Cetacei dell'Arcipelago Toscano

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PARCO NAZIONALE ARCIPELAGO TOSCANO

CETACEI DELL’ARCIPELAGO TOSCANO

I Quaderni del Parco



PARCO NAZIONALE ARCIPELAGO TOSCANO

CETACEI DELL’ARCIPELAGO TOSCANO

I Quaderni del Parco


Coordinamento editoriale Franca Zanichelli, Giovanna Amorosi Testi Antonello Marchese, Letizia Marsili, Franca Zanichelli, Giuliana Gillone, Carolina Miarelli Hanno collaborato Giovanna Amorosi, Giacomo Montauti, Carlo Trombetti Foto Ambiente Mare, F. Agostinelli, J. Alessi, P. Bonelli, Centro Ricerca Cetacei, G. Di Stefano, Econauta, F. Fossa, G. Gillone, Istituto Tethys, S. Maltese, A. Marchese, Oceanomare Delphis, Osservatorio Toscano Cetacei, Panda Photo, J. Redfern Disegni Emerald di Lisa Bertè GraďŹ ca Gipodesigner di Giampiero Porcheddu Stampa Bandecchi e Vivaldi


3 Cetacei dell’Arcipelago Toscano

Indice Introduzione pag. 5 Balene nella storia pag. 6 L’uomo e i delfini pag. 8 Mare nostrum pag. 9 Il Santuario Pelagos pag. 10 La ricerca per la conservazione pag. 12 Storia evolutiva dei cetacei pag. 14 Dove e come avvistarli pag. 16 Codice di Condotta pag. 20 Cosa fare in caso di necessità… pag. 21 L’Osservatorio Toscano dei Cetacei pag. 22 Cetacei dell’Arcipelago Toscano pag. 24 Misticeti pag. 26 Balenottera comune pag. 28 Balenottera minore pag. 30 Odontoceti pag. 32 Capodoglio pag. 34 Stenella striata pag. 36 Delfino comune pag. 38 Tursiope pag. 40 Globicefalo pag. 42 Grampo pag. 44 Zifio pag. 46 Orca pag. 48 Pseudorca pag. 50 Steno pag. 52 Per saperne di più pag. 53 La comunicazione sonora sott’acqua pag. 55 L’Elba e i grandi Cetacei pag. 56 Fattori di minaccia pag. 60 La Casa del Parco di Marciana pag. 66 Le azioni del Parco pag. 67 Whale watching nell’Arcipelago pag. 68 Scheda per l’avvistamento pag. 70 Bibliografia essenziale pag. 71



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I cetacei sono i testimoni della ricchezza biologica del nostro mare: un grande valore che tutti dobbiamo difendere Questo manuale offre al lettore uno sguardo sulle specie di Cetacei che frequentano abitualmente il Mediterraneo e che si possono incontrare in mare aperto e lungo le coste dell’Arcipelago Toscano. Gli avvistamenti sono davvero frequenti nelle acque del Parco Nazionale! Anche dai traghetti di linea che collegano le isole non è raro imbattersi in gruppetti di tursiopi o stenelle mentre più rari e fortunati sono gli incontri ravvicinati con il capodoglio o con la grande balenottera. Molte di queste segnalazioni fornite anche da naviganti e turisti, grazie ad una rete di coordinamento ormai consolidata, diventano utili informazioni per esaminare la biologia delle popolazioni che si distribuiscono in questo settore del Mar Tirreno. Le ricerche scientifiche compiute da istituti universitari specializzati si integrano con il prezioso lavoro di tanti volontari addestrati e giovani ricercatori che effettuano centinaia di ore di osservazione per catalogare con accuratezza gli avvistamenti. Possiamo dire che le conoscenze attuali sono il frutto di un sodalizio formidabile che forse non ha eguali in altri settori della ricerca sul campo. Confrontando le sequenze di scatti fotografici delle numerose banche dati ecco che le anonime pinne dorsali dei tursiopi diventano inequivocabili connotati di precisi individui, soggetti di vicende comportamentali conosciute, testimoni di peregrinazioni a grande distanza o di vagabondaggi costieri meno impegnativi. In questo scenario si inserisce il rapporto tra attività umane e impatto sull’ambiente marino. Oggi sappiamo che sui mammiferi marini, che sono all’apice della catena alimentare, si concentrano i numerosi effetti negativi derivanti dall’inquinamento e dal sovrasfruttamento del patrimonio ittico. Il Santuario dei Cetacei è stato voluto da diversi Stati per promuovere una custodia attiva tesa a contrastare le cause di impoverimento. Ma non si può proteggere senza conoscere: per questo la conoscenza del mondo naturale è fattore determinante per la difesa del mare che è patrimonio di tutti, anche dei nostri cetacei. Franca Zanichelli direttore del Parco Nazionale Arcipelago Toscano


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Balene nella storia Scriveva Plinio il Vecchio, eminente naturalista e scrittore latino del I secolo d.C. che la costa ligure e provenzale a Ponente, veniva chiamata costa balaenae per la grande concentrazione di mammiferi marini di grandi dimensioni. “Balaenae in nostra maria penetrant” le balene entrano nei nostri mari, si riteneva che provenendo dai mari del Nord, entrassero nel Mediterraneo da Gibilterra seguendo le navi e che poi giungessero fino nelle nostre acque. Oggi studi e ricerche hanno stabilito che le balenottere del Mediterraneo, assai numerose proprio nel Mar Ligure e nel Tirreno, apparterrebbero invece ad uno stock genetico autoctono con cittadinanza esclusiva del Mare Nostrum. Non è casuale che oggi quel tratto di mare insieme alle acque intorno all’Arcipelago Toscano, alla Corsica ed alla Sardegna sia stato inserito nel Santuario per i Mammiferi Marini, un vasto specchio acqueo divenuto la più grande Area Marina Protetta di livello internazionale europeo. La stupefacente presenza di Cetacei è spiegabile con una fortunata situazione alimentare innescata dal gioco delle correnti che creano processi di risalita delle sostanze nutrienti, dando il via alla catena alimentare, dalle forme più microscopiche a quelle di più grandi dimensioni. E’ quindi possibile avvistare con una certa frequenza grandi mammiferi marini come globicefali, grampi e capodogli e fra i più piccoli per dimensioni tursiopi, delfini e stenelle. Una volta si avvistavano più frequentemente. Oggi capita ancora di vederli dal ponte delle navi traghetto che collegano le isole alla Toscana. E’ più facile avvistarli però dalle imbarcazioni da diporto, soprattutto dalle silenziose barche a vela. E’ frequente vederli nuotare sulla scia per affiancarsi e infilarsi sotto la prua, in quegli attimi sembrano guardare gli sbalorditi passeggeri e divertirsi per la loro stessa abilità. A volte si cimentano in mirabolanti acrobazie oppure si limitano ad affiorare con le pinne per un semplice saluto. Fra i più giocherelloni e disposti a interagire con l’uomo troviamo il delfino comune, oggi purtroppo poco diffuso, il tursiope e la stenella. Fino a non molto tempo fa i Cetacei erano ancora poco conosciuti e studiati. Pochissimi conoscevano le loro abitudini e finivano per essere assimilati erroneamente ai pesci e così considerati specie da pescare al pari delle altre forme di vita marina. Un po’ di chiarezza venne fatta nell’Ottocento quando le balene e gli altri mammiferi marini iniziarono ad essere argomento di ricerca scientifica. Nella cultura popolare i Cetacei rimasero però avvolti da un alone di mistero fino al periodo post bellico. Infatti pochi sapevano, ad esempio, che le balene non hanno i denti ma i fanoni . L’errore appare anche nel racconto di Pinocchio in cui si descrive la “balena “ ma la si raffigura, persino nel parco di Collodi, con tanto di denti aguzzi. Basti pensare che quando, nell’aprile del 1966, un grampo di circa 4 metri si spiaggiò sull’arenile di Rimigliano vicino a San Vincenzo (LI), venne identificato dagli esperti locali come “capidoglio”. Ricordiamo che, questi animali, sono mammiferi e non pesci, respirano come noi e quando si immergono compiono delle vere e proprie apnee che durano


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© Ambiente Mare

© G. Di Stefano

Branco di tursiopi vicino alle coste dell’Elba

fino a 2 ore per i Cetacei più grandi, raggiungendo profondità anche di 2000 m. I delfini sono grandi cacciatori, ghiotti di pesci e calamari, tanto da sembrare rivali dell’uomo nella pesca in mare. In realtà i pescatori raccontano che, ai tempi dell’attività della tonnara dell’Enfola, gli astuti cetacei guidassero i tonni, assai meno intelligenti di loro, fin dentro la rete e, una volta abbandonati i pesci nella camera della morte, scappassero prima dell’inizio della mattanza. Già gli autori classici scrivevano che questi Mammiferi hanno sempre aiutato l’uomo a pescare, facendo da barriera ai pesci per spingerli nelle reti, aspettando poi dai pescatori una parte del bottino come meritata ricompensa.

Capodoglio in emersione si nota la piccola pinna dorsale


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L’uomo e i delfini

© Archivio PNAT

Mosaico con delfini dagli scavi archeologici della Villa Romana di Giannutri

Antico è il rapporto fra genere umano e delfini. Si narra che, pescatori e naviganti caduti in mare siano stati difesi dagli squali e portati in salvo. I miti classici parlano ad esempio che Icadio, figlio di Apollo, vittima di un naufragio fu portato in salvo da un delfino ai piedi del Monte Parnaso dove, in suo onore, venne fondata la città di Delfi. Erodoto racconta che il poeta Arione, gettato in mare dai pirati, sarebbe stato salvato e condotto a riva dai delfini. Oggi, acquisita una diversa sensibilità ambientale, l’uomo cerca di proteggerli. Nel luglio 1994 nelle acque tra Cavo e Palmaiola, gli equipaggi delle motovedette dei Carabinieri e della Capitaneria di Porto furono testimoni di un episodio davvero commovente conclusosi con il salvataggio di una femmina di stenella ad opera di un giovane carabiniere. Il cetaceo era rimasto imbrigliato in un pezzo di rete, ferendosi nel tentativo di liberarsi. Il giovane sub dovette intervenire con un coltello per tagliare il nylon, nonostante l’altro esemplare presente, probabilmente il compagno cercasse in un primo momento di proteggere la delfina dall’intervento dell’uomo. Pochi attimi furono sufficienti per chiarire le reali intenzioni del sommozzatore e la vicenda si risolse con i balzi di gioia della coppia marina intorno alle motovedette. Al largo di Pianosa dieci anni dopo, ai turisti a bordo di una piccola motonave si presentava una simile scena, ma questa volta era un cucciolo di tursiope a dibattersi cercando di liberarsi dalla presa di un cavo di nylon che avvolgeva la coda. Accanto era forse la madre che cercava invano di liberarlo. Il comandante dell’imbarcazione, fermati i motori, dopo alcuni tentativi riusciva ad agganciare la corda e a tagliarla, permettendo la fuga del piccolo sotto gli occhi meravigliati di una quarantina di passeggeri.


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Mare Nostrum La straordinaria scoperta dell’esistenza di popolazioni di Balenottera comune autoctone potrebbero indurre a considerare il Mar Mediterraneo come un piccolo oceano. In realtà il Mare Nostrum con i suoi 2.966.000 kmq costituisce soltanto lo 0,81% della superficie totale delle acque della Terra. Questo mare, racchiuso tra continenti, presenta una lunghezza massima di circa 4.000 km e un’estensione costiera di 46.000 km. Vi si affacciano 20 Paesi che contano in totale una popolazione di circa 450 milioni di persone. Si tratta di un mare profondo che raggiunge in media i 1500 m.

© P.Bandinelli

Particolare estratto da Map or Chart of the Mediterranean Sea di R. W. Seale

Benché si presenti come un unico mare può essere diviso in due distinti settori con caratteristiche fisiche diverse. Il bacino occidentale che si estende fino alla dorsale siculo-tunisina è più freddo e meno salato con una temperatura media di 15 C° e una salinità di 36 ‰, contro i 21 C° e una salinità del 39 ‰ di quello orientale. Si tratta dunque di un mare temperato che riesce a ricambiare le sue acque con l’Oceano Atlantico ogni 100 anni circa poiché lo stretto di Gibilterra, la piccola e unica soglia naturale del nostro mare, limita la circolazione delle correnti avendo una profondità massima di soli 320 m.


