Balarm Magazine | Idee, personaggi e tendenze che muovono la Sicilia | numero 7

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SOMMARIO IN PRIMO PIANO

Aida Satta Flores, femminilità mediterranea_6

MUSICA

Serenella, una “palermitana d’adozione parigina”_10 Folkalab Vol. 1, un disco world-ambient_12 Giovanni Mattaliano, il debutto discografico_14 SuddMM, la musica in movimento_16 Insemina Tv, tra ricerca e sperimentazione_18

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TEATRO

Ats Spazio Zero, un “altro teatro”_20 La Compagnia dei Fuocolieri_22

ARTE

Pablo Picasso, in mostra a Palazzo dei Normanni_24 Simone Mannino, tra pittura e teatro_26 La Galleria dell’Arco va a Shanghai_28

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LIBRI

Emma Dante, “Via Castellana Bandiera”_30 Andrea Bajani, “Se consideri le colpe”_32 Rosario Palazzolo, “L’Ammazzatore”_36 La “china” di Sergio Algozzino_37

CINEMA

Orio Scaduto, in Agrodolce è “Turi Granata”_38 Nico Bonomolo al Solunto Film Festival 2008_40 Storie di “outsiders” palermitani_41

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SOCIETA’

Palermo Ciclabile, giorno e notte in bicicletta_42 La Banca del Tempo_44

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COSTUME

Tutti amici su Facebook_46 Solo per Single_48

CIBO

www.balarm.it

Le castagne e il piatto ritrovato_50 Solemar, un inverno da gustare_52 Dalla Sicilia solo “Dolci tentazioni”_54

balarm magazine bimestrale di cultura e società anno II n°7 ottobre/novembre 2008 registrazione tribunale di palermo n° 32 del 21.10.2003 editore associazione culturale balarm direttore responsabile fabio ricotta redazione via nicolò gallo 1 - 90139 palermo tel. 091.6113538 / fax 091.6114523 redazione@balarm.it pubblicità w5 mediafactory srl tel. 091.6113538 / mob. 328.5351236 pubblicita@balarm.it

articoli alessandra sciortino, alessia rotolo, barbara randazzo, carla incorvaia, daniele sabatucci, dario prestigiacomo, fabio manno, federica sciacca, gigi razete, giorgia scaduto, giorgio aquilino, giulio giallombardo, giulia scalia, laura riggio, letizia mirabile, manuela pagano, maria teresa de sanctis, marina giordano, marina sajeva, rossella puccio, sonia papuzza, saverio puleo, sveva alagna, tommaso gambino, tony siino, valentina falzone fotografie alessandra criseo, alessandro di giugno, antonio maggio, carmine maringola, davide grotta, federico maria giammusso, gregor kaden, marcello norberth, marina bonomolo, mauro gulì, pablo gariffo, soraya gullifa, vincenzo pennino progetto web fabio pileri

progetto grafico salvo leo stampa artigiana grafica tiratura e distribuzione numero stampato in 15.000 copie e distribuito gratuitamente a palermo, monreale, mondello, bagheria e comprensorio in circa 250 punti di aggregazione culturale e mondana abbonamenti su www.balarm.it/abbonamento.asp oppure recandovi presso la nostra redazione, maggiori informazioni al numero 091.6113538 in copertina aida satta flores (ph federico maria giammusso)

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EDITORIALE

Il bruco è diventato farfalla

di FABIO RICOTTA

Cari lettori, eccoci nuovamente. Tenete tra le mani questa settima “creatura”, anzi l’ottava partendo dal numero zero, frutto di un lungo percorso che, giorno dopo giorno, ci ha portato a crescere sempre di più. Così, diventati più “grandi”, abbiamo responsabilmente fatto dei piccoli passi avanti. Per prima cosa ci sono quattro pagine in più, per dare maggiore spazio ai contenuti e alla raccolta pubblicitaria, quella che concretamente ci permette di esistere. Poi, visto le numerose richieste, da questo numero ci sarà anche la possibilità di ricevere via posta ordinaria, direttamente a casa vostra, i sei magazine annuali al prezzo di 6 euro (che sono semplicemente il costo delle spese di spedizione). Ci si potrà abbonare sottoscrivendo l’abbonamento online, su www.balarm.it/abbonamento.asp, oppure presso la nostra redazione, in via Nicolò Gallo 1 a Palermo (c/o W5 mediafactory) o, ancora, presso i punti di prevendita che già da adesso stiamo cercando di istituire e che, man mano, potrete scoprire su Balarm.it. Inoltre, i futuri abbonati avranno anche diritto ad altri benefici e agevolazioni che riserveremo loro in via del tutto esclusiva: ad esempio saranno sorteggiati dei biglietti gratuiti per concerti e spettacoli, oltre ad avere la possibilità di usufruire di riduzioni e sconti per mostre, eventi, iniziative culturali e mondane. Ancora altre novità, poi, riguardano la distribuzione del magazine, sempre in continua evoluzione. Infatti, oltre a Palermo, Mondello e Monreale (nei circa 250 punti accuratamente scelti tra librerie, caffè letterari, wine bar, spazi espositivi, cine-teatri, pub, cinema, circoli, centri benessere, agenzie di viaggio, palestre, punti istituzionali e maggiori luoghi di aggregazione culturale e mondana), saremo più visibili nel territorio di Bagheria e nel suo comprensorio. Ora, esaurite le novità, passiamo ai festeggiamenti: nel mese di ottobre Balarm.it compie cinque anni, un sito che ogni giorno di più cresce e aumenta le sue visite, anche grazie agli aggiornamenti quotidiani, alla nuova sezione dedicata alla “fotonotizia”, al calendario sempre più ricco di eventi, alla newsletter ormai inviata a più di 10600 iscritti, insomma, all’informazione sempre più dettagliata e attenta. Così, per concludere, non mi resta che ringraziare di cuore tutti Voi, affezionati lettori e fedeli collaboratori, che siete la linfa vitale di questo progetto. E adesso... buona lettura a tutti. balarm magazine 5


IN PRIMO PIANO

AIDA SATTA FLORES

L’artista palermitana dalle canzoni immediate e dagli album “irregolari”. Vincitrice del Premio Lunezia 2008 per il suo disco e dvd “Aida Banda Flores” di GIGI RAZETE «Le canzoni, per me, sono innanzitutto linguaggio, comunicazione, con o senza parole. Per molti sono la colonna sonora della loro vita; per me sono anche un sudore freddo che pulsa dentro, soprattutto quando non trovo il tempo per scriverle». Non fosse per una sorta di costante e febbrile urgenza espressiva che tenta di celare dietro una cascata di scrosciante e contagiosa simpatia, Aida Satta Flores la si direbbe una ragazza del tutto “normale” seppur col vezzo di cantare e di sentirsi, fin nel midollo, artista. D’altronde, come potrebbe non considerarsi artista proprio lei che è reduce dalla recente affermazione al prestigioso Premio Lunezia 2008 assegnato al suo “Aida Banda Flores” per il valore musical-letterario come miglior album live? Eppure, basta resistere al fascino rigoglioso della sua femminilità mediterranea, basta arginare la sua tracimante voglia di raccontare e raccontarsi, basta resistere alla sua scoppiettante ironia e indagare, senza dargliene a vedere, il lampo dei suoi occhi per scorgervi fuoco, passione, sentimento e, soprattutto, la profonda convinzione che davvero le canzoni siano la chiave più efficace, forse l’unica, per aprire le porte più imperscrutabili dell’umano sentire, quelle dell’emozione. Un concetto sicuramente “alto” della forma canzone che, sorprendentemente, non stride affatto con la vocazione genuinamente popolare della sua espressività, col suo disinvolto mescolare pop e rock, coi suoi omaggi a Dalla e De Gregori, a Rota e De André, con la sua predilezione per gli struggenti suoni vinta-

ge delle bande di paese. Proprio in queste settimane Latlantide, etichetta sussidiaria della major Emi, ha ristampato e distribuito in tutta Italia l’album “Aida Banda Flores”, la cui prima edizione è del 2006, con l’aggiunta di un dvd (tutte registrazioni inedite tratte da concerti tenuti negli ultimi anni) che è un piccolo ma succoso abbecedario di buona parte del percorso artistico della cantautrice palermitana. «Le mie canzoni – dice Aida - sono personalissimi spiragli da cui spiare il mondo, piccoli varchi attraverso cui farmi trasportare dal vento, spegnendomi o accendendomi ai suoi soffi, e col vento andare via, per vedere il mondo sottosopra o sognare nuove emozioni. Ci sono canzoni “mediate” e canzoni “immediate”: io amo le seconde e appartengo alle seconde, a quelle senza mediazioni, a quelle che vanno direttamente dall’intuizione all’espressione. La canzone è un’urgenza che bisogna intuire, assecondare, seguire, cantare». Ed è proprio in forza di questo bisogno viscerale di spontaneità che Aida, contravvenendo alle logiche abituali del mercato discografico, ha sfornato un album “irregolare”. «Di solito un disco live contiene brani già noti in versioni differenti. A parte alcune celebri cover, come “Don Raffaé” di De André, “L’abbigliamento di un fuochista” di De Gregori o “Sulla rotta di Cristoforo Colombo” di Dalla, il mio è un album di canzoni tutte nuove che ho voluto catturare al volo, nei concerti tenuti a Noto, Agrigento, Carini, Riesi e altri centri dell’isola, perché non andasse smarrita l’emozione che le permea e la freschezza che i complessi bandistici con cui ho suonato hanno loro regalato». A sorprendere, semmai, è che, nonostante questa dichiarata impellenza espressiva e nonostante il lungo arco di una carriera iniziata nel 1985 con la vittoria a Castrocaro (la canzone era “Alkaïd”), proseguita con

le due esibizioni sanremesi (1986 con “Croce del Sud” e aprono e chiudono i miei dischi, come ad esempio 1992 con “Io scappo via”) e costellata di produzioni e “Certe musiche”, “Sono incosciente”, “Ninna nanna collaborazioni prestigiose (Augusto Daolio dei Nomadi, d’amore”, o il lato B dei 45 giri, come “Dove guarda il Roberto Colombo, Gino Paoli, Claudio Baglioni, per citar- cielo”. Un caso a parte è “Paura e fortuna”, contenuta ne solo alcune), alla resa dei conti Aida abbia distillato nell’album “Voglio portarti musica” del 2003: in assoluto con fin troppa parsimonia la propria produzione disco- è la mia colonna portante ed è forse proprio per questo grafica, quasi a trattenersi che non la canto mai ai condentro, forse per pudore o certi». Il brano che, invece, «Le mie canzoni sono per gelosia o, ancora, per non manca mai dalla scaletta personalissimi spiragli da cui tenerezza, quelle canzoni che spiare il mondo, piccoli varchi dei suoi recital è “Musicanti” le pulsano nel cuore e che da “Voglio portarti attraverso cui farmi trasportare (sempre vorrebbero scappar via. «Ho musica”). «Questa canzone – dal vento, spegnendomi o un rapporto indecifrabile con confessa Aida - la canto semaccendendomi ai suoi soffi, le mie canzoni, come indefinipre in ogni concerto, che sia e col vento andare via» bile è l’ispirazione che me le unplugged o col mio gruppo suggerisce: a volte è il canto o con le bande, perché mi di un uccellino, altre volte può essere anche il semplice rappresenta come poche altre, sia nei versi iniziali (a noi sbattere d’una porta al vento. Certo, devo molto ad che siamo musicanti, ci puoi trovare sottosopra per alcune di esse, come “Alkaïd” o “Io scappo via”, ma in vedere se da lì, con la testa tra le chiavi, le cose pensamezzo ed oltre a questi due momenti c’è una vita di can- no) che in quelli conclusivi (a quelli come noi felici di conzoni. Alcune sono come mattoncini esistenziali inamovi- tare per qualcuno come una riva per il mare)». Non bili e sono anche quelle meno conosciute, quelle che meno personale è il rapporto che Aida ha con le canzo-

