Azione 06 del 8 febbraio 2021

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Cooperativa Migros Ticino

Società e Territorio L’uso continuo degli smartphone sta peggiorando la nostra capacità di concentrazione: lo dice la giornalista Lisa Iotti

Ambiente e Benessere All’Ospedale Regionale di Lugano si studiano sintomatologia e intervento fisioterapico legati alla guarigione da Covid-19

G.A.A. 6592 Sant’Antonino

Settimanale di informazione e cultura Anno LXXXIV 8 febbraio 2021

Azione 06 Politica e Economia Gli Usa intendono contrastare l’avanzata del modello autoritario, anche in Birmania

Cultura e Spettacoli Nasceva cento anni or sono Beuys, grande protagonista della scena artistica internazionale

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Franco Banfi

Cetacei veloci come ghepardi

di Sabrina Belloni pagina 17

Big Tech alla resa dei conti di Peter Schiesser Si può essere sollevati che Twitter, Facebook, Youtube abbiano chiuso l’account di Donald Trump: da un mese si vive un salubre silenzio. Tuttavia, se questa decisione risolve un caso particolare, apre altre questioni, che in ultima analisi potrebbero costare care a questi social media (vedi Nesurini a pagina 27). La prima, fondamentale: è giusto che delle imprese private abbiano il potere di condizionare a piacimento il dibattito politico e culturale di un paese? Non dovrebbe essere lo Stato a definire i limiti della libertà d’espressione? La seconda è: se fino a ieri i proprietari dei social media insistevano a non considerarsi degli editori e quindi non responsabili dei contenuti che veicolano, con l’estromissione di Trump compiono un atto politico che dimostra un intento censorio, quindi di intervento sui contenuti – che cosa sono allora, editori o no? Se tanti hanno commentato la decisione di mettere a tacere Trump con un «era ora», altri hanno pensato «perché non prima?». L’ipocrisia dei social media è evidente: a parte il fatto che l’incitamento alla presa del Campidoglio non è stata comunicata da Trump via Twitter

ma in un comizio pubblico, in questi anni hanno permesso che il presidente americano pubblicasse migliaia di falsità, insulti, minacce, e tantomeno si sognano di censurare capi di Stato autocratici stranieri e messaggi che incitano alla violenza al di fuori degli Stati Uniti. I vantaggi economici derivanti dall’enorme udienza di cui gode l’ex presidente erano troppo appetibili, come lo sono tuttora nel resto del mondo. Se si vuole elogiarli per avere censurato Trump, si deve altrettanto criticarli per averlo aiutato a costruire il suo potere manipolatorio su decine di milioni di persone. Molto probabilmente, la conseguenza di queste contraddizioni sarà un intervento regolatorio delle autorità statali americane. Ad essere critici verso Facebook&Co non sono solo i democratici, anche molti repubblicani hanno il dente avvelenato per la censura di voci conservatrici. In queste condizioni è probabile che il Congresso riveda l’articolo 230 del Communications Decency Act, che dovrebbe garantire la «decenza» di quanto pubblicato in internet, ma in realtà riconosce ai social media di non essere responsabili dei contenuti che veicolano e concede loro la libertà di escludere un utente a piacimento. Questa impostazione è considerata superata da entrambi

gli schieramenti, i social media non potranno più sfuggire ad una regolamentazione che limiterà le loro libertà e imporrà nuovi doveri. Ma c’è un altro pericolo: in ottobre la commissione giustizia della Camera dei rappresentanti ha consegnato un rapporto di 450 pagine in cui accusa Apple, Google, Amazon, oltre che Facebook di pratiche monopolistiche. Una delle proposte della commissione è di impedire ogni nuova acquisizione, ma possiamo ipotizzare che in un Congresso a maggioranza democratica le voci che chiedono di smembrare le grandi aziende tecnologiche tornino a levarsi e con maggiore forza. Da quanto si legge, lo stesso Biden intende chiamare al Dipartimento di giustizia e ai vertici della Commissione federale delle comunicazioni delle persone molto critiche verso i Big Tech. Zuckerberg e compagni non dormiranno sonni tranquilli. Forse si chiuderà un’era selvaggia, quella in cui Internet, da luogo di massima espressione della libertà e della democrazia, si è trasformato nel paradiso del complottismo, dell’aggressività verbale, delle fake news. Ma definire quanta libertà possa sussistere nel web e quanto controllo istituzionale, quanta responsabilità addossare ai Big Tech, sarà un cammino molto lungo e complesso.


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