portato in basso con spalle larghe. Come abbiamo già detto la "posizione" nello Scotch è una delle voci più importanti e per cercare di ottenere soggetti non difettosi in questa caratteristica l'unico modo è il cosiddetto "addestramento alla gabbia", chiamato così in gergo ornitofilo, ossia far abituare i canarini alla gabbia da mostre già mesi prima dell'inizio della stagione espositiva. Osservare in mostra questi canarini è il massimo del piacere per un allevatore di Scotch fancy, poiché solo in mostra questi canarini esprimono al 100% il loro fascino, la loro eleganza e di conseguenza la loro tipicità. Allevamento di Fossombrone http://ornitologia.difossombrone.it/

Federico Vinattieri www.difossombrone.it

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American Pitbull Terrier: gladiatore o compagno fedele? di

Federico Vinattieri

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ra le tantissime razze canine nale della Cinofilia Italiana (E.N.C.I.) al mondo, ce ne sono alcune e tanto meno della Federazione che hanno in qualche modo Cinologica Internazionale (F.C.I.). conquistato l'immaginario popolare Possiamo però permetterci di cone sono divenute rapidamente famo- tinuare a definirla "razza" poiché se, chi per moda, chi per la loro sin- è riconosciuta a tutti gli effetti negli golare estetica, chi per ragioni meno Stati Uniti d'America, da due diverse positive, come ad esempio la cattiva associazioni: l'American Dog Breereputazione dovuta alle aggressioni ders Association (A.D.B.A.), fondao alla loro (presunta) spiccata pre- ta nel 1909, e dalla United Kennel disposizione all'attacco. Scommetto che se vi dico "Pitbull", il vostro primo pensiero va subito alle aggressioni di cui molte volte si sente parlare al telegiornale; oramai siamo troppo condizionati dalle telecomunicazioni e dalla rete ed abbiamo involontariamente abbinato degli stereotipi anche alle razze canine. Ecco che il Pitbull, l'American Staffordshire Vecchia foto che ritrae un "Original Pitbull" (fonte foto steelheadpits.net) terrier e lo Staffordshire bull terrier sono divenuti, nell'immaginario popolare, Club (U.K.C.), fondata addirittura nel delle vere e proprie "armi cariche", 1898. Nel riconoscimento nelle due protagonisti principali di campagne associazioni non sono però stati fisdenigratorie; inutile ribadire che non sati dei parametri comuni, pertanto è così. In questo articolo vorrei de- (purtroppo) gli standard redatti da scrivere le particolarità, sia morfolo- questi due enti non coincidono pergiche che caratteriali del Pitbull, da fettamente e questo non può che anni nel mirino dell'opinione pubbli- far sopraggiungere confusione e ca. difficoltà di selezione a coloro che vogliono cimentarsi nell'allevamento Razza o non razza? anche qui in Europa. Nonostante la Chiariamo subito che il "Pit bull", non leggera confusione che può crearsi può essere considerata una razza in merito, il Pitbull è una razza diriconosciuta nel nostro Paese, in scretamente selezionata e l'Ameriquanto non ha mai ottenuto il rico- ca è innegabilmente il paese leader noscimento ufficiale dall’Ente Nazio- nella sua selezione.

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Non sono cattivo… è così che mi dipingono La cattiva fama del Pitt bull è legata chiaramente alle sue doti fisiche: insensibilità al dolore, resistenza, vigore, agilità, rusticità, testardaggine, sono solo alcune delle qualità che lo caratterizzano. Accanto a queste vi sono anche altri straordinari pregi come la strabiliante “plasmabilità” caratteriale e la predisposizione a far da ausiliare dell'uomo, che hanno valso a questa razza ben diciotto abilitazioni per prove di lavoro. La sua versatilità lo rende adatto ad ogni pratica o sport cinofilo, dall'Obedience all'Agility, dal Dock Jumping al Coursing fino ad arrivare alla Pet-Therapy. A titolo esemplificativo vogliamo ricordare "Stubby", un antenato degli attuali pitbull (parliamo degli anni '20 del XX° secolo), considerato una vera e propria leggenda: decorato con sei diverse onorificenze per meriti di guerra durante il primo conflitto mondiale, è stato nominato addirittura "Sergente" dell'esercito degli Stati Uniti d’America.

Un pò di storia "Bisogna conoscere la storia e l'origine di una razza per poterne comprendere bene anche le attuali caratteristiche"… questa frase veniva ripetuta spesso dal compianto Baro-

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ne Piero Renai della Rena, grande cani a cui facciamo riferimento ave- del 1822 che tutelava il bestiame e cinofilo, esperto giudice internazio- vano una muscolatura asciutta, po- vietò anche, tra le altre cose, i comnale, nonché mio professore di "Sto- derosa, erano animali molto atletici e battimenti tra galli e i "bear-baiting", ria e origine del cane" all'Università. alti sugli arti, insomma, praticamente ossia i cruenti combattimenti con Il Pitbull non è, l'orso. Ma i comcome a volte si battimenti non sente dire, una si fermarono, sorta di "prodottutt'altro... quanto di laboratodo un qualcosa rio" realizzato diventa vietato e dall'uomo per illecito, è proprio creare un cane il momento in cui dalle doti fisiche questo viene deesasperate trasiderato di più. I mite l'incrocio combattimenti, di geni di diversebbene consise razze; quederati fuori legste sono dicerie ge, continuarono messe in giro da per svariati anni "cinofili da strae gli scommetpazzo". Il “cane titori esigevano killer” è pura insempre di più venzione lettecani che potesStudio di testa di un Pitbull (fonte foto: dogbreedgallery.com) raria, il “Cujo” di sero soddisfare Stephen King è le loro macabre una fantasia. Vero che questa razza l'opposto dei nostri Bulldog inglesi. esigenze. è stata impiegata per decenni nelle Nei primi dell'ottocento iniziarono le Per fortuna quel periodo storico "arene" di strada, per i combattimen- prime selezioni metodiche, finaliz- coincise con la nascita di una menti clandestini tra cani, non tanto per zate alla costruzione di una vera e talità innovativa, una mentalità che la loro innata aggressività che tutti propria "razza da combattimento", trasformò pian piano il modo di congli attribuiscono, bensì per la sua cercando sempre di esaltare le doti siderare ed approcciarsi al cane: iniresistenza, esplosività muscolare, richieste per questa mansione, ossia ziò la “cinofilia ufficiale” e quindi quel incredibile e brutale forza fisica ed resistenza al dolore, forza bruta, te- pensiero di selezionare per puro piaenergia pressoché interminabile: nacia e anche aggressività nei con- cere, dando priorità anche alla morproprio per questa usanza del tem- fronti di altri animali. Ma gli allevatori fologia e non più solo all'inclinazione po, durante la selezione di questa dell'epoca si accorsero che a questi comportamentale ed alla prestanza razza venivano messi in riproduzio- cani mancava qualcosa... l'agilità e fisica. ne sempre i soggetti con maggior ro- lo sprezzo del pericolo. Iniziò quindi Da ieri ad oggi bustezza e determinazione. Il Pitbull un vero e proprio "studio" su come discende dai cani importati dai co- risolvere il problema, ma la risposta Molti appassionati iniziarono ad loni inglesi e irlandesi i quali, quan- arrivò piuttosto velocemente. Dalla adocchiare questi particolarissido emigrarono in America verso la madre patria, l'Inghilterra, vennero mi "molossi-terrier", che avevano fine del 1700 e i primi del 1800, si importanti alcuni "Terrier", cani dalle delle caratteristiche fisionomiche portarono dietro i loro esemplari mi- doti eccelse, grandi cacciatori che, estremamente interessanti. Si degliori. I cani usati nelle "lotte" allora incrociati con i "Bulls", ne avrebbe- cise quindi di tentare la selezione a venivano chiamati genericamente ro compensato le carenze fisiche ed fini espositivi, ossia non solo per il "Bull-dogs" (cani toro), nome che anche esaltato alcune doti caratte- mantenimento dell'aspetto carattesi riferiva sia al fatto che i combatti- riali: furono creati quindi i "Bull and riale ma anche fenotipico. I pionieri menti avvenivano contro dei bovini, terrier", cani che si avvicinavano di quell’idea non erano consapevoli sia per far comprendere la loro ca- molto all'obiettivo che si erano pre- che poi sarebbero entrati nella storia come artefici di un'epoca memorabiparbietà e potenza, appunto da toro; fissato gli allevatori di allora. questi soggetti, però, non apparte- Nel 1835 avvenne un fatto storico le, costruita passo dopo passo, anno nevano ad una vera e propria razza che cambiò notevolmente la mentali- dopo anno, difficoltà dopo difficoltà, poiché ogni cane, considerato forte tà di tante persone: il parlamento del da veri cinofili d'eccellenza. Il lavoro e idoneo a questi "incontri", veniva Regno Unito pubblicò l'editto contro da loro svolto comportò, però, un’ipoi fatto riprodurre per generare al- la crudeltà degli animali, proclaman- nevitabile e rapida diminuzione del tri piccoli "cani-carrarmato". Erano do di conseguenza "illegali" ogni livello di aggressività, mancanza quindi ben differenti dagli odierni Bull genere di maltrattamento e com- criticata da molti sostenitori dei comTerrier e Bulldog, con i quali hanno battimento tra cani. Questa legge battimenti, incontri divenuti oramai in comune solo dei lontani antenati. I andò ad integrare quella precedente esclusivamente clandestini. Meno