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ph. Federico Maria Giammusso


ph. Federico Maria Giammusso

PRIMO PIANO ni altrui, specchio segreto del suo percorso emotivo più intimo e riposto. «Come potrei dimenticare “La luce dell’est” di Lucio Battisti? Da ragazzina la strimpellavo su una chitarrina, tra il nero della roccia lavica di Catania e le prime adolescenziali, segrete e silenziose pulsioni sentimentali. Né posso scordare il primo De Gregori, quello di “Bene”, “Pezzi di vetro”, “Rimmel”. Fu quel modo nuovo di parlare di emozioni amorose che, quindicenne a Palermo, mi fece cominciare a “sentire” la fascinazione dell’innamoramento. E poi Ivano Fossati, da “La costruzione di un amore” fino a “C’è tempo”, o, in tempi più recenti, “Elegia” di Paolo Conte, perché mi sento “contemporanea” al loro modo di far fluire la dolcezza dello stupore, la passione per la vita, lo struggimento per il tempo che passa mentre stai ancora sognando. E come tralasciare “E ti vengo a cercare”, “L’animale che c’è in me” o “La cura”, insomma lo zibaldone del mio più ispirato ed intimo Battiato? Dovessi, comunque, indicarne solo un paio da portarmi su un’isola deserta non avrei esitazioni: “La donna cannone” di De Gregori e “C’è tempo” di Fossati. La prima perché provo uno struggimento intimo e profondo; la seconda perché mi causa lo stesso turbamento della mia “Paura e fortuna” e, come questa, vorrei cantarla da sempre ai concerti ma non l’ho mai fatto». Inevitabile che con una sensibilità così esposta e attenta all’emozione, alla profondità dell’ispirazione, all’equilibrio ideale tra fisicità del suono e valore poetico della parola, al rapporto umano interpersonale, Aida abbia creato legami di maggiore o minore feeling e simpatia con alcuni dei numerosi artisti nazionali frequentati nel corso di una carriera lunga circa un quarto di secolo. «Tra coloro che mi danno maggiore emozioni ci sono sicuramente Mia Martini e Roberto Vecchioni, perché hanno il dono di saperti fare vivere fino in fondo quel che cantano. Sul piano personale ho sempre avuto rapporti di simpatia con tutti. Un artista vero non mi irrita mai, anche se va fuori di testa. Devo però ammettere che in tanti anni qualche eccezione può capitare: uno che, ad esempio, mi ha fatto molto irritare, ma solo sul piano umano, è stato Gino Paoli, dopo il mio Sanremo del 1989. Ma non voglio rivelarne il motivo». L’immediato futuro vede Aida ancora impegnata con le bande di paese, a far viaggiare le sue canzoni tra i fiati dei musicanti perché, come tiene a sottolineare, “è anche un segnale preciso che le differenze sono una ricchezza e l’abbraccio tra mondi diversi è possibile, oltre che affascinante”. balarm magazine 8


ph. Vincenzo Pennino

MUSICA

SERENELLA

Una “palermitana d’adozione parigina” esordisce con sette brani in siciliano contenuti nel suo disco “Scirocco”, distribuito in Italia da Family Affair, la stessa etichetta di Mario Biondi di GIULIO GIALLOMBARDO balarm magazine 10

Una siciliana a Parigi canta la sua terra con passio- anche semplici onomatopee». Nascono così, una dopo ne genuina e leggerezza spensierata. Sentimenti, l’altra, le sette canzoni originali di “Scirocco”, tutte dedidi certo, alimentati dalla distanza, che rende il ricordo di cate ad una sicilianità ostentata e fiera. «Ho trovato la casa ancor più vivo ed immediato. Ascoltando la voce forza di scrivere i testi grazie a mia madre, che, al rauca e profonda di Serena Ganci, in arte Serenella, ci momento della mia partenza per Parigi, aveva scritto s’accorge di quanto l’attaccamento alle proprie radici una poesia per me. Ho pensato così di farne una canzopossa resistere e diventare impulso creativo all’estero. ne che è ho voluto inserire nel disco». L’aver lavorato su Forse, se non fosse partita, la nostra “palermitana un testo poetico in dialetto siciliano alimenta, quindi, i d’adozione parigina” - come tiene a descriversi - non nuovi stimoli creativi che stanno alla base del disco: «più avrebbe scritto con la stessa sincerità i sette brani in sici- scrivevo - spiega la cantante - più mi accorgevo con liano contenuti nel suo disco d’esordio, “Scirocco”, sopresa che la lingua siciliana si sposava benissimo con distribuito in Italia da Family Affair, la stessa etichetta di le armonie del jazz. Le canzoni sono nate così, in breve Mario Biondi. Il percorso formativo di Serena è pretta- tempo, un mese e mezzo circa». “Scirocco” è un disco mente classico: inizia gli studi di pianoforte a 11 anni, garbato e raffinato, che include, oltre i pezzi scritti dalla studia al Conservatorio di Palermo e si laurea al Dams Ganci, anche cover di Veloso, Tenco e degli Eurythmics. della stessa città. Parallelamente, coltiva la passione per Si sente che chi canta non è estranea al pop. Insieme a il canto esibendosi per molti anni con i Gospel Projet, Serenella, suonano Laurent De Oliveira al pianoforte, con cui ha debuttato come cantante insieme a Jerusa Acelino De Paula al basso, Simone Prattico alla batteria e Barros. Nello stesso periodo partecipa ad Arezzo Wave e due solisti d’eccezione: i chitarristi Frederic Loiseau e al Tim Tour con alcune formaSidney Rodrigues. «La canzone zioni pop, tra cui anche alcuni «Parigi offre tantissimo e non che dà il titolo al disco – spiemembri degli attuali Second sarebbe facile ritornare a casa, ga Serenella – è ispirata al Grace. «Nel contesto musicale vento che arriva dall’Africa e anche se a volte ci penso. palermitano – racconta invade l’isola, paralizzandola Come tutti i siciliani ho un Serena – mi muovevo nello sotto un calore cocente». Il legame molto misterioso con brano, che ha da poco vinto il stile pop-rock, questo era il la mia terra, sarà il nostro mio spazio musicale prima del primo premio al “Memorial 2000. La mia formazione negli Rosa Balistreri”, è un piacevole essere isolani, chissà...» studi era jazz per la mia tesi di swing d’ascolto immediato, laurea, ma nella pratica musicale sicuramente pop- ripreso anche in un videoclip, realizzato, in occasione rock». Giunta a Parigi nel 2003 per un dottorato di ricer- della premiazione, da Emmanuel-Alain Raynal e Marco ca su Duke Ellington, la cantautrice viene avvolta subito Ganci. Seguono “Vruccularu”, un colorato spaccato deldal clima artistico e culturale della città e, insieme a due la Vucciria dai ritmi incalzanti, “Quannu l’amuri chiama”, musicisti francesi, pensa ad un primo omaggio alla un avvolgente tango passionale e ancora “Sicilia”, musica italiana in giro per i jazz club della capitale fran- “Malata d’amuri”, “A partenza” ed “Eva”, una ballata cese. «Metto su un trio con il contrabbassista André dedicata all’amore saffico. Il disco, uscito in Francia lo Bonin ed il chitarrista Romain Brizemur – spiega – il pro- scorso marzo e autoprodotto dalla stessa cantautrice, getto si chiamava Omaggio a Tenco, suonavamo brani viene sottoposto all’attento ascolto di Luciano Cantone, del cantautore rivisitati in chiave jazz. Il progetto funzio- general manager di Family Affair, conosciuto un paio na per un anno e mezzo con un discreto seguito, il pub- d’anni prima a Parigi, grazie a Mario Biondi. Il discograblico parigino è molto ricettivo per queste cose. In fon- fico catanese decide quindi di distribuire in Italia do, nonostante il jazz, sono un’amante della canzone e Scirocco, che esce finalmente il 4 luglio. Nonostante le della melodia, il jazz è per me solo un linguaggio attra- prime reazioni positive di critica e pubblico, un ritorno verso cui cerco di fare canzoni». Nel 2007 inizia a germi- definitivo della nostra “parigina siciliana” nella sua amanare l’idea di scrivere canzoni, la voglia di comporre c’è ta Isola sembra un po’ difficile per adesso. «Parigi offre sempre stata, ma con qualche difficoltà. «Avevo un bloc- tantissimo – conclude Serena – non sarebbe facile ritorco per i testi – confessa Serena – mi sentivo incapace di nare a casa, anche se a volte ci penso, io come tutti i siciscrivere. Ma non ho mai pensato di scrivere solo musica liani ho un legame molto misterioso con la mia terra, senza parole, perché per me la vocalità è importantissi- sarà il nostro essere isolani, chissà...». Serenella è anche ma, anche quando suono al piano canticchio sempre, su myspace all’indirizzo www.myspace.com/serenella. balarm magazine 11


ph. Pablo Gariffo

MUSICA

FOLKALAB Vol.1

Centocinquanta artisti da tutto il mondo, insieme sul palco per condividere un album di DANIELE SABATUCCI Tutto è ciclico: tutto ritorna, anche se spesso trasformato. Senza scomodare la filosofia, a volte si ripete per guardare avanti. Passa un anno e ciò che c’è già stato è di nuovo lì, ma tutto attorno a te è cambiato. Da Siviglia a Palermo, andata e ritorno. L’anno scorso si affacciava al Womex, l’expo di musica world della città spagnola, una sparuta traccia di Palermo: “Musikelia”, compilation di artisti che tra l’altro raccoglieva interessanti episodi ascrivibili alla vasta area dell’etno-world. Da quell’esperienza Francesco Calabria (nella foto a destra) tornava con una

