Azione 30 del 26 luglio 2021

Page 1

Cooperativa Migros Ticino

Società e Territorio Intervista alla giornalista inglese Elizabeth Day autrice del libro L’arte di saper fallire

Ambiente e Benessere Costano di più ma non sono migliori: Alessandro Ceschi, primario dell’Istituto di scienze farmacologiche spiega le differenze tra farmaci «originali» e «generici»

G.A.A. 6592 Sant’Antonino

Settimanale di informazione e cultura Anno LXXXIV 26 luglio 2021

Azione 30 Politica e economia I pirati informatici e la guerra digitale tra la Nato ricompattata e l’alleanza russo-cinese

Cultura e Spettacoli Il curioso caso letterario di Ulrich Alexander Boschwitz, ora in italiano per Rizzoli

pagina 11

pagina 3

pagina 25

pagina 33

Stefano Spinelli

La bellezza che nasce dal fuoco

di Sara Rossi Guidicelli pagine 6-7

La pandemia dei non vaccinati di Peter Schiesser Ed eccoci alla quarta ondata. Anche questa poco paragonabile alle precedenti, per le varianti in gioco, per umore e stato psico-fisico della popolazione. Siamo stati troppo ottimisti il mese scorso, quando scrivevamo che eravamo ad una svolta della pandemia in Svizzera? Sì e no. No (speriamo) riguardo alla fine delle restrizioni della libertà decise dal Consiglio federale: finora il governo non ha dato segnali di volerle reintrodurre, perlomeno non per tutti. Sì, perché se è vero che la quarta ondata colpirà soprattutto le persone non vaccinate la realtà ci dice che sono ancora tante, troppe le persone che non lo sono, per cui con la crescita di nuovo esponenziale dei contagi si rischia ancora una volta di arrivare al limite delle capacità ospedaliere – e speriamo che il personale medico-infermieristico regga anche questa volta, ma non lo possiamo chiedere all’infinito. Vogliamo dirlo? Anche questa volta siamo stati presi alla sprovvista. Pensavamo un po’ tutti, a tutti i livelli, che l’estate sarebbe stata come quella dell’anno scorso, una parentesi rilassata, perché lo stare all’aria aperta azzera quasi i contagi. Invece dall’India è arrivata la

variante Delta, giudicata (dati da prendere con le pinze) due volte più contagiosa della variante inglese, a sua volta doppiamente contagiosa rispetto a quella originaria . E le infezioni hanno ripreso a crescere, ora siamo al ritmo di un aumento di oltre l’80 per cento alla settimana, più persone vengono ospedalizzate, qualcuna finisce in cure intense, qualcuno muore. Non siamo a livelli allarmanti, va detto, almeno non per adesso, poiché a contagiarsi questa volta sono soprattutto i giovani e la maggior parte di loro superala malattia senza troppi danni (non tutti), mentre molti anziani e persone a rischio sono protette dal vaccino, anche se non al 100 per cento. Tuttavia, ce ne sonoparecchi che non lo sono: il 15 per cento degli ottantenni non lo è, in totale si stima che 2 milioni e 400 mila persone non hanno avuto nemmeno la prima dose, il 44,8 per cento della popolazione ne ha avute due. La parola d’ordine delle autorità ora è quindi: accelerare la campagna di vaccinazione, che invece sta rallentando, per raggiungere l’80 per cento della popolazione. Come darle nuovi impulsi? Campagne di informazione e qualche idea nuova. Come luoghi di vaccinazione improvvisati, anche nei centri commerciali, in cui ci si può vaccinare spontaneamente, senza bisogno di

prendere appuntamento. Un esperimento che sta avendo successo in Turgovia e viene ripreso in Argovia. L’immunologo statunitense Anthony Fauci ha fornito un messaggio chiaro: attualmente il 99,5 per cento dei decessi per Covid negli USA si registra fra le persone non vaccinate. Considerato che solo il 49% è doppiamente vaccinato e il 56 ha avuto almeno una dose, restano 150 milioni di persone a rischio. E il presidente Joe Biden ha raddoppiato: questa è la pandemia dei non vaccinati. Intendendo implicitamente con ciò che per i vaccinati (e i guariti) la libertà ritrovata non è negoziabile. E questo è il cammino che vogliono seguire anche le nazioni europee. Che però significa restrizioni per i non vaccinati, non guariti, non testati. In Italia e Francia è ora richiesto un passaporto vaccinale anche per andare ai ristoranti (al chiuso). Il Consiglio federale non dà per ora segnali di voler essere così restrittivo. Tuttavia è chiaro che questo stadio della pandemia apre un Coronagraben, fra chi è vaccinato o guarito e chi non vuole vaccinarsi. E si percepisce dell’ostilità reciproca fra i due fronti, che non aiuta. Piuttosto si motivino i dubbiosi e i pigri, forse potrebbe bastare. Alla fine il rischio lo corrono i non vaccinati, e se lo devono assumere loro. Gli altri sono più protetti.


Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino • 26 luglio 2021 • N. 30

2

Attualità Migros

Inaugurata la nuova Migros di Savosa Filiali Completamente rinnovato il negozio di Via San Gottardo 150. Per l’occasione, il 29 e 30 luglio

10 per cento di sconto sull’intero assortimento e 1000 franchi in palio

Un’offerta focalizzata sul fresco, con un ampio spazio dedicato alla frutta e verdura e un ricco assortimento di articoli Nostrani.

Aperto il 27 giugno del 1969 questo storico e apprezzato punto vendita del Luganese, dopo diversi interventi nel corso degli anni, l’ultimo dei quali nel 2004, aveva bisogno di un nuovo radicale lifting per restare al passo con i tempi. Con l’intervento iniziato lo scorso 25 maggio si è quindi deciso di fare un ulteriore significativo passo avanti nel rinnovo della rete di vendita di Migros Ticino. L’investimento totale è stato di due milioni di franchi. I lavori hanno tenuto conto degli ambiziosi obiettivi di risparmio energetico fissati dalla Cooperativa. Le strutture interamente rinnovate e all’avanguardia, caratterizzate dai più alti e innovativi standard di costruzione e di sostenibilità ambientale, garantiran-

no un cospicuo risparmio energetico. L’energia fossile è stata completamente abbandonata e allo stesso tempo è stato installato un unico impianto per frigoriferi, riscaldamento e climatizzazione, che permette un’ottimizzazione dell’efficacia energetica e dei recuperi di quest’ultima, che altrimenti andrebbe inutilmente persa. Il sistema utilizza solo gas naturale CO2. Anche i nuovi impianti d’illuminazione LED a basso consumo energetico, le chiusure dei frigoriferi e il nuovo moderno sistema di regolazione dell’edificio porteranno dei benefici sostanziali in termini di sostenibilità. Il supermercato, in grado di servire comodamente tutta la popolazione del Comune di Savosa e dintorni, non-

ché gli avventori in transito, si presenta ora in nuova veste, con una superficie di vendita di circa 880 metri quadrati. La clientela avrà la possibilità di farvi una spesa quotidiana veloce e completa. L’offerta di prodotti alimentari si è focalizzata sul fresco, con i fiori all’occhiello rappresentati dal grande Angolo del Buongustaio, che proporrà le migliori specialità gastronomiche locali e internazionali accuratamente selezionate dai nostri esperti, e dall’esteso assortimento di prodotti Daily, apprezzato marchio che racchiude una vasta scelta di bibite e cibi a consumo istantaneo freschi e caldi di ottima qualità, che farà la felicità dei molti lavoratori impiegati in zona. Degno di nota sarà l’assortimento pensato per le persone con intolleran-

ze o allergie. Un altro punto di forza del negozio sarà il moderno forno per la cottura del pane, che permetterà di acquistare prodotti freschissimi fino alla chiusura del negozio. Come gradita novità ecco poi il nuovo e ben rifornito banco pesce. Sarà quindi garantito anche un ampio assortimento di beni di prima necessità del non food, con un accento particolare sui settori Bellezza e Salute, ampliati e valorizzati con una serie di nuovi prodotti di alta qualità per il benessere quotidiano. E per chi va di fretta, oltre alle casse tradizionali, è stato introdotto il comodo e veloce sistema Subito, con possibilità di self scanning e self checkout. Per sottolineare questo nuovo importante intervento di miglioria, Mi-

All You Need Is V-Love la propria marca di specialità a base vegetale

pieno rispetto dell’ambiente e degli animali. Non a caso, delle proposte vegane e vegetariane che la Migros non solo firma ma, in gran parte, produce anche direttamente, si sono innamorati in tanti. Questo almeno è quanto si legge nei commenti lasciati sulla piattaforma Migipedia dedicata ai consumatori della Migros. Naturalmente abbiamo fatto tesoro del feedback dei nostri clienti. Gli ultimi nati della famiglia VLove sono una treccia vegana, due varianti vegane di cioccolato al latte, un

Camembert vegano, un gelato all’avena e diversi prodotti di pronto consumo, fra cui un sandwich caprese e un’insalata di würstel. Nel corso del 2021 l’assortimento verrà ulteriormente ampliato con tante interessanti novità dalla pasticceria ai piatti pronti, senza trascurare naturalmente i sostituti della carne e dei latticini. Piccola sneak preview: a settembre uscirà sotto la marca V-Love un millefoglie vegano prodotto dalla Jowa. Per la colonna sonora rimaniamo

Azione

Sede Via Pretorio 11 CH-6900 Lugano (TI) Tel 091 922 77 40 fax 091 923 18 89 info@azione.ch www.azione.ch

editore e amministrazione Cooperativa Migros Ticino CP, 6592 S. Antonino Telefono 091 850 81 11

Settimanale edito da Migros Ticino Fondato nel 1938 Redazione Peter Schiesser (redattore responsabile), Barbara Manzoni, Manuela Mazzi, Romina Borla, Simona Sala, Alessandro Zanoli, Ivan Leoni

La corrispondenza va indirizzata impersonalmente a «Azione» CP 6315, CH-6901 Lugano oppure alle singole redazioni

Stampa Centro Stampa Ticino SA Via Industria 6933 Muzzano Telefono 091 960 31 31

Orari di apertura

Lunedì-venerdì: 08.00 – 19.00 Giovedì: 08.00 – 20.00 Sabato: 08.00 – 18.30

Rettifica

Anniversario Nel luglio 2020 la Migros ha lanciato V-Love,

Nel giro di un anno quello che è partito come un esperimento con tre prodotti si è evoluto in un love brand che conta nel frattempo un’ottantina di proposte diverse. Riteniamo quindi sia arrivato il momento di festeggiare il successo e fare un paio di anticipazioni – i Beatles ci perdoneranno se abbiamo preso in prestito il titolo di un loro celeberrimo brano. L’amore va preso per la gola, e i prodotti V-Love conquistano palato e cuore in un colpo solo, perché nascono nel

gros Ticino ha previsto uno sconto generale del 10% sull’intero assortimento durante le giornate di giovedì 29 e venerdì 30 luglio. Completerà la giornata di festa e allegria un grande concorso con in palio una carta regalo Migros del valore di CHF 1000.–. Il responsabile Gacina Bilin Kresimir e i suoi 12 collaboratori, cordiali e ben preparati, sono pronti a soddisfare i bisogni della clientela con cura e attenzione, in un clima accogliente e famigliare.

Tutti i prodotti sono certificati dal marchio V (V-Label).

coi Beatles, che hanno sempre saputo trovare le parole giuste: «V-Love is all you need». Informazioni sui prodotti

www.migros.ch/v-love

Tiratura 101’262 copie Inserzioni: Migros Ticino Reparto pubblicità CH-6592 S. Antonino Tel 091 850 82 91 fax 091 850 84 00 pubblicita@migrosticino.ch

Su «Azione 28» del 12 luglio 2021 è stato pubblicato l’appello ai soci per l’elezione suppletiva del/la rappresentante di Migros Ticino in seno al Consiglio di amministrazione della FCM. Di seguito la corretta composizione dell’Ufficio elettorale nominato dal Consiglio di amministrazione di Migros Ticino: avv. Filippo Gianoni, Bellinzona, presidente; Edy Barri, S. Antonino, membro; Roberto Bozzini, Sementina, membro; Pasquale Branca, Giubiasco, membro; Myrto Fedeli, Cadenazzo, vicepresidente. Abbonamenti e cambio indirizzi Telefono 091 850 82 31 dalle 9.00 alle 11.00 e dalle 14.00 alle 16.00 dal lunedì al venerdì fax 091 850 83 75 registro.soci@migrosticino.ch Costi di abbonamento annuo Svizzera: Fr. 48.– Estero: a partire da Fr. 70.–


Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino • 26 luglio 2021 • N. 30

3

Società e Territorio La Fonderia Perseo È l’unica fonderia d’arte rimasta in Ticino e si trova a Mendrisio, l’abbiamo visitata scoprendo quanta maestria e quanta passione gli artigiani mettono a disposizione degli artisti pagine 6-7

Mediaticino2.0 Lo studio condotto dall’USI in collaborazione con alcune scuole indaga l’impatto del consumo mediatico sul benessere e sul rendimento scolastico degli allievi nel passaggio dalla pre-adolescenza all’adolescenza pagina 8

Fallire fa parte della vita Intervista Il fallimento ci connette tutti

e ci rende umani. Ce lo insegna Elizabeth Day, giornalista inglese che nel suo podcast invita gli ospiti a parlare dei propri momenti difficili

Natascha Fioretti Nel mondo anglofono Elizabeth Day è un nome che non lascia indifferenti. Per i suoi romanzi, certamente, Scissors, Paper, Stone ha vinto il Betty Trask Award ed è stato il libro dell’anno per l’«Observer», Paradise City è stato nominato uno dei migliori romanzi del 2015 dall’«Evening Standard», The Party è diventato un bestseller. Ma, soprattutto, per il suo podcast How to fail with Elizabeth Day su Apple e Spotify in cui, una volta a settimana, invita i suoi ospiti, filosofi, scrittori, calciatori, psicoterapeuti, popstar a parlare a cuore aperto dei loro fallimenti. Lo so, quello del fallimento è un tema poco estivo, ora che tutti siamo intenti a postare sui social foto di spiagge scintillanti e serate mondane sui social. Ma il fallimento esiste ed è dietro l’angolo, parola di Elizabeth Day che in un libro appena uscito per la collana Beat di Neri Pozza L’arte di saper fallire. Cosa fare quando tutto va male ci invita ad abbracciarlo con più positività, come un’esperienza in grado di plasmarci: «Se glielo consentiamo, può insegnarci qualcosa». Classe 1978, nata in Inghilterra e cresciuta nel nord dell’Irlanda, con un pizzico di orgoglio mi racconta della sua nonna della Svizzera francese, cuoca sublime di ratatouille e fondue. Ma cosa l’ha spinta a vendere il suo abito da sposa su eBay e scommettere tutto su un podcast? Ce lo racconta in questa intervista. A che punto della sua carriera professionale è nata l’idea?

Quando una mia lunga relazione finì all’improvviso costrigendomi a rivalutare molte cose. Qualche tempo prima era finito anche il mio matrimonio, avevo deciso di lasciare la mia collaborazione con l’«Observer» e diventare una giornalista indipendente. Ero stanca di intervistare le celebrità mettendo in luce i loro successi e mai le loro fragilità. Mi sentivo una fallita, all’alba dei miei quarant’anni ero single, senza figli, un matrimonio alle spalle e nessuna idea del futuro. Insieme, la mia esperienza personale e

la mia insoddisfazione professionale mi hanno indicato la strada: intervistare personalità e gente comune chiedendo loro di aprirsi, di raccontare cosa nella vita è andato storto. Da giornalista della carta stampata perché ha scelto il podcast?

Simbolicamente ho messo in vendita su eBay il mio vestito da sposa, ho investito il ricavato nel progetto, ho trovato chi si occupasse della parte tecnica, gli sponsor e nel luglio del 2018 sono partita. Da subito ho pensato che fosse il formato più adatto perché molto democratico. Con il podcast instauri un dialogo intimo, nel mio caso una conversazione tra amici. How to fail with Elizabeth Day doveva essere un posto sicuro in cui le persone condividono le loro vulnerabilità. Volevo creare una conversazione fluida e naturale che avesse una propria integrità.

Secondo quali criteri sceglie i suoi ospiti?

Non avendo un’esperienza o un’identità consolidata come podcaster inizialmente mi sono affidata ad amici e contatti nel mondo del giornalismo. Phoebe Waller-Bridge, autrice della serie tv Fleabag, è stata una delle prime e ha immediatamente portato attenzione e ascolti. Dopo il successo delle prime due stagioni le persone hanno iniziato a proporsi, molti editori a contattarmi, si è creato un passaparola virtuoso. Nella selezione mi affido al mio istinto e tengo conto della diversità. Si diceva che il podcast è molto democratico, concetto che applichiamo spesso anche ai social network dove però, tra la bulimia di successi, debolezze e fallimenti non trovano spazio.

Quando durante una pandemia sei chiuso in casa con i bimbi, cerchi di tenere insieme il tuo lavoro e il tuo equilibrio mentale è messo a dura prova è davvero complicato confrontarti con la migliore versione degli altri. Voglio smantellare quest’idea per cui gli altri stanno meglio di noi, ecco perché spesso invito a raccontarsi personalità famose. Tutti abbiamo i nostri momenti difficili. Per questo sostengo che il fallimento è democratico mentre i social media non lo sono. Ci mostrano

Secondo Elizabeth Day l’importante è imparare a volersi bene indipendentemente dai successi o insuccessi. (Shutterstock)

solo minuscole parti dell’esistenza di una persona.

Il fallimento capita ma non ci definisce. Qual è il messaggio del suo libro?

Il fallimento ci connette tutti, ci rende più umani. Il testo è una sorta di vademecum tascabile che unisce i consigli del tuo migliore amico e del tuo terapista per ricordarti che il fallimento fa parte della vita. Quando smetti di stigmatizzarlo, perde il potere di danneggiarti.

L’eccitazione di un buon risultato, in passato, le dava delle soddisfazioni temporanee inducendola a confondere chi era con le cose che faceva. Ma noi non siamo ciò che facciamo come diceva Aristostele?

Confondevo l’approvazione degli altri con l’amore e l’autostima. Ho imparato a volermi bene indipendentemente dai miei successi o insuccessi. La più grande lezione di umiltà è stata l’espe-

rienza della fertilità. Ho sempre voluto dei bambini, ho provato infinite volte ad averne e infinite volte ho fallito. Ho imparato che nella vita ci sono cose che esulano dal nostro controllo. Ho imparato a prendere le distanze, tutti dobbiamo farlo, distanziarci dai marcatori di successo che valgono per gli altri e decidere i nostri, cosa ha valore per noi.

È vero che gli uomini, rispetto alle donne, hanno una differente percezione del fallimento?

All’inizio tutti gli uomini, eccetto uno, mi dicevano di non avere mai fallito nella vita e di non sentirsi adatti a partecipare. Le donne, al contrario, sentivano di avere fallito così tante volte che scegliere tre episodi da raccontare, come chiedo nel programma, sembrava loro impossibile. In verità ho imparato che gli uomini hanno un modo diverso di intendere il fallimento, non lo etichettano come tale e non

lo vedono come un ostacolo o qualcosa che li definisce. Così più il podcast cresceva più il numero degli uomini aumentava. In passato non gli abbiamo insegnato a parlare la lingua della vulnerabilità, cosa che accade con i bimbi di oggi. Ci dice che da un fallimento possono nascere nuove opportunità. A lei come è andata?

In settembre inizierà la dodicesima stagione del podcast. Nel frattempo mi è stato proposto di condurre il programma radiofonico Radio 4’s Open Book della BBC e Arts Book Club Live su Sky. Curo una rubrica su «You magazine» del «Mail on Sunday». Non male per una giornalista che aveva deciso di essere indipendente, in più qualche settimana fa Elizabeth Day è convolata a nuove nozze. Sembra essere vero che ci sia luce in fondo al tunnel.


Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino • 26 luglio 2021 • N. 30

4

Idee e acquisti per la settimana

Le buone patate svizzere

Attualità Da oltre vent’anni le patate Amandine stuzzicano tutti i palati grazie alle loro eccezionali qualità

Originarie della Bretagna, dalla fine degli anni Novanta le patate Amandine sono coltivate con successo anche in Svizzera, soprattutto nella regione del lago Lemano, dove hanno trovato delle condizioni climatiche ottimali per crescere e svilupparsi bene. Queste deliziose patate mantengono la loro compattezza anche dopo una cottura prolungata, di conseguenza si prestano bene per essere consumate lessate (anche con la buccia), arrostite in padella o al forno come contorno oppure sono perfette per preparare rinfrescanti insalate di patate da accompagnare alle più svariate pietanze estive (vedi ricetta). Considerate tra le migliori della loro categoria, le patate Amandine si contraddistinguono per il loro aspetto regolare, allungato, con buccia molto fine edibile. La polpa soda dal caratteristico colore giallo paglierino possiede delle qualità gustative eccellenti: la consistenza fine e il basso tenore di amido le conferiscono un sapore leggero, fresco, che ricorda quello del burro.

Azione 33%

Insalata di patate con maionese aromatica

Patate Amandine Svizzera 1,5 kg Fr. 3.30 invece di 4.95 dal 27.7 al 2.8

Ingredienti per 4 persone 800 g di patate resistenti alla cottura 1 cipolla 1 mazzetto di prezzemolo 1 mazzetto d'erba cipollina 3 cucchiai di maionese 1 cucchiaio di senape 1 dl di brodo di verdura, caldo sale e pepe Preparazione Lessate le patate con la buccia per ca. 30 minuti. Pelatele tiepide, tagliatele a fette spesse 5 mm e mettetele in una scodella. Tritate la cipolla e il prezzemolo. Tagliuzzate l'erba cipollina. Mescolate le erbe con la maionese, la senape e il brodo. Versate la salsa sulle patate e mescolate bene. Condite con sale e pepe. Se l'insalata risulta troppo asciutta, aggiungete un poco di brodo.

Specialità della Gruyère

Un’insalata nostrana per il 1o agosto

Insalata Dala Fèsta nostrana 120 g Fr. 2.50 In vendita nelle maggiori filiali Migros

Il salumificio Epagny si trova ai piedi dell’affascinante castello di Gruyère.

Ecco una raffinata delizia proveniente direttamente da una delle regioni più idilliache della Svizzera francese, la Gruyère, nel Canton Friburgo. Questo piatto festivo di salumi misti è elaborato dall’azienda Produits Epagny SA, salumificio attivo fin dal 1931 nella produzione di specialità di carne essiccata. Paesaggi verdeggianti ancora intatti, dolci colline, laghetti chiari di montagna e rinfrescanti foreste rega-

lano l’atmosfera perfetta per produrre artigianalmente specialità di salumeria dal gusto incomparabile. Solo le migliori carni provenienti dalla Svizzera vengono selezionate per queste bontà lavorate e stagionate secondo antiche ricette segrete della regione. Che si tratti di carne secca, prosciutto crudo o pancetta, tutti i buongustai resteranno incantati da questa perfetta sinfonia di sapori.

Piatto misto festivo 190 g Fr. 14.90 In vendita nelle maggiori filiali Migros

Durante le festività più importanti dell’anno la gamma di insalate nostrane pronte di Migros Ticino si arricchisce sempre di una varietà mista di stagione particolarmente invitante: l’Insalata Dala Fèsta. Questo vale naturalmente anche in occasione della Festa Nazionale Svizzera. Composta da lattughino rosso, lattughino verde e rucola, la croccante miscela festiva accompagna a meraviglia le grigliate

estive all’aria aperta. Le verdure utilizzate sono coltivate in Ticino nel rispetto dell’ambiente, mentre l’attenta lavorazione delle materie prime avviene presso l’azienda Quarta Gamma di Riazzino. Essendo già accuratamente lavata, l’insalata necessita solo di essere condita con la vostra salsina preferita, oppure semplicemente con un filo d’olio, dell’aceto di vino e qualche erbetta aromatica del territorio.


Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino • 26 luglio 2021 • N. 30

5

Idee e acquisti per la settimana

Tanti auguri Svizzera! Millefoglie del 1° agosto 2 pezzi/200 g Fr. 2.70

Brioche del 1° agosto 400 g Fr. 3.20

Discoletti del 1° agosto 4 pezzi/300 g Fr. 6.40

Il 1° agosto in tutto il paese si festeggia la Festa Nazionale. Oltre alle tradizionali bandiere e decorazioni rossocrociate, per rendere più bella e accogliente la casa non possono sicuramente mancare nemmeno un ricco brunch per iniziare la giornata con il giusto brio e una bella grigliata serale in compagnia di amici e parenti. Tra le diverse proposte a tema del nostro assortimento, consigliamo per esempio di assaggiare alcune irresistibili creazioni della Jowa, la panetteria della Migros: i

discoletti, le millefoglie alla crema e la classica brioche del 1° agosto. Quest’ultima specialità rappresenta un grande classico per il compleanno della patria, fin dal 1959. È preparata a partire da un impasto simile a quello della treccia – composto da farina, burro, latte e uova – e si addice bene sia ad abbinamenti dolci che salati. I caratteristici quattro tagli presenti sulla superficie rappresentano le altrettante regioni linguistiche del nostro paese. Buon appetito e buona Festa Nazionale a tutti! Annuncio pubblicitario

Ora grandi saldi finali

Offerte valide fino al 15.8.2021, fino a esaurimento dello stock.

In tutte le nostre filiali e su sportxx.ch/sale


Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino • 26 luglio 2021 • N. 30

6

Società e Territorio

Il mestiere dell’arte

Reportage Visita alla Fonderia Perseo di Mendrisio, l’ultima fonderia d’arte del Ticino

Sara Rossi Guidicelli È l’ultima fonderia del Ticino, una volta ce n’erano di più. Ora è rimasta solo la Perseo di Mendrisio, nata come Fonderia Amici nel 1952, dal nome del suo proprietario. Una fonderia è dove si cola il metallo per costruire oggetti, ma questa fonderia è nata e sopravvive ancora come fucina per artisti. A Mendrisio, infatti, in via Vignalunga 15, si fabbricano le sculture che creano numerosi artisti, quali Nag Arnoldi, Flavio Paolucci, Salvador Dalì, per dirne solo tre. Il lavoro di questa fonderia storica era proprio iniziato così: costruendo le opere del grande scultore Remo Rossi. In Ticino già da tempo le maestranze italiane avevano portato la loro antica tradizione e avevano formato operai,

Il calco è riempito di cera. (S. Spinelli)

In alto e qui sopra, il momento della fusione. (Stefano Spinelli)

tra cui Franco Amici, fondatore di questa fabbrica, che tutt’oggi prosegue il suo operato vantando «qualità italiana e precisione svizzera». Si sono susseguite generazioni di lavoratori e quando oggi andiamo a visitare la Perseo troviamo una giovane squadra di operai forti e certosini, ricoperti di polvere e affaccendati nelle numerose mansioni di cui si occupano. Sono artigiani che lavorano con le mani: prendono il progetto di un artista, di un architetto o di un designer, e lo trasformano in opera compiuta. C’è chi arriva da loro con una foglia che va trasformata in bronzo, chi con un piccolo esempio in cartongesso che progetta di trasformare in una statua ad altezza umana, chi già conosce il lavoro di una fonderia e chi invece si affida totalmente al loro sapere. In ogni caso,

Grandi opere sono create in più sezioni successivamente unite. (S. Spinelli)

artisti che hanno bisogno della maestria e degli strumenti per realizzare la loro opera d’arte. Il direttore Andrea Ziino racconta di come l’arte lo ha sempre ammaliato, in modo irresistibile. «Già da giovanissimo, quando con i miei compagni ascoltavo sì e no gli adulti parlare delle cose serie... però quando mi portavano a vedere un quadro, una chiesa, o un monumento, qualcosa dentro di me si metteva sull’attenti. Forse potrei dire che era la passione che germogliava. Ho iniziato a lavorare in tutt’altro ambito, nel mondo della finanza, ma quello che ormai si era sviluppato come vero profondo interesse era l’arte. Non l’arte dei libri, bensì quella da fare, da toccare, da maneggiare. A un certo punto ho deciso di lanciarmi, ho mollato la mia professione e sono partito con le mansioni più basilari del lavoro in fonderia. Dopo un po’ il patinatore della Perseo doveva andare in pensione e io ho preso il suo posto. Patinare è l’ultima tappa della creazione: quando produci una reazione chimica sul bronzo per dargli la patina che vuole l’artista. È un momento delicato, in cui lavori fianco a fianco con la persona che ha ideato la scultura e tu devi cercare di rendere visibile quello che lui ha nella testa». Un lavoro pesante, pieno di fumi velenosi, caldo infernale, ma diverso da tutto il resto. È fondamentale che ogni operaio sia in grado di svolgere tutte le mansioni dei vari reparti: la formatura (un primo calco dell’opera), la cera con cui lo si riempie, il ritocco di questa nuova forma di cera, un nuovo calco da questa forma, la realizzazione dei canali che porteranno il metallo dentro al calco, la fusione, la pulitura della fu-


Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino • 26 luglio 2021 • N. 30

7

Società e Territorio

La creazione del modello in gesso. (S. Spinelli)

sione, il cesello, la patina e infine il restauro. Andrea Ziino si è specializzato, ha ricoperto ruoli diversi fino a diventare direttore della Fonderia Perseo. Oggi vive in un appartamento sopra la fabbrica: «Se non fosse una passione totalizzante non credo che sarei addirittura venuto a vivere qui», scherza... «Da quando sono arrivato ho cercato di portare avanti una tradizione, ma anche di sviluppare nuove tecniche e di trasmetterle agli operai. Usiamo la tecnica tradizionale della fusione, il sistema ceramico e il vacuum. Lavoriamo con il bronzo, il bronzo bianco, l’alluminio e l’argento».

