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Colombia

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Fonti

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Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati United Nations High Commissioner for Refugees

I dati contenuti nella tabella a fianco sono forniti dall’Alto Commissariato per i Rifugiati UNHCR. Sono dati ufficiali tratti dal rapporto Global Trends 2010 uscito nel giugno 2011 dai quali è possibile vedere i flussi dei rifugiati in entrata ed in uscita da ogni singolo paese. Per un approfondimento rimandiamo alla consultazione del rapporto stesso.

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RIFUGIATI ORIGINATI DALLA COLOMBIA

RIFUGIATI 395.577

PRINCIPALI PAESI CHE ACCOLGONO QUESTI RIFUGIATI

VENEZUELA 201.467

EQUADOR 120.403

STATI UNITI D’AMERICA 25.607

SFOLLATI PRESENTI NELLA COLOMBIA

3.672.054

RIFUGIATI ACCOLTI NELLA COLOMBIA

RIFUGIATI 212

Situazione attuale e ultimi sviluppi

Diritti calpestati

In Colombia la situazione è difficile anche sul piano sindacale. I diritti dei lavoratori sono frequentemente calpestati e in questo collaborano spesso anche società europee. Lo dimostrano i fatti dell’estate 2011, con lo sciopero a Puerto Gaitán, nel dipartimento del Meta, contro la multinazionale spagnola Cepsa, accusata di non rispettare i diritti dei lavoratori. Centinaia di affiliati, attivisti e famigliari della Uso (Unione Sindacale Operaia, settore petrolchimico) hanno subito minacce di morte, sempre in coincidenza con le mobilitazioni. Purtroppo, in Colombia minacce di questo genere hanno fondamento, fanno paura. Il Paese ha il record mondiale di sindacalisti uccisi ogni anno. Solo nei primi sei mesi del 2011 ne sono stati assassinati 20; secondo la Cut, la confederazione sindacale colombiana, “in Colombia si commette il 60% degli omicidi di sindacalisti in tutto il mondo”. Per il sindacato colombiano, il terrorismo di Stato, dal 1986 è responsabile di un bilancio terrificante: “2778 sindacalisti assassinati, 196 sparizioni forzate ed oltre 1196 fatti di violenza, che costituiscono un genocidio contro il movimento sindacale colombiano”. Se sul fronte militare lo scontro resta durissimo – con quasi 5mila morti l’anno –, sul piano politico per la Colombia è iniziata una nuova stagione. Nel maggio del 2011, infatti, per la prima volta in quasi settant’anni di guerra interna, un Presidente ha riconosciuto l’esistenza di un conflitto armato. La dichiarazione di Juan Manuel Santos è stata una vera e propria rivoluzione, perché riconosce uno status diverso sia alle vittime della guerra – sino ad oggi considerate vittime della criminalità comune e quindi senza possibilità di riparazione economica da parte dello Stato – sia ai guerriglieri, che cessano di essere – come è stato sino ad oggi – semplici terroristi. La presa di posizione di Santos ha scosso l’oligarchia colombiana, assolutamente contraria a questo tipo di riconoscimento. Sul piano delle trattative, però, poco o nulla si è mosso. Il Presidente ha continuato la sua campagna militare contro le Farc (Forze Armate Rivoluzionarie Colombiane) e contro l’Eln (Esercito di Liberazione Nazionale). Nel dicembre 2010 due leader dell’Eln sono stati catturati. Uno di loro, Nilson Albín Terán Ferreira, è stato preso in Venezuela, in un’azione congiunta con l’esercito venezuelano: segno dei buoni rapporti fra Santos e Chávez, Presidente a Caracas. Nel 2011, il governo di Bogotá ha anche respinto al mittente le proposte di tregua avanzate da Farc e Eln. Così sono continuate le azioni di sabotaggio alle infrastrutture, i rapimenti di cittadini stranieri. E sono continuati gli scontri anche tra le due formazioni rivoluzionarie, da sempre in contrasto fra loro. I due gruppi sono molto presenti sul territorio colombiano. Le Farc controllano almeno 250 municipi e gli scontri con l’esercito sono costati, nell’ultimo anno, 700 morti e 1.700 feriti fra i militari e almeno 3.500 morti fra i ribelli. L’Eln è in Arauca, Chocó, Risaralda e Antioquia, ma solo in Cauca e nel Nariño ci sono scontri con l’esercito regolare. Non ci sono combattimenti

