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Il Mercato e la Piazza L’importanza economica della malattia

Dall’annuario dell’Ufficio cantonale di statistica risulta che, nel 2020, il 15,7% della popolazione del Ticino è stata degente in ospedale. Si tratta dei cosiddetti «pazienti usciti», ossia di quelle persone che hanno beneficiato di un trattamento e poi hanno potuto lasciare l’ospedale. Così almeno interpretiamo questa statistica. Il dato impressiona: se fossero sempre pazienti diversi, se fossero tutti domiciliati in Ticino, si potrebbe pensare che il ticinese visita l’ospedale almeno una volta ogni sei anni. Una frequenza elevata. Se invece compariamo la percentuale ticinese con la media nazionale che, nel 2020, era uguale al 16,7%, ci accorgiamo che, sempre nel 2020, primo anno di pandemia, da noi ci sono stati in proporzione meno pazienti dimessi dagli ospedali che nel resto del Paese. Tuttavia in Ticino potrebbero esserci stati più morti in ospedale che altrove anche perché la popolazione è più anziana della me-

Affari Esteri

dia nazionale. O forse non è così… Stando a una recente notizia, la popolazione ticinese non solo è vecchia ma è anche la più longeva d’Europa (ha la speranza di vita maggiore). Questo sembrerebbe suggerire che nei nostri ospedali muoiano in proporzione meno persone rispetto al resto della Svizzera. È quindi probabile che una parte della nostra popolazione anziana, di origine allogena in particolare, per morire prenda il treno per Zurigo o Basilea. Ecco un’ipotesi sulla quale si potrebbe indagare a livello universitario: Ticino, il Cantone dove non si nasce e non si muore! Avanzando nell’analisi della statistica, occorre sottolineare che il dato concernente i «pazienti usciti» è influenzato, nella sua evoluzione, non solo dall’andamento della quota di popolazione malata e dal suo tasso di mortalità, ma anche da variabili come il numero dei letti in ospedale o la lunghezza media del periodo di degenza, i quali evolvo- no spesso in funzione degli obiettivi della politica sanitaria cantonale. Negli ultimi due decenni in Ticino, nonostante la popolazione residente sia aumentata del 13%, l’effettivo dei pazienti dimessi dagli ospedali è restato costante, oscillando tra le 55mila e le 60mila unità annuali. Nello stesso periodo però sono diminuiti sia l’effettivo dei letti (–20% circa), sia quello delle giornate di cura (–30% circa).

Questi indicatori provano che negli ultimi due decenni l’efficienza delle cure ospedaliere nel Cantone è aumentata in modo significativo: nei nostri ospedali oggi si riesce a guarire il medesimo effettivo di malati con meno letti e meno giornate di degenza. Ma allora perché le spese per la salute aumentano? Fatto che si può verificare comparando i premi di cassa malati del 2000 con quelli del 2023. Anche le spese dell’ente pubblico per la salute non sono diminuite. Nel 2000 il Cantone aveva pagato per la sani-

Sudan: la lotta tra due feroci generali

Abdel Fattah al Burhan e Mohamed Hamdan Dagalo, detto Hemedti, sono due generali sudanesi. Il primo è il capo di Stato di fatto e guida l’esercito regolare; il secondo è il suo numero due e guida le Rapid Support Forces (RSF), la più importante milizia paramilitare del Paese. Entrambi sono cresciuti sotto la protezione dell’ex dittatore del Sudan, Omar al Bashir; entrambi hanno contribuito allo sterminio nella regione del Darfur, nella parte occidentale del Paese (trecentomila morti, due milioni di sfollati). Entrambi hanno abbandonato Bashir quando hanno realizzato che non era salvabile, ma prima hanno partecipato alla repressione violenta delle manifestazioni contro il regime; entrambi hanno cacciato i rappresentanti non militari dal Consiglio di transizione nel 2021 (un golpe); entrambi hanno cercato e trovato sostegno dagli altri Paesi della regione, a Riad, al Cairo,

Zig-Zag

È dura portare avanti una rubrica con cadenza mensile. Sono troppi gli avvenimenti che suggeriscono il tema da presentare e spesso arruffano quanto hai in preparazione dato che l’attualità, un giorno sì e l’altro pure, impone aggiornamenti e abbandoni. Per dire, all’inizio avrei voluto parlare di Henry Kissinger, l’ultimo dei dinosauri della geopolitica, che alla vigilia del suo centesimo compleanno sforna un tomo di seicento pagine, cento per ognuno dei grandi leader che lui ha conosciuto e servito. Poi ecco le elezioni cantonali e pensavo di preparare una dissertazione sulla vittoria della lista senza intestazione che mette a nudo un andazzo che i partiti archiviano tranquilli, incuranti della perdita di credibilità e della pericolosità di scelte e indirizzi.