Andrea Ziino: «Vogliamo che l’artista abbia la mente libera di creare, ai problemi pensiamo noi» In certe aziende si sconsiglia agli operai di prendere troppa confidenza con il cliente. Qui è il contrario, il cliente deve sentirsi totalmente ascoltato, capito, assecondato. «Gli artisti con i quali collaboriamo si sentono in famiglia, nascono anche amicizie. Dobbiamo creare un rapporto di fiducia, di conoscenza. La Fonderia dispone anche di un appartamento per chi viene da lontano e deve alloggiare qui. La creazione di uno scultore è una parte intima di se stesso; si pensa che sia un oggetto inanimato, invece noi siamo coscienti che lavoriamo con opere d’arte che hanno un nome, un titolo, una vita. Anche nel preventivo non usiamo formule anonime. C’è differenza tra “busto di donna” o “Venere”. È diverso. C’è più rispetto e precisione». Il cliente qui deve osare, non deve porsi problemi. Prosegue Andrea Ziino: «Noi vogliamo che l’artista abbia la mente libera di creare, ai problemi pensiamo noi. Non bisogna porre limiti alla creazione; a me poi personalmente piacciono le sfide, mi piace quello che per un altro potrebbe sembrare “impossibile”». Il direttore mette in guardia: la più

grande qualità che deve avere un operaio di fonderia d’arte è l’umiltà. «Non siamo noi gli artisti. La vera arte è l’idea. L’artista concepisce, noi facciamo. Un bravo artigiano può riprodurre magistralmente la Pietà di Michelangelo, io mi inchino davanti alla sua capacità tecnica, ma per l’emozione che provo devo ringraziare Michelangelo. Quindi, quando subentra la frustrazione dell’artigiano, se si mette in competizione con l’artista e dice “Ma questo l’ho fatto io, sono io che sono capace di farlo”, allora è il momento di cambiare mestiere. Come l’Arcangelo Gabriele, il più bell’angelo del paradiso, che ha pensato che poteva essere più di Dio». E Salvador Dalì come è arrivato alla Fonderia Perseo? «Un suo collezionista è svizzero e quindi uno degli editori che detiene i diritti di Dalì ci ha chiesto di fondere un’opera per quel cliente; poi gli è piaciuto come lavoriamo e ora ci chiede di realizzare molte opere dell’artista catalano». Le sculture molto grandi che viaggiano nei container per il mondo vanno create a pezzi componibili; alla Fonderia Perseo si fondono fino a 450 chili di bronzo insieme e la fusione è uno dei momenti più impressionanti di quella fucina dove lavorano Ziino e i suoi 10 operai. «Sono 28 anni che lavoro qua, in media facciamo una fusione alla settimana, quindi ne ho viste nella mia vita... eppure quando passo via da quel locale e vedo che è in corso una fusione è impossibile non fermarsi a guardare. Il fuoco è qualcosa che smuove le viscere dell’essere umano e quelle temperature per fondere il metallo, quelle fiamme ti ipnotizzano, ti si muove tutto dentro». Difficile spiegare cosa si prova, cosa succede. Bisognerebbe vederlo, in effetti. Al direttore piacerebbe che la Fonderia diventasse un luogo accessibile, dove la popolazione può godere di quello che si fa: dal lato pratico e da quello artistico. Vorrebbe renderla un luogo di aggregazione, aperto al mondo, alle scuole, ai curiosi. I turisti passano e fotografano, ma lui vorrebbe creare sinergie con i musei, l’accademia d’architettura, la Città. Dopo questa visita, sì, pensiamo

La maestria dell’artigiano al servizio dell’artista. (S. Spinelli)

anche noi che sarebbe bello fermarsi la mattina a ragionare di arte e tecnica bevendo un caffè. Chiacchierare con le scultrici e gli scultori che affiancano gli operai e rifiniscono le loro opere. Sbirciare senza disturbare troppo questi uomini al lavoro, possenti e delicati, concreti e pieni di poesia insieme, che passano dal pennellino al forno sui 1200 gradi, come un ponte che non crolla, tra la mente dell’artista e la reale scultura che ci si para davanti, questi uomini che permettono all’arte di fare il suo mestiere: risuscitare la vita e rendere più visibile il visibile.

Le fasi di rifinitura dell’opera sono molto importanti. (S. Spinelli)

Ogni operaio è in grado di svolgere tutte le mansioni dei vari reparti. (S. Spinelli)

Anche i pardi del Festival di Locarno escono dalla fonderia Perseo. (S. Spinelli)


Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino • 26 luglio 2021 • N. 30

8

Società e Territorio

I nuovi media nella vita dei ragazzi

Mediaticino2.0 Lo studio condotto dall’USI in collaborazione con alcune scuole indaga l’impatto del consumo

mediatico sul benessere e sul rendimento scolastico degli allievi nel passaggio dalla pre-adolescenza all’adolescenza

Stefania Hubmann L’utilizzo dei dispositivi digitali e in particolare dello smartphone da parte dei giovani evolve, in parte aumenta, ma senza esplodere come magari ci si poteva attendere a seguito del lockdown. Abbastanza stabili anche gli indicatori del loro benessere. Questo quanto emerge dai primi risultati relativi al 2020 dello studio Mediaticino2.0, un progetto dell’Università della Svizzera italiana (USI) che dal 2014 coinvolge oltre mille partecipanti. I bambini di allora sono oggi adolescenti inseriti in una formazione post-obbligatoria. La percentuale di chi possiede uno smartphone è vicina al totale. Notevole l’aumento, però già a partire dal 2018, di coloro che dispongono di un PC con accesso a Internet. Nell’uso dei social media irrompe, rispetto agli anni precedenti, Tik Tok, mentre a una nuova domanda sull’impiego dello smartphone a letto prima di dormire oltre il 70% degli interpellati risponde con «spesso» o «sempre». Dati che convalidano la decisione del team di ricerca, guidato da Anne-Linda Camerini dell’Istituto di salute pubblica dell’USI, di utilizzare i medesimi per promuovere un uso consapevole dello smartphone. All’impatto del consumo mediatico sui giovani, l’USI si interessa quindi da tempo con un progetto avviato come unicum a livello cantonale e nazionale. Grazie a Mediaticino (oggi Mediaticino2.0) è stato possibile seguire la medesima coorte, composta da oltre mille ragazze e ragazzi, su un lungo periodo monitorando l’evoluzione dei loro comportamenti e del loro benessere. Precisa Anne-Linda Camerini: «Nel 2014, quando ha preso avvio lo studio, la coorte era composta da allievi di quarta elementare. Un’età allora interessante per iniziare un’indagine sull’uso delle nuove tecnologie, mentre adesso tenderemmo ad anticipare di qualche anno. Grazie alla collaborazione delle scuole pubbliche e di due istituti privati abbiamo potuto seguire questi allievi durante la scuola media e oltre. Oggi frequentano una scuola professionale, il liceo o la scuola cantonale di commercio». I dati per elaborare lo studio sono sempre stati ricavati da un sondaggio annuale fra gli allievi accompagnato, fino al termine della scuola media, da uno biennale destinato ai genitori. Per assicurare l’anonimato dei partecipan-

Più del 70% dei ragazzi interpellati dichiara si usare spesso o sempre lo smartphone a letto prima di dormire. (Shutterstock)

ti – spiega la responsabile della ricerca – è stato utilizzato il codice scolastico di ogni allieva/o in modo da riuscire a seguirli nel tempo nel rispettivo percorso. La raccolta dei voti finali serve da parte sua a valutare l’impatto dell’uso degli strumenti digitali sul rendimento scolastico. Dal 2018, grazie a un finanziamento del Fondo Nazionale Svizzero per la Ricerca Scientifica (FNRS), Mediaticino ha potuto introdurre la app Ethica installata da circa un centinaio di partecipanti sul proprio smartphone. Ethica funziona automaticamente registrando il tempo in cui la batteria è accesa senza identificare il tipo di uso. La nostra interlocutrice evidenzia come ricerche che si spingono in quest’ultima direzione siano invece già una realtà negli Stati Uniti. «Si tratta di rilevamenti possibili attraverso uno screenshot dello schermo programmato ogni cinque secondi, così da poter analizzare a quali fini viene utilizzato il mezzo digitale». Pur non arrivando fino a questo punto, lo studio Mediaticino evolve in sintonia con le nuove tecniche di ricerca e per questo dal 2018 è denominato Mediaticino2.0. L’introduzione di Ethica ha permesso di constatare che i dati tracciati dalla app combaciano con quanto di-

chiarato dai giovani nei questionari. Nel 2018, ad esempio, il tempo di utilizzo medio al giorno era di 1 ora e 50 minuti secondo i dati tracciati a fronte di 1,5-2 ore riportate nei brevi questionari inviati tramite l’applicazione. Ciò dimostra che i partecipanti alla ricerca sono consapevoli del tempo trascorso in interazione con lo smartphone e si esprimono liberamente al riguardo. Tornando ai dati raccolti nel 2020 – per la prima volta in autunno invece che in primavera, in concomitanza con un parziale ritorno alle lezioni in presenza – emerge come smartphone e PC siano stati utilizzati «spesso» o «sempre» per motivi legati allo studio da circa la metà dei partecipanti. Benché con lo smartphone messaggiare rimanga l’attività principale, fare i compiti e interagire con i compagni in chat di gruppo sono azioni risultate in crescita fino a oltre il 30% di risposte indicanti «spesso « o «sempre» (oltre il 70% per i messaggi), percentuale analoga a chiamate e foto+video. Dal 2018 al 2020 questi ultimi impieghi, così come i selfie, sono però in costante diminuzione. Per quanto riguarda i social media, oltre al già citato Tik Tok, risultano ad alto gradimento Instagram, Snapchat e YouTube. Altra indicazione sui social

network: il genere femminile ne fa un uso maggiore, motivato dal comunicare con gli altri e dal conservare ricordi di esperienze. I maschi sono invece più incentivati da stimoli legati all’intrattenimento e al divertimento o dal tenersi occupati. Anne-Linda Camerini rileva inoltre come l’obiettivo di utilizzare i social media sia soprattutto quello di vedere cosa postano gli altri e quindi di rimanere aggiornati e in contatto con gli amici, in particolare se in quel momento altri tipi di relazione sono limitati. Pure da sottolineare, fra il 2019 e il 2020, un aumento significativo della necessità di guardare contenuti nuovi e diversi, possibile conseguenza del lockdown e della scuola a distanza. Invitati ad esprimersi anche su sensazioni indicatrici del loro benessere (solitudine, stress, autostima e tristezza), i giovani nell’autunno 2020 sembravano sentirsi abbastanza bene, in linea con gli anni precedenti. «Una capacità di resilienza che conferma come a quell’età si riesca a recuperare piuttosto velocemente», commenta la ricercatrice. Quest’anno Mediaticino2.0 entra in una nuova fase costituita dalla diffusione dei propri risultati, affinché le giovani generazioni, ma anche i genitori e la popolazione in generale, possano

disporre di elementi a favore di un impiego consapevole dello smartphone. Questa messa in pratica delle analisi fin qui condotte è possibile grazie a un ulteriore sostegno del FNRS erogato attraverso il programma Agorá. Mediaticino2.0 ha così ottenuto i mezzi finanziari necessari per agire nella società. AnneLinda Camerini: «Il punto di partenza di questa serie di iniziative è costituito dall’analisi relativa all’impatto dell’impiego dello smartphone sul rendimento scolastico. Lo studio evidenzia che seguendo le raccomandazioni internazionali dell’ONU – un’ora di attività fisica al giorno, 8-10 ore di sonno per notte (a livello di scuola media) e un massimo di due ore davanti allo schermo (non prima di dormire) – l’andamento scolastico migliora». A partire da settembre sono quindi previste, in collaborazione con altrettanti partner presenti sul territorio, diverse iniziative di informazione e sensibilizzazione. Fra queste, una serie di atelier organizzati in collaborazione con L’ideatorio dell’USI e destinati agli allievi di quarta e quinta elementare, come pure dei quattro anni di scuola media, improntati a un approccio giocoso e collaborativo. Agli insegnanti che li accompagneranno sarà consegnato del materiale informativo con dati relativi al Ticino in modo che ci si possa meglio identificare nella problematica. Agorá prevede inoltre una tavola rotonda durante la manifestazione luganese Autunno Digitale e alcuni incontri in piazza destinati in primis ai genitori. «La maggior parte di questi ultimi – conclude la ricercatrice – ha dimostrato nei questionari di riconoscere che l’educazione in questo ambito è un compito della famiglia, da svolgere con il supporto della scuola. Essi rappresentano per i figli un modello, per cui è importante spiegare a quali strumenti possono ricorrere per gestire al meglio le nuove tecnologie. Secondo la letteratura internazionale, la conoscenza di cui devono disporre i genitori per confrontarsi con i figli su questo argomento non nasce tanto da precisi interrogativi dei primi verso i secondi quanto piuttosto da un clima familiare aperto e spontaneo che spinge i giovani a esprimersi liberamente favorendo il dialogo». Informazioni

www.mediaticino.usi.ch

Viale dei ciliegi di Letizia Bolzani Luigi Garlando, Prestami un sogno, HarperCollins. Da 12 anni Un romanzo che racconta due storie e lo fa con la scrittura brillante e ben ritmata di Luigi Garlando, giornalista per «La Gazzetta dello Sport» e apprezzato scrittore per ragazzi. Lo sport nei suoi libri è sempre presente, a volte quale tema centrale, altre invece, come nei suoi romanzi di più forte impegno civile, anche solo come sfondo, o come linguaggio a cui attingere metafore etiche ed esistenziali (lo spirito di squadra, il rispetto delle regole, l’umiltà di saper cadere e rialzarsi...). In questo suo recente romanzo abbiamo una compresenza delle due tematiche, lo sport e l’impegno sociale. Due, come dicevamo, sono i filoni narrativi: c’è la storia (di fantasia) di Anima, adolescente di oggi che pratica uno sport inconsueto per una ragazza, il pugilato; che ha un’amica del cuore di nome Mia (le battute sull’abbinamento dei due nomi sono da mettere in conto); che ama i libri e che ha un papà con un grande sogno, quello di aprire

una sorta di Biblioteca Rampante, fatta di casette sugli alberi dove rintanarsi a leggere e a giocare, un parco avventura/lettura. L’altro filone narrativo racconta invece una storia vera, la storia di un personaggio straordinario e incredibilmente poco conosciuto: Amadeo Peter Giannini (1870-1949), figlio di un emigrato, che lasciò l’entroterra ligure per cercare fortuna in California. Amadeo poté studiare e divenne banchiere: fu il primo a concepire la banca come un servizio per tutti, non soltanto per i ricchi, e concedette finanziamenti a chi, come

gli immigrati italiani, aveva voglia di lavorare ma non poteva dare garanzie. Alimentò quindi, con lungimiranza e successo, i sogni della gente. I sogni dei poveri e quelli di grandi artisti, come Walt Disney e Charlie Chaplin ad esempio, che grazie a lui realizzarono i loro primi film. Le due storie convergeranno grazie a un personaggio trait d’union, e si integreranno in un’unica storia, la cui parola chiave è proprio il sogno, e il coraggio di crederci, nonostante la vita ti abbia dato dei pugni in faccia. I pugili migliori e chi si è fatto con fatica da solo sanno bene che «se la vita ti pone un ostacolo, devi rilanciare, non soccombere». Nicola Cinquetti, Tipi strani, illustrazioni di Chiara Di Vivona, edizioni Parapiglia. Da 4 anni «I bambini e le bambine / che trovate in queste rime / alti medi bassi o nani / sono tutti tipi strani». Certo, perché dove sono i bambini «normali»? È evidente che non ci sono, che ogni

bambino è meravigliosamente strano a sé, come i bambini di questa deliziosa rassegna di Nicola Cinquetti, uno per pagina, presentato con il nome proprio che ogni volta apre una quartina di ottonari in rima: «Federico non ha fretta / se lo chiami dice aspetta / se però non è in ritardo / scatta come un gattopardo», «Margherita con le dita / fa danzare la matita / Non è triste quasi mai / e disegna solo smile», sono solo due esempi di questi innumerevoli luminosi ritrattini, a volte folgoranti nel loro saper cogliere, con humour e leggerezza (e un velo di incantevole

nonsense), attimi e caratteri infantili. Verrebbe voglia di elencarli tutti, da «Gaia dice che da grande / vuole fare la bambina / fare un sacco di domande / e giocare a chi indovina», a «Moira dice ai polli miao / chiama i gatti con un beee / alle pecore fa ciao / agli umani coccodè», ma naturalmente è nel libro che acquistano ancora più luce, cadenzati dalle illustrazioni di Chiara Di Vivona, vivide sulla pagina di destra, con taluni guizzi a sinistra, dove ci sono i testi. Testi di quattro versi l’uno, con metrica in ottonari, che danno un ritmo baldanzoso e vivace (non a caso l’ottonario è storicamente il verso saltellante e allegro dell’infanzia, sin dal Signor Bonaventura – Qui comincia l’avventura – e dalle vignette del Corrierino). Nicola Cinquetti è un grande autore, capace di narrazioni di ampio respiro per ragazzi più grandi, di storie brevi per piccoli, e di libri in poesia. Non si smentisce in questo albo, interessante anche nel formato, piccolo e quadrato (16x16 cm), di una casa editrice giovane e da seguire: Parapiglia.


Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino • 26 luglio 2021 • N. 30

9

Società e Territorio Rubriche

L’altropologo di Cesare Poppi La vendetta del mozzo Dodici anni erano trascorsi da quando Hernando Pizarro aveva finalmente potuto godere dei dividendi che la sua fulminea carriera di Conquistador del più grande impero di quella che diventerà America. Figlio di poveri contadini si era come tanti proposto di giocare le sue carte al seguito delle campagne di conquista del Nuovo Mondo inaugurate dai viaggi di Colombo. Acqua ne era passata sotto – e sopra – i ponti di un giovane eccellente destinato però ad avere una fama storica esattamente opposta a quella del più gettonato Alessandro il Macedone (conquista dell’Asia fino all’India, dinastia Tolemaica, Cleopatra e Cesare etc…). Meraviglie della fama di poi – o, se vogliamo, del politically correct che ha, come sappiamo, memoria

molto breve e nessuna capacità critica storica: sta di fatto che il pugno di Macedoni ispirati da Alessandro passerà alla Storia come Eroe e quelli di Pizarro come Infami ubriaconi – ma questa è proprio un’altra storia. Era dunque il 26 giugno 1461. Erano trascorsi più di trent’anni da quando, il 26 luglio 1429, Pizarro era stato eletto a Governatore del Perù al termine di complesse ed ancora controverse questioni politiche legate al fatto che la leadership di Pizarro, figlio di nessuno, avrebbe (o meno) dovuto/potuto essere preferita al pedigree di altri – fra i Conquistadores – armati con un pedigree aristocratico come prevedevano invece le logiche politiche di un regime feudale ormai in – ahimè – sempiterna (contemporanea?) crisi. Fra questi vi era Diego Almagro, detto

Il Mozzo: discendente di una piccola nobiltà che aveva visto nell’opportunità Americana un motivo di affrancamento dai residui impedimenti di scalata sociale delle residue velleità feudali – allora ormai tragicamente donchisciottesche per quanto celebrate (ancora: forza Spagna!) da Cervantes due secoli dopo. Aveva accompagnato suo padre nei viaggi che avrebbero consegnato alla corona spagnola un intero continente al prezzo di tre caravelle e 150 cavalli (ed avventurieri armati di dubbia affidabilità). All’idillio esaltato delle facili prime eclatanti vittorie di Pizarro era subentrata la frustrazione del «chi me lo ha fatto fare». Oro? Poco. Argento? Di sicuro, certo, non mai abbastanza. Ad un certo punto le forze già esili di Pizarro si erano dovute dividere: Il

Mozzo e suo padre avevano conquistato Cuzco e qui preso prigioniero l’ultimo imperatore Inka Atahualpa. Almagro padre e figlio avevano richiesto oro – molto oro, per consegnare Atahualpa a Pizarro, il Governatore. Altrimenti lo avrebbero messo a morte. Prendere o lasciare. In risposta Pizarro aveva messo in chiaro di non aver nessuna intenzione di mettere a morte Atahualpa, che considerava comunque legittimo sovrano, così come, fra gli altri reggenti, il Re di Inghilterra Carlo I (preoccupato forse per quella che sarà la propria testa finita sul patibolo). Atahualpa finì garrotato – forse il più crudele, se possibile, dei sistemi di messa a morte mai escogitati – precipitando così una crisi istituzionale che – sostengono alcuni studiosi della

storia moderna del Perù – inquina ancor oggi i rapporti fra indigeni e discendenti dei colonizzatori. La cronaca: a Lima, il 26 giugno 1541 «un gruppo di 20 sostenitori armati fino ai denti di Diego de Almagro II “el mozo” prese d’assalto il palazzo di Pizarro, assassinandolo e costringendo poi il terrorizzato consiglio comunale a nominare il giovane Almagro II come nuovo governatore del Perù. La maggior parte degli ospiti di Pizarro fuggirono, ma alcuni combatterono contro gli intrusi, numerati variamente tra sette e 25. Mentre Pizarro lottava per allacciarsi la corazza, i suoi difensori, incluso il suo fratellastro Martín de Alcántara, furono uccisi». Il Mozzo ebbe la sua vendetta. E così perse il futuro dell’Eldorado. Sic transit.

capace di farsi carico delle esigenze della società e delle persone, di mediare tra posizioni opposte e conflittuali senza pretendere di superarle con la forza. Vedrà, cara Daniela, che lo stesso problema si proporrà con gli altri figli in modo meno ansioso perché, nel frattempo, voi genitori avrete assunto un atteggiamento più liberale, mentre il secondo e terzogenito avranno avuto più tempo e consapevolezza per affrontare la prospettiva dell’orientamento scolastico e professionale. Concludo dedicando al giovane Massimo una bella poesia attribuita a Pablo Neruda ma in realtà scritta da Marta Medeiros. «Lentamente muore chi diventa schiavo dell’abitudine, ripetendo ogni giorno gli stessi percorsi, chi non cambia la marcia, chi non rischia e cambia il colore dei vestiti, chi non parla a chi non conosce. Muore lentamente chi evita una passione, chi preferisce il nero su bianco e i puntini sulle “i” piuttosto che un insieme di emozioni, proprio quelle che fanno brillare gli occhi, che fanno di uno sbadiglio un sorriso, quelle che fanno battere il cuore davanti all’errore e ai sentimenti. Lentamente muore chi non capovolge il tavolo, chi è infelice

sul lavoro, chi non rischia la certezza per l’incertezza per inseguire un sogno, chi non si permette almeno una volta nella vita di fuggire ai consigli sensati. Lentamente muore chi non viaggia, chi non legge, chi non ascolta musica, chi non trova grazia in se stesso. Muore lentamente chi distrugge l’amor proprio, chi non si lascia aiutare, chi passa i giorni a lamentarsi della propria sfortuna o della pioggia incessante. Lentamente muore chi abbandona un progetto prima di iniziarlo, chi non fa domande sugli argomenti che non conosce, chi non risponde quando gli chiedono qualche cosa che conosce. Evitiamo la morte a piccole dosi, ricordando sempre che essere vivo richiede uno sforzo di gran lunga maggiore del semplice fatto di respirare. Soltanto l’ardente pazienza porterà al raggiungimento di una splendida felicità».

all’occhiello di un elvetismo, fondato sul culto del lavoro. Al punto da suscitare critiche e ironie da parte degli osservatori stranieri: «Ma voi svizzeri, quando mai vi divertite?». La risposta è ormai visibile a occhio nudo, basta guardarsi attorno. Ed è confermata da dati statistici che definiscono la fisionomia di un’altra Svizzera, dove appunto si è imparato, eccome, a divertirsi. Al culto del lavoro si è affiancato quello del tempo libero. I cittadini l’hanno conquistato pazientemente, pezzo su pezzo, dopo l’introduzione, dell’AVS e delle casse pensione aziendali obbligatorie, attraverso continue concessioni: il sabato libero, le ferie da 3 a 4, 5 settimane, la durata del lavoro settimanale calato di un terzo, rispetto al 1950. Di pari passo, le abitudini e le mentalità si sono adeguate. E non ci si stanca soltanto lavorando ma sempre più spesso svagandosi, fra sport e weekend magari a Londra o Berlino.

La dice lunga la «sindrome del lunedì», che affligge gli impiegati che stentano a ritrovare il ritmo dell’efficienza. Il 19 luglio scorso, sul domenicale della NZZ, è comparso un titolo rivelatore: «Più lavoro? No grazie». Si riferiva all’iniziativa, lanciata dai giovani liberali, che proponeva il prolungamento dell’età lavorativa, fino a 67 anni, per adeguare l’AVS all’anagrafe: si vive più a lungo e quindi si deve rimanere attivi più a lungo. Una conseguenza logica respinta, però, a furor di popolo. I nostri concittadini hanno fatto un’altra scelta. Il loro tempo libero sarà sempre più dedicato alle tante sollecitanti offerte di un’industria ad hoc, che funziona grazie, ovviamente, alle prestazioni di allenatori, maestri di sport, insegnanti di lingue, di musica, di hobbies d’ogni tipo. Si assiste, insomma, a una sorta di paradosso. Il divertimento degli uni implica, inevitabilmente, il lavoro degli altri.

La stanza del dialogo di Silvia Vegetti Finzi Mio figlio vuole studiare Filosofia Gentile Silvia, le scrivo per esporre le nostre ragioni, mie e di mio marito, contro le pretese di nostro figlio Massimo, di 19 anni, anche se, leggendola da anni, prevedo già la sua risposta. Siamo una famiglia come tante altre, io insegno come maestra, mio marito, ingegnere, è dipendente del Cantone, abbiamo tre figli, tutti maschi purtroppo anche se, come lei aveva scritto tempo fa, attendiamo di vederci circondati da dolcissime nuore. Il problema riguarda il maggiore e consiste in un dubbio che è di tutti: che fare dopo la maturità? Il ragazzo è sempre stato bravo in materie letterarie e scadente in quelle scientifiche, deludendo il padre che vorrebbe vederlo ingegnere come lui. Non siamo così autoritari da imporgli quella Facoltà, ce ne sono tante altre, come Economia e Commercio, Scienza delle comunicazioni o Architettura che andrebbero altrettanto bene. Invece Massimo si ostina a volersi iscrivere a Filosofia. Lo scorso anno ha conosciuto un ragazzo, che studia a Bergamo, che si dichiara soddisfatto della sua scelta e mio figlio, debole com’è, si è fatto influenzare. Il problema però, più che gli studi sono il dopo. Che cosa se ne fa di una laurea

che non dà lavoro o, anche se trova un posto d’insegnante, assicura a stento mezzi sufficienti per vivere? È uno studio avvincente, lo riconosco, ma che astrae dalla realtà, che isola dai coetanei? La ringrazio per avermi ascoltata e cedo la parola a lei. / Daniela Cara Daniela, mi riferisco subito alla sua premessa: sa già come la penso. Ma perché non sia un pregiudizio, un partito preso, deve essere spiegata e motivata. Sono sempre dalla parte dei ragazzi quando si chiedono «chi sono?», «che cosa voglio?». In gioco è la loro vita, non quella dei genitori che li hanno accompagnati fin lì ma che, a un certo punto, devono farsi da parte. Premetto che non posso valutare le vostre risorse economiche per cui rifletto come se non costituissero un problema. Massimo vuole studiare Filosofia e voi vi preoccupate che questa scelta, non professionalizzante, faccia di lui uno spostato. Ma negli ultimi anni le Facoltà di Filosofia sono molto cambiate e, oltre al classico indirizzo teorico, vi sono svariati orientamenti di Filosofia applicata all’estetica, alla morale, al diritto, alle scienze. Mentre un rapido sviluppo

dell’automazione rende inutili molte funzioni esecutive, cresce il bisogno di innovazione, progettazione, creatività, capacità di pensiero critico, immaginativo, alternativo. Proprio quello che viene favorito da studi filosofici, storici, logici e relazionali. A parte questo, che potrete approfondire, vorrei sostenere Massimo, non solo con le mie competenze ma soprattutto con la mia esperienza. Mi è capitato spesso di incontrare persone profondamente infelici per aver trascurato le loro aspirazioni facendo proprie quelle della famiglia. In nome della tradizione, del prestigio, del benessere economico avevano accettato di diventare medici, avvocati, notai, farmacisti piuttosto che artisti, scrittori, giramondo. Alternative rischiose ma che, se perseguite, fanno sentire in armonia con se stessi, liberi di gestire il proprio futuro affrontando rischi, delusioni, cadute e resilienze. Questa è la vita, l’altra è solo sopravvivenza. Se amate il vostro ragazzo, riconoscete i suoi desideri e aiutatelo a realizzarli con senso di responsabilità. In questo modo lo sosterrete nella transizione dalla condizione di figlio a quella di genitore intesa nel senso più ampio, non solo di padre biologico, ma di padre morale,

Informazioni

Inviate le vostre domande o riflessioni a Silvia Vegetti Finzi, scrivendo a: La Stanza del dialogo, Azione, Via Pretorio 11, 6901 Lugano; oppure a lastanzadeldialogo@azione.ch

Mode e modi di Luciana Caglio Lavorare stanca: anche gli svizzeri Ironia della sorte. Quando, nel 1936, Cesare Pavese pubblicò la sua prima raccolta di poesie, la critica ufficiale, per motivi anche politici, la ignorò. Doveva, invece, spettare un’imprevedibile fortuna postuma al titolo di quel volume: Lavorare stanca. È, infatti, diventato una battuta che appartiene, ormai, al linguaggio quotidiano. Per

Sindrome del lunedì. (Daily Sunny/Flickr)

lo più pronunciata in tono scherzoso o ironico, si rivolge a un fannullone, o presunto tale, di nostra conoscenza. Non di rado, la qualifica di scansafatiche concerne un collega o un superiore, circola insomma negli ambienti di lavoro. Ma in base a quali criteri viene affibbiata: una valutazione oggettiva di prestazioni e comportamenti, o sotto la spinta di rivalità, antipatie o pregiudizi di stampo nazionalpolitico? L’interrogativo rimane aperto, soprattutto, quando dall’ambito privato, ci si sposta in quello pubblico, addirittura sul piano internazionale. Proprio qui «lavorare stanca» assume un ben altro peso, diventando sinonimo di una condanna morale o razziale che colpisce intere popolazioni e nazioni. In proposito gli esempi si sprecano. Risuonano nei discorsi da bar, tipo «se sono sempre in condizioni di sottosviluppo, è per via della poca voglia di lavorare». In apparenza, banalità, vecchi

pregiudizi, che tuttavia hanno sempre corso. Persino nell’evoluta Europa, come avviene a Bruxelles, si continua a stabilire una linea di demarcazione nord-sud, cioè laboriosi-fannulloni, che perpetua una visione custodita nell’immaginario collettivo, per natura conservatore. A prima vista, questa distinzione fra paesi efficienti e paesi pigri, funziona: la Svezia non è la Grecia, lassù si lavora sodo, laggiù ci si appisola sotto la palma. Ora questi stereotipi a uso turistico vanno aggiornati. Anche il lavoro, sia nelle sue forme materiali sia nei suoi effetti psicologici, culturali e sociali, sta subendo incessanti trasformazioni. Non da ultimo sotto l’urto della pandemia che ha ridimensionato, o addirittura cancellato, l’importanza dell’ufficio. Era stato, per decenni, il più classico, persino sacrale luogo di lavoro, addirittura il simbolo dell’efficienza finanziaria e organizzativa, fiore


20x PUNTI

Novità

3.90

Ideale con:

Da tutte le offerte sono esclusi gli articoli già ridotti. Articolo disponibile da venerdì a sabato nelle maggiori filiali. Offerte valide solo fino al 9.8.2021, fino a esaurimento dello stock

Treccia plant-based V-Love, IP-SUISSE 450 g, confezionata


Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino • 26 luglio 2021 • N. 30

11

Ambiente e Benessere Involtini di prosciutto crudo Piatto estivo da servire con un sugo gustoso e profumato a base di capperi

Forse è tempo di cambiare noi Invece di attendere che le acque si calmino, potremmo iniziare a modificare le nostre abitudini turistiche

Carlo e Giuseppe, naufraghi Un’antica storia di mare nel ricordo di un’escursione verso la Cima di Medeglia

pagina 13

pagina 12

Sognando le Olimpiadi Sono ben sei i ticinesi, quasi tutti giovanissimi, pronti a dar battaglia per farsi notare pagina 19

pagina 15

Farmaci generici: cosa sono?

