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Libano

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Fonti

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Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati United Nations High Commissioner for Refugees

I dati contenuti nella tabella a fianco sono forniti dall’Alto Commissariato per i Rifugiati UNHCR. Sono dati ufficiali tratti dal rapporto Global Trends 2010 uscito nel giugno 2011 dai quali è possibile vedere i flussi dei rifugiati in entrata ed in uscita da ogni singolo paese. Per un approfondimento rimandiamo alla consultazione del rapporto stesso.

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RIFUGIATI ORIGINATI DAL LIBANO

RIFUGIATI 15.869

PRINCIPALI PAESI CHE ACCOLGONO QUESTI RIFUGIATI

GERMANIA 12.514

RIFUGIATI ACCOLTI NEL LIBANO

RIFUGIATI 8.063

PRINCIPALI PAESI DA CUI ARRIVANO QUESTI RIFUGIATI

IRAQ 7.630

Situazione attuale e ultimi sviluppi

Processo al Premier

Dopo sei anni dall’attentato all’ex premier Rafiq Hariri, arrivano dalla magistratura libanese i mandati d’arresto per quattro dirigenti di Hezbollah. Queste le tappe che hanno portato alle incriminazioni: - 14 febbraio 2005: un’autobomba uccide a Beirut l’ex premier libanese, Rafiq Hariri, insieme ad altre 22 persone. L’attentato porta al ritiro delle truppe siriane dal Libano dopo 29 anni. - 16 giugno 2005: Parte un’inchiesta internazionale sull’omicidio di Hariri. - 1 marzo 2009: il Tribunale speciale per il Libano (Tsl), istituito all’Aja, avvia le indagini sull’assassinio. Due mesi più tardi, la Corte ordina il rilascio di quattro generali libanesi pro-siriani, detenuti dal 2005, per mancanza di prove. - 12 gennaio 2011: dieci ministri legati ad Hezbollah e ai loro alleati si dimettono per protesta contro il Tsl, facendo cadere il Governo di Saad Hariri. - 17 gennaio 2011: il procuratore dell’Onu presenta, ufficiosamente, l’atto d’accusa, puntando il dito contro membri di Hezbollah. - 30 giugno 2011: la magistratura libanese, sulla base delle conclusioni della procura internazionale, emette i mandati d’arresto nei confronti di quattro dirigenti del movimento sciita filo-iraniano Il conflitto, in stallo da anni, sembra prossimo in realtà a nuovi sviluppi. Si inserisce appieno infatti in quella che è stata definita la “primavera araba”: da una parte i cambiamenti che avvengono intorno ai due Paesi, dall’altra quel che, conseguentemente o attualmente, avviene al loro interno. Andiamo con ordine: il Libano assiste alla rivolta siriana ed al vacillare del Presidente Bashar Assad, con un possibile cambio di strategie da parte di Hezbollah (che si troverebbe amputato di una mano importante sia in politica interna che estera). Forte della fallimentare invasione israeliana del 2006, dalla quale il “Partito di Dio” è uscito rafforzato, potrebbe tentare nuovamente di far precipitare la situazione e portare allo scontro Israele. Una mossa che potrebbe apparire suicida, capace però di chiamare in campo altre forze internazionali molto più consistenti, allargando così il conflitto all’intera area. Da parte sua Israele, guardando fuori dai suoi confini, assiste agli sviluppi della primavera araba inciampando a volte in errori strategici e diplomatici. Due gli esempi degni di nota: il primo riguarda l’assalto in acque internazionali alla nave di aiuti umanitari della Freedom Flottiglia (in navigazione verso Gaza) nel quale sono morti otto pacifisti turchi uccisi dai corpi speciali Israeliani. Ankara ha condannato l’azione ma Tel Aviv ha giustificato l’azione rivendicando il suo diritto a difendersi. La Turchia, un tempo alleata di Israele, ha ritirato gli ambasciatori e ormai considera Israele un potenziale nemico. Lo stesso, ma forse con maggiori conseguenze, è avvenuto l’agosto scorso con l’Egitto quando Israele, avviata la rappresaglia su Gaza dopo gli attentati del Sinai, ha ucciso per sbaglio quattro soldati di frontiera egiziani. La mancanza di immediate scuse, ha scatenato duri scontri a Il Cairo dove è stata assaltata l’ambasciata israeliana. Solo a quel punto Israele si è scusato. Il problema, e per questo forse in Egitto ha avuto maggiori conseguenze, è che il potente vicino

Generalità

Nome completo: Repubblica Libanese Bandiera

Lingue principali: Capitale: Popolazione: Area: Religioni:

Moneta: Principali esportazioni:

PIL pro capite: Arabo, francese Beirut 4.000.000 10.452 Kmq Musulmana (sunnita, sciita), cristiana Lira libanese Gioielli, apparecchiature elettriche, prodotti metallurgici, chimici, alimentari Us 6.681

sta cercando di definire quale strada intraprendere, se quella democratica o quella integralista. Ma il vento di democrazia e giustizia che soffia sull’intero Mediterraneo è arrivato anche dentro Israele. L’estate di Tel Aviv ha visto migliaia di giovani protestare per la politica economica del Governo. Netanyau, secondo un sondaggio del quotidiano israeliano Haaretz, in due mesi avrebbe visto scendere i suoi consensi dal 50% al 32%. Due instabilità dunque che potrebbero ben presto assistere ad un’evoluzione della situazione.

