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Filippine

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Fonti

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Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati United Nations High Commissioner for Refugees

I dati contenuti nella tabella a fianco sono forniti dall’Alto Commissariato per i Rifugiati UNHCR. Sono dati ufficiali tratti dal rapporto Global Trends 2010 uscito nel giugno 2011 dai quali è possibile vedere i flussi dei rifugiati in entrata ed in uscita da ogni singolo paese. Per un approfondimento rimandiamo alla consultazione del rapporto stesso.

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RIFUGIATI ORIGINATI DALLE FILIPPINE

RIFUGIATI 970

SFOLLATI PRESENTI NELLE FILIPPINE

139.509

RIFUGIATI ACCOLTI NELLE FILIPPINE

RIFUGIATI 243

Situazione attuale e ultimi sviluppi

Isole contese

Diplomatici e militari continuano a definirlo il “Gran gioco” in Estremo Oriente: è la partita – ormai eterna – per il controllo di alcune isole del Mar Cinese e dell’area a Nord del Giappone. Si parla degli arcipelaghi Spratly, Senkaku-Diaoyu e Curili. Se nel terzo caso – cioè le quattro isole delle Curili – lo scontro è fra Giappone, che le considera parte integrante del proprio territorio, e Russia, che le ha occupate nel 1945, per gli altri arcipelaghi i protagonisti sono sempre gli stessi: Filippine, Cina, Taiwan, Vietnam, Malaysia e Brunei. In gioco ci sono interessi strategici – per il controllo del traffico marittimo – ed economici – per via delle risorse di idrocarburi e la pesca. Un ruolo lo giocano anche gli Stati Uniti, che si sono dichiarati dalla parte delle Filippine. Pechino, cerca una soluzione negoziata con Manila. Nell’agosto del 2011, il Capo dello Stato cinese, Hu Jintao, ha sostenuto di voler applicare la “Dichiarazione d’azione delle varie parti del Mar del Sud” – documento siglato dai Paesi dell’area – trasformando il Mar del Sud in un mare pacifico, d’amicizia e di cooperazione. Un’apertura che il presidente filippino, Benigno Aquino III, ha accolto con favore, auspicando che il problema del Mar del Sud possa essere risolto al più presto. L’ultimo fatto di sangue nel luglio 2011: sette soldati filippini sono stati uccisi dai militanti islamici del Milf, in uno scontro nel Sud del Paese. È ancora difficile la situazione nelle Filippine. In un Paese apparentemente calmo, restano aperti i due fronti di guerra interni, contro i separatisti del Fronte islamico di liberazione moro (Milf) e contro il Nuovo esercito del popolo (Npa) di matrice comunista: il prezzo, in termini di vite umane, è sempre alto. Sempre in luglio, altri 21 militari sono rimasti feriti in una battaglia contro una settantina di ribelli, a Patikul, sull’isola di Jolo. Il comando militare ha chiesto rinforzi e mezzi per evacuare i feriti. Per tentare di risolvere il problema almeno con i separatisti islamici, il presidente Benigno Aquino ha riavviato le trattative di pace, iniziate ufficialmente nel 2007, ma spesso interrotte. In agosto 2011 un primo incontro segreto è stato all’aeroporto di Tokio, con il leader separatista Al Haj Murad Ebrahim. Il Milf – la cui ala militare, il Bangsamore islamic armed forces (Biaf), è costituita da circa 10mila mujaheddin – avrebbe messo sul tavolo la rinuncia all’indipendenza, puntando sul riconoscimento di una sovranità condivisa, come tra Hong Kong e la Cina. Ma non tutti sembrano accettare questa idea. Uno dei comandanti indipendentisti, Amiril Umra Kato, ha rifiutato il progetto e creato un gruppo ribelle autonomo nel dicembre 2010. Espulso dal Milf, Kato ha più volte fatto sapere che non ostacolerà l’attuale processo di pace. Ma Manila non si fida, vuole certezze, che per ora non ci sono. Certezze che non ci sono nemmeno nei confronti del Nuovo esercito del popolo – non risultano trattative aperte con questo gruppo – e che servirebbero al Governo per affrontare anche un terzo fronte politico – militare: quello per il controllo delle isole Spratly, da settant’anni contese da Cina, Taiwan, Vietnam, Malaysia, Brunei e, appunto Filippine. Sono 750 isole coralline, fondamentali dal punto di vista strategico per i traffici nel Mar Cinese Orien-

Generalità

Nome completo: Repubblica delle Filippine Bandiera

Lingue principali:

Capitale: Popolazione: Area: Religioni:

Moneta: Principali esportazioni: PIL pro capite: Filippino, Inglese, Spagnolo, Arabo Manila 93.000.000 300.000 Kmq Cristiana (91%), musulmana (5%), altre (4%) Peso Filippino Prodotti agricoli, abbigliamento e idraulica Us 4.923

tale, importanti per la pesca e, soprattutto, interessanti per il petrolio e gas naturale che sembrano essere nel sottosuolo. La crisi è sempre dietro l’angolo, pronta ad esplodere, come nel marzo 2011, quando una nave filippina che faceva rilevamenti geologici è stata avvicinata da due motovedette cinesi. Manila ha risposto inviando due aerei da guerra. Gli Stati Uniti si sono affrettati a dare il loro appoggio diplomatico a Manila, affermando i diritti delle Filippine sull’area e creando tensioni con Pechino. La partita – parte di una specie di “risiko” infinito in Asia – resta aperta.