Medicina Contro il pregiudizio, bisogna

conoscerne natura, composizione, differenze ed efficacia in rapporto al farmaco originale

Maria Grazia Buletti Il cosiddetto «farmaco generico» viene prescritto sempre più sovente. Il confronto con il farmaco originale (cioè protetto da brevetto) è inevitabile e pone parecchie questioni su cui interrogarsi: natura, composizione, differenze, efficacia in rapporto al farmaco originale. Avrà lo stesso beneficio? Costa meno, dunque agisce meno bene del suo omologo originale? Potrebbe causare maggiori effetti collaterali? Queste incertezze conducono spesso a condizionamenti e pregiudizi: non voglio la «copia» dell’originale perché è di minore qualità; ho assunto il farmaco generico e non ho avuto gli stessi effetti; ho preso il generico all’estero e mi ha dato maggiore beneficio di quello originale che ho assunto qui, e via elencando. Bisogna fare chiarezza per capire oggettivamente «vero» e «falso» nel paragone fra i due fronti, a partire dalla composizione generale di ogni medicamento. «Qualsiasi farmaco è composto da un principio attivo responsabile dei suoi effetti, da eccipienti (ndr: sostanze liquide o solide, farmacologicamente inattive, nelle quali si scioglie o si incorpora il principio attivo per somministrarlo meglio) come ad esempio il lattosio, e da composti inattivi che danno volume o materia per l’assunzione. Può inoltre contenere conservanti o coloranti. Di tutto ciò, bisogna ricordare che solo il principio attivo è responsabile dell’effetto terapeutico». A parlare è il professor Alessandro Ceschi (primario e direttore medico e scientifico dell’Istituto di scienze farmacologiche della Svizzera italiana – EOC) che così chiarisce la differenza fra farmaco originale e il suo generico: «L’originale è la prima versione creata, testata e omologata per essere commercializzata. Per impedire a ogni altra industria farmaceutica di copiarlo, esso è protetto da brevetto per una durata massima di 20 anni (dei quali solitamente dopo l’omologazione ne rimangono 10-15), periodo trascorso il quale il farmaco originale può essere copiato legalmente per svilupparne il corrispondente generico di cui possono esistere più copie analoghe». Ceschi sottolinea ciò che di maggiore rilevanza dobbiamo sapere: «A parità di dose, il farmaco originale e il suo generico contengono lo stes-

so principio attivo; ciò permette di dedurre che il loro modo di agire e il beneficio clinico che ne risulta si equivalgano perfettamente. Inoltre, per il farmaco generico deve essere addirittura dimostrato che pure il decorso della sua concentrazione nel sangue sia paragonabile all’originale, così da soddisfare tutti i presupposti affinché l’efficacia sia la stessa. I farmaci generici, come gli originali, sono strettamente regolamentati dalle Autorità sanitarie (in Svizzera Swissmedic)». Allora: «La differenza fra i due concerne soprattutto il prezzo perché un farmaco generico costa sensibilmente meno della sua versione originale, più cara a causa dei costi di ricerca, test clinici e omologazione sostenuti nella sua realizzazione». Sfatati i pregiudizi sulle paventate differenze di beneficio fra l’uno e l’altro, è smentita pure l’idea che l’efficacia sia direttamente relativa al prezzo del farmaco stesso (non vale il principio: più caro uguale più efficace!). Ora bisogna aprire una parentesi sui prezzi degli uni e degli altri: un recente confronto realizzato da Santésuisse e Interpharma paragona i prezzi elvetici a quelli di Germania, Austria, Belgio, Danimarca, Finlandia, Francia, Gran Bretagna, Olanda e Svezia. Emerge che la Svizzera permane un’isola dei prezzi elevati per quanto concerne i medicamenti: questo nuovo confronto della primavera del 2021 ha rilevato pesanti differenze coi paesi citati. «Il prezzo dei farmaci protetti da brevetto (ndr: originali) è in media del 6,9 per cento più caro da noi, mentre i generici costano invece ben il 45,2 percento in più in media in Svizzera rispetto ai paesi europei in esame». Ceschi ci informa del fatto che si tratta del dodicesimo confronto di questo tipo operato da Santésuisse e Interpharma, che ha visto acuire le differenze di prezzo. Vale quindi la pena di concludere: «Il fatto che i generici siano molto più cari da noi che all’Estero è un tema di politica sanitaria la cui risoluzione è di competenza delle autorità federali. Rimane comunque innegabile l’opportunità di risparmio che i generici offrono a livello nazionale ed è dunque dovere etico di sanitari e del cittadino privilegiare il loro uso, quando possibile, proprio perché, così facendo, si contribuisce al contenimento delle spese sanitarie».

Il professor Alessandro Ceschi, primario e direttore medico e scientifico dell’Istituto di scienze farmacologiche della Svizzera italiana – EOC. (Stefano Spinelli)

Ceschi conferma che, sebbene i medicamenti rappresentino solo il 12 per cento dei costi totali della salute, si tratta di un settore in cui esiste ancora margine di manovra votato al risparmio di risorse economiche. Il dato di fatto è che il farmaco generico costa comunque sensibilmente meno del suo omologo originale. Accertato che il principio attivo è esattamente lo stesso, egli spiega: «Laddove è possibile, l’uso del generico permetterebbe di risparmiare risorse che potrebbero essere investite in modo più sensato che non su un farmaco originale la cui azione non differisce, lo ripetiamo, dal suo generico». Un concetto importante che evidenzia una «possibilità» di risparmio

dei costi accompagnata da un trattamento farmacologico per nulla inferiore a quello dell’originale. Alla luce di questi chiarimenti su farmaci originali e generici, è comprensibile la possibilità data e usata dall’operatore sanitario e dal farmacista di proporre al paziente il generico: «Ma esistono pure rari casi in cui il medico deve assolutamente prescrivere l’originale: si tratta di situazioni selezionate e valutate dal medico, secondo motivi per cui il farmaco originale è ritenuto non sostituibile dal generico; ciò non avviene di norma all’inizio di una terapia, ma piuttosto in alcuni casi di terapie già in corso, spesso a causa di patologie particolarmente complesse e con controllo complicato, oppure nei rarissimi casi in cui un pa-

ziente è allergico a determinati eccipienti che si trovano nel generico ma non nell’originale». La scelta dell’operatore sanitario di prescrivere un farmaco originale o uno generico (e per il paziente di accettarlo) è dunque un atto responsabile e consapevole. «Deve essere chiaro che il generico non è assolutamente una copia approssimativa dell’originale, ma contiene l’identico principio attivo», conclude Ceschi che ribadisce come i generici non siano farmaci di seconda categoria: «In ospedale i generici sono largamente usati e, se vogliamo semplificare, la differenza di prezzo con gli originali è più una questione “di mercato” e legale (brevetto) che non farmacologica».


Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino • 26 luglio 2021 • N. 30

12

Ambiente e Benessere Migusto La ricetta della settimana

Uno spezzatino Involtini con sugo d’agnello ai capperi speciale Piatto Secondo principale piatto

migusto.migros.ch/it/ricette Per diventare membro di Migusto non ci sono tasse d’iscrizione. Chiunque può farne parte, a condizione che un membro della sua famiglia possieda una Carta Cumulus.

Ingredienti per 4 persone: persone: ½ 800 mazzetto g di spezzatino d’erbe aromatiche, d’agnello, ad adesempio esempiospalla prezzemolo · sale · pepe · 60 g·di 2 cucchiai capperi ·d’olio 1 cipolla di colza · 12 fettine HOLL di · 4lonza spicchidid’aglio maiale· 2dicipolle circa 40 grosse g ciascuna · 8 pomodori · pepe secchi · 2 c di sott’olio concentrato · ½ cucchiaio di pomodoro di farina · 12 fette · 4 di dlprosciutto di brodo di crudo manzo · 2 c· d’olio 50 g di d’oliva olive ·nere 400 snocciolate g di pomodori · 4 fette pelatiditritati prosciutto in scatola crudo· 400 · 2 cipollotti g di pomodori · 1 limone. datterini.

1. Tritate Conditegrossolanamente la carne con sale le erbe e pepe e i capperi. e rosolatela Unite bene la cipolla nell’olio tritata in una finemente. padella. Dimezzate 2. Battete leggermente l’aglio, tritate la grossolanamente carne. Conditela con le cipolle. pepe. Aggiungete Spalmate il concentrato aglio, cipolledie pomodori pomodoroalla su un carne, latospolverizzate delle fette dicon carne. la farina Disponete e bagnate 1 fetta condiilprosciutto brodo. Mettete e un il po’coperchio di massaeaistufate capperi a fuoco su ogni medio-basso fetta di carne perecirca arrotolate 50 minuti. ben stretto. LasciateFissate il copergli chio involtini leggermente con degliaperto stuzzicadenti. per permettere al vapore di fuoriuscire dalla padella, in modo 3. Scaldate che ill’olio liquido in una si riduca. padella ampia. Rosolate gli involtini tutt’intorno per circa 2. Tagliate 3 minuti,lepoi olive toglieteli e i cipollotti dalla padella. a rondelle sottili, il prosciutto a dadini. Ricavate 4. delle Versate listarelle in padella dalla scorza il resto deldella limone. massa Mescolate di capperi. tutto. Aggiungete i pelati tritati e lasciate 3. Spremete sobbollire la metàper delcirca limone. 10 minuti. Condite Unite lo spezzatino i pomodori condatterini, il succo di tagliati limone, a metà sale per e pepe il lungo. e distribuite Rimettete la gramolata gli involtini sulla nella carne. padella. Insaporite con pepe e fate sobbollire a fuoco basso per circa 3 minuti. Un piatto gustoso che può essere accompagnato con pasta o semplicemente con Gli fetteinvoltini di pane.sono un ottimo secondo per accompagnare un risotto a piacere. Preparazione: circa 20 40 minuti; minuti. brasatura: circa 50 minuti. Per porzione: persona: circa circa45 47ggdi diproteine, proteine,17 27ggdidigrassi, grassi,12 13ggdidicarboidrati, carboidrati,390 kcal/

1650 520 kcal/2150 kJ. kJ.

Annuncio pubblicitario

50% di contenuto in più 00. 00.–– 2.8. 00. 00. 2020 27.7 2021

, Agnesi. C è ancora passione in Italia.

Hit 2.00

Su prodotti Agnesi selezionati in confezioni speciali e.g. Tortiglioni, Pennette e Spaghetti 750g

Fino a esaurimento dello stock. Da tutte le offerte sono esclusi gli articoli già ridotti.


Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino • 26 luglio 2021 • N. 30

13

Ambiente e Benessere

Il desiderio di un’estate normale

Si chiamava Birmania Bussole Inviti a

letture per viaggiare

Viaggiatori d’Occidente L’irruzione della variante Delta ha scompaginato

le nostre aspettative di giorni sereni

«In Birmania si materializzano i sogni di arcana lontananza dei puristi del viaggio. […] È un Paese dove il viaggio può trasformarsi in un’avventura magica e misteriosa […] Il Myanmar resta il simbolo delle contraddizioni culturali contemporanee in cui il Bene e il Male si manifestano in forma spettacolare. È un destino, una manifestazione karmica direbbero là, che si ripete da oltre duemila anni» (Massimo Morello).

Claudio Visentin Quando finirà l’emergenza? Quando torneremo alle tranquille vacanze d’un tempo? È la domanda di ogni giorno, continuamente riproposta con una sfumatura di tristezza, senza troppe speranze di una risposta positiva. Del resto proprio quando tutto sembrava disporsi per il meglio, dopo una lunga, forzata immobilità, l’irruzione della variante Delta ha scompaginato le nostre aspettative di giorni sereni. Da qualche tempo, tuttavia, mi chiedo: e se invece fosse sbagliata la domanda? La nostra idea di turismo ha preso forma negli anni Sessanta, nel pieno del boom economico. In quel tempo felice, celebrato dalle canzonette nei jukebox, allo scoccare del primo giorno d’agosto il mondo si prendeva una pausa e ogni attività si arrestava. Il tempo della vacanza era completamente diverso dalla vita quotidiana: il mare al posto del cemento, il divertimento invece del lavoro in fabbrica o in ufficio, la libertà e una certa dose di trasgressione là dove comandavano la disciplina e le regole. In quei giorni sulla spiaggia avere troppi pensieri o preoccupazioni sembrava quasi di cattivo gusto. Quel modello, tuttavia, potrebbe benissimo essere stato un’eccezione alla regola; e di certo già da tempo è entrato in crisi. Tutto cambia incessantemente. La cronaca ha fatto irruzione nel mondo dorato delle vacanze ed è ben decisa a restarci. L’alluvione nella Germania occidentale ci ha ricordato l’urgenza della questione climatica, alimentata in forme solo meno evidenti anche dal turismo, al quale si deve per esempio un volo internazionale su due. E se nei giorni scorsi Venezia ha finalmente bandito dalla laguna le grandi navi da crociera, incompatibili con la fragilità del suo ecosistema, queste cominciano a essere sanzionate anche per l’utilizzo di carburanti fortemente inquinanti; duecento colossi in navigazione nei mari europei inquinano più dei duecentosessanta milioni di automobili

«Nell’ottobre 2015 mi trovavo a Pyongyang, Corea del Nord, e nonostante le incredibili avventure e le innumerevoli sorprese che il regime mi aveva riservato per più di tre anni, cominciavo ad accusare inequivocabili segni di affaticamento, i quali si dimostravano attraverso la costante presenza di antidepressivi e sonniferi sul mio sobrio comodino...» (Carla Vitantonio).

Le rovine del Castello di Viljandi. (Maakond)

circolanti nell’Unione (dati 2017 relativi agli ossidi di zolfo). Se il turismo poi è una forma di migrazione temporanea, è forse inevitabile che finisca per incrociare i flussi migratori del nostro tempo. Un ottimo esempio è quello che sta succedendo al confine tra gli Stati Uniti e il Messico. Nelle ultime campagne elettorali si è molto discusso del famoso muro per trattenere i migranti che cercano di entrare illegalmente negli Stati Uniti. Il nuovo presidente Biden ha attenuato i divieti introdotti da Trump e gestito la situazione con più umanità, ma apparentemente senza cambiare l’orientamento di fondo. Con l’arrivo dell’estate però i flussi sembrano essersi invertiti e i turisti americani si sono presentati in massa al confine messicano. È un bel paradosso: il confine chiuso in una direzione si spalanca nell’altra e chi si sposta per necessità ha meno diritti di chi viaggia per piacere… Teoricamente gli ingressi per turismo sono vietati sin dall’inizio dell’epidemia ma di fatto si può entrare in Messico senza aver effettuato un test né la quarantena. Oltre due milioni di statunitensi ne hanno approfittato

varcando il confine proibito nei primi quattro mesi dell’anno, numeri superiori anche in confronto all’ultimo anno normale, il 2019. Naturalmente le principali destinazioni turistiche messicane hanno registrato subito un balzo verso l’alto dei contagi, a cominciare dalla popolare Cancún; e Los Cabos, nella Baja California Sur, conta da solo oltre la metà dei casi dell’intero Stato. È un esempio da manuale delle conseguenze dell’apertura al turismo di un Paese il cui piano vaccinale è ancora indietro (solo il 16% dei messicani è vaccinato rispetto al 56% degli americani); la presenza di turisti infatti richiama lavoratori del settore (alberghi, ristoranti eccetera) e quindi favorisce la diffusione della malattia anche quando i turisti non sono la causa diretta del contagio. Inoltre, i turisti americani, protetti dalla vaccinazione, sono meno inclini a indossare la mascherina rispetto ai locali, anche se questa condotta mette a rischio gli altri, compresi i propri connazionali dopo il ritorno; anche un vaccinato infatti può ammalarsi (sebbene di solito non gravemente) e contagiare gli altri. In questo e in altri casi un nuovo

codice di condotta del viaggiatore in tempo di epidemia sta faticosamente prendendo forma. Ma soprattutto queste storie ci riportano al nostro punto di partenza. Invece di attendere un’improbabile bonaccia, dovremo imparare a convivere con le novità. Nel caso del Covid questo comporta viaggiare con molto buon senso, vaccinandoci senza esitazioni, accettando qualche fastidio burocratico senza troppe lamentele e scegliendo mete dove la situazione sanitaria è simile a quella del nostro Paese. E tuttavia il nostro tempo non richiede solo limitazioni e adattamenti. Ci sono anche opportunità di nuove scoperte. Per esempio, avete mai sentito parlare di Viljandi? Secondo il «New York Times» dovreste andarci. La piccola cittadina nel sud dell’Estonia, non distante dal confine con la Lettonia, non sarà conosciuta come la capitale Tallin, anzi è decisamente fuori dalle vie battute (ottimo in tempo di Covid), ma offre le rovine di un castello del IX secolo, i bagni nel vicino lago, piacevoli locali, cucina fusion e una vivace programmazione musicale estiva. Quante altre Viljandi ci sono al mondo? E se ricominciassimo da qui?

Il colpo di Stato dei militari, lo scorso febbraio, con l’arresto di Aung San Suu Kyi, vincitrice delle elezioni nel novembre 2020, ha richiamato l’attenzione dell’opinione pubblica internazionale sul Myanmar, che gli occidentali spesso chiamano ancora col vecchio nome coloniale di Birmania (Burma). Il nostro collaboratore Massimo Morello è tornato più volte in Myanmar nell’arco degli ultimi vent’anni, spesso raccontando i suoi viaggi proprio sulle pagine di «Azione». Ha visitato le città e le campagne, si è mescolato ai politici e agli intellettuali, alla gente comune, a rifugiati e trafficanti. Il suo libro di viaggio non ha rivali per quantità e qualità d’informazioni. Diverso per ragioni di genere, età e prospettiva, ma altrettanto utile, è il punto di vista di Carla Vitantonio – donna, attrice, attivista, cooperante – sbarcata a Yangon, la principale città del Myanmar, per dirigere una ONG dopo un soggiorno di quattro anni in Corea del Nord. / CV Bibliografia

Massimo Morello, Burma Blue, Rosenberg & Seller, pp. 208, € 15.50. Carla Vitantonio, Myanmar Swing, Add Editore, pp. 300, € 18.–. Annuncio pubblicitario

a partire da 2 pezzi

Ora in azione 27.7–2.8.2021

Assortimento completo Oreo Tubo Oreo Original, Oreo Golden, Oreo doppia crema

Fino a esaurimento dello stock. Da tutte le offerte sono esclusi gli articoli già ridotti.

0.60 di riduzione

2.15

invece di 2.75

Assortimento totale di biscotti Oreo in rotoli Oreo Original rotolo Oreo Golden rotolo Oreo Double rotolo


20% di riduzione 27.7. – 2.8.2021

20% 0.95

invece di 1.20

20% Terme di Crodo MojitoSoda 0.33 l

Fino a esaurimento dello stock. Da tutte le offerte sono esclusi gli articoli già ridotti.

0.95

invece di 1.20

20% Terme di Crodo LemonSoda 0.33 l

0.95

invece di 1.20

Terme di Crodo OranSoda 0.33 l


Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino • 26 luglio 2021 • N. 30

15

Ambiente e Benessere

Quando i naufraghi eravamo noi Itinerari Escursione alla Cima di Medeglia ricordando una tragica storia di mare

Romano Venziani, testo e immagini Quando la sagoma smisurata squarciò la cortina di nebbia, Carlo e Giuseppe si erano addormentati da poco. D’altronde, gli sarebbe stato difficile chiudere occhio prima, con tutto il baccano fatto dagli Americani, che avevano festeggiato la vigilia del loro Independence Day, cantando e ballando. Tutta gente della prima classe, che si era accalcata sul ponte subito dopo cena. Avvocati, commercianti, musicisti, artisti. Alcuni, forse un po’ alticci, avevano perfino rivolto loro la parola e stretto la mano, quando avevano saputo che erano svizzeri. I due erano a disagio, con quei vestiti addosso, ma Mr. Angell, diretto a Ginevra per raggiungere la moglie e i due figli, li aveva presi sottobraccio e li aveva presentati al suo collega Antony Pollock, avvocato di Washington, in viaggio con la consorte, e a Mr. Weiss, musicista, membro dell’Orchestra sinfonica di Boston. A Carlo e Giuseppe non pareva vero di poter brindare con quei signori in giacca e cravatta e quelle donne ingioiellate alla salute dell’America. Quell’America che, per loro, non era stata certo un Eldorado, ma che gli aveva permesso di risparmiare un bel gruzzoletto e di tornare a casa meno poveri di quando erano partiti. La loro storia me l’ha raccontata anni fa Arlène Richina Zucchetti, che a sua volta l’ha «ereditata» da suo padre, Rinaldo Richina, il «cow boy di Robasacco», che l’America l’aveva fatta anche lui, nel suo ranch in California, tra il 1953 e il 1967. Arlène è la bisnipote di Giuseppe Canetti, emigrato laggiù nella seconda metà dell’Ottocento con l’amico Carlo Alberti, e il racconto che mi ha confidato ha la freschezza dei ricordi tramandati oralmente dai due protagonisti involontari di quella che, come vedremo, avrà tutti i tratti di un’avventura. Tragica per molti e a lieto fine per i due emigranti, che ne rievocheranno ogni minimo dettaglio fino al termine della loro lunga vita. Giuseppe era di Canedo, un grumo di case rannicchiato nei boschi di castagno sopra Medeglia. Da tempo volevo andare a darci un’occhiata, fosse solo per conservarne uno scampolo d’immagine nella memoria di quella vicenda. Lì sopra spunta una cima estremamente panoramica, quella di Medeglia, avamposto prealpino che si affaccia a trecentosessanta gradi su tutto il Ticino centrale. Un cocuzzolo alla portata di tutti, come del resto buona parte di quelli che l’orogenesi si è data la pena di generare a meridione della famosa Linea insubrica, regalandoci la sottile illusione di calpestare terra africana. Scopro che il percorso più diretto per raggiungerla passa proprio da Canedo: una manciata di case, l’osteria, dove si ciba quello che c’è, e un oratorio settecentesco con i tre santi, a cui è dedicato, che occhieggiano dalla facciata: Giulio, Antonio e Lucio, il quale se ne sta lì con una forma di formaggio sotto il braccio a ricordare il suo campo di competenza. E così mi metto in cammino tra castagni secolari, massi erratici, vecchi

Un’oasi di pace.

Disegno dell’itinerario verso la Cima di Medeglia. (Sul sito www.azione.ch si trova una galleria fotografica più ampia)

muri avvolti dalla vegetazione e guizzi di lucertole. Mi piace pensare che su questi sentieri ci sarà passato chissà quante volte, prima e dopo la sua vita di emigrante, anche Giuseppe Canetti, detto Càpii, per quella sua abitudine di chiedere a tutti «t’è càpii?» («hai capito?»). Forse serberanno parimenti il ricordo dei pesanti scarponi di Carlo Alberti, che invece era di casa di là dal monte, a Robasacco. Anche lui aveva il suo nomignolo, Sanababìch, colorita espressione sulla bocca di tanti emigranti, che storpiavano nel loro inglese approssimativo l’improperio tutto americano son of a bitch, ovvero figlio di buona donna. Ma torniamo alla loro storia. Ultimi giorni di giugno del 1898. Il treno corre in una nuvola di fumo divorando quell’immensa distesa di sogni e di speranze che era, allora, l’America. Carlo e Giuseppe guardano il paesaggio sfilare fuori dal finestrino e sono felici. Felici di tornare finalmente a casa, di rivedere la famiglia (Giuseppe si era sposato poco prima di partire e la moglie lo attende a Canedo) e gli amici, di sporcarsi le mani con la loro terra. L’avevano già fatto alcuni anni prima, in senso inverso, quel viaggio, sobbalzando sul vagone che li trasportava verso il Far West, a munger vacche nei ranch di Guadalupe. In quell’occasione avevano contemplato l’America, che scivolava via oltre il vetro appannato, con gli occhi impauriti e incantati di chi non aveva mai visto niente in vita sua. Non era poi tanto diversa dai nostri paesi, l’America. Era solo più lunga e più larga, con quel po’ po’ di cielo e praterie gialle a non finire, ma dovevi lavorare anche lì da stelle a stelle per guadagnarti qualche dollaro da portare a casa. Ora, però, le emozioni sono altre

Il sentiero sopra Canedo.

e non gli pesano quei quattro giorni di tragitto tra San Francisco e Nuova York. Qui i due s’imbarcano su La Bourgogne, il veloce vapore postale francese, che una decina di anni prima ha stabilito il record sulla tratta transatlantica, percorsa in otto giorni e sei ore. «Vanno accorciandosi sempre più i tempi delle traversate dei mari» scrivono all’epoca i giornali; sebbene, a inizio luglio del 1898, alla Bourgogne e ai suoi ignari passeggeri è riservato un infausto destino. Il 4 del mese, dopo due giorni di navigazione, a sessanta miglia a sud di Sable Island, una delle isole della Nuova Scozia, il piroscafo solca veloce le acque dell’Atlantico avvolto da una fitta nebbia, che, giocando con le prime luci dell’alba, crea fantasmagoriche visioni. Il capitano Deloncle ordina di suonare la sirena, come prevede il regolamento in casi del genere. Il suono reiterato e cupo riempie l’atmosfera surreale e, forse, copre il lamento del corno emesso da un’altra presenza ancora invisibile. All’improvviso, un’enorme ombra nera si abbatte con un tuono spaventoso sulla Bourgogne, scuotendola fin nelle sue viscere più profonde, dove dormono centinaia di passeggeri. Quell’ombra ha un nome impresso sulla prua: Cromartyshire, un mercantile britannico in viaggio da Dunkerque a Filadelfia con un carico di calce. L’impatto con il veliero, seppur più piccolo, apre uno squarcio profondo nella fiancata della Bourgogne. Sulla nave ormai invasa dall’acqua e dal panico di quei disperati, ognuno pensa alla propria salvezza e il viaggio si trasforma in un incubo senza fine. «In un attimo, il ponte tranquillo del vapore si tramutò in un inferno. Le donne che impedivano il passaggio verso le scialuppe furono pugnalate da quegli uomini rudi». («The San Francisco Call», 9 luglio 1898, pag. 3).

Gli ordini del capitano Deloncle e dei suoi ufficiali si perdono tra le urla della gente, l’equipaggio pensa a mettersi in salvo e tocca agli stessi passeggeri calare le scialuppe. Alcune si rovesciano riversando in mare gli occupanti, che sono inghiottiti dalle fredde acque dell’Atlantico. Chi si dibatte tra le onde e cerca di aggrapparsi alle barche viene respinto a colpi di remo o preso a coltellate dai marinai. Mrs. La Casse, di Plainville, New Jersey, unica donna (su trecento), che riesce a salvarsi avvinghiata a una «zattera» formata da sedie pieghevoli, racconterà di aver udito un ufficiale gridare: «Accidenti ai passeggeri, si salvino da soli, salviamoci noi per primi. Se avessi una pistola li ammazzerei tutti io». («The San Francisco Call», 9 luglio 1898, pag. 3). I giornali americani e inglesi, dando credito alle testimonianze delle atrocità riferite dai sopravvissuti, accuseranno i marinai francesi, difesi invece dalla stampa connazionale, che punterà il dito su quelli austriaci e italiani. Avvolta da quel caos infernale, la Bourgogne in pochi minuti cola a picco, trascinando in fondo al mare 549 persone delle 714 presenti a bordo. 165 i sopravvissuti, di cui 109 membri dell’equipaggio. Dei passeggeri della prima classe non si salva nessuno. Gli altri viaggiatori periti nel naufragio sono soprattutto turisti della classe media americana, qualche famiglia francese, commercianti, sarte, modiste, artigiani, tra cui i migliori dipendenti della Maison Tiffany di New York, diretti in Europa per studiare i nuovi modelli di gioielleria. Tanti gli emigranti, che tornano a casa stipati nella terza classe. Tra di loro c’è anche tale Yousouff, lottatore del sultano, conosciuto con il soprannome di Turco terribile, che, tempi addietro, ha divertito con le sue muscolose esibizioni gli habitués delle Folies Bergères.

