ATLAS . ignazio mortellaro

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Per un atlante di un infinito polveroso

“Il più grande scrittore della letteratura italiana di ogni secolo, Galileo, appena si mette a parlare della luna innalza la sua prosa a un grado di precisione e di evidenza e insieme di rarefazione lirica prodigiose. E la lingua di Galileo fu uno dei modelli della lingua di Leopardi, gran poeta lunare”. Italo Calvino1

Il progetto “‘Apar” nasce per presentare una selezione di opere di Ignazio Mortellaro alla maniera di un atlante tridimensionale, ricreato nello spazio della galleria e suddiviso in una serie di sezioni all’interno delle quali sono state allestite le opere. I diversi capitoli di tale atlante, pur mantenendo un dialogo continuo gli uni con gli altri, hanno dei titoli evocativi, alcuni dei quali già utilizzati dall’artista in passato per i suoi lavori: Strumenti, Oggetti Oscuri del Profondo Spazio, Lune, Stelle e Costellazioni, Terra e Soli. I richiami sono continui tra le diverse opere, perché il disegno generale è quello di una cosmogonia, dove tutto è in divenire e le ultime opere realizzate dall’artista - le macchie solari rappresentate in “Perfectibilité” - in realtà potrebbero sembrare isole sperdute nel mare e aprire un abisso continuo di richiami, un gioco infinito di mise en abîme. Questa idea è nata studiando il corpus di lavori realizzato negli ultimi anni da Ignazio Mortellaro, con l’intento di organizzarli secondo una mappatura personale e presentarli al pubblico come un ciclo narrativo che attraversa la produzione dell’artista dal 2010 ad oggi. Una geografia che delimita un territorio, ma anche una bussola che indirizza l’artista all’interno del suo stesso percorso di ricerca. La parola “atlante” indica anche la totalità del progetto di lavoro dell’artista, il quale rielabora sottotraccia l’antica pratica dell’indagine alchemica, che da secoli affascina gli artisti in un cammino di elevazione spirituale attraverso l’arte. Un eterno rincorrere l’ideale di perfezione dell’opera mediante l’incontro/


scontro tra fisica e chimica, capace di sincretismi metafisici nell’unione tra particolare e universale. Come nel passato l’obbiettivo dell’alchimista era il sapere universale, oggi per Ignazio Mortellaro è la sperimentazione di nuove forme estetiche con cui egli racconta l’originario continuum tra uomo e natura, riprendendo alcune tematiche dai grandi maestri degli anni sessanta – come Giovanni Anselmo, con il quale condivide una forte attrazione per le isole Eolie laddove si incontrano in una sintesi millenaria i quattro elementi (Acqua, Aria, Terra, Fuoco)2. Il metodo scientifico di Ignazio Mortellaro, architetto ed ingegnere di formazione, attraversa i media più diversi, dalla scultura all’installazione, dalla fotografia al video e si esplica in una pratica poliedrica che prende varie forme, prediligendo materiali quali cemento, metallo, vetro, carta e i colori essenziali del bianco e nero e, per la prima volta, la china verde stesa sulla fotografia “Viriditas”, uno specchio d’acqua scattato dall’artista al Parco Burle Marx a San Paolo del Brasile. Filosofia, cinema e letteratura sono riferimenti costanti dell’artista in una ricerca di “sintesi di saperi” d’impronta umanistica, dove l’uomo è al centro del processo di trasformazione, anche se non è mai l’oggetto della rappresentazione. L’essenzialità del “plasticismo matematico” dell’artista raggiunge una notevole espressione creativa nel rapporto con la musica (la qualità fisica del suono-vibrazione, per l’artista, sottolinea il legame uomo/universo), con il collettivo Oblivious Artefacts, fondato nel 2008 cura l’immagine di numerose etichette internazionali di elettronica sperimentale.


