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ARTICOLO Condizioni, pratiche e prospettive degli enti gestori dell’ERP

ARTICOLO

Condizioni, pratiche e prospettive degli

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enti gestori dell’ERP

"Vi proponiamo un estratto dell'intervento scritto a due

mani dal Presidente di Ater

Umbria Alessandro Almadori

e membro della Giunta

esecutiva di Federcasa e dalla

professoressa Laura Fregolent (architetto, docente presso l'università Iuav di Venezia,

di tecnica e pianificazione urbanistica) che offre

un'analisi dettagliata del mondo ERP tra passato e presente e sul futuro del

comparto in Italia, indicando prospettive e necessità."

di Alessandro Almadori e Laura Fregolent

Si intitola “Condizioni, pratiche e prospettive degli enti gestori dell’ERP” l'intervento scritto a due mani dal Presidente di Ater Umbria Alessandro Almadori e membro della Giunta esecutiva di Federcasa e dalla professoressa Laura Fregolent (architetto, docente presso l'università Iuav di Venezia, di tecnica e pianificazione urbanistica) che offre un'analisi dettagliata del mondo ERP tra passato e presente e sul futuro del comparto in Italia, indicando prospettive e necessità. Di seguito alcuni estratti del documento che tratta il tema 'casa' a 360°, questo perché il patrimonio di edilizia residenziale pubblica e la sua gestione si pone oggi come un tema di grande rilievo non solo per la situazione di emergenza nei confronti del tema casa, ma anche per il ruolo strategico che gli Enti gestori di patrimonio pubblico possono avere nell’implementazione di politiche, regole e progetti in grado di affrontare la domanda di abitare in un’ottica di equità sociale. Una simile operazione richiede infatti un’analisi approfondita e finalizzata a evidenziare le problematiche esistenti, ma anche la domanda emergente e più articolata dal punto di vista dei soggetti richiedenti, delle forme nuove dell’abitare, dei disagi presenti e delle aspettative.

“La fase attuale - si legge - è importante poiché impone una doppia riflessione: da un lato, sul reperimento delle risorse economiche finalizzate a finanziare progettualità migliori e capaci di valorizzare il patrimonio pubblico esistente e degradato, recuperando e incrementando ai fini della locazione anche quello inutilizzato; dall’altro, sui caratteri della domanda di abitare e sulle forme di abitare che possono articolare l’offerta all’interno dell’ERP, per rispondere al bisogno delle fasce più deboli garantendo al contempo condizioni abitative di qualità. La risposta a questi bisogni incrocia oggi un’altra sfida altrettanto importante per la città contemporanea. La necessità di dare risposte ai territori che esprimono una domanda urgente di rigenerazione, le cosiddette aree periferiche, non tanto e non solo definite in virtù di una collocazione geografica, ma come zone in cui “sono riscontrati fenomeni di degrado, di marginalità, di disagio sociale, di insicurezza e di povertà”. Parallelamente, va condotta anche una riflessione sul sistema degli attori coinvolti e sulle loro competenze, poiché la gestione del patrimonio e il suo utilizzo è principalmente frutto di una sinergia e di un’organizzazione efficiente tra i diversi soggetti competenti oltre che della costruzione di uno scenario strategico per l’ERP”.

Quelle in corsivo sono le parole chiave del ragionamento di Almadori e Fregolent: ri

sorse economiche; valorizzare il patrimonio pubblico esistente e degradato; l'offerta; dare risposte ai territori; rigenerazione ed attori coinvolti. Il patrimonio ERP ammonta- va a circa 1.000.000 di alloggi nel 1991, a 900.000 nel 2001, a 800.000 alla fine del 2016. Il progressivo calo avvenuto nel tem- po e non reintegrato con nuovi alloggi ERP ha assottigliato la possibilità di rispondere alla domanda abitativa crescente. A fronte dell’inadeguatezza dell’offerta di alloggi ERP, in alcuni contesti urbani sono stati introdot- ti altri strumenti quali l’edilizia residenziale sociale (ERS) pubblica o privata, nel tentati- vo di rispondere alle fasce meno problema- tiche della domanda che però non hanno risolto il problema.