Carlo e Giuseppe quella notte decidono di dormire sul ponte, stufi di condividere con la folla di disperati l’aria soffocante della stiva. Questa decisione sarà la loro salvezza. I due riescono a imbarcarsi su una delle prime scialuppe calate in mare e si ritrovano sballottati dalle onde con altri tredici compagni e un marinaio francese. Quest’ultimo, terrorizzato all’idea che la barca sovraccarica possa affondare, getta tra i flutti una donna, che annega sotto gli occhi dei figli. Poi a essere scaraventato in mare è il povero Carlo Alberti, che riesce ad aggrapparsi al bordo della scialuppa, ma il marinaio gli fracassa le mani a colpi di remo. Il poveraccio resiste e grida «Mon Dieu» e «Vive la France», nella speranza di intenerire l’energumeno. A salvarlo sarà però la pronta reazione dell’amico Giuseppe e degli uomini a bordo, che colpiscono il marinaio e lo buttano in mare. Mentre gli altri superstiti sono tratti in salvo dall’equipaggio della Cromartyshire, la scialuppa con i nostri due emigranti va alla deriva per otto interminabili giorni. I bambini muoiono, gli altri occupanti ormai allo stremo sono raccolti da una nave francese, che li porta in salvo ad Halifax. Perduti tra le onde dell’Atlantico i soldi risparmiati in California, Carlo e Giuseppe tornano a casa dopo la metà di luglio (Cfr. «Gazzetta Ticinese», 20 luglio 1898: «Sono giunti a Bellinzona i Sig.ri Canetti Giuseppe, di Medeglia, e Carlo Alberti di Robasacco […] scampati dal naufragio della Bourgogne […] I due nostri concittadini […] confermano pure le scene di barbarie che ebbero luogo in occasione del naufragio»). Si rifaranno una vita nei loro rispettivi paesi. «Sono un naufrago» ripeterà d’allora in poi Sanababìch ai suoi interlocutori e, come a voler meglio chiarire un concetto così estraneo alla realtà di quei montanari, mostrava le sue mani ancora impietrite nel gesto estremo di restare aggrappato al bordo della scialuppa. È a loro che penso salendo verso la Cima di Medeglia, che ora intravvedo lassù con la sua croce impressa nel cielo. Ho attraversato boschi e pascoli intiepiditi dal sole, ho apprezzato la tranquillità e l’armonia del monte di Troggiano, costeggiato le trincee di Sùra Canàa, annusato genzianelle precoci e poetici narcisi, rimuginando però ad ogni passo che, una volta, i naufraghi eravamo noi e che non ce lo dobbiamo dimenticare quando oggi guardiamo, con scandalosa indifferenza, certe immagini che ci mostra la tivù.


PURINA Vital Balance in sconto ®

®

29. 7 – 1. 8. 2021

Scoprite le nov ità

30% Su tutta la gamma PURINA® Vital Balance® per es. Salmone con Spirulina, 750g 5.25 invece di 7.50

Fino a esaurimento dello stock. Da tutte le offerte sono esclusi gli articoli già ridotti.


Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino • 26 luglio 2021 • N. 30

17

Ambiente e Benessere

Splendida gardenia profumata

Mondoverde Un bell’arbusto originario della Cina, sempreverde, dai grandi fiori bianchi o giallo pallido

Anita Negretti Alexander Garden, medico e botanico scozzese, fu contemporaneo di Linneo e come quest’ultimo amava le scienze naturali, in particolare piante e animali tipici della Carolina del Sud, nazione che lo ospitò per quasi trent’anni, finché non fece ritorno in Inghilterra, dove nel 1773 divenne membro della Royal Society, la più antica associazione accademica scientifica esistente. In suo onore venne coniato il genere Gardenia, omaggiando così il suo cognome con questo bell’arbusto originario della Cina, sempreverde, dai grandi fiori bianchi o giallo pallido e molto profumati.

Se ben tenute la maggior parte delle varietà arriva al metro abbondante, con rinvasi appropriati e terra soffice e fresca La specie più facilmente acquistabile è Gardenia jasminoides (sinonimo di G. grandiflora), con i suoi numerosi ibridi e varietà. Ma attenzione! Se al momento dell’acquisto risultano belle verdi, ricche di boccioli e dall’aspetto sano, spesso, dopo poche settimane in casa, diventano spoglie, i boccioli cadono prima dell’apertura e le foglie ingialliscono. Vi sono alcuni trucchi da seguire

per non ritrovarsi in queste condizioni: prima di tutto, l’acqua delle irrigazioni non deve essere calcarea (caratteristica di quella che esce dai nostri rubinetti) e dunque è necessario usare acqua distillata, acqua piovana, acqua proveniente da osmosi inversa (quella usata per gli acquari) o acqua decantata. In quest’ultimo caso basterà riempire una bottiglia di acqua del rubinetto, lasciarla riposare per circa 24 ore e non utilizzare gli ultimi 4-5 centimetri di acqua sul fondo, che saranno i più ricchi di calcare. Inoltre, quella in eccesso nel sottovaso dovrà sempre essere levata. Un altro rimedio casalingo, per mantenere sana una gardenia, consiste nell’aggiungere alcune gocce di limone nell’acqua per l’irrigazione. Più precisamente, tutti questi metodi servono per evitare l’insorgenza di clorosi (foglie gialle), data dalla saturazione di calcare (calcio) nel terreno, che dovrà invece essere acido, per ottenere piante rigogliose. Un’altra operazione molto importante è la concimazione. Sarà necessario prevedere una somministrazione mensile, visto che le gardenie sono molto golose: il concime liquido, ricco anche di ferro per garantire foglie verdi tutto l’anno, andrà somministrato ogni 15-20 giorni, da marzo fino a ottobre, mentre nella stagione fredda ogni due mesi. Della famiglia delle Rubiaceae, vanta bei fiori profumatissimi con 5-12 petali, che compaiono a marzo

Un bell’esemplare di Gardenia taitensis. (Troy McKaskle)

fino all’autunno se la pianta viene tenuta preferibilmente in vaso, con posizione a est, ovvero in un luogo che le permetta di ricevere il sole soltanto al mattino. Abituati a trovare in vendita piante di gardenia dalle dimensioni medio piccole, che arrivano ai quaranta centimetri compreso il vaso, se ben tenute la maggior parte delle varietà arriva al metro abbondante, chiaramente con

Fiori di Gardenia brighamii. (David Eickhoff)

dei rinvasi appropriati e con terra soffice, fresca, ben drenata e sub-acida o acida. La «Four Seasons» ad esempio, arriva a misurare circa ottanta centimetri con una crescita lenta, chioma compatta e fiori doppi, bianco puro; mentre la «Frost Proff», che sboccia a fine aprile, arriva a un metro e quaranta centimetri, come la «August Beauty», che ha fiori bianchissimi, dai petali vellutati e larghi 6-7 centimetri.

Molto più piccola, la «Radicans» che ha un portamento tappezzante, e misura fino a un’altezza di circa cinquanta centimetri, e altrettanto in larghezza, con fiori estivi, dall’aroma squisito e molto bella se accostata a varietà di gardenia a fiore giallo crema, come la «Golden Magic» dalle foglie verdi scuro e fiori che invecchiando assumono un bel colore giallo o la «Daisy» che ha solo la parte centrale dei petali oro. Annuncio pubblicitario

GOURMET™ Nature’s Creations™

iziosi l e d i e t i Scopr ispirati pasti tura dalla na

*

20x PUNTI

Novità

4.95

*In vendita nelle maggiori filiali Migros. Offerte valide dal 27.7 al 9.8.2021, fino a esaurimento dello stock. Da tutte le offerte sono esclusi gli articoli già ridotti.

GOURMET™ Nature’s Creations™ Mini bouchées, 4x85g


Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino • 26 luglio 2021 • N. 30

18

UN PIACeRe DA ROSICCHIARe

Foto GettyImages

I roditori, tra cui i conigli, stanno bene se sono almeno in coppia e se in aggiunta a fieno o paglia ricevono ogni giorno alimenti da rosicchiare. Per esempio gli stick Carotties di Vitakraft, a base di carote e cereali maturati al sole. Questi simpatici animali da compagnia li apprezzano talmente tanto che prederanno gli stick direttamente dalla vostra mano.

Stick da sgranocchiare adatti per tutti i roditori, con vitamine e minerali, senza aromi artificiali e conservanti: Vitakraft Carotties, 30 stick Fr. 2.50 Nelle maggiori filiali


Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino • 26 luglio 2021 • N. 30

19

Ambiente e Benessere

Sei ticinesi in cerca di gloria

Sport Ci perdoni, barone de Coubertin, siamo felici di partecipare, ma se ci fosse la possibilità di portare a casa

un diploma olimpico, non diremo certo di no Sei giovani, due ragazze e quattro ragazzi. Sei storie di lotta, impegno, sacrificio, passione. Non accadeva da decenni di avere così tanti partecipanti ticinesi a un’edizione dei Giochi Olimpici. Siamo tornati ai fasti di Sydney 2000, da dove rientrammo con l’ultima medaglia estiva della storia del nostro sport cantonale, quella del malcantonese Michel Ansermet nella pistola da 50 metri. Chi pensa in grande a volte si illude. Viene tacciato di megalomania. Ciò nonostante, l’avventura dei nostri ragazzi in Giappone ce la godremo fino in fondo, con la convinzione che sapranno sorprenderci. Noè Ponti e Maria Ugolkova nel nuoto, Ajla Del Ponte e Ricky Petrucciani nell’atletica leggera, Filippo Colombo nella Mountain Bike e Michele Niggeler nella scherma non sono favoriti per la conquista di una medaglia individuale, tuttavia la loro costante e progressiva marcia di avvicinamento a buoni livelli internazionali ci fa pensare che non fungeranno da semplici comparse. Cominciamo dall’ultimo atleta menzionato. Michele Niggeler è uno spadista, impugna quindi l’arma che incarna la tradizione elvetica, quella che ci ha regalato delle soddisfazioni immense. Qualcuno ricorderà l’oro olimpico di Marcel Fischer nel 2004 ad Atene. Oppure il titolo mondiale conquistato dal quartetto rossocrociato nel 2018. A Tokio tutto si giocherà su equilibri sottili.

Olympics.com

Giancarlo Dionisio

Questione di centimetri, di frazioni di secondo. Perché quindi escludere l’ipotesi di avere un ticinese sul podio accanto ai tre compagni d’armi? Discorso analogo per Ajla Del Ponte. Alcuni tecnici sostengono che la nostra staffetta 4x100, di cui lei è imprescindibile prima frazionista, abbia un potenziale da podio. La lotta sarà asperrima. Alle spalle di statunitensi e giamaicane, sarà una questione di briciole, quindi sognare è lecito. Ajla ha ottenuto la selezione anche per la prova individuale. Quest’inverno dopo il suo oro sui 60 metri agli Europei Indoor, ci si attendeva la sua esplosione anche

Giochi Cruciverba Ci hai fatto caso che nell’armadio i vestiti sono divisi in tre categorie? Scopri quali sono risolvendo il cruciverba e leggendo le lettere evidenziate. (Frase: 7, 6, 1, 2, 10, 2, 2, 5) ORIZZONTALI 1. La moglie di Atamante 4. Controversia sindacale 11. Prova matematica 13. Capovolto aumenta della metà 14. Antica lingua francese 15. Filosofia morale 17. Vi nacque Platone 19. Azioni commesse con volontà di nuocere 21. Passa... in cucina 23. Desinenza verbale 24. Ballo simile alla rumba 26. Una consonante 27. Pronome personale 28. L’abate del Conte di Montecristo 29. Borsa a Parigi 30. Incontrato a Londra... 31. L’eroe delle dodici fatiche 33. Secondo elemento di parole scientifiche che significa sezione, divisione 35. Montagna importante delle Alpi bernesi 36. Tribunale Amministrativo Regionale, in Italia Regolamento per i concorsi a premi pubblicati su «Azione» e sul sito web www.azione.ch

sui 100. C’è stata, con l’ottenimento del primato personale. Ma la sua avanzata è stata solo parziale, poiché la ragazza di Losone ha dovuto fare i conti con il Covid 19, che l’ha bloccata per alcune settimane. Il virus però appartiene al passato. La condizione sta tornando. Prepariamoci! Ricky Petrucciani è un pianeta ancora tutto da scoprire e da esplorare. Il suo recente titolo europeo Under 23 sui 400 metri, con un tempo vicinissimo al primato svizzero assoluto di Matthias Rusterholz, dice molto sulle sue possibilità attuali, ma non racconta tutto sul suo straordinario potenziale. A soli

21 anni, Ricky potrebbe permettersi di considerare la trasferta in Giappone come una sorta di apprendistato, per poi recarsi fra quattro anni a Parigi, da grande protagonista. Non sarà così. Il suo temperamento e la sua crescita continua dicono che già quest’anno vorrà giocarsi le sue carte fino all’ultimo metro. I nostri due nuotatori si portano appresso due storie diverse. Per Maria Ugolkova, moscovita, ticinese di adozione, potrebbe trattarsi dell’ultimo grande appuntamento, del coronamento, a 32 anni, di una luminosa carriera che l’ha vista anche laurearsi campio-

nessa europea giovanile e che le ha regalato altre tre medaglie continentali. Noè Ponti, a dispetto dei suoi quasi due metri di statura, è il cucciolo della spedizione. Le sue unghie sono tuttavia già perfettamente affilate, pronte a graffiare le acque giapponesi. Dominatore con quattro ori ai Campionati Nazionali, più volte finalista agli Europei di Budapest, il ragazzo della Nuoto Sport Locarno punta alla partecipazione a un atto conclusivo. Ciò equivarrebbe a un diploma olimpico. La sua progressione costante lascia presagire storie con Happy End. Filippo Colombo è un ragazzo tutto classe, talento e volontà. Teme un solo avversario: la malasorte, che in ottobre gli aveva forato una gomma agli europei di casa, sul Monte Ceneri. La stessa che lo aveva catapultato a terra in Coppa del mondo, costringendolo a un lungo stop. I tecnici federali gli hanno dato fiducia. Sarà lui ad affiancare Nino Schurter e Mathias Flückiger sul difficile tracciato giapponese. Se la malasorte volgerà lo sguardo a Occidente, il sogno di disputare una buona prova potrà avversarsi. Una certezza: in Ticino, in molti, saremo davanti ai teleschermi a vibrare con lui e con tutti gli altri. Se poi la loro sarà solo una semplice partecipazione in perfetto stile decoubertiano, li apprezzeremo comunque. Maria Ugolkova a parte, sono tutti giovanissimi. Avranno altre possibilità per mettersi in luce. Inoltre, il loro impegno e la loro dedizione, meritano rispetto. In bocca al lupo.

Vinci una delle 3 carte regalo da 50 franchi con il cruciverba e una delle 2 carte regalo da 50 franchi con il sudoku 1

2

3

11

4 12

15

5

6

19

17

24

10

21

22

25

Sudoku Soluzione:

18

Scoprire i 3 numeri corretti da inserire nelle caselle colorate.

26

28 31

33

34 37

40

37. Questa cosa 39. Acerbi 40. Lodato 41. Pari in difesa

Verticali

1. Mai pubblicato 2. Risaputi 3. È una stalla 5. Le iniziali del regista Scola 6. Satellite di Saturno 7. Tentennare, esitare 8. Ora canonica corrispondente alle

quindici 9. Sono di famiglia 10. Le iniziali di Lincoln

I premi, cinque carte regalo Migros del valore di 50 franchi, saranno sorteggiati tra i partecipanti che avranno fatto pervenire la soluzione corretta entro il venerdì seguente la pubblicazione del gioco.

32

4

2 8

1

2

3

1

3

8

5

8

1

8

29

30

36

9

14

20

27

8

13 16

23

7

6

I S I O R 9 R 4I D 3A 5 V I L E A I O M 35 S E L S A G U 4N 9 7 T A R E O D I S S I 38 39 3 5 O D O R E A D A M O 7 41 R I I T T 9 1 O D E I N I D E C A A C 12. Dà ripetizioni a voce... M O Tprecedente I V O Soluzione dellaEsettimana 16. Hanno un’infiammazione delle vie CURIOSITÀ DAL MONDO – Secondo alcuni studiosi, la città più antica del aeree mondo sarebbe … Resto della frase: … GERICO NELLA CISGIORDANIA. (N. - ... Gerico Cisgiordania) 18.29 L’antico precedenella il medio 2 3 4 5 20. Orecchio 1inglese 2 4 5 6 1 3 7 8 9 G E N E R I 22. Notizia priva di fondamento 6 7 8 1 7 8 9 5 4 3 2 6 A C E R N O 25. Aggettivo possessivo 9 10 3 9 6 7 2 8 1 4 5 S C I N E L 26. Carceri, prigioni 11 12 28. Sigla di Forza elettro-motrice 8 2 3 4 7 5 9 6 1 L A T I C O 1329. 14 Un 15pittore 16 17 Niccolò di nome 7 5 1 8 6 9 4 3 2 C I E C O S A R T O 30. Scuro 18 19 4 6 9 2 3 1 5 7 8 A G R I F O R C A 32. Noto servizio segreto 20 21 22 33. Il signor dei tali 5 8 2 1 4 7 6 9 3 O L A F U L V I D 23 24 26 34. Il cortile della fattoria25 6 1 7 3 9 2 8 5 4 S O S A N A S S E 36.27 La bevanda delle cinque 28 9 3 4 5 8 6 2 1 7 O V A R I O O R A 38. Le carote meno care Partecipazione online: inserire la

soluzione del cruciverba o del sudoku nell’apposito formulario pubblicato sulla pagina del sito. Partecipazione postale: la lettera o la cartolina postale che riporti la so-

T

luzione, corredata da nome, cognome, indirizzo, email del partecipante deve essere spedita a «Redazione Azione, Concorsi, C.P. 6315, 6901 Lugano». Non si intratterrà corrispondenza sui

concorsi. Le vie legali sono escluse. Non è possibile un pagamento in contanti dei premi. I vincitori saranno avvertiti per iscritto. Partecipazione riservata esclusivamente a lettori che risiedono in Svizzera.


Delizie per 4.50 il fuoco 4.20

Bratwurst plantbased V-Love 3 pezzi, 200 g, in vendita nelle maggiori filiali

Salsiccia da grigliare plantbased V-Love 2 pezzi, 200 g, in vendita nelle maggiori filiali

6.95

Luganighetta di vitello Grill mi Toscana Svizzera, per 100 g, in self-service

6.95

Bratwurst di manzo Grill mi Svizzera, 3 pezzi, 210 g, in self-service

Da tutte le offerte sono esclusi gli articoli M-Budget e quelli già ridotti. Offerte valide solo dal 27.7 al 2.8.2021, fino a esaurimento dello stock

lse e a s n o c e n a Coprire il p sporre i D . e r e c a i ap condimenti gliate . i r g e c c i s l a sopra le s


Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino • 26 luglio 2021 • N. 30

21

Politica e economia Chiesa cattolica in crisi Una prima valutazione della parabola del papato di Francesco pagina 23

È battaglia digitale La Nato punta il dito contro i cyber attacchi cinesi mentre Mosca e Pechino si alleano per controllare la Rete

Le mire cinesi e pakistane L’Afghanistan è al centro degli interessi di Pechino e Islamabad che fanno accordi coi talebani

pagina 25

pagina 26

Lo spettro dell’inflazione La fiammata inflazionistica negli Stati uniti rende prudenti le banche centrali, ma si pensa ancora che sia passeggera

pagina 27

Gli effetti politici della tragedia

Alluvione in Germania Le autorità potevano

fare di più? Chi è in grado di gestire al meglio la ricostruzione? Le domande infiammano gli animi a due mesi dalle elezioni legislative

Marzio Rigonalli La Germania sta uscendo da quella che viene definita la più grave catastrofe naturale vissuta dopo il 1945, anno che sancì la fine della seconda guerra mondiale. Le due regioni maggiormente colpite sono la Renania-Palatinato e la Renania settentrionale-Vestfalia, situate lungo la frontiera occidentale del Paese. Alimentati da piogge torrenziali, i corsi d’acqua hanno rotto gli argini e hanno travolto ogni cosa: dighe, ponti, edifici, case, negozi, stalle, strade, automobili, alberi. I morti sono oltre 170, ai quali bisogna aggiungere decine di feriti e centinaia di dispersi, oltre a una trentina di vittime del maltempo in Belgio (dati diffusi giovedì scorso). Per avere un bilancio definitivo bisognerà attendere ancora alcune settimane. I danni materiali vengono valutati in miliardi di euro e decine di Comuni impiegheranno molti anni prima di potere ritrovare le condizioni economiche e la vita sociale che avevano prima delle inondazioni. Il ritorno verso una seppur lontana normalità è la strada che hanno subito imboccato le autorità e la popolazione delle regioni colpite. L’attenzione si è concentrata sulla ricostruzione, sul superamento delle ferite subite e sulla necessità di affrontare in modo diverso la furia della natura. Due sono le domande che affiorano spesso nei colloqui e nelle prese di posizione: la prima riguarda il modo in cui si è affrontata la tragedia; la seconda concerne quelle che potrebbero essere le sue conseguenze politiche, visto che siamo a due mesi dalle elezioni legislative. Perché la popolazione non è stata avvertita più rapidamente e perché le persone che erano in pericolo non sono state salvate in tempo? Molti puntano il dito contro le autorità e le istituzioni incaricate di gestire simili situazioni. In primo luogo il «Deutscher Wetterdienst», il servizio meteorologico tedesco, accusato di non aver dato tempestivamente l’allerta sulla gravità della situazione. In secondo luogo i responsabili dei soccorsi, ritenuti incapaci di organizzare, coordinare e velocizzare gli aiuti. Oltre agli agenti della protezione civile e della polizia, sono stati

impiegati migliaia di pompieri e di soldati. In questi casi la responsabilità ultima per il buon funzionamento delle operazioni spetta al Ministero dell’interno, che nell’attuale Governo Merkel è guidato dal bavarese Horst Seehofer della Csu. Chi viene preso di mira dalle critiche respinge le accuse e sostiene che tutto è stato deciso ed eseguito nel rispetto delle norme in vigore. Soltanto un’approfondita inchiesta, però, consentirà di appurare eventuali errori e di valutare l’opportunità di varare alcune riforme. La seconda domanda si concentra sugli effetti che la tragedia appena vissuta potrà avere sui singoli partiti politici e sugli equilibri politici nazionali. È un interrogativo che si pongono molti osservatori, nazionali e stranieri, della scena politica tedesca. La catastrofe porterà voti soprattutto ai Verdi, perché sono il partito più preparato e più impegnato nelle questioni ecologiche e in particolare nella lotta contro il riscaldamento climatico? Oppure potrebbe favorire le forze politiche che sono al potere, se riescono a dimostrare che sono all’altezza, che sanno gestire la situazione e che sono in grado di aiutare le vittime in modo efficace, dai primi soccorsi fino alla ricostruzione ultimata? La risposta, ovviamente, non è facile e può delinearsi soltanto dopo un certo periodo di tempo. Gli strumenti che possono aiutarci sono i sondaggi, ma anch’essi diventano pertinenti soltanto dopo un periodo di assestamento. Conviene allora citare alcuni precedenti storici e ricordare come si sono mossi negli ultimi giorni i principali leader politici. Nell’agosto del 2002, l’Elba, importante fiume dell’Europa centrale che sfocia nel Mare del Nord 100 chilometri a nord di Amburgo, esondò dagli argini in seguito a piogge intense e prolungate e causò importanti danni nella Repubblica ceca e in Germania, nella Turingia e nella Sassonia, colpendo soprattutto la città di Dresda. L’allora cancelliere Gerhard Schröder, socialdemocratico, si recò nelle regioni alle prese con l’alluvione per seguire le operazioni di salvataggio. Portava gli stivali e la sua immagine fece il giro del mondo. La sua azione l’aiutò sicu-

Armin Laschet e Angela Merkel visitano Bad Münstereifel, cittadina nella Renania settentrionale-Vestfalia. (Shutterstock)

ramente ad invertire i pronostici che gli erano sfavorevoli. In settembre vinse la partita della sua rielezione contro il bavarese Edmund Stoiber della Csu e formò un Governo con i Verdi. Nel marzo del 2011 il disastro nucleare di Fukushima consentì l’avanzata dei Verdi in molti Paesi. In Germania i Verdi riuscirono a conquistare la loro prima regione, il Baden-Württemberg, un Land che detengono ancora oggi con il loro rappresentante Winfried Kretschmann. Tutti i leader politici si sono presentati nelle regioni colpite dalle inondazioni. La cancelliera ha interrotto il suo viaggio negli Stati uniti e ha promesso centinaia di milioni di euro. Aiuti che sono poi stati confermati dal Governo tedesco. Il presidente tedesco

Frank-Walter Steinmeier ha visitato la centrale dei pompieri di Erftstadt, vicino a Colonia. È stato accompagnato da Armin Lachet, presidente della Renania Settentrionale-Vestfalia e candidato alla successione di Angela Merkel per la Cdu-Csu. Anche il candidato socialdemocratico, il vicecancelliere Olaf Scholz e la candidata dei Verdi, Annalena Baerbock hanno interrotto le vacanze e hanno intrapreso il viaggio nelle regioni colpite. Tutti si sono mostrati impressionati dall’alto numero di vittime e dalla vastità dei danni, e tutti hanno promesso misure e politiche più incisive per combattere il surriscaldamento del clima a livello regionale, nazionale ed europeo. Prima della catastrofe i sondaggi davano la Cdu-Csu in testa con quasi

il 30% dei voti, e quindi Armin Lachet futuro cancelliere. I Verdi occupavano il secondo posto con poco più del 20%. Due mesi fa l’ordine era capovolto: i Verdi figuravano al primo posto e molti vedevano la loro candidata, Annalena Baerbock, probabile futura cancelliera. In poche settimane i Verdi hanno però perso molti consensi proprio a causa della loro candidata, che è incorsa in alcuni errori: ha presentato un curriculum vitae con parecchie imprecisioni, non ha dichiarato alcune entrate finanziarie ed è stata accusata di plagio nel suo ultimo libro. Le prossime settimane ci diranno in che misura la catastrofe vissuta alla frontiera occidentale del Paese inciderà sulla forza dei partiti politici e sulle scelte che gli elettori faranno il 26 settembre.


GODITI IL mOmeNTO ...

49.90 49 Botti

D

EI

D AN

T · QuALI

25 Botti

ANo ·

MA

14.90

RIgINALE B

ug

ào

N S W T Z E RL I

19.00

Vulcano in set da 3

29.90

Vulcano in set da 2

25.00 15 Pezzi

the LeADING fIreworkbrAND of swItzerLAND

54.50 28 Pezzi

OFFERTA VALIDA DAL 29.7 AL 31.7.2021

... CON FUOCHI ARTIFICIALI ORIGINALI DI BUGANO In vendita presso: Migros S. Antonino, Biasca e Agno Do it + Garden Serfontana

I fuochi d‘artificio Bugano sono in vendita alla tua Migros


Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino • 26 luglio 2021 • N. 30

23

Politica e economia

L’asso nella manica di Israele

Pegasus Il software capace di entrare negli smartphone affiora in molte terribili vicende, dal massacro degli studenti

messicani alla cattura della principessa Latifa. Sembra che Tel Aviv lo abbia usato per tessere relazioni diplomatiche

Daniele Raineri Sedici redazioni sparse in tutto il mondo hanno lavorato per mesi a questo scoop: un’azienda privata israeliana – la Nso – ha creato un software sofisticato che si chiama Pegasus ed è capace di entrare negli smartphone e di rubare tutti i dati che contengono: le chat, i messaggi, le foto, i video, le posizioni, gli appunti e tutto il resto. La Nso negli ultimi quattro anni ha venduto questo software ad almeno quaranta Governi in tutto il mondo perché in teoria è un’arma formidabile contro terroristi e criminali. E qui cominciano i problemi. Fra i clienti di Nso ci sono anche regimi e Governi che invece usano Pegasus in modo illegale contro dissidenti, giornalisti, attivisti per i diritti umani e politici rivali. Lo scoop si basa su una lista di cinquantamila numeri di telefono che, secondo l’accusa, sono i bersagli selezionati per la sorveglianza dai clienti di Nso. I ricercatori lavorano alla lista da molto tempo e sono riusciti a capire a chi appartengono un po’ di numeri: ci sono una decina di capi o ex capi di Stato e di Governo, oltre un ottantantina di attivisti per i diritti umani, poco meno di duecento giornalisti, decine di leader di aziende importanti e altri. La base di partenza della faccenda è chiara: i clienti di Pegasus hanno capito che possono entrare nei telefoni di chi vogliono e abusano di questo potere. Ma il software è davvero così micidiale? Più la ricerca va avanti e più si capisce perché un esperto anonimo sul «Financial Times» l’ha definito «il giocattolo che tutti vogliono». Pegasus sfrutta alcune lacune nei sistemi di sicurezza che gli permettono di installarsi in un telefono anche senza che il suo proprietario faccia nulla. Sono le cosiddette vulnerabilità «zero clic», perché non c’è nemmeno bisogno di cliccare su un messaggio o su un link per essere contagiati. Nel maggio del 2019 alcuni ricercatori avevano scoperto che Pega-

sus riusciva a impadronirsi di un telefono con una semplice telefonata (anche se il ricevente non rispondeva) da un numero sconosciuto via Whatsapp (chi si ricorda se nell’ultimo anno ha ricevuto una chiamata da un numero non conosciuto?). Quella falla era stata sistemata, ma è chiaro che i programmatori di Pegasus aggiornano di continuo il loro prodotto e trovano altri passaggi. Il loro spyware funziona contro il sistema operativo Ios degli Iphone – incluso il 14,7 che è il più recente – e contro il sistema rivale Android. Chi manovra Pegasus di fatto controlla il telefono come se l’avesse in mano. Può accendere la camera con discrezione e sentire e vedere cosa succede. Può leggere le chat di Whatsapp, Facebook, Telegram, Signal e altre applicazioni. Non conta nulla che in teoria siano messaggi criptati, perché appunto Pegasus non intercetta i messaggi mentre viaggiano ma vede quello che succede sul telefonino. È inutile avere una password se qualcuno registra lo schermo del tuo telefono. Com’è facile intuire, una volta acquistato questo superpotere – per svariate decine di milioni di dollari – Governi e regimi hanno cominciato ad abusarne. Nel 2018 la principessa Latifa, figlia dell’emiro di Dubai, ha provato a fuggire dalla vita soffocante a cui la costringeva il padre. Si è sbarazzata del telefono come ovvia misura di sicurezza, ha raggiunto un porto dentro il vano bagagli di una macchina e si è imbarcata di nascosto grazie a una rete di complici su una nave che doveva portarla verso la libertà. Pochi giorni dopo però i commandos degli Emirati hanno abbordato la nave, hanno catturato la principessa e contro la sua volontà l’hanno riportata indietro, dove adesso non appare più in pubblico. I ricercatori hanno notato che i numeri di telefono dei suoi amici sono apparsi sulla lista dei bersagli da sorvegliare subito dopo la sua fuga e quindi è inevitabile chiedersi, come fa il «Washington

Pegasus è stato ideato dall’azienda israeliana Nso. (AFP)

Post»: Latifa è stata localizzata grazie a Pegasus? E questo è soltanto un caso. Pegasus affiora con regolarità in molte storie orrende di questi anni, come se adesso, ripercorrendole, capissimo cosa potrebbe essere successo. Il software appare nella vicenda del rapimento e massacro di una quarantina di studenti in Messico nel 2014, una storia che imbarazza il Governo (i giornalisti che indagavano sul caso sarebbero stati spiati). Appare nell’omicidio di Jamal Kashoggi, che nell’ottobre 2018 venne attirato con l’inganno nel consolato saudita di Istanbul e trucidato. Si capisce perché sedici redazioni hanno preso in carico la faccenda: è una storia con mille ramificazioni. Adesso per Israele resta il problema diplomatico generato dallo scandalo. Un mese fa il «New York Times» spiegava in un titolo che oggi le potenze non negoziano più sul nucleare, ma sugli attacchi informatici, perché sono la

vera guerra fredda del nostro tempo: dal punto di vista formale non violano la pace ma lasciano sul terreno molte vittime. La storia di Pegasus è una dimostrazione di questa realtà. Sembra che in questi anni il Governo israeliano abbia trattato il software, il giocattolo che tutti volevano, come una carta diplomatica per tessere relazioni anche con Governi che in pubblico non hanno relazioni con Israele. Vedi Emirati arabi uniti, che l’anno scorso hanno firmato con Israele un trattato di normalizzazione, e Arabia Saudita, che ancora non l’ha fatto ma si sa che negozia sottobanco. E nella lista dei bersagli selezionati per la sorveglianza non sono stati trovati – per ora – persone negli Stati uniti, come se fosse stato deciso di evitare di innervosire il Governo americano, che di Israele è un alleato strategico. L’impressione è che lo scoop di domenica 18 luglio sia stato soltanto il capitolo iniziale di una storia con molti strascichi che ancora

non si afferrano. La lista al centro dello scoop ha due caratteristiche molto interessanti. La prima è che contiene i metadati dei cambiamenti: in pratica vuol dire che quando qualcuno la aggiornava e inseriva nuovi numeri, la lista registrava il giorno e l’ora e quindi adesso possiamo vedere che certi bersagli sono stati aggiunti proprio quando erano interessanti (come gli amici della principessa Latifa al momento della sua fuga). E questo conferisce alla lista un elemento di credibilità. La seconda caratteristica è che nessuno sa chi ha davvero compilato la lista. Nso dice che è falsa. I media che hanno fatto lo scoop sostengono che sia un leak, quindi doveva rimanere segreta ma un qualcuno non meglio specificato l’ha passata loro. Per ora (dato di giovedì di settimana scorsa) i ricercatori sono riusciti a esaminare soltanto 64 telefoni delle «vittime» su cinquantamila. E hanno trovato tracce di Pegasus su 37.

