Storia della Fototerapia: la nascita

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Storia della Fototerapia: la nascita

(autoritratti) Hugh Welch Diamond Kent, 23 ottobre 1808 Twickenham, 21 giugno 1886 Era un 22 maggio come oggi, ma nel lontano 1856, a Londra, nel salone della Società Reale di Medicina. Quel giorno, lo psichiatra e fotografo Hugh Welch Diamond ha letto la sua relazione “Sull’Applicazione della Fotografia nella Fisiognomica e nei Fenomeni Mentali della Follia”. Hugh Diamond individuava tre funzioni che la fotografia poteva svolgere nella psichiatria. Una funzione scientifica, che consisteva nel registro preciso che la fotografia rendeva possibile dei tratti fisiognomici dei malati, che poteva essere utile per gli studi futuri. Per questa ragione Diamond è considerato il “Padre della Fotografia Psichiatrica”. Una funzione sociale, in quanto permetteva l’identificazione degli individui potenzialmente pericolosi da parte delle forze dell’ordine e dei servizi sanitari. E ciò che mi sembra più interessante, lo psichiatra-fotografo ha riconosciuto un potenziale ruolo facilitatore che la fotografia poteva svolgere nel processo di cura dei pazienti. In questo senso, credo che si possa considerare Hugh Diamond come il precursore della Fototerapia e il 22 maggio 1856 come la data dell’inizio del processo di costruzione di questa disciplina. Il Dottor Diamond riporta alcuni casi in cui la fotografia ha contribuito al buon esito del trattamento ricevuto nel Manicomio Femminile di Surrey, di cui era il direttore.

Il primo caso era di una giovane madre affetta da “mania puerperale”, sindrome che si assomiglia a ciò che oggi chiamiamo depressione post-partum. La paziente è stata fotografata in diverse fasi del percorso del suo trattamento. In questo modo la giovane ha potuto osservare con piacere la trasformazione positiva del suo aspetto e questo ha rafforzato l’efficacia della cura. Il secondo caso riportato tratta di una giovane di 20 anni che si considerava una regina. Le frequenti sedute fotografiche e le discussione che i ritratti suscitavano hanno rappresentato il primo passo verso la sua guarigione.


Dopo aver letto un riassunto della conferenza di Hugh Diamond, il direttore del Manicomio di Chester, Thomas Nadauld Brushfield ha scritto un articolo sul Photographic Journal (1857) in cui commenta aver riscontrato simili effetti positivi della fotografia sui suoi pazienti.

Lui racconta come i malati si sentono gratificati nel vedere i loro ritratti fotografici, in particolar modo quando questi ritratti vengono affiancati a quelli degli altri ospiti. Una delle testimonianze più dettagliate sulle reazioni dei pazienti verso loro ritratti è stata offerta da William Charles Hood, responsabile del Manicomio di Bethlem, dal 1852 al 1862.

Dottor Hood narra come le sedute fotografiche erano diventate una sorgente di soddisfazione e di allegria per gli ospiti dell’istituzione. “Un effetto inatteso di questo divertimento artistico è il fatto che i pazienti cominciavano a dirigere la loro attenzione verso loro modo di vestirsi e loro aspetto


fisico, loro viso e loro postura. Questo interessamento alla propria immagine porta spesso a risultati salutari.” L’importanza della fotografia sulla costruzione dell’identità personale risulta evidente dalla narrazione di Hood sulla seduta fotografica di una paziente affetta da “melanconia religiosa” durante la quale lei ha chiesto di essere fotografata avendo in mano un libro, nonostante lo tenessi capovolto.

Ho voluto ricordare questi precursori della Fototerapia e riportare qui questi aneddoti per festeggiare insieme a voi la giornata di una disciplina che ancora ha molto da offrire all’umanità. Colgo l’occasione per festeggiare anche il successo dell’Inter alla Champions League 2010. Ayres Marques Pinto Loreto, 22 maggio 2010


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