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aggressività equivaleva però a una che da anni la selezione si è basamiglior gestione e facilità di alleva- ta sull'estetica e sul mantenimento mento. di caratteristiche di potenza e forza, Vennero pian piano istituiti dei parametri, misure standard da seguire, caratteristiche da mantenere e furono differenti e varie le selezioni. Proprio per tale motivo in quel periodo, sia in Europa che in America, si "gettarono le fondamenta" delle selezioni di diverse razze: il Bull terrier, l'American Staffordshire Terrier e lo Staffordshire Bull Terrier. Per molti allevatori, però, allevare significava solo “fare economia”, pertanto non erano in nessun modo disposti a perdere i caratteri fissati nei "bulls" dai fanatici dei combattimenti. Alcuni di loro portarono avanti una selezione che divergeva da tutte le altre, per non rischiare di perdere questo "concentrato Foto storica del leggendario "Stubby" di forza" da loro ideato, una sorta di "super-cane" da dover tutelare, con muscoli d'acciaio, eliminando l’impeto e la combattiviun coraggio formidabile e con la pre- tà. La follia, si sa, è parte dell'essere sa più forte del mondo canino. Da umano, pertanto non si può escludequesta corrente selettiva ebbe origi- re che alcune persone si divertano ne l'American Pitbull Terrier. ad incitare alla violenza questi cani, Con il passare degli anni e con il di- aizzandoli contro l'uomo e contro i sprezzo dell'opinione pubblica per il loro simili, solo per il gusto di pos"mondo dei combattimenti", la razza sedere una sorta di "cane-pistola" ha subìto una selezione lungi dal da sfoggiare. Questo non può che produrre cani aggressivi. I Pitbull essere conseguenza della pazzia sono oramai divenuti cani docili, umana. senza i loro arcaici istinti da "guerrieCenni di standard ro" e considerati cani tranquilli, adatti Vediamo rapidamente quali sono le anche a vivere in famiglia. Sono rari i casi in cui, in questa ti- principali caratteristiche estetiche pologia di cani, riaffiori la loro "primi- dell'American Pitbull Terrier, detiva" indole. Paradossalmente oggi, scritte nello standard ufficiale della anche durante le prove di lavoro, U.K.C. questi cani si rifiutano di attaccare Partiamo dall'aspetto generale, o mordere e questo è un aspetto cioè quello che si deve giudicare a curioso: incredibile cosa possa fare "primo impatto" visionando un sogla selezione in poche generazioni. getto: deve presentarsi come un Una domanda che frequentemente cane di taglia media, robusto e comassilla la mente dei profani è: “i Pi- patto, con pelo corto, muscolatura tbull sono così aggressivi come ben definita e solidità nelle articoladicono?”. E' la gestione di un cane zioni, potente e atletico, ma sempre che ne forgia il comportamento. E' equilibrato. Le misure da standard ovvio che questo genere di cane, più indicano un peso compreso tra i di altri, dia origine a pregiudizi, so- 17-28 kg per il maschio e 15-26 kg prattutto conoscendo la loro genesi, per la femmina, sebbene non siano ma bisogna anche tener presente penalizzati cani più pesanti se non

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eccessivamente sproporzionati, altezza tra 45 e 50 cm al garrese nel maschio e 40-51 cm per le femmine. I metacarpi, visti di lato, sono di media lunghezza, spessi e forti ma comunque flessibili, mostrano una leggera angolazione e sono capaci di assorbire le forze esterne e minimizzare le sollecitazioni; non deve presentarsi allargato (piede allungato e stretto, debole e allargato come se non fosse in grado di sostenere il peso). Da considerare difetto anche un metacarpo debole, cedevole e piegato in maniera asimmetrica. La struttura determina il movimento, aspetto citato nello standard del Pitbull, che deve essere sempre preso in considerazione. Un Pitbull si muove con sicurezza; al trotto l'andatura è elastica e armoniosa senza particolare sforzo, potente e ben coordinato, allunga i muscoli e mostra imposizione muscolare e sempre simmetria nei movimenti lineari. Deve mantenere sempre equilibrio e non accennare cedimenti posturali. Proporzioni da considerarsi fondamentali: lateralmente gli angoli sono retti e la distanza tra la spalla e l'anca e la spalla e il suolo sono molto simili. Lateralmente, in una visione di prospettiva degli angoli, sembra trasparire un quadrato che parte dal suolo e si prospetta sul punto della spalla e dell'anca. Presenta un collo di lunghezza media che parte doppio sulle spalle e si assottiglia fino all'attaccatura del cranio, dietro i masseteri; sul collo si dovrebbe vedere una linea divisoria centrale. La testa è forse la parte più importante per valutare la tipicità del singolo soggetto. Questa deve avere una lunghezza media, con proporzioni tra base e canna nasale, cranio piatto e ampio, muso profondo e imponente sul viso. Le orecchie sono di medie dimensioni, portate alte e possono essere naturali o amputate (conchectomia attualmente vietata in Italia e in gran parte d'Europa). Il muso è largo e profondo, con una

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leggera conicità dallo stop al naso vista dall'alto, si assottiglia legger- cadere leggermente davanti al piee un leggero allontanamento sotto mente verso la fine della parte alta, de. Un mancinismo, zampa cagnola, gli occhi. La lunghezza del muso è come se fosse un cuneo. Il solco che gomiti distaccati dal corpo, zampe leggermente inferiore (5% tolleranza divide il cranio diminuisce in profon- troppo lunghe o troppo corte, troppo massima) o uguale alla lunghezza dità dallo stop all'occipite. Quando il doppie o troppo sottili in proporzione del cranio (parte alta). La linea supe- cane è attento o in punta, si formano al peso, sono tutti difetti da penalizriore del muso è generalmente dirit- delle rughe su fronte e parte laterale zare. ta. E' da considerare difetto un muso che danno a questo cane un’espres- Il Pitbull deve presentare una coda troppo corto, uno stop troppo alto, sione unica. corta a continuazione longitudinauna mascella le della colonna debole, la canna vertebrale, menasale appuntidiamente corrita, una proporspondente alla zione errata e la fine del garretto mandibola con o poco prima, masseteri deboma non avanzale e stretta. La ta rispetto alla testa femminile punta del garè meno ampia di retto; non tenuquella maschile ta storta rispetto e ha masseteri alla direzione meno pronundel corpo; geciati, ma sempre neralmente non ben proporzioè portata dritta, nati con il resto quando è bassa del cranio, ad e crea una "S" affermare forza leggera in posie potenza. La zione rilassata, Tipica femmina di Pitbull con cucciolo (fonte foto americanpitbull.it) mascella infenon si innalza riore è ben svioltre l'altezza del luppata, larga e profonda. Le labbra Nello standard del Pitbull sono ac- dorso quando è in movimento, non sono regolari e mai troppo appese. cettate tutte le colorazioni del man- mostra una coda a vite (difetto graQuando la parte finale della canna tello, ad eccezione del merle che ve). nasale finisce a punta e vi è la man- viene considerato un grave difetto. La coda serve ad indicare gli stati dibola con masseteri deboli, è da Parlando di denti, il Pitbull presenta psicologici del cane, quindi mostra considerarsi difetto. Altri difetti sono dentatura a forbice ed i denti devono anche coraggio e sicurezza, pertancostituiti da una canna nasale così presentarsi equidistanti e bianchi. to è un tratto importante per questa corta da interferire con la normale Un enognatismo e un prognatismo razza. respirazione. La testa dell'American sono da considerarsi difetti gravi. La Questi, in breve, sono tutti gli aspetti Pitbull Terrier è unica nel genere e mandibola non deve presentare dif- identificativi principali di questa razdeve dare l'impressione di grande formità anatomiche come l'asimme- za, che personalmente considero potenza. I masseteri sono larghi e tria mandibolare che provoca bocca seducente e sicuramente fuori dal pronunciati sul viso; la testa non è storta, morso oltrepassato. comune per le tangibili doti fisiche. mai sproporzionata rispetto alle di- Il tartufo è ampio con ampi narici E' giusto comprendere e conoscere mensioni del corpo. Visto di fronte, la aperte. Il naso può essere di qualsi- tutte le razze (anche quelle considetesta ha la forma di un ampio cuneo asi colore: black nose (tartufo nero) rate tali in altri paesi), anche perché smussato. Nella visione laterale, la - red nose (tartufo rosso) - blue nose ci dobbiamo rendere conto che dieparte del cranio che attacca al collo (tartufo blu). tro ad ogni “forma canina” ci sono e la punta del muso sono quasi pa- Gli occhi sono di media grandezza, sempre decenni di lavoro da parte di rallele tra loro. e sono accettati di qualsiasi colore tanti allevatori, i quali meritano sicuIl muso e la parte alta della testa tranne blu, rotondi, ben distanziati ramente tutto il nostro rispetto. sono uniti dal salto nasofrontale mo- e bassi sul cranio. Sono difetti graAllevamento di Fossombrone deratamente profondo e ben defini- vi: occhi sporgenti, entrambi gli ochttp://www.difossombrone.it/ to. Le arcate sopraorbitali sopra gli chi non abbinati a colori e gli occhi occhi sono ben definite, ma non pro- azzurri. Le orecchie sono attaccate nunciate. Al centro del cranio sulla alte. Se si osserva un Pitbull di proFederico Vinattieri parte alta della testa vi è una linea filo, di fronte e da dietro, il cane, in www.difossombrone.it che divide il cranio in due, con pro- appoggio normale sul suolo, deve fondità lieve ma marcata. Il cranio è formare una linea verticale che parte profondo e largo tra le orecchie, alla dalla punta della spalla e che deve

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La gestione del vino dopo la fermentazione alcolica Il primo travaso, lo stoccaggio e l'affinamento del vino in una produzione hobbistica di

Marco Sollazzo

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na volta terminato il processo di fermentazione alcolica, in cui i lieviti trasformano gli zuccheri in alcool e anidride carbonica, avviene il processo di conservazione ed affinamento del vino.

alcune settimane dopo la svinatura, si dovrà quindi procedere al travaso con l’eliminazione del deposito. Se invece la svinatura è stata effettuata prima della fine della fermentazione alcolica, in linea generale, si

Diagramma 1 – Gestione del primo travaso in una vinificazione in rosso

Una delle prime operazioni che avviene durante o dopo la fermentazione alcolica è il primo trasferimento del vino (primo travaso). A seconda della vinificazione (in bianco - senza bucce- oppure in rosso - con le bucce) la gestione del primo travaso avviene in maniera differente. 1. In una vinificazione in bianco, a fermentazione ultimata, è opportuno procedere al primo travaso del vino, in quanto i lieviti ed il materiale semi-solido in sospensione tendono a precipitare sul fondo ed a formare uno stato liquido molto denso che

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prende il nome di feccia. La feccia, se non asportata tempestivamente, formerà composti aromatici solforati sgradevoli associatati a sentori di cavolo cotto, uova marcia, cipolla, ecc.

