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Cina/Tibet

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Fonti

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Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati United Nations High Commissioner for Refugees

I dati contenuti nella tabella a fianco sono forniti dall’Alto Commissariato per i Rifugiati UNHCR. Sono dati ufficiali tratti dal rapporto Global Trends 2010 uscito nel giugno 2011 dai quali è possibile vedere i flussi dei rifugiati in entrata ed in uscita da ogni singolo paese. Per un approfondimento rimandiamo alla consultazione del rapporto stesso. La zona della Cina indicata con questa colorazione indica la parte riconducibile alla Regione del Tibet a cui questa scheda è dedicata.

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RIFUGIATI ORIGINATI DAL TIBET

RIFUGIATI 15.082

PRINCIPALI PAESI CHE ACCOLGONO QUESTI RIFUGIATI

NEPAL 15.000

Situazione attuale In agosto l’ennesima vittima: Tsewang Norbu, e ultimi sviluppi un monaco di 29 anni del monastero di Tawu Nyatso, nella contea di Daofu, nel Tibet OrienVisti limitati tale, si è dato fuoco sulla strada per Pechino, gridando slogan per la liberazione del Tibet e La notizia ha iniziato a diffondersi per il ritorno del Dalai Lama. a metà del 2011: la Cina starebbe L’ennesimo morto in una situazione difficile. limitando il numero di visti turistici Pechino continua ad avere mano pesante in Tiper coloro che vogliono recarsi bet. La reazione al suicidio è stata immediata: in Tibet. Questo in vista del 60° il monastero è stato circondato da un migliaio anniversario di quella che per di soldati. Linee telefoniche, acqua e elettricità Pechino è la “pacifica liberazione” sono state tagliate. del territorio tibetano e per Intanto, quanto annunciato dal Dalai Lama nel i tibetani l’inizio dell’occupazione. 2010 è accaduto: ha rinunciato al potere temA denunciarlo sono state porale, di Governo, passando la mano al primo numerose agenzie di viaggio cinesi Ministro. Si chiama Lobsay Sangay e nel giore straniere, confermando quanto no di insediamento ha lanciato un attacco alla sostenuto dall’organizzazione Cina, denunciando come i tibetani siano divenumanitaria International Campaign tati cittadini di serie B nella loro stessa terra. for Tibet, secondo la quale la Un discorso che ha irritato Pechino, come rab-

Regione autonoma del Tibet e in bia, nella capitale cinese, ha scatenato la visiparticolare la capitale Lhasa, sono ta del Dalai Lama a Washington, al Presidente in un “virtuale assedio”. Obama. In termini economici – sostengono Un atto ufficiale, un riconoscimento, che i cinele agenzie – si è trattato si hanno giudicato inopportuno e contrario agli di un danno enorme, dato l’alto “interessi interni del Paese”. numero di turisti che il Tibet Il Presidente americano – da parte sua – ha richiama ogni anno. spiegato di non sostenere l’indipendenza del Tibet dalla Cina, ma di essere Generalità ‘’preoccupato’’ per la sopravvivenNome completo: Tibet za dell’‘’originale cultura’’ tibetana. Bandiera La buona notizia è che sono comunque ripresi colloqui fra Pechino e Governo Tibetano in esilio. Dal 2002 i negoziati sono stati aperti e chiusi diverse volte, sino Lingue principali: Tibetano, Cinese al 2008 dopo le Olimpiadi e la vioCapitale: Lhasa lenta repressione dei moti tibetani Popolazione: 2.670.000 di marzo dello stesso anno. Area: 1.228.400 Kmq La posizione del Governo tibetano Religioni: Moneta: Buddista, altre Renminbi in esilio sembra chiara: rinuncia alla richiesta di indipendenza, con però una forte autonomia religiosa Principali n.d. e culturale. esportazioni: Il Dalai Lama, per dare un segnaPIL pro capite: Us 948 le preciso in questa direzione, ha

Generalità

Nome completo: Repubblica Popolare Cinese Bandiera

Lingue principali: Capitale: Popolazione: Area: Religioni:

Moneta: Principali esportazioni:

PIL pro capite: Cinese mandarino Pechino 1.330.503.000 9.596.960 Kmq Confuciana, taoista, buddista (95%), cristiana (3,5%), musulmana (1,5%) Renminbi Praticamente tutto nel manifatturiero, più frumento, riso, patate Us 5.963

appunto rinunciato ad essere anche “capo politico” dei tibetani, ma chiede di rientrare nel Paese da cui è fuggito nel 1959. La Cina respinge l’ipotesi, soprattutto teme e non vuole il rientro del Dalai Lama, che viene accusato di secondi fini e di tramare contro “l’unità della nazione cinese”. Così, non si fermano né le rivolte, né gli arresti e la repressione.

