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Favorire l’autostima fin dalla nascita

Psicologia ◆ Durante la crescita dei propri figli il genitore dovrebbe proteggere senza soffocare e accompagnare senza condizionare

Alessandra Ostini Sutto

«L’autostima non va confusa con una tendenza egocentrica. La vera autostima fa i conti con il piano della realtà, si accompagna alla consapevolezza dei propri limiti, insegna a saper chiedere aiuto e collaborare e a riconoscere il valore degli altri senza sentirsene offesi o sminuiti». È questa la premessa della psicologa e psicoterapeuta milanese Gloria Bova specializzata in psicoterapia sistemico-relazionale prima di rispondere alle nostre domande su quali siano i comportamenti genitoriali che favoriscono autonomia e autostima, insomma su come aiutare i propri figli a diventare delle persone responsabili, indipendenti e sicure. Ed è proprio l’autostima descritta da Gloria Bova quella cui ambire per i propri figli, perché consente loro di sperimentare prendendo decisioni, apprendendo dai propri errori, imparando ad affrontare le situazioni, a essere resilienti.

«L’autostima accompagna la crescita evolutiva di una persona all’interno di un mondo di relazioni. Al di fuori di un contesto infatti – per esempio se ci trovassimo su un’isola deserta –non potremmo sapere se siamo validi e forti, alti o bassi; lo sappiamo in rapporto agli altri ragionando per differenze – spiega la psicoterapeuta. Per l’autostima è quindi fondamentale la famiglia d’origine in quanto primo contesto di relazioni con cui ci confrontiamo, fin dalla nascita. Negli anni successivi aumentano i contesti di confronto, ma quanto assimilato dalla famiglia resta fondamentale».

Verso l’autonomia e l’indipendenza

Anche la conquista dell’autonomia –che è poi la capacità di far fronte ai propri bisogni e alle novità o difficoltà che si incontrano nel rapporto con l’ambiente e le persone – inizia dalla nascita, se non prima, e ci accompagna per tutta la vita. «Mancanza di autonomia significa dipendenza. Chi non impara a cucinare, per esempio, sarà materialmente dipendente da chi cucina per lui. Sul versante psico-af- fettivo, invece, la dipendenza porta a lasciarsi facilmente influenzare dalle idee degli altri o dal contesto, a vivere un quotidiano da riempire con mille impegni per non ritrovarsi soli con sé stessi». Pure in questo ambito – ovviamente – è la famiglia il primo terreno di crescita per il bambino.

«La famiglia è un sistema di relazioni che risponde a una precisa cultura e la qualità di vita, materiale e affettiva, presente al suo interno è al contempo un’opportunità e un condizionamento per lo sviluppo del bambino, dal momento che egli assimila i modelli culturali e relazionali della mamma e del papà. Nel cercare la sua individualità il bambino impegnerà gran parte della sua energia per emanciparsi da questi condizionamenti e conquistare così autonomia e indipendenza», continua Gloria Bova.

Similmente a quanto fin qui osservato, il modo in cui il bambino si sente visto dai propri genitori è strettamente collegato all’immagine che egli costruisce di sé: se mamma e papà hanno scarse attese nei suoi confronti, penserà di non valere un granché e la sua autostima ne risentirà, d’altro canto se essi hanno aspettative eccessive, il bambino potrà non sentirsi all’altezza e questo influenzerà in modo negativo la sua percezione di sé e della realtà. «Per riassumere, possiamo dire che noi non ci inventiamo, bensì cresciamo all’interno di un contesto culturale e affettivo dove ci sono dei modelli, una forma mentis, che assorbiamo – afferma la psicoterapeuta – per dirlo con un’immagine, costruiamo i nostri mattoncini partendo da quelli dei nostri genitori. E l’esito più felice si ottiene quando riusciamo ad integrare quei mattoncini con quelli che costruiamo all’interno di nuove relazioni. Perché noi ci costruiamo nella relazione con il mondo».

Tornando all’infanzia e dato che i bambini imparano, anche, «per assorbimento», cosa succede se i genitori non dovessero essere delle persone con buona autonomia e autostima? «Se esiste una consapevolezza a riguardo, è possibile aiutare il genitore a emanciparsi a sua volta dalle proprie mancanze. La famiglia è infatti un organismo che cresce insieme ai suoi membri e questo è anche il compito delle nuove generazioni, cioè portare novità e vitalità in un sistema che si oppone al cambiamento», commenta Bova.