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Il Santuario Pelagos Il Santuario Internazionale dei Mammiferi Marini Pelagos è stato istituito con un accordo internazionale nel 1999. È un’area di tutela transfrontaliera di 87.500 kmq tra Francia, Principato di Monaco ed Italia, con al centro la Corsica. I quattro vertici sono: la Penisola di Giens in Francia, Punta Falcone in Sardegna, Capo Ferro nella Sardegna nord-orientale, e la foce del Fosso Chiarone al confine toscolaziale. Il Parco Nazionale Arcipelago Toscano ne è di fatto parte integrante. I tre Paesi firmatari si impegnano a tutelare i mammiferi marini di ogni specie e i loro habitat, proteggendoli dagli impatti negativi diretti o indiretti delle attività umane. Il Santuario è inserito nella lista delle Aree Specialmente Protette di Importanza Mediterranea (ASPIM) della Convenzione per la protezione dell’ambiente marino di Barcellona. Al suo interno sono vietate le competizioni motonautiche, vige il divieto di cattura o disturbo dei mammiferi marini, la normativa prevede la regolamentazione delle attività turistiche di osservazione dei Cetacei. Con il Decreto Presidenziale n.209 del 2011 le acque di Sardegna, Toscana e Liguria sono state dichiarate zone di protezione ecologica. Il Decreto così emanato ha l’importante funzione di rendere operative le misure di gestione delle iniziative di salvaguardia all’interno del Santuario, rimuovendo le barriere che fin’ora hanno impedito di considerare questo vasto tratto di mare una vera e propria area marina protetta. Nel 2009 nella IV Conferenza delle Parti del Santuario Pelagos è stata istituita la Carta del Parternariato del Santuario che prevede la sottoscrizione tra Pelagos e i Comuni rivieraschi dei 3 Stati contraenti per ridurre le attività di impatto. La sottoscrizione avviene pubblicamente sotto l’egida del Ministero dell’Ambiente e i Sindaci deliberano la sottoscrizione firmando la Carta che viene consegnata dalla Capitaneria di Porto. Nel 2012 Il Parco Nazionale Arcipelago Toscano ha promosso presso i Comuni del proprio territorio la firma della Carta di Partenariato. In seguito all’adesione, questi ultimi, si sono impegnati a riservare una particolare attenzione per la gestione del loro territorio nell’adottare soluzioni che abbiano il minor impatto possibile sui Cetacei ed i loro habitat. Sono favorite le azioni pedagogiche e di informazione per diffondere e valorizzare il rispetto degli obiettivi del Santuario, contribuendo a ridurre al massimo le attività che influenzano la vita dei mammiferi marini compresa la diminuzione dell’impatto dovuto alla nautica sportiva. Ogni Comune in virtù del suo impegno espone la bandiera del Santuario. Di seguito le aree protette affacciate sul Santuario con zone di protezione a mare. Per l’Italia Parco Nazionale Arcipelago Toscano Parco Nazionale Arcipelago di La Maddalena Parco Nazionale dell’Asinara Parco Nazionale delle Cinque Terre Parco Regionale della Maremma Parco Regionale di Migliarino San Rossore Massaciuccoli Area Marina Protetta Secche della Meloria Area Marina Protetta delle Cinque Terre Area Marina Protetta di Portofino Area Marina Protetta di Bergeggi Area di Tutela Biologica Le Ghiaie-Scoglietto (isola d’Elba)

Per la Francia Parc National de Port Cros Réserve Naturelle les îles Lavezzi Réserve naturelle de l’Étang de Biguglia Réserve Naturelle de Scandola Réserve Naturelle de Bouches de Bonifacio Réserve Naturelle des îles Cerbicales Réserve Naturelle des îles Finocchiarola Per il Principato di Monaco Tombant à corail des Spélugues Réserve sous-marine du Larvotto et zone côtière du Portier



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La ricerca per la conservazione Le diverse specie di cetacei che popolano il Mediterraneo sono in stretta relazione ai diversi ambienti marini inclusi nel santuario Pelagos. Pioniere delle ricerche e del monitoraggio sulle popolazioni che frequentano i nostri mari è Giuseppe Notarbartolo di Sciara, fondatore dell’Istituto Tethys di cui tuttora è presidente. Da circa 30 anni opera sul campo per far luce sugli spostamenti degli animali, per analizzare gli adattamenti e comprenderne i comportamenti. La ricognizione via mare viene basata sull’utilizzo di transetti ripetuti con rotte selezionate su base geografica randomizzata. Inoltre l’esplorazione marina è sempre più frequentemente accompagnata da specifici sorvoli aerei. Nell’Istituto operano numerosi ricercatori che esaminano le serie storiche di dati per comparare le osservazioni formulando valutazioni sulla consistenza delle popolazioni, sulla preferenza degli habitat, indagando gli aspetti biologici connessi all’alimentazione e alla socialità, caratteristica quest’ultima molto accentuata nei cetacei. “Le crociere di avvistamento”, ci specifica lo studioso “sia visive che acustiche, forniscono informazioni sulla struttura sociale dei gruppi, sulla loro consistenza e sulla distribuzione nei diversi settori del Santuario in relazione alle differenti preferenze di habitat. Vi sono specie strettamente pelagiche, altre che frequentano la scarpata continentale e alcune che utilizzano la piattaforma costiera in evidente dipendenza dalla presenza delle prede predominanti nella dieta. Le aree di minore profondità sono importanti per i tursiopi mentre le acque profonde sono battute dalle balenottere, dai capodogli e dalle stenelle striate. Controllando le serie di dati ripetuti riusciamo ad effettuare stime significative di abbondanza e constatiamo i comportamenti migratori. La Balenottera comune è un grande migratore e si rinviene a nord – nord ovest dell’Arcipelago. Alcuni esemplari sembrano essere più sedentari, ma il grosso si sposta ed i picchi di presenza sono nel Mar Ligure occidentale e al largo della Corsica occidentale nei mesi estivi. Dal sud del Mediterraneo vi sarebbe un corridoio di spostamento con flussi verso nord in primavera e ritorno in autunno. Nel corso di questi spostamenti può capitare che le balenottere, come è di recente accaduto nei porti di Portoferraio e Genova (ottobre 2013), giungano in prossimità delle aree di navigazione. Non si tratta di animali in difficoltà ma di normali divagazioni nella fase di spostamento per poi riprendere la rotta. Per quanto riguarda i piccoli cetacei, il tursiope è il più stanziale. I grampi prediligono le scarpate più ripide dove rinvengono i calamari mesopelagici. Attraverso i cataloghi di foto - interpretazione basati sulle caratteristiche fisiche si può arrivare al riconoscimento dei singoli individui; il metodo è assai utile per capire meglio il comportamento sociale delle diverse specie. Sono circa 300 i lavori scientifici pubblicati in questi anni dai ricercatori dell’Istituto e recentemente è stato realizzato, con il supporto di varie organizzazioni internazionali (UNEP, MAP, MEDPAN, ACCOBAMS, RAC/SPA), un utile manuale per i gestori di aree marine protette: The Cetacean manual for MPA managers, il cui testo in


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© G. Gillone

Le balenottere dell’ottobre 2013 nel porto di Portoferraio

inglese può essere scaricato dal web: http://www.rac-spa.org/sites/default/files/doc_cetacean/manuel_cetaces_ amp.pdf Le segnalazioni di spiaggiamenti e di animali in difficoltà ci proiettano verso le criticità e i pericoli cui vanno incontro questi animali. Vi sono problemi di tipo fisiopatologico sui quali indagano gli specialisti per stabilire le cause della debilitazione. Per i grandi cetacei le collisioni con i mezzi nautici sono le principali cause dirette di mortalità mentre le emissioni sonore subacquee possono interferire con la biologia delle specie. Lo zifio si è rivelato il più sensibile alle emissioni acustiche emesse per motivi di ricerca petrolifera o esercitazioni militari. Queste ultime per di più sono coperte da segreto e quindi non è dato conoscere l’esatto utilizzo dei dispositivi acustici impiegati. Sarebbe utile prevedere una procedura di Valutazione di Incidenza essendo i Cetacei specie inserite negli allegati della direttiva 92/43 habitat.”


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Nella pagina accanto, tavola raffigurante l’evoluzione dei Cetacei negli ultimi 50 milioni di anni

Storia evolutiva dei cetacei Oggi sappiamo che i Cetacei sono mammiferi acquatici e i loro habitat si estendono dagli ambienti fluviali alle profondità degli abissi. Perfettamente adattati alla vita nell’acqua, possiedono caratteristiche che li fanno assomigliare ai pesci come l’idrodinamicità e le pinne, ma come i mammiferi terrestri, sono animali a sangue caldo che respirano con i polmoni e allattano i piccoli. I Cetacei iniziarono la loro storia evolutiva circa 60 milioni di anni fa con l’adattamento alla vita acquatica di specie terrestri proprie di ambienti palustri e lagunari. I fossili testimoniano l’esistenza di antichi ungulati carnivori, simile a grossi cani, dalla forte dentatura detti Pakiceti che successivamente subirono un’evoluzione verso specie sempre più adattate all’ambiente marino. Il loro aspetto scheletrico si modificò con la riduzione e scomparsa degli arti posteriori, l’adattamento di quelli anteriori in pinne e lo spostamento delle narici verso la parte superiore del cranio, fino ad arrivare, circa 30 milioni di anni fa, a forme sempre più vicine ai Cetacei attuali. L’ordine Cetacea è formato da 14 famiglie e 86 specie raggruppate nei due sottordini.

*Planctonico: si dice di piccoli organismi che vivono sospesi nelle acque lasciandosi trasporatre dalle correnti

© A. Marchese

Ricostruzione di scheletro di capodoglio, in evidenza gli arti anteriori trasformati in pinne e la caratteristica forma del cranio

Gli Odontoceti come i delfini, le orche, i capodogli e gli zifi hanno i denti e si nutrono prevalentemente di pesci e cefalopodi mentre i Misticeti, come le balene e le balenottere si nutrono di piccoli pesci, crostacei e altri organismi planctonici*e non hanno denti, ma fanoni. Nel Mediterraneo sono state segnalate 21 specie di cetacei, delle quali alcune rare o accidentali. Solitamente nei mari intorno all’Italia e nel Santuario Pelagos si possono osservare le 12 specie descritte in questo manuale.


©Emerald di Lisa Bertè


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Dove e come avvistarli Nel vasto specchio di mare del Santuario Pelagos vi è una buona varietà di Cetacei. Questa biodiversità è legata oltre che alla ricchezza di risorse alimentari, specialmente in primavera ed estate, anche ai diversi habitat esistenti. Incontriamo la piattaforma continentale, cioè la fascia marina di demarcazione dei continenti che arriva alla profondità di 200 m; questa lascia poi il posto alla scarpata continentale, pendio che collega la piattaforma alle piane abissali, considerate il vero fondale marino. L’uomo, mammifero di superficie, non riesce a comprendere facilmente con i propri sensi queste variazioni legate agli ambienti subacquei che sono dovute alla profondità e alle caratteristiche del fondale. I Cetacei, per le proprie peculiarità biologiche, abitudini ed esigenze alimentari, scandagliano gli abissi frequentando facilmente le zone di mare più proficue per la caccia. Va da sé che per incontrare le diverse specie di Cetacei, bisogna recarsi nei luoghi a loro più congeniali. In genere la fascia immediatamente sotto costa, seppur tipica di alcuni delfinidi, è povera di avvistamenti per il disturbo arrecato dalle attività umane, soprattutto nel periodo estivo. Le stenelle, ad esempio, si possono trovare un po’ dovunque, da poche miglia dalla costa fino in alto mare. Il grampo si incontra in zone prossime alla linea di costa o sulla scarpata continentale dove i fondali raggiungono anche i 600 m.

