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Nigeria

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Fonti

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Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati United Nations High Commissioner for Refugees

I dati contenuti nella tabella a fianco sono forniti dall’Alto Commissariato per i Rifugiati UNHCR. Sono dati ufficiali tratti dal rapporto Global Trends 2010 uscito nel giugno 2011 dai quali è possibile vedere i flussi dei rifugiati in entrata ed in uscita da ogni singolo paese. Per un approfondimento rimandiamo alla consultazione del rapporto stesso.

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RIFUGIATI ORIGINATI DALLA NIGERIA

RIFUGIATI 15.642

RIFUGIATI ACCOLTI NELLA NIGERIA

RIFUGIATI 8.747

PRINCIPALI PAESI DA CUI ARRIVANO QUESTI RIFUGIATI

LIBERIA 5.316

Situazione attuale e ultimi sviluppi

Paese dei paradossi

La Nigeria in cifre presenta una situazione pesantissima, tanto da farne un Paese dei paradossi. Pur essendo all’ottavo posto fra i maggiori produttori di greggio al mondo, importa la quasi totalità dei carburanti di cui ha bisogno. E pur presentando un Pil pro capite abbastanza elevato rispetto a tanti Paesi africani (2.400 dollari l’anno), sette nigeriani su dieci vivono sotto la soglia di povertà. Nonostante i tassi di crescita elevati, fra il 2003 e il 2010 sempre intorno al 7%, il Nord del Paese e la Regione del Delta (quella petrolifera) rimangono profondamente sottosviluppate e arretrate. Se, quindi, la povertà da sconfiggere resta il problema numero uno per il Governo di Gooluck Jonathan, ci sono altre tre priorità da affrontare con urgenza: il livello elevato della violenza, sia del terrorismo che della microcriminalità; la necessità di promuovere sviluppo che si diversifichi dalla estrema dipendenza dagli idrocarburi; la lotta alla corruzione e la riforma profonda della macchina dello Stato, cronicamente inceppata e mal funzionante. L’aspettativa di vita nel Paese è di 45 anni, una delle più basse del mondo, quasi un terzo della popolazione è analfabeta, il 70% non ha accesso a servizi sanitari adeguati e il 53% non ha acqua potabile. Infine, la mortalità infantile sotto i cinque anni è al livello record del 185 per mille.

Il 2011 è stato costellato dagli episodi di violenza, a partire dalle bombe associate agli scontri fra cristiani e musulmani a Jos del Natale 2010 (80 morti e centinaia di feriti), fino alla sanguinosa autobomba guidata da un giovane kamikaze fatta esplodere contro la sede Onu di Abuja, la capitale federale del Paese, un attentato costato 23 morti e 76 feriti e rivendicato dal gruppo estremista islamico Boko Haram. Anche le elezioni, vinte da Goodluck Jonathan nell’aprile scorso, sono state seguite da violenti scontri in diversi Stati della Nigeria con un bilancio finale di oltre 500 morti. Ma lo stillicidio della violenza, degli attentati, dei sequestri di persona fra i dipendenti delle compagnie petrolifere nella zona petrolifera del Delta, è stato una costante durante tutto l’ultimo anno. Nel corso del 2011, poi, si è avuta la comparsa di un nuovo gruppo armato, la Forza di Liberazione del Delta del Niger (Ndlf) che sembra in qualche modo cercare di rimpiazzare il Mend (Movimento di Liberazione del Delta del Niger), scioltosi dopo l’accordo sull’amnistia a fine 2009. Il nuovo gruppo ribelle potrebbe essere nato proprio in conseguenza di quell’amnistia che, se da un lato aveva trovato una sistemazione ai livelli medio alti dell’organizzazione, aveva abbandonata a se stessa la truppa. La principale preoccupazione delle autorità nigeriane in fatto di sicurezza però viene dal gruppo estremista islamico Boko Haram. Su posizioni ideologiche vicine a quelle di al-Qaeda (anche se molto più legati alle vicende nigeriane e privi di un vera “agenda internazionale”), gli affiliati di Boko Haram sembrano non avere (almeno per ora) molto seguito fra i musulmani – tradizionalmente su posizioni molto più moderate – della Nigeria settentrionale. Il gruppo (il cui significato del nome, in arabohausa, è “educazione occidentale vietata”) ha le proprie basi nello Stato Nord-orientale del Borno e nella sua capitale Maiduguri, dove il Boko Haram ha anche messo a segno una serie di attentati (tre bombe) nel giorno di Pasqua in una stazione degli autobus e in un hotel della città. Si batte – come hanno sostenuto suoi portavoce nelle rivendicazioni – contro «la violazione dei diritti dei musulmani e l’indifferenza nei confronti dei crimini commessi dal Governo contro le popolazioni nigeriane del Nord». Un fenomeno preoccupante anche per il crescere quantitativo e tecnologico delle armi di cui è dotato e per la possibilità che diventi “testa di ponte” per l’ingresso nel Paese del terrorismo islamico più strutturato.