2. Nel caso di una vinificazione in rosso, appena finita la fermentazione alcolica, le bucce probabilmente permangono a contatto con il mosto-vino allo scopo di aumentare l’estrazione polifenolica ed aromatica. In questo caso, il primo travaso non risulta indispensabile dato che l’esecuzione dei rimontaggi assicurerà un rimescolamento della massa, in maniera da evitare temporaneamente la formazione della feccia. Tuttavia, una volta effettuata la svinatura, il materiale semi-solido precipiterà sul fondo e formerà la feccia. Nel giro di

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dovrà aspettare che la fermentazione completi il suo corso per poi procedere al primo travaso (diagramma 1). Sebbene non esista una regola alla data del primo travaso e al momento dell’asportazione della feccia, è possibile prevenire le conseguenze derivanti dai sentori solforati attraverso controlli periodici del vino. Una volta prelevato un campione di vino, nel caso in cui quest’ultimo tenda a “puzzare” olfattivamente, si dovrà procedere tempestivamente al travaso.

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Se si dispone di un filtro è conve- stesso tempo più pratica, in quanto logico, tenendo presente che, per niente filtrare il vino piuttosto che ef- non risulta necessario ottempera- convenienza, è preferibile dotarsi di fettuare un semplice travaso, perché re alla sottrazione dell’olio durante damigiane di diversa dimensione, in con la filtrazione siamo in grado di le operazioni di travaso. La camera maniera da non ricorrere all’uso di eliminare le parolio enologico ticelle più grosper ampie susolane. perfici. Concluso il priLa conservaziomo travaso, il ne del vino nei vino deve escontenitori in sere analizzato plastica è raccoper procedere mandabile solo ad eventuali per brevi periocorrezioni ed di. (Tab.2) all’aggiunta di In ogni caso, ai metabisolfito, fini di una cornecessario alla retta conservasua conservazione, appare zione. Da quenecessario agsto momento, giungere meil vino deve estabisolfito nel sere conservato vino. nel migliore dei Nell’eventualità modi, evitando in cui si adotti il contatto proun sistema di lungato con conservazione l’aria. diverso da quelLa conservaziolo che comporta ne del vino può l’uso di olio enoTab. 1 – Vantaggi e svantaggi dei diversi materiali utilizzati per la conservazione del vino avvenire in conlogico, deve estenitori di acsere aggiunta ciaio inox, di vetroresina, in botti di d’aria deve essere controllata perio- la pasticca antifioretta, un prodotto legno, in vasche di cemento o anche dicamente, perché a causa di possi- che protegge il vino dalla formazioin damigiane di vetro o di plastica. bili danneggiamenti accidentali della ne della fioretta (una fastidiosa alteBrevemente in tabella 1 sono rias- stessa il vino potrebbe non essere razione batterica che si verifica nei sunti i vantaggi e gli svantaggi legati conservato correttamente. La con- vini caratterizzati da basso volume all’utilizzo dei differenti materiali. servazione in recipienti di legno o alcolico). La fioretta, si presenta Nel caso in cui il vino venga stocca- di cemento può avvenire solo esclu- attraverso la formazione di una pato in recipienti tina biancastra di acciaio o vesulla superficie troresina è posdel vino con la sibile prevenire conseguente il verificarsi dei formazione di processi ossiacido acetico. dativi tramite La sostituzione l’impiego di olio della pasticca di vasellina, antifioretta deve che deve ricoavvenire menTab. 2 – Modalità corrette di conservazione del vino a fine fermentazione prire la parte silmente fino a superficiale del vino (lo strato di olio sivamente lasciando il contenitore quando il vino non verrà imbottigliadeve essere di 1-2cm) e attraverso sempre pieno, man mano che il vino to. l’utilizzo di un galleggiante ad olio, viene assorbito attraverso le doghe La seconda operazione di trasferiche viene fornito contestualmente di legno e traspira, questo deve es- mento/filtrazione del vino, avviene all’ l’acquisto del contenitore. In al- sere rimpiazzato con altro vino di- indicativamente dopo 3 o 4 settimaternativa, è possibile usare un gal- sponibile. ne dal momento del primo travaso. leggiante di tipo pneumatico, dotato I contenitori in vetro sono considerati Anche il secondo travaso ha una di camera d’aria che una volta in migliori rispetto a quelli di plastica ed notevole importanza, perché assipressione non permetterà l’ingresso il vino si conserva meglio se le dami- curerà l’eliminazione del materiale di dell’aria. In questo ultimo caso la so- giane sono piene. Per questo scopo deposito che non era stato rimosso luzione risulta più costosa, ma allo è consigliabile l’utilizzo di olio eno- in precedenza. Generalmente que-

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Tab.3 - Possibile gestione del vino in una produzione hobbistica in post-fermentazione. sta fase coincide con la stagione dei primi freddi, periodo nel quale, sulla superfice dei contenitori, risulta possibile osservare la presenza dei primi cristalli di bitartrato di potassio, dovuti alla precipitazione tartarica. Quest’ultima è un processo naturale che avviene lentamente, con il freddo e che talvolta tende a stabilizzarsi successivamente al periodo post-natalizio. Per valutare il livello di stabilità del vino rispetto alle precipitazioni tartariche esistono dei test di laboratorio o in alternativa, in maniera empirica, si può operare ponendo una bottiglia in frigorifero per un arco di tempo di sei giorni. Una volta trascorso questo periodo, sarà possibile valutare l’elevata o la scarsa stabilità del vino, in funzione dell’assenza o della presenza di depositi all’interno di esso. La valutazione della stabilità deve avvenire necessariamente durante le operazioni di stoccaggio del vino antecedentemente alla fase di imbottigliamento, onde evitare di trovare depositi di bitartrato di potassio all’interno delle bottiglie. Durante il processo di maturazione e di affinamento del vino avvengono una serie di trasformazioni naturali importanti, attraverso le quali il vino

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tende a diventare più equilibrato e complessivamente più piacevole. Questa fase può durare da pochi mesi a diversi anni. Una delle principali trasformazioni è rappresentata dalla diminuzione dell’astringenza attribuibile ai tannini, sostanze che vengono estratte soprattutto nel corso delle operazioni di pigidiraspatura, torchiatura e macerazione. I tannini, nel vino, non rimangono tal quali ma tendono a legarsi tra loro, a complessarsi ed in parte a precipitare, contribuendo alla diminuzione della percezione di astringenza. La quantità di tannini presenti dipende molto dalla composizione varietale, dal tempo di macerazione e dalle tecniche enologiche utilizzate. Il processo di precipitazione tartarica porterà una diminuzione dell’acidità totale ed un aumento del pH, e di conseguenza il vino, inizialmente caratterizzato da un sapore acido ed acerbo acquisterà caratteristiche di rotondità e complessità. Nell’ambito delle trasformazioni biochimiche facenti parte del processo di affinamento, troviamo anche la fermentazione malolattica, fenomeno responsabile della trasformazione dell’acido malico in acido

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lattico, la quale consentirà al vino di acquisire caratteristiche di morbidezza e rotondità, particolarmente apprezzata nei vini rossi. Nel vino bianco classico, nel quale solitamente il consumatore ricerca caratteristiche di freschezza e aromaticità varietale, si ritiene opportuno il consumo e la degustazione durante il corso dell’anno. Nel vino rosso invece, a causa della ricca composizione polifenolica e per ottenere un prodotto di valore che sia particolarmente gradevole per il consumatore, appare necessario attendere almeno un anno dalla vendemmia. Tutto ciò affinché il vino possa esprimere a pieno il suo potenziale. Nel caso in cui si intenda effettuare una degustazione durante l'anno, per accelerare l’equilibrio fisico-chimico e gustativo del vino, occorrerebbe ottemperare all’utilizzo di coadiuvanti (Tab. 3)

Dr. Marco Sollazzo Laureato in Viticoltura ed enologia sollazzo.marco@ hotmail.it

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Il colore del formaggio Bianco come il latte, grigio, verde, giallo, rosa, arancio... i formaggi possono essere ''multicolor''. Vediamo di capire da che cosa dipendono e da cosa sono dovute queste diverse colorazioni di