© Ambiente Mare

Fase di avvicinamento ad un piccolo branco


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© Tethys

Imbarcazione durante l’incontro con una balenottera

Le balenottere tendono a frequentare i fondali più profondi, dove possono scendere fino a 2000 m ed oltre, ma non sono esclusi alcuni avvistamenti costieri, soprattutto nella stagione della migrazione. I globicefali si incontrano generalmente in alto mare e i capodogli, più rari, possono essere avvistati in corrispondenza delle scarpate continentali che rappresentano le loro aree preferite di alimentazione. Praticare il whale watching non è facile poiché, anche se si tratta di specie di grandi dimensioni, questi animali affiorano solo per qualche secondo per respirare prima di immergersi nuovamente lasciando intravedere appena la pinna dorsale. Le condizioni migliori per l’avvistamento sono quelle in cui il mare è calmo e privo di increspature, quando le perturbazioni superficiali legate all’affiorare di un cetaceo sono facilmente riconoscibili sulla superficie uniforme. Se c’è vento che increspa il mare e muove i flutti, riconoscere la pinna di un delfino da quella di un altro cetaceo diventa più problematico. Le posizioni ottimali per avvistarli sono quelle elevate rispetto al livello del mare, quali ad esempio il ponte di una nave o la coffa di un veliero. L’ideale è avere sempre due avvistatori di guardia in modo che ciascuno controlli metà dell’orizzonte. Al momento del primo avvistamento ad occhio nudo deve essere data agli altri partecipanti immediata comunicazione della posizione degli animali rispetto alla barca, normalmente si usano le lancette delle ore dell’orologio considerando


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ore 12 la prua. In un secondo tempo l’avvistamento può essere verificato utilizzando un binocolo di media potenza, ma luminoso; vanno bene ad esempio i binocoli 8 x 40. Questi strumenti ottici sono sufficienti per consentire la visione di animali di medie dimensioni e ridurre l’effetto di vibrazione dovuto al movimento dell’imbarcazione. La presenza di Cetacei può essere segnalata dall’apparire di un dorso, da un soffio (per le grandi specie come le balene o i capodogli) oppure da uno spruzzo più vistoso legato ad un salto di un delfino. A volte ci possono essere anche falsi avvistamenti collegabili al salto di un tonno o di un pesce spada, quindi la conferma che si tratti di un cetaceo verrà data dal fatto che questo, prima o poi, tornerà in superficie per la boccata d’aria successiva. Calma però, in certi casi può passare anche molto tempo prima che l’animale torni a galla; balene e capodogli possono compiere apnee di decine di minuti. In questi pochi attimi in cui gli animali sono visibili bisogna cercare di contare gli esemplari presenti e di vedere se vi siano dei piccoli. In quel caso sarà possibile notare le loro dimensioni, la posizione sul dorso, la grandezza e la forma della pinna dorsale che può essere falcata, arrotondata o triangolare*.

*Pinna falcata

*Pinna arrotondata

*Pinna triangolare

© Ambiente Mare

E’ frequente vedere le stenelle saltare vicino alla prua


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© Ambiente Mare

Un gruppo di delfini proprio sotto la delfiniera di un veliero

Importante è osservare il profilo della testa per vedere se il “melone”**, la struttura di forma arrotondata posta sul capo, è pronunciato o meno. Fondamentale è osservare il colore della superficie del corpo: vale a dire se è uniforme, oppure se vi sono disegni, chiazze chiare e/o graffi. Al contempo è rilevante documentare l’avvistamento con filmati e documentazione fotografica in modo da poter identificare e catalogare a terra, con tutta calma, gli esemplari avvistati. Le moderne reflex digitali ad alta risoluzione offrono grandi possibilità, permettendo di scattare un gran numero di immagini di ottima qualità. Consigliamo a tal fine l’utilizzo di uno zoom tra 80 e 300 mm di focale, mentre per immortalare i delfini sulla prua delle imbarcazioni è consigliabile il grandangolo. Per la classificazione e il riconoscimento degli esemplari avvistati possono essere utili gli scatti che ritraggono la pinna dorsale o particolari caratteristiche degli animali incontrati come cicatrici, graffi e altri segni.

**Melone: organo di forma ovale posto al centro della fronte degli odontoceti, ha la funzione di una lente acustica per concentrare i suoni usati dal sistema di ecolocalizzazione


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Il Codice di condotta La pratica del whale whatching, l’osservazione dei Cetacei per finalità scientifiche ed educative sta diventando sempre più diffusa e in alcune zone costiere del pianeta si è dimostrata una vera risorsa economica tanto che alcuni pescatori e altri operatori del mare si sono dedicati a questo tipo di attività accompagnando turisti e appassionati nei luoghi dove gli avvistamenti sono più frequenti. Per garantire l’incolumità ed evitare gli eccessi di disturbo è stato perciò necessario stilare un codice di comportamento per coloro che, per professione o per diporto, conducono i natanti nelle zone frequentate dai Cetacei. Ecco in sintesi le regole di condotta per effettuare l’avvistamento Cetacei: - Non avvicinarsi più di 50-100 m agli animali. Assicurarsi che non ci siano altre imbarcazioni nel raggio di 100 m e non ve ne siano più di tre entro i 300 m. Una sola imbarcazione deve trovarsi nella zona di osservazione; - Non avvicinarsi frontalmente e non effettuare rapidi cambiamenti di rotta o di velocità; - Non rimanere più di 20-30 minuti nella zona di osservazione; - Non fare il bagno con gli animali; non gettare in acqua cibo od altro materiale; durante gli avvistamenti è opportuno rimanere tranquilli, non urlare, fischiare o emettere forti rumori; - E’ necessario manovrare in modo da non disturbare o interferire con il normale comportamento degli animali; non forzare i loro movimenti con l’imbarcazione; - E’ necessario abbandonare la zona se i Cetacei mostrano segni d’intolleranza; - Se i Cetacei si avvicinano ed iniziano a nuotare a prua, si deve mantenere una velocità costante e inferiore a 6 nodi, senza effettuare cambi improvvisi di direzione; - Non separare individui o gruppi dal gruppo principale, specialmente nel caso di coppie “madre-piccolo”; - Per evitare collisioni, è necessario controllare la posizione di tutti i componenti del gruppo e nella zona di osservazione è bene non superare i 6 nodi durante l’allontanamento.

© Archivio PNAT

Corretto comportamento da tenere in vicinanza degli animali


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© G. Diversi

Corretta posizione da tenere nell’avvicinamento di un branco; in questo caso si tratta di grampi

Cosa fare in caso di necessità Se si avvista un cetaceo morto in mare aperto o spiaggiato, oppure l’animale versa in stato di grave difficoltà: - non toccare l’animale per nessun motivo; - telefonare al 1530 (Guardia Costiera) o 1515 (Corpo Forestale dello Stato), Capitanerie di porto nell’Arcipelago Toscano: Portoferraio 0565914000, Porto S. Stefano 0564812529-0564810400, Piombino 0565221000 – 0565224240, Capraia 0586905290, Giglio 0564809480. - se possibile, rimanere nei pressi fino all’arrivo della Guardia Costiera o di altri servizi di vigilanza in terra o in mare (Guardia forestale, Guardie parchi regionali e nazionali, Vigili del Fuoco, Capitanerie, Carabinieri). In caso di morte dell’animale la Guardia Costiera ne accerterà le cause o segnalerà il pericolo per la navigazione (carcasse galleggianti, cetacei finiti nelle reti da pesca o agganciati per sbaglio a lenze o palamiti) e attiverà i tecnici preposti agli interventi specifici.


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L’Osservatorio Toscano dei Cetacei

© Econauta

Da prima avvistare ad occhio nudo

© Econauta

Per inquadrare con il binocolo è importante cercare una posizione stabile

L’Osservatorio Toscano dei Cetacei (OTC) nasce nel 2007 per volontà della Giunta Regionale Toscana come progetto per costruire un punto di coordinamento degli studi e delle attività presenti nel territorio sul tema della biodiversità marina e delle iniziative per la tutela dei Cetacei. Ruolo specifico dell’OTC è l’attività di raccolta e gestione delle informazioni, considerando come prioritaria l’elaborazione e la condivisione dei dati rilevati. Per questo l’Osservatorio riceve le segnalazioni degli avvistamenti dei diportisti e da tutti coloro che frequentano il mare della Toscana.


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© Centro Ricerca Cetacei

Primo controllo della forma della pinna dorsale

Le segnalazioni corredate preferibilmente con immagini fotografiche o filmati e con l’indicazione dell’ora, delle coordinate o del punto geografico indicativo di avvistamento, nonché i dati anagrafici di chi ha effettuato l’osservazione possono essere mandate all’ indirizzo di posta elettronica osservatoriocetacei@regione. toscana.it oppure parco@islepark.it. Per altre informazioni è possibile consultare l’indirizzo web http://www. regione.toscana.it/ambienteeterritorio/biodiversita/osservatorio/index.html o telefonare al n. tel. 0554383076; fax 0554385048.




Š Wikimedia Commons - Noaa

Š M.Carwardine - Panda Photo

Misticeti Pinna dorsale di balenottera minore

Fanoni di balenottera


© A. Marchese

Sfiatatoio con due aperture e paraspruzzi di Balenottera comune

Sfiatatoio Fanoni

Solchi golari (solo nelle balenopteriade)

I Misticeti sono un sottordine dei Cetacei composto solamente da 15 specie di cui 2 presenti anche in Mediterraneo. Sono tutte di notevoli dimensioni, tra queste, negli oceani di tutto il globo, si trova la Balenottera azzurra che con oltre 33 metri di lunghezza e 170 tonnellate di peso è l’essere vivente più grande della Terra. Sono comunemente chiamati balene o Cetacei a fanoni, per le numerose (fino a 800) lamine cornee triangolari radicate nella mascella superiore al posto dei denti. Il bordo interno dei fanoni è sfrangiato in setole, e permette la fuoriuscita dell’acqua dalla bocca trattenendo all’interno il nutrimento composto da minuti crostacei (Krill) e piccoli pesci che vivono nel plancton. Compiono migrazioni di migliaia di chilometri per raggiungere zone in cui il cibo è più abbondante. Respirano attraverso uno sfiatatoio con due aperture simili a narici, il quale consente loro di prendere fiato, continuando a nuotare in superficie.


Misticeti

28 Cetacei dell’Arcipelago Toscano

Balenottera comune Balaenoptera physalus

Classe: Mammiferi Ordine: Cetacei Sottordine: Misticeti. Famiglia: Balenotteridi

Profilo emersione

Descrizione *Gli sfiatatoi sono le narici con cui i cetacei effettuano la respirazione e sono posti sulla sommità del capo.

**Il krill è il piccolo gamberetto Meganyctiphanes norvegica che in grandi banchi costituisce il cibo preferito delle balene

Può raggiungere i 24 metri di lunghezza ed il peso di 80 tonnellate. Le femmine risultano leggermente più grandi dei maschi. Ha un corpo affusolato, con una testa triangolare e uno sfiatatoio* con due orifizi. Presenta una pinna dorsale abbastanza piccola, se rapportata alle sue grandi dimensioni, situata più vicino alla coda. La colorazione del dorso può andare dal nero al grigio scuro, con leggere ed irregolari striature e sfumature; la parte inferiore del corpo è biancastra. Le balenottere mostrano una asimmetria nella colorazione della mandibola, che risulta bianca sul lato destro mentre sul lato sinistro è del colore del dorso. Sulla sua grande gola sono presenti da 70 a 100 solchi longitudinali.

Note

La velocità di questi animali può raggiungere i 20 nodi in situazioni di pericolo o se l’animale viene disturbato. Emergendo, in fase di respirazione innalza uno spruzzo d’acqua verticale fino a 6 metri. Le sue apnee hanno una durata variabile da 6 a 30 minuti, raggiungendo i 400 metri di profondità. I piccoli alla nascita sono lunghi dai 5 ai 6 metri con un peso di circa 2 tonnellate. L’alimentazione è costituita prevalentemente dal krill** e dai banchi degli avannotti di pesce azzurro. È possibile osservarla nuotare isolata o in coppia, mentre sono assai più rari gli incontri con gruppi numerosi. Recenti studi hanno stabilito che le balenottere comuni mediterranee appartengono ad un gruppo geneticamente distinto da quelle dell’Oceano Atlantico. E’ il più grande cetaceo del Mediterraneo ed il secondo animale per dimensioni sul nostro pianeta, dopo la balenottera azzurra.


29 Cetacei dell’Arcipelago Toscano

© A. Marchese

© G. Di Stefano

Notare la verticalità del soffio che distingue la Balenottera dal Capodoglio e la mandibola di colore chiaro solamente sul lato destro

Caratteristiche biologiche Lunghezza massima: 24 m ♀ 22 m ♂ Peso massimo: 80 t Longevità: 90 anni Maturità sessuale: 8-12 anni Periodo di gestazione: 10-11 mesi

Lunghezza alla nascita: 6 m Peso alla nascita: 2 t Svezzamento: 6-7 mesi Durata immersione: 6-30 min Profondità immersione: 400 m Velocità massima: 37 km/h Distribuzione nell’Arcipelago: presente

Pinna dorsale falcata di piccole dimensioni rispetto al corpo


Misticeti

30 Cetacei dell’Arcipelago Toscano

Balenottera minore Balaenoptera acutorostrata

Classe: Mammiferi Ordine: Cetacei Sottordine: Misticeti. Famiglia: Balenotteridi

* Il rostro il muso dei cetacei la cui forma è data dalla struttura delle mandibole, creando a volte una specie di becco come nel caso dei delfini

Profilo emersione

Descrizione

E’ lunga circa 8 metri, gli esemplari più grandi possono raggiungere i 10 metri ed un peso di 10 tonnellate. Le femmine sono generalmente poco più grandi degli individui maschi. Il corpo è affusolato, con il triangolo ben evidente formato dalla testa. Altrettanto evidenti sono il rostro* e lo sfiatatoio che presenta due orifizi. La pinna dorsale è leggermente più grande se proporzionata alle dimensioni dell’animale e rispetto a quanto osservato per la balenottera comune. Il dorso è nero o grigio scuro e può presentare alcuni disegni e sfumature chiare di forma variabile. Uno dei tratti distintivi è una banda chiara sulla superficie superiore delle pinne pettorali. Il ventre è di colore chiaro. Sulla gola presenta da 50 a 70 solchi longitudinali.

