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Quali sono le strategie politiche di Hamas e dell’Anp, le due formazioni che in Palestina controllano rispettivamente la Striscia di Gaza e la Cisgiordania? A settembre, Abu Mazen si è recato al Palazzo di Vetro per chiedere il riconoscimento dello Stato di Palestina. Un momento enfatizzato e accolto positivamente sia dall’opinione pubblica palestinese che dalla maggioranza dei media internazionali. Hamas ha dovuto improvvisamente gestire una inaspettata crescita di consenso a favore del suo rivale politico ed ha tentato di cavalcare lo scetticismo che molti osservatori, anche palestinesi, hanno mostrato nei confronti della iniziativa del leader di Fatah, definendola priva di “un reale peso politico” e mettendo in guardia, in piu’ di una occasione, dalle conseguenze negative, che la richiesta di riconoscimento di uno Stato palestinese avrebbe, ad esempio, per il futuro dei rifugiati che rischierebbero di perdere la propria rappresentanza internazionale (attualmente in mano all’Olp, l’Organizzazione per la liberazione della Palestina, riconosciuta dall’Onu). Ovviamente c’è anche una motivazione tutta politica per la quale Hamas osteggia l’iniziativa internazionale di Abu Mazen. Una vittoria, seppur parziale della delegazione palestinese al Palazzo di Vetro, porterebbe con sÈ un aumento di consensi per l’ormai logorata immagine di Abu Mazen e più in generale per tutto il partito di Fatah, fiaccato da corruzione e divisioni interne. In ogni caso dopo l’iniziativa di Abu Mazen e il suo discorso all’Onu, la Palestina non sembra uscita più forte dal Palazzo di Vetro. A distanza di un mese dalla richiesta di riconoscimento di uno Stato di Palestina, un altro importante evento ha scosso la scena politica palestinese. Improvvisamente, avviene qualcosa che molti in Israele non speravano più: il caporale Gilad Shalit, rapito da Hamas il 25 giugno del 2006, dopo cinque anni è stato liberato. In cambio Ha-

Inoltre Palestina “Il riconoscimento delle Nazioni Unite tappa essenziale per trovare la pace”.

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mas, che ha in consegna il soldato, ha ottenuto il rilascio, ed è solo una prima ondata, di 477 detenuti palestinesi, tra cui 27 donne. Altri 550 palestinesi, come previsto dall’accordo, usciranno dalle carceri israeliane entro fine anno. Il portavoce di Hamas, Saleh Barhhum ha annunciato, intervistato da Al-Jazeera: “Già ora possiamo dire che la prima fase dello scambio di prigionieri con Israele è stata completata con successo, siamo fiduciosi perché abbiamo avuto ampie rassicurazioni, non credo che gli israeliani possano oggi permettersi di non rispettare gli accordi”. L’accordo per la liberazione dei prigionieri palestinesi È da molti osservatori interpretata come una vittoria politica di Hamas. “Un risultato nazionale” l’ha definito il leader dell’organizzazione islamica Khaled Meshaal. A Gaza migliaia di palestinesi sono scesi in piazza per festeggiare il ritorno dei detenuti e attendere il loro arrivo. Sul piano interno palestinese dunque l’accordoShalit ridefinisce i rapporti di forza tra Hamas e Fatah. La richiesta di riconoscimento dello Stato di Palestina da un lato e la liberazione dei detenuti dall’altro, dimostrano il permanere, a livello politico e del controllo territoriale, di “due Palestine”. Quanto alla necessita’ di un dialogo nazionale e alla formazione di un Governo di unità, gli ostacoli da superare non riguardano solo le linee programmatiche, ma anche, soprattutto le divisioni interne tra le diverse “anime” di Hamas e di Fatah.

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