Generalità

Nome completo: Repubblica della Colombia Bandiera

Lingue principali: Capitale: Popolazione: Area: Religioni:

Moneta: Principali esportazioni: PIL pro capite: Spagnolo Bogotà 45.900.000 1.141.748 Kmq Cattolica (92%), protestante, animista ed altro (8%). Peso Colombiano Cocaina, caffè, carbone, smeraldi Us 7.560,5

con le Farc, per effetto di un cessate il fuoco deciso lo scorso anno, che ha portato anche ad alcune azioni congiunte. Ma la tregua non ha retto in Arauca, regione di frontiera, piena di coltivazioni di coca. Qui la battaglia è ricominciata, lasciando sul campo molti morti fra i civili. Farc e Eln si combattano soprattutto per avere pieno controllo del territorio, obiettivo che condividono con i narcotrafficanti, altra piaga colombiana sempre presente ed in grado di condizionare la vita politica del Paese.

È sempre la cattiva distribuzione della ricchezza la base della guerra infinita in Colombia. Il denaro, le risorse sono legate all’agricoltura e da lì arriva la gestione del potere. Non a caso, l’oligarchia del Paese è sostanzialmente agraria. Il 4% dei proprietari controllano il 67% dei terreni produttivi. In Colombia, poi, il reddito è distribuito in modo drammaticamente iniquo. Il Prodotto Interno Lordo è uno dei più alti del Sud America, con quasi 330.000milioni di dollari, ma il 49% dei colombiani vive sotto la soglia di povertà. Oggi la guerra civile viene combattuta sopratPer ora nessuna mediazione sembra funzionare e le battaglie del 2011, come gli scontri dell’anno precedente, sono lì a dimostrarlo. Sessant’anni di guerra interna, combattuta da narcotrafficanti, formazioni guerrigliere e esercito, stanno facendo della Colombia una terra dal destino incerto. In questi decenni ci sono stati presidenti conservatori e riformisti. Sono nati ben 36 diversi gruppi guerriglieri, fra cui le Farc (Forze Armate Rivoluzionarie Colombiane) comandante per quasi 6 decenni da Manuel Marulanda, detto Tirofijo, morto nel 2007, poi l’Eln, cioè l’Esercito di Liberazione Nazionale e l’M-19, per citare le formazioni più famose. Si sono formati gruppi paramilitari – come il Mas (Morte ai Sequestratori) – pagati dall’oligarchia agraria. Possiamo collocare una data di inizio più recente del conflitto: il 6 novembre 1985. Quel giorno, 35 guerriglieri dell’M-19 occuparono il palazzo di Giustizia di Bogotà. L’intervento dell’esercito provocò un massacro: oltre ai guerriglieri, morirono altre 53 persone, tra magistrati e civili. Di fatto, in Colombia il Governo centrale perde quel giorno il controllo del territorio. E se da un lato è la guerriglia ad assumerlo, dall’altro sono i narcotrafficanti, proprio a partire dalla metà degli anni ‘80, a proporsi come alternativa allo Stato. La guerra interna diventò così a tre – Stato, Guerriglia, Narcotraffico – con migliaia di morti. Vennero censiti tutto per il controllo o la distruzione delle vaste aree trasformate per la coltivazione della coca, vera ricchezza nazionale. Secondo le stime del Governo, i gruppi della guerriglia potevano contare sino a qualche tempo fa su 750milioni di introiti annui dal controllo del narcotraffico, cifra superata – sempre per le stesse ragioni – solo dagli incassi realizzati dei cartelli della droga di Medellín e di Cali. Proprio il narcotraffico è l’altra grande ragione di conflitto interno, con intere zone del Paese contese fra Governo, Farc, Eln e grandi organiz-