Il presidio della frontiera con l’India – Paese da sempre considerato rivale – e il controllo diretto di buone risorse minerarie e immense riserve d’acqua, quelle che vengono dai tanti fiumi della Regione: da questi motivi, fusi con una rivendicazione storica, nasce lo scontro fra Cina e Tibet. Pechino ha sempre voluto il controllo di quella area. Questa esigenza cinese si scontra naturalmente con la voglia di indipendenza dei tibetani, che forti di una cultura politico-religiosa radicata e delle tradizioni rivendicano il loro diritto ad essere uno Stato libero e autonomo. Ci sono stati migliaia di morti, proteste in piazza in tutto il mondo – non ultime quelle del 2008 in vista delle Olimpiadi di Pechino – colloqui di pace falliti, ma il pensiero delle cancellerie internazionali sembra essere rimasto sempre quello: “È solo un problema interno”. È la medesima cosa che hanno pensato la mattina del 7 ottobre del 1950, leggendo sulle agenzie stampa o sui dispacci dei servizi segreti che quarantamila soldati dell’Esercito cinese avevano attraversato il fiume Yangtze e occupato tutto il Tibet orientale e il Kham – che ora è parte di tre Province cinesi – uccidendo ottomila soldati tibetani male armati. Solo sette giorni dopo l’attuale Dalai Lama, Tenzin Gyatso diventò sovrano del Tibet. Il cuore della controversa questione tibetana è tutto il quella frase: è un problema interno. Nessuno lo ricorda più, ma nessun Paese occidentale ha mai riconosciuto il Tibet come uno Stato sovrano indipendente. E non uno dei tanti governi europei o Nord americani che si sono succeduti in 59 anni di occupazione del territorio, dichiarando sempre quanto fosse giusta la fine della militarizzazione del Tibet da parte cinese, ha mai mosso un passo verso il riconoscimento della sovranità. Quindi, in punta di diritto internazionale, Pechino ha ragione nel definire la questione un “pro-

La scelta del Dalai Lama di trovare una soluzione attraverso il dialogo non convince tutti i tibetani. L’ala più radicale del movimento indipendentista chiede all’opinione pubblica mondiale un intervento più duro nei confronti della Cina, da loro considerata Paese occupante. Idea, questa, che si scontra con la realtà politica internazionale: molti Paesi, al di là delle dichiarazioni di principio, non hanno mai riconosciuto il Tibet come Stato sovrano e, quindi, continuano a considerare la vicenda come un problema interno alla Cina. blema interno”. I cinesi – coerenti con questa visione – avevano pianificato tutto. Soprattutto avevano saputo cogliere il momento adatto. Il mondo guardava solo alla guerra in Corea, scoppiata all’alba di domenica 25 giugno 1950, con un attacco della Corea del Nord di Kim Il Sung alla Corea del Sud. Gli Stati Uniti intervennero militarmente, subito, chiedendo e ottenendo l’ombrello politico delle Nazioni Unite. In questo clima, l’attacco al Tibet, pianificato da tempo, passò in secondo piano. Formalmente il Tibet era in una posizione di stallo, nata dall’abbandono dell’India da parte della Gran Bretagna nel 1947. Storicamente, la regione era stata a lungo indipendente, poi era caduta sotto l’influenza della Cina imperiale, prima di essere messa sotto tiro dalla Russia zarista e dal Regno Unito, che intervenne militarmente nel 1904. Da sempre, però, cultura e autonomia politica erano rimaste salde, tanto da definire una identità nazionale, che aveva nel Dalai Lama il capo di Governo e spirituale. La Cina aveva annunciato l’attacco. Mao, al potere dal 1949, aveva più volte spiegato che voleva una Cina riunita in tutti i suoi territori e questo significava anche il Tibet. Il 1° gennaio 1950 Radio Pechino annunciò che presto il Tibet sarebbe stato liberato dal giogo straniero.

Più soldi ai militari

L’Esercito cinese – Esercito di Liberazione Popolare (Pla), questo il nome – è sterminato: ma quanto guadagnano i militari? Nel 2010 il loro stipendio medio mensile è stato di 5.373 yuan, pari a più o meno 620 euro. Non altissimo, ma nemmeno basso, se si considera che un operaio può guadagnare fra gli 80 e i 160 euro mensili, mentre un direttore di negozio ne porta a casa fra i 400 e i 600. Lo stipendio dei militari è aumentato del 2,61% rispetto al piano quinquennale precedente, cioè al periodo 2001 – 2005. Nonostante l’aumento, una indagine del ministero della Difesa ha rivelato come i famigliari dei quadri militari vivano problemi legati al basso tasso di occupazione del coniuge e ai grossi

costi per i trasferimenti.