La presenza di basi operative della resistenza palestinese ha fatto da sempre del Libano uno degli obiettivi di Israele. Le tensioni tra i due Paesi sono poi costantemente cresciute a causa della contrapposizione tra Israele e il movimento sciita degli Hezbollah, che ha stabilito nel Sud del Paese le sue basi operative. Secondo Israele è l’Iran, che non ha mai riconosciuto l’esistenza dello Stato israeliano, a sostenere economicamente il movimento di Hezbollah fiancheggiato anche dal Governo siriano, in conflitto con Israele per la sovranità sulle Alture del Golan. In realtà sia quest’ultime sia il Sud del Libano custodiscono un elemento fondamentale per la sopravvivenza e la stabilità di Israele: l’acqua. Sulle Alture del Golan si trova Con la dissoluzione dell’Impero Ottomano, la Società delle Nazioni affidò alla Francia il controllo della Grande Siria, incluse le cinque Provincie che oggi formano il Libano. La Conferenza di Sanremo, dell’aprile del 1920, ne definirà i compiti ed i limiti. Benché la ratifica di questo passaggio di consegna avverrà solo tre anni dopo, già nel 1920 la Francia dichiarò lo Stato del Grande Libano indipendente. Uno Stato composto da vari enclavi etnici: uno in Siria con una grande comunità in maggioranza cristiano maronita e l’altro a maggioranza musulmana e drusa con capitale Beirut. Solo 6 anni dopo il Libano diventerà una Repubblica, definitivamente separata dalla Siria, anche se ancora sotto il comune mandato francese. Nel 1943 il Governo libanese abolirà il mandato francese dichiarando la propria indipendenza. Bisognerà aspettare la fine della seconda guerra mondiale per assistere al ritiro definitivo delle truppe francesi dal nuovo Stato indipendente. Nel 1948, dopo la risoluzione dell’Onu 181 con la quale si “ripartiva” il territorio palestinese in seguito alla nascita dello Stato ebraico, anche il Libano aderì alla guerra della Lega Araba contro Israele non invadendo però mai il neonato Stato.

la sorgente del fiume Giordano mentre nel Sud del Libano scorre il fiume Litani. Due risorse idriche che in un territorio come quello del Vicino Oriente risultano sicuramente strategiche. Se nelle parole possiamo trovare il significato delle cose, l’operazione “Litani” del 1978 aveva un obiettivo ben preciso. Ma il problema principale è che purtroppo il Libano subisce da decenni lo scontro tra potenze più grandi di lui: da una parte la Siria e l’Iran, che trovano negli Hezbollah alleati interni al Paese dei Cedri pronti a combattere Tel Aviv, dall’altra Israele diviso tra le sue esigenze di approvvigionamento idrico e le sue necessità di

difendere i propri confini. Dopo la sconfitta araba, Israele e Libano stipularono un armistizio ma, a tutt’oggi, mai un trattato di pace. Conseguenza di questa guerra, furono 100mila profughi palestinesi ai quali se ne aggiunsero altri dopo il conflitto arabo-israeliano del 1967. Profughi che decenni più tardi saranno la causa, secondo il Governo israeliano, di due invasione del Libano da parte dell’esercito di Tel Aviv. La prima nel 1978, denominata “operazione

Hezbollah al Governo

Dalla morte di Rafik Hariri, avvenuto il 14 febbraio del 2005, ad oggi, le cose sono sicuramente cambiate in Libano. Due i governi nell’arco di sei anni, che hanno visto, nel primo prevalere una maggioranza guidata dal figlio di Rafik, Saad, filo occidentale e anti siriana, nel secondo un Governo di Unità nazionale con al suo interno anche Hezbollah. Il 12 gennaio 2011 però le cose cambiano. I ministri Hezbollah, contrariati dalle accuse rivoltegli dal Tribunale che indagava sull’assassinio di Rafik Hariri, si dimettono provocando la caduta del governo. Dopo quasi cinque mesi di complesse trattative, a metà giugno scorso il premier incaricato Najib Miqati ha sciolto la riserva e ha diffuso la lista dei componenti del suo governo, da molti già definito a “trazione Hezbollah”: su 30 ministri, 19 sono esponenti del Partito di Dio sciita o suoi alleati. Un cambiamento importante in un Paese che si colloca all’interno di uno scacchiere mediorientale quanto mai instabile.