zazioni di trafficanti. almeno 140 gruppi paramilitari attivi sul territorio, quasi tutti finanziati dai narcotrafficanti. Il Presidente liberale César Gaviria, nel giugno del 1991 diede il via a Caracas a una serie di incontri con i rappresentanti della guerriglia, con l’obiettivo di raggiungere la pace. Il processo di pace non decollò, nonostante la nuova e più democratica Costituzione. Il Governo iniziò allora una “guerra totale” contro organizzazioni civili, gruppi ribelli e narcotraffico. Pablo Escobar Gaviria – capo del cartello di Medellín, potente organizzazione di narcotrafficanti – evaso intorno alla metà del 1992, ricominciò le azioni armate. In tutta risposta apparì, nel ‘93, il Pepes (Persecutori di Pablo Escobar), che uccise trenta esponenti del cartello in due mesi e distrusse varie proprietà di Escobar, ucciso a sua volta il 2 dicembre dalla polizia a Medellín. Farc e Eln iniziarono una serie di attacchi a centrali elettriche, impianti industriali, caserme, avviando la strategia dei rapimenti. Il Governo tentò da parte sua un attacco a fondo al narcotraffico, pur nelle contraddizioni che nascevano dalla corruzione di parte della politica. Fu un periodo durissimo. Nel 1995, vennero aperti 600 procedimenti contro le forze di sicurezza, in relazione a 1.338 casi di assassinio, tortura o sparizione. All’inizio del 1997, si stima che almeno un milione di colombiani fossero stati espulsi dalle loro abitazioni nelle zone di conflitto. Nell’ago-

Quadro generale

Pericolo mine

Inevitabile tornare a parlare di mine, riferendosi al conflitto colombiano. Anche se è poco noto, la Colombia è il Paese al mondo con il più alto numero di vittime, causate dagli ordigni anti uomo. Dal ‘90 a oggi i morti fra i civili sono stati almeno 1.150, fra loro moltissimi bambini. Quasi un terzo del territorio è minato: circa 659 municipalità. In molte zone, le mine sono state collocate dalle Farc per proteggere i campi di coca. In altre zone è stato l’Eln a minare il terreno, come azione terroristica contro l’esercito. Organizzato in piccoli nuclei, collegati da una rete di appoggio, l’Eln ha il 60% delle proprie azioni di guerriglia antigovernativa proprio nel preparare campi minati. Una strategia pericolosa per tutti coloro che vivono nelle regioni frequentate dalla guerriglia.

Camilo Torres Restrepo (Bogotà, 3 febbraio 1929 - Santander, 15 febbraio 1966)

Guerrigliero, sacerdote, rivoluzionario, precursore della teologia della Liberazione: Camilo Torres Restrepo inizia l’attività da giovane, fondando un giornale studentesco di denuncia mentre frequenta la facoltà di Diritto. In quegli anni tenta anche di creare un sindacato dei lustrascarpe, senza riuscirci. Diventa sacerdote nel 1954 e professore di sociologia all’Università Nazionale di Colombia. Inizia lì a promuovere una teologia della rivoluzione per salvare diseredati e oppressi. Idee che gli fanno perdere la cattedra. Nel 1965 entra in contatto clandestinamente con il rivoluzionario Fabio Vasquez Castano, leader dell’Eln, movimento fondato appena l’anno precedente. Senza rinunciare al sacerdozio, ma lasciando la diocesi dove lavora, fonda il settimanale Fronte Unito. Nel novembre di quello stesso 1965 decide di unirsi all’Eln. Va in montagna e prepara il Proclama per il Popolo Colombiano, in cui invita alla sollevazione. Muore nel febbraio del 1966, durante il primo scontro armato a cui partecipa. Restano molti scritti e una frase, diventata simbolo per molti latino americani. “È dovere di tutti i cristiani essere rivoluzionari. Ed è dovere di tutti i rivoluzionari fare la rivoluzione”.