Note

È leggermente più lenta della balenottera comune, con velocità che vanno dai 3 a 15 nodi, pur disponendo di una maggiore agilità in diverse manovre e riuscendo a saltare fuori dall’acqua quasi come un grande delfino. Le sue apnee hanno una durata che va dai 3 ai 20 minuti. In fase di emersione il suo spruzzo è verticale, ma assai meno evidente. I piccoli alla nascita sono lunghi circa 2,5 metri e pesano 250 chili. Si nutre soprattutto di grandi quantità di avannotti di pesce azzurro, ma anche dei banchi di krill. È estremamente rara nel Mediterraneo, dove è stata avvistata per lo più nella por-zione occidentale. È il più piccolo rappresentante della famiglia dei Balenotteridi.


© M.Carwardine - Panda Photo

31 Cetacei dell’Arcipelago Toscano

Evidenti le pinne pettorali di colore chiaro e il rostro ad angolo acuto

© M.Carwardine - Panda Photo

La coda è larga il 25% della lunghezza totale dell’animale

Caratteristiche biologiche Lunghezza massima: 10,7 m ♀ 9,8m ♂ Peso massimo: 10 t Longevità: 30-50anni Maturità sessuale: 7 anni ♀ 6 anni ♂ Periodo di gestazione: 10 mesi

Lunghezza alla nascita: 2,4-2,8 m Peso alla nascita: 250-400 kg Svezzamento: 4-5 mesi Durata immersione: 3-20 min Velocità massima: 30 km/h Distribuzione nell’Arcipelago: rara


Odontoceti

Cranio asimmetrico e sfiatatoio con una sola apertura

Gli Odontoceti, detti anche Cetacei dentati o meno comunemente Denticeti, sono un sottordine dei Cetacei, contraddistinti dal possedere denti veri e propri. Delfini, capodogli e orche appartengono a questo sottordine. Sono cacciatori attivi che si nutrono di pesci, cefalopodi, o, talvolta, di altri mammiferi marini. Gli Odontoceti hanno un unico sfiatatoio sulla sommità della testa, a differenza dei Misticeti che ne posseggono due. Le narici non sono fuse, ma una è diventata dominante sull’altra. Come adattamento per l’ecolocalizzazione, il cranio degli Odontoceti è diventato asimmetrico in quanto sul capo si trova un organo adiposo chiamato melone che ha il compito di concentrare le onde sonore, agendo


© S. Thiesen Buntrabe - Wikipedia

Denti di pseudoorca.

Sfiatatoio

Denti

come una lente acustica. Le corde vocali sono assenti e i suoni vengono emessi mediante delle sacche aeree presenti sotto lo sfiatatoio. Nella loro lunga storia evolutiva hanno perso il senso dell’olfatto e sono rimasti privi di ghiandole salivari. Fatta eccezione per i capodogli, gli Odontoceti sono generalmente più piccoli dei Misticeti. La loro dentatura differisce considerevolmente tra le varie specie. I denti possono essere numerosi come in alcuni delfini o assumere forme bizzarre come nel caso del narvalo, in cui l’incisivo sinistro può raggiungere anche i tre metri di lunghezza o essere quasi totalmente assenti come avviene negli zifidi, che presentano un solo dente per lato nella mascella inferiore degli esemplari maschi.


Odontoceti

34 Cetacei dell’Arcipelago Toscano

Capodoglio Physeter catodon

Classe: Mammiferi Ordine: Cetacei Sottordine: Odontoceti Famiglia: Fiseteridi.

Profilo emersione

Descrizione

Il maschio di solito raggiunge dimensioni maggiori crescendo fino a 20 metri con un peso di 60 tonnellate. La femmina invece arriva a 11-12 metri e un peso di 18 tonnellate. La sua forma è inconfondibile con l’enorme testa che arriva a quasi un terzo dell’intera dimensione del corpo. Presenta un unico sfiatatoio sull’estremità del capo, leggermente spostato a sinistra. Il suo colore va dal nero al grigio scuro. Non ha una vera e propria pinna dorsale, ma piuttosto una vistosa gobba.

Note

*Cosmopolita si dice di una specie distribuita in tutti i mari per la sua adattabilità alle diverse condizioni ambientali

Ha un nuoto lento che però può raggiungere punte di 15 nodi se l’animale viene disturbato. È caratteristico l’innalzarsi della coda sull’acqua prima delle immersioni profonde, cosa che avviene raramente durante le fasi d’immersione delle balenottere. Le sue immersioni possono durare da 20 minuti a 2 ore: durante le apnee più lunghe i capodogli possono raggiungere le incredibili profondità di oltre 2000 metri. In emersione il suo spruzzo inclinato in avanti può arrivare a 7 metri di lunghezza. Munito di robusti denti si nutre principalmente dei grandi calamari che vivono in profondità. Alla nascita i piccoli misurano 4 metri per una tonnellata di peso. È’ specie gregaria che vive per lo più in gruppi guidati da un maschio. Cosmopolita*, può essere incontrata in tutti i mari del mondo. È il più grande odontoceto del Mediterraneo. È presente nei mari italiani e nel Santuario dei Cetacei Pelagos, anche se non comune.


35 Cetacei dell’Arcipelago Toscano

© Oceanomare Delphis

La coda emerge durante la preparazione per un’immersione profonda

© Oceanomare Delphis

La testa è un terzo di tutto il corpo, le pinne pettorali sono piccole

Caratteristiche biologiche Lunghezza massima: 12,5 m ♀ 18-20m ♂ Peso massimo: 60 t Longevità: 60-70anni Maturità sessuale: 7-13 anni ♀ 18-21 anni ♂ Periodo di gestazione: 14-15 mesi

Lunghezza alla nascita: 3,5-4 m Peso alla nascita: 800 kg – 1 t Svezzamento: 1-3 anni Durata immersione: 120 min Profondità immersione: 2000 m Velocità massima: 30 km/h Distribuzione nell’Arcipelago: presente


Odontoceti

36 Cetacei dell’Arcipelago Toscano

Stenella striata Stenella coeruleoalba

Classe: Mammiferi Ordine: Cetacei Sottordine: Odontoceti Famiglia: Delfinidi

Profilo emersione

Descrizione

Ha dimensioni tra 1,70 metri a 2,10 metri, ma in casi eccezionali sono state riscontrate stenelle di 2,70 metri, con un peso dai 100 ai 150 chili. Presenta la protuberanza frontale marcata e un rostro più corto rispetto al delfino comune. La pinna dorsale è piccola, ben evidente, triangolare e falcata. Le pinne pettorali sono corte, appuntite e falciformi. La pinna caudale ha il bordo posteriore concavo con depressione centrale marcata. Importante carattere per l’identificazione è la sua particolare livrea, che presenta una colorazione grigia scura bluastra sul dorso, e fianchi grigi, ventre bianco con caratteristiche striature che vanno dall’occhio fino all’origine della pinna pettorale e dall’occhio fino alla parte bassa dei fianchi. Una terza striatura può trovarsi in mezzo alle due già descritte. *Pelagiche sono le specie tipiche del mare aperto. L’aggettivo deriva dal greco pelagos che significa mare o alto mare

Note

E’ forse il delfinide più conosciuto per la sua curiosità e tendenza ad avvicinarsi alle imbarcazioni. Interagisce a lungo con i natanti, tanto da stupire quanti si trovano ad osservare lo spettacolo per le sue straordinarie capacità natatorie; è infatti uno dei cetacei più agili, acrobatici e veloci nuotando con velocità fino 50 km/h. Si immerge fino ad alcune centinaia di metri con apnee fino a 10 minuti. E’ specie cosmopolita distribuita nelle acque temperate e tropicali di tutto il mondo, abbondante nel Mediterraneo con abitudini pelagiche*, raramente in prossimità della costa. Ha un’alimentazione varia cibandosi di pesci, calamari e crostacei. Le stenelle sono fortemente gregarie e si osservano in gruppi numerosi.


37 Cetacei dell’Arcipelago Toscano

© J. Alessi

Già nei cuccioli sono ben evidenti le tipiche striature del manto

© J. Alessi

Frequente l’abitudine di saltare completamente fuori dall’acqua

Caratteristiche biologiche Lunghezza massima: 2,7 m Peso massimo: 156 kg Longevità: 57 anni Maturità sessuale: 9 anni Periodo di gestazione: 12 mesi

Lunghezza alla nascita: 80 cm Peso alla nascita: 11kg Svezzamento: 12-24 mesi Durata immersione: 8-10 min Profondità immersione: 200 -700 m Velocità massima: 45-50 km/h Distribuzione nell’Arcipelago: comune


Odontoceti

38 Cetacei dell’Arcipelago Toscano

Delfino comune Delphinus delphis

Classe: Mammiferi Ordine: Cetacei Sottordine: Odontoceti Famiglia: Delfinidi

Profilo emersione

Descrizione

E’ un cetaceo di piccola mole dalla corporatura slanciata con dimensioni in genere fino ai 2 metri e un peso fino a 100 chili. La testa è piccola e il rostro è lungo e sottile. La pinna dorsale è leggermente falcata, mostrando spesso un disegno che rappresenta un triangolo. Le pinne pettorali sono larghe con margini convessi, leggermente appuntite, dal colore nero o grigio. La colorazione è caratterizzata da un dorso grigio scuro tendente al nero, mentre i fianchi presentano motivi longitudinali formando un disegno a clessidra che si incrocia sotto la pinna dorsale.

Note

Cosmopolita, è stato in passato il delfinide più conosciuto nei nostri mari, mentre oggi la sua presenza si è rarefatta. Si può ancora incontrare nella porzione occidentale del Mediterraneo e nell’Adriatico, in prossimità delle coste greche mentre nel santuario Pelagos si avvista con difficoltà ed in isolamento. Forte nuotatore dalle doti acrobatiche, con l’andatura caratterizzata da emozionanti salti fuori dall’acqua e velocità che raggiungono e superano i 50 km/h. Si può immergere fino a 300 metri con apnee mediamente di 5-10 minuti. Si nutre principalmente di cefalopodi e pesci pelagici. E’ specie generalmente gregaria, vivendo in gruppi anche numerosi.


© Jessica Redfern*- swfsc.nmfs.noaa.gov/PRD/ - Vedi bibliografia 15

39 Cetacei dell’Arcipelago Toscano

I piccoli nuotano sempre a fianco delle madri

© F. Fossa

La velocità fino a 60 km/h consente salti spettacolari

Caratteristiche biologiche Lunghezza massima: 2,4 m ♀ 2,6 m ♂ Peso massimo: 136 kg Longevità: 20 anni Maturità sessuale: 6-7 anni ♀ 5-12 anni ♂ Periodo di gestazione: 10-11 mesi

Lunghezza alla nascita: 80 cm Peso alla nascita: 10 kg Svezzamento: 14-19 mesi Durata immersione: 5 -10 min Profondità immersione: 300 m Velocità massima: 60-65 km/h Distribuzione nell’Arcipelago: raro


Odontoceti

40 Cetacei dell’Arcipelago Toscano

Tursiope

Tursiops truncatus

Classe: Mammiferi Ordine: Cetacei Sottordine: Odontoceti Famiglia: Delfinidi

Profilo emersione

Descrizione

E’ il più robusto dei delfini, dalla lunghezza fino a 3 metri ed un peso fino a 300 chili, ma talvolta può raggiungere i 400 chili e lunghezze di 4 metri; presenta un corpo possente e muscoloso, un rostro corto e tozzo e la fronte, il melone, ben sviluppata. La pinna dorsale è alta e falcata, in posizione mediana sul dorso. Le pinne pettorali sono corte e sottili. Presenta una colorazione grigia uniforme tendente al nero o marrone scuro. Il ventre è più chiaro, bianco e talvolta rosato.

Note

E’ il delfino più conosciuto per il suo comportamento socievole e le sue doti acrobatiche. E’ specie cosmopolita e il più diffuso nei mari italiani dove si incontra soprattutto nelle zone costiere. Nonostante il corpo più tozzo può raggiungere e superare i 30 km/h e compiere straordinarie evoluzioni. Le sue apnee medie durano circa 8 minuti e può raggiungere profondità oltre i 500 metri. Si nutre in genere di pesce azzurro ma può adattare la sua dieta in base alle prede più disponibili, come altre specie ittiche, cefalopodi e addirittura crostacei. E’ il delfino che troviamo in genere nei delfinari in quanto l’unico che sopporta bene la cattività.


