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Viaggiatori d’Occidente Alla ricerca del genius loci

Durante le recenti vacanze di Pasqua ho camminato in una valle d’Appennino, risalendo il corso di un torrente sino alla sorgente. Rari gli incontri con altri escursionisti lungo il sentiero; più spesso ho visto grandi orme di lupo ben stampate nella terra umida di primavera. Ma anche alle soglie del selvatico l’ottima copertura del segnale dello smartphone mi manteneva collegato allo spazio digitale e mediatico della rete, dove si rincorrevano invece lamenti per l’ingestibile affollamento di turisti. Al portale nord della galleria del San Gottardo, venti chilometri di coda e ore di attesa. Anche le Cinque Terre erano prossime al collasso e i notiziari sembravano un bollettino di guerra, «assalto dei visitatori», «situazione critica» eccetera. Solo albergatori e ristoratori frenavano le critiche, esprimendo semmai un certo sollievo dopo gli anni perduti a causa dell’e- pidemia. E comunque là dove io mi trovavo, nel mezzo di un sontuoso bosco di faggi alimentato da liquide vene sotterranee, tutte queste questioni sembravano molto distanti.

Passo dopo passo la vicina sorgente si annuncia con diversi rivoli che confluiscono l’uno nell’altro per creare il primo, incerto corso d’acqua. Poi, risalendo ancora un poco, raggiungo una pozza tra gli alberi, un affioramento d’acqua, circondato dal manto erboso di un prato. È la meta finale del mio cammino.

Tutto qui? Sono stato alla sorgente di diversi fiumi, anche famosi, e ogni volta un certo senso di delusione è inevitabile. Del resto in un suo lungo viaggio confluito poi in Danubio (Garzanti, 1986), Claudio Magris scoprì che il principale fiume dell’Europa orientale nascerebbe dalla grondaia di una casa del Settecento, alimentata da un rubinetto che

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