Generalità

Nome completo: Repubblica Federale di Nigeria Bandiera

Lingue principali: Capitale: Popolazione: Area: Religioni:

Moneta: Principali esportazioni: Inglese (lingua ufficiale) Abuja 154.400.000 923.768 Kmq Negli Stati del Nord la popolazione è per la quasi totalità islamica; nel Centro-Sud c’è una larga maggioranza cristiana (in prevalenza protestante/evangelica), ma c’è anche una forte presenza di sette d’importazione americana e della rinascenza africana. Islam 50%, cristianesimo 40% (di cui oltre un terzo cattolicesimo), religioni tradizionali 10%. Naira Petrolio (che costituisce oltre il 90% delle esportazioni), cacao, caucciù Us 2.400

Il problema numero uno della Nigeria è sempre l’estrema povertà in cui versa la stragrande maggioranza della popolazione, almeno il 70%, a fronte della piccola oligarchia di ricchissimi, costituita da alti vertici dell’esercito (fino al 1999 la Nigeria è stata governata da un susseguirsi di giunte militari, spesso golpiste), esponenti del mondo politico e una ristretta oligarchia di businessman. La povertà diffusa, in ultima analisi, è la radice dei frequenti scoppi di violenza dalle apparenti motivazioni “religiose” nel Centro-nord del Paese come pure la guerriglia e gli atti di terrorismo che caratterizzano la regione petrolifera del Delta del Niger. Riguardo agli scontri di “matrice” religiosa – che tra il 2000 e il 2010 erano avvenuti soprattutto nell’area di Kano (città di coabitazione fra cristiani e musulmani) e di Jos (capitale dello La Nigeria per molti aspetti è ancora lo Stato artificiale creato nel 1914 dai colonialisti inglesi. Paese federale, composto di 36 Stati e un territorio (l’area di Abuja, la capitale federale), vi abitano 250 etnie differenti, con tre gruppi dominanti: gli Hausa-Fulani in tutta la parte settentrionale, gli Yoruba nel Sud-Ovest, gli Ibo nel Sud-Est. L’estrema eterogeneità di culture, economie, storia, lingue, realtà climatico-ambientali, religioni (il Nord è islamizzato in larghissima parte, il Sud è prevalentemente cristiano) rende difficile la crescita di un forte senso di identità nazionale. La sua storia post coloniale (l’indipendenza è stata ottenuta nel 1960) è costellata di tensioni e scontri etnici, e addirittura di una guerra di secessione, quella del Biafra, che comportò anche la prima grande crisi umanitaria per la quale si mobilitò l’Occidente, verso la fine degli anni ‘60. I primi 40 anni della sua storia di Paese indipendente sono stati caratterizzati da una catena pressoché continua di colpi di Stato e di regimi

