Mario Luzi poesie sparse

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Mario Luzi “Poesie sparse”


Mario Luzi “Poesie sparse”

Alla vita - 4

L'immensità dell'attimo - 5

Maturità - 6

A un compagno - 7

Nell'imminenza dei quarant'anni - 8

Vita fedele alla vita - 9

Fiume da fiume - 10

Padre dei padri - 12

Quando mi parli al telefono - 14

Infrapensieri la notte - 16

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Mario Luzi

Poesie sparse

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Mario Luzi “Poesie sparse”

Alla vita Amici ci aspetta una barca e dondola nella luce ove il cielo s'inarca e tocca il mare, volano creature pazze ad amare il viso d'Iddio caldo di speranza in alto in basso cercando affetto in ogni occulta distanza e piangono: noi siamo in terra ma ci potremo un giorno librare esilmente piegare sul seno divino come rose dai muri nelle strade odorose sul bimbo che le chiede senza voce. Amici dalla barca si vede il mondo e in lui una verità che precede intrepida, un sospiro profondo dalle foci alle sorgenti; la Madonna dagli occhi trasparenti scende adagio incontro ai morenti, raccoglie il cumulo della vita, i dolori le voglie segrete da anni sulla faccia inumidita. Le ragazze alla finestra annerita con lo sguardo verso i monti non sanno finire d'aspettare l'avvenire. Nelle stanze la voce materna senza origine, senza profondità s'alterna col silenzio della terra, è bella e tutto par nato da quella.

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L'immensità dell'attimo Quando tra estreme ombre profonda in aperti paesi l'estate rapisce il canto agli armenti e la memoria dei pastori e ovunque tace la segreta alacrità delle specie, i nascituri avallano nella dolce volontà delle madri e preme i rami dei colli e le pianure aride il progressivo esser dei frutti. Sulla terra accadono senza luogo senza perché le indelebili verità, in quel soffio ove affondan leggere il peso le fronde le navi inclinano il fianco e l'ansia de' naviganti a strane coste, il suono d'ogni voce perde sé nel suo grembo, al mare al vento.

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Maturità Che fu dietro quei vetri che straziano il silenzio e irraggiano nel vuoto lo stupore d'un viso che non sente più il suo rosa? Attoniti si perdono gli occhi in banchi d'azzurro e neppure il tuo pianto si ripete. Ondeggia il sicomoro stranamente fedele. Gelo, non più che gelo le tristi epifanie per le strade stillanti di silenzio e d'ambra e i riverberi lontani delle pietre tra i bianchi lampi delle fontane. Ombra, non più che un'ombra è la mia vita per le strade che ingombra il mio ricordo impassibile. Equoree primavere di conche abbandonate al vento il cui riflesso è solitario nel fondo col tuo viso scarduffato! Schiava ai piedi di un'ombra, ombra d'un'ombra disperdi nel tremore dell'acqua il tuo sorriso. Una nuvola oscilla e un incerto paradiso. Non più nostro il deserto che ci avvince e ci separa nella bocca inarcata dall'oblio, non più il dominio audace di pallore delle tue braccia al vento dall'alte balaustrate. Sguardi deserti, forme senza nome nella notte pesante pendula sul tuo cuore.

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A un compagno E la musica ansiosa che bruiva nel biondo dell'estate ora densa di ruggine risale confusa col tuo nome alle colline mentre un cielo violato dal ricordo mesce nubi con la marea di biade instancabile, rotta alle pendici dei borghi di Toscana. Voci rare feriscono il silenzio eterno, ancora accese qui dove indugio, anima sulla riva del fiume inquieto ferma ad ascoltare. Il passante ravviva le croci di papaveri votivi alle svolte della strada. Ed ora che per te morire sempre più profondamente, per me essere è non dimenticare, la forza di quel gesto ci conviene usata a ritrovarci, a difenderci l'un dall'altro quando striscia un vento recondito di morte.

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Nell'imminenza dei quarant'anni Il pensiero m'insegue in questo borgo cupo ove corre un vento d'altipiano e il tuffo del rondone taglia il filo sottile in lontananza dei monti. Sono tra poco quarant'anni d'ansia, d'uggia, d'ilarità improvvise, rapide com'è rapida a marzo la ventata che sparge luce e pioggia, son gli indugi, lo strappo a mani tese dai miei cari, dai miei luoghi, abitudini di anni rotte a un tratto che devo ora comprendere. L'albero di dolore scuote i rami... Si sollevano gli anni alle mie spalle a sciami. Non fu vano, è questa l'opera che si compie ciascuno e tutti insieme i vivi i morti, penetrare il mondo opaco lungo vie chiare e cunicoli fitti d'incontri effimeri e di perdite o d'amore in amore o in uno solo di padre in figlio fino a che sia limpido. E detto questo posso incamminarmi spedito tra l'eterna compresenza del tutto nella vita nella morte, sparire nella polvere o nel fuoco se il fuoco oltre la fiamma dura ancora.

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Vita fedele alla vita La città di domenica sul tardi quando c'è pace ma una radio geme tra le sue moli cieche dalle sue viscere interite e a chi va nel crepaccio di una via tagliata netta tra le banche arriva dolce fino allo spasimo l'umano appiattato nelle sue chiaviche e nei suoi ammezzati, tregua, sì, eppure uno, la fronte sull'asfalto, muore tra poca gente stranita che indugia e si fa attorno all'infortunio, e noi si è qui o per destino o casualmente insieme tu ed io, mia compagna di poche ore, in questa sfera impazzita sotto la spada a doppio filo del giudizio o della remissione, vita fedele alla vita tutto questo che le è cresciuto in seno dove va, mi chiedo, discende o sale a sbalzi verso il suo principio... sebbene non importi, sebbene sia la nostra vita e basta.