Verso un arcipelago di Chiese cattoliche?

Roma L’istituzione millenaria versa in una grave crisi. Negli ultimi anni l’autorità papale si è fortemente indebolita,

è cresciuta l’autonomia delle conferenze episcopali e si è verificata una decisa espansione delle «sette evangelicali» Lucio Caracciolo Cattolico vuol dire universale. La Chiesa cattolica lo è davvero? Mai come oggi è lecito dubitarlo. La traiettoria della Santa Romana Chiesa sembra sempre più lontana dall’afflato ecumenico inscritto nella sua ragion d’essere. E sempre più segnata da fratture intestine che ne disegnano una geografia estremamente frastagliata. Perché al fondo, nel suo ambito spirituale, anche la Chiesa è un’istituzione di potere radicata nel tempo e nello spazio. Soggetto geopolitico imperiale per nascita e vocazione. Oggi in evidente crisi. E come in quasi tutti gli imperi, religiosi

inclusi, la crisi si misura e si espande dal centro. Dalla carenza di governo e di impulso alla coesione che dovrebbe essere alla base dell’impegno e della missione pontificale. La parabola del papato di Francesco è ormai sufficientemente lunga per consentirne una prima valutazione. Qui abbozzata sotto il profilo squisitamente geopolitico. Non ci addentriamo nelle diatribe teologiche, tantomeno negli scandali finanziari, sessuali, di costume. Insomma, prescindiamo dai fenomeni esteriori e transeunti tipici di ogni organizzazione umana, per quanto ispirata possa ritenersi. Notiamo subito tre fenomeni pa-

Francesco ha fatto della contestazione del carattere costantiniano della Chiesa il suo principio geopolitico di base. (Shutterstock)

ralleli e insieme connessi. Primo: il secco indebolimento dell’autorità papale, ultimo monarca assoluto della storia occidentale, come tale anche capo di Stato. Secondo e conseguente, o comunque correlato: la tendenza delle conferenze episcopali a costituirsi di fatto in Chiese nazionali più o meno autonome da Roma. Terzo: la difficoltà a contrastare l’espansione concorrente delle «sette evangelicali» (definizione tipicamente cattolica delle Chiese d’ispirazione neopentecostale, di matrice originaria americana ma ormai presenti dappertutto, Europa e Svizzera comprese). Quanto al primo punto. Francesco ha fatto della contestazione del carattere costantiniano della Chiesa il suo principio geopolitico di base. Per costantinismo, in riferimento all’omonimo imperatore romano lodato in particolare da Paolo VI e che Benedetto XVI venera come «Costantino il Grande», s’intende la dimensione temporale del potere papale. Il senso del parallelo fra impero romano e impero papale fu ben colto dal teologo domenicano Yves Congar, che l’11 ottobre 1962, giorno d’apertura del Concilio Vaticano II, annotava sul diario: «Avverto tutto il peso, mai denunciato, del tempo in cui la Chiesa aveva stretti legami col feudalesimo, deteneva il potere temporale, e

papi e vescovi erano signori che tenevano corte, proteggevano gli artisti, pretendevano uno sfarzo simile a quello dei Cesari. Tutto questo la Chiesa di Roma non l’ha mai ripudiato». Fino a Francesco, che in nome della «Chiesa in uscita», missionaria, ha voluto tagliare i ponti con un passato che non vuole passare. A meno di non virare il cattolicesimo in peculiare protestantesimo. Accusa che al papa viene mossa da buona parte del clero, non solo quello di curia. Con ciò starebbe indebolendo la sua autorità e l’efficacia del suo governo delle strutture ecclesiastiche, che pure gli perterrebbe. Punto due. Francesco guarda il mondo dalla periferia. È profondamente argentino, culturalmente e politicamente segnato dall’esperienza del peronismo. Del suo ruolo come vescovo di Roma scarsa è la traccia, quasi la sua diocesi primaria non l’interessasse. Ciò ha contribuito ad accelerare la tendenza di alcuni vescovi a muoversi per proprio conto. Fino a teorizzare la tesi del «Vaticano mobile», di una Chiesa policentrica. Che cosa unisce oggi, d’altronde, un cattolico polacco e uno sudamericano, un africano a un italiano? Davvero poco. Tanto poco da mettere in questione l’universalità della Chiesa e la legittimità del suo centro romano. Infine la sfida dei cristianesimi del-

l’«emozione», come in Vaticano si suole classificare criticamente le confessioni di derivazione più o meno protestante che fioriscono oggi specialmente nel Sud del mondo. Insieme alla penetrazione musulmana, questa religiosità di nuovo stampo sfida e tende a sconfiggere il cattolicesimo persino nei suoi tradizionali bastioni del Terzo mondo, compresi quelli latinoamericani specialmente cari a papa Bergoglio. Con oltre mezzo miliardo di fedeli tali gruppi neopentecostali sono la seconda galassia cristiana dopo i cattolici (1 miliardo e 300 milioni circa, ossia il 18% della popolazione planetaria) davanti ai protestanti stabiliti (340 milioni) e agli ortodossi (200 milioni). Giusto allora porsi la questione radicale: sopravvivrà la Chiesa cattolica alla fine di questo secolo? O ne avremo più d’una, un arcipelago di Chiese «cattoliche» formalizzate come tali? E che cosa potrebbe comportare una sequela di scismi capaci di dividere il mondo cattolico? Ancora, che cosa resterà della radice occidentale del cattolicesimo romano? In che misura e in chi modo la tendenza disgregatrice influirà sugli assetti geopolitici mondiali? Tutte domande che certamente affaticheranno i successori di Francesco per molto tempo a venire. E che il papa attuale sembra voler aggirare.


Colazione to go

20x Novità PUNTI

Biscotti Blévita Start up cioccolato, müesli o sandwich cioccolato-latte, per es. al cioccolato, 170 g, 3.80

Da tutte le offerte sono esclusi gli articoli già ridotti. Offerte valide solo dal 20.7 al 2.8.2021, fino a esaurimento dello stock

3 0% di zucc he ro rispe t t o a prodo in me no t t i simili


Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino • 26 luglio 2021 • N. 30

25

Politica e economia

Quei pirati dei mari digitali

Prospettive Sono sempre più frequenti gli attacchi di «ransomware» che destabilizzano l’Occidente. Intanto

si delineano due blocchi segnati dalla logica della guerra fredda: la Nato ricompattata contro l’alleanza russo-cinese e i genovesi del tardo Medioevo e primo Rinascimento avevano una lunghezza d’anticipo su Nazioni più grandi, per l’abilità nella navigazione. Portoghesi, spagnoli, olandesi, avevano lo stesso vantaggio tecnologico quando il centro degli scambi mondiali cominciò a spostarsi dal Mediterraneo all’Oceano Atlantico. Un aspetto cruciale per le talassocrazie sono i rapporti con la pirateria. I mari, proprio perché sono vie di comunicazione efficienti, attirano appetiti di ogni sorta. Così come gli Stati con flotte potenti usano la loro forza per prelevare tasse e dazi, allo stesso modo ci sono soggetti «privati» che hanno sempre cercato di fare lo stesso. A volte gli imperi marittimi hanno affermato la propria autorità dando la caccia ai pirati; altre volte li hanno usati per colpire i propri nemici. Lo spazio digitale ha molti aspetti in comune con quello marittimo. Garantire la sicurezza di Internet, oggi è un compito strategico, importante quanto lo è stato assicurare la sicurezza delle rotte navali. I pirati che assaltano i cargo in mare e quelli che bloccano online l’attività di grandi aziende, hanno obiettivi simili, lo stesso effetto destabilizzante. La credibilità della potenza egemone vacilla, se non è più capace di far rispettare la legge e l’ordine. Fermare gli hacker russi o cinesi sarà una delle sfide cruciali su cui verrà giudicato nel lungo termine Joe Biden.

Federico Rampini La storia umana dall’Antica Grecia fino ai nostri giorni è costellata di «talassocrazie» (imperi marittimi) che dovettero affermare la propria autorità disciplinando i pirati; mentre le potenze-outsider, nella posizione degli sfidanti, usavano la pirateria per destabilizzare lo status quo, l’ordine precedente. Oggi la logica delle talassocrazie si applica nel nuovo oceano che è lo spazio digitale.

Potenti organizzazioni di hacker paralizzano i siti di grandi aziende ed esigono il pagamento di un riscatto Nato contro ex-blocco comunista, le nuove offensive digitali riesumano divisioni antiche. La posta in gioco è il controllo dello spazio digitale. Dopo i ripetuti attacchi di «ransomware» o estorsione digitale, tornano in primo piano le azioni di hackeraggio, questa volta ai danni di un big americano come Microsoft. Tra gli sviluppi più importanti degli ultimi tempi si distingue la formazione di due blocchi sempre più segnati dalla logica della guerra fredda: la Nato che si ricompatta da una parte, l’alleanza Cina-Russia dall’altra. Sul fronte occidentale, la vera novità è la presa di posizione dell’Alleanza atlantica. Prima c’era stata l’ennesima violazione di siti occidentali da parte di hacker cinesi, stavolta avvenuta ai danni di Microsoft Exchange, il server di email. Le vittime dell’aggressione e del furto di informazioni sarebbero decine di migliaia. Gli attacchi sono cominciati a marzo, ma è solo di recente che la Casa Bianca ha ritenuto di avere abbastanza informazioni sui colpevoli per una denuncia aperta contro la Cina. In un dossier separato e distinto, il Dipartimento di giustizia americano ha nominato quattro hacker cinesi colpevoli di attacchi contro vari siti americani e occidentali legati alla difesa nazionale e ad altre attività governative, emettendo ai loro danni un mandato di cattura. Tra le loro vittime figurano oltre dieci Nazioni occidentali. La vera novità è nella capacità di Biden di mobilitare tutti gli alleati atlantici, con una presa di posizione compatta della Nato contro la Cina. Il linguaggio usato dalla Nato è durissimo, descrive le azioni della Cina come un pericolo grave. È la prima volta che questo accade. È coerente con l’allargamento dello spazio di competenza e di intervento della Nato deciso un mese fa in occasione della visita di Biden a Bruxelles. La Nato dunque punta il dito contro i cyber-attacchi cinesi, li tratta come delle operazioni ostili che minacciano la sicurezza degli Stati membri e preannuncia ritorsioni. Xi Jinping forse non si aspettava una simile prova di coesione da parte di Stati uniti e Unione europea. I cyber-attacchi degli hacker cinesi fanno salire la tensione, concorrono a riesumare una logica dei blocchi contrapposti e della nuova guerra fredda, che a lungo termine non è favorevole ai disegni di Xi Jinping. Quest’ultimo, dopo la visita di Biden in Europa, aveva mobilitato la sua diplomazia per fare pressione sui Governi europei e dissuaderli dallo schierarsi con l’America. Sul versante opposto, c’è l’accordo tra Mosca e Pechino per un’azione comune diretta a controllare le regole mondiali di Internet. I Governi russo e cinese intendono agire di concerto per

Nel maggio scorso le stazioni di servizio di Atlanta, in Georgia, sono rimaste senza benzina dopo un attacco hacker alla società di distribuzione Colonial Pipeline. (Shutterstock)

imporre i nuovi standard tecnici e le nuove norme all’interno di organismi regolatori multilaterali come la International telecommunications union (Itu). Anche questa è una prima volta, la nascita dell’asse Mosca-Pechino su questo terreno è una novità tanto più rilevante in quanto si tratta di due governi che in casa loro applicano varie forme di controllo e di censura su Internet. Gli ultimi mesi sono stati turbati da episodi sempre più frequenti di estorsione digitale. È la nuova forma di criminalità informatica: potenti organizzazioni di hacker paralizzano i siti di grandi aziende, infliggono grosse perdite, esigono il pagamento di un riscatto. Può sembrare un fenomeno distante dai cittadini, ma il conto lo paghiamo noi: prima per i disservizi quando aziende importanti si fermano, poi perché il riscatto viene recuperato alzando i prezzi per gli utenti. C’è una logica precisa e la storia ce lo insegna. I pirati sono stati spesso usati per attaccare lo status quo e delegittimare la potenza dominante. Atene imitò il modello di Creta e dei Fenici nel costruire una «talassocrazia», un impero fondato sul dominio dei mari. Poi altri copiarono Atene. Città-Stato o piccole Nazioni sono state capaci di esercitare un’influenza sproporzionata rispetto alle loro dimensioni perché controllavano le rotte navali. Tra gli esempi più famosi di città-Stato proiettate sulle acque come delle potenze imperiali ci furono le Repubbliche marinare della penisola italiana come Venezia, Genova, Pisa, Amalfi. Vasti Continenti vennero colonizzati da piccoli popoli di navigatori: Spagna, Portogallo, Olanda. La Gran Bretagna costruì un impero sul quale «non tramontava mai il sole» partendo da un isolotto nel Mare del nord. Gli Stati uniti hanno sostituito l’impero britannico ereditandone la stessa proiezione globale, con una serie di flotte militari capaci di pattugliare oceani lontanissimi dalle loro frontiere. Per chi padroneggia meglio le tecniche di navigazione, i mari sono le vie di comunicazione più efficienti e meno costose per trasportare merci e persone. Sono un formidabile moltiplicatore di ricchezza attraverso gli scambi. Controllare i mari significa avere un accesso migliore a questa fonte di prosperità, prelevare dagli uni e dagli altri pagamenti sotto forma di noli, tariffe

navali, tasse, dazi, profitti mascherati in tanti modi. Poi c’è la guerra. Poter trasportare truppe sulle navi, aggirando gli ostacoli naturali del territorio; poter bombardare una città dal mare;

questi sono vantaggi di chi possiede una tecnologia marittima più avanzata cioè navi più sicure, veloci, potenti. Questo spiega i miracoli compiuti da piccoli paesi o singole città. I veneziani

Annuncio pubblicitario

Carotties Stick da sgranocchiare – Per tutti i roditori

con vitamine minerali esse nziae li se nza ag giunta , di zucche ro

20x PUNKTE

Neu 2.50

Offerte valide dall’26.7. all’9.8.2021, fino a esaurimento dello stock. Da tutte le offerte sono esclusi gli articoli già ridotti.

Carotties Stick da sgranocchiare 50g


Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino • 26 luglio 2021 • N. 30

26

Politica e economia

Cina e Pakistan si fanno avanti

L’analisi I due Paesi non nascondono i loro interessi in Afghanistan mentre stringono accordi con i talebani

e altri gruppi di jihadisti. Nel frattempo combattimenti e attentati dilaniano un’area abbandonata al suo destino

Francesca Marino «I cinesi sono i benvenuti. Se hanno fatto degli investimenti nel Paese assicureremo certamente la loro sicurezza. È molto importante per noi che stiano al sicuro... Siamo stati in Cina molte volte e abbiamo un’ottima relazione con il Governo cinese». Così parlò Suhail Shaheen, portavoce dei talebani, rilasciando un’intervista al «South China Morning Post». Aggiungendo che i talebani: «Non hanno intenzione di permettere ad alcun gruppo, incluso il Movimento islamico del Turkistan orientale (che combatte per la liberazione degli uiguri, ndr.), di operare in Afghanistan». Le dichiarazioni di Shaheen facevano eco, curiosamente ma non troppo, alle dichiarazioni rilasciate un paio di giorni prima dal premier pakistano Imran Khan. Che ha pubblicamente dichiarato di credere ciecamente a Pechino riguardo al trattamento riservato agli uiguri. Secondo l’Imran-pensiero, le notizie di torture e lavaggio del cervello della minoranza musulmana cinese sono tutte falsità e calunnie messe in giro dall’Occidente e la Cina non soltanto ha creato un vero e proprio paradiso per i musulmani dissidenti ma può anche vantare un sistema di Governo molto più avanzato di qualunque democrazia: il partito unico. Quello stesso partito che ha praticamente colonizzato il Pakistan e i cui interessi convergono, per motivi diversi, con quelli di Islamabad in Afghanistan: i generali sognano da sempre la profondità strategica, Pechino ha in mente la Belt and road initiative, la Nuova via della seta. E per entrambi l’Afghanistan è di vitale importanza. Non è un segreto per nessuno che da anni la Cina parla direttamente con i talebani facendo accordi per un futuro ormai dietro l’angolo. Pechino è uno dei maggiori investitori stranieri in Afghanistan. Il Logar Aynak, il progetto di estrazione del rame, ad esempio, è finora il più grande investimento straniero nel Paese. Pechino investe in Afghanistan e cerca di controllare il Governo, qualunque Governo, per due ragioni principali: perché il Paese è geopoliticamente e strategicamente significativo come rotta di trasporto e per le potenziali fonti di energia, e perché teme che l’instabilità politica dell’Afghanistan possa rafforzare le attività separatiste musulmane uigure nello Xinjiang. A questo scopo i cinesi fanno da tempo accordi con i talebani ma, soprattutto, con Islamabad perché

Suhail Shaheen, portavoce dei talebani. (AFP)

i vari gruppi gestiti e creati dall’Isis, i gruppi di jihadi di cui sopra, non forniscano aiuto, addestramento o sostegno (nemmeno morale) ai fratelli uiguri. Non solo. È in corso in Pakistan, da un po’ di tempo, una profilazione etnica e un controllo capillare degli uiguri residenti nella patria creata da Jinnah per tutti i musulmani del mondo. E i funzionari di Pechino interrogano, assieme ai servizi segreti locali, i dissidenti di qualunque etnia prelevati dalla polizia e fatti scomparire. I cinesi stanno difatti collaborando attivamente alle investigazioni della polizia di Islamabad riguardo all’esplosione di un autobus carico di lavoratori cinesi nella regione di confine del Gilgit-Baltistan. Curiosamente, pochi giorni prima dell’esplosione, era circolato via social media un video che mostra una vecchia conoscenza dei servizi segreti, dell’esercito e della polizia pakistana: Habib ur Rehman, numero due dei «mujahidin del Gilgit Baltistan e Kohistan», uno di quei gruppi di «cattivi» talebani che, secondo la narrativa ufficiale, tanti problemi hanno causato al Pakistan. Rehman, evaso di prigione nel 2015, è da allora latitante. Ufficialmente. Perché il video lo mostra mentre, assieme a un nutrito gruppo di seguaci, blocca la Karakorum Highway per tenere

una «corte di giustizia» in cui si sono discusse anche «questioni di politica interna, di politica estera e questioni religiose». Habib ur Rehman dichiara anche candidamente di aver fatto un accordo con il Governo di Islamabad e con i servizi segreti. Dopo qualche giorno al direttore delle pubbliche relazioni dell’esercito, maggior generale Babar Iftikhar, riferendosi sia ai fatti del Gilgit-Baltistan che a un recente (fallito) presunto attentato ai danni di Mohammed Hafiz Saeed, «il terrorista più amato del Pakistan», ha dichiarato che «l’ondata di attentati che ha colpito il Pakistan è strettamente legata alla situazione in Afghanistan». E ha aggiunto: «Siccome abbiamo smantellato in Pakistan i campi terroristici, adesso la leadership di questi gruppi si trova in Afghanistan e opera con il sostegno dell’intelligence indiana». Davvero? Proviamo a mettere assieme un po’ di fatti. Mentre a Doha e in altre sedi si dicuteva di «pace», in Pakistan i talebani afghani (ospitati e facilitati dall’esercito di Islamabad) raccoglievano donazioni «volontarie» sia nel Kpk che in Belucistan, così come i terroristi della Jaish-i-Mohammed (sempre sponsorizzati dall’esercito). A quanto pare il famoso campo di Balakot, così come altri campi di

addestramento della JeM in Pakistan, aveva tra le altre cose il compito di fornire reclute ai talebani afghani. Così come di provvedere attentatori suicidi ben addestrati sia alla rete Haqqani che agli altri gruppi. I talebani raccoglievano fondi in maniera organizzata anche nelle province del Punjab e del Sindh. Pare inoltre che la Jaish-e-Mohammed abbia anche una base a Quetta che viene utilizzata per le sue operazioni afghane, svolte in gran parte a Ghazi via Chaman. In Afghanistan ha stabilito basi a Kandahar e nel nord della provincia di Helmand. E i quadri della JeM sono attualmente attivi nelle aree di Ghazni, Geelan, Helmand e Nangarhar dell’Afghanistan. In Kpk, sotto l’egida dell’Isis, è nato anche un nuovo gruppo, i Taliban-Khattak. Addestrato, secondo fonti locali, da membri della Jaish-e-Mohammed, dagli Haqqani e dagli stessi talebani, per esssere poi inviato in Afghanistan contro le truppe governative. La novità, se di novità si può parlare, è che questi gruppi sono destinati a quanto pare non solo a combattere le truppe regolari ma anche, in caso di necessità, a combattere altri gruppi jihadisti, a cominciare dai talebani «regolari», quelli che trattavano in Qatar, tanto per capirci. Quegli stessi che qualche

giorno fa hanno affidato al web l’ennesimo «messaggio di pace» in cui si dice in sostanza, mentre i combattimenti e gli attentati in Afghanistan diventano ogni giorno peggiori, che «l’Emirato islamico desidera fortemente una soluzione politica e adopererà ogni mezzo per ristabilire la sicurezza e la pace dentro a un sistema islamico». Nei villaggi e nelle cittadine sono già comparsi i soliti manifesti e proclami che dichiarano fuorilegge la musica, l’assenza di barba, proibiscono alle donne di uscire da sole e a volto scoperto, e tutto il lugubre bagaglio del «sistema islamico». Nelle città, chi può fugge all’estero per paura di ritorsioni. Donne, giornalisti, attivisti e oppositori vengono ammazzati quasi ogni giorno. E il cerchio si chiude così com’era iniziato, la fine è uguale al principio: il Pakistan, con gli americani che mendicano una base militare e i cinesi che fanno piovere denaro nelle tasche di generali e politici, si conferma sempre più «il Paese più pericoloso del mondo», pedina chiave di uno scacchiere basato sull’unica arma davvero efficace che Islamabad ha a disposizione: i terroristi. Gestire l’internazionale del terrore ha assicurato dividendi negli ultimi venti anni e continuerà a farlo in futuro. Il resto sono soltanto parole. Annuncio pubblicitario

Enoteca Vinarte, Centro Migros S. Antonino

Enoteca Vinarte, Centro Migros Agno

Enoteca Vinarte, Migros Locarno

Ora ti propone anche le migliori offerte di vini Epicuro Oro Merlot/Primitivo Puglia IGP 2020, Puglia, Italia, 6 x 75 cl

Rating della clientela:

Settesoli Selezione del Presidente Syrah/Merlot Terre Siciliane IGT 2020, Sicilia, Italia, 6 x 75 cl

Rating della clientela:

Le Confidentiel Rosé Costière de Nîmes AOP

2020, Linguadoca-Rossiglione, Francia, 6 x 75 cl

Votate ora!

Monte Zovo Sa’Solin Sauvignon Blanc bio Verona IGT 2020, Veneto, Italia, 75 cl

90 PUNTI GILBERT & GAILLARD

Bio

40%

34.20 invece di 57.–

5.70 a bottiglia invece di 9.50

*Confronto con la concorrenza

50%

23.85 invece di 47.70

4.– a bottiglia invece di 7.95

30%

24.95 invece di 35.70

4.20 a bottiglia invece di 5.95

50%

7.95 invece di 15.90

47.70 a cartone da 6 invece di 95.40

Offerte valide dal 27 luglio al 2 agosto 2021 / fino a esaurimento / i prezzi promozionali delle singole bottiglie sono validi solo nella rispettiva settimana promozionale / decliniamo ogni responsabilità per modifiche di annata, errori di stampa e di composizione / iscrivetevi ora: denner.ch/shopvini/newsletter


Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino • 26 luglio 2021 • N. 30

27

Politica e economia

Le banche centrali diventano prudenti Politica monetaria Se la crescita dei prezzi al consumo non sarà limitata nel tempo, si dovrà cercare di contenere

il tasso di inflazione, nonostante l’enorme massa monetaria presente nel mercato

Ignazio Bonoli Il Ministero americano del lavoro ha annunciato a metà luglio un aumento del 5,4% dei prezzi al consumo, rispetto al giugno dell’anno precedente. Si tratta del valore mensile più alto dal 2008 ed è superiore a quanto la banca centrale americana (FED) aveva previsto. Benché da più parti ci si attendesse un rilancio dell’inflazione, nessuno pensava, o temeva, di colpo un tasso così alto. Di conseguenza, anche i mercati finanziari mondiali sono stati parecchio nervosi nelle ultime settimane. In pratica, tutte le maggiori banche centrali si attendevano un rilancio dell’inflazione, però non in termini così alti, ma prevedendo che in ogni caso non sarebbe durata a lungo. Tuttavia anche la Gran Bretagna ha annunciato un aumento dei prezzi al consumo del 2,5%, superiore alle aspettative, e anche altri paesi stanno constatando un aumento dei prezzi al consumo. Le banche centrali non sembrano, però, preoccupate più di quel tanto, perché i due paesi interessati si attendono una rapida ripresa dell’economia, in particolare anche grazie all’esito positivo di una vasta campagna di vaccinazioni contro il Covid 19. D’altro canto si sa che una ripresa dell’economia comporta sempre alcune conseguenze, tra cui un rapido aumento dei prezzi, in questo caso anche rimasti a lungo compressi a causa del virus.

Jerome Powell, presidente della Federal reserve bank, è convinto che l’alto tasso d’inflazione è passeggero. (Keystone)

Intanto però l’aumento della domanda si scontra con un’offerta ridotta e che fatica a seguire l’evolversi del mercato. In sostanza, quello che la teoria economica considerava inevitabile, e cioè un’inflazione dovuta a un eccesso di domanda e a una carenza di offerta si sta realizzando. Le premesse per questa evoluzione erano comunque state create con l’enorme emissione di denaro sui mercati da parte delle maggiori banche centrali. Stranamente però finora non si era verificata una pressione sui prez-

zi al consumo. Va detto che proprio la crisi sanitaria ha provocato anche un rallentamento della domanda e un periodo più lungo del solito di bassi tassi di interesse. Secondo il presidente della FED, questa impennata dei prezzi dovrebbe avere un effetto limitato nel tempo e legato per il momento alla ripresa dell’economia. L’obiettivo della banca centrale resta comunque quello di un tasso di inflazione, a media scadenza, del 2%. Non si giustificherebbe quindi un even-

tuale intervento di freno con una politica monetaria restrittiva. Obiettivo condiviso anche dalla Banca centrale europea e da altre. Continua quindi l’immissione di liquidità nel mercato mediante l’acquisto di obbligazioni. Da parte della FED per 120 miliardi di dollari al mese, da parte della BCE con la prosecuzione del «Quantitative Easing» iniziato da Draghi. Per la Svizzera, il problema si pone in termini diversi. Infatti, il tasso di inflazione, benché in leggero aumento, si

situa ancora sotto l’1% e non richiede interventi particolari. Anche la nostra economia soffre però di un fenomeno che si spera temporaneo: quello di un’offerta carente rispetto alla domanda. Lo constatano molte aziende che non ricevono più le materie prime o i semilavorati necessari per la loro attività. È proprio qui che si situa, nei paesi industrializzati, un forte potenziale inflazionistico, poiché i prezzi alla produzione si ribalteranno presto sui prezzi al consumo. Di fronte ai più recenti dati americani e inglesi, le previsioni formulate a metà anno potrebbero peccare di ottimismo: 1,9% in media annua per l’UE, il 2,7% per l’intera OCSE, lo 0,4% per la Svizzera. Nessuno però è al riparo dai due pericoli che si prospettano: la rinascita di un tasso di inflazione di un certo rilievo e il forte indebitamento di Stati e banche centrali. I due fenomeni hanno sicuri collegamenti. Infatti, un alto tasso di inflazione ridurrebbe le conseguenze di un forte indebitamento, ma lo stesso indebitamento può essere fonte di inflazione. Contro un eventuale surriscaldamento delle economie di vari Stati si ergono già alcuni esperti, tra cui il professor Summer dell’Università di Harvard, che chiede un cambiamento di politica che ponga in primo piano la lotta contro l’inflazione. Si smentirebbe così la teoria largamente diffusa, secondo cui la ripresa dell’economia necessita di un certo tasso di inflazione. Annuncio pubblicitario

MEGAVANTAGGIOSO. Il tuo abbonamento MEGA ora per due anni a soli 19.50 invece di 39.– al mese.* Chiamate illimitate, incl. verso i paesi limitrofi | SMS/MMS illimitati | 5 GB di dati in Svizzera

*19.50 invece di 39.– al mese per due anni alla nuova stipulazione di un abbonamento M-Budget Mobile MEGA dal 13.7 al 16.8.2021. Dopo due anni il prezzo mensile dell’abbonamento torna a essere di 39.–. Le chiamate/gli SMS illimitati valgono per la Svizzera; sono inoltre incluse le chiamate/gli SMS dalla Svizzera verso i Paesi UE limitrofi e verso Portogallo e Spagna. I numeri business, brevi e speciali sono a pagamento. L’abbonamento MEGA vale per il normale uso personale. Il volume dati mensile è valido in Svizzera. Escl. 40.– di tassa d’attivazione. Nessuna durata minima contrattuale.