Stato nella regione centrale del Plateau) – il 2011 ha portato alla ribalta una nuova formazione terroristica, la Boko Haram, espresssione di un Islam estremistico e improntata a intransigenti posizioni antioccidentali, che ha messo a segno diversi sanguinosi attentati. Riguardo, invece, alla ribellione armata dell’area Sud-orientale del Delta del Niger, la trattativa fra il Mend (Movimento per l’Emancipazione del Delta del Niger) e il Governo federale che ha portato all’amnistia nel 2009 per tutti gli appartenenti al gruppo armato, ha ridotto notevolmente i livelli di violenza nel Delta (anche se nel 2011 ha fatto la sua comparsa una nuova sigla di ribelli, la Forza di Liberazione del Delta del Niger, Ndlf) e permesso un aumento della produzione di greggio da 1,6 a 2,1milioni di barili. militari. Fino al 1999, quando per la prima volta, i nigeriani hanno potuto esprimere liberamente il voto, eleggendo alla guida del Paese Olusegun Obasanjo, che ha poi governato la federazione per due mandati. Alle successive elezioni, tenutesi il 21 aprile 2007, ha vinto invece Umaru Yar’Adua, delfino dell’ex Presidente e membro dello stesso partito, il Partito Democratico del Popolo (Pdp). A differenza di Obasanjo, uomo del Sud della Nigeria e cristiano, Yar’Adua era originario dello Stato di Katsina, nell’estremo Nord, musulmano. Yar’Adua tuttavia ha sofferto di una lunga malattia che gli ha impedito per diversi mesi, a partire dal novembre 2009, di esercitare le sue funzioni. Il potere, durante tutto il periodo di inabilità del Presidente, è stato gestito dal suo vice, Goodluck Jonathan, che ne ha anche preso ufficialmente le funzioni dal 9 febbraio 2010 con l’avallo del voto del Parlamento. Nel marzo 2010 Jonathan ha sciolto e rinnovato

Una bella maxitangente

Un gigantesco caso di corruzione internazionale. Il consorzio Tskj, guidato dall’americana Halliburton e composto da altre tre multinazionali – la Jgc (Giappone), la Technip (Francia) e la nostra Eni (attraverso la controllata Snamprogetti Olanda) – secondo la pubblica accusa nigeriana avrebbe versato 182milioni di dollari in tangenti, nell’arco di una decina di anni, per corrompere politici e funzionari nigeriani per aggiudicarsi l’autorizzazione a costruire impianti di liquefazione di gas. Un’enorme massa di denaro, che però sarebbe poca cosa rispetto agli introiti previsti, se l’operazione fosse andata in porto: tra 6-7 miliardi di dollari. Un’accusa che però non approderà mai a un’aula giudiziaria: le quattro multinazionali hanno deciso di chiudere la faccenda con un accordo extragiudiziale. La cifra per i danni allo Stato nigeriano pagata dalla sola Saipem alla Procura federale di Abuja sarebbe di 32,5milioni di dollari, fra risarci-

mento e spese legali.

Quadro generale

Goodluck Jonathan (Otueke, 20 novembre 1957)

Entrato in politica per caso dopo aver abbandonato l’insegnamento della sua specializzazione (veterinaria), divenuto poi Governatore per caso (da vice, aveva preso il posto del governatore di Bayelsa costretto a dimettersi per corruzione), infine Presidente per caso (era salito alla guida del Paese, ancora dal ruolo di vice, alla morte di Yar’Adua), con l’elezione dell’aprile 2011 Goodluck Jonathan si trova ora per la prima volta al potere per investitura diretta degli elettori. Cristiano, originario del Delta del Niger (Bayelsa), 54 anni, Goodluck è di un’etnia minoritaria, gli Ijaw, ed è il primo uomo della regione petrolifera a raggiungere la presidenza. Ha vinto la battaglia interna al Pdp e poi le elezioni nonostante che la sua candidatura avesse violato la regola (non scritta ma di consuetudine) che vuole in Nigeria un’alternanza di un presidente cristiano (del Sud) e di uno musulmano (del Nord) ogni due elezioni: dopo l’unico mandato di Presidenza di Yar’Adua, l’attuale presidente avrebbe dovuto essere ancora musulmano del Nord. Invece, Goodluck Jonathan alla fine ce l’ha fatta, e con un risultato al di là delle attese. Gli osservatori internazionali hanno definito l’ultima elezione «la più corretta in Nigeria degli ultimi 20 anni». Un uomo fortunato, come indica il suo nome.