valigia piena di dischi, tanta musica da tutto il mondo nelle orecchie e un’idea che condivide con Mario Crispi (una vita negli Agricantus, nella foto a sinistra) e che li ha portati a creare Folkalab. Tra le cose che vanno di moda, purtroppo ci sono anche alcune penose riprese della musica popolare siciliana e tanta cattiva musica etnica. Ed ecco l’idea: perché, invece, non proseguire il discorso sulla tradizione e sull’evoluzione a partire dai migliori talenti locali, miscelare la world con l’elettronica, abbattere le barriere della forma canzone e quelle geografiche? Africa, Mediterraneo, Mitteleuropa: nasce informe, poi assume contorni definiti Folkalab. Prima un accordo tra artisti, poi tante performance, adesso un disco. Un collettivo che parte con l’adesione di circa 150 musicisti, dj e performer, attori e danzatori e una comunità che cresce anche grazie a Internet. E le prime “conduzioni”, creazioni estemporanee collettive guidate ogni volta da un artista diverso, che prevedono trasversalità tra generi, culture, età dei performer, senza che i partecipanti abbiano mai collaborato insieme e senza che qualcuno proponga parti del proprio repertorio. Italiani, inglesi, ivoriani, maliani, tunisini, ungheresi, capoverdiani, senegalesi si trovano così a condividere il palco per esperienze che ora diventano un album. “Folkalab vol. 1” vuole essere testimonianza del lavoro svolto nel 2008, in un cd che fotografi parte delle 25 ore di musica registrata. Il disco conterrà brani estratti dalle conduzioni di Mario Crispi, Francesco Di Fiore, Enzo Rao, Maurizio Curcio, Othello, Maurizio Maiorana, Francesco Calabria, Mario Bajardi, Marco Camarda, Giovanni Verga, Danilo Rispoli e Cinzia Conte, Benedetto Basile, Youssuf Kalembè, Aron Szilagyi, Shantel, Luca Recupero, Mario Incudine, Compagnia del tratto e due video di Valeria Di Matteo, per un totale di 150 artisti coinvolti. Sentirlo è immergersi in un mondo peculiare; esotico e familiare insieme, straniato dall’elettronica che però non è mai oggetto alieno, integrandosi, essa, con gli strumenti atavici, che furono dei nonni dei nostri nonni, qui e in altri paesi, e con le percussioni africane, il battito pulsante e la vitalità dell’uomo e della donna primigeni. Un disco world-ambient, a volerlo ridurre in categorie. Il lavoro, prodotto da Zl – Zone al limite e Formedonda, sarà presentato in un tour promozionale che toccherà Palermo, Catania, Napoli, Bari, Roma, Milano, Firenze, Torino, Bologna. Una tappa a Liverpool vedrà un contingente palermitano ospite per una conduzione speciale con musicisti inglesi. Infine, il progetto approderà anche al Womex 2008: ecco che si torna al punto di partenza. Succede che guardate avanti e vi sembra di esserci già stati, eppure è tutto nuovo. Sul web: www.myspace.com/folkalab balarm magazine 12


MUSICA

Le “voci” di Giovanni MATTALIANO Il debutto discografico del clarinettista palermitano con l’etichetta da lui stesso creata Una copertina dal sapore un po’ vintage quella del disco “Voci del Dove” di Giovanni Mattaliano, clarinettista palermitano al suo debutto discografico con l’etichetta da lui stesso creata JazzLive Improvisation (l’album è in vendita attualmente attraverso il sito www.jazzliveimprovisation.com). Accanto alle spigolose fluorescenze, c’è un’immagine ovattata di un quadro firmato da Irene Falci che ritrae lo stesso Mattaliano con sax, violoncello, percussioni e tastiera. «Sono gli strumenti che spesso immagino nelle mie ricerche creative - dice il clarinettista e compositore - il suono vive d’altronde perché è immaginazione pura e non ha confronti con ciò che è quantitativo o materialista». Un viaggio nel “dove” – come recita il titolo – in un itinerario verticale che conduce all’intimo del compositore, un percorso nel “quando” da cui echeggiano le radici accademiche ed eurocolte le cui tracce sono evidenti nella formazione di Mattaliano e del suo principale compagno di viaggio Oscar Del Barba (pianoforte). «È un cd realizzato con alcuni dei musicisti con cui ho da sempre una forte intesa creativa. - continua Mattaliano - Volevo fare un disco di jazz contemporaneo suonando in assoluta libertà e componendo la mia musica, ricercando una sintesi tra tanti percorsi compositivi. Ho usato i miei clarinetti con un linguaggio mediterraneo, yiddish, balcanico, sefardi-

di ALESSANDRA SCIORTINO

ta e anche un po’ rock ma senza mai tralasciare l’improvvisazione». Imprescindibile dall’uscita dell’album è il lancio di JazzLive Improvisation, «un’etichetta indipendente - dice Mattaliano - che pone l’improvvisatore al centro di una metamorfosi spontanea e sempre creativa». Traducendo le suggestioni sonore, le tracce dell’album bussano alle porte dell’oriente mediterraneo muovendo i passi da atmosfere di sensuale liquidità sonora tutta francese e di matrice colta; rapsodicamente echeggiano l’improvvisazione jazzistica e i fiati sembrano scambiarsi le parti col violino di Francesco Palmisano in un passaggio nel mondo balcanico di “Solo sol liber”. Da un nostalgico e strascicante “Wedding waltz” yiddish si passa poi alla composizione elettronica con “Lune Rosse” e il sintetizzatore di Enzo Puccio, brano in cui si avverte anche una vaga matrice minimalista che insiste, a tratti, pure sulle ultime tracce. «Il musicista è uno psicoterapeuta, viaggiatore e missionario - ribadisce Mattaliano - bisogna che continui a girare il mondo portando le energie positive del suono nel tessuto sociale, partire da se stessi per andare verso gli altri». Come se il musicista fosse il medico per le malattie del corpo e il poeta per quelle dell’animo, investito dunque di una immensa responsabilità che ne marca una ancora viva funzione sociale anche nell’ambito di una non dichiarata musica “colta”. balarm magazine 14


MUSICA

SuddMM, la musica in movimento Il primo cd della compagnia musicale palermitana ambasciatrice della cultura siciliana nel mondo Talento, passione, professionalità. Questi tre termini descrivono, secondo una dinamica triangolare, l’avventura dei SuddMM e si riflettono opportunamente nello specchio rappresentato dal loro primo cd “Sudd”. Prodotto da Gattuso Musica & Ear Eventi e Mario Tarsilla per Sudd MM e in vendita presso Gattuso Musica e sul sito www.suddmm.com al prezzo di 12 euro, l’esordio discografico della compagnia palermitana si inserisce in corsivo tra i successi dati dalle numerose e acclamate repliche del musical Sicilia-oriented “Sciroccu” e dalla presenza di due tra i nuovi brani “Tuluma” e “Pangea” nella compilation realizzata dalla Provincia di Palermo per promuovere le migliori realtà musicali siciliane, presentata al Womex di Siviglia. I SuddMM, unico gruppo italiano al Womad U.K. “World of Music, Arts and Dance” di quest’anno - il più importante festival itinerante al mondo, fondato da Peter Gabriel - si caratterizzano per la capacità di “accordarsi” liberamente, assecondando, favorendo e sviluppando le abilità di ogni singolo musicista coinvolto, esperienze prodotte anche dalle prestigiose collaborazioni artistiche vantate dai componenti, con lo scopo di dare vita a un’atmosfera che, attraverso l’ipotetico abbraccio delle voci di Vito De Canzio, Anita Vitale e Mario Incudine, spezza la cristallizzazione delle peculiarità del sud e diventa musica e movimento. Nata da un’idea di

di LAURA RIGGIO

Luigi Gattuso e Anita Vitale, la compagnia vede al lavoro una ventina di persone tra musicisti, ballerini, produzione e staff tecnico e presenta un repertorio inedito in lingua siciliana, composto, arrangiato ed eseguito dalla band. Interpretazioni poliedriche dal forte impatto emotivo che prendono il via dalla tradizione popolare e si raccontano, interessando e suscitando emozioni, attraverso un linguaggio musicale attuale, invaso da contaminazioni di vari generi, dal world al dub, dal soul al ritmo hip hop ed arricchito da sonorità mediterranee, risultato del background di ognuno degli elementi del gruppo. Rielaborata e orchestrata ex novo da Anita Vitale, è presente in ghost track un’originale versione della ballata cinquecentesca “La Barunissa di Carini”, unico brano edito oltre a “Notte”, remix di “Eco di un amore” degli stessi SuddMM, realizzato da Mario Caminita. Il grande impatto sonoro si fa emozione esteriore - durante i live della compagnia - diventa danza in un coinvolgente ed energico spettacolo elegante, portato a un elevato grado di perfezione, che nasce in Sicilia e si evolve in influsso di elementi culturali tra patrimoni diversi. Progetti, note biografiche, reportage fotografici degli spettacoli e prossime date della compagnia SuddMM, ad agosto nominata ambasciatrice della cultura siciliana nel mondo, le trovate su: www.myspace.com/suddmm. balarm magazine 16


MUSICA

INSEMINA TV

Un laboratorio permanente di ricerca e sperimentazione di nuovi linguaggi artistici

di SVEVA ALAGNA «La nostra è un’inseminazione culturale. Seminando, prima o poi nasceranno dei frutti»: così il compositore, ideatore e produttore Mario Bajardi, eclettico violinista, noto per la propria ricerca sul versante elettro-acustico, presenta “Insemina”, un progetto multimediale finalizzato alla diffusione del versante musicale palermitano più sommerso, ovvero non di norma mediaticamente veicolato. In primis, una trasmissione televisiva, ogni 15 giorni una puntata in fascia serale (17 settembre è andata in onda la prima),

su TGS, su Sky 830 e Sky 840 e in previsione una diffusione massiccia (dalle sei tv in su). Venticinque minuti in cui l’artista o il gruppo in questione possono dar prova del proprio talento con l’esibizione di brani di repertorio, chiacchierate informali con la padrona di casa, la nota conduttrice televisiva Elisabetta Cinà, e la presentazione di un brano appositamente creato per Insemina (che sarà inserito in un cd insieme a tutti quelli realizzati). «Il fine è attribuire un “valore aggiunto” all’ambiente artistico cittadino – spiega Mario Bajardi - non in tono polemico ma ci si prefigge di portare al pubblico qualcosa che nemmeno conosce, perché non pubblicizzato: educarlo al “buon gusto” e al discernimento. Vogliamo ricordare che esiste altro». Dunque, scandagliare il sottobosco artistico, soprattutto locale. Ma Insemina non è solo tv, ma anche web 24 ore su 24: un sito (www.insemina.org) che renderà ancora più visibili gli artisti presenti nelle puntate, che potranno servirsi del portale per le news, avendo a disposizione un menù interattivo e un blog che permettono di dialogare con l’utente. Ovviamente le trasmissioni saranno trasmesse a rotazione. «I mass media diffondono un prodotto immediatamente fruibile, ecco, noi vogliamo aggiungere qualcosa di più complesso - prosegue Mario Bajardi sostenuto da Paolo Canzoneri, Nella Gangi e Benedetto Gagliardo. –E per 24/36 ore, come nel Settecento, il teatro sarà aperto al pubblico e saranno coinvolti teatranti, musicisti, ballerini, tutti interpreti di svariate espressioni artistiche insomma». Infatti oltre la trasmissione televisiva e il sito on line, l’idea si svilupperà attraverso dei live, sulla scia dello spettacolo del settembre 2007, presso il teatro Orione di Palermo, in cui l’ensamble composto dal performer Mario Bajardi, dall’Orchestra Giovanile Mediterranea (OGM), l’Orchestra Stabile di Insemina, dalla cantante Yasmina Visconti, e dagli artisti Manlio Noto, Isobel Blank, Juan Perno, Gianluca Scuderi, Daniela Megna e Gruppo Festinalente hanno dato vita ad un live set audio-visivo (danza, scultura, video-art, pittura). Ad ogni concerto poi, sarà distribuito un libro bianco, in cui lo spettatore diviene protagonista ed esprime come meglio ritiene le proprie emozioni, per poi regalarlo ad un altro spettatore. Di impressione a impressione i libri raccoglieranno quelle di molti, fino ad essere esposti in una mostra. Aperto al confronto multiculturale, il progetto Insemina (che prospetta interazioni con Berlino, Londra, New York) si pone quindi come laboratorio permanente di ricerca e sperimentazione di nuovi linguaggi artistici contemporanei. Fine ultimo è l’integrazione fra vari settori culturali e le nuove tecnologie della comunicazione. balarm magazine 18