Cesare Ribolzi

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ateria prima essenziale per ai prodotti derivati. superiori, per il suo colore più bianfare il formaggio è natural- I derivati caseari cosiddetti ''d'alpeg- co rispetto al formaggio prodotto nei mente il latte che si presenta gio'', formaggi e burro principalmen- mesi estivi. La colorazione più chiadi colore bianco in quanto i globuli di te, sono facilmente riconoscibili da ra è determinata dall'alimentaziograsso, importanne degli animali con ti costituenti del maggiore quantità di prodotto, riflettono fieno, meno ricco in ß tutte le frequenze carotene rispetto al fodella luce e quindi raggio estivo di sfalcio danno al latte la fresco. Anche la quocolorazione biantazione del formaggio ca. Se ne volete era più alta. Oggi la avere una semplidistinzione non c’è ce prova, confronpiù, tutto il formaggio tate il colore di un viene chiamato Parbicchiere di latte migiano Reggiano e le intero e quello del variazioni del prezzo latte scremato. La sono dovute principaldifferenza è abmente a motivazioni bastanza evidendi mercato. Al contrate ed è dovuta al rio i formaggi prodotti diverso contenuto nei paesi Anglo-sasdi grasso nei due soni, vengono ritenuti bicchieri. Una voldi maggior pregio se ta che il latte viene prodotti nei mesi estivi Formaggi a crosta naturale (sinistra) e crosta lavata (destra) trasformato in fore se quindi si presenmaggio, sappiamo tano di colorazione che la frazione acquosa rimanente, quelli prodotti nel periodo invernale, più gialla. Il latte viene addirittura adil siero di latte, si presenta con un dalla evidente colorazione gialla. Ad dizionato di coloranti durante la fase colore giallo/verdognolo, dovuto al un esame più approfondito, dal pro- di trasformazione in formaggio, per suo contenuto in riboflavina e ad un fumo e dal sapore, si possono rico- ottenere formaggi caratterizzati da ridotto contenuto di grassi, rimasti in- noscere essenze ed aromi trasmessi un'evidente colorazione che va dal trappolati nella matrice caseinica del al prodotto direttamente dalle erbe e giallo all'arancione. Per fare questo, formaggio. dai fiori dei quali gli animali si sono viene utilizzato l'annatto, un coloranA seconda che il latte venga munto nutriti al pascolo in alpeggio o co- te naturale di derivazione caroteninel periodo invernale o estivo, esso munque conseguente ad una ali- ca, estratto dalla Bixa orellana, pianpresenta una colorazione sensibil- mentazione con foraggi freschi. ta spontanea presente in quantità in mente diversa: bianco in inverno Il Parmigiano Reggiano veniva di- America centrale ed India. e più tendente al giallo nel periodo stinto e quotato diversamente a se- Un altro motivo che definisce il coestivo. Questa variazione di colore conda del periodo dell'anno nel qua- lore del latte è l’elevata quantità di è dovuta alla maggior presenza di le veniva prodotto. La produzione grassi, che ne determina la coloracarotenoidi, in particolare di ß ca- invernale veniva distinta da quella zione tendente al giallo. rotene o provitamina A, nei foraggi del resto dell'anno ed era denomina- Le razze bovine Jersey e Guernsey freschi estivi che trasmettono la co- ta ''invernengo'' o ''vernengo''. (originarie delle omonime isole situalorazione al latte e di conseguenza Veniva ritenuto di qualità e pregio te sul canale della Manica) produ-

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cono latte con elevato contenuto di grassi; il loro latte, pur non essendo il più adatto per scopi caseari, può fornire burro con ottima resa di trasformazione e colorato di un giallo carico. Ma quando sentite il termine ''formaggio blu'' cosa immaginate che significhi? È piuttosto intuitivo rivolgere il pensiero ai formaggi ''erborinati'', cioè che presentano colorazioni locali blu/ verdi dovute al colore del micelio di muffe specifiche, frequentemente appartenenti al genere Penicillium. Deve essere sfatato il mito secondo il quale il colore blu sia dovuto all'aggiunta di prezzemolo al formaggio o all'aver inserito in esso dei fili di rame che ossidandosi hanno lasciato il colore del ''verde rame'' al formaggio; il colore infatti è dovuto solamente allo sviluppo delle muffe sopra citate. La disposizione ordinata del colore blu nel formaggio, generalmente verticale, è dovuta al fatto che le muffe per svilupparsi necessitano della presenza di ossigeno e quindi le forme di formaggio vengono di proposito forate dopo alcuni giorni dalla produzione, per consentire l'ingresso dell'ossigeno ed il conseguente sviluppo delle muffe. Tra gli erborinati più diffusi e conosciuti ricordo il nostro Gorgonzola, il Roquefort francese e lo Stilton inglese. Ve ne sono molti altri prodotti localmente e meno diffusi ma non per questo di minor pregio. Nel mio caseificio ne produciamo uno, denominato ''Toma Blusca'', ottenuto da latte pastorizzato, intero, non omogeneizzato. La cagliata viene fatta acidificare da specifici fermenti dopo che il latte è stato addizionato da colture

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di Penicillium. Il risultato, dopo almeno 6 mesi di stagionatura, è un formaggio che presenta le tipiche striature blu/verdi, un profumo molto intenso ed un

Crosta lavata ad una settimana sapore deciso. La muffa che si sviluppa nel formaggio non ha infatti una mera funzione estetica, decorativa. Le muffe sono delle sensazionali produttrici di enzimi idrolitici che svolgono la loro azione sulle proteine e sui grassi del formaggio, staccando piccole porzioni proteiche e

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lipidiche che determinano l'intenso profumo e sapore. I formaggi erborinati possono essere prodotti con latte bovino, pecorino e caprino. La combinazione dell'azione fungina con il sapore intrinseco del latte delle diverse specie, permette di ottenere prodotti anche molto diversi tra loro ma accomunati dalle colorazioni blu/verdi; i formaggi denominati a ''crosta fiorita'', invece, presentano esternamente una coltre di muffe che ne ricopre la crosta. I colori sono fondamentalmente il grigio ed il bianco; il colore grigio viene conferito al formaggio dalla presenza di muffe del genere Mucor, anche detto ''pelo di gatto'', che si sviluppa nelle primissime settimane di vita del formaggio. Questa muffa non è responsabile del conferimento di particolari sapori e aromi al formaggio, se non qualche volta un leggero profumo di fungo. Più incisiva ed importante è certamente l'azione dovuta alla presenza di muffe bianche sulla crosta del formaggio (mi riferisco principalmente alle muffe appartenenti ai generi Penicillium c a -

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memberti e Geotrichum candidum). Due esempi che conosciamo tutti molto bene, di formaggi prodotti utilizzando questi generi di funghi, sono il Brie e il Camembert. Questi si presentano ricoperti da Penicillium camemberti, il quale oltre che a conferire il candido aspetto ai due formaggi, svolge una importante funzione nella maturazione dei due prodotti. Queste muffe iniziano la maturazione del formaggio dalla crosta verso il centro. Questo tipo di maturazione è chiamato ''centripeto'' ed è evidente una volta che il formaggio è maturo, in quanto dopo il taglio della forma si vede chiaramente come la porzione di formaggio immediatamente sotto la crosta sia molto morbida e possa arrivare a sciogliersi con l'avanzamento della stagionatura. L'azione idrolitica delle muffe sui costituenti del formaggio svolge un ruolo molto importante sul gusto ed il profumo del prodotto. Esternamente si nota un odore di ammoniaca, mentre il sapore del formaggio è burroso e piacevolmente aromatico. Personalmente prefe-

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risco gustare questi prodotti quando hanno passato la data di scadenza indicata e sono quindi giunti a maturazione completa. Colorazioni dal rosa all'arancione sulla crosta sono tipiche dei formaggi a ''crosta lavata''. Esempi conosciuti da tutti sono il nostro Taleggio ed alcuni tipi di Robiole. Per la produzione di questi formaggi, le forme vengono sottoposte a ''lavaggi''' con soluzioni saline su tutte le facce della crosta. In questo modo le croste vengono ripulite dalle muffe e viene preparato un ambiente più adatto a ospitare specie microbiche diverse tra cui lieviti e batteri del rosso, per es. Brevibacterium linens. Questi microrganismi sono già naturalmente presenti nell'ambiente ma con la pratica dei ''lavaggi'' viene favorito il loro insediamento. I batteri responsabili della colorazione rossa sono numerosi e non si può escludere che passino ai formaggi dalle salamoie prodotte con sale marino. Il loro sviluppo sulla crosta determina, oltre alla colorazione, un aroma e sapore caratteristico nel formaggio maturo.

La crescita di questi batteri è evidente dalla fine della seconda settimana dalla produzione, quando i formaggi sono stati sottoposti ad almeno 2 lavaggi. Il mantenimento della crosta umida, unitamente ad una elevata concentrazione salina, sono le condizioni responsabili della selezione di questi microrganismi. Dalla terza/ quarta settimana, l'azione dei batteri diventa più evidente anche sotto la crosta, dove il formaggio tende a fondere ed acquista un sapore e profumo sempre più accentuato. Ritengo che la pratica dei lavaggi sia stata inizialmente attuata per tenere puliti i formaggi dalle muffa, ma con queste procedure sono stati, in maniera involontaria, creati dei nuovi e particolari formaggi. Caseificio Norden s.a.s. www.norden.eu

Dr. Cesare Ribolzi Casaro

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LE STORIE DEL CIBO I Pomi d'Oro di