41 Cetacei dell’Arcipelago Toscano

© G. Di Stefano

Robusto nell’aspetto normalmente non compie salti fuori dall’acqua

© J. Alessi

La pinna dorsale è grande e falcata

Caratteristiche biologiche Lunghezza massima: 3,2 m ♀ 3,3 m ♂ Peso massimo: 400 kg Longevità: 30 anni Maturità sessuale: 10 anni ♀ 13 anni ♂ Periodo di gestazione: 12 mesi Intervallo di gestazione: 3 – 4 anni

Lunghezza alla nascita: 1 m Svezzamento: 12-18 mesi Durata immersione: 8-12 min Profondità immersione: 600 m Velocità massima: 30 km/h Distribuzione nell’Arcipelago: comune


Odontoceti

42 Cetacei dell’Arcipelago Toscano

Globicefalo

Globichephala melas

Classe: Mammiferi Ordine: Cetacei Sottordine: Odontoceti Famiglia: Delfinidi

Profilo emersione

Descrizione

E’ un grande delfinide dal corpo allungato e massiccio, con una lunghezza tra 5 e 7 metri, con gli individui maschili robusti e più lunghi di circa un metro rispetto alle femmine. Il peso può variare dalle due tonnellate per i maschi alla tonnellata per le femmine. Il maggiore tratto distintivo è il capo tipicamente globoso, con il melone grande, arrotondato e prominente, caratteristica che ha dato il nome alla specie. La pinna dorsale, situata in posizione avanzata è grossa e bassa, allungata alla base ed inclinata verso la coda. Le pinne pettorali sono lunghe e sottili, a forma di falce. Presenta una colorazione scura, nero lucida o bruno scura, con un disegno bianco o biancastro sulla regione golare o ventrale.

Note

Nonostante le dimensioni è un cetaceo agile, dal nuoto normalmente lento, ma capace di raggiungere i 35 km/h e compiere salti e performance simili a quelle dei delfini e delle stenelle. Le sue apnee sono variabili in relazione alle profondità da raggiungere, ma in genere possono durare 10 minuti arrivando a 600 metri di profondità. Si incontra prevalentemente in mare aperto, su fondali profondi, dove si nutre prevalentemente di calamari e pesci pelagici. E’ frequente nel Mediterraneo occidentale, soprattutto nei grandi fondali del Mar Ligure. Specie altamente sociale, forma gruppi dalle poche decine alle centinaia di individui: purtroppo è soggetto a drammatici spiaggiamenti in quanto tutto il branco seguirebbe i leader del gruppo anche nel caso in cui questi perdano l’orientamento. Un comportamento tipico di questi animali è quello di tenere la testa e gli occhi fuori dall’acqua, come per guardarsi intorno.


43 Cetacei dell’Arcipelago Toscano

© S. Maltese

Muso di forma globosa privo di rostro

© S. Maltese

Il globicefalo forma gruppi composti anche da centinaia di individui

Caratteristiche biologiche Lunghezza massima: 5,7 m ♀ 6,7 m ♂ Peso massimo: 1 t ♀ 2 t ♂ Longevità: 40-50 anni Maturità sessuale: 6-10 anni ♀ 15-20 anni ♂ Periodo di gestazione: 15 mesi

Lunghezza alla nascita: 1,7 m -1,8 m Peso alla nascita: 70 Kg -80 kg Svezzamento: 20- 27 mesi Durata immersione: 10-15 min Profondità immersione: 600 m Velocità massima: 35 km/h Distribuzione nell’Arcipelago: presente


Odontoceti

44 Cetacei dell’Arcipelago Toscano

Grampo

Grampus griseus

Classe: Mammiferi Ordine: Cetacei Sottordine: Odontoceti Famiglia: Delfinidi

Profilo emersione

Descrizione

E’ un delfinide di dimensioni medio-grandi, dal corpo compatto e proporzionato, dal limitato dimorfismo sessuale in quanto i maschi sono di poco più grandi delle femmine e denotano un maggiore sviluppo del capo. La lunghezza va dai 2,5 ai 4 metri degli esemplari maschi più grandi, con peso fino a 600 chili. La pinna dorsale è posta in posizione centrale rispetto al corpo ed è alta e falcata, lunga fino a 70 centimetri. La pinna caudale presenta un seno accentuato tra i lobi e le pinne pettorali sono discretamente lunghe e appuntite. Il capo è arrotondato con la fronte poco sporgente. La colorazione del dorso è tra il bruno e il grigio negli individui più giovani per diventare quasi bianca ed esclusione delle pinne negli individui più anziani, con la zona ventrale comunque chiara: tra i maggiori caratteri distintivi della specie sono però le numerose graffiature bianche più numerose in relazione all’età.

Note

E’ un cetaceo agile che può raggiungere i 25 km/h, anche se spesso presenta movimenti lenti e rilassati. Effettua salti ma in genere si tiene alla larga dalla prua delle imbarcazioni. Le sue apnee sono lunghe, con durate fino ai 30’ raggiungendo i 300 metri di profondità. E’ un nuotatore fantasioso con evoluzioni verticali e orizzontali e spesso può essere osservato in verticale con la testa e una buona parte del corpo fuori dall’acqua. E’ un grande predatore di calamari che caccia fino a grandi profondità, ma può cibarsi anche di seppie, polpi e pesci. E’ specie cosmopolita, anche se è difficile da incontrare alle alte latitudini dove l’acqua è più fredda: presente nel Mediterraneo è più diffuso nel bacino occidentale ed è discretamente diffuso nel mar Ligure e nel Tirreno, dove s’incontra in gruppi di una decina di esemplari.


45 Cetacei dell’Arcipelago Toscano

© P. Bonelli

Manto caratterizzato da striature più chiare. Pinna dorsale grande e falcata

© J. Alessi

Muso privo di rostro con fronte poco sporgente

Caratteristiche biologiche Lunghezza massima: 3,66 ♀ 4,3 m ♂ Peso massimo: 600 kg Maturità sessuale: 7 anni Periodo di gestazione: 13-14 mesi

Lunghezza alla nascita: 1,5 m Durata immersione: 30 min Profondità immersione: 300 m Velocità massima: 25 Km/h Distribuzione nell’Arcipelago: presente


Odontoceti

46 Cetacei dell’Arcipelago Toscano

Zifio

Ziphius cavirostris

Classe: Mammiferi Ordine: Cetacei Sottordine: Odontoceti Famiglia: Zifidi

Profilo emersione

Descrizione

Cetaceo medio - grande con il maschio che può raggiungere i 5-7 metri ed il peso da 3 a 6 tonnellate; la femmina ha le medesime dimensioni o poco più. Il corpo è tozzo, la testa piccola e il muso caratteristico ricorda il becco di un’oca; il breve rostro ha la linea della bocca arcuata a formare quasi un sogghigno. Gli esemplari di maschi adulti presentano due grossi denti conici sporgenti all’estremità della mascella inferiore. La pinna dorsale è piccola e falcata posta in posizione arretrata. Le pinne pettorali sono piccole e sottili. La colorazione, variabile però in relazione al sesso e all’età, è generalmente grigia scura con capo chiaro nel caso dei maschi, bruna, con tonalità leggermente più chiare, nelle femmine. Può presentare alcune graffiature o “cicatrici” chiare e macchie ovali sul corpo.

Note

E’ un nuotatore lento, con velocità tra 4 e 6 km/h con punte fino a 18 km/h. Lo zifio è cosmopolita, pelagico e timido poiché evita le imbarcazioni, difficilmente è presente vicino alla costa o presso la piattaforma continentale. E’ un grande apneista, immergendosi oltre i mille metri di profondità con immersioni che durano anche 60 minuti, cattura soprattutto calamari, ma anche varie specie di pesci. E’ presente nel Mediterraneo, seppur raro, soprattutto nel bacino occidentale; nel Santuario Pelagos si può incontrare nelle zone di grande profondità del Mar Ligure e del Tirreno. Ha un comportamento schivo e vive solitario o in piccoli gruppi.


47 Cetacei dell’Arcipelago Toscano

© J. Alessi

Corpo variamente striato, pinna dorsale piccola e arretrata verso la coda

© J. Alessi

Muso a forma di becco

Caratteristiche biologiche Lunghezza massima: 7 m Peso massimo: 6 t Longevità: 36 anni Maturità?

Lunghezza alla nascita: 2,7 m Periodo di gestazione: Svezzamento: 20- 27 mesi Durata immersione: 40-60 min Profondità immersione: 1200 m Velocità massima: 18 Km/h Distribuzione nell’Arcipelago: presente


Odontoceti

48 Cetacei dell’Arcipelago Toscano

Orca

Orcinus orca

Classe: Mammiferi Ordine: Cetacei Sottordine: Odontoceti Famiglia: Delfinidi

Profilo emersione

Descrizione

*Il dimorfismo sessuale: differenza morfologica tra maschi e femmine appartenenti alla stessa specie.

E’ il più grande delfinide, dal corpo affusolato, tondeggiante e robusto. La specie presenta un forte dimorfismo sessuale*: gli individui maschi hanno una lunghezza media di 7 metri con un peso di 5 tonnellate, (possono arrivare anche a 9 metri, con un peso di 10 tonnellate; le femmine raggiungono i 5 metri, con un peso di 3 tonnellate (al massimo 8,5 metri e 7,5 tonnellate). Il capo è tondeggiante e il rostro è poco distinto. Caratteristica è l’alta pinna dorsale dalla tipica forma triangolare che può raggiungere anche 1,8 m nei maschi; nelle femmine ha forma di falce ed è lunga solo 90 cm. Le pinne pettorali, larghe e arrotondate, arrivano fino a 1,80 m nei maschi più grandi. Altro importante tratto distintivo è l’elegante colorazione, scura sul dorso con un’area grigia a forma di sella dietro la pinna dorsale. La parte ventrale presenta un ampio disegno bianco con una vasta propaggine che si protende nel campo nero dei fianchi. Altre macchie bianche sono ben evidenti attorno agli occhi e nella parte inferiore della coda.

Note

E’ un delfinide veloce e possente, capace di velocità fino a 45 km/h oltre che di straordinari salti ed evoluzioni. Animale curioso, raramente però si avvicina ai natanti. Le sue apnee possono durare fino a 20 minuti e può raggiungere profondità fino a 1000 m. Abbastanza raro nel Mediterraneo, con avvistamenti effettuati nel bacino occidentale, è stato segnalato sporadicamente, ma ripetutamente nel mare dell’Arcipelago Toscano. Grande predatore, ha una dieta estremamente variabile che comprende foche, pesci, tartarughe, calamari, uccelli marini e anche altri cetacei. E’ specie gregaria formando mediamente gruppi dai 3 ai 25 componenti. Nei nostri mari gli avvistamenti hanno però documentato individui solitari.


49 Cetacei dell’Arcipelago Toscano

© S. Maltese

Un maschio mette in mostra la lunga pinna dorsale.

© S. Maltese

Un branco di orche dove si distingue il maschio.

Caratteristiche biologiche Lunghezza massima: 5 – 8,5 m ♀ 7-9 m ♂ Peso massimo: 3-7,5 t ♀ 5-10 t ♂ Longevità: 25-90 anni Maturità sessuale: 6-10 anni ♀ 12-16 anni ♂ Periodo di gestazione: 12-16 mesi Lunghezza alla nascita: 2,5 m

Peso alla nascita: 180 kg Svezzamento: 12-15 mesi Durata immersione: 20 min Profondità immersione: 1000 m Velocità massima: 45 km/h Distribuzione nell’Arcipelago: raro


Odontoceti

50 Cetacei dell’Arcipelago Toscano

Pseudorca

Pseudorca crassidens

Classe: Mammiferi Ordine: Cetacei Sottordine: Odontoceti Famiglia: Delfinidi

Profilo emersione

Descrizione

E’ un grande delfinide, raggiungendo lunghezze di 5-6 metri e un peso fino a 2 tonnellate. I maschi in genere sono più lunghi di un metro rispetto alle femmine. Il corpo è affusolato ed il capo arrotondato e abbastanza piccolo, in linea con la sua forma slanciata. La pinna dorsale è falcata e appuntita, molto evidente, in posizione avanzata, ma quasi a metà del dorso. Le pinne pettorali, in posizione avanzata, sono piccole e appuntite, col margine anteriore ben angolato. La colorazione è grigio scura, quasi nera, ad eccezione di una sfumatura più chiara lungo il ventre e in mezzo alle pinne pettorali.