TEATRO

poi culturale di una generazione a corto di spazi in cui promuovere arte e saperi. Alla fine, da questo braccio di ferro, loro, questi giovani “precari dello spettacolo” afferenti da diverse compagnie teatrali della città, hanno saputo uscire a testa alta. Si sono riuniti nell’associazione Ats Spazio Zero, dal nome del capannone dedicato a Thierry Salmon da cui è partita la loro protesta. E sfruttando la loro rete di relazioni hanno messo in piedi una rassegna di spettacoli teatrali e musicali da fare invidia agli organizzatori d’eventi – o sedicenti tali – più conosciuti in città. Soprattutto sul fronte teatrale, hanno saputo intercettare il meglio della produzione italiana, da Saverio La Ruina a Dario Manfredini, da Babilonia Teatri a Fanny & Alexander. Spettacoli che hanno collezionato premi e riconoscimenti, da Scenario a Ubu, e che per varie ragioni – e sarebbe bene indagare su queste “ragioni” – da tem-

per promuovere l’arte in questa città e non farla morire all’interno dei soliti e chiusi spazi in cui è stata rinchiusa». É questo, in soldoni, il manifesto dell’associazione, che riunisce sette compagnie teatrali di Palermo: A. C. Sutta Scupa, Compagnia Quartriati, Compagnia del Tratto, Compagnia La Nave dei Folli, A. C. Bogotà, Compagnia Ananke e A. C. Cantiere per l’Arte. «Attraverso il riconoscimento reciproco, la discussione e l’aiuto, la messa in comune di servizi e conoscenze – continua Cinquemani – abbiamo saputo far fronte alla carenza di spazi e sostegni economici per le nostre produzioni. Ci siamo dati una mano a vicenda, usato sale prove e materiale tecnico a costo zero in centri sociali autogestiti o a contatto con strutture teatrali poco finanziate. Se non avessimo agito in questo modo, avremmo potuto chiudere i battenti». E con loro una grossa fetta della vitalità artistica di Palermo. Ma a forza di stringere la cinghia il rischio è quello di strozzarsi. Per questo, i ragazzi e le ragazze di Ats Spazio Zero hanno deciso di scendere in campo, in un modo che ha riportato alla memoria la Francia sessantottina. Solo che a differenza di quanto avvenne all’epoca, qui non si tratta di andare contro lo Stato, anzi. «Noi non siamo contro le istituzioni – spiega Cinquemani – Al contrario, chiediamo il loro appoggio. Abbiamo realizzato un evento che altri avrebbero costruito spendendo non meno di 250 mila euro. Certo, quello che abbiamo fatto è stato possibiph. Federico Maria Giammusso le perché gli organizzatori non hanno preso un soldo. Ma del resto il nostro spirito è di agire attraverso un po avevano smesso di approdare a Palermo. In onore “low profile”, aumentando le pretese artistiche e ridudel luogo da cui l’associazione è partita, il cartellone cendo quelle economiche». Anche perché il teatro, in di eventi (12 spettacoli teatrali e 5 concerti) ha preso fondo, «è un’arte povera». Sgombrato il campo da il nome di Teatro dei Cantieri Festival e da agosto a qualsiasi ipotesi di lucro, l’azione di Spazio Zero è ottobre è riuscito a coinvolgere quasi 5 mila persone. piuttosto mirata alla creazione di quelle «condizioni di Un successo enorme, tanto fattibilità» che possono più se si considera il misero garantire la sopravvivenza di «Noi non siamo contro le budget di partenza, ossia i chi opera nel teatro e nella istituzioni. Al contrario, 19 mila euro gentilmente musica. Le prime due condichiediamo il loro appoggio. concessi dalla Provincia zioni sono senza dubbio Abbiamo realizzato un evento relative ai finanziamenti e (tanto per intenderci, per che altri avrebbero costruito organizzare il carnevale estiagli spazi, che in città sono vo di Termini Imerese ci con non meno di 250mila euro» pochi e spesso mal funziosono voluti più di 50 mila nanti. Come spiegare, ad euro dalla Regione). «Credo che tra l’attenzione che ci esempio, il fatto che ci sono voluti dieci anni e le ha riservato la stampa nazionale e quella del pubblico tasche bucate di Ats Spazio Zero per riportare dopo – dice Paolo Cinquemani, uno dei responsabili di Ats dieci anni a Palermo un maestro del calibro di Dario Spazio Zero – abbiamo dimostrato la fondatezza delle Manfredini? «La terza condizione – conclude nostre rivendicazioni, oltre a lanciare un messaggio Cinquemani – è ovviamente quella di non far morire chiaro alle istituzioni, ossia che basta veramente poco la rassegna».

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Ats SPAZIO Zero: un “altro teatro” I giovani “precari dello spettacolo” uniti per promuovere un teatro accessibile a tutti A vederli con gli occhi stanchi e sfiduciati dei palermitani, in quella mattina di gennaio mentre occupavano uno dei capannoni abbandonati dei Cantieri culturali, sembrava solo l’ultimo colpo di coda del malessere culturale cittadino. E in pochi, pochissimi avrebbero scommesso un soldo su quei giovani artisti e soprattutto sulla riuscita della loro protesta, non tanto per le loro capacità, quanto per la consapevolezza di trovarsi pur sempre a Palermo, in un comune paralizzato dagli sprechi di gestione e dai conseguenti debiti di bilancio. Invece loro sono andati avanti, sicuri della qualità e soprattutto della necessità del loro progetto. Hanno sfidato a viso aperto l’amministrazione comunale e il repentino ordine di sgombero dal capannone occupato. Ché i Cantieri alla Zisa potevano far da scena al degrado della città, ma guai a trasformarli in epicentro dell’impegno prima civico e

di DARIO PRESTIGIACOMO


ph. Mauro Gulì

TEATRO

FUOCOLIERI a cappello

Giocolieri, performer e artisti: una compagnia palermitana in continuo movimento di ALESSIA ROTOLO Si identificano con un elemento: il fuoco. E lo fanno per la sua doppia valenza, ad un tempo distruttiva e creatrice di energia. Stiamo parlando della Compagnia dei Fuocolieri, un gruppo di giovani artisti palermitani che ormai già da tre anni ha deciso di mettere insieme le energie e di fondare la Compagnia. «Nella Palermo di oggi sono molte le manifestazioni culturali che animano la città: facendo un giro per le strade si trovano svariati cartelloni pubblicitari che annunciano feste, concerti e rassegne teatrali, ma rimane pur sempre la per-

cezione che i veri movimenti artistici d’avanguardia siano lontani da quest’Isola»: dice Carlo III, componente della Compagnia. E prosegue: «Perché nel mondo dell’arte panormita aleggia un velo di rassegnazione che non permette di guardare oltre, oltre i finanziamenti pubblici e l’assistenzialismo al quale tutti sembriamo ormai abituati». E loro, proprio partendo da queste considerazioni hanno iniziato, nel 2005, una ricerca di nuovi modi per esprimersi, qualcosa per essere davvero all’avanguardia e pionieri di qualcosa. Da allora sono passato tre anni e la Compagnia nel frattempo si è ingrandita, visto che dai quattro iniziali, adesso di componenti ne conta ben quindici, e così anche il loro campo d’azione, che in itinere ha abbracciato nuove discipline artistiche, dai saltimbanchi ai giocolieri dal teatro di ricerca, alla musica e alle arti espressive. Ma il loro “credo”, no, quello è rimasto saldo: la Compagnia dei Fuocolieri, infatti, oggi come ieri continua a credere nel confronto con altri artisti, ma soprattutto in quello col pubblico, per la genuinità dettata dall’incontro e dallo scambio che solo la gente può dare, e per questo loro si mettono sullo stesso livello della platea, senza nessun palco che crei distanza. L’obiettivo che hanno, la loro volontà che passa da ogni cosa che dicono e da ogni spettacolo che fanno, è quella di scardinare le gabbie dove è imprigionata l’arte, per riproporla in modo innovativo e alternativo alla città. Per la loro arte non fanno pagare nessun biglietto, perché per gli artisti di strada non esistono abbonamenti e prevendite, tuttavia loro hanno altro, hanno il cappello. Il famoso simbolo che li rappresenta tutti, compagno di vita e, è il caso di dirlo, di strada, che tenendo tra le mani passano tra gli spettatori nella speranza di un gradito contributo. E così è proprio al cappello che la Compagnia ha voluto dedicare la prima rassegna di quest’anno, dal titolo, appunto, “Estate a cappello”. Una kermesse che si è professata antirazzista, perché come spiega Carlo III, direttore artistico, «stare con la gente vuol dire stare dalla loro parte indiscriminatamente», e che ha ri-animato la città con un fitto calendario di appuntamenti, dalle mostre ai concerti, dal teatro alla musica, e coinvolgendo artisti provenienti da tutta la Sicilia. Una rassegna interamente autofinanziata per garantire libertà espressiva e per non essere costretti a scendere a compromessi, dimostrando che la cultura a Palermo non deve sempre sottostare ai finanziamenti pubblici. Così, carichi di nuove proposte e soddisfatti della manifestazione che si è conclusa da poco, adesso la Compagnia progetta ancora una nuova stagione piena di novità, che continua ad avere sempre solo una certezza: il cappello. balarm magazine 22


ARTE

Il “mago” PABLO PICASSO

In mostra a Palazzo dei Normanni, fino all’8 marzo, i disegni di uno dei più grandi artisti del XX secolo. Sessantasei opere, tra oli, disegni e sculture: un vero e proprio diario per immagini di GIULIA SCALIA balarm magazine 24