Pasquale Pangione

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a pianta (Lycopersicon esculentum) è originaria del Sud America, ove cresceva come infestante nei campi di mais. Furono gli Aztechi i primi a fare uso alimentare del “tomatl” che diventerà poi “tomate”. Il pomodoro giunse finalmente a noi dopo la scoperta delle Americhe ma, inizialmente, senza un grande successo visto che fu coltivata come pianta ornamentale. Nel XVI secolo si iniziarono ad associare a questo frutto nomi più o meno poetici ispirati all'amore, visto che alle bacche furono attribuite proprietà afrodisiache; in Francia veniva chiamato infatti “Pomme d'amour”, in Inghilterra “Love apple”, in Germania “Liebesapfel” e in Sicilia “Pumu d'amuri”. Il pomodoro, quando arrivò in Europa, aveva una fisionomia abbastanza diversa da quella attuale; era infatti molto più piccolo e giallo e per questo fu definito “mala aurea” (pomo dorato) dal padre della botanica italiana Pietro Andrea Mattioli (1501-1577). In Meridione già alla fine del ‘500, con un secolo d'anticipo rispetto all'Europa continentale, si iniziarono a consumare i pomodori crudi o fritti in olio di semi e sale o in minestre e zuppe. Nel resto d’Europa le cose cambiarono solo con le pestilenze e le carestie dei secoli XVII e XVIII quando, mancando il grano, anche i ricchi dovettero cercare alimenti alternativi. Nel Sud Italia divenne l’alimento base del popolo. Risale agli inizi del ‘700 la prima tecnica di trasformazione in passata di pomodoro, attribuita alla Campania, e al 1762 la tecnica di conservazione in barattoli di vetro, previamente bollito. Sul suolo italico la conquista delle cucine da parte del pomodoro fu comunque lenta e priva di riscontri. La citazione più antica si può leggere nel trattato: “Scalco alla moderna” di Antonio Latini (1642-1696), edito a Napoli nel 1694. Latini riporta una sola ricetta, consigliando di cuocere i pomodori con “malignane e cocuzze”, melanzane e zucchine, in un appetitoso e colorato stufato di verdure. Nessun riferimento però alla pasta asciutta, descritta solo nel 1839 da Ippolito Cavalcanti duca di Buonvicino (17871859), nella sua “Cucina teorico pratica”; nel volume codifica per la prima volta e in dialetto napoletano, “i vermicielli co’ le pommodore”, precisando che la salsa deve essere preparata con moltissimi frutti, eliminando “chelli semi e chella acquiccia”. L’incontro fra “Maccheroni e Pommarola” è quindi fortunato ma non decisivo; parallelamente alla pasta, comunque il pomodoro conquista anche la pizza. Nel 1835 Alexandre Dumas (1802-1870) descriveva vari tipi di pizza, quasi tutti ancora “in bianco”: con olio e aglio, con pesciolini e, variante minore, col pomodoro. Una ventina d’anni più tardi il napoletano Emanuele Rocco conferma questa ricetta, aggiungendo la mozzarella.

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LA RICETTA O'rraù (ragù napoletano) Difficoltà: bassa - Preparazione: 40min. - Cottura: 36-40h - Dosi: 4 persone Costo: medio-basso

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uesto è il più conosciuto piatto campano, base di tante ricette come ad esempio la parmigiana di melanzane, parte integrante della cultura culinaria campana e prodotto tipico.

Ingredienti Sedano: 30g Carote: 100g Cipolle: 200g Bouquet garni (mazzetto di odori) composto da: alloro, prezzemolo, basilico, maggiorana Pomodori San Marzano D.O.P.: 3kg Spezzatino misto (maiale e manzo): 1kg Concentrato di pomodoro: 50g Vino rosso: 100ml Olio e.v.o.: 100g Sugna o lardo sciolti: 100g Sale: q.b. Pepe: q.b. Pasta di semola di grano duro: 360g (formato candele, o zitoni)

Preparazione Tritare finemente sedano, carote e cipolle. Mettere a soffriggere insieme all'olio e.v.o. e quando ha un ottimo profumo rosolarvi dentro le carni (su tutti i lati). Nel frattempo, pelare e privare dei semi i pomodori e tri-

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tarli finemente. Quando la carne ha un bel colore bruno, aggiungere il concentrato di pomodoro e sfumare con il vino. Una volta evaporato il vino, aggiungere il bouquet garni e il “trito” di polpa di pomodoro; successivamente portare ad ebollizione, abbassare la fiamma e cuocere a fuoco lentissimo per 36-40 ore aggiungendo eventualmente un pò d'acqua, giusto per non far attaccare il fondo. Servire la pasta con il ragù con una nevicata di parmigiano reggiano.

Variazioni, note e consigli Purtroppo oggi giorno, in casa, non si ha il tempo che si aveva una volta da dedicare ai fornelli per cui (al bisogno) è sufficiente sostituire la polpa di pomodoro fresco con 1000g di passata di pomodoro di ottima qualità, portando così i tempi di cottura a 3-6 ore, in base ai propri gusti. Per quanto riguarda le carni, sarebbero d'uopo degli involtini di cotenna (farciti con uva passa, pinoli, aglio, prezzemolo e pecorino romano) con delle terminazioni nervose di maiale e/o manzo e delle polpette. In tutti i casi, è meglio prepararlo il giorno prima e riscaldarlo all'occorrenza! Buon appetito! Pasquale Pangione

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Il Farinello Una pianta spontanea ed infestante dai mille usi e proprietà di

Nino Bertozzi

I Ambiente, foreste e natura

l Farinello è una pianta spontanea a ciclo annuale (Chenopodium album L.) della famiglia delle Chenopodiacee, chiamata anche Farinaccio o spinacio selvatico. Il nome del genere (Chenopodium) deriva dal greco “chen” (= oca) e ”pous” (= piede) oppure ”podion” (= piccolo piede), che deriva dalla particolare conformazione delle foglie simile al piede dell'oca. Le foglie, con caratteristiche sagomature alquanto varie, sono ricoperte nella pagina inferiore da un sottile strato di pruina, che conferisce loro una leggera sfumatura di bianco: di qui l’aggettivo album, bianco. Questa cera vegetale al tatto lascia una sensazione di farina e ciò ha valso alla pianta il nome di Farinello.

gono alle "native e spontanee", ma è una pianta tenace, i cui semi sono tra i più longevi e possono germinare anche dopo 60 anni. E' una specie molto invasiva, in particolare nei campi coltivati a patate, a frumento, ma la troviamo in abbondanza anche in terreni magri e sabbiosi, in

Don - Farinello color amaranto, che si distingue (come dice il nome comune) per il colore amarantato delle foglie e del fusto ed il Chenopodium bonus-henricus L - Farinello buon-enrico, che ha foglie più larghe ed infiorescenza con sfumature rossicce. In generale tutte le specie del

Descrizione Il Farinello, originario dell’America, è una pianta erbacea annuale molto robusta. Il fusto è eretto e glabro, ramificato a piramide conica, di colore verde chiaro con sfumature rossastre e raggiunge anche i 150 cm di altezza. La radice è fittonante. Le foglie, di colore verde chiaro, sono alternate, con un rivestimento biancastro sulla pagina inferiore; quelle più basse sono dentate, con denti molto grossolani dalla metà in poi della lamina, quelle superiori sono più lanceolate con dentature ridotte al minimo. Fiorisce tra giugno e ottobre. I fiori bianco verdastri, ermafroditi, sono piuttosto piccoli e radunati in infiorescenze simili ad una spiga. I frutti sono degli acheni verdastri con un solo seme di colore nero. Il chenopodio è un’erba spontanea commestibile che cresce in tutta Italia. E’ una di quelle piante chiamate "infestanti", che subiscono ogni anno la lotta che gli agricoltori inflig-

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Piante di Farinello in natura luoghi ruderali e incolti, in luoghi salati, quali spiaggie e stagni costieri, lungo le strade, lungo fiumi e torrenti e negli scarichi di materiale terroso. Spesso ha come compagnia l'amaranto (altra pianta infestante e commestibile) e la sua presenza indica un terreno fertile con buona disponibilità di fosforo e potassio. Grazie ai suoi semi minuti e numerosissimi, è estremamente produttiva. A noi, se ha invaso l’orto, non resta che coglierla e consumarla, ricavando così un duplice beneficio. Incontriamo, nelle zone di crescita del Farinello, anche specie simili, come il Chenopodium giganteum

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genere Chenopodium sono abbastanza simili e differiscono per alcuni particolari delle foglie o dell'infiorescenza o altre caratteristiche minime relative al tipo di superficie del fusto e delle foglie. Una specie molto simile è chiamata “Erba puzzolona” - Chenopodium foetidum, generalmente non supera i 50 cm, ha andamento prostrato ed è riconoscibile dall’odore fetido che si sprigiona semplicemente stropicciando tra le dita una foglia.

Proprietà e usi A seconda dalle fasce climatiche, il Farinello si può raccogliere in pri-

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mavera-estate. Della pianta non si consumano solo le parti verdi, ma anche i semi: dall’inizio dell’estate fino al suo termine, la fioritura porta a maturazione i semi che si prelevano per la preparazione di un’ottima farina. Quando è giovane, si raccoglie tutta la piantina tranne le radici, mentre quando è più grande, si coglie la cima con le foglie più tenere. Anche in fiore, la cima è comunque consumabile: le infiorescenze possono essere consumate come dei broccoletti miniaturizzati. L’impiego del Chenopodio è antico; resti di questa pianta sono stati infatti trovati in villaggi neolitici di tutta Europa. I suoi semi facevano anche parte dell'ultimo pasto rituale somministrato all'uomo di Tollund, cioè l'uomo preistorico il cui cadavere, perfettamente conservato, fu ritrovato (incluso il contenuto dello stomaco) in uno stagno in Danimarca nel 1950. Nell’America precolombiana, prima che gli Spagnoli introducessero l’uso dei nostri cereali, da questi semi si ricavava una farina per fare una specie di pane o preparazioni simili alla nostra polenta. Veniva coltivata dagli indigeni del Nuovo Messico che la consumavano cotta per minestre o riducendo i semi in farina per panificazione.

scarsamente presente nei cereali. I fondamentali principi attivi sono ascaridolo, cimene, canfora, limone-

Giovane pianta di Farinello ne, terpeni, vitamine e sali minerali. E’ annoverato tra le piante medicinali spontanee, in quanto può contare proprietà antielmintiche (è un buon vermifugo), antiflogistiche (riesce a prevenire o addirittura curare un gran numero di infiammazioni), proprietà antireumatiche e, grazie alle

Particolare della foglia Il farinello è ricco di Vitamina A, B e C; di calcio, fosforo, potassio e ferro; di proteine e di fibra. I semi in particolare contengono lisina, aminoacido

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zarli come lassativi, antiemorroidari, sedativi, vermifughi e rinfrescanti. Nella medicina popolare le foglie

proprietà lassative, può tornare utile in caso di stipsi e costipazione. Si possono preparare decotti con i semi ed infusi di foglie, per utiliz-

venivano utilizzate in particolare per trattare punture di insetti, dolori reumatici, colpi di sole, scottature, dolori dentali.

