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Cecenia

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Situazione attuale e ultimi sviluppi

Sci di guerra

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Sarà che gli sport estremi vanno di moda – così come il turismo di guerra – ma l’idea di Valdimir Putin di trasformare il Caucaso Settentrionale nella più grande stazione sciistica al mondo è decisamente azzardata. Eppure, il Governo russo l’ha approvata, il 14 ottobre 2010, ed è già stato creato l’ente preposto, il Nothern Caucasus Resort, che ha già cominciato a lavorare, vista l’imminenza delle Olimpiadi invernali che la Russia ospiterà nel 2014, a Soci. Nel progetto, però, sono tagliate fuori sia la Cecenia che l’Inguscezia, forse perché queste due Repubbliche non vengono considerate abbastanza “sicure”. La cosa non dev’essere piaciuta a Ramzan Kadyrov, che aveva sempre parlato del suo Paese come della Svizzera del Caucaso, dichiarandosi pronto ad accogliere migliaia di turisti occidentali. Sarà quindi per una questione di puntiglio che il Presidente ceceno ha deciso di rilanciare, annunciando a sua volta, nel giorno dell’insediamento per il suo secondo mandato, che investirà 350milioni di euro, per costruire una stazione di sci per gli amanti degli sport estremi.

UNHCR/T. Makeeva

UNHCR/T. Makeeva Stando alla parata di stelle che l’11 maggio ha inaugurato il nuovo e scintillante stadio di Grozny – c’erano Maradona, Figo, Barthez, Baresi, Bobo Vieri e Costacurta, fra gli altri – per qualsiasi tifoso di calcio ceceno c’era solo da fregarsi le mani e godersi lo spettacolo. Che l’evento sia però riuscito a portare acqua al mulino del padre-padrone di questa turbolenta Repubblica autonoma del Caucaso russo, Ramzan Kadyrov – contribuendo così al successo della sua campagna “Via i segni di guerra dalla Cecenia” promossa con grande dispendio di risorse già da qualche anno – beh, questa è tutta un’altra storia. Sì, perché da queste parti la guerra continua e non c’è lifting di Grozny o eventi speciali che possano camuffarla. È una guerra ora a bassa intensità, uno stillicidio inarrestabile di attentati dinamitardi, imboscate, blitz e assassini mirati, che si allunga però di settimana in settimana e finisce perciò per ridicolizzare la dichiarazione con cui, il 16 aprile 2009, le autorità russe hanno abolito il regime Speciale Anti-Terrorismo (Kto), provando così a scrivere la parola fine sulla II Guerra cecena, scoppiata nel 1999. E, se questo non bastasse, ci sono poi le operazioni militari in grande stile, quelle che la guerriglia separatista – sia pure decimata – è ancora in grado di organizzare, anche al di fuori della Cecenia: l’ultima è stato l’attacco suicida all’aeroporto di Domodedovo, a Mosca, il 24 gennaio 2011, che ha fatto 36 morti e più di 150 feriti. Tre mesi prima, il 19 ottobre, un gruppo di ri-

Generalità

Nome completo: Repubblica Cecena Bandiera

Lingue principali: Capitale: Popolazione: Area: Religioni: Moneta: Principali esportazioni: PIL pro capite: Russo, Ceceno Groznyj 1.103.686 15.500 Kmq Musulmana sunnita Rublo, nahar Petrolio

n.d.

belli era riuscito ad attaccare la sede del Parlamento a Grozny, in pieno centro, probabilmente per prendere in ostaggio dei deputati, facendo 8 morti e una ventina di feriti; mentre in Daghestan come in Inguscezia i gruppi armati che sono più o meno direttamente legati all’emiro ceceno del Caucaso Doku Umarov rappresentano ormai un fattore di instabilità permanente, che mette a dura prova l’autorità di Mosca e dei suoi rappresentanti locali. Insomma, la popolazione cecena potrà anche essersi divertita allo stadio, l’11 maggio, ma sapendo bene che era solo una farsa: come i tre gol fatti segnare al presidente Kadyrov, l’ultimo dei quali dribblando addirittura Diego Armando Maradona.