“La “questione casa” costituisce oggi un problema rilevante perché interessa una fascia ampia di popolazione. All’area del di- sagio abitativo acuto alla quale Regioni e Comuni cercano di fare fronte attraverso la dotazione di patrimonio ERP si è affiancata nell’arco degli ultimi dieci anni la domanda di chi si trova in condizioni economiche ina- deguate sia per trovare risposta nel canone sociale dell’ERP (troppo ricco), sia nel libe- ro mercato (troppo povero). La cosiddetta “area grigia” si è progressivamente allarga- ta e diversificata, componendosi di famiglie o singoli che vivono il problema casa nella fase iniziale di ricerca di un’abitazione a costi accessibili e nella successiva gestio- ne, momento in cui spesso si manifesta la difficoltà a mantenere l’alloggio a causa di problemi personali e famigliari o legati alla precarietà del lavoro (Fregolent, Pogliani, 2019). In questa situazione, l’aumento del numero di sfratti per morosità (anche in- colpevole) è stato esponenziale, portando un numero sempre maggiore di famiglie nella situazione di non avere una residenza e non poter accedere, al contempo, ad abi- tazioni sociali o di ERP. La questione casa costituisce cioè un problema ampio la cui soluzione investe soggetti ed istituzioni di- verse, pubbliche e private, in uno scenario che si presenta attualmente frammentato non in grado di agire secondo una logica di sistema. Per altro gli Enti gestori del patri- monio residenziale pubblico - se sapranno innovarsi dal punto di vista organizzativo e gestionale - grazie alla consistenza che tuttora il patrimonio ERP ha, alla sua diffu- sione nei diversi contesti regionali, alla sua tendenziale concentrazione in aree e quartieri, possono giocare un ruolo strategico facendo condensare nei quartieri dell’abi- tare pubblico politiche abitative di respiro ampio e innescando processi di rigenera- zione urbana dei contesti”. “Le risorse su cui le Aziende Casa posso- no fare affidamento sono quindi costituite

Alessandro Almadori Presidente di Ater Umbria

Prof. Laura Fregolent Architetto, docente presso l'università Iuav di Venezia, di tecnica e pianificazione urbanistica

quasi esclusivamente dai canoni di affitto che percepiscono, affitti stabiliti dalle Regioni con norme piuttosto “variegate” che attualmente garantiscono una media di circa 100 mensili ad alloggio, pari a 1/3 del canone di mercato medio. Un patrimonio vetusto, ultracentenario in quota parte, derivante dalla ricostruzione post-bellica o da un’edilizia realizzata tra gli anni ‘60-‘70, spesso notoriamente scadente dal punto di vista delle caratteristiche costruttive. Un sistema che si basa su questi numeri e su questi dati di fatto non è in equilibrio, semplicemente; non lo è dal punto di vista economico-finanziario e comunque rispetto al mantenimento o alla creazione di nuovo valore per i cittadini. In breve, il “delta” tra la sostenibilità degli affitti per gli inquilini e l’economicità degli affitti per gli enti è garantito da Stato, Regioni o Comuni. È questa una condizione forse imprescindibile al fine di rendere le aziende casa realmente autonome”.

La domanda abitativa, in generale, e nello specifico quella di edilizia pubblica, imporrebbe a livello statale un intervento esplicito e la messa a disposizione di risorse ingenti sia per il recupero del patrimonio sottoutilizzato o abbandonato sia per la realizzazione di nuova edilizia residenziale pubblica. Immaginare però un’inversione di rotta rispetto al finanziamento del settore con una situazione dei conti pubblici come quella italiana è altamente improbabile. Occorre forse focalizzarsi su strumenti alternativi di finanziamento comunque esistenti e utilizzabili dal settore1. Tuttavia, è innanzitutto necessario e urgente stabilire gli obiettivi che si intendono perseguire, a fronte di dati così pesanti rispetto alle povertà in aumento, alla bassa natalità, alle marginalità di parti della popolazione con conseguente blocco dell’“ascensore sociale”. Le ricerche condotte sul tema da Nomisma (2016) e i dati Istat sono chiari, così come è altrettanto chiara l’assenza di politiche nazionali o regionali per l’abitare, intese come parte fondamentale del welfare e veicolo di politiche di prossimità legate alla salute, alla formazione permanente, all’autonomia degli anziani.

Il ruolo quindi degli Enti gestori, come già anticipato in precedenza, è centrale per riuscire a dare risposte risolutive al disagio abitativo. Se si vuole ragionare in termini di sistema, occorre d’altra parte riflettere su una più efficace distribuzione delle competenze e delle risorse, attualmente afferenti a tre ambiti distinti: quello dell’emergenza abitativa in capo ai Comuni, l’ERP e le aziende casa e il canone calmierato con soggetti pubblici e privati coinvolti nell’offerta. Adottare una logica di “vasi comunicanti” nella gestione delle tre domande di alloggio sociale potrebbe essere una soluzione sia in termini di sostenibilità del settore (risorse attualmente distinte) sia in termini di gestione della domanda e dei servizi abitativi. È infatti evidente come la necessità di un alloggio possa essere solo una esigenza temporanea nella vita di un nucleo familiare. Favorire l’emancipazione rispetto a una fase di criticità dovrebbe essere anzi tra i principali obiettivi delle politiche pubbliche. Infine, ma non da ultimo, va ricentrato il ruolo di Regioni e Comuni in quanto enti di programmazione ed erogazione di finanziamenti il primo, di implementazione di politiche urbane e territoriali e di traduzione attraverso gli strumenti di pianificazione della domanda abitativa il secondo”.

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