Little Black Book Birra

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Piccola guida alla bevanda pi첫 amata del mondo Ruth Cullen Illustrazioni di Kerren Barbas


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Un particolare ringraziamento a Mike Bayette e alla New England Beverage Company. Grazie anche a Linda Peer Groves, Dave Wecker, Dan Swinchuck, Dick “Bumpy” Williams e Frank Mandriotta per l’assistenza e i consigli.

Astræa Editrice s.r.l., via Cavallina 6, 40137 Bologna www.astraeaeditrice.it Titolo originale: The Little Black Book of Beer © 2005 Peter Pauper Press Inc. Per le illustrazioni: © 2005 Kerren Barbas Progetto grafico originale di Heather Zschock Copyright © 2008 Astræa Editrice s.r.l. Traduzione di Alessandra Repossi Adattamento per l’edizione italiana di Alberto De Pietri Printed in Hong Kong 1 2 3 4 5 6 ISBN 978-88-95649-06-1


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Sommario INTRODUZIONE

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.....8 Nascita della birra . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 9 Le civiltà antiche . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 11 Un lavoro da donne . . . . . . . . . . . . . . . . . . 13 Dio benedica la birra! . . . . . . . . . . . . . . . . . 15

BREVE STORIA DELLA BIRRA

. . . . . . . . . . . 19 I secoli oscuri . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 20 La bionda libertà . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 21 Guerra alla birra . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .22 Birra Boom . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 24

LA BIRRA TRICOLORE

DIMMI CHE BIRRA BEVI E TI DIRÒ CHI SEI . . . . .

. . . . . . . . . . 30 Conosci la tua birra . . . . . . . . . . . . . . . . . . 31 Ale, Lager e altre miscele speciali . . . . . . . . . 32 Le birre: qualità e stili . . . . . . . . . . . . . . . . 35

. . . . . . . . 40 L’arte della birra . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 41 BIRRA, CHI ERA COSTEI?


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Le ambrate onde dell’orzo . . . . . . . . . . . . . . 42 Dal grano al succo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 46 La metamorfosi della fermentazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 49 . . . . . . . . . . 55 Birra è allegria! . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 56 Questioni di gusto . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 58 Bere con buon senso . . . . . . . . . . . . . . . . . . 65 Conservare e servire . . . . . . . . . . . . . . . . . . 67

G U S T A R E E VA L U T A R E

. . . . . 72 A ciascuno la sua birra . . . . . . . . . . . . . . . . 73 a l e . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 74 l a g e r . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 113 G U I D A P R AT I C A A G L I S T I L I

qualità e miscele speciali . . . . . . . . . .

GLOSSARIO INDICE

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Introduzione La birra è una delle bevande più formidabili mai concepite in tutta la storia dell’uomo. Molto più che un semplice liquido ricavato dal malto fermentato, in ogni epoca la birra è stata usata come cibo e come mezzo di socializzazione, come medicina e come moneta di scambio. Ha effetto sul colore dei capelli e si può persino impiegare per disinfestare il giardino dalle lumache. In tutto il mondo la si beve a matrimoni e funerali, a feste e partite; e sempre, quando c’è della birra nelle vicinanze, ci sentiamo più rilassati, tolleranti e ben disposti verso il prossimo. Può capitare di sentirsi un po’ alticci, ma quasi sempre anche chi ci sta intorno sembra esserlo quanto noi. Oggi, dopo secoli e secoli, scegliere la birra è diventato un compito impegnativo. I grandi progressi nella produzione hanno invaso il mercato di ottime qualità tradizionali e di nuo6


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ve miscele speciali che possono disorientare anche gli appassionati. Niente paura: questo Little Black Book si propone di svelarvi ogni segreto dell’affascinante mondo della birra: di fronte a tante possibili scelte, tra marche e qualitĂ diversissime, sarete in grado di riconoscere con sicurezza la birra che fa per voi, in ogni occasione e momento della giornata. In fin dei conti nella vita ciò che conta sono le scelte intelligenti. Buona birra quindi, e... alla salute!

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breve storia della birra

Quando la bevo sto benissimo: l’umore è allegro, il cuore contento e il fegato felice. Tavoletta sumera, 3600 a.C.


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Nascita della birra Non si sa esattamente dove sia nata la prima birra. È probabile che la fermentazione dei cereali fosse ampiamente nota tra le popolazioni agricole già in età antichissima. Le prime testimonianze vengono dalla Mesopotamia. Tracce di birra sono state trovate in reperti iranici di oltre settemila anni fa. Una tavoletta di quasi seimila anni fa raffigura dei bevitori, e una lirica sumera vecchia di oltre tre millenni e mezzo esalta Ninkasi, la dea patrona della birra: Ninkasi, tu che cuoci il pane d’orzo nel grande forno / che disponi le pile di cereali sbucciati / che bagni il malto sparso in terra / che raccogli nelle mani il dolce mosto di malto... Ninkasi, sei tu che versi la grata birra nel tino / come le correnti impetuose del Tigri e dell’Eufrate. Anonimo, 3600 a.C.