Note

Ha grandi doti natatorie e di agilità, soprattutto in fase di caccia. In superficie può nuotare lentamente, ma riesce a cambiare facilmente il suo ritmo per esibirsi in salti, acrobazie e corse verso la prua dei natanti. Si tratta di un forte apneista che compie immersioni fino a 20-25 minuti, anche se non si conosce esattamente la profondità raggiunta. Si nutre di calamari e pesci pelagici, anche di grosse dimensioni. La pseudorca è cosmopolita, amante delle calde acque tropicali, ma si spinge anche in quelle temperate del Mediterraneo dove è considerata rara. E’ un delfinide gregario che forma gruppi familiari con un numero di individui che varia dai 10 ai 50, formando talvolta branchi di centinaia di unità. Come il globicefalo, è specie soggetta a spiaggiamenti di massa per i forti legami sociali che uniscono i componenti del gruppo.


© H.Ausloos - Panda Photo

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Capo globoso con evidente melone

© B.Cranston - Panda Photo

Grande corpo dal profilo idrodinamico con testa piccola

Caratteristiche biologiche Lunghezza massima: 5 m ♀ 6 m ♂ Peso massimo: 1,5 t ♀ 2,2 t ♂ Longevità: 20 anni Maturità sessuale: 8-14 anni Periodo di gestazione: 11-12 mesi

Lunghezza alla nascita: 1,8 m Peso alla nascita: 80 Kg Svezzamento: 18 mesi Durata immersione: 25 min Distribuzione nell’Arcipelago: rara


Odontoceti

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Steno

Steno bredanensis

Classe: Mammiferi Ordine: Cetacei Sottordine: Odontoceti Famiglia: Delfinidi

Profilo emersione

Descrizione E’ un delfinide medio - piccolo, della lunghezza compresa tra i 2,1 e 2,8 metri per un peso di 150 chili. Ha un corpo robusto, ma slanciato, soprattutto nella porzione posteriore; un’importante caratteristica è la forma quasi conica del capo, dal rostro lungo e stretto, gli occhi grandi e la fronte piatta che ricordano la struttura di un rettile preistorico. Per questo motivo è noto anche come il brutto anatroccolo dei delfini. La pinna dorsale è alta e falcata. Il dorso ha una colorazione grigia o grigio scura talvolta con riflessi bluastri o violacei sfumando a tonalità più chiare sui fianchi per diventare bianca o rosata sul ventre. Sul fianco compaiono anche macchie bianco rosate distribuite in modo irregolare. Note E’ capace di raggiungere alte velocità con punte oltre i 25 km/h ed è dotato di capacità acrobatiche. Cosmopolita, preferisce le acque calde tropicali e temperato calde, è però raro nel Mediterraneo, dove è più frequente nell’area meridionale. Segnalato nel Tirreno, nel Santuario dei Cetacei e, con avvistamenti più frequenti, a sud della Sicilia. Preferisce acque profonde e lontane dalla costa. La sua alimentazione è costituita da una grande quantità di specie ittiche poiché apprezza anche polpi e calamari. E’ specie gregaria che vive anche in gruppi numerosi.

Caratteristiche biologiche Lunghezza massima: 2,4 m ♀ 2,8 m ♂ Peso massimo: 150 kg Longevità: 30 anni Maturità sessuale: 10 anni ♀ 14 anni ♂

Lunghezza alla nascita: 80-90 cm Durata immersione: 15’ Profondità immersione: oltre 70 metri Velocità massima: 25 km/h Distribuzione nell’Arcipelago: raro


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Per saperne di più Come dormono Nella maggior parte delle specie il peso specifico degli animali è superiore a quello dell’acqua, quindi per stare a galla devono nuotare. Per questo motivo non hanno un sonno profondo, bensì una forma di dormiveglia che consente loro di respirare regolarmente rimanendo in superficie. Nei delfini solo un emisfero del cervello per volta si abbandona al sonno, chiudendo anche l’occhio corrispondente, mentre l’altro è vigile ed assolve tutte le funzioni indispensabili. Come bevono Sebbene vivano immersi nell’ambiente marino, essi non si dissetano bevendo acqua di mare che provocherebbe loro conseguenze letali. Soddisfano le loro esigenze, invece, sfruttando i liquidi contenuti nelle prede. Poiché la loro pelle è priva di ghiandole sebacee e bulbi piliferi, è impermeabile, di conseguenza non eliminando l’acqua attraverso il sudore hanno bisogno di piccole quantità di acqua dolce per vivere.

© F. Agostinelli

Le stenelle si distinguono per la caratteristica livrea con striature chiare

Come vedono sott’acqua L’occhio dei Mammiferi terrestri non è adatto alla visione subacquea poiché il cristallino, che funziona da lente, è rigido. I Cetacei, invece, sono dotati di cristallini flessibili e vedono perciò sia sott’acqua che in superficie. Come nascono i piccoli Il parto avviene in acqua e i cuccioli si presentano dalla parte della coda in modo da non annegare prima di essere completamente venuti al mondo. Appena nati sono già in grado di nuotare per arrivare in superficie e fare il primo respiro.


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Come avviene l’allattamento Le mammelle sono all’interno del corpo e il latte materno viene spruzzato, contraendo le ghiandole mammarie che si trovano sotto il pannicolo adiposo, direttamente nella bocca del cucciolo, il quale, non avendo labbra, non sarebbe capace di succhiarlo. Per evitare che si mescoli all’acqua marina il latte è molto denso, si stima una percentuale di grassi quattro volte superiore a quella presente nel latte vaccino.

© Econauta

Le orecchie non sono visibili

Dove sono le orecchie Il padiglione auricolare, comune nei Mammiferi terrestri, manca nei Cetacei per garantire una migliore idrodinamica. Le orecchie si trovano subito dietro gli occhi e si presentano come due piccolissimi fori. *Vestigiale: si dice di parti anatomiche atrofizzate o non funzionali

Dove sono le zampe posteriori Tutti i Cetacei sono privi degli arti posteriori, di cui rimangono solo piccole ossa vestigiali* all’interno del corpo. Durante lo sviluppo embrionale, però, tutti i Cetacei presentano degli abbozzi di questi arti. I ricercatori pensano che questi abbozzi costituiscano un’ulteriore prova al fatto che i Cetacei si siano evoluti da progenitori terrestri e che l’evoluzione abbia fatto scomparire gli arti posteriori. Come distinguere a colpo d’occhio un cetaceo da un pesce La prima cosa da guardare è l’orientamento della pinna caudale: nei Cetacei si trova sul piano orizzontale rispetto al corpo, mentre nei Pesci è posta sul piano verticale. Inoltre nei Mammiferi marini questa pinna è priva di scheletro, nei Pesci invece è lo scheletro che la sostiene.


La comunicazione sonora sott’acqua I Cetacei sono in grado di emettere segnali sonori sott’acqua che possono avere diverso significato: segnali per la comunicazione tra gli individui e segnali per l’orientamento e la conoscenza dell’ambiente. A seguito dell’adattamento evolutivo alla vita acquatica, questi mammiferi marini possono emettere suoni come vibrazioni prodotte dalla compressione dell’aria nelle vie aeree, quindi in modo diverso rispetto ai mammiferi terrestri dotati di corde vocali. In particolare nei delfini, che sono le specie più studiate, si individuano segnali di comunicazione come i fischi (whistles) e gli impulsi sparati a raffica (burst pulse sounds), che vengono utilizzati dagli individui del gruppo per il riconoscimento, la segnalazione di pericolo, le comunicazioni sociali. Ogni specie produce vocalizzazioni che la caratterizza, queste sono percepite tramite il meato acustico, una sorta di orecchio modificato per percepire i suoni sott’acqua. E’ proprio attraverso il senso acustico che i Cetacei riescono a tenersi in contatto e a collaborare tra loro per mantenere la struttura di gruppo. L’altro tipo di segnale, prodotto dagli Odontoceti, serve per l’ecolocalizzazione, ovvero la capacità di trasmettere impulsi sonori nell’ambiente circostante attraverso la produzione di click e di raccogliere l’eco di ritorno, che viene recepita ed elaborata per ottenere informazioni dall’ambiente per l’orientamento negli spostamenti e l’individuazione della posizione di ostacoli o prede in mare. La produzione di questi suoni viene amplificata dal melone e l’eco di ritorno viene percepita attraverso la vibrazione dell’osso mandibolare, di forma cava che funziona da cassa di risonanza. Questo trasmette l’impulso sonoro al timpano che da qui è trasferito al centro acustico cerebrale, il quale lo rielabora per ricostruire l’immagine dell’ambiente. Così questi mammiferi possono “vedere” anche in condizioni di assenza di luce delle grandi profondità marine.


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© A. Marchese

Le Balenottere del giugno 2007 nel porto di Portoferraio

L’Elba e i grandi Cetacei Nelle giornate del 25 maggio e del 6 giugno 2007 all’interno del porto di Portoferraio si sono verificati alcuni eventi di straordinaria spettacolarità degni di rimanere negli annali della storia cittadina oltre che lucidamente impressi nella mente di coloro che vi hanno assistito. Alcune grosse balene (della specie Balaenoptera physalus o balenottera comune) si sono fermate per diverse ore nei pressi delle banchine del capoluogo elbano richiamando sui moli una moltitudine di spettatori. Se analizziamo le cronache della storia elbana e le documentazioni raccolte dagli eruditi e dagli studiosi di biologia e di scienze naturali sappiamo che si è trattato di un episodio già noto ai Portoferraiesi, ripetutosi negli anni con una certa frequenza e che comunque ha sempre sorpreso e meravigliato lasciando grandi e piccini a bocca aperta ad ammirare le straordinarie creature marine, documentandoci così la familiarità dei grandi Cetacei con il golfo ed il porto di Portoferraio, le coste isolane e le acque del Canale tra l’Elba e Piombino. Gli ingressi dei grandi mammiferi marini nel golfo e nella rada del maggiore porto elbano si sono ripetuti numerose volte come documentato da Giovanni Targioni Tozzetti (1768) e da Arsenne Thiébaut de Berneaud (1808) che ci parlano dell’ingresso in rada di una grande balena nel 1713, e successivamente da studiosi quali il


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Prof. Corrado Parona ed il suo allievo elbano, il Prof. Giacomo Damiani. Ricordiamo così, anche dalle pagine dei cronisti isolani, la notizia di un clamoroso spiaggiamento nei pressi delle antiche saline di Portoferraio nel 1857, gli inseguimenti di “branchi” di balenottere a ridosso della grande rete da posta per la cattura dei tonni, l’uccisione di un’altra balenottera ad opera di un motoscafo motosilurante nel 1918, di altri spiaggiamenti presso la rada portoferraiese nel 1926, 1932 e 1938. Nel 1943 si spiaggiò in rada addirittura un capodoglio! Questi appena elencati furono gli episodi più clamorosi, ma in realtà la frequentazione dei grandi Cetacei lungo le coste elbane, senza esiti così drammatici e letali, è stata un evento ricorrente ricordato dai cronisti della stampa con piccoli trafiletti e note di folklore locale che comunque hanno documentato il fenomeno. Nel lontano 1912 la notizia della presenza delle balene all’Elba oltrepassava il canale e appariva anche su “La Stampa” di Torino in un trafiletto di terza pagina del numero del 14 giugno: Balenottere nelle acque dell’Elba. Una balena inseguita a fucilate. Portoferraio 13 giugno, sera. Sette grosse balenottere vagano nelle acque dell’isola d’Elba. Tre di esse, entrate in queste tonnare vi cagionarono gravi danni. Due poterono fuggire subito, e una uscì dopo molti giorni e dopo una vera battaglia di fucileria. Si calcola che fosse lunga almeno venti metri e pesasse circa dieci tonnellate.


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© Zampieri

Balena spiaggiata a Portoferraio nel luglio 1926. Quest’ immagine diventò una cartolina

Le testimonianze dalle cronache documentano nel tempo l’atteggiamento dell’ uomo nei riguardi di queste creature marine. L’odierno spirito di rispetto verso i cetacei era ancora ben lontano dal formarsi nonostante la consapevolezza della minaccia di estinzione che incombeva già su diverse specie di balene. Oggi, nell’era in cui siamo in grado di mettere in crisi il nostro pianeta, incrinando l’equilibrio degli ecosistemi e, addirittura, modificandone il clima, l’approccio verso i cetacei è per fortuna cambiato e questi animali sono oggetto di curiosità ed ammirazione, quali magnifiche creature del mare da proteggere e rispettare. Così già alla fine degli anni ’80 gli ingressi degli animali nel porto di Portoferraio divennero delle feste della natura, eventi tali da richiamare sulla banchina centinaia di spettatori da tutte le parti dell’isola e momenti di riflessione sulla salute del nostro mare, sostenuti e guidati da una nuova coscienza ambientale. Soprattutto negli ultimi anni siamo finalmente giunti a comprendere il valore della vita dei Cetacei nel contesto degli ecosistemi marini, delicati equilibri a cui anche l’uomo è indissolubilmente legato. Le balene e i Cetacei in genere venivano prima considerati poco più di semplici pesci, da predare e uccidere, per ricavar-


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© Archivio Damiani per gentile concessione di Mario Dubraveck.