UNHCR/P. Smit

Stuprate sei donne ogni ora 489.687 donne colombiane hanno ufficialmente subito violenza sessuale dal 2001 al 2009: una media di 6 donne ogni ora e più dell’80% degli stupri è imputabile all’Esercito o ai paramilitari di Stato. È l’agghiacciante denuncia della Ong internazionale Oxfam, resa pubblica nell’estate del 2011. I dati per altro – dicono gli esperti – sono sottostimati, perché la paura convince molte vittime a tacere e, quindi, la quasi totalità dei criminali resta impunita. D’altro canto, è alto il numero delle donne assassinate dopo aver sporto denuncia. Le cifre, dicono i rappresentanti della Ong, dimostrano che vi è un uso sistematico della violenza sessuale come pratica di terrorismo di Stato, usata per far fuggire intere popolazioni da aree ritenute interessanti dal punto di vista economico. A dimostrarlo, fra l’altro, è la testimonianza di Carmen Rincón, ex paramilitare. Ha raccontato che il capo della sua formazione, Hernán Giraldo alias ‘El Patrón’, ha violentato almeno 50 bambine al di sotto dei 15 anni, portate alle feste nelle quali Giraldo selezionava le sue vittime. Quelle che non gli piacevano venivano cedute ai sottoposti e alla truppa.

sto del 2000 il presidente Pastrana lanciò, in accordo con gli Stati Uniti, il Piano Colombia. Vennero addestrati tre battaglioni antidroga, con l’obiettivo di distruggere 60mila ettari di coltivazioni di coca e tagliare la forza economica di guerriglia e narcotraffico. Le Farc nel febbraio 2002 sequestrarono alcuni esponenti politici, nel tentativo di influenzare le elezioni e ottenere uno scambio di prigionieri. Fra loro c’era la candidata alla presidenza Ingrid Betancourt, che sarà rilasciata solo dopo sei anni, nel luglio del 2008. Si moltiplicarono anche gli attentati. Il 4 maggio 2002 morirono 117 persone, tra cui almeno 40 bambini, per i colpi di mortaio sparati contro la chiesa di Bojaya. Nello stesso anno, salì alla Presidenza l’indipendente Uribe Velez, che chiese l’intervento diretto degli Usa nella lotta alla guerriglia e al narcotraffico. Il mese dopo, un contingente militare statunitense arrivò nella provincia di Arauca: fu il primo coinvolgimento diretto nella guerra civile colombiana. Nell’ottobre 2003 Luis Eduardo Garzón, candidato del Polo Democratico Indipendente (Idp), vinse le elezioni per il sindaco di Bogotà, la carica politica più importante del Paese dopo la Presidenza della Repubblica. Fu una sorpresa: per la prima volta un partito di sinistra si affermava. Passi avanti che non fermarono la guerriglia: divennero 1.500, in quegli anni, gli ostaggi tenuti prigionieri. Dal 2006 si tentò l’ennesimo processo di pace. Almeno 20mila paramilitari deposero le armi, in cambio di un’amnistia, del reintegro sociale e di uno stipendio per 24 mesi. Parte della guerriglia, però, continuava la lotta armata, con sequestri e azioni contro obiettivi militari e governativi. Nel 2010 la guerra – con l’arrivo al ministero della Difesa prima e alla Presidenza poi, di Juan Manuel Santos – diventa anzi più dura e le possibilità di trattativa si allontanano. Santos, appena eletto, annuncia un Terza Via di sviluppo per il Paese, detta di Accordo di Unità Nazionale, ancorata al centrosinistra. Il dialogo con Farc e Eln, però, non si è avviato. A funzionare sembra essere invece la pace siglata da Santos e Hugo Chávez, presidente del Venezuela, per mettere fine ad anni di crisi alla frontiera. Una pace che tiene. La collaborazione nella cattura del leader dell’Eln, Ferreira, sembra confermarlo.

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