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Prodotta con l’orzo e altri cereali, la birra ebbe una parte notevole nella dieta delle primitive popolazioni preistoriche. Il processo della fermentazione ne quadruplicava il contenuto di vitamine e di minerali, mentre il lievito grezzo ne aumentava sia la quantità di proteine sia il potere disinfettante. Pur senza conoscerne i meccanismi, i nostri antenati erano tuttavia ben consapevoli degli effetti benefici della birra e le attribuivano grandi meriti per la salute e la felicità collettiva. E di certo non se ne lamentavano. Tutte le civiltà antiche conobbero la birra, e fu proprio essa, insieme con il pane di cereali, a indurre i popoli nomadi a divenire stanziali, allontanando gli uomini dalla caccia e avvicinandoli alla pratica dell’agricoltura.

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Le civiltà antiche La birra ha il potere di far incontrare e mettere d’accordo le persone. Per questo è stata considerata ovunque e in ogni tempo un alimento fondamentale oltre che un fattore di civiltà e di pace fra i popoli. Alimento indispensabile lo era di certo per gli Egizi, la cui birra di pane potrebbe essere l’equivalente della manna biblica caduta sugli Ebrei nel deserto. Lo stesso si può dire per i Greci, tanto che Platone scrisse che solo un vero saggio poteva avere concepito la birra. Lo era anche per i Romani che, appresa l’arte dai Greci, le diedero il nome di cerevisia, o dono della dea Cerere (da cui il termine spagnolo cerveza). I Traci infine iniziarono a produrre birra di segale sin dal V secolo prima di Cristo. La parola che usavano per designarla era brutos o brytos, da cui si pensa derivi il moderno birra. 11


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Bere come un Egizio I primi a produrre birra su scala commerciale furono gli antichi Egizi, che la utilizzavano nei riti religiosi, nelle cerimonie laiche e persino come moneta, con cui si pagavano le tasse e il salario agli operai delle piramidi. Le iscrizioni egizie esaltano le proprietĂ curative della birra e ci mostrano quanto la bionda essenza fosse profondamente inscritta nella loro cultura. 12


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Un lavoro da donne Diversi miti narrano come la birra sia stata donata agli umani da una divinità femminile. Per secoli la produzione della birra è stata considerata un’attività femminile direttamente ispirata dalla dea e di cui solo le donne potevano conservare i segreti. Le più antiche produttrici di birra erano sacerdotesse che creavano miscele potentissime masticando l’orzo prima di mescolarlo ad acqua, erbe e spezie. Questo impasto conteneva ptialina, un enzima della saliva che favorisce la trasformazione dell’amido in zucchero fermentabile, aumentando perciò la forza dell’impasto. La birra si otteneva anche inzuppando nell’acqua pane d’orzo semicotto, che si faceva macerare in contenitori di argilla sigillati, per poi filtrarlo una volta completata la fermentazione. 13


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La trasformazione dell’acqua d’orzo in birra era attribuita ai poteri della dea. I popoli di ogni cultura rendevano ciascuno omaggio a una differente divinità femminile per la sacra bevanda che producevano: i Sumeri, come abbiamo visto, la dea Ninkasi; gli Egizi, Iside (e il suo sposo Osiride); e i Romani, Cerere. Oltre a essere fatta in casa, nel medioevo la birra si cominciò a vendere nelle taverne o in quelle che possiamo oggi considerare le prime birrerie. Ancora una volta furono le donne a iniziare questa attività: le “comari birraie” di tutta Europa conobbero un breve periodo di successo e indipendenza, prima che esosi governanti imponessero pesanti tasse sulla produzione e sulla vendita della birra.

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Dio benedica la birra! La produzione e il consumo di birra, in particolare a nord e a est delle Alpi, continuarono a crescere per tutto il medioevo soprattutto grazie ai monasteri, che divennero i primi veri birrifici d’Europa. La fabbrica monastica più antica, e ancora in funzione, è quella dell’abbazia di Weihenstephan in Baviera. Accanto ai monasteri si affermarono ben presto anche i produttori indipendenti, pub e birrerie cittadine, fortemente controllati – e tassati – dalle corporazioni. Evitare le pene per l’evasione fiscale era talvolta possibile, per i produttori, ma di certo non lo era per la produzione di birra cattiva:

Chiunque produrrà birra di cattiva qualità sarà preso con la forza e gettato nel letame. Editto della città di Danzica XI secolo