“I suoi disegni non erano di cose vedute ma di cose la città e dei suoi locali notturni. La Danzatrice (matita su espresse, insomma erano parole; il disegno fu carta, 1900-1901) si ispira allo stile di Toulouse Lautrec, sempre il suo solo modo di parlare, e lui parla moltissi- alle atmosfere del Moulin Rouge vicinissimo al Bateau mo”. Così scriveva Gertrude Stein, celebre collezionista Lavoir, la residenza di Picasso a Montmartre. Un altro americana, a proposito di Pablo Picasso (Malaga 1881- disegno su carta, Omaggio a Gauguin (1903), apparteMougins 1973) nella sua presentazione del 1938. Se dise- nente alla famiglia reale svedese, è davvero un caso unignare equivale a scrivere possiamo, dunque, sostenere co nella produzione artistica di Picasso. L’artista infatti si che l’intera produzione artistica di Picasso costituisce un firma ironicamente “Paul Picasso” e rievoca nel tratto lo vero e proprio diario per immagini che non riguarda sol- stile e le atmosfere esotiche dei dipinti di Paul Gauguin. tanto la vita del singolo artista, ma racchiude in sé gran Come è ben noto Picasso era un grande amante delle parte della storia dell’arte del XX secolo. Il disegno è pro- donne. Le sue modelle, quasi sempre sue amanti, sono tagonista principale della mostra Il mondo fantastico di spesso presenti nei suoi disegni e dipinti. La bella Picasso. La collezione Würth e opere ospiti, visitabile nel- Fernanda, disegno del 1906, ritrae Fernande Olivier, con le sale Duca di Montalto di Palazzo dei Normanni fino all’ cui Picasso si trasferì a Gosol, nei Pirenei. Questo periodo 8 marzo 2009 (lunedì - sabato: ore 8.30-12, 14-17 / fu fondamentale per l’artista che poco dopo, a seguito del domenica e festivi: ore 8.30-12.30). Si tratta del quarto confronto con la scultura iberica, diede vita con Braque appuntamento espositivo realizzato grazie alla collabora- alle sperimentazioni cubiste. Nel 1917, mentre lavora alle zione del Gruppo Würth con l’Assemblea Regionale scene e ai costumi di Parade, Picasso incontra un’altra Siciliana. Un percorso ricco di sorprese formato da 66 donna: la ballerina della compagnia di Balletto russo di opere (oli, disegni, sculture) provenienti sia dalla collezio- Diaghilev, Olga Koklova. Danzatori, inchiostro su carta del ne Würth che da importanti collezioni private tedesche ed 1926 della collezione Chrysler, nasce dopo aver visto uno europee. Come scrive il curadei balletti di Diaghilev. Appare tore della mostra Roland Una produzione caleidoscopica, evidente come l’artista sia Doschka: “È soprattutto nei rimasto affascinato dal movivaria e sconfinata nelle disegni e nelle opere grafiche mento dei corpi e dall’eleganproporzioni e caratterizzata che Picasso mette in gioco sé te leggerezza che viene resa da quella tecnica della stesso come soggetto. Prima con pochissimi tratti. variazione del costante nei panni di Arlecchino, poi del L’incontro con il teatro e il balripensamento delle forme pittore mentre guarda la sua lo gli permette nuove modalimodella e infine incarnando tà di espressione. L’opera Il figure mitologiche metà uomo e metà toro, suscitando pittore e la modella del 1932 appare totalmente differencome il Minotauro compassione e paura al tempo stesso. te dalla precedente: i contrasti tra luce e ombra sono netQuesti disegni densi di riferimenti letterari lasciano intra- ti, la figure sono appesantite e distorte. La realtà assume vedere le tracce di un diario segreto.” Proprio il Minotauro quasi una valenza onirica e si avvicina alle atmosfere surè la figura ove convive la mescolanza di apollineo e dioni- realiste. Picasso infatti nel 1925 aveva partecipato alla prisiaco, razionale e irrazionale, e che meglio rappresenta la ma mostra surrealista che si tenne a Parigi alla Galerie creatività picassiana. Una produzione caleidoscopica, Pierre e un suo collage fu utilizzato come copertina per la varia e sconfinata nelle proporzioni e caratterizzata da rivista Minotaure. Durante la seconda guerra mondiale quella tecnica della variazione, così come la definisce lo l’artista incontra la fotografa jugoslava Dora Maar. La storico dell’arte Warncke, del costante ripensamento del- donna diventa sua musa ispiratrice, come possiamo notale forme. Il disegno al contrario non permette questo re nell’olio su tela del 1940 La blusa arancione- Dora ripensamento continuo, frequente nella pittura, ma ci Maar. Egli distorce il volto della modella ma come affermette in contatto diretto con l’approccio spesso istanta- ma Paul Eluard non la rende irriconoscibile perché “ristaneo e sperimentale dell’artista con la creatività. Picasso bilisce le cose nella loro verità”. Anche negli ultimi anni infatti disegnava ovunque anche sul retro delle carte da della sua vita Pablo Picasso continua a produrre innumegioco, come in Corrida del 1901, e spesso utilizzava pic- revoli opere; tra il marzo e l’ottobre del 1968 realizza 347 coli ritagli di carta quando, ancora giovane, non poteva acqueforti, dimostrando ancora una volta l’inesauribilità permettersi di acquistare le tele, come in Profilo di donna della sua vena creativa facendo affermare nel 1972 alla (1901). Nel 1900 Picasso si recherà per la prima volta a rivista Paris Match “A novantuno anni Picasso reinventa Parigi; lì rimarrà fulminato dalle luci e dalle atmosfere del- Picasso!”. balarm magazine 25


ph. Alessandro Di Giugno

ARTE

SIMONE MANNINO

Il giovane artista palermitano in bilico tra pittura e teatro libero da schemi ed etichette di MARINA SAJEVA “Lo stile serve a nascondersi. Ogni artista si deve muovere liberamente”. Questa è una delle prime frasi che Simone, dall’altra parte della cornetta, mi dice durante la nostra chiacchierata “di lavoro”. Simone è Simone Mannino (Palermo 1981) artista palermitano attualmente trasferitosi a Siracusa, che soli pochi mesi fa ha esposto a Palermo in occasione della sua corposa personale dal titolo “Fuori-soggetto”, presso le Scuderie di Via Vetriera. Quando Mannino parla di poca fedeltà ad

uno stile univoco e di libertà di azione dà le chiavi di lettura del suo percorso artistico. Infatti, secondo quanto da lui detto, appare superfluo sottolineare come nella sua ultima produzione sia passato dalla figurazione alla quasi totale assenza di essa, avvicinandosi esplicitamente all’ Informale, poiché nulla esclude che possa ritornare alla classica ritrattistica, la stessa che caratterizzava i lavori presentati all’edizione del “Genio di Palermo” del 2005 diretto da Eva di Stefano. Simone lavora a cicli; cicli che spesso si sovrappongono, come è stato per anni con la pittura e il teatro, campi in cui l’artista spazia da sempre, sin da quando dopo aver seguito i primi anni del corso di scultura all’Accademia di Belle Arti di Palermo, si dedica totalmente alle scenografie teatrali, e nello specifico a quelle per gli spettacoli del Teatro Garibaldi. Senza questa esperienza, forse, non saprebbe destreggiarsi davanti a tele di così grande formato, che in realtà non gli bastano mai, poiché, come egli stesso mi spiega, finisce spesso per lasciarne in sospeso una, per continuare nella tela accanto e in quella ancora accanto, raggiungendo così le dimensioni di quei fondali teatrali che lui stesso dipingeva sin dall’età di diciassette anni. Un impeto incontenibile quello di Simone quando si accinge a riempire la tela bianca, che egli considera un campo di battaglia, soprattutto in questi ultimi lavori in cui la deformazione della figura è resa tramite un approccio fisico, quasi scultoreo; e non teme, dicendo questo, di essere accostato, magari troppo facilmente, alle figure di spicco della storica corrente dell’action paiting americana, come Pollock o De Kooning, poiché per lui è naturale oggi evocare gli esempi più alti della storia dell’arte del Novecento, quelli con cui sente di avere una filiazione, convinto che il dovere di un artista non sia l’originalità a tutti i costi, ma piuttosto l’autenticità della passione per l’arte. E di certo di passione Simone Mannino ne ha tanta, come dimostra la mole della sua produzione, che crea con un’innata attitudine alla pittura. Inversamente proporzionale alla sua ricchezza di opere è la frequenza con cui espone; Simone, immune dalla “smania da mostra”, partecipa solo ai progetti a suo parere validi e che lo coinvolgono totalmente; anche per questo il più delle volte dipinge quadri pensati ad hoc per il luogo espositivo, con quella “visione dello spazio” tipica, dice, di chi ha lavorato nel teatro. Ultimamente ha abbracciato il progetto di Antonio Presti “La porta della bellezza” destinata al quartiere catanese di Librino, dove, insieme alle opere di altri nove artisti coinvolti, a dicembre lascerà una sua scultura in terracotta. Come detto all’inizio, l’arte spazia liberamente da uno stile a un altro, ma anche da una tecnica all’altra. balarm magazine 26


ARTE

La Galleria dell’Arco va a Shanghai Un gemellaggio tra artisti d’oltreoceano per riscoprire i propri luoghi attraverso l’arte La Galleria dell’Arco raddoppia la sede palermitana di via Siracusa e approda in Cina dove, a giugno, ha inaugurato un nuovo spazio espositivo, 160 mq nel cuore di Shanghai. L’apertura della nuova sede coincide con l’avvio del progetto di residenze d’artista “Revolving Boundaries”. Il titolo evoca l’attraversamento di un limite, di percorsi che stimolano l’immaginario, racchiude il concetto di rotazione e suggerisce quanto sia instabile la percezione dei confini nell’epoca della globalizzazione. Il programma prevede che ogni anno due artisti cinesi siano ospiti della sede palermitana, mentre a due artisti internazionali sarà offerta l’opportunità di trascorrere un periodo di studio a Shanghai. Nel corso di questi soggiorni gli artisti lavoreranno alla creazione di opere concepite e sviluppate in stretta relazione con il territorio che li ospita, offrendo un’affascinante analisi dei luoghi, restituiti in forma d’arte attraverso lo sguardo dello straniero, del viaggiatore di passaggio. Il primo a partecipare al programma è stato Domenico Mangano (Palermo, 1976). Roberto Ceresia, proprietario e animatore delle attività della galleria, racconta i lavori realizzati in Cina dall’artista: «Ha costruito una riproduzione in scala 1 a 1 di un bagno pubblico nello stile che si trova a Shanghai, dove ce ne sono più di 5mila. Visto dall’esterno è un bagno, ma dentro è una sorta di spazio futuristico, a metà tra una discoteca ed una navicella spaziale, con specchi, luci psichedeliche ed una registrazione audio che riproduce suoni di strada modificati. La doppia natura dell’installazione è metafora della città, con la sua doppia anima: di giorno

di VALENTINA FALZONE

sporca, affollata e polverosa, di notte luccicante e seducente, che non si rivela mai al primo sguardo, ma chiede di entrarvi dentro, di scoprirla a poco a poco. Ha realizzato, inoltre, un wall painting di 7 metri che riproduce il corso del fiume Suzou, che scorre vicino la galleria. Per dipingere Mangano ha utilizzato dei caratteri cinesi che compongono la frase Il rumore del remo. A finire questo lavoro c’è un panchetto dove, su una risma di fogli di carta, ciascun visitatore viene invitato a utilizzare i tre timbri che compongono la stessa frase del wall painting. Attraverso questo processo a catena si innesca un simbolico passaggio del testimone tra un visitatore e il successivo, come l’acqua che fluisce nel fiume». Ceresia è entusiasta del lavoro di Mangano e dell’impatto che ha avuto sul pubblico cinese: «Fare una mostra del genere ha un valore importante soprattutto per instaurare un dialogo con la comunità artistica locale. Il collezionismo del posto è ancora orientato su un’arte molto commerciale ma, come in tutte le cose, anche in questo la Cina fa in fretta a cambiare». Mentre la mostra di Mangano è in corso a Shanghai, a Palermo è giunto Chow Chun Fai, artista eclettico che all’esperienza pittorica affianca la ricerca video e fotografica. Le opere che produrrà in Sicilia saranno esposte a novembre nel corso di una collettiva di artisti internazionali. Il programma della galleria è denso, aspettiamo dunque di vedere quali aspetti della nostra realtà saprà cogliere Chow Chun Fai e di scoprire quali giovani artisti siciliani saranno inclusi nella collettiva prevista a Shanghai per dicembre. balarm magazine 28