L’allestimento delle opere nella galleria invita lo spettatore in un tracciato ciclico, che prende la forma di una falce (lunare?) e termina – o meglio inizia – in un spazio sferico, “Okeanos”, luogo polveroso e originario idealmente simile anche allo studio dell’artista, luogo del pensiero. Il percorso della mostra inizia con calibri e compassi, objets-trouves ricomposti dall’artista nell’armonia geometrica dell’opera d’arte. Alcuni di essi, già dal titolo, rivelano l’ambiguità della loro funzione di “Strumenti per il Fallimento”, dichiarando “l’impossibilità di una sintesi tra lo spazio che siamo e quello che abitiamo, nonostante la necessità quotidiana dell’esercizio di misurazione”, afferma Mortellaro. Al centro della sala, “Sezione 1”, una grande immagine fotografica in bianco e nero della Sciara di Filicudi, nella quale l’alternanza delle stratificazioni della terra testimonia la vita geologica tumultuosa dell’isola vulcanica, paradigma del comporsi insieme degli elementi primordiali. Tra gli Strumenti, è emblematico il “Méridienne de France”, dove il tracciato verticale inciso dall’artista rimanda alla Carta di Francia, conclusa nel settecento, che serviva non solo a misurare il territorio ma a costruirlo utilizzando la triangolazione. Qui tornano i rimandi alla visione galileana della lettura dell’Universo attraverso forme geometriche e alla cartografia come metodo di trasformazione del sublime disordine del mondo in traccia visibile e organizzata. Il lavoro evoca la profonda esigenza di armonia che anima la ricerca dell’artista, affine al “furor geometricus” di Italo Calvino in cui, “l’atteggiamento empirico e quello poetico coincidono: entrambi sono attitudini insieme di ricerca e di progettazione, di scoperta e d’invenzione”. Segue la serie inedita degli “Oggetti oscuri del profondo spazio”, tavole ricoperte da diversi strati di nero bitume di Giudea e su cui si cristallizzano i segni bianchi e oro delle galassie; l’insieme di “Stellate”, stampe fotografiche della crosta terrestre dove l’effetto di morbido chiaroscuro è reso da varie sfumature di grigio, sulle quali poter disegnare geometrie fluttuanti nello spazio attraverso coordinate di stelle come in uno zodiaco. La sezione dedicata alle stelle è introdotta da “Ascend”, opera “ossimoro” che sottolinea lo slancio verticale delle lastre di marmo, utilizzando frammenti di questo materiale nobile, ancorato saldamente a terra con delle morse da ebanista. La serie “Land”, è rappresentata qui da una lastra rettangolare di metallo ossidato che disegna la geografia di un segmento della costa palermitana e Ustica, isola-satellite. La superficie dell’opera è poi ridefinita




dall’artista attraverso la sovrapposizione di fili di nylon tesi tra chiodi. Il territorio è percepito come vivo ed manipolabile, ma anche come mappa concettuale in cui lo spazio fisico diventa materia di pensiero. Così anche nella serie “Mindscapes”, qui declinata in una versione nuova in cui un orizzonte viene composto dall’accostamento di due vecchie fotografie in bianco e nero. A terra, “Conversazione attraverso il granito”, dove il ready-made realizzato con un sacco di cemento (indurito dall’umidità e dal tempo) evoca l’immagine di un cuscino, diametralmente opposta alla materia pesante che costituisce l’opera, svela lievità del sonno e l’importanza del sogno, “l’unico luogo dove siamo lucidi geometri dello spazio e ci facciamo pietra, corpo a contatto col suolo”. Idealmente i Circle tracciano una diagonale dal nero all’oro, in cui il “sole bianco” in ottone è un punto d’arrivo, l’oggetto verso il quale tende l’impulso utopico dell’artista, lo splendor solis. Infine l’opera fotografica, “Vedere il vento”, scelta come immagine della mostra, è il compendio degli elementi opposti Aria e Terra e della dicotomia finito/infinito. L’immagine rimanda al titolo scelto per la personale, “‘Apar”, tratto da una lettura filologica di Giovanni Semerano del concetto chiave attribuito al filosofo greco Anassimandro, l’àpeiron, che non rimanderebbe più alla concezione dell’infinito come in Platone, in Aristotele e nella metafisica successiva, ma significa “terra”, “polvere”, “fango”, come nel semitico “’apar”. Una concezione di “appartenenza alla terra” che si ritrova nella tradizione culturale di origine mediorientale e presente nel sempre citato passo biblico: l’uomo è polvere e polvere tornerà. Questa visione è vicina alla ricerca di Ignazio Mortellaro e alla sua urgenza di trovare nuove direzioni prospettiche, apre territori diversi e suggerisce un movimento ciclico, come il moto delle stelle e delle maree. Un ribaltamento continuo in cui “Ciò che è in basso è come ciò che è in alto e ciò che è in alto è come ciò che è in basso”. Valentina Bruschi

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Da una lettera di Italo Calvino a Anna Maria Ortese pubblicata sul Corriere della Sera il 24 dicembre 1967