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In ogni caso la produzione di birra era generalizzata: tutti la bevevano perché non solo era nutriente, ma anche più sicura dell’acqua, dato che la fermentazione eliminava tutti i contaminanti pericolosi. Anche per questo si producevano in casa birre di diverso grado alcolico per tutti i membri della famiglia, bambini compresi: dalle “piccole birre” di pochi gradi alle qualità più robuste. Col tempo le tecniche di produzione si raffinarono. A partire dal XV secolo l’uso del luppolo, noto già da secoli, si diffuse in tutto il continente: la birra luppolata era più duratura e quindi maggiormente commerciabile. I birrifici artigiani si ingrandirono e specializzarono, diffondendosi dalla Germania ai Paesi Bassi e alla Gran Bretagna. La diffusione della birra luppolata fu anche all’origine della standardizzazione della birra. L’uso di erbe aromatiche fu limitato e ben presto tutte le birre seguirono la medesima ricetta di base. Nel 1516 il duca Guglielmo IV 16


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di Baviera promulgò una legge sulla purezza nota come Reinheitsgebot, che limitava gli ingredienti della birra a malto d’orzo, luppolo e acqua. La legge bavarese si applicò in seguito a tutta la Germania e, con le opportune modifiche, è in tuttora in vigore. L’ultima grande rivoluzione fu la nascita della lager. Nel XVI secolo si diffuse l’uso di immagazzinare la birra in cantine fredde. Ciò favoriva un migliore filtraggio e un generale miglioramento qualitativo della birra. A oggi le lager, che hanno una gamma dal dolce all'amaro e dal chiaro allo scuro, rappresentano la stragrande maggioranza della produzione e del consumo di birra mondiale.

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Lo sapevate? Fino al Settecento molte università del Nord Europa disponevano di una fabbrica di birra interna che riforniva gli studenti. Vitto e alloggio potevano essere pagati con malto d’orzo.

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la birra tricolore

Chi beve birra campa cent’anni! Slogan pubblicitario italiano


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I secoli oscuri In Italia il consumo di birra rimane limitato fino a tempi molto recenti. Nel secolo si ha notizia di una produzione nell’abbazia di Montecassino, la prima in Italia, e forse nel mondo. Nel secolo successivo si citano i miracoli di san Colombano realizzati con la birra nell’abbazia di Bobbio.

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Ma durante tutto il medioevo la birra è considerata una bevanda estranea, tipica dei popoli del Nord, lontani e accomunati ai barbari. Con la Riforma protestante le cose si aggravano: il vino rimane per i cattolici la bevanda sacra, che rappresenta il sangue di Cristo, mentre la birra diventa il prodotto degli eretici che negano la verità della messa. Ancora nel 1527 i lanzichenecchi che entrano a Roma portano con sé barili di birra perché non se ne trovava sul suolo italiano. Il rapporto tra birra e Italia resta segnato dall’ostilità. 20


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La bionda libertà L’Ottocento segna la rinascita della birra in Italia. La prima fabbrica italiana è la brasserie Spluga di Chiavenna, fondata nel 1840. Si tratta di un’impresa pioneristica: la birra infatti è la bevanda degli oppressori austriaci e per tutto il Risorgimento continuerà a non essere vista di buon occhio. Ma una volta conquistata l’indipendenza, proprio d’oltralpe arriveranno i primi grandi imprenditori della birra italiana. Wührer, Dreher, von Wunster, Paszkowski, per citare solo qualche nome ancora oggi famoso, a cui vanno affiancati i fabbricanti italiani come Peroni e Moretti, danno vita a un’industria destinata a crescere rapidamente in pochi decenni. Nel 1890 ci sono nel nostro paese 140 fabbriche di birra che producono ormai oltre 160.000 ettolitri, a cui si aggiungono i 50.000 delle importazioni. 21


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Guerra alla birra Con la Grande Guerra si ha una nuova battuta d’arresto. Il nemico è nuovamente austriaco e tedesco, ma soprattutto la produzione di malto in Italia è scarsa e con la chiusura delle frontiere ai fabbricanti viene a mancare la materia prima. Ma alla fine della guerra i consumi riprendono vigorosamente. Nel 1925 si produce oltre un milione e mezzo di ettolitri. Si è ancora molto lontani dai consumi del vino, ma l’apprezzamento della birra conquista terreno. La ascesa al potere del fascismo riporta però l’orologio indietro: la legge Marescalchi del 1927, con lo scopo di proteggere la bevanda nazionale, introduce nuove restrizioni ai produttori e impone pesanti imposte di fabbricazione. Inoltre la vendita è limitata a bar, ristoranti e birrerie: le botteghe e le rivendite di alimentari sono praticamente escluse. 22


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L’effetto è una rapida discesa dei consumi in seguito all’aumento del prezzo e agli intralci distributivi. Negli anni Trenta la produzione cala di due terzi, ai livelli dell’anteguerra. Le fabbriche di birra si riducono e quelle che restano sono costrette a tagli di costi e personale: la produzione si concentra nelle mani di un ristretto gruppo di famiglie che controllano interamente il mercato e costituiscono un cartello che si spartisce zone di vendita e concorda politiche commerciali comuni. I consumi riprendono, ma molto lentamente: nel 1940 si superano di poco gli 800.000 ettolitri; il consumo procapite si attesta su poco di più di un litro e mezzo all’anno: ancora un centesimo di quello del vino.