La maledizione del petrolio La radice di molti dei mali nigeriani è riconducibile, direttamente o indirettamente, alla maledizione di galleggiare su un mare di petrolio. I disequilibri sociali ed economici, la corruzione, i movimenti separatisti, la guerriglia, tutti questi problemi – e molti altri – dipendono dal gigantesco giro di denaro legato all’industria petrolifera e al regime delle concessioni e dei diritti. Gli Stati del Delta del Niger, dal punto di vista degli introiti fiscali, sono tra i più ricchi della federazione, grazie all’accordo che consente di trattenere per sé il 13% delle entrate derivate dal petrolio e dalle altre risorse naturali estratte nel territorio. Il greggio, del resto, “vale” l’80% delle entrate fiscali di tutto il Paese. Ecco perché la corsa alle cariche politiche scatena appetiti tanto voraci: ottenere un seggio – al Parlamento federale come pure dello Stato del Delta – significa avere l’accesso a queste ingenti risorse. È un po’ come ottenere le chiavi della cassaforte del Paese.

in larga misura l’esecutivo. Il 5 maggio Yar’Adua è morto e, come previsto dalla Costituzione nigeriana, il giorno successivo Goodluck Jonathan ha giurato come Capo dello Stato. Candidatosi alle elezioni del 16 aprile 2011, le ha vinte a larghissima maggioranza (59,6% dei consensi, 22milioni di voti in cifre assolute), sconfiggendo il principale sfidante Muhammadu Buhari, già generale golpista dell’esercito, fermatosi al 32,3% di preferenze (12milioni di voti). La Nigeria è considerata uno dei giganti africani, insieme al Sud Africa, non tanto per la sua forza economica, quanto per la concentrazione di popolazione (quasi 160milioni di persone in un territorio relativamente piccolo) e per le sue riserve di greggio, per le quali si colloca all’ottavo posto fra i produttori mondiali, e si contende il primato africano con l’Angola. È in questi ultimi dieci anni, con l’avvento della democrazia, che sono scoppiate le principali contraddizioni del Paese. Prima delle quali la questione petrolifera: a fronte degli enormi introiti legati alle concessioni per l’estrazione del greggio (che costituiscono più del 90% delle esportazioni, l’80% delle entrate fiscali e il 40% del Pil), la popolazione nigeriana è in condizioni di grave povertà – il 70% vive con meno di un euro al giorno – e, paradossalmente, è proprio la gente del Delta del Niger, l’area petrolifera del Paese, ad essere fra le più povere. La seconda grande contraddizione è legata alle tensioni religiose. Gli scontri fra cristiani e musulmani, avvenuti in particolare lungo la fascia di coabitazione nel Centro-Nord del Paese, sono iniziati improvvisamente all’indomani dell’elezione del primo Presidente votato democraticamente, intorno al 2000-2001. Fra il 2008 e il 2011 questi scontri fra cristiani e musulmani sono avvenuti principalmente nello Stato del Plateau, e in particolare nella città di Jos, nell’area centrosettentrionale della federazione nigeriana. Scontri molto violenti che hanno provocato centinaia di vittime e migliaia di feriti. Infine, il terzo grande problema del Paese è l’inurbazione selvaggia, che ha creato enormi caotiche megalopoli. Prima fra tutte Lagos, capitale commerciale della Nigeria, che si stima sia ormai intorno ai 20 milioni di abitanti. Problema che non riguarda solo l’estrema povertà delle periferie urbane, ma anche i livelli di criminalità cresciuti a livelli preoccupanti.

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