Nell’arte contemporanea l’ermetismo filosofico ha avuto molta influenza nella produzione artistica e nella critica d’arte in Italia a partire dalla fine degli anni Sessanta, rivalutato recentemente anche nella mostra “Il Palazzo Enciclopedico” curata da Massimiliano Gioni per la 55esima Esposizione Internazionale La Biennale di Venezia, nel 2013. 2


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La logica del senso

Un’analisi che tenga conto delle questioni di metodo deve avere una certa armonia strutturale, ma soprattutto deve osare nelle ipotesi. In questo caso l’ipotesi è che la struttura del pensiero è in piena osmosi con quella paesaggistica. Questo implica che l’opera d’arte incarna una transizione dinamica che rende possibile al pensiero di palesarsi in gesto, offrendo alla visione l’ossatura di una specifica costruzione cognitiva. Non si tratta di rappresentazione in senso stretto, bensì di scarti, scorie e tracce evidenti dei processi che determinano il pensiero e lo rendono omologo alla cosmologia della materia e del territorio percepito. Il pensiero paesaggistico di Ignazio Mortellaro non è un punto fermo, ma uno snodo a partire dal quale lo spazio viene organizzato in modo gerarchico e profondo; la geografia del linguaggio visivo segna una variazione di spazio, di tempo, e assieme un ritorno al senso originario. Il metodo usato dall’artista è scientifico, segue rapporti di scala e livelli estetici, che sono strettamente legati alla fisica quantistica, estraendo, inevitabilmente, i principi fondamentali dello spazio reale. Un metodo scientifico e sperimentale che sonda la nostra concettualità spaziale lavorando con l’ontologia della materia. Sul tavolo da lavoro gli strumenti necessari per la ricerca, ma ciò che conta notare è che nell’immagine ci vengono offerti degli indizi per elaborare un modello di orientamento nell’analisi;




dunque, per quanto riguarda i livelli possiamo individuare uno spazio concettuale e simbolico, uno geomorfologico e uno rituale. Ad essi si possono far corrispondere i campi d’analisi della topografia e della cosmografia. Per quanto riguarda i rapporti di scala, invece, si possono considerare i seguenti gradi dello spazio concreto: una topografia dello sguardo e del supporto e una morfologia dell’immagine. Predisposti gli strumenti e delimitato il campo d’indagine, si mettono in rilievo due fondamentali idee: l’esistenza di un problema circa la causa materiale di tutte le cose e l’esigenza che a questa domanda si debba rispondere non solo in conformità alla ragione, ma facendo ricorso anche a dottrine esoteriche che interpretano la sostanza fondamentale della materia come principio connesso o inerente la vita. L’oggetto della ricerca viene sezionato procedendo per tentativi, le sezioni che ne derivano sono immagini che spazializzano l’idea, ovvero, moduli che attivano un comportamento esplorativo, una conoscenza procedurale, che solo passo per passo ricostruiscono una visione d’insieme e una logica del senso. Salvatore Davì


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Š photo: Adrianna Glaviano


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1. figure. fotografia tradizionale 16x19 (dettaglio) 2010 2. fotografia scattata dagli astronauti dell’Apollo 17 nel 1972 3. galassia z8_GND_5296 4. sentire il centro. installazione 2013 5. nucleo e superficie. installazione 2014 6. méridienne de france. cours d’astronomie di Delaunay 1853 7. eccentricità. installazione 2012 8. infinity of infinities. scultura 2014 9. land II. 2014 10. viriditas. fotografia tradizionale dipinta a china 2014 11. ciò che è in basso è come ciò che è in alto e ciò che è in alto è come ciò che è in basso. installazione (dettaglio) 2013 12. scala a chiocciola. incisione 13. rck. fotografia 2014 14. air density. installazione 2013 15. circle I. 2014 16. contronatura. fotografia 2012 17. finis terrae. installazione 2014 18. moon. 2014


Libro d’artista pubblicato in trenta copie uniche firmate e numerate da 1 a 30 in occasione della mostra

‘apar di Ignazio Mortellaro a cura di Valentina Bruschi presso la galleria Francesco Pantaleone Arte Contemporanea Palermo 16 Maggio - 31 Luglio 2014 Pubblicato da Azoto Publishing Testi: Valentina Bruschi, Salvatore Davì concept & design Ignazio Mortellaro copia n°

.. azoto



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