Il conflitto che oppone la Grande Russia – prima zarista, poi sovietica ed ora di Putin&Medvedev – alla piccola Repubblica della Cecenia dura più o meno da duecento anni, sia pure a fasi alterne. L’annessione infatti di questa Regione allo spazio d’influenza russo non è mai stata accettata dal popolo ceceno, fiero e combattente: non a caso, la prima Guerra Santa contro i russi è del 1839 e tutti i grandi condottieri ceceni dei secoli scorsi – dallo sceicco Mansur all’imam Shamil – hanno costruito la loro leggenda e la loro popolarità sulla resistenza ad oltranza alle forze di occupazione inviate da Mosca. Da questa prospettiva, l’epoca sovietica ha aggiunto solo nuove ferite e nuova acrimonia. Accusati di aver collaborato con i nazisti, i ceceni non godettero infatti di buona fama, ai tempi di Stalin, e già nel 1944 si rivoltarono. In seguito cercarono di opporsi alla collettivizzazione forzata delle loro terre, al punto che Stalin ne ordinò la deportazione di massa in Kazakhistan, così come fece con altri popoli caucasici. Solo l’ascesa al potere di Krusciov permise ai ceceni di rientrare in patria, costretti però a convivere con i russi che ne avevano preso il posto e che rappresentavano ormai il 30% della popolazione. Non c’è dunque da stupirsi se il Movimento Irredentista Ceceno abbia rialzato la testa sul finire degli anni ‘80, quando l’Urss comincia ad implodere; e se poi, nel 1991, prima ancora della dissoluzione dell’Urss, viene proclamata a Grozny la Repubblica Islamica Cecena di Iskheria, indipendente da Mosca. È bastato questo per scatenare il risentimento russo, sfociato poi nelle due guerre del 1994-1996 e del 1999-2000. La prima guerra cecena scoppia l’11 dicembre 1994 con l’offensiva a sorpresa ordinata da Boris Yeltsin, all’epoca Presidente della Federazione Russa, con il pretesto di voler difendere la minoranza russa perseguitata nella nuova Repubblica. Ma nonostante la sproporzione delle forze in campo, i russi non riescono a prevalere e sono costretti ad accettare un accordo di pace umiliante, firmato il 31 agosto 1996: con tale accordo la Cecenia mantiene la sua autonomia, suggellata dall’introduzione della sharia, e la Russia accetta di negoziare l’indipendenza, anche se in un futuro non meglio precisato. Meno incerto è il pesante bilancio dei due anni di guerra: i morti sono almeno 40mila e i profughi 250mila.

Va detto che oggi del sogno irredentista ceceno resta ben poco. Sotto il comando dell’autoproclamato nuovo Emiro del Caucaso, Doku Umarov, resterebbero infatti – secondo le stime del vice-ministro degli Interni russi, Arkady Edelev – meno di 500 terroristi abbarbicati sulle montagne, fra cui una cinquantina di mercenari arabi. La maggioranza di questi combattenti, inoltre, sarebbe spinta a scegliere la guerriglia non da considerazioni ideologiche o da motivi religiosi, quanto piuttosto da motivi personali, Molto più breve fu la seconda guerra cecena, che scoppia il 1° ottobre 1999 e dura fino al 1° febbraio 2000, quando le truppe dell’Armata Rossa occupano Grozny, dopo averla rasa al suolo. Controversi restano ancora oggi i motivi che portarono alla guerra: è vero infatti che l’intervento russo venne ufficialmente scatenato da una serie di attentati organizzati dai ribelli ceceni in territorio russo, con una lunga scia di morti – 240 solo a Mosca, nel 1999 – ma secondo molti analisti la guerra fu una prova di forza voluta dal primo Ministro Vladimir Putin per guadagnarsi una facile popolarità e preparare la propria ascesa al potere. In ogni caso l’occupazione militare russa non riesce ad aver ragione della guerriglia cecena, che non solo obbliga l’Armata Rossa a pagare un pesante tributo di sangue ma riesce anche a portare il terrorismo in casa del nemico, con un’escalation di azioni spettacolari: dal sequestro degli spettatori del Teatro Dubrovka nell’ottobre 2002 – i morti furono 130, uccisi nel blitz delle forze speciali russe – al sequestro degli scolari della scuola di Beslan, in Ossezia del Nord, dove i morti furono più di 300. Dalla guerra aperta si è passati insomma ad una guerra asimmetrica, che si protrae fino ad oggi. In ogni caso, dei 100mila uomini impiegati dall’Armata Rossa in Cecenia all’epoca delle due guerre, ne sono rimasti ormai, con la fine del Kto, solo poche migliaia, dislocati nelle casermefortezze di Gudermes, Kankalia e Kashali.

UNHCR/T. Bolstad

per vendicarsi cioè di un torto subito. Dietro questo mutamento epocale c’è sia la stanchezza – in Cecenia si combatte ormai da 20 anni – che l’eliminazione progressiva di tutti i grandi leader della guerriglia: dal Presidente Dzokhar Dudaev, ucciso nel 1996 con un missile guidato via laser mentre parlava al telefonino, al suo successore Aslan Maskhadov, ucciso nel 2005, fino al comandante Shamil Basayev, ucciso nel 2006. Ma a far suonare la campana a morto per la guerriglia cecena è stata soprat-

Il killer di Anna

È stato arrestato nella casa dei suoi genitori in Cecenia, il 31 maggio 2011, Rustan Makhmudov, accusato di essere stato l’esecutore materiale dell’omicidio della famosa giornalista russa Anna Politkovskaja, freddata a colpi di pistola nell’ascensore della sua casa di Mosca, il 7 ottobre 2006. I fratelli di Rustan, Ibrahim e Dzabrail, che erano stati accusati di complicità nell’omicidio ed erano già stati arrestati, sono stati già scagionati e rilasciati nel febbraio 2009, per mancanza di prove. La Corte Suprema russa aveva però annullato quella sentenza ed ora si attendono gli esiti di una seconda inchiesta. Malgrado le apparenze, l’arresto del presunto killer della Politkovskaja difficilmente farà fare dei passi avanti nelle indagini. Come hanno ribadito nell’occasione i figli della giornalista, il caso sarà risolto solo quando i mandanti dell’omicidio verranno individuati e puniti.

