Azione 37 del 7 settembre 2020

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Cooperativa Migros Ticino

Società e Territorio Anche gli uomini fin da piccoli sono condizionati dagli stereotipi di genere, che li penalizzano. Un libro ci spiega come

Ambiente e Benessere Il Gipeto è tornato a vivere sulle nostre montagne e il prossimo 3 ottobre sarà la giornata del suo censimento ufficiale

G.A.A. 6592 Sant’Antonino

Settimanale di informazione e cultura Anno LXXXIII 7 settembre 2020

Azione 37 Politica e Economia Le tensioni razziali rischiano di avvantaggiare Donald Trump. Ecco perché

Cultura e Spettacoli Per i novant’anni di Liliana Segre esce da Casagrande Scegliete sempre la vita

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Segnali di paranoia collettiva

Paesaggi e storie in val Pontirone

di Peter Schiesser

di Romano Venziani

pagine 16-17

Romano Venziani

Messaggio whatsapp ricevuto il 29 agosto (che non ho condiviso): «Manifestazione di Berlino in diretta! Link per seguire la colossale manifestazione di 5 milioni di persone che oggi scenderanno in piazza (pronte a fermarsi anche 5 giorni e oltre, fino alla caduta del governo) e che lotteranno per liberarsi di questa dittatura sanitaria diventata insostenibile. Per riottenere i nostri diritti che sono intoccabili (...) e non protrarre oltre la pianificata distruzione delle nostre economie, della politica, dei bambini e della nostra salute (...). Adoperiamoci per farla vedere a tutti, perché se i media italiani non parleranno di una manifestazione così grande, colossale e storica, sarà la dimostrazione finale ed evidente a tutti che non ha più senso ascoltare le menzogne delle nostre TV e giornali (...)». Vi risparmio il seguito della filippica. In realtà erano 38mila, e ne hanno riferito i maggiori giornali e media. Anche per il finale, in serata, di quella giornata di manifestazioni: l’assalto di 300-400 neonazisti al Reichstag, sventolando le bandiere care a Hitler, tenuti a stento a bada dalla polizia. Però non confondiamo i neonazisti con gli organizzatori della manifestazione, che fa seguito a quella del 1. agosto sempre a Berlino: c’erano 3-4 migliaia di estremisti di destra, ma anche hippy, esoterici, normali padri madri nonni, antivax e adepti di medicine e terapie al di fuori dello spettro classico, ma gli organizzatori si trovano nella galassia che si sta formando attorno a «Querdenken 711» e al suo leader, l’imprenditore tedesco Michael Ballweg. Il tenore di questi, possiamo chiamarli negazionisti?, è: la pandemia non esiste, non è mai esistita, sul virus (se esiste, è dubbio) ci hanno raccontato un sacco di frottole, ci stanno rubando la libertà e i diritti con una dittatura sanitaria (la mascherina è aborrita), ci vogliono controllare, ma siamo tanti e cresceremo e vinceremo la battaglia. Sul loro sito e sui vari siti linkati escono spiegazioni e teorie che a fatica celano una visione complottista del mondo. Lo stesso Ballweg ha fatto riferimento sibillinamente al fantasmagorico gruppo americano che si denomina QAnon (e a Berlino si è visto chi portava magliette con il loro simbolo), secondo il quale il mondo è controllato da un ristretto gruppo di persone, fra cui il miliardario Soros, Obama, la Clinton, alla testa di un traffico mondiale di bambini, della cui linfa si alimentano per allungarsi la vita; Trump però è venuto a liberarci da quel deep state che controlla l’America e il mondo. Un cocktail di negazionismo, complottismo, attesa messianica non da sottovalutare, indice di un profondo malessere nella società, detonato con l’arrivo del Coronavirus e cresciuto durante il lockdown. Il virus uccide e fa ammalare (fortunatamente non tutti), ma la pandemia ha anche un effetto che coinvolge moltissimi aspetti della vita di ognuno, e soprattutto ha gettato tutto il mondo in una situazione di grande instabilità e incertezza. Tuttavia molte persone non reggono l’incertezza, devono ricrearsi delle certezze. È umano, forse avviene in tutti noi, in fondo anche credere al parere di un esperto (che non siamo in grado di confutare, per i nostri limiti di conoscenza) è una richiesta di certezza. Ma quando entra in gioco la paranoia le cose cambiano. Diventano più pericolose. Una persona paranoica non crederà alla versione ufficiale delle cose, è convinta che lo stanno ingannando, che dietro c’è dell’altro. Crede nella critica, gli serve per smontare la lettura ufficiale del mondo, però anche lui ha bisogno di certezze, per cui si dirige e poi viene attratto da persone che con certezza granitica gli svelano come va veramente il mondo (e a quel momento lo spirito critico viene meno). Nel suo libro Paranoia, lo psicoanalista Luigi Zoja riassume i tratti tipici della paranoia: «Il panaoico grave costruisce una teoria del complotto perché in questo modo la sua sofferenza sembra trovare un senso, e intanto compensa alcune debolezze di fondo. In primo luogo la solitudine, che, circolarmente, è insieme causa e conseguenza della sospettosità, viene spezzata dalla fantasia di essere al centro dell’interesse di tutti». Di conseguenza cerca suoi simili, e la rete è il luogo perfetto per trovarli, si crea così una virtuale comunità globale. Scrive ancora Zoja che «i processi mentali del paranoico sono dettati dalla rigidità (...), questo comporta anche fragilità: non può permettersi di cedere un passo agli avversari». Questo vuol dire che un dialogo, un dibattito non può esistere quando c’è in ballo la paranoia. In realtà, Zoja considera la paranoia non come una malattia, ma come un archetipo, in senso junghiano. Significa che potenzialmente è presente in ognuno. E nel corso della storia la paranoia, essendo inflazionistica, da individuale si è già molte volte trasformata in collettiva, con conseguenze disastrose. Pensiamo ai regimi di Stalin e di Hitler. A questo punto speriamo di riuscire ad evitare che la pandemia ceda il passo a una nuova paranoia collettiva.

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