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Liberia
Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati United Nations High Commissioner for Refugees
I dati contenuti nella tabella a fianco sono forniti dall’Alto Commissariato per i Rifugiati UNHCR. Sono dati ufficiali tratti dal rapporto Global Trends 2010 uscito nel giugno 2011 dai quali è possibile vedere i flussi dei rifugiati in entrata ed in uscita da ogni singolo paese. Per un approfondimento rimandiamo alla consultazione del rapporto stesso.
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RIFUGIATI ORIGINATI DALLA LIBERIA
RIFUGIATI 70.129
PRINCIPALI PAESI CHE ACCOLGONO QUESTI RIFUGIATI
COSTA D’AVORIO 25.563
GHANA 11.585
GUINEA 9.789
RIFUGIATI ACCOLTI NELLA LIBERIA
RIFUGIATI 24.743
PRINCIPALI PAESI DA CUI ARRIVANO QUESTI RIFUGIATI
COSTA D’AVORIO 24.536
Situazione attuale e ultimi sviluppi
Tre donne per la pace
Il Nobel per la Pace è stato assegnato a tre donne: il Presidente della Liberia, Ellen Johnson Sirleaf, la connazionale Leymah Gbowee che lanciò una mobilitazione femminile contro la guerra civile, e l’attivista yemenita per la democrazia Tawakkul Karman. Le tre donne sono state premiate per “la loro battaglia non violenta per la sicurezza delle donne e per i diritti delle donne alla piena partecipazione all’impegno per la costruzione della pace”. La Commissione si è augurata che l’assegnazione del premio alle tre esponenti femminili “aiuti a porre fine all’oppressione delle donne, che ancora esiste in molti Paesi, e a realizzare il grande potenziale che le donne possono rappresentare per la pace e la democrazia”. Elle Johnson Sirleaf, 72 anni e prima donna a essere eletta capo di uno stato africano, era considerata la “laureata più probabile”. Meno atteso, invece, il riconoscimento alla connazionale Leymah Gbowee, pacifista e avvocato, che ha mobilitato le donne africane contro la guerra civile che ha sconvolto per anni la Liberia. Tra le altre iniziative più note dell’attivista, di etnia kplè, nota come la “guerriera della pace”, va ricordato lo “sciopero del sesso”, un’iniziativa che costrinse il regime di Charles Taylor ad ammetterla al tavolo per le trattative per la pace.
UNHCR/G. Gordon L’11 ottobre del 2011 i liberiani si sono recati alle urne, per la seconda volta dopo la fine della guerra civile nel 2003, per eleggere il nuovo Presidente, la Camera dei rappresentanti, la Camera bassa del Parlamento e metà Senato. Mentre scriviamo è ancora in corso lo spoglio delle schede elettorali e i primi risultati danno in vantaggio la candidata favorita, Ellen Johnson-Sirleaf, insignita nel 2011 del Premio Nobel per la Pace e Presidente uscente. Sarà probabilmente necessario un secondo turno ma qualunque sarà il risultato e gli sviluppi nei mesi futuri, le elezioni rappresentano per il Paese uno snodo cruciale per testare il livello di democratizzazione e di stabilità raggiunto dalla Liberia e per dimostrare ai donatori e agli investitori esteri che il Paese è affidabile. Numerosi gli osservatori internazionali che hanno monitorato il voto. Tra gli altri la Comunità Europea, l’Unione Africana, i rappresentanti del Centro Carter, vari giornalisti nazionali, regionali ed internazionali compreso l’inviato speciale di ’Al Jazeera’. Tutti hanno concordato nell’affermare che nel processo elettorale si sono registrate alcune irregolarità, ma inferiori rispetto alle precedenti elezioni e comunque non tali da inficiare l’esito del voto. Va detto comunque che appena cominciato lo spoglio elettorale l’opposizione liberiana ha invece denunciato ‘’numerosi brogli’’ e “gravi irregolarità” nel voto. Nove partiti dell’opposizione hanno dunque indetto una conferenza stampa durante la quale hanno denunciato la presenza di gravi frodi elettorali che avrebbero compromesso l’esito del voto affermando di possedere prove inconfutabili. Non solo. Le opposizioni hanno accusato gli osservatori internazionali di non aver monitorato correttamente il processo elettorale e chiesto l’annullamento del voto. Il timore è che le accuse di brogli e il tentativo di delegittimare l’esito del voto possano, nei prossimi mesi, far ripiombare il Paese in uno stato di instabilità. Per questo la stessa opposizione ha lanciato un appello alla missione Onu, la Unmil, affinché garantisca la sicurezza e si adoperi per evitare incidenti con
Generalità
Nome completo: Repubblica della Liberia Bandiera
Lingue principali: Capitale: Popolazione: Area: Religioni:
Moneta: Principali esportazioni:
PIL pro capite: Inglese Monrovia 3.842.000 111.370 Kmq Cristiana (66%), animista (19%), musulmana (15%) Dollaro Liberiano Cocco, caffè, legname, ferro, bauxite, oro, diamanti Us 1.033
la presenza dei suoi militari. Dopo quindici anni di guerra civile la Liberia è dunque un Paese ancora fragile, con un indice di sviluppo umano al 169vesimo posto su 182 stati. Il 44% della popolazione sopra i 15 anni è ancora analfabeta.Il Pil annuo pro capite è di 238 dollari, nonostante sia quasi raddoppiato rispetto al 2003, è tra i più bassi al mondo. La corrente elettrica è una rarità fuori dai principali centri urbani. La polizia è inefficace e corrotta. La magistratura non riesce ad esaminare i casi con tempestività e le carceri sono sovraffollate, soprattutto da detenuti in attesa di giudizio.