UNHCR/C. Clark

Quadro generale

UNHCR/A. Branthwaite

Saad Hariri (Riyad, 18 aprile 1970)

Saad Hariri ha guidato il Governo del Libano dal 2009 al gennaio del 2011. Figlio di Rafiq Hariri, l’ex primo Ministro libanese assassinato nel 2005, dalla morte del padre è a capo della coalizione sunnita Movimento Futuro. Alle elezioni del giugno 2009 si è presentato con una coalizione, denominata 14 marzo di orientamento filo-occidentale e antisiriano, che vedeva alleate le Forze Libanesi di Samir Geagea e il Partito Socialista Progressista di Walid Jumblatt. Hariri vinse le elezioni e ricevette dal Presidente Michel Suleiman il compito di formare il nuovo Governo, dove sono entrati anche il partito Hezbollah e il Movimento Patriottico Libero di Michel Aoun. Il nuovo Governo ha ottenuto un’ampia fiducia dal parlamento libanese (122 voti su 128). Un Governo, quello formato da Saad Hariri, che ha avuto però vita breve. La decisione di collaborare con il Tribunale speciale per il Libano, istituito per fare luce sull’assassinio del padre Rafiq Hariri, ha determinato una crisi di Governo. Saad hariri è considerato un uomo politico, vicino all’Occidente. Dopo la morte del padre ha ereditato 4,1miliardi di dollari e secondo la rivista statunitense Forbes è il 522° uomo più ricco del mondo con un patrimonio netto di 1,4miliardi di dollari.

UNHCR/A. Branthwaite

Nuovi giacimenti, nuova crisi A destabilizzare l’area c’è dallo scorso anno anche il petrolio. La scoperta di due giganteschi giacimenti, Tamar e Leviathan, nelle acque davanti le coste israelo-libanesi è diventata motivo di ulteriori tensioni tra i due Paesi e non solo. Israele, che l’anno scorso aveva rivendicato la sovranità sui due giacimenti, ha stipulato un accordo con Cipro per la definizione dei confini marittimi. Il Libano da parte sua ha chiesto aiuto alle Nazioni Unite, senza ancora una risposta, per definire i confini. Ad aggravare la situazione è arrivata la Turchia che, in risposta all’accordo tra Israele e Cipro, ha minacciato la parte greco-cipriota dichiarando di avere il diritto di bloccare ogni accordo marittimo con le nazioni vicine. Una questione che inciderà sicuramente sulla stabilità dell’area.

Litani”, volta a stroncare, secondo Israele, le attività dell’Olp lungo il confine. La seconda, sempre per lo stesso motivo ed iniziata il 6 giugno del 1982, è l’operazione “Pace in Galilea”. In realtà,quest’ultima, che si può chiamare prima guerra israelo-libanese, arrivò fino a Beirut dove aveva sede l’Olp (Organizzazione per la Liberazione della Palestina). Per impedire la prosecuzione di spargimento di sangue, intervenne la diplomazia internazionale che sgomberò la dirigenza dell’Olp (rifugiatasi a Tunisi) e riversò nei Paesi limitrofi molte unità armate palestinesi. Una situazione che lasciò la popolazione civile nei campi profughi priva di alcuna protezione. Questo porterà al drammatico massacro nei campi-profughi di Sabra e Shatila, da unità cristiane guidate da Elie Hobeika, lasciate agire dalle truppe israeliane, comandate da Ariel Sharon, di stanzia nell’area coinvolta. Negli anni a seguire, il Libano dovrà affrontare i delicati equilibri interni tra le diverse etnie. Sicuramente una di queste realtà, gli Hezbollah, musulmani sciiti vicini a Damasco e Teheran, cambieranno, anni dopo, le sorti del Libano. È il 12 luglio del 2006 quando miliziani di Hezbollah attaccano una pattuglia dell’esercito israeliano nel Sud del Libano uccidendo tre soldati e rapendone due. Israele reagisce con la forza, avviando un’offensiva contro il Libano per “neutralizzare l’apparato militare di Hezbollah”. Al massiccio attacco aereo non corrisponderà però quello di terra che porterà l’esercito israeliano, dopo un mese, ad un avanzamento di pochi chilometri. La resistenza di Hezbollah, infatti, dimostrerà la propria efficacia, contrattaccando il territorio israeliano con lanci di migliaia di missili. L’11 agosto, un mese dopo, il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite interverrà con una risoluzione (la 1701), che troverà il voto unanime dei Paesi membri, chiedendo l’immediata cessazione delle ostilità tra le parti, il ritiro di Israele dal Libano meridionale e l’interposizione delle truppe regolari libanesi e dell’Unifil (United Nations Interim Force in Lebanon) in una zona cuscinetto “libera – come si legge – da ogni personale armato che non sia quello delle Nazioni Unite e delle forze armate regolari libanesi”. Da allora fino ai giorni nostri la situazione al confine è rimasta tesissima con saltuari scontri tra le parti provocati a volte anche da futili motivi. Un esempio: per l’abbattimento di un albero, il 3 agosto 2010, scaturì un conflitto a fuoco tra l’esercito israeliano e quello libanese provocando la morte di quattro soldati.

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