50% DI RIDUZIONE

Disponibile da: m-budget-mobile.ch

MOBILE


Alito fresco anche sotto la mascherina

Cont ro l’alit o cat tiv o e pe r 12 ore di alit o fr e sco

20x PUNTI

Novità

5.50

meridol® PROTEZIONE GENGIVE & ALITO FRESCO dentifricio 75 ml

Offerte valide dall’27.7 all’9.8, fino a esaurimento dello stock. Da tutte le offerte sono esclusi gli articoli già ridotti.

Ora in azione 27.7 – 9.8.2021

conf. da 2

25% Su prodotti Listerine selezionati p.es. Listerine Total Care Protezione di gengive, 2 x 500ml, 8.80 invence di 11.80 Fino a esaurimento dello stock. Da tutte le offerte sono esclusi gli articoli già ridotti.


Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino • 26 luglio 2021 • N. 30

29

Politica e economia Rubriche

Il Mercato e la Piazza di Angelo Rossi Il genetliaco della Convenzione delle Alpi Quest’anno ricorre il trentesimo anniversario della firma della Convenzione delle Alpi. L’ accordo è stato sottoscritto da tutti i Paesi dell’arco alpino, ossia la Germania, la Francia, l’Italia, il Liechtenstein, il Principato di Monaco, l’Austria, la Slovenia e la Svizzera. L’Ufficio federale dello sviluppo territoriale lo definisce come il primo trattato al mondo che protegga un’area montana a livello internazionale. L’area protetta è un territorio che comprende 43 regioni e 5800 Comuni con una popolazione complessiva di 13 milioni di persone. Il territorio delle Alpi viene considerato dalla Convenzione come un’unità sovranazionale, con caratteristiche geografiche molto simili e quindi anche problemi comuni da affrontare in diversi settori. I Ticinesi ricorderanno la Convenzione delle Alpi per il grande impegno dei rappresentanti svizzeri della stessa nella consultazione popolare sulla cosiddetta «Iniziativa delle

Alpi», approvata dall’elettorato svizzero nel febbraio del 1994, che si proponeva di proteggere la regione alpina dal traffico di transito. Chi viaggiava in treno sulla dorsale del S. Gottardo, nei mesi precedenti questa votazione, non poteva non notare il grande cartello che la Convenzione delle Alpi aveva appeso sulla parete rocciosa, tra Pollegio e Bodio, se ben ricordo, in appoggio all’iniziativa. È poi possibile che qualcuno si sovvenga delle discussioni attorno alla possibilità che la Convenzione delle Alpi ponesse la sede del suo segretariato permanente a Lugano, prima che i paesi aderenti si decidessero di fissarla invece a Innsbruck. Dopo questa decisione, della Convenzione delle Alpi non si è più sentito parlar molto in Ticino. Ma gli organi della stessa non sono certamente rimasti con le mani in mano. L’obiettivo generale della Convenzione è lo sviluppo sostenibile nello spazio alpino, un territorio dai delicati equili-

bri ecologici. Al centro dell’attenzione stanno problemi importanti per tutta la regione alpina come il cambiamento climatico, la produzione di energia, il traffico di transito e la protezione del paesaggio. L’attività della Convenzione viene regolarmente definita in un programma di lavoro pluriennale. Lo stesso stabilisce i temi principali sui quali essa dovrà concentrarsi. L’analisi dei singoli temi come pure la ricerca dei provvedimenti da prendere vengono svolte in gruppi di lavoro ad hoc. Le misure concrete per l’attuazione degli obiettivi nei diversi settori sono poi elencate nei Protocolli di attuazione. Ricordiamo che l’accordo quadro che istituisce la Convenzione delle Alpi è stato ratificato da tutti i Paesi dell’arco alpino tra il 1994 e il 1999. I suoi Protocolli di attuazione sono poi entrati in vigore a partire dal 2002. Non tutti i Protocolli della Convenzione sono stati approvati da tutti i paesi membri. La

Svizzera, per esempio, ha approvato la Convenzione ma non ha mai firmato un Protocollo di attuazione. Nel dicembre dello scorso anno si è tenuta a Nizza la sedicesima Conferenza delle Alpi, che è il consesso nel quale si riuniscono tutte le delegazioni dei Paesi membri. In quest’occasione la Svizzera ha assunto, per un periodo di due anni, la presidenza di quest’istituzione, proponendo un programma di attività assai originale. I temi prioritari della presidenza svizzera saranno la protezione del clima nello spazio alpino e la politica di trasferimento del traffico di transito dalla strada alla ferrovia. Altri temi scelti dalla presidenza svizzera sono il cicloturismo, le ristrutturazioni e le costruzioni sostenibili, e le città alpine. Dato che la Svizzera non approva i Protocolli di attuazione della Convenzione delle Alpi è difficile, dall’esterno, farsi un’idea di quanto possa essere utile questa istituzione al nostro

Paese. È indubbio che la Convenzione sia riuscita a far collaborare a livello internazionale le persone e le istituzioni che si occupano di ricerca in ambiente alpino. È anche abbastanza certo che i suoi gruppi di lavoro possono svolgere un compito utilissimo nella fase di avvio delle discussioni attorno a nuove misure, programmi o pianificazioni che riguardano uno o l’altro dei temi rilevanti per il territorio dell’arco alpino. Qualche successo la Convenzione l’ha ottenuto anche nell’opporsi a questo o quel progetto concreto di nuova infrastruttura per il traffico di transito o per il turismo invernale che si voleva promuovere in questa o quella regione alpina. Meno importante ci sembra invece sia stata, sin qui, l’influenza che la Convenzione delle Alpi ha potuto avere sull’azione dei parlamenti e dei governi o su quella di altre organizzazioni internazionali che si occupano dei temi che più la preoccupano.

Consiglio costituzionale denunciando «un abuso di potere senza precedenti» e «un colpo di Stato sanitario». L’altro gruppo è guidato da Florian Philippot, che è stato il numero due di Marine Le Pen alle scorse presidenziali ma che poi ha lasciato il partito quando è passato dal chiamarsi Front national a Rassemblement national, per protesta con la svolta cosiddetta moderata. Gli slogan dalle parti di Philippot sono gli stessi di quelli di Dupont Aignan, con molte bandiere francesi in più e qualche inquietante stella gialla con scritto «pass sanitaire». Il popolo anti-Macron si è ricompattato e unisce il radicalismo no global al fascismo. A vederlo così politicamente esteso questo fronte appare molto preoccupante, come lo è stato per tutta la presidenza Macron che di fatto, pandemia a parte, ha sempre avuto le piazze piene e infatti ha dovuto rimandare alcuni progetti di riforma. In realtà però questo fronte nasconde anche insidie per se stesso: ci sono elettorati che

non comunicano tra di loro (uno della sinistra radicale che non voterebbe mai per i fascisti) e stanno emergendo molte figure soprattutto a destra, dai moderati (che non hanno ancora scelto il loro leader) agli estremisti. Questo naturalmente rafforza Macron. Il quale punta sul fatto che la cosiddetta dittatura sanitaria dia una spinta sostanziale al ritmo della campagna vaccinale, che l’incentivo abbia il suo effetto e che così l’autunno e l’inverno non comportino nuovi lockdown (il terrore di tutti i leader mondiali). Se così fosse, la normalità ritrovata batterebbe il dubbio di un colpo di Stato sanitario, pur nel Paese più «novax» dell’Europa occidentale. Il presidente francese che con la «rentrée» avvia in modo più formale la campagna per la propria rielezione nella primavera prossima, pensa che pragmatismo e una destra sovranista frammentata siano occasioni da non perdere, e ha richiamato a sé i consiglieri del 2017, i «Macron boys» che hanno costruito la sua vittoria. Li chiamano «mormoni».

camere, soluzioni per videoconferenze o da scrivania). L’estro creativo di Hayek raggiunge invece l’apogeo quando le banche elvetiche decidono, per disfarsene, di affidargli un settore orologiero in declino e pieno di debiti. Indomito visionario («Devi continuare a credere a Babbo Natale, ma soprattutto devi avere il coraggio di portare avanti le tue idee, anche quelle un po’ folli»), diventa salvatore dell’orologeria elvetica partendo da un singolo nuovo prodotto: con metodi innovativi crea e commercializza un orologio al quarzo in plastica, dal design insolito, ultraleggero, a buon mercato e con bassi costi di produzione. Paradossalmente, la stessa arma che i banchieri dichiaravano che avrebbe messo in ginocchio l’intera industria orologiera svizzera viene impiegata per ridare vita e slancio in pochi anni a tutto il comparto, persino ai blasonati marchi del lusso. Idealmente a braccetto, Daniel Borel e Nicolas Hayek salutano il secondo millennio alla guida di due veri e propri

imperi che però non viaggiano su binari paralleli. Sin dagli albori Borel aveva voluto avere un piede nella Silicon Valley (al 165 di University Avenue, a Palo Alto, 10 mq di ufficio contigui a quelli di un’altra start-up ai primi passi: Google) per poter sempre aggiornare la gamma delle applicazioni periferiche. Hayek invece non sognava la California, ma un’auto piccola, elettrica, a basso costo che però non costruirà mai dato che cede progetti e diritti alla Mercedes. A dissomiglianza di Logitech, cresciuta con le nuove tecnologie, la Swatch (alla morte di Nicolas guidata dal figlio Nick) ha snobbato l’orologio intelligente (smartwatch) della Apple tant’è che oggi sconta la sua assenza fra modelli e marche che le nuove generazioni amano avere al polso: non solo misuratori del tempo, ma estesi a molteplici connessioni e funzioni digitali. Inevitabile che la borsa svizzera captasse questa differenza e decidesse di spostare i suoi riflettori dagli orologi di Hayek ai «mouse» di Borel.

Affari esteri di Paola Peduzzi Le occasioni da non perdere di Macron Emmanuel Macron ha introdotto il passaporto vaccinale come requisito per tornare alla normalità post pandemia, che sia la voglia di cinema o di un croissant, e sul momento molti hanno pensato: è impazzito. Il liberale più liberale d’Europa che rende il vaccino obbligatorio? In poche ore però la decisione del presidente francese è diventato un format da imitare (va detto che il primo Paese europeo a introdurre il «coronapass» come requisito per tornare a frequentare bar, ristoranti e luoghi affollati dopo la pandemia è stata la Danimarca). Le critiche sono rimaste confinate tra gli oppositori più accaniti di Macron che in Francia sono le destre sovraniste e le sinistre anti-capitaliste e a tratti anti-liberali, cioè i «gilet gialli». I «gilet gialli» hanno ricominciato a presentarsi in piazza, veloci e arrabbiati, con slogan contro la dittatura sanitaria. Nata come una protesta contro l’aumento del prezzo del carburante, i «gilet gialli» sono diventati nel tempo un movimento che ha raccolto

applausi in molti posti del mondo e che in Francia ha costruito un’opposizione al presidente dai colori politici molto variegati. La leadership del movimento è sempre stata fluida, si sono avvicendati molti volti, alcuni molto più radicali e disposti alla violenza rispetto ad altri, molte meteore, moltissimo cospirazionismo. Ma per un paio di anni prima della pandemia la piazza dei «gilet gialli» è diventato il posto in cui si sono incontrati la France insoumise di JeanLuc Mélenchon, il tribuno della sinistra protezionista ed euroscettica francese, e Marine Le Pen, dama del Rassemblement national nonché erede dell’estremismo di destra del Paese. Avvicinati dall’ostilità nei confronti di Macron, i due hanno provato a cogestire la piazza, con l’obiettivo di rubarla uno all’altra. Quella stessa formula si è rivista negli scorsi giorni, dopo che il presidente ha introdotto il requisito del «pass sanitario» (che si accompagna a una campagna di vaccinazione partita lentissima ma oggi capillare). Dicono che Macron,

che secondo loro è un liberale travestito da rais perché il liberalismo è a sua volta un’autocrazia, ha imposto una dittatura sanitaria. Gridano «libertà» e hanno proprio come agli inizi sfumature molto diverse. Una signora intervistata alla televisione ha dichiarato: «Non credo che la Terra sia piatta, ma non si conoscono gli effetti a lungo termine di questi vaccini creati in maniera velocissima», parole quindi che molti trovano ragionevoli. Accanto a lei passavano dei cartelli in cui Macron era rappresentato come un medico nazista e la siringa diventava uno strumento moderno di tortura. Attorno a questi manifestanti che si definiscono «gilet gialli» si sono assembrati altri due gruppi. Uno è quello che fa capo a Nicolas Dupont Aignan, leader sovranista di Debout la France, che nel 2012 aveva anche tentato la strada presidenziale e che nel 2017 era considerato il premier in pectore di un’eventuale vittoria alle elezioni di Marine Le Pen. Dupont Aignan ha tenuto una conferenza stampa davanti al

Zig-Zag di Ovidio Biffi e i riflettori si spostarono sul topo Notizia dell’agenzia Ats/Keystone del 7 luglio: «Le azioni al portatore di Swatch presenti nello SMI, l’indice principale della Borsa svizzera, verranno scalzate dopo 23 anni dal produttore di periferiche vodese Logitech. Per quest’ultima società si tratta di una “prima”. L’annuncio del cambio della guardia è stato dato dalla Borsa svizzera dopo il ricalcolo annuale dell’indice che entrerà in vigore il 17 settembre, con effetto dal 20 settembre». L’agenzia aggiunge che l’inclusione di un titolo nello SMI ha di solito l’effetto di aumentarne il valore e la visibilità a livello internazionale. Come dire che mentre Logitech arriva sul «red carpet» borsistico, al contrario, per Swatch i riflettori si spengono. Certo: l’avvicendamento riguarda solo valutazioni e valori borsistici. Ma non è solo lo SMI a segnalare modifiche: nello Swiss Leaders Index (SLI) che riunisce i 30 titoli più importanti della borsa elvetica la società farmaceutica Vifo prende il posto della Clariant (azienda chimica), mentre nell’indice SMI Mid

(segmento borsistico molto popolare fra gli investitori) il titolo di Zur Rose, impresa che si occupa di vendite online di farmaci, subentra addirittura al gruppo Oerlikon. Tutto questo non basta per affermare che l’orologeria viene superata dai periferici wireless, che la farmaceutica declassa il settore della chimica o che le imprese sospinte dal vento delle vendite online oscurano uno storico brand industriale come Oerlikon. In altre parole è presto per dichiarare che la nostra economia sta mutando. Ma la notizia che Logitech in borsa prende il posto di Swatch merita un «rewind» delle gesta dei loro straordinari e visionari creatori, Daniel Borel e Nicolas Hayek. La loro storia prende il via 40 anni fa. È infatti agli inizi degli anni Ottanta che Hayek e Borel si affacciano sulla scena imprenditoriale elvetica. Il primo è un cittadino libanese transfuga dapprima in Francia con i genitori, poi in Svizzera dopo aver «tradito» la famiglia sposando una ragazza alla

pari di Bienne. Borel invece è neocastellano, esce dall’università con una laurea in ingegneria e un sogno, come ha spiegato lui stesso in un’intervista datata: «Mi rendevo conto che qualcosa di speciale stava accadendo con l’avvento del personal computer. Mi sentivo un po’ come l’inventore della televisione, o i fratelli Wright, consapevole di sviluppare progetti che potevano influenzare il modo di vivere della gente». Così, mentre Hayek – dapprima a Berna in un monolocale (il telefono era in una cabina pubblica sul lato opposto della strada) e più tardi a Zurigo – si inventa consulente imprenditoriale, l’ingegnere Borel chiede ai suoceri di poter usare un loro terreno (il destino: in località Apples!) nei pressi di Morges per avviare la sua Logitech, una start-up che nel 1984 introduce sul mercato dell’hardware un «mouse» rivoluzionario e che oggi ha una gamma di oltre 150 prodotti e modelli («mouse», cuffie, tastiere, dispositivi mobile, webcam e video-


PU B LI RE DA Z I O NALE

È quello che c’è dentro che conta! In realtà, sono sempre i valori interiori che contano di più, no? Per questo o.b.® si affida all'impiego di materie prime attentamente studiate e selezionate in precedenza. Tutti gli assorbenti interni o.b.® sono realizzati: SENZA l'uso di sostanze chimiche nocive (ad esempio pesticidi) SENZA candeggina SENZA profumo I tamponi o.b.®, dermatologicamente testati e ipoallergenici per ridurre al minimo il rischio di allergie, sono adatti anche alle pelli più sensibili, perché privi di profumo.

Scopri gli assorbenti interni o.b.® in un design della confezione del tutto nuovo, più moderno e ancora più capiente nella versione o.b.® ProComfort!

Sapevi che gli assorbenti interni o.b.® Tsono realizzati in fibra di viscosa? È ricavata dal legno proveniente da foreste gestite in modo sostenibile!

, k o lo o v o N u u a l i t à ta! q va o r p m o c


Novità: o.b.

®

Organic

Prova ora il nuovo o.b.® Organic: realizzato al 100% in cotone biologico certificato per garantire una protezione naturale, completamente privo di plastica: dal tampone stesso al cordoncino incorporato. Naturalmente, o.b.® Organic è interamente privo anche di sostanze chimiche dannose, profumo e candeggina. Non è solo il tampone ad essere convincente, ma anche la confezione: realizzata con materiali riciclati al 90% e stampata con inchiostro vegetale. Prova ora il nuovo o.b.® Organic!

Prova ora

20x PUNTI

Novità

3.95

20x PUNTI

O.B Organic Normal Tampons 16 pezzi

Novità

6.95

Offerte valide solo dal 27.7 al 9.8.2021, fino a esaurimento dello stock. Da tutte le offerte sono esclusi gli articoli già ridotti.

O.B Pro Comfort Super Tampons 54 pezzi


Novità: la coccinella nello scaffale del latte. IP-SUISSE diventa lo standard minimo per il latte da bere alla tua Migros.


Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino • 26 luglio 2021 • N. 30

33

Cultura e Spettacoli Questione di stile Nel suo ultimo saggio Walter Siti analizza criticamente la produzione letteraria di oggi pagina 34

Sport e nazionalità a Cannes Il primo lungometraggio di Elie Grappe ha ricevuto un’ottima accoglienza al recente Festival sulla Croisette

Galline in fuga Deb Olin Unfert firma un romanzo animalista che vede due donne diventare complici

Le avventure di Bringolf Le molte carriere di Bringolf: da dissoluto scialacquatore a militare di successo

pagina 35

pagina 37

pagina 38

Un perfetto sconosciuto di talento

editoria Rizzoli pubblica Uomini vicini

alla vita di Ulrich Alexander Boschwitz

Luigi Forte Pubblicare un ottimo romanzo a ventidue anni e restare per decenni sconosciuto è un triste, paradossale primato. Sembra impossibile che un libro come Uomini vicini alla vita dell’ebreo Ulrich Alexander Boschwitz, che Rizzoli propone ora nella vivace traduzione di Marina Pugliano e Valentina Tortelli, uscito nel 1937 in svedese, sia passato inosservato. Come, del resto, la sua seconda opera, Il viaggiatore, che lo scrittore pubblicò in inglese a Londra con lo pseudonimo di John Grane nel 1939. Era la storia di Otto Silbermann, uno stimato commerciante ebreo obbligato a fuggire nel novembre del 1938, il giorno dopo la Notte dei Cristalli, che passa da un treno all’altro per non essere catturato dai nazisti. Un esule in patria, un emigrato nelle ferrovie del Reich. Erano anni difficili non solo per la letteratura, e il giovane Ulrich, nato in una famiglia benestante a Berlino nel 1915, l’anno stesso in cui il padre morì al fronte, migrava anch’egli, con la madre, da un paese all’altro per sfuggire alla violenza nazista. Prima in Svezia, poi in Belgio e Francia e infine in Inghilterra, dove però, allo scoppio del conflitto, fu dapprima internato come «straniero nemico», poi deportato in Australia. Di ritorno, nel 1942, la nave su cui viaggiava venne affondata da un sottomarino tedesco e Boschwitz scomparve nelle acque dell’oceano insieme al dattiloscritto del suo ultimo romanzo. Per il mondo culturale tedesco rimase un perfetto sconosciuto. Solo grazie a Peter Graf, che ne rivide anche gli originali, i suoi due romanzi vennero pubblicati in Germania un paio di anni or sono. E fu subito chiaro che quel giovanissimo e talentoso scrittore era figlio del proprio tempo: ne aveva colto umori e problematiche, più dai libri forse che dalla realtà. In effetti Boschwitz sembra aver assorbito con il latte materno, come qualcuno ha detto, molti scrittori dell’epoca: da Joseph Roth a Döblin, da Horvarth a Kästner. Anche i suoi personaggi in effetti sono proiettati in una realtà urbana attraversata da profonde inquietudini e lace-

rata da scontri sociali, crisi finanziaria e disoccupazione. Sono vittime di una società senza speranze: accattoni, clochard, figure scaturite da un’epoca di miseria, che un tempo avevano dignità e lavoro. Come Fundholz che raccatta qualche soldo per strada ed è felice se riceve una zuppa o una salsiccia affumicata. E dire che c’era stato un tempo in cui guadagnava, possedeva una casa e aveva una moglie. Ma da allora era trascorso un secolo e adesso faceva il mendicante e gli toccava dormire negli scantinati o sulle panchine. Per di più aveva sempre alle costole quel barilotto di Tönner, un matto innocente ossessionato dalla fame. Ai due si aggiunge Grissmann, bigliettaio sui tram ora disoccupato, che ogni tanto progetta qualche furto. Quando poi conosce il cieco Sonnenberg che la moglie Elsi accompagna sempre a Wittenbergplatz a vendere fiammiferi, pensa che non sarebbe male portargli via la donna. Anche se lui è piuttosto mingherlino e quell’altro un marcantonio divorato dall’ira, vittima di ingiustizia, che la guerra ha condannato per il resto dei suoi giorni alla cecità. Ci pensa la signora Fliebusch, ormai sui sessanta, a portare in scena qualche guizzo stravagante: è convinta di non capire più il mondo, disorientata di fronte a quella città dove rombano grossi autobus e stridono i tram di passaggio, mentre da macchine e camion erompe una musica cavernosa. Ma soprattutto, convinta di vivere ancora nell’anteguerra e ignara della drammatica inflazione, non capisce come siano svaniti i sessantamila marchi che aveva sul conto e dove sia finito il marito Wilhelm, quell’uomo bello e forte, che dicono sia stato ucciso da una granata in guerra. Impossibile, ribatte lei. E così lo va a cercare persuasa che tutti la stiano ingannando. I personaggi che Boschwitz muove sulla scena del romanzo con grande disinvoltura e una certa dose di umorismo si ritrovano poi, tutti insieme, per ragioni diverse, nell’osteria Fröhlicher Waidmann, dove accanto ai disoccupati e agli ubriaconi ci sono ragazze in cerca di clienti e, sul tardi, gente della buona società che cala dai quartieri borghesi per vedere come si diverte il popolino. Qui troviamo anche Min-

Una lapide sulla sua casa ricorda la tragica scomparsa dello scrittore nel 1942. (Wikipedia)

chen Lindner, un corpo da vamp e un animo da «ragazza innocente» che un tempo faceva la commessa in un negozio di profumi, poi licenziata ha pensato bene di farsi mantenere da un maturo direttore di fabbrica. Così riesce anche a provvedere a suo padre che lì all’osteria dimentica fra grappe e birre il suo passato di ufficiale giudiziario finito in carcere. Il Fröhlicher Waidmann gestito dal robusto signor Hagen, marito della proprietaria, diventa a un certo punto il microcosmo di un mondo al capolinea. In una sala appartata si riunisce perfino la corale Liederkranz von 1929 composta da ruffiani e sfruttatori pronti a cantare solo quando arrivano le sirene della polizia. Qui si raccolgono e confrontano destini, qui ha luogo il drammatico

scontro finale fra Sonnenberg e il furbastro Grissmann che balla con sua moglie e spera di portarsela via. A nulla valgono i consigli di Fundholz: il cieco sospettoso e furibondo afferra il rivale che impaurito estrae un coltello e glielo conficca in gola. Così, ricorda l’autore, la rivolta contro la vita diventa rivolta contro sé stessi. Boschwitz scrive un grande libro sull’impossibilità di ridare un senso alla speranza. Uomini e donne travolti dalla propria miseria e disperazione la cui filosofia si ritrova nelle parole di Fundholz: «Meno si pensa alle cose impossibili da cambiare, meglio è». Forse solo la bella Minchen e il giovane Wilhelm, conosciuto nel locale, sembrano guardare oltre: lei ha un po’ di risparmi e insieme potrebbero aprire un negozio di generi coloniali. Mentre alla povera Elsi, ormai di nuovo

sola e abbandonata, la vita appare sempre più «sporca e grigia». Chissà se andrà meglio a Fundholz che, seguito da quel bietolone di Tönnchen, si rimette in cammino con una sensazione di leggerezza. Peccato che Boschwitz non abbia avuto a suo tempo l’attenzione che meritava. Era giovanissimo ma aveva già capito come girava il mondo. E forse qualcosa racconta ancora a noi oggi, testimoni di una profonda crisi sociale, tra problemi economici e drammatiche migrazioni. Bibliografia

Ulrich Alexander Boschwitz, Uomini vicini alla vita, traduzione di Marina Pugliano e Valentina Tortelli, a cura e con la postfazione di Peter Graf, Rizzoli, 2021, p. 262, € 18.–.


Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino • 26 luglio 2021 • N. 30

34

Cultura e Spettacoli

In difesa dello stile

editoria Nel suo ultimo Contro l’impegno Walter Siti riafferma l’importanza della qualità di scrittura,

in opposizione alle semplificazioni e superficialità che sarebbero tipiche di alcuni autori in voga Roberto Falconi Era il 2008 quando Barack Obama coniò il famoso slogan «Yes, we can repair the world», che oggi trova un corrispettivo nel valore terapeutico e ricostruttivo di tanta letteratura: se il mondo è malato, la letteratura, «come una brava infermiera», deve contribuire a risanarlo attraverso messaggi rassicuranti, rafforzando il Bene e condannando il Male. È questa la questione su cui poggia l’ultimo pamphlet di Walter Siti, il cui titolo è già una dichiarazione di intenti (Contro l’impegno), dal carattere assertivo appena smorzato dal tono più disteso del sottotitolo (Riflessioni sul Bene in letteratura). Siti vede una buona porzione del campo letterario (specie italiano) colonizzata da un «neo-impegno» che si sarebbe sviluppato a seguito di alcuni sconvolgimenti storico-politici: il crollo del Muro di Berlino, la fine dell’Unione Sovietica, le guerre in Jugoslavia, ma soprattutto l’abbattimento delle Torri gemelle nel 2001. Per carità: niente di male se gli strali degli scrittori si acuminano nel denunciare surriscaldamento climatico, discriminazioni, sfruttamenti, populismi di varia natura, nuovi schiavismi. Il problema si pone nel momento in cui il (ripeto: legittimo) sentimento di sentirsi in obbligo di difendere una democrazia sotto attacco coincide con una sorta di vergogna per il formalismo e si codifica, infine, in un ostentato disprezzo per

la cura stilistica, perché «in trincea non stai a vedere come sei pettinato». Al contrario, ed era ora che qualcuno tornasse ad affermarlo con garbata risolutezza, la forma del testo non può essere svilita a semplice abbellimento, a zuccherino (con buona pace di Tasso, aggiunge Siti) capace di far ingerire la medicina amara del messaggio edificante. Il lavoro sulla parola è indispensabile per rivelare i contenuti più complessi e più difficilmente attingibili, magari proprio quelli che lo scrittore sotto sotto voleva evitare. Proprio ciò che Siti ha saputo fare come romanziere, offrendoci le migliori cose della narrativa italiana degli ultimi anni. Il maggiore obiettivo della letteratura non è «la testimonianza», ma «l’avventura conoscitiva»: obiettivo che solo la parola letteraria può perseguire, perché è l’unica, come la nostra psiche, a essere ambigua, capace cioè di affermare una cosa e contemporaneamente di negarla; di costruire un terreno in cui le idee contrastanti possono «incarnarsi senza escludersi». E ciò a differenza di quel che accade nel giornalismo (per tornare a una questione da sempre al centro della riflessione di Siti), che non può permettersi di «dare cittadinanza a Satana». Rinunciare ai tempi lunghi del romanzo e della poesia aderendo a forme testuali più semplificate porta solo all’illusione di opporsi al Potere e non fa altro che omologarvisi. E su questo punto Siti apre a una discussione, qui appena accennata, sul ruolo

Nato a Modena, è docente di letteratura, giornalista e scrittore. (Wikipedia)

delle strutture economiche nella costruzione delle forme artistiche di una certa epoca. Questione certo non nuova, ma necessaria se non urgente dopo i crolli dei Muri e delle Torri.

