Cooperativa Migros Ticino
Società e Territorio L’ONU sostiene una maggiore presenza di donne nelle carriere scientifiche, ambito in cui la parità di genere è ancora lontana
Ambiente e Benessere La dottoressa Claudia Gamondi e lo psichiatra Michele Mattia spiegano il ruolo fondamentale delle cure palliative
G.A.A. 6592 Sant’Antonino
Settimanale di informazione e cultura Anno LXXXIV 15 febbraio 2021
Azione 07 Politica e Economia Test sullo stato della democrazia in Africa dove oltre venti Paesi sono chiamati alle urne
Cultura e Spettacoli Il mondo distopico del dopo Angela Merkel nel nuovo romanzo della tedesca Juli Zeh
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Valentina Scaglia
All’avventura sul Ticino lombardo
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Un argine alle fake news di Peter Schiesser Sono immagini e filmati angoscianti, quelli proiettati al Senato a Washington sull’assalto al Campidoglio durante il secondo processo a Trump. Ai molti già visti, altri video inediti aggiungono una drammaticità che lo sconcerto della prima ora non aveva permesso di cogliere appieno. Eppure si prevede che Trump non verrà condannato, poiché mancherà il voto di un manipolo di repubblicani per raggiungere il quorum dei due terzi – per motivi di opportunità politica, nella speranza che i sostenitori dell’ex presidente si acquietino. Forse qualcuno dei partecipanti all’assalto si è pure pentito di aver ceduto all’istinto del branco, della brutalità di gruppo, ben visibile in questi filmati. La consapevolezza di incorrere in sanzioni, di finire in prigione, come avvenuto per decine di persone, tratterrà molta gente dall’osare un secondo assalto. Ma esperti di terrorismo americani temono che dopo gli eventi del 6 gennaio i membri dei gruppi di estrema destra si sentano galvanizzati dal successo avuto e possano radicalizzarsi passando ad atti di terrorismo armato. Dopo aver concentrato l’attenzione per 20 anni a combattere quello islamico, gli
americani si rendono conto che il terrorismo più pericoloso (per la coesione della società) se lo ritrovano in casa. E si alimenta di teorie cospirazioniste, di paranoie, di falsità alla cui costruzione Donald Trump si è reso in prima persona responsabile. Un’idelogia e delle convinzioni che non spariranno e che possono diffondersi facilmente attraverso i social media. Secondo vari studi e analisi, quasi tutti i sostenitori di Trump continuano a credere alla bugia di una vittoria rubata e addossano la responsabilità dell’assalto a forze di estrema sinistra, convinti che l’ex presidente si è comportato in modo responsabile – nonostante fatti e immagini non lascino spazio a dubbi. Le fake news hanno dunque ancora molta presa. E di fronte alla valanga di falsità che circolano in rete, sembra impossibile riuscire a porre un argine. Soprattutto negli Stati Uniti il primo emendamento della Costituzione riconosce un diritto quasi illimitato alla libertà di parola. Eppure qualcuno non ci sta e ha deciso di rivolgersi ai tribunali: dapprima Dominion e poi Smartmatic, entrambi società specializzate in sistemi di voto (hanno fornito le macchine che conteggiano le schede per le elezioni presidenziali), hanno querelato per diffamazione due dei principali
propagandisti di Trump e alcuni media per aver propagato la menzogna che le macchine per il conteggio delle schede erano truccate. Dominion chiede un risarcimento di 1 miliardo e 300 milioni di dollari, Smartmatic ne chiede 2 miliardi e 700 milioni, prendendo di mira in particolare Sidney Powell, già membro del team legale di Trump, e Rudy Giuliani, l’ex sindaco di New York già implicato nel primo impeachment del presidente, ma anche il canale televisivo Fox News e alcuni dei suoi anchorman più vicini all’ex presidente. Le due compagnie hanno in serbo altre querele, ma intanto le prime hanno già avuto effetto: dopo aver fatto da megafono a Trump per mesi, in dicembre Fox News ha presentato nel programma dei tre anchorman querelati il parere di un esperto che sfata il mito delle elezioni truccate; su Newsmax (anch’esso un network molto a destra) l’alleato di Trump Mike Lindell è stato zittito dal moderatore, che ha poi letto una dichiarazione secondo cui la rete televisiva riconosce come legale il risultato delle elezioni; a New York la radio WABC ha smentito in diretta Rudy Giuliani, che cura un programma su quelle onde. La paura fa novanta, perché chi diffonde fake news sa di non potere dimostrare che non sono tali.