Azione 24 del 14 giugno 2021

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Cooperativa Migros Ticino

Società e territorio Il cervello umano è in grado di orientarsi anche senza il Gps, un saggio di Michael Bond ci spiega come

ambiente e Benessere Il professor Alessandro Ceschi, primario e direttore medico e scientifico dell’Istituto di scienze farmacologiche della Svizzera italiana ci parla dei vaccini anti-COVID

G.A.A. 6592 Sant’Antonino

Settimanale di informazione e cultura Anno LXXXIV 14 giugno 2021

azione 24 Politica e economia È esplosa la questione israeliana. In discussione coesione e carattere dello Stato ebraico

cultura e Spettacoli Esce finalmente in italiano il libro di Lukas Hartmann sulle pandemie del passato

Pro Helvetia

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di Fabio Dozio pagina 8

Keystone

In difesa dell’archeologia

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Prime punture di spillo di Peter Schiesser Dopo la fine dei negoziati sull’accordo istituzionale con l’UE, le prime punture di spillo sono già arrivate – e come previsto colpiscono il settore MedTech: Bruxelles non riconosce più le certificazioni per respiratori e siringhe provenienti dalla Svizzera, di conseguenza le ditte europee non intendono comprarle e in Slovenia sono state bloccate alcune importazioni. Per ora sono toccate solo due aziende svizzere, ma Daniel Delfosse, membro di direzione di Swiss MedTech, teme che ne pagheranno lo scotto oltre una sessantina di aziende svizzere, se gli acquirenti europei cercheranno altri fornitori. Daniel Delfosse considera queste decisioni una misura di ritorsione contro la Svizzera senza ragion d’essere, poiché in sé l’accordo bilaterale per l’eliminazione degli ostacoli al commercio resta in vigore, anche se non verrà aggiornato. Ma questo segnale viene recepito con crescente allarme non solo nel settore MedTech, bensì anche nell’industria farmaceutica. Infatti, Bruxelles sta valutando di introdurre delle nuove disposizioni per il riconoscimento dei certificati, che vanno sotto il nome di Good Manufacturing Practice,

le quali possono da un lato portare al mancato riconoscimento delle certificazioni svizzere per tutti i prodotti farmaceutici, dall’altro imporre delle ispezioni di funzionari europei nelle aziende svizzere. Per un settore come quello farmaceutico che vende prodotti in Europa per 125 milioni di franchi al giorno è una situazione delicata. In una lettera al Consiglio federale della federazione Interpharma, in cui critica l’abbandono del tavolo dei negoziati, si ricorda che il riconoscimento da parte europea dei certificati svizzeri ha permesso finora di risparmiare dai 150 ai 300 milioni di franchi all’anno. Sono cifre che mettono in ombra le poche decine di milioni all’anno che sarebbe costata in aiuti sociali l’accettazione della direttiva Ue sulla cittadinanza. Negli ambienti economici si prevede che dopo i settori legati alla sanità potrebbe toccare all’industria delle macchine. Il Consiglio federale avrà il suo bel daffare per convincere la Commissione europea a non penalizzare le aziende svizzere. Gli accordi bilaterali restano in vigore, ha rassicurato il Consiglio federale, ma questi esempi mostrano che possono divenire presto obsoleti. Di conseguenza, qualcuno si sta già ponendo l’interrogativo su quale strada percorrere per ridefinire i rapporti con Bruxelles,

o comunque per salvaguardare l’economia: da un lato gli ambienti economici (padronato ma anche Interpharma) suggeriscono di concludere nuovi accordi di libero scambio con paesi esteri e di cercare personale qualificato al di fuori dell’Europa, allo stesso tempo di liberalizzare le leggi sul lavoro; i sindacati vogliono esattamente il contrario, rafforzare la protezione dei lavoratori. E fra i partiti cominciano a profilarsi Verdi liberali e socialisti. I Verdi liberali, gli unici a sostenere compatti l’accordo istituzionale, ritengono l’adesione allo Spazio economico europeo (bocciato nel 1992) la via più praticabile. Il PS vuole rilanciare il dibattito sull’adesione all’Unione europea, il suo co-presidente Cédric Wermuth è convinto che si possa negoziare un’adesione con delle eccezioni sulla protezione dei salari. Un’affermazione, resa alla «Wochenzeitung», che lascia sorpresi: in realtà, persino le attuali concessioni dell’Ue alla Svizzera in materia di libera circolazione delle persone collidono con il diritto europeo, come ha stabilito la perizia legale dello studio PragerDreifuss. Verrebbe da dire: siamo seri, per favore. E approfondiamo le alternative concrete; rispettivamente interroghiamoci su concetti di fondo, come la tanto decantata sovranità (vedasi a pagina 29).


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