LIBRI

EMMA DANTE

In libreria “Via Castellana Bandiera”, il romanzo d’esordio della palermitana, figlia del teatro, attrice e regista dalla carriera in costante ascesa di ROSSELLA PUCCIO Voce composta, diaframma pronto ed un palco con una sola attrice, regista, e adesso anche scrittrice. «Avevo una storia da raccontare e l’ho raccontata»: secca e decisa proprio come il suo teatro. “Via Castellana Bandiera” (Rizzoli, 140 pagine, 15 euro) è il romanzo d’esordio della controversa Emma Dante, palermitana, figlia del teatro. Il libro è un piccolo spiraglio nella mente dell’artista che affonda proprio in un fatto di vita reale: “Mi ha incuriosita l’intrigante signora, per età e corporatura, ancora alla guida. Il modo deciso di barrarmi la strada, costringendomi ad un’attesa di oltre mezz’ora a pochi passi dalla mia abitazione di via Castellana Bandiera”. Lei è una delle due donne-amazzoni, Samira, suocera albanese del tirannico patriarca Saro Calafiore, trapiantata a Palermo; mentre l’altra è Rosa, la palermitana “corna dure” espatriata a Milano: due identità simili in sella alle proprie utilitarie, l’una di fronte all’altra in quel piccolo pertugio cittadino, periferico nella periferia palermitana, con palazzi abusivi, linguaggi trascinati e la consueta gerarchia familiare ammalata, questa volta dei Calafiore e del suo capostipite, Saro, uomo arraffone, canino anche nei confronti dei propri figli. In quella stradina che permette il passaggio di una sola auto per volta le due donne “come galline, con il collo teso e la testa leggermente spostata in avanti”. «Io sono entrambe - confessa la voce metallica ed evaporata di Emma Dante al vivavoce di un’intervista telefonica. - Il taglio distaccato di Samira è parte del mio sguardo di roccia, spesso atroce. L’amore di Rosa per Clara incarna il mio desiderio di teatro». In ogni attore tratteggiato a china la

Dante mette “un pezzetto di sé” per raccontare «l’indolenza, la pigrizia atavica di questa città, in cui però – come dice - rimango, pur vivendola conflittualmente». Il suo teatro irriverente alita addosso agli sguardi, ai pensieri di Samira e Rosa. Da “Carnezzeria” a “Mischelle di Sant´Oliva” sino a “Cani di Bancata” ritorna la Palermo carnale, graffiata tra prepotenze ed espedienti come le scommesse clandestine su chi cederà tra Samira e Rosa. Anti-eroi alle prese con un verismo post-moderno, acidulo, vezzoso, che fa della città un meccanismo da cui fuggire o rifugiarsi. “Ogni occasione è persa se te la fai scappare” è il motto di Saro, di quelle torve sagome da teatro partorite dalla Dante, spinte dolorosamente dal suo ventre siciliano per mostrare la realtà. È l’umanità inquinata delle tre generazioni Calafiore, famiglia che è “una malattia, per certi versi, un trattato di psicologia che contiene tutto ciò che riguarda le relazioni tra padre e figli”. Segreti, liti e gelosie recitate da ogni commediante che ruota attorno alle due donne, appese all’immobilità congenita di questa strada, di questa città che neppure lo scirocco riesce a sferzare, che spurga i rancori, i rimorsi per la propria esistenza: per Samira la morte precoce della figlia, sposa-vittima di Saro; per Rosa la fuga da Palermo, l’omofobia verso se stessa. Un’intera giornata, un epilogo tragico in cui le epidermidi di asfalto caldo diventano il punto di riflessione per sgranare il proprio vissuto cercando un riscatto, pur non accettando la via di fuga offerta da paceri e dalle corpulenti mediatrici fasciate in vestagline e tappìne come moderne corifee. Battute da palco sospendendo la narrazione con vivide allucinazioni da strada, ma le pagine scorro-

no come minuti di una storia a cui assisti da uno dei confessa mentre parliamo - senza voler dare soluzioni, lembi di via Castellana Bandiera. Quando leggi, vedi. lasciate invece agli spettatori o lettori». Una Sicilia porLeggi e vedi ad alta voce. Prima ti dici, ridendo: Talè, è tata in giro in tutto il mondo, con successo dalle sue vero! Accorgendoti poi che in questa severa tragicom- opere, a cui è stata dedicata una retrospettiva al Teatro media c’è poco da ridere. La piccola feritoia cittadina in Crt dell’Arte di Milano. A febbraio il debutto di “Le pulcui si incontrano la Punto le, operetta amorale” al rossa e la Multipla blu mette Mercadante di Napoli, in Da “Carnezzeria” a “Mischelle coproduzione con le città di a nudo un sociale fatto di di Sant’Oliva” sino a “Cani di prevaricatori e profittatori. I Parigi e Bruxelles. Mentre c’è Bancata”: ritorna la Palermo volanti sono come grilletti di massimo riserbo sulla collauna pistola che nessuna delle borazione, ancora non siglata carnale, graffiata tra due ha il coraggio di premecome precisa - al film di John prepotenze ed espedienti re. Il triangolo di discendenze Turturro. Sorride e aggiunge: costipate, vassallaggi familia«Ci saranno molte altre ri e di quartiere rispettano la matrice à la Dante, nel tri- cose...». E il sipario cala ancor prima che Emma dica l’ulpudio di folklore, abbannìate e caricature grottesche. tima battuta. Così anche qui, in un’intervista costruita La sua Palermo da dietro l’angolo è inveterata, abusiva, in 923 chilometri di distanza tra me e lei, col sottofonrassegnata ma pur sempre pregna di umanità. Un’Isola do di cicalii ansanti, clacson, fiati di scappamento, “non non inventata: «è la mia interpretazione della Sicilia - mi c’è altra soluzione” che l’attesa...

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ph. Carmine Maringola


LIBRI

Vento nuovo sul Premio Mondello “Se consideri le colpe” di Andrea Bajani è uno dei libri vincitori del concorso letterario italiano

Coraggio e novità hanno caratterizzato quest’anno la scelta dei vincitori del Premio Mondello – Città di Palermo. I due vincitori, Andrea Bajani con Se consideri le colpe e Antonio Scurati con Una storia romantica, sono infatti due scrittori trentenni che grazie al successo dei loro due libri paiono giustificare il passaggio generazionale che da Gomorra in poi si avverte in due sfere fondamentali della nostra cultura quali la letteratura e il cinema. È soprattutto il primo libro che ci sembra offrire qualcosa di rilevante sotto il profilo dell’espressione narrativa e del significato morale, all’interno di una più che controllata architettura. Il protagonista di Se consideri le colpe (Einaudi, 168 pagine, 14,00 euro) è Lorenzo, un giovane italiano, che dopo la morte della madre, ripercorre, con la memoria e con un viag-

di SAVERIO PULEO

gio nella Romania post comunista, la fuga per amore e per business fatta della genitrice molti anni prima. Lula – la madre – dopo aver troncato malamente i rapporti con la sua famiglia gran borghese e fatto un figlio – Lorenzo - con un uomo non adatto, si sposa senza amore con un altro uomo che le fa più da padre che da marito, finché, inventandosi con successo imprenditrice, aggiunge l’ennesimo carico alla sua irrequietezza lasciando marito e figlio per cercare fortuna in Romania con il socio – amante. Il romanzo è scritto in seconda persona, alla maniera di una lettera rivolta alla madre, ed è denso di una scrittura molto vicina al parlato che esprime un’economia e una precisione emblematiche della padronanza che l’autore ha della sua cifra stilistica. Proprio questo dialogo, per forza monco, tra figlio e genitore è una delle caratteristiche del lungo racconto di Bajani: il dialogo implica l’altro, un “altro” che nel corso della vita dei protagonisti è sempre mancato per colpa di uno dei due, se non addirittura di entrambi. Il viaggio che Lorenzo fa per partecipare al funerale della madre è un percorso sia fisico che spirituale per l’elaborazione del lutto. È esemplare, ad esempio, che nella casa di lei a Bucarest, egli cerchi e riconosca gli odori dimenticati e usi lo spazzolino della madre col solo intento di ristabilire un rapporto interrotto prima con l’abbandono e poi con la morte. Il dramma “privato” del libro è affiancato da un dramma “pubblico” riuscito quasi quanto il primo: la Romania abbordata da una generazione di italiani arrembanti e cialtroni, planati in una terra intesa come la nuova frontiera da colonizzare e strizzare nei tristi modi conosciuti. Bajani nella descrizione dei suoi e nostri connazionali è impietoso. Chi sono? Che fanno? Scendono dagli aerei con scarpe dalla punta quadrata, hanno trasferito aziende e innalzato capannoni di lamiera battenti il tricolore e per giunta guidano arroganti SUV per mettere le mani su donne e denari. Se consideri le colpe mette molta carne al fuoco (l’identità dei protagonisti, il viaggio, la morte) ma la cosa che resta e che pesa come un macigno è la secca e continua espressione del dolore. Non c’è intreccio in questa storia che è semplice da riassumere, ma in ogni parola, in ogni riga, in ogni pagina si avvertono sofferenza, fallimento, rimorso, corruzione per un disastro privato e collettivo che l’autore bada bene a non assolvere. balarm magazine 32



Sproloquio di un AMMAZZATORE Sullo sfondo di Palermo la storia di un egoista cinico ritratto dalla penna di Rosario Palazzolo

Il breve romanzo d’esordio di Rosario Palazzolo “L’Ammazzatore” (Perdisa Editore, pagg. 111, euro 9) è uno sproloquio sull’incertezza, sull’impossibilità d’una scelta, sul pensiero mutante fatto di strade ed occhi che ti guardano, sull’ingranaggio dell’essere che s’inceppa e che fa dell’esecutore una vittima al pari del bersaglio. Costellato di un linguaggio senza pedigree, il testo già si propone per la rappresentazione in teatro. «Ma già lo è diventato!» – fa eco Palazzolo. Lo sfondo è quello di Palermo, sia nella lingua che nelle origini, forse meno nell’anagrafica del protagonista – certo Ernesto Scossa (non mi risulta cognome simile dall’elenco telefonico, n.d.r.) –, ma se l’identità geografica è il contesto, non lo sono i confini del potere oscuro, complesso, distorto, che non da tregua né attenuanti sia qui che altrove. Il potere subdolo che marchia ed infama, sia a Palermo che a Bergamo, e come specchio

di TOMMASO GAMBINO

si riflette in altro specchio replicandosi all’infinito. Non ci sono accenni di personalizzazione territoriale del potere. Non ci sono monopoli di marchio, l’infamia è cosa di tutti. Palazzolo non scrive un saggio, ma fa solo narrativa in movimento, in presa diretta, e questo potere senza nome ce lo rappresenta con un appellativo ed una faccia: “u’ ziu”, il prototipo dell’onnipotenza terrena sommessamente onnipresente e con una faccia incartapecorita gialla, che, come si legge dal testo: “… ti pareva che da un momento all’altro si sarebbe sfogliata davanti a te lasciandoti a parlare con uno scheletro …”. La distinzione tra l’assassino e l’ammazzatore sta tutta nella semplicità d’un gesto criminale, che per l’ultimo dei due è una professione, mentre per l’altro è un calcolo premeditato. «L’assassino è moralmente impegnato nell’azione ed è animato da un sentimento negativo – afferma Palazzolo – mentre l’ammazzatore è un egoista cinico. Un esecutore oscuro, privo di motivazione; anzi col fastidio di non essere lui il principio della decisione che attua e pertanto la maglia determinante della catena. Un fastidio che trasferendosi sulla vittima fa dell’ammazzato un numero e dell’ammazzatore, a sua volta, una vittima senza morale, un cane di paglia dalla coda mozza, un tritacarne maleodorante di rifiuti». Rosario Palazzolo, classe ’72, nato a Palermo e con una laurea di filosofia in tasca, non è nuovo al linguaggio creativo. Dal 1990 attore teatrale; nel 2002, insieme ad Anton Giulio Pandolfo, fonda la Compagnia del Tratto, motore produttivo d’ogni sua opera. L’exploit nazionale è nel 2006 con alcuni riconoscimenti sia per la narrativa che per il testo teatrale. A questo punto della storia, chiedo a Rosario Palazzolo, se aspira ad essere più un romanziere o un autore di teatro. «Non mi pongo più questa domanda. È l’idea iniziale a decretare la forma, io mi adeguo». Ma allora a chi ti sei ispirato per il personaggio dell’Ammazzatore? «A nessuno in particolare. L’ammazzatore è il prototipo dell’uomo medio, uno a cui è impossibile scegliere. E questo è un tema che mi sta molto a cuore, tanto da trasferirlo in teatro, tanto da scriverci una Trilugia (sì, con la u). Il primo tassello, “Ouminicch’”, ha debuttato al Palermo Teatro Festival. Il secondo, “‘A cirimonia”, debutterà al Teatro Libero a marzo 2009. Per il terzo, invece, occorrerà aspettare». balarm magazine 36