All’interno di una famiglia, ognuno dei genitori usa, anche in modo inconsapevole, modelli culturali ed educativi dei propri genitori, con il loro carico di funzionalità o disfunzionalità. «Una coppia di neogenitori ha a sua volta alle spalle quattro genitori, con voci spesso discordanti o inadeguate ai tempi, oppure che impongono le loro modalità senza riconoscere alcuna competenza ai nuovi mamma e papà – spiega Gloria Bova – quando questo è causa di incomprensioni e litigi nella coppia, i genitori sono chiamati a emanciparsi da condizionamenti e luoghi comuni. Anche perché le loro sicurezze vengono già messe quotidianamente in discussione nel confronto con un esserino che cresce cercando di affermare sé stesso e la sua diversità. In realtà, a saperlo ascoltare, sarà il bambino stesso ad insegnare a mamma e papà come essere dei bravi genitori e li ricambierà con la gioia di un dialogo d’amore che non cambierà con l’età».

Dialogo e ascolto in famiglia

Nella comunicazione famigliare, il dialogo, l’ascolto e l’attenzione sono elementi determinanti per lo sviluppo dei figli. Per instaurare una comunicazione efficace, è essenziale partire dall’ascolto, offrendo attenzione alle emozioni e poi alle opinioni che i bambini esprimono. Importante in questo ambito è indirizzare il bambino, contenendolo, quando vorrebbe parlare senza sosta – ciò che l’aiuta a sviluppare senso critico e ad abituarsi a sostenere delle conversazioni – frenando però al tempo stesso la tendenza degli adulti a interrompere o commentare, con il fine di permettergli di acquisire sicurezza nei propri pensieri e sviluppare un buon livello di autostima. Ovviamente il tutto dovrebbe avvenire in un contesto famigliare nel quale i genitori sono disponibili e manifestano affetto. Condizioni, queste, che rafforzano il legame e fanno sì che i figli siano più inclini ad ascoltare a loro volta.

Nel percorso di crescita dei propri figli, una sfida cui sono confrontati i genitori è la ricerca del corretto equi- librio tra libertà e indipendenza da un lato e attenzione e protezione dall’altro. Ambito nel quale si può identificare nella «discrezione» la regola generale da applicare. Quando i piccoli sono in difficoltà è infatti opportuno fornire solo indicazioni di massima, in modo che siano loro a giungere alla soluzione. Diversamente verrebbe minato il loro senso di efficienza e amplificato il loro bisogno di appoggio. Ciò non vuol dire, ovviamente, che i bambini non debbano essere aiutati, perché, in tal caso essi rischierebbero di trovarsi demotivati dal conflitto tra il desiderio di fare e il timore di non riuscire. «A volte è l’ansia dei genitori a generare in loro un senso di inadeguatezza. In tali casi il genitore va aiutato a rendersi conto della propria ansia e ad ascoltare i bisogni del figlio, per poter modulare la propria presenza tra vicinanza e distanza in funzione dei suoi bisogni, esattamente come quando gli si insegna ad andare in bicicletta. Lo si accompagna con sempre maggiore leggerezza e quando la giusta sicurezza per procedere in equilibrio è acquisita lo si lascia andare guardandolo compiaciuti – commenta Gloria Bova –. Accompagnare la crescita di un bambino richiede competenze di ascolto empatico al pari di quelle del professionista della psiche, per questo è un “mestiere” difficile». In sintesi, l’adulto dovrebbe proteggere senza soffocare e accompagnare senza condizionare. Come visto, per permettere ai propri figli di sentirsi più capaci e sicuri di sé vale poi, su tutti, il consiglio di essere d’esempio. E questo anche con un atteggiamento di apertura alla conoscenza di mondi diversi dal proprio. «Consiglio di insegnare al proprio figlio a mantenere uno sguardo aderente al piano della realtà, seppur coltivando curiosità e creatività, e poi di scegliere la bontà, anche in un mondo di cattiveria, difendendosi quanto basta senza offendere né degradarsi, e di acquisire le giuste competenze per vivere con gli altri collaborando per il suo bene e quello di tutti. È così che si costruisce un mondo migliore», conclude Gloria Bova.

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