Fatta salva la crisi internazionale, con le tensioni politico-militari soprattutto con la Cina per il controllo delle isole Spratly e Paracel, lo scontro principale, nelle Filippine, è tra maggioranza cristiana e minoranza musulmana, che reclama l’indipendenza. E nel fondo di tutto questo c’è la pessima distribuzione della ricchezza, in termini sociali e territoriali. Il Nord e il Centro dell’Arcipelago sono, appunto, le aree a maggioranza cristiana e sono le zone più ricche rispetto al Sud, a prevalenza musulmana. Gli islamici – Nelle Filippine la situazione resta complessa. Se il confronto con i musulmani del Milf sembra avviato a una soluzione – dopo anni di fallimenti nonostante i tentativi di mediazione della Malaysia –, con i rivoluzionari del Npa sembra non vi sia dialogo aperto. Eppure l’elezione lo scorso anno di un altro Aquino alla presidenza, Benigno, figlio dell’icona della democrazia, Cory Aquino, aveva acceso speranze nel Paese asiatico, storicamente travagliato. Prima colonia della Spagna, poi degli Usa, dopo l’indipendenza il Paese venne guidato con mano dittatoriale da Marcos sino al 1986, anno della svolta democratica, con l’elezione della presidente Cory Aquino. L’arrivo della nuova Presidente portò ad un accordo con i movimenti separatisti musulmani di Mindanao, attivi nel Sud del Paese sin dagli anni ‘50. Venne concessa loro ampia autonomia amministrativa. Questo fermò il conflitto armato con i separatisti. Continuò invece la guerra con il Nuovo esercito del popolo (Npa): nel 1990, la guerriglia riprese, dopo la denuncia della scomparsa di attivisti politici e sindacali della sinistra. Il 26 novembre 1991 un altro pezzo del passato coloniale se ne andò: gli Usa si ritirarono dalla base di Clark – una delle due esistenti nelle Filippine, l’altra è Subic Bay –, insieme a 6mila effettivi americani. Nel maggio dell’anno dopo, venne eletto alla presidenza Fidel Ramos, ex ministro della Difesa. Nel 1996 parve risolto il problema con i separatisti isla-

che sono il 5% della popolazione complessiva – da sempre accusano la maggioranza cristiana di non aver fatto abbastanza per distribuire le risorse equamente. Lo stesso, ma in senso non religioso e con obiettivi differenti, fanno i gruppi di origine marxista. Una cattiva distribuzione che è ben rappresentata dalla diffusione della popolazione sul territorio: il 60% degli 85 milioni di Filippini, infatti, vive in una sola isola, Luzon, dove c’è la capitale. mici. Il 30 settembre venne firmato un accordo di pace e Nul Misauri, capo del Fronte di liberazione nazionale moro, diventò governatore di Mindanao, regione autonoma enorme. Fu una pace di breve durata. Già nel 2000 i musulmani chiedevano un referendum per l’autodeterminazione, mentre la maggioranza cattolica protestava contro l’accordo non accettandolo. Intanto una serie di scandali per tangenti e corruzione travolgeva la politica. Nell’aprile del 2002 a General Santos, nel Sud del Mindanao, venne dichiarato la stato d’allerta, per l’esplosione di parecchie bombe, con 14 morti, a opera del Milf, il Fronte Islamico di liberazione moro. Era la ripresa della guerra. L’obiettivo dichiarato era creare uno stato musulmano. Lo scontro con i gruppi islamici divenne sempre più duro, ma restava alta la tensione anche i gruppi guerriglieri di origine marxista, che riprendevano vigore. Nel 2003, Amnesty International denunciò l’uso della tortura su prigionieri politici, membri di gruppi armati e criminali comuni. Accusa che venne respinta dal Governo. Nel marzo del 2004, venne sventato un attentato simile a quello che aveva colpito Madrid l’11 marzo. Vennero arrestati quattro membri di Abu Sayyaf con 36 chili di esplosivo confiscati. Uno di loro si dichiarò responsabile dell’attentato che il 27 febbraio di quell’anno costò la vita a 100 persone sul SuperFerry 14. Gli arrestati, che sve-

Tra mare e vulcani

L’arcipelago delle Filippine è formato da ben 7.107 isole, di cui solo 2.000 abitate. Il dato è fondamentale per capire la storia del Paese, da sempre diviso e difficile da governare in modo unitario. Luzon e Mindanao sono le isole più grandi, tanto da rappresentare il 66% della superficie del Paese. La vita di tutti è condizionata quindi dal mare e poi dall’attività sismica, praticamente incessante. Ci sono ben 37 vulcani, tutti attivi, con continue scosse. L’attività vulcanica ha però reso la terra più fertile, tanto da contare oltre 10mila tipi di alberi, arbusti e felci; le specie vegetali più diffuse sono le palme e il bambù. Un terzo del

territorio è occupato da foreste.