Il Chenopodio in cucina Il farinello è largamente usato in cucina. Di questa pianta spontanea si consumano i semi, le foglie, i fusticini e i germogli. I semi si prelevano dalle piante in estate, sfregando le infiorescenze tra le mani. Una volta raccolti, si può ricavare la farina usando un macina caffè; questa farina è ricca di niacina ed apporta una buona quantità di magnesio, calcio, potassio, ferro e fosforo. Il modo migliore per consumarla è abbinarla a quella ricavata dai classici cereali. Si possono usare i semi, inoltre, per ricette di zuppe, minestre, biscotti, dessert, sformati. L’unico accorgimento è, prima dell’impiego, di lasciare i semi di farinello a bagno nell’acqua per una notte, così da farli intenerire e diminuire i tempi di cottura. I semi secchi si conservano in barattoli chiusi in luogo asciutto, dove possono rimanere per anni. Il farinello è un parente stretto dello spinacio, con il quale condivide quindi tutti gli usi: si consumano le

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Particolare dell'infiorescenza foglie tenere e crude in insalata; lessate con olio e limone; o ripassate in padella al burro o con pancetta, aglio e formaggio; per preparare il ripieno per ravioli o cannelloni o ancora per colorare la pasta. Si possono aggiungere ad altre verdure in minestre, frittate, ripassate al burro, ecc. Si adattano bene ad essere insaporite con erbe aromatiche, come maggiorana, timo, origano. Si riduce molto durante la cottura pertanto conviene raccoglierne grandi quantità. Rispetto allo spinacio coltivato ha un sapore meno pronunciato; ciò è dovuto anche al minor contenuto di ossalato di calcio che rende questa verdura meglio tollerata. In talune zone si usa mettere sott’aceto le parti apicali della pianta all’inizio della fioritura; in questo caso il sapore richiama molto quello dei capperi.

re il chenopodio, consiste nel farlo saltare in padella con aglio, olio e pancetta. Un’altra versione è farlo saltare con il burro e condirlo con abbondante formaggio parmigiano.

ricotta, 25 grammi di parmigiano, 50 grammi di pangrattato. Fare delle piccole polpettine, lessarle quindici minuti e condirle con sugo di pomodoro fresco o burro e salvia. Cospargere con parmigiano reggiano Fagioli e farinello Mettere a bagno i fagioli borlotti, per alcune ore. Lessare il farinello. Friggere pancetta battuta, aglio, prezzemolo, dopo alcuni minuti aggiungere acqua e i fagioli ammollati insieme con sedano, cipolla, pomodoro, olio e sale. Portare a cottura. Alcuni minuti prima di servire aggiungere il farinello tagliuzzato. Servire aggiungendo olio extravergine e parmigiano. Sformatini di farinello Scegliere e lavare le foglie di farinello, eliminare i fusti duri, bollirle per 2 o 3 minuti, spremerle e tagliuzzarle. Pestare uno spicchio di aglio e ciuffi di prezzemolo. Mescolare il farinello, l’aglio e prezzemolo tritati, una manciata di pan grattato, un po’ di sale, parmigiano

Come cucinare il farinello Basterà sbollentare le foglie e i germogli in pochissima acqua per pochi minuti, finché le foglie della pianta non risulteranno tenere. Potete addirittura usare solo l’acqua che, per le sue proprietà di adesione, è rimasta sulla verdura dopo il lavaggio; l’unica condizione necessaria è cucinare il chenopodio in una padella con il coperchio così da terminare la cottura con il vapore prodotto. Un’antica ricetta contadina, saporita e veloce da preparare, per cucina-

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Sformatini di Farinello Gnocchetti di Farinello Spezzettare 150 grammi di pane raffermo, ricoprirlo con latte e farlo ammorbidire per venti minuti. Lessare 250 g di farinello, scolarlo, strizzarlo, tritarlo e farlo insaporire in padella per cinque minuti in aglio e olio. Mescolare al farinello un uovo, il pane, 100 grammi di farina, 25 grammi di

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grattugiato e due uova. Riempire degli stampini e mettere al forno per 20 minuti a 180 gradi.

Nino Bertozzi Appassionato orticoltore

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Il mondo dei funghi medicinali Introduzione alla micoterapia, nella quale vengono impiegati particolari funghi per la lotta alle patologie di

Matteo Ioriatti

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el panorama dei funghi a sco- mente il fungo con proprietà officinali po alimentare, trova sempre maggiormente diffuso e commerciapiù spazio il ruolo dei funghi lizzato al mondo. E' di origine asiaticonsumati a scopo medicinale e te- ca, diffuso in particolare in Cina e in rapeutico. E' ormai risaputo infatti, Giappone; cresce in primavera e in che diverse specie di funghi hanno autunno sui tronchi di latifoglie. proprietà benefiche per il nostro or- Ricco di proteine contiene, secondo ganismo sia dal punto di vista della diverse ricerche, sostanze che favocura che della prevenzione. Men- riscono il controllo della pressione tre in occidente questo argomento arteriosa, la riduzione del livello di rappresenta una nuova frontiera colesterolo ed il rafforzamento del della medicina naturale, in oriente (ed in particolare in Cina e in Giappone), questi funghi sono conosciuti e impiegati da migliaia di anni. È nata addirittura una branca della fitoterapia, la micoterapia, che prevede appunto la cura di diverse patologie attraverso l'utilizzo di funghi. Le proprietà di questi funghi e gli effettivi benefici sull'uomo sono tuttora in fase di studio, sebbene il mercato di questi prodotLentinula edodes ti sia in costante crescita. Diverse aziende importano e commercializzano sul nostro ter- sistema immunologico. Infine stiritorio nazionale queste tipologie di molerebbe il sistema immunitario e funghi, altre addirittura hanno inizia- avrebbe proprietà antibatteriche e to la coltivazione di questi funghi in antivirali. Viene commercializzato proprio, come ad esempio uno spin sia allo stato fresco che essiccato, off dell'Università di Pavia - Miconet ridotto in polvere o estratto per inte- che da qualche anno commercia- gratori. lizza alcuni funghi aventi particolari Ganoderma lucidum: proprietà officinali e vari alimenti da Noto soprattutto con il nome di 'Reiessi derivati. shi', il Ganoderma è un fungo ligniVediamo allora brevemente alcuni colo parassita o saprofita che preditra i più noti di questi funghi: lige il legno di quercia o castagno e Lentinula edodes: si trova frequentemente anche nei Conosciuto come 'Shiitake' (fungo di nostri boschi. In Asia viene coltivato quercia, in giapponese), è probabil- da tempo immemore, poi essiccato e

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Ganoderma lucidum reso in polvere, utilizzato per la preparazione di bevande, unguenti e integratori (in compresse). I principi attivi contenuti nel fungo avrebbero l'effetto di regolare e abbassare il colesterolo, la pressione arteriosa, l'aritmia cardiaca e la glicemia. Grifola frondosa: Noto in Giappone con il nome di 'Maitake' è conosciuto anche in Italia con il nome volgare di 'Grifone' o 'Barbisin'. Non si tratta comunque di un fungo comune nel nostro paese, cresce in autunno sui tronchi di quercia e castagno, viene conservato soprattutto sott'olio a causa della sua carne piuttosto coriacea. E' un fungo ricco di minerali, vitamine, fibre e amminoacidi. L'estratto che se ne ricava viene realizzato principalmente per la prevenzione del cancro, poiché è provato che i principi attivi inibiscono la crescita di diverse cellule tumorali. Come i funghi precedenti, inoltre, ha la funzione di rinforzare le difese generali dell'organismo. Sono disponibili sul mercato diversi integratori anche per questo fungo.

Matteo Ioriatti Micologo mado95 @hotmail.it

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Il legno, un materiale innovativo Nel 2017 il legno può ancora essere considerato innovativo? Vediamo 12 motivi per valutarlo positivamente di

Marco Giuseppi

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l legno è senz’altro un materiale utilizzato per le costruzioni fin da tempi immemorabili, quindi perché nel XXI può essere considerato un materiale innovativo? Di seguito vediamo 12 motivi validi che faranno pensare al legno in modo diverso. 1) Il legno è naturale: oltre al fattore intrinseco dovuto al fatto di derivare da organismi viventi e dalla coltivazione del bosco, è prodotto con sistemi a basso inquinamento. A differenza di quanto accade con gli altri materiali da costruzione i siti di produzione della legno (foreste) forniscono un notevole contributo positivo alla conservazione dell'ambiente (difesa idrogeologica, stoccaggio di CO2, etc.) e della biodiversità. 2) Sostenibile: se le tecniche selvicolturali (la selvicoltura è la Scienza che studia la costituzione, la conservazione e l'utilizzazione delle foreste) sono correttamente applicate, il legno può essere prelevato dal bosco senza alcun impatto sull'ambiente. La normativa nel nostro Paese a protezione delle foreste è una delle più avanzate al mondo e molti sono gli enti (forse persino troppi)