Vedendo che anche la politica nostrana perde subito attrazione, mi convin- ad Abu Dhabi soprattutto. Entrambi si sono equipaggiati e organizzati per un eventuale scontro: l’esercito regolare conta circa 200 mila uomini, le RSF circa la metà, ma hanno ricevuto consigli e addestramento dalla Wagner russa e sono da sempre considerati di una violenza fuori controllo, essendo di fatto Janjaweed, «diavoli a cavallo», gli autori delle uccisioni, delle torture, degli stupri in Darfur. Si sono mossi insieme, Burhan e Hemedti, ma quando avrebbero dovuto firmare l’accordo per far confluire le RFS dentro l’esercito regolare hanno deciso di farsi la guerra. Non è stato l’impeto di un momento: si sono preparati a farsi la guerra mentre al resto del mondo dicevano che avrebbero fatto la pace. Declan Walsh ha scritto sul «New York Times»: «Gli inviati in Sudan dei Paesi stranieri hanno organizzato lunghi incontri con i due generali nel tentativo di raggiungere un accordo. Sono state fatte promesse, sono state estorte alcune concessioni. Si è svolta persino una cena insieme, a casa di un generale. Ma nelle strade le macchine militari rivali si stavano attrezzando per la battaglia. Di notte le truppe entravano silenziosamente nelle basi degli altri a Khartoum, si marcavano a vicenda, come su un campo da calcio».

Entrambe le fazioni dicono di essere state provocate e di non aver avuto altra scelta se non difendersi, ma la mossa cruciale l’ha fatta Hemedti: la mattina del 15 aprile le RFS sono entrate in un aeroporto di Khartoum, hanno sparato anche ai passeggeri civili (due morti) per fermare tutti gli aerei. Sui social hanno iniziato a circolare i video della presa di tutti gli aeroporti, mentre il generale Hemedti concedeva un’intervista ad «Al Jazeera». Burhan è un criminale, ha

di Angelo Rossi

tà e l’assistenza 246 milioni; nel 2020 ben 593 milioni. Durante gli ultimi due decenni il tasso di crescita annuale della spesa del Cantone per la salute pubblica e l’assistenza è stato pari al 4,5%, quindi largamente superiore al tasso di crescita annuale medio del PIL. Allo stesso tasso annuale è aumentato, negli ultimi 20 anni, l’effettivo del personale che lavora nel ramo «Sanità e assistenza sociale». Nel 2000 per le cure delle persone malate e per l’assistenza erano infatti impiegate in Ticino 12’500 persone. Nel 2020 l’effettivo aveva superato le 30mila unità. «Sanità e assistenza sociale» sono così diventate negli ultimi anni, dal profilo dell’occupazione, il ramo più importante della nostra economia. Sarebbe interessante sapere come è aumentata l’occupazione negli ospedali. Poiché il numero dei letti e le giornate di degenza sono diminuiti, pensiamo che gli effettivi dei dipendenti dei nostri ospedali non siano aumentati.

Ci si può allora chiedere in quale attività del ramo «Sanità e assistenza sociale» gli addetti continuino a crescere. In base al quadro evolutivo tracciato sin qui crediamo di poter affermare, senza però disporre delle cifre che potrebbero confermare l’ipotesi, che l’aumento del personale curante nel corso degli ultimi due decenni è forse dovuto all’espansione delle cure sanitarie a domicilio o in istituti di cura che non vengono registrati nella statistica riguardante l’attività degli ospedali. In effetti le spese per le cura a domicilio sono aumentate, tra il 2000 e il 2020, a un tasso annuale pari al 4,5%, uguale quindi a quello con il quale è cresciuto l’effettivo degli occupati nel ramo «Sanità e assistenza sociale». Sarebbe ora che il Cantone mettesse in piedi una statistica consolidata per i flussi di questo ramo che, non solo è diventato uno tra i più importanti della nostra economia, ma è anche largamente finanziato dagli enti pubblici.