Lucia Sonzogni

Quadro generale

Lucia Sonzogni

Lobsang Sangay (Darjeeling, 1968)

Ha 43 anni e il 27 aprile del 2011 è stato eletto Kalon Tripa, ovvero primo Ministro del Tibet. È lui l’uomo nuovo, la novità annunciata già nel 2010 dal Dalai Lama, quando disse che avrebbe rinunciato al potere temporale, per dar forza alla trattativa con Pechino per l’autonomia del Tibet. Eletto con il 55% dei voti dell’Assemblea che rappresenta il tibetani in esilio, Sangay è primo Ministro dall’8 agosto del 2011, giorno della solenne cerimonia di insediamento. Davanti al Dalai Lama e al primo Ministro uscente, Samdhong Rinpoche, oltre che a migliaia di spettatori e invitati, Sangay ha prestato solenne giuramento di fedeltà alla Carta Costituzionale tibetana. La cerimonia è stata nel tempio principale di Dharamsala, alle ore 9.09.09, numero che la tradizione tibetana collega all’auspicio di longevità. Lui, da sempre professore di Diritto, nel primo discorso ufficiale ha voluto parlar chiaro, spiegando che la sua nomina è in frutto dei sacrifici e dell’impegno di generazioni di tibetani dentro e fuori il Tibet e che il Dalai Lama ha voluto così dare potere a tutti i tibetani. Una scelta, ha aggiunto rivolto ai “duri” del governo di Pechino, che dimostra come la leadership tibetana, lungi dall’indebolirsi, sia destinata a crescere e a diventare più forte con il passare degli anni: “Siamo qui per rimanerci”, ha concluso.

Lucia Sonzogni

Ogni giorno 5.000 casi di divorzio Ogni giorno ci sono 5mila divorzi in Cina. A rivelarlo il ministero degli Affari Civili, che ha reso noto come nel primo trimestre del 2011 vi siano stati complessivamente 465mila casi di divorzio . Una crescita esponenziale, del 17% rispetto allo stesso periodo del 2010. La valutazione ministeriale è che il matrimonio in Cina è entrato in una “fase di incertezza” . La principale causa sembra essere la minore comunicazione tra moglie e marito e l’aumento delle relazioni extraconiugali, dovute ad una maggiore indipendenza economica sia degli uomini, che delle donne.

Così, l’occupazione avvenne senza quasi proteste, messa ulteriormente in secondo piano dal fatto che i cinesi il 19 ottobre del 1950 intervennero pesantemente nella guerra di Corea appoggiando il Nord con milioni di uomini e mettendo in grave difficoltà gli Stati Uniti. Il 23 maggio 1951 il Dalai Lama firmò il “Trattato di liberazione pacifica” e diventò vice Presidente del comitato permanente dell’Assemblea Nazionale del Popolo. Il documento permise alla Cina di iniziare la colonizzazione del Tibet. Prima militarizzandolo, poi spingendo i cinesi ad andare nella nuova Regione. Il Tibet intanto rinunciava ad avere una politica estera autonoma, a batter moneta, a stampare francobolli. Le terre venivano ridistribuite, soprattutto nelle zone del Kham orientale e nell’Amdo, per non rompere i rapporti con l’aristocrazia. Da quel momento fu tutto un susseguirsi di ribellioni, avvicinamenti pacifici e rotture, spesso alimentate dall’esterno, da altri Paesi. Nel 1959 la prima grande rivolta. Il 10 marzo 1959 il movimento di resistenza tibetano guidò una protesta contro i cinesi. Per reprimerla, Pechino schierò 150mila uomini e unità aeree. Morirono in migliaia nelle strade di Lhasa e in altre città. Il 17 marzo, il Dalai Lama abbandonò la capitale e chiese asilo politico in India, assieme ad almeno 80mila profughi. I morti pare furono 65mila. Nel 1965 il Tibet venne dichiarato Regione Autonoma, con una annessione di fatto alla Cina. Nel 1968 la Rivoluzione Culturale portò alla distruzione dei monasteri, almeno 6mila e all’uccisione di molti monaci. La resistenza tibetana però non mollava. Nel 1977 e nel 1980 vi furono altre due sollevazioni, anche queste represse duramente da Pechino. Dal 1976, Pechino ha riavviato l’opera di colonizzazione, tanto che in Tibet sono arrivati 7milioni di cinesi, contro i 6milioni di tibetani che ci vivono. L’obiettivo di Pechino, denuncia la resistenza, è cancellare la cultura e l’identità tibetane. Il Dalai Lama, con il suo Governo in esilio in India, ha nel frattempo tentato la via della mediazione, rinunciando a reclamare l’indipendenza, puntando all’autodeterminazione per salvare la cultura del Paese e salvaguardare i diritti umani. Un mediazione proposta nel 1987 tramite gli Stati Uniti è fallita. E come sempre, dopo ogni fallimento, sono ricominciati gli scontri.

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