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che hanno il compito di verificare la corretta applicazione delle leggi di materia forestale. Per i legni provenienti dall’estero invece esistono organizzazioni di certificazione internazionali che consentono di venire a conoscenza se il legno è stato prelevato da siti di provenienza controllati e con il rispetto della corretta gestione forestale, degli ecosistemi, dell'ambiente e della cultura del luogo e degli abitanti. Ad esempio le certificazioni ISO 14000, PEFC, FSC, etc. 3) Non inquinante: per la produzione e la lavorazione del legno è necessario un limitato consumo di energia, di gran lunga inferiore rispetto ad altri prodotti con funzione strutturale come ad esempio l’acciaio. Per il legno massiccio utilizzato per travi o altre strutture ad elevata resistenza di carico ciò consente di ottenere un bilancio totale

complessivamente negativo. In poche parole l’anidride carbonica stoccata all’interno delle fibre del legno è maggiore di quella di quella emessa

per ottenere il prodotto, questo perché il legno è composto al 40 - 50% di carbonio. Si stima che a parità di volume, la lavorazione e la produzione di una lega di alluminio abbia un impatto circa 1500 volte maggiore rispetto alla lavorazione ed alla produzione del legno. 4) È un serbatoio di carbonio: è l'u-

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nico materiale strutturale che funziona da “carbon sink”, così come definito dal protocollo di Kyoto del 1997, cioè immagazzina in modo mobile o immobile il carbonio, per un tempo pari alla durata utile del manufatto. È stato calcolato che in media ogni metro cubo di legno blocca poco meno di mille chilogrammi di CO2. Questo valore raddoppia se il legno

utilizzato deriva da specie con legni ad elevata densità come le specie quercine; ciò non è comparabile con nessun altro materiale per impiego strutturale. 5) Risorsa economica rinnovabile: il bosco se correttamente gestito si perpetua nel tempo e può essere utilizzato senza limiti di tempo. In alcune zone del nostro paese la filiera del legno rappresenta un'importantissima fonte di reddito che attiva processi virtuosi di sviluppo economico e presidio del territorio in aree spesso svantaggiate. 6) È durevole: se ben conservato può durare centinaia di anni e oltre a questo presenta un'ottima resistenza agli agenti chimici e ambientali come il cloro nelle piscine e la salse-

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dine nelle zone balneari. Esempio tipico sono le palificate di sostegno ai palazzi a Venezia, ma anche i pali di testa in legno di castagno dei vigneti o le travi dei vecchi edifici. 7) Ottimo e resistente materiale per costruzioni antisismiche: ha un ottimo rapporto delle prestazioni meccaniche rispetto alla densità, comparabile e in certi casi migliore di altri materiali da costruzione. Per questo è adatto ad essere impiegato nell'edilizia antisismica dove è necessario il giusto mix tra leggerezza e resistenza. Test effettuati dall’Università di Pavia e Trento hanno dimostrato che una struttura in legno di 4 piani (con l’utilizzo della tecnica X - Lam) può resistere anche a terremoti di 7,5 gradi della scala Richter, 1 grado in più rispetto alle scosse più forti che hanno colpito il centro Italia dall’agosto all’ottobre 2016. 8) Facilità di utilizzo: è semplice da lavorare, da unire e da montare, le lavorazioni possono essere eseguite anche in cantiere con l’utilizzo di semplici attrezzature e non necessità di manodopera particolarmente specializzata. 9) Facile da smaltire o riutilizzare: quando il legno non è stato trattato con sostanze chimiche è possibile riutilizzarlo per gli scopi più vari attraverso il riciclo (tramite reimpiego in pannelli di trucioli, a fine vita), con impatto ambientale nullo per lo smaltimento in discarica o a bilancio energetico positivo se convertito in energia a fine vita anche attraverso l’utilizzo come combustibile (pellets, cippato, o legna da ardere). 10) Sicuro in caso di incendio: premesso che gli incendi e le alte temperature sono un grande problema in tutti i tipi di strutture, il legno, contrariamente a quello che si possa credere, ha un comportamento positivo in caso di incendio (è infatti un pessimo conduttore termico). Per capirlo pensate a quando per spostare un tronco nel camino lo prendiamo per l’estremità che non tocca la fiamma; ecco adesso pensate di fare lo stesso con un pezzo di acciaio o ferro... impossibile. Il legno infatti è uno dei materiali che conduce peggio il calore. Ma non stia-

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mo parlando solo di metalli, anche i laterizi hanno una conducibilità termica nove volte maggiore rispetto al legno. Inoltre brucia lentamente e in modo uniforme. Ma soprattutto sappiamo come brucia, è facile prevederne il comportamento all’incendio e la reazione al fuoco consentendo facilmente di prevenire. 11) È un isolante naturale: è na-

turalmente un isolante termico, non conduce l’elettricità e fornisce un ottima barriera acustica. Influisce positivamente sulla climatizzazione degli ambienti mantenendo una temperatura stabile ed impedendo le condense. 12) È bello: un bellissimo portone antico, un mobile lavorato... pensiamo alle opere d’arte che è possibile fare con il legno. E' sicuramente uno dei materiali più belli che si possa avere a disposizione. Dott. Marco Giuseppi Laureato in Scienze Forestali marco.giuseppi@ gmail.com

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L’Istituto Agrario "F. De Sanctis" di Avellino Un’azienda agricola di 23 ha nei quali regna la vite, numerosi laboratori di esercitazione (chimica, fisica, informatica, zootecnia, scienze naturali, enologia) ed una rinomata biblioteca nata nel 1879

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logia con sede ad Avellino), P. Lombardi (ordinario di economia agraria presso la Federico II ), L. Moio (ordinario di enologia alla Federico II ), S.

Enologia, per merito di F. De Sanctis; successivamente, con la riforma Gentile (1923), l’Istituto assunse il nome di Scuola Agraria Media, per poi divenire nel 1933 Regio Istituto Tecnico Agrario. Numerosi sono stati gli Accademici e gli studenti passati per l’Istituto di Avellino, ricordiamo: M. Carlucci; T. Chiaromonte; P. Paulsen; G. Palieri; L. Ferrante, A. N. Berlese; V. Peglion; F. A. Sannino; P. Bucci; C. Casali; T. Ferraris; G. Briganti; A. Trotter (famoso a livello mondiale per gli studi di patologia vegetale); G. Paris; C. Violante; R. Cassano; L. Sostegni; L. Casale, A. Marinelli (già Rettore dell’Università degli studi di Firenze), D. Matassino (ordinario UniNa Federico II di miglioramento genetico delle specie animali in produzione zootecnica), V. Coppola (Ispettore scolastico), L. Frusciante (ordinario di genetica vegetale UniNa Federico II, nonché direttore del corso di studi di Viticoltura ed eno-

Basso (Imprenditore agro alimentare e presidente degli industriali della provincia di Avellino) e tanti altri che come professionisti, dirigenti, ricercatori, imprenditori, si sono affermati in diversi campi del sapere.

Speciale Istituti Agrari d’Italia

’ITA “F. De Sanctis” di Avellino venne inaugurato nel novembre 1880 (R.D. 27 ottobre 1879) come Regia Scuola di Viticoltura ed

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L'azienda dell'Istituto L’istituto è dotato di un’azienda di 23 ha di terreno divisa in due corpi separati, situati in località “Torrette” e “Cappuccini” dove si producono uve: Fiano, Aglianico, Greco; Piedi-

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rosso; Sciascinoso; Cabernet. L’azienda è sede dell’unico “Nucleo di pre-moltiplicazione del materiale di base della vite” della Regione Campania, con una Collezione (la più importante della Campania) con 44 Vitigni di uva da tavola, di cui 24 cultivar Apirene; è coltivato un vigneto sperimentale con 27 cultivar di uva da vino facenti parte della piattaforma ampelografica nazionale, oltre ad un’ampia collezione clonale dei principali vitigni autoctoni campani come: Greco di Tufo, Fiano, Aglianico, Sciascinoso, Biancolella ecc. per complessivi 85 cloni. L’azienda conduce attività di ricerca e sperimentazione con la Regione Campania, settore SESICA e la Facoltà di Scienze Agrarie di Portici. La cantina dell’Istituto produce diversi vini: Fiano di Avellino (DOCG), Taurasi (DOCG), Greco di Tufo, Cabernet, Sciascinoso e il rinomato Brandy Avellino da uve Fiano. Collabora inoltre con la Regione con un progetto sperimentale sulla microvinificazione. E’ in atto anche un progetto con la Regione Campania e l’Università “Federico II” di Napoli (Progetto Salve) per la salvaguardia e la conservazione del germoplasma di piante arboree frutticole in via d’estinzione.

Speciale Istituti Agrari d'Italia


Il percorso formativo Per il 1° BIENNIO sono previste attività ed insegnamenti comuni a tutti gli indirizzi del Settore Tecnologico oltre ad attività ed insegnamenti obbligatori per lo specifico indirizzo. L’indirizzo Agraria, Agroalimentare e Agroindustria integra competenze nel campo dell’organizzazione e della gestione delle attività produttive, trasformative e valorizzanti del settore, con attenzione alla qualità dei prodotti e al rispetto dell’ambiente, nonchè sugli aspetti relativi alla gestione del territorio, con specifico riguardo agli equilibri ambientali e a quelli idrogeologici e paesaggistici. Le articolazioni per il secondo biennio e per il 5° anno sono tre: 1: “Produzioni e Trasformazioni”, per l’approfondimento delle problematiche collegate all’organizzazione delle produzioni animali e vegetali, alle trasformazioni e alla commercializzazione dei relativi prodotti, all’utilizzazione delle biotecnologie. 2: “Gestione dell’ambiente e del territorio”, che approfondisce le problematiche della conservazione e tutela del patrimonio ambientale e le tematiche collegate alle operazioni di estimo ed al genio rurale. 3: “Viticoltura ed enologia”, che approfondisce le problematiche collegate all’organizzazione specifica delle produzioni vitivinicole, alle trasformazioni e commercializzazione dei relativi prodotti, all’utilizzazione delle biotecnologie. A partire da questo anno scolastico è stato attivato anche il sesto anno per il conseguimento del titolo di studio di perito agrario enotecnico.