Evidentemente, non mancano i nomi. A Roberto Saviano, tanto per cominciare, è dedicato un vero e proprio saggio, che muove dalle esplicite critiche dell’autore di Gomorra nei con-

fronti degli scrittori che si arroccano sulla torre d’avorio mentre il mondo brucia. Posizione in realtà controproducente, argomenta Siti, dato che sminuisce il valore profondo della letteratura e le sue possibilità conoscitive, finendo per rinfrancare i lettori nelle loro posizioni iniziali anziché destabilizzarli. A Gianrico Carofiglio l’autore rimprovera una «elegante postura antitragica»; ad Alessandro D’Avenia, tra le altre cose, «un antropocentrismo infantile e poetico». Tutti autori (e relativi testi di riferimento) analizzati con strumenti critici affilati e dovizia di argomenti convincenti, che mettono impietosamente a nudo (e qui, aggiungo io, Siti avrebbe anche potuto affondare il colpo) processi di semplificazione disarmanti, fatti di trame godibili, posizioni (troppo) nette, metafore facili facili, ironie più o meno stucchevoli. Sta forse tramontando, conclude Siti, anche certa critica letteraria, «fatta di competenza tecnica e quindi elitaria»: ormai vale il principio per cui nella cultura umanistica si può giudicare senza conoscere e tutte le opinioni (impressioni?) hanno pari cittadinanza. Cosa non del tutto slegata da una sorta di «fuga nella scrittura, come se si scrivesse per essere chiamati scrittori e non per la passione di esporsi a un trauma». Bibliografia

Walter Siti, Contro l’impegno, Rizzoli. Annuncio pubblicitario

La migliore di sempre?

O NUOV O GUST

Provala subito!

© 2021 The Coca-Cola Company. All rights reserved. Coca-Cola, Coca-Cola zero and the Contour Bottle are trademarks of The Coca-Cola Company.

Coca-Cola zero è in vendita alla tua Migros


Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino • 26 luglio 2021 • N. 30

35

Cultura e Spettacoli

Olga, storia di agonismo e identità Cannes 2021 Intervista al regista Elie Grappe, che ha rappresentato la Svizzera al festival francese,

riscuotendo molto interesse e il premio per la miglior sceneggiatura

Nicola Mazzi Giovane regista (classe 1994) nato a Lione e cresciuto a Losanna dove si è diplomato all’ECAL (École cantonale d’art), Elie Grappe è stato uno dei pochi a rappresentare la Svizzera nell’ultima edizione del festival di Cannes. Il suo primo lungometraggio Olga è infatti stato scelto da Charles Tesson nella Semaine de la critique (che quest’anno festeggiava la sessantesima edizione). Un concorso che gli ha portato bene e gli ha regalato (insieme a Raphaëlle Desplechin) il premio per la miglior sceneggiatura. Il film racconta di Olga, una promessa della ginnastica artistica ucraina, che viene mandata in Svizzera ad allenarsi dalla madre (una giornalista importante e nell’occhio del ciclone per le sue inchieste) proprio mentre nel Paese scoppia la rivoluzione. Sulla Croisette abbiamo incontrato il giovane regista la mattina seguente la prima del suo film, accolto con grande calore ed entusiasmo. Ecco quello che ci ha raccontato. elie, come ti senti a essere selezionato in un concorso ufficiale importante come quello della Semaine a Cannes?

È anzitutto un ottimo riconoscimento per il lavoro di tutta l’équipe che ha partecipato alla realizzazione di Olga e personalmente è davvero una bella emozione perché la Semaine de la critique ti offre la possibilità di essere ben accompagnato lungo tutto il percorso. Credo davvero sia un bellissimo modo per presentare il mio primo lungometraggio e il luogo migliore dove poterlo fare.

Come sei arrivato a questo soggetto particolare? Come mai ti sei interessato alla ginnastica artistica?

Dopo i miei studi, alla fine del 2015, ho realizzato un documentario su un conservatorio e una delle protagoniste era una violinista ucraina che era arrivata in Svizzera appena prima dell’inizio della rivoluzione. Il modo con il quale mi ha raccontato quei momenti e quelle rivolte mi aveva colpito. Mi aveva anche detto che le immagini viste in tv e sui social l’avevano così sconvolta che avevano influenzato anche la sua musica e il modo di suonare. Una vicenda che mi appassionò sin da subito e che ho capito poteva essere trasportata sullo schermo. Grazie a quella storia ho anche trovato il punto di contatto tra i vari temi che mi interessano: filmare la passione di un adolescente, mettere faccia a faccia uno sviluppo individuale con uno collettivo e, attraverso il cinema, mettere in relazione la frontiera intima con quella geografica. Volevo fare un film sull’esilio con elementi che non sono al loro posto e con un personaggio confrontato con situazioni geopolitiche più grandi di lui. Il film parla appunto del modo in cui un’eroina può conciliare il suo desiderio individuale con gli eventi che fanno la Storia. È su questo aspetto che ho articolato tutta la mia ricerca.

Come hai scelto la protagonista?

Diciamo subito che è una ginnasta e non un’attrice ed è il vero e proprio cuore del film. Sin dalla prima volta che la vidi ci fu qualcosa che mi ha avvicinato a lei. Mi interessava mostrare chi era realmente e con lei è stato facile perché si è dimostrata molto spontanea e ricettiva. Grazie a lei e alle compagne – atlete di alto livello che conoscono perfettamente la dura vita di quel mondo con allenamenti di 30 ore alla settimana, ma anche che cosa significhi la pressione nell’essere davanti a 10mila persone in uno stadio – volevo mostrare quel mondo. E mi sembrava più convincente farlo con le atlete stesse. In definitiva il mio compito principale è stato quello di

Anastasia Budiashkina, atleta protagonista del film.

organizzare al meglio una libertà entro la quale le ragazze potessero fare la loro parte ed è andata molto bene.

Nel film è presente un interessante miscuglio di lingue…

In effetti è proprio così e in qualche modo il mix linguistico è un simbolo della Svizzera. Nel film questo fatto è anche un oggetto di tensione tra le ginnaste. Mi spiego meglio: nella squadra elvetica le ragazze non parlano la stessa lingua ma collaborano comunque tra di loro. Mentre quando arriva Olga, che ne parla un’altra ancora, è vista in modo diverso ed è considerata una straniera. Volevo lavorare su questo aspetto per mostrare al pubblico che lo status di straniera non è altro che una costruzione. Nel film è evidente un altro concetto: quello di Nazione. Come lo hai elaborato?

Mi interessava molto approfondire il dualismo tra sport e politica, con il primo che non perde occasione per sottolineare di non essere legato alla politica; lo sport ha molta paura di un intervento politico, ma in realtà questi ambiti sono strettamente collegati e in definitiva tutto è politico. Anche il non volere avere a che fare con la politica è un gesto politico in sé. Per quel che riguarda il concetto di Nazione io la penso in questo modo. Quello che lega Olga all’Ucraina non è un sentimento patriottico, ma è un rapporto intimo che si concretizza in alcune figure come la madre e l’amica, ma coinvolge anche nella città in cui è nata e cresciuta. E quando la città va a fuoco lei si sente toccata direttamente. Alla fine, il film è basato sulla questione identitaria che passa attraverso i rapporti intimi e non da quelli patriottici.

fosse davvero il film. Mi ha permesso di ricominciare a girare consapevole di quanto avevo visto e della qualità degli attori e della troupe.

e ora? Stai lavorando a un nuovo progetto?

Dopo Cannes inizia il percorso del film nelle sale cinematografiche. Vediamo quando comincerà a farsi vedere dal pubblico e dove lo porterà questo importante viaggio. Da parte mia sto iniziando a scrivere

una nuova sceneggiatura che mi sta appassionando. L’ambientazione è molto diversa da quella di Olga e anche il periodo storico è differente. Anche questa sarà una coproduzione franco-svizzera. Annuncio pubblicitario

Azione 27.7 – 9.8. 2021

Hai girato il film durante la pandemia?

Sì, eravamo nel mezzo delle riprese quando in marzo del 2020 abbiamo subìto, come tutti, lo stop. Ci restavano ancora due settimane di set e soprattutto la parte dedicata al campionato europeo di ginnastica che era stata davvero ben preparata. Per fortuna abbiamo avuto degli aiuti statali che ci hanno permesso di poter continuare il lavoro. Detto ciò, credo che per me lo stop sia stata anche un’opportunità. Fermare il set nel bel mezzo del film mi ha permesso di iniziare a montare il girato e questo è stato fondamentale. Ho avuto la possibilità di guardare quanto avevamo già fatto con maggiore obiettività e ho potuto capire che cosa

20% Su tutti i prodotti Nivea Sun p. es. Nivea Spray Solare Protect & Moisture FP 30, 200 ml, 10.80 invece di 13.50 Fino a esaurimento dello stock. Da tutte le offerte sono esclusi gli articoli già ridotti.


Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino • 26 luglio 2021 • N. 30

36

Idee e acquisti per la settimana

AHA! IL TOFU BIO SI TROVA ORA CON I PRODOTTI VeGeTARIANI

Dal 1985 il tofu di soja bio nature aha! è esposto nelle scansie refrigerate del reparto latticini. Ora ha un nuovo posizionamento ed è proposto con l’assortimento di prodotti convenience vegetariani. La ricetta, il sapore e la qualità rimangono tuttavia invariati. E naturalmente la certificazione aha! è ancora garantita.

Tofu di soja bio nature aha! 1 pezzo da 250 g Fr. 3.25

Annuncio pubblicitario

chilled coffee A little moment of chill Starbucks è in vendita alla tua Migros


Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino • 26 luglio 2021 • N. 30

37

Cultura e Spettacoli

Un romanzo animalista

editoria Capannone 8 di Deb Olin Unferth è il racconto surreale di due donne che decidono di impegnarsi

in una missione di salvataggio Laura Marzi Lo ripetono in tutte le scuole di scrittura creativa ed è uno dei fondamenti della sociologia della narrazione: l’essere umano ha bisogno delle storie per riconoscersi nelle situazioni, comprenderle davvero, non solo dal punto di vista razionale, ma partecipando emotivamente. Quando la letteratura non assolve al suo compito, alcuni mondi rischiano di restare sommersi tra le tante notizie d’attualità che assorbiamo più o meno passivamente. Capannone N.8 di Deb Olin Unferth è un romanzo raro, surreale e importante che racconta una storia di animalismo, a partire da personagge e personaggi, ricerche approfondite sul tema, facendo di una delle questioni più importanti dell’epoca attuale, cioè lo sfruttamento degli animali, una storia.

Unferth dedica il suo romanzo agli animalisti, pur evitando qualsiasi filippica ecologista Il testo è ambientato in Iowa (USA) e per lo più negli allevamenti intensivi di galline ovaiole, in stabilimenti industriali composti da capannoni che contengono al loro interno centinaia di migliaia di uccelli, assiepati all’interno di gabbie in cui: «devono essere in grado di incassare l’offensiva di dosi massicce di vaccini, di sopportare sovraccarichi e privazioni sensoriali, una ressa che neanche dentro la borsa di Mary Poppins, le beccate feroci delle compagne di cella. Devono saper resistere alle malattie. Devono tollerare la violenza, il rumore e il panico senza

Protagoniste del libro, le galline ovaiole. (Wikipedia)

farsi venire un infarto (come capita a molte, a quanto pare)». Janey arriva in Iowa da New York, per incontrare suo padre che non ha mai conosciuto e per fare un dispetto alla madre Olive, che pure ama molto, ma che non le aveva mai detto la verità su quest’uomo, in effetti molto deludente. Nonostante la ragazzina capisca fin dal primo momento nella casa di questo sconosciuto che l’unica cosa giusta da fare è tornare al suo liceo, al suo gruppo di scacchi e a quello di oratoria, soprattutto da sua madre, che da sola è riuscita a impartirle un’educazione equilibrata, a instillarle il valore dell’impegno, non lo fa. Resta a dormire sul divano di quella casa su-

dicia, in quel posto incomprensibile. Anni dopo questa scelta tanto assurda, quanto poi inevitabile e dolorosa, Janey incontra Cleveland, un’ispettrice degli allevamenti intensivi di ovaiole e decide di darle retta solo perché questa donna all’apparenza così noiosa e inutile, il cui mestiere consiste nel prendere nota dell’orrore dell’industria delle uova, conosceva sua madre. Molto bene. L’idillio tra le due porterà a ordire un piano assurdo, o meglio Janey e Cleveland maturano insieme il desiderio di realizzare l’utopia della libertà delle galline, la loro evasione dalle gabbie, che come tutte le utopie che si rispettano non è realizzabile. Ad affiancarle in

questo sogno di libertà aviaria ci sono vari personaggi: Dill, Jonathan, soprattutto Annabelle, che condividono tutti la scelta dell’animalismo, la vocazione di dedicare la propria esistenza attraverso atti di sabotaggio sotto copertura, alla liberazione degli animali. Nessuno di loro però ha mai avuto un obiettivo tanto ambizioso quanto quello di Janey e Cleveland, il cui piano prevede di liberare quasi un milione di galline, il numero di uccelli allevati in un singolo, piccolo allevamento di ovaiole dell’Iowa. La storia avvincente racconta di queste due donne, di come nessuno degli altri personaggi sappia rifiutarsi di partecipare a un piano che è di certo

assurdo, ma non quanto l’orrore che gli esseri umani infliggono alle galline, al Pianeta, a tutti gli animali che vengono torturati negli allevamenti intensivi. La letteratura mostra qui qualcuno dei suoi doni più belli: nel romanzo non ci sono filippiche ecologiste, ci sono le storie di personaggi eccentrici e temerari che dedicano la propria vita a lottare contro il maltrattamento degli animali e soprattutto c’è la verità sulle galline, protagoniste indiscusse di questo romanzo, unico e surreale. Bibliografia

Deb Olin Unferth, Capannone N. 8, Big Sur, pp. 355.

Alla scoperta di Namad ed ehagaki

Mostre Il Musec di Lugano presenta una collezione di arazzi e tappeti in feltro dell’Asia centrale

e una raccolta di seicento cartoline giapponesi d’epoca Giovanni Medolago C’era una volta un re… Sì, ma stavolta conta soprattutto il figlio di un sovrano, per l’esattezza del grande re Salomone. Il ragazzo divenne pastore: costretto al nomadismo per assicurare erbetta e nuovi pascoli alle sue greggi, impossibilitato dunque a portarsi appresso marchingegni e macchinari d’un certo peso – leggi telai – voleva realizzare una stoffa non tessuta, realizzata con la lana delle sue pecore. Ci lavorò sopra a lungo e con scarsa fortuna, poi sfogò la sua frustrazione dapprima picchiando quell’ammasso di lana. L’insuccesso lo portò infine a versare calde lacrime sui fiocchi bianchi ed ecco che miracolosamente quel vello si trasformò in una stoffa compatta. È bellissima questa fiaba/leggenda che ci permette altresì di situare la creazione del feltro attorno al 950 a. C., riassumendo poeticamente quello che invece è un processo assai complicato. Bisogna pulire e cardare la lana, stenderne il primo strato su una stuoia, quindi aggiungere acqua, amido, grasso, sapone e persino uova per dare inizio alla follatura: la lana è arrotolata nella stuoia e compressa per permettere alle fibre di intrecciarsi. Si ottiene così una coperta dai molteplici usi. Da quello più immediato (arazzo o tappeto, adatto per le cinque quotidia-

ne preghiere richieste ai musulmani) fino alla costruzione – con la dovuta struttura di legno – di una tenda/casa, la yurta, dove ancora oggi vivono tribù nomadi mongole, kazake e kirghise. Una tradizione millenaria sopravvissuta in una vasta aerea che va dai Paesi dell’Europa orientale sino alla provincia cinese dello Xinjiang, passando dall’Asia centrale e dall’Iran, dove il feltro è chiamato Namad. Proprio da questo termine farsi prende il nome la mostra al Musec di Lugano, che presen-

ta una selezione di tessuti della Collezione di Sergio Poggianella, gallerista ed esperto d’arte orientale. Una collezione estremamente importante poiché i feltri non sono destinati a vita eterna: «Disegni e motivi ornamentali rimangono molto in superficie. Una volta usurati dall’uso e dal tempo, i feltri vengono buttati e sostituiti», ci spiega Imogen Heitmann, ricercatrice che ha curato sia l’esposizione sia il ricco saggio (definirlo catalogo sarebbe davvero riduttivo) che l’accompagna.

Una delle immagini nipponiche della Collezione Ceschin-Pilone.

Il percorso espositivo ruota intorno all’iconografia di questi feltri, fatta di disegni e motivi apparentemente astratti, in realtà parte di una complessa e articolata raffigurazione simbolica, sulla quale è lecito pensare abbiano posto la loro attenzione gli Avanguardisti russi, in particolare Vasilij Kandinskij, affascinati da losanghe e spirali e dai loro colori vivaci. Una singola spirale rimanda allo scorpione. Quattro spirali combinate creano un motivo solare, legato al culto del Sole, mentre due spirali speculari sono le corna di montone. Una spirale sopra l’altra la donna partoriente, mentre se poste agli angoli – spiega ancora la curatrice – le spirali rimandano alla protezione dai quattro punti cardinali. Accanto ai feltri, sono le cartoline giapponesi della Collezione Ceschin Pilone (1898-1960) le protagoniste dell’altra mostra del Musec: Ehagaki, dagli ideogrammi nipponici che definiscono questo ex-oggetto del desiderio, ormai mandato in pensione dai selfies. Si parte dalle cartes postales inviate a inizio ’900 da Romeo Bernotti – futuro Ammiraglio della Regia Marina italiana, allora di stanza tra Hokkaido Yokohama e Nagasaki – alla fidanzata rimasta sull’isola d’Elba. A Moira Luraschi si deve, dopo ben nove anni di studi e ricerche, il poderoso saggio che rivela – accanto a ben documenta-

ti excursus storico/estetici – pure una miriade di curiosità riguardo le cartoline. Statistiche che segnano quasi 500 milioni di cartoline spedite nel 1905 dal Sol Levante, cifra poi cresciuta a un miliardo e mezzo in meno di dieci anni. Svela l’importanza dell’espandersi della rete ferroviaria per la loro diffusione (tempi di consegna ridotti), ma anche quella dell’invenzione della penna stilografica (Waterman, 1883). Le 600 cartoline presentate al Musec documentano altresì l’evolversi sia delle tecniche di stampa, sia dei temi scelti da fotografi, pittori e grafici. Dal Giappone più classico (appunto da cartolina), con geishe samurai Monte Fuji e ciliegi sempre in fior, all’industrializzazione decisa dopo la guerra russogiapponese; dal crescente nazionalismo – colonizzati cinesi e coreani felici e contenti –, alla creazione di un immaginario erotico che piace(va) molto agli occidentali. Dove e quando

Namad, l’antica arte del feltro in Iran e in Asia Centrale, Lugano, Musec (Villa Malpensata), fino al 3 ottobre 2021. Souvenir du Japon, Cartoline della Collezione Ceschin-Pilone (18981960), Lugano, Musec, fino al 5 settembre 2021. Info: musec.ch


Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino • 26 luglio 2021 • N. 30

38

Cultura e Spettacoli

Tra il bianco e il nero

Personaggi Come in un romanzo d’appendice: la storia di Hans Ormund Bringolf,

L’unico festival 2021 è Magic Blues

Benedicta Froelich

tiene alta la bandiera della musica dal vivo

controverso quanto epico personaggio vissuto a cavallo tra mondi apparentemente opposti

A volte capita che, come nelle leggende folk di una volta, sia possibile incappare in personaggi che appaiono usciti direttamente da un romanzo d’appendice: individui istrionici, che è spesso impossibile classificare o definire con precisione, se non con il nostalgico termine di «avventurieri» – figure secondo molti d’altri tempi, che a tutt’oggi non hanno, tuttavia, perduto nulla del loro fascino. Ecco quindi riemergere dalle nebbie del passato un uomo quale Hans Ormund Bringolf (1876-1951), originario di Baden-Baden ma profondamente legato alla Svizzera, Paese al quale ha lasciato in eredità la memoria di una vita a dir poco rocambolesca, decisamente senza eguali nel panorama elvetico. Militare di professione, Hans era stato probabilmente iniziato alla carriera di soldato dal padre Johann, colonnello di cavalleria nell’esercito elvetico; e secondo la pratica dell’epoca, che richiedeva agli aspiranti ufficiali una preparazione culturale di ottimo livello, la sua formazione accademica si svolse attraverso l’intera Europa, fino al diploma in legge a Greifswald. Ma se la carriera militare era considerata soluzione ideale per un uomo della media-alta borghesia intenzionato a farsi una posizione sociale, è possibile che i continui spostamenti del giovanissimo Hans fossero anche un modo per sfuggire all’atmosfera soffocante di casa Bringolf a Sciaffusa, dove i genitori litigavano senza tregua. Tuttavia, gli studi del giovane vennero rallentati non solo dalle esercitazioni militari alle quali, come cadetto nell’esercito svizzero, era obbligato a prendere parte, ma anche da distrazioni ed eccessi vari: già prima dei vent’anni di età, Hans era infatti celebre come bon viveur amante del lusso e dei piaceri sensuali, rigorosamente finanziati dall’ingente eredità dal padre, la quale sarebbe stata presto da lui sperperata. Eppure, Bringolf si distingueva anche per il proprio sprezzo del pericolo sul campo di battaglia: dichiarato morto più volte, tra i commilitoni di Zurigo si guadagnò infatti il soprannome di «Tenente benedetto» («Selig») per le sue capacità di sopravvivenza.

Hans Ormund Bringolf (secondo da destra) in uniforme da cavaliere. (blog. nationalmuseum.ch)

Ma fu solo quando un brevissimo matrimonio di convenienza si concluse con uno scandalo per debiti, che la sua vita prese per la prima volta la piega francamente bizzarra che l’avrebbe contraddistinta per molti anni. Del resto, lo stesso Hans avrebbe dichiarato di aver ereditato dal padre una certa, «assoluta amoralità» – un tratto caratteriale che, dato quanto lo aspettava, si sarebbe presto rivelato un vantaggio. Accusato di aver contraffatto assegni, caduto in disgrazia e scacciato dal servizio diplomatico svizzero, dovette fuggire dapprima in Spagna e poi in Messico, prima di rifugiarsi in tre diversi continenti e, nel mentre, entrare nell’esercito americano e lavorare persino come detective nelle Filippine. Ma il nostro eroe non era fatto per star lontano dai guai: ritrovatosi coinvolto in un colpo di stato in Paraguay, dovette adattarsi all’incognito e a sbarcare il lunario svolgendo i mestieri più umili e anonimi, per poi riconvertirsi alla truffa – stavolta facendosi passare per un diplomatico svizzero dall’altisonante nome di «Baron von Tscharner». Purtroppo per Hans, dopo una fuga nella giungla amazzonica e la cattura da parte delle autorità, il risultato sarebbe stato una permanenza di alcuni anni in prigione, prima a Lima e poi a Heidelberg; anni dei quali, se si eccet-

tua un’apparente conversione al cattolicesimo, quasi nulla si sa. Nel frattempo, però, si era ormai giunti alla vigilia dell’evento che avrebbe scosso alle fondamenta la società del ventesimo secolo. La medesima, temeraria incoscienza che era valsa a Bringolf il suo nomignolo dei tempi dell’accademia militare sarebbe divenuta la sua salvezza all’interno di uno scenario di guerra spietato come i campi di battaglia della Grande Guerra; e se non sorprende che, a questo punto della sua vita, Hans fosse entrato nella legione straniera (come ogni avventuriero che si rispetti!), fu al seguito di questa divisione che prese parte alla famigerata battaglia della Somme, battendosi con tale valore anche sui campi di battaglia bulgari e serbi da guadagnarsi un nuovo soprannome – «il Leone di Manastir»– e svariate medaglie e titoli, inclusa la Legion d’onore; il che, dopo tanti rovesci di fortuna, costituì infine il grande riscatto della sua vita. Così, una volta ritiratosi ad Hallau come ospite di una casa di riposo, il senso per gli affari di Bringolf era destinato a fare un’ultima apparizione, stavolta suggerendogli un’idea finalmente priva di ripercussioni disastrose – quella di mettere su carta le esperienze della sua vita in ben due libri: un’autobiografia, datata 1927 (Lebensroman des Leutnant

Bringolf Selig), seguita, nel 1942, da un secondo volume, Ein Schweizer Abenteurer in Fremden Diensten; e il fatto che, nel 1932, il primo volume fosse già stato tradotto in inglese a partire dalla sua edizione francese, tradisce un grande interesse per le imprese di quest’eccentrico militare. Nel 1951, Hans avrebbe terminato il suo percorso terreno, per una volta tanto nei panni di un tranquillo (e stanziario) pensionato in grado di guardarsi indietro con un certo orgoglio: le sue imprese al fronte dimostrano come, lungi dall’essere un semplice millantatore, Bringolf fosse, in realtà, un militare di valore – e nonostante le molte truffe più o meno fallimentari, dettate soprattutto dalle necessità del momento, questo irresistibile scavezzacollo è riuscito a essere contemporaneamente eroe di guerra e carcerato, truffatore e dandy, avventuriero e scrittore. Soprattutto, l’insegnamento forse maggiore che si può trarre dalla vicenda di Hans Ormund Bringolf sta nel fatto che nella storia, proprio come nelle singole vite, non vi sono linee di demarcazione nette tra «bianco» e «nero»: l’intera natura umana non è che un’incredibile, sorprendente collezione di sfumature, costantemente in grado di riservare inaspettate e «romanzesche» rivelazioni anche ai più scettici tra noi.

Live La Valle Maggia

Ricevere i comunicati stampa che, tappa dopo tappa, ci tengono informati sul successo della rassegna Magic Blues è una sensazione molto bella. In una sfortunata estate in cui, per il secondo anno consecutivo, non si è potuto tenere praticamente nessuno degli usuali appuntamenti musicali ticinesi, questa tenacia brilla ancora di più. E rende merito a uno staff organizzativo capace e fiero della propria missione. La bellissima manifestazione, dal respiro quasi famigliare, è inserita in un contesto «locale» veramente magico ma è musicalmente più internazionale di quanto si possa immaginare. Segnaliamo quindi molto volentieri agli appassionati le prossime serate, la cui programmazione è stata curata da Giancarlo De Bernardi. 28/7: Let’s celebrate John Lennon and Jimi Hendrix (The Instant Karma, Phil Gates Band, John Etheridge); 29/7: The Sound of the 60ies and 70ies (Labana, British Blues & Rock Explosion); 30/7: Rock Night (Luca Princiotta Band, Vanishing Signs, Brian Downey’s Alive & Dangerous); 4/8: Lady’s Blues Night (DimeBlend feat. Chiara Ruggeri, Manu Hartmann Band, Laura Cox - nella foto-); 5/8: Guitars Night (Sandro Schneebeli, Sand’s 2b a band, Kirk Fletcher).

Informazioni sulle misure antiCovid e biglietti su: www.magicblues.ch. Annuncio pubblicitario

* La gomma da masticare senza zucchero contribuisce alla neutralizzazione degli acidi della placca dentale. L’effetto benefico si raggiunge con la masticazione di almeno 1 – 2 gomme senza zucchero per 20 minuti almeno tre volte al giorno, dopo aver mangiato o bevuto. Consumate il prodotto associandolo ad un’alimentazione varia ed equilibrata e ad uno stile di vita sano e attivo.

Stimorol e V6 sono in vendita alla tua Migros.


Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino • 26 luglio 2021 • N. 30

39

Cultura e Spettacoli Rubriche

In fin della fiera di Bruno Gambarotta Nomi Commentando la pietosa morte di Maradona, qualcuno ha ricordato che negli anni della sua massima popolarità un gran numero di genitori chiamarono Diego i figli neonati. Non è un fenomeno recente, esiste da quando è venuta meno la consuetudine di dare ai figli un nome che ricordi quello di uno dei nonni, di uno zio morto giovane o del padrino di battesimo. Ancora prima, nel tempo in cui il 50% dei bambini moriva nei primi tre anni di vita, all’ultimo venuto si dava il nome di un fratello o di una sorella morti in fasce, illudendosi di farli rinascere. Il mutamento di costume non è stato immediato, c’è stato un periodo di lento cambiamento, nel quale io mi sono trovato a nascere, nel 1937. Prima dei vent’anni sono stato un’accanito giocatore di bigliardo, ricordo che una sera mi sono trovato attorno a un tavolo verde con altri cinque coetanei e tutti avevamo lo stesso nome di battesimo, Bruno. Era il nome del terzogenito di Benito Mussolini, aviatore, morto a 23 anni il 7

agosto 1941 durante un collaudo. I miei genitori hanno sempre negato di essersi ispirati al figlio del duce. A quel Bruno hanno fatto seguire Dante, fratello di mia madre e padrino di battesimo, Francesco, nonno paterno e buon ultimo Domenico, nonno materno. Il fenomeno è dilagato: ultimo esempio, il fiorire di tanti neonati chiamati Leone, come il figlio di Chiara Ferragni e di Fedez. Nei lontani anni 70, ragionando su questo tema, Vittorio Sermonti aveva avuto l’idea per un varietà televisivo e l’aveva proposto, per tramite mio, alla direzione programmi della Rai. Lavorando in coppia, abbiamo messo a punto ogni dettaglio, come radunare in studio per ogni puntata due gruppi di ospiti, uno maschile e l’altro femminile, accomunati solo dal fatto di avere lo stesso nome di battesimo e farli interagire. Si trattava di sfruttare i ritorni ciclici. Per esempio, nel dopoguerra con l’arrivo dei film americani e grazie alla popolarità di Rita Hayworth, molti genitori avevano dato

il suo nome alle figlie, compresa quella nata nel 1945 nella famiglia dell’operaio torinese della Fiat, il signor Pavone. 18 anni dopo, con la vittoria al festival degli sconosciuti di Ariccia esplode il fenomeno della giovanissima cantante generando la seconda ondata di Rite. Il progetto prevedeva di radunare nello studio e contrapporre le Rite della prima ondata a quelle della seconda. Per il conduttore non avevamo dubbi, l’ideale sarebbe stato Paolo Poli. È stata sufficiente una semplice telefonata per avere non solo il suo assenso ad accoppiare il suo nome al progetto ma anche trovarlo entusiasta dell’idea. Arrivati a questo punto si trattava di ottenere disco verde dai sommi capi. La prima porta alla quale abbiamo bussato è stata quella di Pier Emilio Gennarini, vice direttore programmi di Rai Uno. Alternandoci nell’esposizione del progetto, all’inizio abbiamo ottenuto una benevola attenzione dal nostro interlocutore. Sembrava fatta, finché, al nome del conduttore, si sono

induriti i tratti del volto ed è scattata un ripulsa senza possibilità di appello. Cos’era successo? Sapevamo tutti noi, suoi collaboratori, che Gennarini era un cattolico integerrimo che metteva in pratica gli insegnamenti del Vangelo. Si diceva che grazie a uno stile di vita ascetico, versasse in beneficenza gran parte del suo stipendio. Senza chiedere lumi e attirato solo dal titolo era andato una sera al teatro Alberico di Roma a vedere uno spettacolo di Paolo Poli, dedicato a Santa Rita, che non era esattamente di carattere agiografico. Paolo, vestito da suora, era il protagonista. La santa, morendo, veniva issata verso l’alto mentre le consorelle l’imploravano: «Rita, quando sarai in paradiso, ricordati di noi!» E lei, sdegnata, guardandole: «Non sono fisionomista!». Fallito l’approccio con Gennarini, Vittorio ed io abbiamo tentato una prova d’appello chiedendo udienza a Giovanni Salvi, il capo complesso da cui dipendeva anche il settore varietà e rivista. Nonostante le numero-

se telefonate ricevute interrompessero di continuo la nostra esposizione, siamo riusciti a incuriosire il grande capo, tanto da indurlo a chiederci degli esempi concreti del fenomeno che il programma si proponeva di mettere alla berlina. Parla Vittorio: radio, giornali, rotocalchi e cinegiornali (la tivù ancora non c’era) hanno dato enorme rilievo al matrimonio fra Tyrone Power e Linda Christian celebrato a Roma il 27 gennaio 1949 nella chiesa di Santa Francesca Romana. Da quel giorno e per un bel po’ di mesi non si contano le neonate chiamate con quel nome. Un’ombra di stizza trascorre sul viso del dottor Salvi che c’informa, gelido: «Sappiate che se mia moglie e io abbiamo chiamato nostra figlia Francesca Romana, l’abbiamo fatto perché ci piaceva quel nome e non per seguire una moda». Ecco la storia di un progetto morto prima di nascere e, secondo me, ancora valido. Purtroppo Paolo Poli e Vittorio Sermonti (che chiamò i suoi figli Maria e Pietro) non sono più tra noi.

