Azione 50 del 7 dicembre 2020

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Cooperativa Migros Ticino

Società e Territorio L’azione ansiogena dei social media spiegata dalla psichiatria evoluzionista nel libro di Randolph M. Nesse

Ambiente e Benessere I trattamenti cosiddetti «antiandrogeni» usati nella terapia contro il tumore alla prostata potrebbero avere un effetto protettivo contro il Covid-19

G.A.A. 6592 Sant’Antonino

Settimanale di informazione e cultura Anno LXXXIII 7 dicembre 2020

Azione 50 Politica e Economia È troppo presto per liquidare Trump e il trumpismo

Cultura e Spettacoli Un’opera da non perdere, in libreria dopo anni di assenza: Il volo magico di Ugo Leonzio

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Covid-19, ingabbiati nella seconda ondata

Vincenzo Vicari, con la fretta di fermare il tempo

di Peter Schiesser

di Giovanni Medolago

Archivio storico della città di Lugano

Non ci siamo. La seconda ondata della pandemia non è sotto controllo, né in Svizzera né altrove. Forse ci immaginavamo che una volta raggiunta la cima automaticamente la curva avrebbe cominciato a ridiscendere, come era avvenuto in primavera. Invece scopriamo che lassù in cima, in assenza di un lockdown completo, si estende un lungo altipiano e non una ripida discesa. Il ministro della sanità Berset si è detto da una parte molto comprensivo che le persone vogliano festeggiare il Natale insieme e godersi le vacanze sulla neve, dall’altra molto preoccupato che questo accresca la curva dei contagi, quindi dei malati, dei ricoverati, dei decessi. In effetti, l’obiettivo del Consiglio federale di dimezzare il numero dei contagi ogni due settimane ha funzionato in principio, portandoli da 8000 a 4000 a livello nazionale, ma ora si resta sui 4000 al giorno, oltre i 200 in Ticino (che ha di nuovo il numero più alto di contagiati per 100mila abitanti in due settimane: giovedì scorso 889, con tempi di raddoppio di 37 giorni, davanti a sei cantoni svizzero-tedeschi, secondo la quotidiana statistica di tagesanzeiger.ch). Scrivo queste righe prima che il Consiglio federale annunci nuove misure valevoli fino a Natale (con la speranza di poter concedere qualcosa in più fra Natale e Capodanno), ma le indiscrezioni trapelate durante i giorni di consultazione presso i cantoni lasciano intendere che la vita sociale verrà ristretta ancor di più, che i cantoni saranno chiamati a inasprire le misure, in special modo quelli svizzero tedeschi, ora che quelli romandi fortemente toccati all’inizio della seconda ondata mostrano una diminuzione dei contagi. La paura delle autorità federali, evidentemente, è di ritrovarsi dopo le feste di fine anno con una situazione peggiore di quella avuta nella prima fase della seconda ondata, che in Svizzera è costata più vite della prima. L’esempio degli Stati Uniti è lo spauracchio per ogni paese occidentale: per Thanksgiving, il 24 novembre, si sono mosse masse di persone, che hanno ripopolato aeroporti e rimescolato il tessuto sociale, ed oggi si contano 200mila contagi al giorno, quando già 100mila qualche settimana fa rappresentavano un primato, e le autorità temono che il numero dei decessi salirà dagli attuali 270mila a 450mila a fine febbraio. E per loro, come per noi, il Natale è ancora di là da venire. Facile quindi prevedere un prossimo periodo di accresciute misure restrittive. Ma cosa è andato storto? Se osserviamo come la seconda ondata ha colpito ogni paese, ma in tempi e modi differenti, dobbiamo riconoscere che la Svizzera non è un buon esempio se paragoniamo numero di contagi e mortalità, molto migliore se osserviamo la tenuta delle strutture sanitarie. L’analisi finale andrà compiuta a pandemia terminata, ma una constatazione viene fatta fin d’ora: per bloccare sul nascere una nuova ondata, più che le misure prese conta il momento in cui le introduci. E ottobre per la Svizzera è stato un mese perso. Nonostante i contagi aumentassero velocemente (ma non ancora le ospedalizzazioni, non ancora i decessi) si è perso tempo. Questo vale sia per le autorità, sia per i singoli e i loro comportamenti. E il risultato è il prodotto di ciò che si decide dall’alto e ciò che si attua individualmente – è il prodotto della consapevolezza delle autorità politiche e personale dei cittadini. Ed ora eccoci qua, con un 2020 che fa sentire il suo peso fino agli sgoccioli, e di certo su qualche mese in più del prossimo anno. Ma poi ci saranno i vaccini. La Gran Bretagna è la prima nazione occidentale ad autorizzarne uno, quello della Pfizer (quello di Moderna attende l’autorizzazione), che però deve essere mantenuto a – 70 gradi centigradi. Le prime 800mila dosi stanno arrivando dal Belgio, in totale se ne attendono 40 milioni, sufficienti per 20 dei 67 milioni di abitanti, dopodiché arriveranno altri vaccini. L’obiettivo è di vaccinare il 70 per cento della popolazione per ottenere l’immunità di gregge. L’esempio della Gran Bretagna sarà fondamentale per capire quante persone sono disposte a vaccinarsi. Perché sarebbe un errore fatale pensare che una grande maggioranza voglia farlo. In Svizzera i primi sondaggi indicano una quota di poco superiore al 50 per cento. Ciò che pure gli esperti ritengono comprensibile, dato che si sa ancora poco del funzionamento e dell’efficacia dei nuovi vaccini di Pfizer e Moderna, come pure di loro eventuali controindicazioni, che potrebbero insorgere solo tempo dopo. Ci vorrà un’attenta osservazione di quanto avverrà nei prossimi mesi in Gran Bretagna e un’oculata campagna di informazione delle autorità. Non ci sarà obbligo di vaccinarsi, le autorità insistono a dirlo. Ma una pressione in favore di una vaccinazione verrà da un’altra parte: ci sono già prime compagnie aeree che annunciano di lasciar volare solo persone vaccinate contro il Coronavirus, in futuro, e altrettanto faranno numerosi altri attori economici. Sarà il prezzo della nostra libertà e della nostra vita sociale.

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