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L'Istituto Agrario "F. De Sanctis" di Avellino

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La rinomata biblioteca dell'Istituto ed il laboratorio enologico

L

’Istituto è inoltre dotato di una rinomata biblioteca, intitolata dal 15/01/2008 al Preside “Rocco Cassano”; la sua storia nasce insieme alla Scuola nell’anno 1879 con la costituzione del primo

ad oggi è stata arricchita da una serie di riviste scientifiche e umanistiche fra le quali è doveroso ricordare “La Nuova Antologia”, la cui raccolta iniziata nel lontano 1889 non è stata mai sospesa. Il materiale librario è

La biblioteca nucleo librario a seguito dalla donazione della Società Economica del Principato Ultra. La Biblioteca ha poi beneficiato di altre importanti donazioni da parte delle famiglie di uomini di cultura della nostra provincia e dalla Camera di Commercio di Avellino. La Scuola stessa, inoltre, ha provveduto all’acquisto dei volumi inerenti alle problematiche agricole che nel tempo venivano pubblicati. In particolare ha realizzato un’importante ampelografia (descrizione e classificazione della vite nelle sue specie e varietà coltivate) corredata da splendide tavole dell’Italia intera, specificatamente della provincia di Avellino e della Campania, ma anche delle regioni vitivinicole europee più importanti. La Biblioteca oggi risulta ricca di testi, documenti, pubblicazioni e riviste fondamentali per qualsiasi ricerca riguardante il nostro territorio. Tra i testi in possesso della biblioteca si registrano “cinquecentine” e “seicentine” come la prima edizione del 1638 del “Dialogo delle nuove scienze” di Galileo Galilei, l’erbaio del 1690 “Introductio generalis in Remherbariam” e antiche e preziose enciclopedie di botanica generale e sistematica. Oltre cinquecento sono, poi, i volumi del 1700. La Biblioteca dalla sua costituzione

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consultabile grazie ad uno schedario cartaceo suddiviso per materia. Oggi si sta provvedendo all’informatizzazione della Biblioteca ed al suo collegamento con la rete nazionale.

In conclusione, possiamo affermare che la nostra Biblioteca, brevemente tratteggiata, rappresenta nel suo genere una delle più prestigiose a livello nazionale ed europeo.

vinificazione e la distillazione, nasce con lo scopo di offrire agli studenti un ambiente atto a concretizzare le conoscenze apprese nelle materie fondanti caratterizzanti il proprio corso di studio. Il laboratorio enologico è dotato inoltre di un reparto per la microvinificazione in collaborazione con la Regione Campania e con l’Università Federico II di Napoli. Lo scopo di tale laboratorio è quello di rivalutare vitigni in fase di estizione. L’uso della cantina didattica, pertanto, si rivela un momento decisivo in quanto consente agli studenti, di focalizzare la propria attenzione sugli aspetti essenziali e rilevanti di un problema articolato, complesso e interdisciplinare “problem setting” e successivamente valutarne le diverse soluzioni possibili “problem solving”. La cantina didattica quindi si rende necessaria quale momento di crescita per gli studenti, in quanto richiede impegno e partecipazione attiva degli stessi nelle varie fasi che vanno dalla raccolta alla trasformazione dell’uva fino all’imbottigliamento ed etichettatura del prodotto finito.

Dr. Flavio Rabitti Direttore Editoriale Rivista TerrAmica

Il Laboratorio Enologico

Dott. Luca Poli

Il laboratorio enologico dell’istituto Agrario, dotato delle attrezzature idonee per la vinificazione, la micro-

luca9008@ hotmail.it

Dottore Forestale

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Chi siamo

Associazione di Agraria.org

L’Associazione di Agraria.org è stata costituita nel 2013 da un gruppo di giovani laureati in Agraria, Scienze Forestali e Veterinaria. Fin dalla sua fondazione, grazie all’impegno dei tantissimi associati sparsi per tutta Italia, ha promosso ed organizzato numerose iniziative per diffondere le conoscenze riguardanti pratiche agricole ed agro-alimentari sia a scopo amatoriale che professionale, supportare le piccole realtà agricole nella promozione della loro attività attraverso la vendita diretta, favorire l’inserimento dei diplomati e laureati del nostro settore e la crescita delle aziende agricole associate.

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Promozione aziende associate e vendita diretta

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Cosa facciamo L’Associazione si appresta a compiere il suo quarto compleanno (il 1° marzo 2017): guardandoci indietro ci rendiamo conto, non senza stupore, della strada fatta (più di 1000 persone coinvolte, le tante azioni di divulgazione scientifica sul territorio, i migliaia di lettori della rivista TerrAmica, etc). Si è definita anche la nuova redazione della Rivistadiagraria.org (online); l’associazione, che ne è l’editore, ha affidato il compito di seguirne gli sviluppi ad un gruppo di giovani e competenti esperti del settore che hanno costituito il Comitato di Redazione. Recentemente abbiamo inoltre promosso una serie di

Visita guidata ad acetificio tradizionale di Modena

Spazio Associazione di Agraria.org


Alcuni incontri a tema organizzati dall’Associazione per gli iscritti incontri per imparare a coltivare orti sul terrazzo e realizzare composizioni floreali, oltre che organizzato delle escursioni alla ricerca di erbe spontanee commestibili e funghi; inoltre non sono mancati percorsi di avvicinamento al vino con gli ormai consueti incontri (quinta edizione). Siamo entrati a far parte dell’Ass. Foresta Modello delle Montagne Fiorentine per consolidare i rapporti con le varie realtà locali, nonostante l'associazione si mantenga viva anche a livello nazionale; in ottobre, insieme ad altre associazioni del territorio, abbiamo or-

Progetto europeo Erasmus + ganizzato una giornata alla scoperta di Vallombrosa (FI) dal titolo "Vallombrosa, miti, simboli e colori”. È proseguita anche la collaborazione con l'azienda agricola “La Lumaca Madonita”, con la quale abbiamo promosso il corso professionale di elicicoltura, presso la sede aziendale di Campofelice di Roccella (PA). Eventi e convegni: il raduno nazionale dell’Associazione e del Forumdiagraria.org quest’anno si è svolto a Spilamberto (MO) in settembre ed ha visto una grande partecipazione di soci provenienti da tutta Italia. La giornata è iniziata con la visita ad un’acetaia dove viene prodotto da generazioni l’aceto l’aceto balsamico tradizionale ed è poi proseguita con un ricchissimo pranzo sociale. L’Associazione ringrazia i soci ed i forumisti “storici” che non fanno mai mancare la loro presenza, la loro disponibilità ed accoglienza: ci regalano sempre dei momenti fantastici insieme a persone che ormai consideriamo essere più che amici! Partecipazione a fiere e manifestazioni: abbiamo partecipato allestendo spazi ed organizzando workshop, seminari e dimostrazioni pratiche al Toscanello d’oro 2016 Pontassieve (FI). Corsi sulle erbe spontanee (docente

Spazio Associazione di Agraria.org

Elena Meini), incontri sulle malattie delle piante e promozione dell’associazione e dei suoi servizi. L’associazione è stata presente inoltre, invitata dall’organizzazione, alla 7° Rassegna del Cavallino di Monterufoli a Pomarance (PI). Erasmus +: da aprile 2016 l'Associazione di Agraria.org è andata oltre i confini nazionali e ha volto lo sguardo verso l’Europa. Siamo stati accreditati come ente di invio nell'ambito del Servizio Volontario Europeo (SVE) all'interno del programma Erasmus + dell'Unione Europea. Il Servizio Volontario Europeo offre ai giovani tra i 17 e i 30 anni l’opportunità di svolgere un’attività di volontariato in un Paese del programma o al di fuori dell’Europa, per un periodo che va da 2 a 12 mesi, impegnati come “volontari europei” in progetti locali in vari settori o aree di intervento: cultura, gioventù, sport, assistenza sociale, patrimonio culturale, arte, tempo libero, protezione civile, ambiente, sviluppo cooperativo e tanti altri temi. I volontari selezionati dall’Associazione potranno intraprendere un’esperienza che segnerà il resto della loro vita a costo zero, come collaborare presso un’organizzazione no-profit in altri paesi europei, accrescere le competenze nel terzo settore e nel settore del sociale ed imparare una nuova lingua. Rimani in contatto con l’Associazione per scoprire tutte le possibilità.

Diventa uno di noi Entra a far parte anche tu di questa grande comunità di appassionati del mondo agricolo e ricevi i prossimi numeri di TerrAmica comodamente e gratuitamente a casa tua. Altri vantaggi per i soci: ● partecipazione ad eventi ed incontri in tutto il territorio nazionale organizzati dall’Associazione ● possibilità di partecipazione a fiere nazionali sull’agricoltura ed ambiente a condizioni agevolate ● visibilità per i giovani tecnici che si affacciano nel mondo del lavoro ● promozione delle aziende agricole guidate da giovani imprenditori (progetto “Smart Farm”) Iscriviti online a soli 10€ l’anno su: www.associazione.agraria.org

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Come fare per RICEVERE TERRAMICA direttamente a casa tua Per ricevere “TerrAmica - Rivista Associazione di Agraria.org” è sufficiente essere soci. Per associarsi bastano 10€ l’anno! Ecco i pochi e semplici passaggi per iscriversi: 1. Accedi al sito www.associazione.agraria.org 2. Clicca in alto a destra su “Iscriviti all’Associazione” 3. Compila il modulo con i tuoi dati e scegli il metodo di pagamento desiderato 4. Decidi se pagare con Paypal, Bonifico bancario o Bollettino postale ed attendi il buon esito della registrazione 5. Versa la quota associativa e... ricevi a casa TerrAmica!

Per qualsiasi problema o informazione scrivi a associazione@agraria.org o telefona al numero +39 388 5867540

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Come associarsi



Agraria.org a g r i c o l t u r a

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