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Birra Boom La seconda guerra mondiale porta naturalmente una nuova crisi. Le fabbriche riaprono e nel giro di qualche anno si torna ai livelli produttivi degli anni Venti. Durante gli anni Cinquanta i livelli di consumo restano pressoché invariati. Si beve birra solo d’estate, come le bevande gassate, principalmente come dissetante. La svolta avviene negli anni Sessanta. La diffusione delle pizzerie e della cultura giovanile cambia l’immagine della birra; non più bibita per i rinfreschi estivi, diventa simbolo di novità, di bevanda giovane che si contrappone al vino e agli alcolici tradizionali del mondo adulto. La pubblicità e la diffusione nei canali commerciali della grande distribuzione fanno il resto. “Chi beve birra campa cent’anni”, il classico slogan dei produt24


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tori, diventa: “Chi beve birra ha sempre vent’anni!” mentre la bionda e sensuale Solvi Stubing è il nuovo volto della bevanda per una marca nazionale. La produzione supera ormai stabilmente i sei milioni di ettolitri e anche l’importazione beneficia enormemente del nuovo clima, attestandosi sopra i 600.000 ettolitri. Finiti i tempi di una lunga autarchia, gli italiani scoprono le grandi marche straniere: tedesche, irlandesi, olandesi che fino ad allora erano quasi sconosciute al grande pubblico. Alla fine degli anni Settanta la crisi frena i consumi, ma per poco. Dal decennio successivo la produzione e soprattutto l’importazione riprendono ad aumentare costantemente. All’inizio degli anni Duemila la produzione ha raggiunto i dodici milioni e mezzo di ettolitri e la birra importata è balzata a oltre tre milioni e mezzo: un incremento del 600 per cento! 25


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Oggi il consumo continua ad aumentare, sebbene a ritmi meno sostenuti: due italiani adulti su tre bevono birra regolarmente, portando il consumo procapite a circa trenta litri annui. Siamo ancora lontani dai 130 della Germania, ma quello che conta è che ad aumentare è il consumo di qualità non quello di quantità. Se nei supermercati le vendite delle marche di basso prezzo si mantengono stabili, crescono invece quelle delle birre di alta qualità. In questo quadro, dominato dai tre grandi gruppi multinazionali, nascono e si affermano piccoli produttori locali, anche di lunga tradizione come la birreria Pedavena di recente rinata a nuova vita (vedi pp. 7071), e trovano spazio le produzioni raffinate dei pub e dei cosiddetti microbirrifici o microbirrerie.

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Chi produce oggi la nostra birra? Sono piccoli birrifici con annesso un locale, pub o birreria. Producono limitate quantità di miscele esclusive che vendono in loco, a volte anche in contenitori take away da due a cinque litri. B i r r e r i e a rt i g i a n e .

Aziende di modeste dimensioni che sfornano meno di 60.000 ettolitri di birra all’anno; i microbirrifici vendono birra di qualità speciali a pub e birrerie, anche se a volte gesitscono anche una propria birreria artigiana. Alcuni (tecnicamente ex) microbirrifici ora producono grandi quantità di birra e vengono consideMicrobirrifici.

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rati birrifici specializzati per il fatto che utilizzano accurati metodi di produzione e ingredienti di qualità. Queste attività nascono quando singoli produttori, penalizzati dalla mancanza di spazio o dalle limitate capacità produttive, si rivolgono ad altri stabilimenti di produzione, i birrifici a contratto, per produrre birra per loro conto. Inoltre, molte delle birre cosiddette “di importazione” sono in realtà fabbricate in loco. Diverse marche destinate al mercato italiano, per esempio, tra cui Budweiser, McFarland, Tuborg e Heineken, sono prodotte su licenza da vari birrifci nazionali. Birrifici per conto terzi.

Grazie alle notevoli capacità produttive, i birrifici Birrifici industriali.

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industriali sfornano birra su larga scala destinata alla distribuzione e all’esportazione. I gruppi piÚ grandi degli Stati Uniti, Anheuser-Busch e Miller, producono in un anno ben oltre sessanta milioni di ettolitri di birra ciascuna. Nonostante il giro d’affari decisamente inferiore, anche gli stabilimenti stranieri che esportano la propria birra vengono spesso assimilati a questa categoria.

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