Le dittature di Samuel Kanyon Doe prima e di Charles Taylor poi, con i colpi di stato che li hanno portati al potere, sono la ragione vera della lunga guerra civile liberiana. I due dittatori hanno governato appoggiandosi a pochi elementi dei loro clan familiari, puntando poi allo scontro con gli Stati vicini per impadronirsi di risorse naturali e aumentare la loro ricchezza personale. La sollevazione di gruppi armati è motivata dal bisogno – per larga parte della popolazio-
UNHCR/R.Ochlik Poteva essere una storia di libertà e, invece, è stata una storia di sangue e di diamanti. Già il nome, Liberia, definisce una comunità di “liberi uomini di colore”. Una storia che inizia nel 1822 quando in questo territorio si installano i coloni afroamericani sotto il controllo dell’American Colonization Society. Una terra promessa che, tuttavia, doveva essere contesa agli indigeni che in quel luogo vivevano. Il nuovo stato aveva l’estensione delle terre controllate dalla comunità dei coloni e da coloro che ne erano stati assimilati. Gran parte della storia della Liberia è un continuo susseguirsi di scontri e tentativi, raramente coronati da successo, di una minoranza civilizzata di dominare una maggioranza considerata per tanti aspetti “inferiore”. È stata chiamata Liberia per dargli il carattere di “terra degli uomini liberi”. Uomini liberi che hanno sempre combattuto. Se da principio il tempo è scandito dall’affermare un principio di civiltà contro un principio di inciviltà, così erano pensati gli uomini che vi abitavano, poi è diventato uno scontro per accaparrarsi i diamanti della vicina Sierra Leone. Negli ultimi vent’anni i focolai di conflitto hanno più volte ripreso vigore, sfociando in violenze e veri “stermini etnici”. La rivolta del 1989 ha messo fine alla violenta ne – di reagire all’oppressione, al reclutamento forzato dei bambini soldato e all’assassinio indiscriminato di ogni oppositore. Gli accordi di Accra, che hanno portato all’attuale presidenza, sono stati firmati dalle fazioni ribelli puntando a un rinnovamento del Paese. Per ora tengono, pur con le tensioni create dal permanere in molte aeree della Liberia di gruppi armati pronti a
scendere in campo. dittatura di Samuel Doe, preparando l’avvento dell’altrettanto sanguinaria era di Charles Taylor. Tra il 1992 e il 2002, con l’intento di conquistare le miniere di diamanti della confinante Sierra Leone, Taylor appoggia il Revolutionary United Front (Ruf) di Foday Sankok. Al potere, Taylor, ci arriva nel 1997 dopo una lunga scia di sangue e di traffici loschi. A Monrovia instaura un regime di terrore. La polizia speciale liberiana, che fa capo direttamente al Presidente, non ha avuto pietà con gli ex oppositori del Movimento Unito di Liberazione (Ulimo): arrestati, torturati e uccisi a centinaia. Mentre il terrore vive a Monrovia, non cessano i conflitti interetnici e le lotte fra fazioni. I membri del governo appartenenti alla famiglia di Taylor, intanto, non perdono occasione per dimostrare la loro incompetenza nel tentativo di rilanciare un’economia distrutta dalla guerra e che vede nel miraggio dei diamanti sierraleonesi una possibilità di rilancio che, però, non si materializza. È così che i vecchi sostenitori abbandonano Taylor che, nel 2003, guadagna l’esilio da “signore della guerra”. Un esilio offerto dalla Nigeria, ma Taylor giura: “Col volere di Dio, tornerò”. I liberiani si augurano, invece, che non torni mai
Donne contro la violenza
“Vogliamo la pace”. Con questo slogan decine di donne liberiane sono scese in piazza subito dopo le elezioni dell’ottobre 2011 per chiedere la fine delle violenze nel Paese. La manifestazione, organizzata dall’associazione internazionale Women in Peace Building Network (Wipnet), ha attraversato pacificamente le strade della capitale Monrovia, fermandosi in tutte le università e le scuole della città per sensibilizzare le fasce più giovani della popolazione all’impegno per la costruzione della pace e della riconciliazione nel Paese. “Siamo stanche di leggere notizie di attacchi alle persone e alle proprietà. Non vogliamo più la violenza nel nostro Paese. Vogliamo un Paese pacificato non solo durante le elezioni ma anche nei mesi successivi” ha dichiarato alla stampa la portavoce Cecelia Danuworlee che ha esortato ad “impegnarsi per difendere la pace che è stata faticosamente costruita negli ultimi anni”.