Balena uccisa nel porto di Portoferraio nel 1949.

ne carne, olio, fanoni e altri prodotti; erroneamente si pensava che entrassero in porto seguendo le navi mercantili ed i traghetti diretti al capoluogo elbano. Oggi i Mammiferi Marini sono fortunatamente materia di studio e di nuove attenzioni e oggetto, a livello mondiale, di singolari forme di turismo, suscitato dalla meraviglia e curiosità nei loro confronti, che tutto sommato contribuisce a far aumentare la sensibilità nei riguardi degli equilibri biologici dell’ambiente marino e, di conseguenza, a salvar loro la vita. Tornando ai passaggi sotto costa di queste gigantesche creature marine si ricorda che dopo gli episodi clamorosi della primavera 2007, altre visite a Portoferraio e nei pressi delle coste elbane si sono ripetute nel 2008, 2009 e nel 2013, mentre altre presenze dei maestosi cetacei poco lontano da riva sono stati documentati con foto nel maggio 2011: alcuni gruppi di balenottere comuni in quell’occasione hanno lambito il porto di Marciana Marina e la Punta di Sant’Andrea e altri tratti della costa occidentale elbana. Altre ancora sono le notizie più recenti sulle balene isolane e ci auguriamo che le visite dei grandi animali marini possano continuare e diventare ancora più frequenti in futuro.

Balena uccisa a colpi di cannone nel 1918 all’Enfola. All’epoca entrambi i cetacei furono macellati e la carne consumata dalla popolazione in quei difficili momenti storici.


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Fattori di minaccia di Letizia Marsili Docente di Tecniche di Monitoraggio dell’Ambiente marino e terrestre presso l’Università di Siena Le minacce alle quali i Cetacei sono sottoposti sono molto cambiate negli anni. Mentre per gran parte del XX° secolo l’overkill dovuto alla caccia commerciale ha rappresentato la minaccia più evidente e immediata per alcune specie e popolazioni, negli ultimi decenni è aumentata drammaticamente l’importanza di altre minacce, in particolare le catture accidentali in reti da pesca e la contaminazione ambientale. Ad oggi, i principali minacce (threats) per i Cetacei sono: • Sfruttamento diretto. Per sfruttamento diretto si intende la caccia perpetuata per la sussistenza diretta di alcune popolazioni o quella effettuata a fini commerciali. Nella storia della caccia commerciale ci sono molti esempi in cui lo sfruttamento diretto ha causato drastiche diminuzioni di popolazioni di Cetacei. Per le specie di grandi dimensioni, in particolare i Misticeti, si è assistito negli anni ad un sovrasfruttamento sequenziale, a partire dalle specie più redditizie e di più facile cattura (Eubalaena glacialis, Balaena mysticetus, Physeter macrocephalus, Megaptera novaeangliae, Eschrichtius robustus) fino alla caccia di specie più veloci, ma pur sempre “preziose” (Balaenoptera musculus, Balaenoptera physalus, Balaenoptera borealis) con l’introduzione degli arpioni esplosivi. Anche i Cetacei di piccole e medie dimensioni sono stati cacciati per centinaia di anni, e continuano ad essere catturati in alcune parti del mondo a scopo alimentare e commerciale (olii, pelli, esche, ecc.).

© A. Marchese

Moderna flottiglia peschereccia.


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© A. Marchese

Peschereccio impegnato nella pesca a strascico.

• Catture accidentali nelle reti da pesca (bycatch). Sia il genere umano che i Cetacei utilizzano il mare per procurarsi il cibo e questa interazione può causare una competizione tra i due “gruppi” con conseguenti effetti negativi sia per l’economia ittica che per i Cetacei stessi. Il ruolo del bycatch come causa del depauperamento delle popolazioni di Cetacei è stato riconosciuto solo negli ultimi 30-40 anni. Si stima che annualmente, in tutto il mondo, più di 300.000 Cetacei siano vittime di questo fenomeno. Specie come il tursiope, la stenella striata, il grampo, il capodoglio ed il delfino comune, si avvicinano occasionalmente alle attrezzature da pesca, sottraendo il pesce dalle reti, causando buchi e strappi e, in alcuni casi durante queste interazioni, possono rimanerne intrappolati dagli stessi attrezzi da pesca. L’attrezzo più pericoloso da questo punto di vista è sicuramente la rete pelagica derivante (spadara), messa al bando dalla Commissione Europea dal 2002 e dal 2005 in tutto il Mediterraneo, ma ancora utilizzata illegalmente in molte aree del nostro bacino. Infatti, nonostante il divieto dell’UE, solo nel 2005 la Guardia Costiera Italiana ha sequestrato ben 800 km di reti spadare seguiti dai 600 Km del 2006. Altre interazioni possono avvenire con le reti da posta fisse, più raramente con le reti a strascico, con quelle a circuizione, con le lenze e i palangari. In totale nel Mar Mediterraneo è stato stimato un numero medio di 8.000 Cetacei all’anno uccisi dagli attrezzi da pesca. Inoltre la pesca eccessiva ed illegale nell’intero bacino riduce le prede di cui i Cetacei si nutrono interferendo gravemente sul loro equilibrio energetico. Ovviamente questo è un problema


© Archivio OTC

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in termini di conservazione, in quanto esercita una pressione insostenibile su popolazioni già vulnerabili. Alcune specie come la vaquita (Phocaena sinus), il cefalorinco di Maui (Cephalorhynchus hectori maui) e la balena franca-boreale (Eubalaena glacialis), sono state spinte letteralmente sull’orlo dell’estinzione a causa delle catture accidentali. • Collisioni con imbarcazioni. È ormai noto da tempo che le collisioni con imbarcazioni possono spesso causare la morte di Cetacei. Tuttavia, l’importanza di questi eventi è aumentata in questi ultimi anni, durante i quali il traffico marittimo è arrivato a coinvolgere imbarcazioni più grandi e più veloci. L’intero bacino del Mediterraneo subisce uno stress fortissimo derivante dallo straordinario livello di concentrazione dei traffici marittimi ovvero il 30% dei traffici marittimi mondiali e il 25% del trasporto di idrocarburi del globo, percentuale peraltro destinata ad aumentare. La mortalità da collisione dei Cetacei nel Mediterraneo si attesta tra il 16% ed il 20%, stima che sembra essere in continuo aumento. Il periodo estivo rappresenta il momento più critico per le collisioni in quanto, oltre all’aumento del traffico marittimo, si registra un aumento della concentrazione di Cetacei in certe aree del bacino quali il Mar Ligure dove, attratti dall’eccezionale abbondanza di risorse alimentari, rischiano maggiormente l’impatto con le imbarcazioni presenti. Ferite e cicatrici sui corpi di esemplari free-ranging attestano


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Balenottera in difficoltà soccorsa da personale specializzato

il fatto che alcuni di essi sopravvivono alle lesioni causate dalle collisioni. • Inquinamento acustico. I Cetacei sono animali “acustici” e l’inquinamento acustico può interferire con il loro biosonar e con il loro sensibilissimo udito. Essi usano i suoni per navigare, trovare e catturare le prede, individuare gli altri esemplari del gruppo, i partners ed anche i predatori. Il rumore artificiale può mascherare segnali essenziali per la riproduzione e la sopravvivenza degli animali. Il rumore subacqueo può essere causa di stress generalizzato: può infatti causare la perdita temporanea o permanente dell’udito e probabilmente anche lesioni fisiche. Negli ultimi anni è aumentato notevolmente l’interesse da parte della comunità scientifica per fenomeni di spiaggiamento di massa associati all’utilizzo di sonar navali a media frequenza. • Malattie ed esposizione a biotossine. Malattie, parassiti e fioriture algali tossiche sono fattori naturali che possono portare alla morte di questi Mammiferi marini. Tuttavia, questi fattori spesso agiscono sinergicamente con il degrado degli habitat indotto dalle attività umane, causando un impatto maggiore. Infatti, diversi studi suggeriscono che alcuni contaminanti ambientali abbiano effetti immunosoppressivi sui Mammiferi marini, rendendoli più suscettibili all’attacco di patogeni e tossine. • Degrado dell’habitat. La pressione di un turismo in aumento vertiginoso,


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l’urbanizzazione eccessiva delle coste, l’elevato traffico marittimo, uniti al global climate change, costituiscono un grave pericolo per la sopravvivenza di molte specie marine ed in particolare dei Cetacei. Ad esempio l’inquinamento dovuto agli scarichi urbani, così come gli eccessi di nutrienti (fosforo e azoto provenienti dall’agricoltura e dai detersivi), possono innescare fenomeni di eutrofizzazione con conseguenti esplosioni demografiche di alghe tossiche e gravi conseguenze sulla salute di questi Mammiferi marini. Tra i potenziali effetti negativi ci sono quelli legati al climate change che interferirebbe sullo stato di conservazione dei Cetacei soprattutto influenzando la distribuzione, qualità e quantità delle prede. • Contaminazione ambientale. L’inquinamento chimico risulta essere una delle principali minacce attuali per i Mammiferi marini. Le popolazioni di questi animali sono state infatti compromesse dal rapido aumento nei livelli di sostanze chimiche prodotte dall’uomo, comparse nell’ambiente marino dalla seconda metà del 1900. Il caso degli idrocarburi clorurati, quali ad esempio l’esaclorobenzene (HCB), il didclorodifeniltricloroetano ed i suoi metaboliti (DDT) e i policlorobifenili (PCB), degli idrocarburi policiclici aromatici (IPA), degli elementi in tracce e dei difenileteri polibromurati (PBDE) ne è un esempio. Questi contaminanti, in particolare quelli di natura lipoaffine, vengono inizialmente assunti dagli organismi alla base della catena alimentare e subiscono poi la biomagnificazione*, cioè si ritrovano a concentrazioni più elevate nei tessuti ed organi degli animali ai più alti livelli trofici, con valori dipendenti dal tasso metabolico, dal sesso, dall’età e dalla percentuale di lipidi corporei. Molti Mammiferi marini, tra i quali i Cetacei Odontoceti, si trovano all’apice della catena alimentare, e quindi sono sottopo-

*biomagnificazione:

accumulo di sostanze tossiche che risulta maggiore negli organismi ai vertici della catena alimentare

© A. Marchese

Un volontario assiste un tursiope in difficoltà presso la spiaggia di Marina di Campo


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© Chagai at en.wikipedia

Volontari cercano di salvare numerosi cetacei spiaggiati in Nuova Zelanda

sti ad un rischio tossicologico molto elevato. Il rischio tossicologico di queste specie è inoltre correlato alla loro “vulnerabilità biochimica” ai composti lipofili, dovuta alla scarsa capacità detossificante dei loro sistemi enzimatici. Lo sbilancio metabolico tra l’elevata attività “tossificante” e la scarsa capacità “detossificante” nei Mammiferi marini rispetto a quelli terrestri, indica l’elevato rischio al quale i primi sono esposti in un ambiente pesantemente contaminato. Oltre a ciò i Cetacei, non avendo ghiandole sudoripare e sebacee, pelliccia o una forma di scambio attiva sangue/acqua attraverso le branchie (come nei pesci), possono essere considerati dei sistemi chiusi nei quali i contaminanti possono agire senza opposizione. Dal momento che l’incidenza di malattie in queste specie è strettamente correlata al livello di contaminazione del loro ambiente, infezioni batteriche e virali e contaminanti devono essere considerati da un punto di vista olistico*. Eventi di mortalità di massa di delfini e foche sono avvenute in aree particolarmente inquinate, dove pesticidi organoclorurati, PCB, IPA e metalli pesanti sono stati ritrovati a livelli estremamente elevati. Non vi è ancora alcuna prova che i contaminanti siano la causa della morte dei Mammiferi marini, tuttavia è certo che i contaminanti lipofilici causino disfunzioni immunitarie e riproduttive. Alcuni di questi contaminanti, come ad esempio gli organoclorurati (OC), sono noti anche per la loro capacità di alterare il sistema endocrino (Endocrine Disrupting Chemicals, EDCs).