Aldo Bernardi

Quadro generale

Ferdinand Edralin Marcos (Sarrat, 11 settembre 1917 - Honolulu 21 aprile 1989)

La storia recente delle Filippine gira nel bene e nel male attorno alla vita di un uomo: Ferdinand Edralin Marcos. È stato presidente delle Filippine per 21 anni, dal 1965 al 1986, trasformando la carica in una dittatura che ha condizionato pesantemente il Paese. Laureato in giurisprudenza, accusato nel 1939 dell’omicidio di un rivale politico e poi assolto nel 1940, Marcos entrò presto in Parlamento. Sposato con Imelda – da sempre e per sempre la sua più fidata consigliera – nel 1965 divenne Presidente, dando vita ad una vera e propria dittatura. Guerriglia comunista e lotta separatista musulmana iniziarono nel 1972. La legge marziale fu applicata per 9 anni, con una feroce repressione di tutti gli oppositori: il più importante fra loro, Benigno Aquino, padre dell’attuale presidente, venne ucciso nel 1983. Gli eccessi di Marcos divennero intollerabili, anche per l’Esercito che lo sosteneva. La fine arrivò con le elezioni del 1986, quando Cory Aquino, moglie di Benigno, si candidò alla presidenza. A Marcos – con Imelda – non rimase che la via dell’esilio. Morì alle Hawaii e ora il corpo riposa in patria. Suo figlio Ferdinad Jr e la figlia Imee sono attivissimi in politica.

Un paradiso fiscale che non piace all’Ocse Una delle maggiori fonti di ricchezza per le Filippine è essere ancora considerate un paradiso fiscale. Per l’Ocse, l’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo europei, il Paese è ancora nella lista grigia dei centri finanziari internazionali free tax. A formare questa lista, almeno sino al giugno di quest’anno, erano anche Belize, Isole Cook, Liberia, Isole Marshall, Montserrat, Nauru, Niue, Panama, Vanatu, Brunei, Costa Rica, Guatemala e Uruguay. Anche lo Stato Italiano, col Decreto ministeriale 04/05/1999, ha inserito le Filippine tra gli Stati o Territori aventi un regime fiscale privilegiato, ponendo quindi limitazioni fiscali ai rapporti economico-commerciali che si intrattengono tra le aziende italiane e le imprese filippine.

larono di essere stati addestrati dalla rete terroristica Jemaah Islamiah, legata ad al-Qaeda, progettavano attentati contro treni e negozi a Manila, città con dieci milioni di abitanti. Nel 2004, la Norvegia mediò un accordo fra Nuovo esercito del popolo e Governo. L’anno successivo, dopo negoziati di pace in Malaysia, indipendentisti musulmani e Governo annunciarono un accordo sulle terre ancestrali di cui i ribelli rivendicavano la proprietà da trent’anni. Tregue che non durarono. Nel 2010 sono ripresi i combattimenti. Si calcola che dal 1971 a oggi siano stati più di 150mila i filippini morti tra Mindanao e l’arcipelago di Sulu, nello scontro per l’indipendenza e oltre 50mila gli sfollati. Il conflitto con la guerriglia del Npa, invece, avrebbe procurato almeno 40mila morti, a partire dal 1969. Il doppio fronte della guerra interna alla Filippine è sempre aperto. Da un lato lo scontro con gli indipendentisti del Milf, dall’altro la guerra con Npa di matrice comunista, continuano a far pagar prezzi alti in termini di vite umane. Il neo presidente Benigno Aquino III – eletto in giugno – ha fatto ripartire le trattative di pace con risultati scadenti, così sono continuate le offensive militari. Per le trattative, il ministro degli Esteri della Malaysia è stato chiamato a fare da mediatore, senza risultato. Il Milf vuole trattare solo sulla base della cosiddetta “sovranità condivisa”, che prevede un unico stato con un Governo autonomo nel Sud islamico. Una ipotesi che può diventare realtà solo con una revisione della Costituzione e quindi con l’intervento del Parlamento filippino, poco disponibile a una decisione di questo tipo. Così il Milf e il gruppo Abu Sayyaf – legato ad al-Qaeda – continuano a lottare per arrivare a creare uno stato islamico indipendente a Mindanao e nelle isole meridionali delle Filippine. Finito il ramadan, la offensiva del Governo si è concentrata sull’arcipelago di Sulu, con l’impiego della marina militare per stanare i ribelli. Nel mirino soprattutto gli uomini di Abu Sayaff, gruppo nato negli anni Novanta per creare uno stato islamico nell’arcipelago del Pacifico e, dicono gli osservatori, degenerato poi diventando un normale gruppo criminale, dedito soprattutto ai rapimenti e alle estorsioni. A comandare la missione del Governo è il generale Benjamin Mohammad Dolorfino, comandante del distaccamento militare di Mindanao Ovest, che ha dichiarato che concentrerà le forze contro il gruppo di Sulu, forte di circa 200 uomini e contro quello di Basilau, che ne conta solo cento.

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