Quadro generale
Ellen Johnson Sirleaf (Monrovia, 29 ottobre 1938)
Tre dei nonni del Presidente della Liberia, Ellen Johnson Sirleaf, erano indigeni, il quarto era un tedesco che sposò una donna del mercato rurale. L’attuale Presidente si è diplomata al College of West Africa (Monrovia), una scuola superiore della Chiesa Metodista Unita, laureandosi in materie economiche negli Usa. Tornata in Liberia dopo il periodo alla Harvard, la Sirleaf diventa Assistant Minister delle Finanze sotto l’amministrazione di William Tolbert. Nel 1980, Tolbert viene rovesciato e ucciso dal sergente dell’esercito Samuel Doe, e lei costretta all’esilio in Kenya ove lavora alla Citibank. Torna il Liberia nel 1985 per partecipare alle elezioni al Senato, ma, dopo aver accusato il regime di Doe, viene condannata a 10 anni di prigione. Scarcerata poco dopo si trasferisce a Washington. Ritorna nel Paese natale nel 1997 dove lavora alla Banca Mondiale e alla Citibank Africa. Nel 1997 partecipa alle elezioni presidenziali contro Taylor ma raggiunge solo il 10% dei voti. Ci riprova nel 2005 e questa volta vince al ballottaggio diventando la prima donna africana Presidente. Osservatori indipendenti, internazionali, regionali e nazionale, dichiarano che il voto è stato libero, corretto e trasparente.
UNHCR/G. Gordon
Il referendum boccia la riforma costituzionale Non hanno superato la prova referendaria le quattro proposte di emendamenti costituzionali sottoposte a voto popolare il 23 agosto. Nessuno dei quesiti ha ottenuto almeno i due terzi dei “sì”, quorum necessario per l’approvazione delle riforme. Resta dunque convocato per il secondo martedì di ottobre 2011 il primo turno delle elezioni presidenziali e legislative, con il referendum si chiedeva il rinvio. Restano immutati l’obbligo di residenza in patria di un candidato alle presidenziali per almeno 10 anni, il quesito riduceva a 5 gli anni, il tipo di maggioranza richiesto per vincere alle parlamentari, il referendum chiedeva l’adozione della maggioranza semplice e non assoluta. Rimane invariata l’età di pensionamento dei magistrati della Corte suprema (70 anni) e non 75 come chiedeva il quarto referendum. Sono stati 615.703 gli elettori che si sono recati alle urne, cioè il 34,2% dell’elettorato. La maggior parte dei partiti dell’opposizione aveva criticato il referendum, ritenuto troppo vicino alle elezioni, e invitato i liberiani a boicottare il voto.
più e che venga condannato per crimini di guerra e contro l’umanità dal Tribunale Internazionale. Tutto ciò pone fine ad un era sanguinaria: 200mila morti e un milione di profughi. La Liberia ha vissuto quattordici anni di guerra civile. Devastazioni, distruzioni. Generazioni che hanno vissuto, convissuto e partecipato alla guerra. Bambini sottratti alla loro infanzia per essere spediti nei campi di battaglia. Drogati per renderli feroci e incoscienti. Menti e vite distrutte che ora debbono essere ricostruite. Con gli accordi di Accra (2003) nasce il Governo guidato da Jyude Bryant, che regge due anni grazie all’appoggio degli Usa e alla presenza di una forza multinazionale a mandato Onu composta da 15mila caschi blu. Nel 2005 la Liberia comincia a intravedere una nuova luce con l’elezione della prima donna Presidente in Africa, Ellen Johnson Sirleaf. Oggi la sfida si ripete.