LIBRI ph. Alessandra Criseo

LIBRI

La “china” di Sergio ALGOZZINO Incontro con il giovane disegnatore palermitano in attesa delle sue nuove pubblicazioni Avvicinarsi a una persona può essere difficile, per carattere, indole o naturale propensione a pensare in negativo. Per questo alle volte, quando se ne ha la possibilità, si sceglie di fare di questa passione anche il proprio lavoro. Ed è dietro quella professione che mischia sentimento e logica, che spesso risolviamo molti dei nostri conflitti. E allora parlare con uno sconosciuto diventa semplice. In questo caso racconteremo di un giovane disegnatore palermitano, già molto apprezzato in Francia, con una pubblicazione che prossimamente potremmo leggere anche nella nostra lingua. Sergio Algozzino lo abbiamo incontrato prima via mail, e le tavole di “Pioggia d’Estate” hanno intasato lo spazio a disposizione. Del resto si tratta della sua vita, raccontata attraverso le canzoni, i compagni di scuola, i particolari di un’adolescenza che, disegnata a china acquerellata, lo ha accompagnato sino ai 29 anni. Poi su messanger ha scritto: «In quel libro parlo di argomenti considerati spesso futili. Parlo di giocattoli, di videogiochi, di litigi con compagni delle elementari. Avvenimenti che non scriveresti su una biografia ma che invece continui a ricordare nel tempo. Come la pioggia d’estate passeggera, futile, sfuggevole, ma che ti colpisce perché inaspettata, e anche se il giorno dopo l’avrai dimenticata, ti avrà lasciato comunque una bella sensazione». E la sua per-

di CARLA INCORVAIA

sonale la segna su un blog, uno dei tanti in Rete, creati dal fumettista palermitano. «Ce l’abbiamo fatta. Iniziavo a preoccuparmi. Oggi, 27 agosto, ha piovuto a Palermo. È durata poco, mentre ero in macchina con mia nipote, ma l’odore che ne è uscito fuori era inconfondibile. Nel mio libro racconto di piccoli avvenimenti, piccoli particolari, piccole manie». L’incontro in carne e ossa avviene di sera, all’incrocio di via Garzilli con via La Farina, e seduti sulla griglia di protezione di un condizionatore d’aria, scopriamo ancora un po’ di Sergio Algozzino. Converse rosse, occhiali da vista rigorosamente da nerd, un anello in cernit a forma di testa di alieno e una tracolla dove conserva i suoi lavori, sono i suoi compagni di viaggio. La sua giornata tipo inizia e si conclude con la matita fra le mani, tanto che sembra di ascoltare uno di quegli imprenditori del Nord alle prese con l’azienda di famiglia. «È importante lavorare e molto, soltanto così puoi ottenere il meglio». Così impariamo che la sua tenacia è anche la sua forza. È preciso e lucido quando insegna alla scuola del fumetto e scrive le sceneggiature dei suoi comics. Il prossimo è Ballata per De Andrè, un pezzo unico nel suo genere, il suo secondo grande progetto editoriale per i tipi della Beccogiallo, con il quale andrà a Lucca, il prossimo mese, per il festival del fumetto. Sul web: www.khinart.it/sergioalgozzino balarm magazine 37


ph. Marcello Norberth

CINEMA

ORIO SCADUTO

Bagherese doc, quarantadue anni e single. Nella fiction Agrodolce interpreta Turi Granata, un pescatore pieno di orgoglio siciliano e votato alla felicità della propria famiglia di FABIO MANNO

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Orio Scaduto è un attore. Anzi un bravissimo atto- mente questo mio traguardo professionale proprio a re. Voglio dirlo subito per mettere a tacere tutti mio padre… è lui che ispira la mia interpretazione». coloro che pensano che per recitare in una fiction L’argomento famiglia gli fa la voce densa. Non finge per (Agrodolce) basta solamente pascolare nella casa del GF, niente. È cristallino come l’acqua di sorgente. Senza preavere una bella faccia e/o delle belle gambe o sposare avviso comincia a parlare del fratello Maurilio. Attore un capostruttura Rai. Invece no. Il talento paga. Ne è anche lui. «Il nostro legame è fortissimo...prima o poi ce prova il milione e passa di spettatori che ogni sera si sin- la farà anche lui… è molto bravo». A questo punto arretonizzano su Rai tre per seguire le vicende di Turi tro un po’. Per Orio la famiglia è veramente importante. Granata (il personaggio interpretato da Orio Scaduto) e Sacra e intoccabile. Stemperò un po’ il clima. Gli chiedo degli altri abitanti di Lumera. Orio è un bagherese d.o.c. quanto guadagna ma lui dribbla: «Finalmente potrò che ha fatto tanta gavetta. La prima occasione impor- comprare un’automobile nuova. La mia Fiat uno è del tante gliela danno i fratelli Taviani in “Tu Ridi” - lì inter- ’93. Non è neanche catalitica… ma non dirlo in giro». Mi pretava un sequestratore che teneva in catene Turi fa ridere di gusto. È molto intenso in tutti i registri. Sia Ferro. Poi tanto teatro. Esperienze al Teatro Biondo di comico che drammatico. Turi Granata in Agrodolce ha Palermo, vincitore di alcuni Festival di Cabaret. Poi tanta un fratello diversamente abile Ermanno - complimenti televisone: Brancaccio, Distretto di Polizia, Il Capo dei agli autori per la scelta coraggiosa - interpretato da un Capi - dove interpreta il boss Tano Badalamenti. Con una beniamino del pubblico palermitano: Ernesto Maria punta di soddisfazione e campanilismo per il proprio Ponte. Orio mi racconta un aneddoto del primo giorno di paese mi racconta che nonoriprese. Mi parla della scena stante le riprese di Agrodolce dell’incidente al porto di Dopo tanti anni trascorsi a lo impegnino quasi quotidiaLumera dove Turi si ferisce Roma interpretando ruoli da namente è riuscito pure a gamba a causa di una cattivo, per lui sembra essere alla girare qualche scena nel film barca in secco spostata da di Giuseppe Tornatore Baarìa. arrivato il tempo del ritorno alle una gru. «Tutta la troupe era origini. In Agrodolce interpreta molto preoccupata per la difOrio ha 42 anni. È single, ama un pescatore come se ne il nuoto e la corsa. Mi dice che ficoltà della scena… c’era una se volete “incontrarlo” - invito incontrano tanti a Santa Flavia barca sospesa a 10 metri da rivolto soprattutto alle donne terra… noi attori - io, Ernesto - basta recarsi al tramonto sulla litoranea Aspra - e tanti altri - sotto a recitare. Senza neanche avere il Porticello. Quasi ogni giorno va lì a fare jogging. Quel tempo per comprendere il rischio la scena era già finita. tratto di costa Orio lo conosce bene. Lui è nato da quel- Un solo ciak. Regista soddisfatto. Applausi della troupe. le parti e per ironia della sorte adesso ci lavora pure tra Pausa!». “Allora? Cosa c’è di divertente?” Chiedo io. Orio quelle rocce come attore. Dopo tanti anni trascorsi a sbotta a ridere: «In un momento di assoluta calma, Roma interpretando ruoli da cattivo, per lui sembra quando il peggio era già passato e l’adrenalina scomparessere arrivato il tempo del ritorno alle origini. In sa, si sente la voce di Ernesto che da un angolo remoto Agrodolce interpreta un pescatore come se ne incontra- del porticciolo gridava Aiuto!!! Come un grillo saltellava no tanti a Santa Flavia. Umile e generoso. Tenace e sfor- tenendosi una gamba… per fortuna niente di grave. tunato. Pieno di orgoglio siciliano e votato del tutto alla Involontariamente aveva urtato una barca in legno felicità della propria famiglia. Sperando di non procura- immobile in quella posizione da quasi un secolo! La re brividi a tutti quelli freschi di diploma provo ad accen- situazione… i personaggi… il nervosismo del primo nare un paragone con il “Ciclo dei Vinti” ma Orio mi bloc- giorno di lavoro… dopo lo spavento c’è stata una risata ca subito: «Non posso svelarti niente - la produzione me collettiva. È stato tutto un pò buffo». Nonostante l’interlo impedirebbe - ma ti assicuro che Turi non è un “vinto” vista sembri anch’essa scivolare nel gossip più trash, per dirla con Giovanni Verga… aspetta qualche puntata vado avanti a testa bassa in perfetto stile Marzullesco. e capirai di che pasta è fatto». Mai come in questo caso “Fare l’attore ti ha dato o ti ha tolto qualcosa?”. Orio ha attore e personaggio hanno tanti tratti in comune. Uno la risposta prontissima: «Spesso quando non lavoro sono per tutti è l’amore per la famiglia e l’umiltà d’animo. Orio in ansia. Il telefono non squilla e ne risentono i rapporti dice di averla ereditata da suo padre: un pittore baghe- con le persone che ti stanno vicino. Quando sono sul set rese dall’animo gentile - scomparso da anni - che stava invece sto bene. Capisco che sto facendo la cosa giusta sempre dalla parte degli umili: «Mi piace dedicare ideal- per me. È una sensazione di armonia». balarm magazine 39


Nico BONOMOLO Pittore, illustratore ma anche uno dei cineasti vincitori del Solunto Film Festival 2008 di MARIA TERESA DE SANCTIS Solunto, località nel palermitano nota per i resti dell’omonima città punica sita su un pendio dalla splendida vista sul mare, è da qualche anno un riferimento per i cineasti, in quanto sede di un concorso cinematografico, il “Solunto Film Festival”, rivolto a professionisti ed amatori, evento che ha raccolto sempre più consensi nel tempo. Il 21 settembre scorso, infatti, si è conclusa la terza edizione di questa manifestazione che ha decretato, quale vincitore per la sezione “Le pietre che cantano”, avente per tema il territorio, il cortometraggio di