*Olistico: si dice di sistemi dove l’insieme funzionale delle componenti è superiore della somma delle stesse prese singolarmente


Sale dedicate al mare nella Casa del Parco di Marciana

© Archivio PNAT

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Le azioni del Parco Il Parco Nazionale Arcipelago Toscano in questi anni ha collaborato con Enti pubblici e Associazioni private al fine di approfondire le conoscenze di abitanti e turisti sul mondo dei Cetacei ed aumentarne la protezione. In collaborazione con associazioni locali che si occupano di educazione ambientale è stata promossa l’adesione al progetto finanziato dal Ministero dell’Ambiente e dalla Regione Toscana chiamato E…state nei Parchi. Dal 2010 ad oggi sono state quindi organizzate crociere in barca a vela finalizzate all’avvistamento in mare aperto navigando verso le isole Elba, Capraia e Giglio effettuando nel contempo corsi di Biowatching rivolti ai ragazzi delle scuole medie. Con l’obiettivo di aumentare nei cittadini, nei turisti e nei portatori d’interesse pubblici e privati, la consapevolezza del proprio ruolo rispetto alla conservazione dei valori naturalistici marino-costieri è stato avviato un processo di confronto partecipativo sulle azioni per uno sviluppo eco-sostenibile di tutto il territorio e delle attività produttive con il progetto di cooperazione transfrontaliera denominato Gionha (Governance and Integrated Observation of marine Natural Habitat). Con questo programma si intende promuovere la tutela e la valorizzazione della risorsa marina e degli habitat di particolare pregio naturalistico che popolano il Tirreno settentrionle in cui i Cetacei assumono un ruolo fondamentale per la conservazione della rete trofica divenendo indicatori significativi dello stato di salute dell’area. Il Parco è stato capofila del progetto Argomarine, terminato nel 2012, rivolto al monitoraggio ambientale e allo studio di nuove tecnologie per il rilevamento e controllo dell’inquinamento da idrocarburi in mare, cofinanziato dalla Comunità Europea, al quale hanno collaborato 9 Paesi europei. La costituzione di questa rete di rilevamento ha dato l’accesso gratuito per i partner a metodi e dati rilevati in tempo reale, fornendo appoggio decisionale e precisa valutazione del rischio in caso di inquinamento in mare. Con la partecipazione al progetto MoMar (Sistema integrato per il monitoraggio e il controllo dell’ambiente marino) il Parco è entrato a far parte di una cooperazione transfrontaliera finanziata in parte dal Fondo Europeo di Sviluppo Regionale il cui obiettivo è quello di mettere insieme Regioni, centri di ricerca e altri soggetti istituzionali della Toscana, oltre a Sardegna e Corsica per costruire un percorso comune sul monitoraggio ambientale marino e costiero.


© Archivio PNAT

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La casa del Parco di Marciana Il Centro visita del Parco Nazionale a Marciana si trova nei pressi dell’antica Fortezza Pisana (XII sec) e si raggiunge dirigendosi verso la parte alta dell’abitato di Marciana. L’esposizione ha una superficie di circa 300 mq ed è suddivisa in due sale principali dedicate agli ambienti terrestri e marini del Parco Nazionale. E’ aperta al pubblico da aprile a novembre, ma nel periodo invernale può essere visitata su appuntamento, tel. 0565 901030 - 0565 919411. All’entrata, presso il banco informazione, è in distribuzione il materiale informativo sull’Area Protetta, la prima sala a destra è dedicata all’ambiente terrestre con riferimenti alla genesi e all’evoluzione geomorfologica dell’Elba occidentale e del Monte Capanne. La seconda sala è dedicata all’ambiente marino. Alle pareti un ecorama raffigura la flora e la fauna del mare e delle coste sabbiose e rocciose dell’Arcipelago Toscano. Si trova anche uno spazio dedicato al raro gabbiano corso, adottato come simbolo del Parco, con una nota sull’ecologia di questo uccello a rischio di estinzione. La visita termina nella parte dedicata ai mammiferi marini che popolano il mare protetto del Parco, ci sono infatti raffigurazioni delle specie più significative, oltre a notizie dettagliate sul Santuario Pelagos, ma il culmine è senz’altro raggiunto dalla bella rappresentazione lignea della coda di un grande cetaceo! E’ presente anche un’attrezzata sala proiezioni dove possono essere visionati filmati e presentazioni del Parco.


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Whale watching nell’Arcipelago

© G. Di Stefano

Avvistamento di alcuni tursiopi al largo di Portoferraio

Ambiente Mare

centro studi e ricerche sul sistema mare

Dal 1993 l’associazione Ambiente Mare organizza crociere di avvistamento cetacei, in particolare nell’Arcipelago Toscano. Durante queste attività si ha la possibilità di osservare alcuni dei mammiferi presenti nei nostri mari come la balenottera comune, il capodoglio e numerose specie di delfini. Le crociere si svolgono a bordo dell’Aleph, uno splendido schooner di 16 metri, che può ospitare fino a 12 persone dando loro l’opportunità di entrare in contatto con l’affascinante mondo del mare accompagnati da un biologo marino. PER INFORMAZIONI: Cell. 368 3501293 - 335 5340151 - 338 1799778 www.ambientemare.org - ambientemare@iol.it

Centro Ricerca Cetacei Il Centro Ricerca Cetacei è un istituto di ricerca con sede a Portoferraio, nato nel 2003 dal sogno della dr.ssa Micaela Bacchetta, che desiderava portare nelle case della gente, in maniera semplice e confidenziale, la ricerca scientifica, l’amore e il rispetto per il mare. Oggi i ricercatori del Centro trovano habitat ideale fra la popolazione di delfini dell’isola d’Elba, studiandone salute, comportamento e distribuzione, insieme a studenti universitari e nobili appassionati. Scienziati e marinai si fondono per vivere un mare dove ci sono ancora i cetacei. PER INFORMAZIONI: Cell. 333 2940107 - www.centroricercacetacei.org info@centroricercacetacei.org - www.adottaundelfino.org


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Istituto di ricerca Thetys Il Tethys Research Institute, fondato nel 1986, è una ONG senza scopo di lucro dedicata alla conservazione dell’ambiente marino e della sua biodiversità, con una particolare attenzione ai cetacei del Mar Mediterraneo. Il suo approccio professionale alla ricerca ha reso uno degli istituti leader nel suo settore. Tethys ha prodotto più di 300 contributi scientifici con referee e ha guidato la creazione del Santuario dei Cetacei del Mediterraneo. Con un team di circa 30 collaboratori, Tethys ha coinvolto migliaia di persone provenienti da tutto il mondo nelle sue spedizioni. L’Istituto si basa esclusivamente sulla raccolta di fondi autonomi. PER INFORMAZIONI: Tel. 0272001947 - www.tethyt.org – tethys@tethys.org

Tuscany

Dolphin Project PELAGOS, OCEANOMARE – DELPHIS E OPIFICIO conducono un progetto di ricerca che ha come scopo approfondire le conoscenze su dimensioni e struttura sociale delle popolazioni di cetacei dell’Arcipelago Toscano, per renderne più efficace la tutela. Per perseguire tali obbiettivi sono organizzate crociere di avvistamento con foto-identificazione, registrazione del comportamento e registrazioni acustiche. Nei campi di ricerca sono coinvolti volontari che aiutano i biologi marini nella raccolta dati. PER INFORMAZIONI: Carlo Trombetti Cell. 3391830164, www.pelagos.it Barbara Mussi Tel. 0142410156, www.oceanomaredelphis.org

Econauta Econauta propone uscite di Whale Watching in barca a vela nel Santuario dei Cetacei in tutti i mesi dell’anno, sia per adulti che per ragazzi. Le uscite possono durare da un giorno ad una settimana e le attività principali sono l’avvistamento e la fotoidentificazione. L’area di azione abituale è tra l’Arcipelago Toscano e il Nord della Corsica, ma vengono effettuate crociere di avvistamento anche in altre aree del Mediterraneo, tra cui l’Arcipelago Ponziano, le Bocche di Bonifacio e l’Arcipelago di Kerkennah in Tunisia. A bordo, oltre allo skipper, ci sono sempre una guida ambientale e un accompagnatore specializzato. PER INFORMAZIONI: Tel e fax +39 0565 976707 - Cell. +39 333 2653079 www.econauta.net - info@econauta.net


70 Cetacei dell’Arcipelago Toscano

Scheda avvistamento Specie avvistata Stenella  Delfino comune  Tursiope  Steno  Globicefalo  Grampo  Orca  Pseudorca  Zifio  Capodoglio  Balenottera minore  Balenottera comune  Numero esemplari ……… Isolato  Gruppo Compatto  Disperso  Numero stimato Min ……… Max ……… Presenza di giovani  Comportamento: Stazionario  Nuoto lento  Nuoto veloce  Direzione seguita ………………………….. Presenza a prua  Salti  Durata dell’osservazione: ……… Segni particolari, note osservazioni complementari, ecc. ……… ………………………………………………………………… ………………………………………………………………… Annotazioni sull’avvistamento: Data: Ora: Condizione del mare: Calmo  Poco mosso  Mosso  Agitato  Molto agitato  Localizzazione: (Segnare la zona sulla cartina) Latitudine ………. ° Nord Longitudine ………° Est/Ovest Posizione rispetto alla costa:


Bibliografia essenziale 1. Annalisa Berta, Return to the Sea: The Life and Evolutionary Times of Marine Mammals, 2012 University of California press. Los Angeles. 2. 3. 4. 5. 6. 7. 8. 9. 10. 11. 12. 13. 14. 15. 16.

AA.VV., Balene e Delfini, 1998. Istituto Geografico De Agostini, Novara. AA.VV., L’osservatorio toscano dei cetacei, 2008. Primo Report. Aprile 2007- maggio 2008. Centro stampa Giunta Regione Toscana. AA.VV., Cetacei e Tartarughe nel cuore del Mediterraneo, 2009. ARPAT, Firenze. AA.VV., BioMarT. Atlante della Biodiversità, 2009. Edito a cura di Regione Toscana/Museo di Storia Naturale, Firenze. AA.VV. BioMarT. Componenti biotiche e ambientali determinanti per la biodiversità. Edito a cura di ARPAT/Regione Toscana. Bormiotto L., Limardo R. Incontrare i cetacei, 1999. Ugo Mursia Editore, Milano. Cohat Y., Le balene, giganti del mare, 1992. Universale Electa/Gallimard. Foresi S., Pesci, pesca e pescatori nel Mare dell’Elba, 1939. Tipografia Popolare, Portoferraio. Jahoda M., Le mie balene - I cetacei del Mediterraneo visti da vicino, 2007. Mursia Editore, Milano. Marchese A., Balene all’Elba. Cronistoria delle visite dei grandi cetacei lungo le coste dell’Isola dal settecento fino ai nostri giorni, 2010. Semper editrice, Firenze. Notarbartolo di Sciara G., Cetacei del Mediterraneo. Guida al riconoscimento. I Manuali di Greenpeace, 1989. Editori del Grifo. Montepulciano (SI). Notarbartolo di Sciara G., Jahoda M. I cetacei del Mar Ligure. Guida all’identificazione delle specie del “Santuario”. A cura di Tethys Research Institute. Notarbartolo di Sciara G.,Cagnolaro L., I nomi italiani dei Cetacei, 1987. Boll. Zool. 4 Pulcini M., D’Adamo M., D’Esposito A., Cetacei, 2007. Edito a cura di Marevivo, Roma. Seale R. W., “A correct Chart of the Mediterranean Sea, from the Straits of Gibraltar to the Levant; From the latest and best Observations: for Mr. Tindal’s Continuation of Mr. Rapin’s History”, 1745. Stampa d’arte acquerellata a mano a cura di Patrizia Bandinelli. *Protected Resouces Division, Southwest Fisheries Science Center, La Jolla, California. swfsc.nmfs.noaa. gov/PRD/

Sul Web Osservatorio Toscano dei Cetacei: http://www.regione.toscana.it/osservatoriocetacei Tethys Research Institute, Milano: http://www.tethys.org Centro per la ricerca sui cetacei Ce.Tu.S: http://www.cetusresearch.eu Associazione Ambiente Mare: http://www.ambientemare.org Centro Ricerca Cetacei: http://www.centroricercacetacei.org Agreement on the Conservation of Cetaceans of the Black Sea, Mediterranean Sea and contiguous Atlantic Sea: http://www.accobams.org/ Ministero dell’Ambiente: http://www.naturaitalia.it distav, Università degli Studi di Genova: www.dipteris.unige.it


Finito di stampare nel mese di gennaio 2014 da Bandecchi e Vivaldi - Pontedera (Pi)

Stampa su carta FSC



Delfini e balene popolano sempre più spesso cinema e televisione oltre che letteratura e immaginario collettivo. Ma quanto sappiamo di questi mammiferi che tuttora non è affatto difficile incontrare nei nostri mari? Il quarto quaderno della collana del Parco si propone di rispondere alle tante curiosità sul mondo dei Cetacei e sfata miti, leggende e supposizioni, dovuti alla scarsa conoscenza. Il lettore può trovare qui le necessarie informazioni per proteggere questi animali, minacciati dall’inquinamento e dai metodi di pesca illegali.

Prezzo: € 5,00


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