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Fiume da fiume Si pasce di sè il fiume, bruca serpeggiando le sue quasi essiccate sgorature, visita le sue quasi aride pozzanghere, si trascina ai suoi gi… putridi ristagni finch‚ poco più oltre un poco lo confortano misteriosi trasudamenti, lo irrorano frescure, umori, vene dal più profondo del suo cuore sotterraneo ed eccolo rinasce esso dalle secche, ora, si lascia dietro la sassaia della sua quasi estinzione per il suo nuovo cammino si muove verso se stesso il fiume, si sposta dentro il suo cangiante bruco ed entra, fiume nuovo uscito dalle sue ceneri nei luoghi dove opera la primavera e non c'è fiore né gemma, non c'è ancora ma c'è quella radiosa incandescenza di luce e opacità nel bianco dell'aria, c'è, ed ecco si diffonde, quella trepidante animula e quel chiaro sopra la linea degli alberi, quel già più festoso scintillamento delle acque. C'è tutto "quello". E c'è lui fiume, ne vibra intimamente il senso. C'è questo, c'è prodigiosamente.

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Padre dei padri Questi erano i patti, altri forse in allegria per pura amicizia ovvero per un grano ancora celeste di celeste libertà riposto nel cuore li avevano in un tempo ancora indiviso dall'eternità quei patti immemorabilmente stretti noncuranti di nominarli di dirli, di dettarli ed essi come nuvole nel mezzogiorno dei monti riposavano in sé così si trasmettevano così operavano essi di età in età... E ora che cosa non sanno, che cosa non ricordano questi che ripetono nella loro oscurità di posteri imprecando la lunga traversata del loro esodo miglia e miglia, afa e quel nerore su tutta l'affocata linea delle dune, sparse ossa raffioranti, semisepolti rottami rosi da sale e ruggine: testimoni? - Sì, potrebbero veramente esserlo testimoni, e non solo morti segni che qui furono tutti fatti una sola polvere i codici, i rescritti e anche quei profondi indicibili regolamenti sconciato ogni decalogo derisa vecchia e nuova alleanza e il sangue del loro preziosissimo sigillo. 12


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Per libidine di sangue (li vorrei consci di questo): buio sangue da scolatoio di macelli dove tutto defluisse, tutto si disfacesse. Per quella libidine. Che cosa non ricordano, che cosa non sanno? li stringe il tempo fedifrago, li pesta nel mortaio della sua sanguinosa nullità ma ha talvolta ritorni procellosi la mente a se medesima rientri atroci dalla sua contumacia abominevole... E sussultano essi, che cosa li rimorde? c'è oblio o c'è ignoranza - e di cosa - in quella spina? Si dibatte contro un'oscura dimenticanza, si aguzza e si tortura la mente per un'impossibile chiarezza e intanto li accusa un quid, li incolpa un'ignominia occulta, un'infedeltà... ai patti - quali erano quei numinosi patti? Ne portano essi solo l'ombra e il cruccio di un tradimento... Davvero nessuno parla? Tace nel silenzio delle sue lontane rocce l'antica parleria o il silenzio è nostro, e non più lacuna, ora, di parola ma annullamento e cenere da cui tutto risorgerà?

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Quando mi parli al telefono Quando mi parli al telefono e mi s'aprono d'incanto i paradisi della vocalità gli accordi e i tocchi d'arpa soffici appena subsquillanti di quella voce dai precordi sono tuoi, sì, ma intanto è il calmo pelago della muliebrità che entra festosamente ruscellando nel mattino della stanza e mi dilava da me, si porta via la mia nascita, mi cancella dalla mia morte lasciandomi sospeso... è o non è chi? me stesso ed il mio ascolto - le dicono da tempo i suoi interlocutori uomini o angeli.

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Infrapensieri la notte Il sonno, il nero fiume v'immerge la sua tempra per il fuoco dell'aurora che lo avvamperà, lo spera, l'indomani Sono oscuri il turchese ed il carminio nei vasi e nelle ciotole, li prende la notte nel suo grembo, li accomuna a tutta la materia. Saranno - il pensiero lo tortura un attimo, lo allarma pronti alla chiamata quando ai vetri si presenta in avanscoperta l'alba e, dopo, quando irrompe e sfolgora sotto la navata il pieno giorno hanno incerta come lui la sorte i colori o il risveglio per loro non è in forse, la luce non li inganna, non li tradisce? E stanno nella materia o sono nell'anima i colori? divaga o entra nel vivo la sua mente nella pausa della notte che comincia smarrisce e ritrova i filamenti dell'arte, della giornata... Esce insieme ai lapislazzuli l'oro dal suo forziere, sì, ma incerto il miracolo ritarda, la sua trasmutazione in luce, in radiosità gli sarà data piena? Avrà lui grazia sufficiente a quella spiritualissima alchimia? Si addorme, s'inabissa, è sciocco, 16


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lo sente, quel pensiero, è perfida quell'ansia. Chi è lui? Tutto gioca con tutto nella universale danza.

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