Quadro generale

Doku Umarov (Kharsenoi, 13 aprile 1964)

In foto compare sempre con una lunga barba da wahabbita, ma in realtà Doku Umarov, classe 1964, già quinto Presidente della Repubblica cecena di Iskeria, dal 2007 auto-proclamatosi Emiro del Caucaso, cerca soprattutto di nascondere le ferite alla mascella (e non solo) inflittegli dai russi, che lo considerano da anni il loro nemico numero uno. Lui d’altronde, fin dal suo insediamento ai vertici della guerriglia cecena, ha sempre dichiarato di voler estendere il conflitto “a tutto il Caucaso e alla Russia intera”, firmando le azioni militari più spettacolari e sanguinose, dall’attentato alla metropolitana di Mosca (29 marzo 2010) all’attacco suicida all’aeroporto di Mosca (24 gennaio 2011). Come ritorsione, i russi e i miliziani di Kadyrov gli hanno sterminato l’intera famiglia. Umarov non ha però dalla sua la totalità dei guerriglieri ceceni. La sua proclamazione dell’Emirato del Caucaso venne ad esempio bocciata da Ahmed Zakayev, che un tempo era il suo mentore ed oggi è uno dei leader della diaspora cecena in Europa. E con Zakayev si sono poi schierati diversi comandanti, fra cui Arsayev e Murayev. È anche nel tentativo di superare questi dissapori che nel 2010 Umarov recede dalla carica, nominando nuovo Emiro Aslambek Vadalov. Dopo qualche giorno, però, ci ripensa e si riprende il trono.

UNHCR/T. Makeeva

Omicidio eccellente Ha fatto scalpore l’omicidio a Mosca, il 10 giugno 2011, con quattro colpi di pistola alla testa, dell’ex colonnello dell’Armata Rossa Yurij Budanov. La sua figura è stata infatti al centro di uno dei più clamorosi casi giudiziari degli ultimi anni, di cui si era occupata più volte anche Anna Politkovskaja. Nel marzo del 2000 Budanov, che comandava un’unità corazzata in Cecenia, sequestrò, violentò, torturò ed uccise una ragazza di 18 anni, Elsa Kungayeva, con l’accusa – dimostratasi poi infondata – di aver sparato contro i tank russi. Il processo andò avanti per più di due anni e alla fine Budanov, diventatò l’eroe dei gruppi della destra ultra-nazionalista russa, venne condannato a soli 10 anni di carcere e solo per omicidio. Qualche anno dopo, il tribunale militare gli concesse un ulteriore sconto di pena, che consentì a Budanov di uscire di prigione nel gennaio 2009. Due anni dopo la sua esecuzione. È probabile che il killer di Budanov sia venuto dalla Cecenia – per vendetta – ma non è da escludere che si sia voluto tappare la bocca a un personaggio ingombrante, che sapeva troppo sulle malefatte dell’Armata Rossa nel Caucaso.

tutto l’ascesa di un clan forte e prestigioso, che ha scelto di abbandonare la lotta armata e si è schierato dalla parte del Cremlino: il clan dei Kadyrov. Già gran Mufti di Grozny, Akhmad Kadyrov viene eletto capo del Governo nel 2000 e diventa Presidente della Cecenia nell’ottobre 2003, carica che occupa fino al maggio 2004, quando viene ucciso in un attentato allo stadio di Grozny. Al suo posto è subentrato il figlio Ramzan, famoso per i suoi metodi brutali, che viene confermato presidente nel 2007 e regna tuttora, con pieni poteri. È la milizia dei Kadyrov che viene incaricata, negli ultimi anni, di fare la “guerra sporca”, in nome di una progressiva cecenizzazione del conflitto, perseguita da Mosca con caparbietà: ne consegue un’alternanza di bastone e carota, con ripetute amnistie per i ribelli che scelgono di abbandonare la lotta armata e una spietata caccia all’uomo per stanare gli irriducibili. Se i risultati ci sono, insomma, restano contradditori. Per imporre la sua pace, Ramzan Kadyrov ha ridotto infatti a carta straccia i diritti umani più elementari, come denunciano da anni Memorial e tutte le organizzazioni internazionali. Governando così, finisce inoltre per buttare altra benzina sul fuoco del risentimento e dell’odio che stanno alla base della questione cecena. Alle lunghe, perciò, il rimedio rischia di essere peggiore del male.

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