Erano stati dunque questo i suoi primi quarant’anni? Era nel mezzo del cammino dell’esistenza umana e non sapeva niente. Nemmeno se era mai stata davvero innamorata di Tom. O di Paolo prima di Tom. Non sapeva se amava davvero il teatro, se amava il cinema, se davvero, come ripeteva spesso, trovava la sua verità soltanto quando si consegnava alla finzione, oppure se erano anche queste chiacchiere seduttive, autoritratti compiaciuti, compitini da salotto. Non sapeva se amava, se aveva mai amato qualcosa o qualcuno. Sua figlia? Forse nemmeno lei. Quando era piccola sognava che crescesse in fretta, che la liberasse dalla responsabilità di accudire una bambina, e adesso non vedeva l’ora che avesse vent’anni, che se ne andasse… Arrivò a casa dopo un tempo che non avrebbe saputo misurare (il suo orologio era il telefono), davanti al portone chiuso realizzò di non avere le chiavi. Spinse il pulsante del citofono e non si

stupì che nessuno rispondesse. Tom non era il tipo d’uomo che dopo un litigio resta fermo, a far decantare la violenza del diverbio, a prendere le distanze, ad apparecchiare una tregua, se non proprio una pace. In questo si somigliavano, anche se nessuno dei due l’avrebbe mai ammesso. Prendevano fuoco sfregandosi l’uno contro l’altra, poi andavano a bruciare ciascuno per conto suo, finché la fiamma si estingueva naturalmente. Rassegnata, stanca, Betta sedette sul marciapiede. Le gambe incrociate, la schiena contro la facciata del palazzo. Chiunque avrebbe potuto buttarle in grembo qualche moneta. La tuta vecchia con cui era uscita un incalcolabile numero di ore prima completava perfettamente il quadro. La tuta vecchia, le vecchie Reebok senza lacci. Chiuse gli occhi. Appoggiò il palmo delle mani sulla pavimentazione sconnessa, polverosa, irta di piccoli detriti. Formulò due aggettivi: sporca, povera. Provò a sistemarseli addosso. Stai cadendo, disse a sé stessa. Inventati

qualcosa, un colpo di reni che ti riporti alla superficie. Perché è in superficie che bisogna vivere, nuotare in branco, seguire la corrente, asciugarsi al sole delle spiagge. Tom ci riusciva: non aveva reagito alla parte più importante del suo discorso. Non abbiamo talento, è per questo che siamo poveri, perché abbiamo scelto le luci della ribalta e non abbiamo niente di speciale da mostrare, niente che possa rendere più felice chi sta in platea, più felice più consapevole più forte. Era questa la verità rivelata. E lui non se ne era accorto. Si era rifugiato nella gelosia. Siamo dei falsari, caro Tom e la povertà è la pena. Betta si alzò rinfrancata dalla sua stessa disperazione, le pareva di aver steso davanti a sé un lenzuolo bianco, su cui le parole che Tom non aveva ascoltato si erano incise come stimmate. Con la certezza della pena, coscientemente, si spazzolò la polvere dai calzoni e si avviò verso via Giulia, dove abitava «il vecchio».

un cospicuo lasciapassare per la “felicità”, ovvero per quel riconoscimento e quella notorietà da cui possono arrivare delle “opportunità”». Quando, a un anno esatto dalla morte di Lady Diana, i media si sono accorti che il suo mito stava svaporando per mancanza di forza evocatrice e che il culto della principessa «bella e martire» era di molto scemato per assenza, o quasi, di adepti hanno finto stupore: «Ma come, i milioni di persone che hanno assistito al suo funerale, il più grande evento televisivo di tutti i tempi, la straordinaria cerimonia mediatica con cui erano state canonizzate le spoglie, tutto ciò finito nel nulla? E giù spiegazioni etnosociologiche condite di tanto filisteismo: gli inglesi sono fatti così, l’uomo si commuove ma poi dimentica, morto un papa se ne fa un altro. Nessuno invece ha sottolineato come quell’oblio fosse in realtà non solo prevedibile ma addirittura previsto (e si potesse estendere ad altri simulacri più nobili, come quello di

Madre Teresa di Calcutta, per esempio) in virtù di una ferrea legge mediatica: la dimenticanza è inversamente proporzionale al clamore suscitato. Già, perché la nostra epoca non è popolata di miti, come normalmente si crede, quanto piuttosto da personaggi mitici. Il mito è un’insorgenza pura e incontaminata, un gesto che ci allontana dalla sensazione media del vivere, un incanto e un sigillo che si imprimono sulle cose. Il mito è una narrazione di un evento che ha avuto luogo in un tempo ritenuto primordiale; in altre parole, il mito racconta la creazione di qualcosa di «indimenticabile». Il «mitico» (aggettivo peraltro diffusissimo nel gergo giovanile) si presenta oggi completo di istruzioni per l’uso; è una sorta di mito chiacchierone, portato per sua natura a spiegarsi, a raccontarsi, a storicizzarsi. Dunque, a darsi una data di insorgenza (spesso casuale) e una di scadenza (raramente lasciata al caso). Per questo oggi, nell’epoca della

convergenza e della multimedialità, si preferisce parlare non tanto di mito quanto di icona, una parola che nel giro di poco tempo si è inflazionata. Raffaella Carrà, tra le sue molte virtù, era anche un’icona gay. Ma cos’è un’icona? L’icona è una forma di immortalità terrena provvisoria; nella vita esistono strade che fin dall’inizio mettono l’uomo di fronte a questa sagoma di perennità, ancorché incerta, e persino inverosimile, ma tuttavia innegabilmente possibile: sono le strade degli artisti, degli uomini di spettacolo, di quanti riescono a imporre la loro tipicità essenziale. Che consiste nel raggelare il reale con qualcosa di unico che per un determinato frangente ne arresti la continua mutazione. L’icona è un mito d’oggi, è un mito visto da vicino. Tutti i miti hanno un tempo fissato, un’acme, una morte. Quelli che sono durati più di tutti sono stati quelli antichi perché, allora, non c’erano, o quasi, i media.

Quaderno a quadretti di Lidia Ravera Le nuove povertà/21 «Abbiamo soltanto la nostra bellezza, dobbiamo lavorare con quella». Tom si sentì in dovere di ripetere le parole di Betta, scelse un registro basso, uno sguardo stralunato, un’ intonazione interrogativa. Betta non abbassò gli occhi e per qualche secondo restarono così, fermi, zitti, guardandosi, mentre quella frase echeggiava fra loro, grave. Irreparabile. «Ti fai scopare da quel vecchio», disse Tom. Non era una domanda. Non ci fu perciò altra risposta che una porta sbattuta. Appena fuori Betta si impose di camminare con foga, come se Tom la seguisse dall’alto di un drone e potesse vederla e sentirsi in colpa. Si ritrovò presto stanca e lontana da casa. Era uscita come gettandosi da una finestra. Non aveva la borsa. Niente soldi, documenti, spazzola, rossetto. Niente. E soprattutto niente telefono. Si percepì come un corpo nudo e vulnerabile. E le scoppiò dentro la paura ,

quella paura che la rabbia per l’insulto di Tom aveva momentaneamente contrastato. Qualcosa era accaduto che la chiamava fuori da se stessa, un desiderio acuto di dire fino in fondo, di essere ascoltata, di essere capita. Tornò verso casa lentamente, per la strada più lunga, provando a disciplinare il battito cardiaco e una vertigine di pensieri mozzi, incongrui, disordinati. Le pareva di non ricordare se aveva poi comperato o no quel prosciutto di seconda scelta, in offerta speciale, che Sara avrebbe schifato irritandola, e nello stesso tempo e con lo stesso peso le tornavano in mente brandelli di monologhi che aveva imparato a memoria nel passato, O’Neill, Ibsen, Brecht… tutte composizioni da provino, recitate per essere assunta al cielo delle attrici, per essere scelta e le pareva che tutta la sua vita non fosse mai stata ancorata ad altro che a quella necessità primitiva e scandalosa: che qualcuno ti tiri fuori dal mucchio. Che ti notino, che ti vogliano, che ti preferiscano.

A video spento di Aldo Grasso Divismo televisivo Esiste il divismo televisivo? Sì esiste, ovviamente, anche se è tutto speciale, basato su categorie che il vecchio divismo non conosceva, come la confidenza, la fiducia, la familiarità. La domanda è nata assistendo alle celebrazioni funebri di Raffaella Carrà, una sorta di lutto nazionale. Era già successo con Mike Bongiorno e con Fabrizio Frizzi. Nelle interviste alla gente comune, la risposta più frequente è stata «Raffaella era una di noi». Per «una di noi» è stata sconvolta la programmazione televisiva, è stato organizzato un tour funebre del feretro nelle sedi Rai, è stata allestita la camera ardente in Campidoglio. Questa è la forza della tv generalista, che nonostante Internet è ancora il motore e lo specchio delle nostre passioni, emozioni, percezioni. Una forza capace di raccogliere una comunità altrimenti distante, di sincronizzare il quotidiano di milioni di persone, di offrire immaginari condivisi in modo trasversale.

Sì, quello televisivo è proprio un divismo un po’ speciale, creato in buona parte dall’abitudine, dalla ripetizione, dall’insistenza. Prima del reality e dell’aspirazione a «essere tutti divi», la qualifica di «divo» aveva un carattere esclusivo, si riferiva alle star hollywoodiane e più in generale al mondo del cinema: da Humphrey Bogart a Marilyn Monroe, da Gary Cooper a Rita Hayworth... Oggi non più, il divismo televisivo è spesso un catalogo sfibrato, privo di carisma. È un divismo pret-à-porter o «fai-da-te», come l’ha definito Massimiliano Panarari in un saggio che compare nel libro Storie e culture della televisione italiana (Mondadori): «Il divismo (televisivo) si proletarizza o, meglio ancora, si sottoproletarizza, e si capisce, tutto sommato, anche il perché. In un Paese dalla scarsissima mobilità, e dove l’ascensore si è fermato (o, se si preferisce, è stato arrestato) da parecchio, il comparire in tv si rivela, in seno a un diffuso e ormai radicatissimo immaginario collettivo,


Tarte Tatin dalla griglia RICETTA VELOCE Tagliare in quarti 6 nettarine e mescolarle con 2-3 cucchiai di zucchero e 2 cucchiai di succo d’arancia. Grigliare le nettarine a 250°C per 10-15 minuti coperte fino ad ammorbidirle, quindi irrorare con 2 cucchiai di olio d’oliva. Stendervi sopra 1 pasta per crostate. Coprire e infornare la tarte tatin per 15-20 minuti fino a doratura e sformarla su un piatto capovolgendola. Guarnire infine con 50 g di M-dessert e pistacchi tritati.

20% Tutta la frutta con nocciolo bio per es. nettarine, Spagna/Italia, al kg, 4.70 invece di 5.90

1.95

Da tutte le offerte sono esclusi gli articoli M-Budget e quelli già ridotti. Offerte valide solo dal 27.7 al 2.8.2021, fino a esaurimento dello stock

Pasta per crostate già spianata bio 270 g

Migros Ticino


Settimana Migros e n a t t i Approf 27. 7 – 2. 8. 2021

a i g g e t s e fe

Il nost ro a ll e d o i l g i s n co se t t imana:

20% Tutte le

angurie

i, Italia , xtra min per es . e 3 .70 ve c e d i 2 .95 in

il pezzo

,

conf. da 6

31% 7.80 invece di 11.40

49% 2.50

Uva Vittoria Italia, al kg

invece di 4.95

30% Tonno M-Classic, MSC

Tutti gli oli M-Classic per es. olio di girasole, 1 l, 3.20 invece di 4.60

in olio o in salamoia, per es. in olio, 6 x 155 g

Da tutte le offerte sono esclusi gli articoli M-Budget e quelli già ridotti. Offerte valide solo dal 27.7 al 2.8.2021, fino a esaurimento dello stock

33% 4.95 invece di 7.65

30% 6.40 invece di 9.20

Bistecca di costata di manzo M-Classic Irlanda, per 100 g, in self-service

Carta per uso domestico Twist Style, FSC 8 rotoli

Migros Ticino


Frutta e verdura

Le nostre offerte più colorate e succose

20% 3.50

Pomodori cuore di bue Ticino, al kg

invece di 4.40

6.30

Zucchine bio Svizzera, al kg

IDEALE CON

33% 3.30

Patate Amandine Svizzera, imballate, 1,5 kg

invece di 4.95

a partire da 2 pezzi

20% 4.45 invece di 5.60

Migros Ticino

20% Fettine di formaggio da grigliare Hot & Cheesy M-Classic 2 pezzi, 220 g

Italian Dressing M-Classic 700 ml, 2.50 invece di 3.10

21% 2.60 invece di 3.30

Cicoriéta (Cicoria) Ticino, 100 g


Articoli vegetariani e vegani

Alternative gustose

Vegani e farciti con verdure grigliate

conf. da 2

20% Pasta bio refrigerata Girasoli vegani o pasta fresca, per es. girasoli, 2 x 250 g, 8.60 invece di 10.80

conf. da 2

20%

20%

Cornatur

Tutta la frutta con nocciolo bio per es. nettarine, Spagna/Italia, al kg, 4.70 invece di 5.90

Bistecca di quorn al pepe da grigliare, Grill Ribs o plant based Merguez Grill mi, per es. bistecca, 2 x 195 g, 7.80 invece di 9.80

20x PUNTI

33% 3.95 invece di 5.90

Novità

Bacche miste Svizzera/Portogallo, confezione da 2 x 125 g

2.80

Salsa di pomodoro con Veggie-Balls plant based V-Love 290 g

LO SAPEVI? V-Love è la giovane marca propria della Migros che propone prodotti vegani e vegetariani. L'assortimento viene costantemente ampliato con deliziose novità innovative, fra cui la treccia vegana con farina IP-SUISSE. Insieme all'alternativa vegana al burro di V-Love è ancora più gustosa.

20x PUNTI

22% 1.95 invece di 2.50

Migros Ticino

Novità

Melone retato Italia, al pezzo

3.90

Treccia plant-based V-Love, IP-SUISSE 450 g, confezionata

Offerte valide solo dal 27.7 al 2.8.2021, fino a esaurimento dello stock


Carne e salumi

Carne succosa e tenera Hit 2.20

30% 3.75 invece di 5.40

30% 2.25 invece di 3.25

Costine carré di maiale

per 100 g, in self-service

Hit 4.55

conf. da 2

Lombatine d’agnello Australia/Nuova Zelanda, per 100 g, in self-service

30% 6.90 invece di 9.90

22% 3.65 invece di 4.70

Cappello del prete (Picanha) IP-SUISSE per 100 g, in self-service

prodotto in Svizzera, per 100 g, in self-service

i c c a nt i Sal sicc e p i manzo d c o n c a r ne e s v i z z e r a e di maial

Svizzera, per 100 g, in self-service

Filetto di maiale, IP-SUISSE

Prosciutto cotto Puccini

27% 3.95 invece di 5.45

Entrecôte di manzo Uruguay, per 100 g, al banco a servizio

Salsicce snack al chili Grill mi Svizzera, 2 x 8 pezzi, 450 g

15% Fettine di pollo Optigal speziate e al naturale, per es. speziate, Svizzera, per 100 g, 2.80 invece di 3.40, in self-service

50% 9.80 invece di 19.60

Migros Ticino

Chicken Crispy Don Pollo surgelati, in conf. speciale, 1,4 kg

20% 1.05 invece di 1.35

40% Galletto Svizzera, per 100 g, in self-service

10.75 invece di 17.95

Hamburger M-Classic surgelati, in conf. speciale, 12 x 90 g


Pane e prodotti da forno

20% 6.35 invece di 7.95

20% 4.70 invece di 5.90

Da mordere e cuocere al forno Mostbröckli dell'Appenzello affettato, IGP Svizzera, per 100 g, in self-service

Il nost ro pane del la se tt im ana dall a mol lica umida e con : un elev ato cont enut o di fibr e e prote ine

Petto di tacchino TerraSuisse affettato in conf. speciale, 150 g

LO SAPEVI? The Mix, la gustosa linea di prodotti composti da carne e ingredienti a base vegetale, è l'ideale per chi desidera ridurre il consumo di carne senza rinunciare al gusto. Vi trovi per esempio anche succulente salsicce da grigliare con il 47% di carne in meno.

20% Tutti i prodotti The Mix Meat & Plants per es. salsicce da grigliare, Svizzera, 240 g, 3.95 invece di 4.95

Migros Ticino

3.10

20%

Pane proteico You 400 g, confezionato

20%

Tutti gli zwieback

Tutte le trecce precotte

(prodotti Alnatura e Mini esclusi), per es. Original, 260 g, 2.55 invece di 3.20

per es. treccia al burro TerraSuisse, 400 g, 2.55 invece di 3.20

Offerte valide solo dal 27.7 al 2.8.2021, fino a esaurimento dello stock


Formaggi e latticini

Tutto per la raclette e il brunch domenicale

conf. da 2

20%

20% 1.40

Raccard al naturale a fette o in blocco maxi in confezione multipla o speciale, per es. a fette, 2 x 400 g, 15.– invece di 18.80

20% 1.95 invece di 2.45

Sole del Ticino prodotto in Ticino, per 100 g, confezionato

conf. da 2

15% 4.25 invece di 5.–

Migros Ticino

invece di 1.75

20% 1.60 invece di 2.–

Furmagín frésch (Formaggini freschi senza lattosio)

invece di 13.60

per es. Mozzarella, 150 g, 1.55 invece di 1.95

conf. da 6

21%

–.70

2 x 500 ml

Tutto l’assortimento Galbani

prodotti in Ticino, per 100 g

di riduzione

12.90

per 100 g, confezionato

20%

conf. da 4

Mezza panna UHT Valflora

Le Gruyère dolce, AOP

Il Burro panetto, 4 x 250 g

Yogurt M-Classic o di stagione disponibili in diverse varietà, per es. M-Classic alle fragole, alla mela e al mango e ai mirtilli, 6 x 200 g, 2.60 invece di 3.30


Pesce e frutti di mare

Dal regno di Nettuno

CONSIGLIO DEGLI ESPERTI

30% 13.95 invece di 19.95

33% 9.60 invece di 14.40

Filetti Gourmet à la Provençale Pelican, MSC surgelati, in conf. speciale, 2 x 400 g

Salmone dell'Atlantico affumicato, ASC d'allevamento, Norvegia, in conf. speciale, 300 g

Al bancone dei prodotti freschi Migros a ogni acquisto si possono ricevere consigli professionali sulla preparazione. Prima della cottura, sciacquare il salmone brevemente sotto l'acqua fredda e asciugarlo tamponandolo. Non girarlo troppo spesso durante la cottura per evitare che si sfaldi. A proposito: il salmone selvatico fresco è disponibile al bancone della Migros da luglio a settembre.

it a ora d n e v In c o ne al b an

20% Filetto di salmone selvatico, MSC per es. M-Classic, pesca, Pacifico nordorientale, per 100 g, 4.70 invece di 5.90, in vendita in self-service e al bancone

Offerte valide solo dal 27.7 al 2.8.2021, fino a esaurimento dello stock


Scorta

Tutto per la festa del 1° agosto

10 0% succo madre

conf. da 6

conf. da 6

36%

50%

20%

Aproz

Coca-Cola

6 x 1,5 l o 6 x 1 l, per es. Classic, 6 x 1,5 l, 2.85 invece di 5.70

Classic, Light o Zero, 6 x 1,5 l, 6 x 750 ml o 6 x 450 ml, per es. Classic, 6 x 1,5 l, 7.65 invece di 12.60

Tutti i succhi freschi e le composte Andros per es. succo d'arancia, 1 l, 3.90 invece di 4.90

Briosi drink pe r il brindisi

30% Tutte le bevande da aperitivo della marca Apéritiv e tutti gli spumanti analcolici

20% –.95 invece di 1.20

per es. acqua tonica Apéritiv, 500 ml, –.80 invece di 1.15

Tutto l'assortimento Terme di Crodo per es. Mojito Soda, 330 ml

Delic ata be vanda al caffè con inte nso aroma di caffè

20x PUNTI

conf. da 4

30% 2.80 invece di 4.–

Migros Ticino

20% Zucchero fino cristallizzato Cristal 4 x 1 kg

Tutti i caffè istantanei, UTZ (Nescafé escluso), per es. Cafino Classic, in busta da 550 g, 8.75 invece di 10.95

Novità

2.60

Segale Alnatura 1 kg, in vendita nelle maggiori filiali


Con il 5 0%t o di c ont e nu in più

Hit 2.–

Pennette rigate, spaghetti o tortiglioni Agnesi in confezione speciale, con il 50% di contenuto in più, per es. pennette rigate, 750 g

conf. da 6

20% 4.80 invece di 6.–

a partire da 2 pezzi

24%

20% Pomodori triturati Longobardi

Tutto l’assortimento di sottaceti e di antipasti Condy

6 x 280 g

per es. cetrioli, 270 g, 1.55 invece di 1.90

20x

Tutto l'assortimento Mirador per es. condimento in polvere, barattolo da 90 g, 1.45 invece di 1.95

PUNTI

conf. da 2

35% 2.– invece di 3.10

a partire da 2 pezzi

20%

Novità

Maionese M-Classic Original 2 x 265 g

20%

3.70

Maionese con senape Thomy 265 g, in vendita nelle maggiori filiali

Tutte le salse per insalata già pronte non refrigerate e i crostini per insalata per es. Italian Dressing M-Classic, 700 ml, 2.50 invece di 3.10

30%

Tutte le chips e i rösti Farm

Tutto l'assortimento Happy Hour

per es. chips alle erbe svizzere, 150 g, 2.20 invece di 2.80

prodotti surgelati, per es. cornetti al prosciutto M-Classic, 12 x 42 g, 4.55 invece di 6.50

Migros Ticino

Offerte valide solo dal 27.7 al 2.8.2021, fino a esaurimento dello stock


Dolce e salato

Piccole delizie dolci

20% 5.55

Millefoglie alle fragole 2 pezzi, 380 g, confezionata

invece di 6.95

conf. da 4

25% Tortine disponibili in diverse varietà, per es. all'albicocca, 4 x 75 g, 3.75 invece di 5.– a partire da 2 pezzi

–.60 di riduzione

Tutti i biscotti in rotolo (prodotti Alnatura esclusi), per es. biscotti margherita, 210 g, 1.30 invece di 1.90

20x PUNTI

Novità

1.30

Tortina al cocco e cioccolato M-Classic 80 g, prodotto confezionato


LO SAPEVI? Tutti i gelati Crème d'Or vengono prodotti dall'azienda Migros Delica (ex Midor) a Meilen sul lago di Zurigo. Si utilizzano esclusivamente panna e latte svizzeri. Inoltre, per le creazioni di gelato si impiegano solo ingredienti selezionati e naturali al 100%.

a partire da 2 pezzi

20% Tutti i gelati Crème d'Or in vaschette da 750 ml e 1000 ml prodotto surgelato, per es. vanille Bourbon, 1000 ml, 8.– invece di 9.95

a partire da 2 pezzi

20% Tutte le tavolette di cioccolato Frey da 100 g (Sélection, Suprême, M-Classic e confezioni multiple escluse), per es. al latte finissimo, 1.60 invece di 1.95

25% Tutte le chips Doritos e Burts per es. Sea Salt Burts, 150 g, 3.70 invece di 4.95

Migros Ticino

Offerte valide solo dal 27.7 al 2.8.2021, fino a esaurimento dello stock


Bellezza e cura del corpo

Ottimi prodotti per chi ha buon fiuto per le offerte

20% Tutto l'assortimento Nivea Sun (confezioni multiple escluse), per es. Protect & Moisture IP 30, 250 ml, 8.80 invece di 11.–

conf. da 2

27% 7.95 invece di 11.–

a partire da 2 pezzi

25% Deodoranti Borotalco

Prodotti per la cura dei bebè Nivea

per es. spray Original, 2 x 150 ml

per es. Shampoo & Bath dalla testa ai piedi, 500 ml, 5.65 invece di 7.50


conf. da 2

25% Collutori Listerine

20%

per es. Advanced White gusto delicato, 2 x 500 ml, 8.80 invece di 11.80

Tutto l'assortimento Tena (confezioni multiple escluse), per es. assorbenti Lady Extra, conf. da 10, 4.30 invece di 5.40

Con cotone bio

20x PUNTI

Novità

20x PUNTI

5.50

Novità

3.95

Dentifricio Meridol Alito fresco 75 ml

Tamponi o.b. Organic

Con ginkgo biloba , vitamine B e zinc o

Normal o Super, per es. Normal, confezione da 16 pezzi

Pe r le ma n l e s u pe r f i i e ci

PUNTI

PUNTI

20x

Novità

Novità

Novità

6.95

20x

20x

PUNTI

Tamponi o.b. Pro Comfort Normal o Super, in confezione speciale, per es. Normal, conf. da 64 pezzi

2.95

Salviette disinfettanti 2 in 1 M-Plast confezione da 15 pezzi

19.50

IQ Performance Ginkgo Actilife 30 capsule

Offerte valide solo dal 27.7 al 2.8.2021, fino a esaurimento dello stock


Varie

Oggetti pratici e graziosi per la casa

conf. da 2

20% Detergenti Potz o M-Classic per es. Potz Calc, 2 x 1 l, 8.80 invece di 11.–

a partire da 2 pezzi

50%

a partire da 2 pezzi

Tutti i cestelli per WC Hygo per es. Blue Water, confezione da 2 pezzi, 1.60 invece di 3.20

50% Tutti i detersivi Elan per es. Spring Time in conf. di ricarica, 2 l, 7.45 invece di 14.90

Hit 9.95 Migros Ticino

Pirofila Simax con coperchio 21 x 21 x 6,5 cm, il pezzo

33%

Hit 14.95

Thermos a forma di gatto, disponibile in nero o color oro, per es. nero, il pezzo

59.90 invece di 89.95

Mio Star Ventilatore Floor & Table Fan 40 Utilizzabile come ventilatore da tavolo o a piantana, 8 livelli di esercizio, il pezzo


Mondo animale ote ne naturale Snac k c on c ar i rodit ori pe r tutt i

20x PUNTI

Novità

Hit 10.50

2.50

Stick da sgranocchiare per roditori Vitakraft Carotties 50 g

Carta per uso domestico Twist Quattro, FSC Limited Edition, 12 rotoli

20x PUNTI

Novità

e Da produzion e quosolidale

4.95

Gourmet Nature's Creations pollo o pesce, per es. pollo, 4 x 85 g

conf. da 2

20% 7.95 invece di 9.95

Rose in vaso vaso, Ø 12 cm, per es. pink, 2 pezzi

20x PUNTI

10% 14.95 invece di 16.95

Migros Ticino

Novità

Rose nobili, Fairtrade mazzo da 7, lunghezza dello stelo 60 cm, disponibili in diversi colori, per es. giallo-rosso, il mazzo

7.95

Vital Balance Natural Selection senza cereali, pollo o salmone, per es. salmone, 700 g

Offerte valide solo dal 27.7 al 2.8.2021, fino a esaurimento dello stock


Tutto per la festa nazionale

Validi gio.– dom. Prezzi

imbattibili del

weekend

In ve ste bian del 1° d ’agostco-rossa in onore o e d ’a all’aperto sviz llevamento zero.

42% 12.50 invece di 21.60

3.25

Palline di cioccolato al latte finissimo Frey con motivo del 1° d'agosto, in conf. speciale, 1 kg

23% 3.40 invece di 4.45

Uova da picnic svizzere da allevamento all'aperto per il 1° agosto

Pomodorini ciliegia a grappolo Svizzera, vaschetta da 500 g, offerta valida dal 29.7 all'1.8.2021

6 x 53 g+

conf. da 5

3.20

Michetta del 1° d'agosto, IP-SUISSE 400 g, confezionata

45% 6.45 invece di 11.75

3.50

1.95

con motivo Svizzera, 25 cm, il pezzo

4 pezzi

invece di 4.20

1.95

Da tutte le offerte sono esclusi gli articoli già ridotti. Offerte valide solo dal 27.7 al 2.8.2021, fino a esaurimento dello stock

Svizzera, 5 x 2 pezzi, 1 kg, offerta valida dal 29.7 all'1.8.2021

Lumini del 1° d'agosto

30% 2.90 Lampioncino

Cervelas M-Classic

Stuzzicadenti con bandierina dei cantoni o svizzera, per es. svizzera, 40 pezzi

Tutto l'assortimento di alimenti per gatti Vital Balance per es. Adult con pollo, 450 g, offerta valida dal 29.7 all'1.8.2021


Turn static files into dynamic content formats.

Create a flipbook
Issuu converts static files into: digital portfolios, online yearbooks, online catalogs, digital photo albums and more. Sign up and create your flipbook.