detto, vuole distruggere il Paese, va fermato, catturato o morirà «come un cane». I sudanesi si sono chiusi in casa, ma non è stato sufficiente: sono cominciati i rastrellamenti, che sono uno dei metodi favoriti dalle RFS per conquistare silenzio e consenso. Non che il popolo del Sudan stia dalla parte dell’esercito, che è emanazione del regime di Bashir, che ha contribuito alla creazione dei Janjaweed, che ha represso nel sangue le proteste del 2019 e anche quelle prima e che ha escluso la società civile dalla gestione del potere. Ma Hemedti ha creato una forza militare, le RFS, con una natura mercenaria, che ha operato in altri Paesi, come in Libia e in Yemen, che ha una formazione da guerriglia e che per questo spaventa terribilmente i civili. Ora organizzazioni e attori internazionali stanno cercando di fermare i combattimenti. Però i numerosi inviti al cessate il fuoco non hanno avuto successo. L’obiettivo dei negoziatori è di far parlare i due generali, ma il terreno comune tra loro, se mai è esistito, non c’è più: hanno una visione diversa della gestione della sicurezza, non sono in grado di fondersi in un unico esercito perché hanno metodi e interessi differenti, puntano all’annientamento reciproco. L’unica cosa che li ha tenuti insieme è la determinazione a escludere con la forza la società civile dalla guida del Paese. Per questo i Comitati per la transizione sono a oggi l’unica risorsa credibile per riportare un minimo di sicurezza ma se si leggono i comunicati delle telefonate tra i due generali e i leader egiziani, sauditi ed emiratini che sostengono una o l’altra parte, la variabile «società civile» è assente. È questo il pericolo più grande: lo era il 15 aprile quando lo scontro è cominciato, lo è ora, una montagna di morti dopo.

di Ovidio Biffi

co che forse è preferibile un tema meno impegnativo. Prevale allora l’idea di trattare il problema della diminuzione del pubblico delle sale cinematografiche e in generale del cinema, passando dall’arrivo di Super Mario Bros alle dimissioni del direttore della casa del cinema di Locarno, magari con excursus sulle micidiali proposte di distribuzione in streaming e sulla faticosa ricerca di un nuovo presidente del Festival. Tutto subito oscurato: c’è il vacillare prima, il fallimento quasi certo poi e infine il salvataggio del Credit Suisse. Ma la storia esce dai miei radar dopo il penoso inciucio PS-UDC alle Camere federali. Magistrale nel dire tutto il collega Philippe Castella de «La Liberté»: i partiti che hanno votato contro la scelta del Consiglio federale in realtà «si sono accontentati di lanciare pietre contro il camion dei pompieri, dopo aver atteso saggiamente nel loro angolo che l’incendio fosse ben spento (…) e nascondendo la legittima indignazione per le lezioni non apprese dalla crisi finanziaria del 2008». Nuova ricerca e sbatto contro l’insopportabile parossismo di violenza di un video che arriva dall’Ucraina (bestie umane che attuano una decapitazione). Credo che sia stata quella iniezione di orrore a impormi una scelta agli antipodi, una pacifica notizia de «la Repubblica» online riguardante la soia: considerato un vero e proprio «cibo-medicina» nella tradizione cinese, usata nella cosmetica protegge dall’ossidazione con effetti anti-age sul viso, rassodanti sul corpo e idratanti sui capelli. Scaccio subito il presumibile sconcerto di chi legge e mi conosce, dicendo che non intendo spacciare un viso senza rughe o un corpo rassodato e capelli idratati: andando verso gli ottanta è d’obbligo quello che natura e pigrizia decretano. Se ne parlo è per collegare la notizia dell’impiego esterno della soia in cosmetica con l’uso interno che da oltre 30 anni faccio della lecitina, un derivato della soia (tecnicamente un «fosfolipide coinvolto in diversi processi all’interno dell’organismo umano») che assumo ogni mattina come integratore alimentare. Il «vizio» è cominciato oltre 40 anni fa quando nella redazione di «Azione» giunse un imprenditore italiano che sperava di convincere Migros a inserire tra i suoi prodotti anche la lecitina dei Ferruzzi e Gardini. Ma non erano ancora tempi di integratori e di proposte alimentari alternative e il mio ingenuo tentativo prima a Sant’Antonino e poi anche a Migros Bund fallì. Da quell’imprenditore però accettai un consiglio: al mattino due cuc- chiai di lecitina. Per quarant’anni ho potuto spiegare, e spero di continuare a farlo, a diversi dottori che è grazie anche alla lecitina se i miei valori e parametri smentivano le loro congetture abbinabili al mio peso in eccesso, alla mia refrattarietà al movimento ecc. Un solo rammarico: mentre da noi la lecitina ha costi notevoli da parafarmaco, in Italia (prodotta da Novartis!) la si acquista a meno della metà. Mi fermo anche perché una notizia di attualità mi sta suggerendo di effettuare un ennesimo cambio: in Svizzera i costi della salute nel primo trimestre sono aumentati di oltre il 7% e i soliti portavoce preavvisano che a novembre rincareranno anche i premi delle casse malati. Il titolo, rivolto a ospedali, primari e ai gioiosi condottieri della Lamal, lo lascerei a Totò: «Un po’ di rispetto, è un cadavere morto».

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