Nico Bonomolo dal titolo “Lorenzo Vacirca”. Per inciso, le altre sezioni e le opere vincitrici sono state: “L’uomo e il mare” vinto da “Un cuore dentro al mare” di Claudia La Bianca, “Il mondo subacqueo” vinto da “Un giorno” di Alfonso e Oriana Santoro, e infine la sezione fotografica, per cui è stata vincitrice l’opera “Giardino rosso” di Giordano Cipriani. Ma torniamo a Nico Bonomolo, pittore ed illustratore per passione, una laurea in giurisprudenza nel cassetto e una fine sensibilità d’artista. Bagherese doc, confermando la cittadina del palermitano quale continua fucina d’artisti (un nome per tutti, giusto per rimanere in tema, il regista Giuseppe Tornatore), il nostro ha anche pubblicato nel 2004, per la Eugenio Maria Falcone, un libro d’arte con le sue opere. Se non è chiaro il passaggio dalla giurisprudenza alla pittura (è durante l’università che Nico ha iniziato a dipingere), dopo una chiacchierata con il neocineasta capiamo invece come la cornice di un quadro sia inadeguata per contenere le storie da lui create, alle quali invece il film d’animazione consente maggiore respiro. E scopriamo pure che Nico ha già al suo attivo alcuni cortometraggi, pur se “semplicemente amatoriali”, come si affretta a precisare con modestia. Ma decisivo per il percorso espressivo da seguire, è stato l’incontro del nostro autore con il film d’animazione, quello dalla tecnica tradizionale dei tanti disegni nei quali è frammentata l’azione, come ci spiega lui stesso: «Qui c’è poesia. Il pc serve a non usare i fogli di carta per i disegni, ma il procedimento seguito è quello dei cartoni animati alla Walt Disney, con il vantaggio che lavorando al pc tutto il materiale è subito pronto per essere passato al software per il montaggio». E se la prima prova ha dato un tale esito, il connubio fra amore per il disegno e creatività letteraria è senz’altro dei migliori. Delicato e ironico il cortometraggio in questione, opera prima, unico l’artefice, dal soggetto ai disegni, con musiche originali composte appositamente dal musicista Gioacchino Balistreri, anche lui bagherese. “Senza una parola eppure assai eloquente nel suo significato” recita la motivazione al premio della giuria del Solunto Film Festival «per l’originalità creativa e la capacità di descrivere il territorio attraverso un prodotto animato, ma anche per la spendibilità dello stesso in contesti diversi da quello italiano, consentita dalla totale assenza di dialoghi, e per la morale che caratterizza l’opera». E se nell’immediato futuro sono tante le domande d’iscrizione pronte per i festival, anche all’estero, uno è il desiderio più autentico, quello di potere fare nella vita questo mestiere. E ci sembra che le premesse affinchè ciò possa avvenire ci siano tutte. balarm magazine 40

CINEMA ph. Gregor Kaden

ph. Davide Grotta e Marina Bonomolo

CINEMA

Storie di “outsiders” palermitani La nuova sit-com tutta siciliana diretta da Nicola Torregrossa, in onda dal 22 ottobre su Tgs Tra i tanti studenti fuori sede che abitano a Palermo tre in particolare colpiscono l’attenzione. Sono Andrea, che a dispetto del nome, è una ragazza di provincia iscritta al Dams con il pallino dei film horror, Ciccio, studente modello di medicina che coniuga l’amore per la letteratura con il culto della palestra e Peppe, agrigentino d’origine, fuoricorso alla facoltà di Ingegneria ma sempre in tempo per una mega partita alla playstation. Il trio così assortito è il nucleo principale attorno a cui ruotano le avventure della sit-com siciliana “Outsiders in Palermo” diretta da Nicola Torregrossa, in onda dal 22 ottobre in seconda serata su Tgs. I protagonisti principali della serie televisiva sono interpretati da Katia Di Mariano (Andrea) in teatro con “Rosa Balistreri” per la regia di Marco Pupella, Davide Ruggiano (Ciccio) anche lui formazione teatrale alle spalle e Giuseppe Emanuele alla sua prima esperienza televisiva. Il suo non essere attore professionista ha contribuito a rendere l’atmosfera sul set ancora più realistica, come spiega l’alter ego del regista autodidatta Nic Bigtower: «Il copione scritto con Vittorio Canepa, viene rimaneggiato dopo il colloquio con gli attori a cui chiedo spesso di improvvisare sul set. In questo modo, anche grazie alla spontaneità di Peppe che fa da collante nel gruppo, l’effetto sorpresa è garantito». L’obiettivo della sit-com, auto-

di MANUELA PAGANO

prodotta e destinata anche al mercato estero, è quello di esportare un’immagine non convenzionale della Sicilia descritta dal punto di vista degli “outsiders”. I protagonisti infatti non sono solo fuori sede in senso stretto, ma sono anche un po’ “fuori” dalla società, dove faticano a inserirsi, divisi tra lo studio e le difficoltà di sbarcare il lunario. La prima serie è composta da 12 episodi di 12 minuti ciascuno, anziché 25 come nel format classico, in previsione di una potenziale messa on line delle puntate una volta testate in tv. Diversamente da altri progetti che nascono su Internet, “Ousiders in Palermo” sta facendo un percorso inverso cercando di portare in televisione il mondo di Youtube, canale privilegiato da cui il regista recluta i personaggi stranieri che affiancheranno i protagonisti. Special guest dei primi episodi sarà, inoltre, l’attrice tedesca Claudia Ciesla - protagonista del film indiano Karma nei panni di una studentessa Erasmus che, ospitata clandestinamente dai tre, altererà inevitabilmente i già precari equilibri della casa. Oltre alle presenze straniere non mancheranno però anche ospiti nostrani. Indiscrezioni confermano infatti la partecipazione della coppia Li Vigni e Li Vigni che, in via del tutto eccezionale, questa volta vedremo l’un contro l’altro armati. Sul web: www.myspace.com/cap90100 balarm magazine 41


SOCIETA’

PALERMO CICLABILE

Nata una domenica di ottobre di quattro anni fa su iniziativa di alcuni ciclisti urbani, oggi l’associazione palermitana conta quasi 250 iscritti di SONIA PUPUZZA

ph. Chiara Minì

Non si fermano mai: di giorno, di notte, all’alba. In città, in campagna e al mare. Sono quelli del Coordinamento Palermo ciclabile, l’associazione di “ciclisti urbani” nata nel 2004 quasi in sordina e diventata, a pochi anni di distanza, un punto di riferimento per tutti quelli che hanno una bicicletta e non hanno paura di usarla. All’inizio gli eroi su due ruote erano in undici, oggi sono (solo gli iscritti) quasi 250. Ma alle varie manifestazioni organizzate dall’associazione, iscritta alla “Federazione italiana amici della bicicletta”, ci si ritrova anche in 500. Palermo ciclabile nasce una domenica di ottobre di quattro anni fa da una improvvisata iniziativa di alcuni ciclisti urbani. Il primo atto della neonata associazione è una lettera, firmata dai ciclisti che pedalavano in via Libertà durante una delle domeniche di chiusura al traffico, da inviare al sindaco e agli assessori comunali per chiedere interventi a favore della mobilità ciclistica. «La prima volta che ho preso la bicicletta per muovermi in città è stato nel 2002 - racconta Giacomo Scognamillo, presidente di Palermo ciclabile per partecipare ad un raduno insieme a mia figlia. Da allora l’ho sempre usata per qualsiasi spostamento». Stessa fermezza che contraddistingue molti degli aderenti all’associazione, come Stefania e Chiara, membri del comitato direttivo. «Per cinque anni ho lavorato a Roma - dice Stefania Grifò - e quando sono tornata mi è venuta una gran voglia di girare in bicicletta. Da allora non uso altro. Anche al matrimonio di mia sorella sono andata in bici». Quello della mobilità cittadina è uno dei campi di battaglia più difficili su cui si muove il

Coordinamento, che ogni anno, in occasione della Settimana europea della mobilità sostenibile, presenta al sindaco un documento con i punti più importanti da attuare. «Abbiamo chiesto marciapiedi e corsie preferenziali promiscui dice Giacomo, reduce da due incidenti proprio per la mancanza di piste dedicate - la chiusura della Favorita alle auto, il ripristino della pista ciclabile di via Libertà, l’istituzione di un Ufficio biciclette e una annessa “ciclofficina”. Ma ancora niente». Dal 2005 il coordinamento fa parte del Forum civico permanente di Agenda 21, organismo che permette il dialogo tra i diversi soggetti locali, istituzionali e non, sul tema dello sviluppo sostenibile. Quest’anno l’associazione ha partecipato come organizzatore di numerosi eventi della Settimana della mobilità, che si è tenuta dal 16 al 22 settembre, tra cui il progetto “Chi gira in bici si merita un premio”: un ticket per fare colazione spendendo solo un euro distribuito ai ciclisti urbani dai volontari fermi agli angoli delle strade. Durante la settimana c’è stata anche l’“inaugurazione” delle nuove piste ciclabili realizzate dal Comune. «Abbiamo fatto venire un tecnico Fiab da Brescia - dice Chiara Minì - perché ci desse un parere sulle piste palermitane. Ci ha detto che non sono a norma. Per non parlare dei motorini, macchine e quant’altro viene posteggiato sulle piste perché considerato come un prolungamento dei parcheggi». Ma le iniziative targate Palermo ciclabile sono molte di più, da “Pedali all’alba” a “Bimbinbici” e “Bicisicura in piazza”. Ma la più seguita è forse “Selle di Stelle”. «Con un gruppetto abbiamo sempre fatto delle passeggiate di sera per la città - dice Chiara - poi un giorno Salvo Marfìa ha lanciato l’idea di passeggiate notturne che coinvolges-

sero molte più persone. Doveva essere solo un esperi- Bagheria, fino alla mostra di Caravaggio e poi alle saline mento, ma alla gente è piaciuta tanto che non abbiamo di Trapani (primo tratto in treno), alla riserva naturale di più smesso». E il numero dei ciclisti notturni è sempre Palazzo Adriano e della Valle del Sosio. Sulla base delle più alto. I percorsi di Selle di stelle (sono sempre diver- proprie esperienze dirette, Palermo ciclabile ha stilato si) sono segnalati sul sito http://palermociclabile.alter- per la Regione 12 itinerari cicloturistici attraverso l’Alto vista.org, sono adatti a tutti e Bèlice corleonese: ognuno concomprendono sempre una tiene la mappa del luogo, l’indiMa le iniziative targate pausa per il gelato. «A noi intecazione della difficoltà e delle ressa in primo luogo la mobili- Palermo ciclabile sono molte di salite da affrontare, i cenni stotà cittadina - spiega Giacomo rico-culturali del luogo e anche più, da “Pedali all’alba” a ma vogliamo suggerire ai “Bimbinbici” e “Bicisicura in le strutture ricettive. Le prossipalermitani che anche per fare piazza”. Ma la più seguita è me gite sono previste per il 26 gite fuori porta si può usare la ottobre a Villarosa (Enna) per forse “Selle di Stelle” bicicletta. In ogni caso, noi vedere le Case di Villa Priolo e il associamo sempre la pedalata 23 novembre la passeggiata da alla scoperta di qualche bel posto, ad un itinerario inte- San Cipirello a Camporeale per percorrere in bici le Vie ressante dal punto di vista culturale o paesaggistico». del Vino. Per maggiori informazioni oltre al sito ci si può Mossi da questo spirito i ciclisti nei mesi scorsi hanno recare al punto informativo che l’associazione di cenpedalato in massa verso la mostra di Guttuso a tauri ha in via Antonino Pecoraro 2.

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ph. Antonio Maggio


ph. Soraya Gullifa

SOCIETA’

LA BANCA DEL TEMPO

Un luogo di promozione sociale dove è possibile scambiarsi, gratuitamente, servizi e saperi di BARBARA RANDAZZO “Che cos’è il tempo? Se nessuno me lo chiede, lo so; se dovessi spiegarlo, non so rispondere…” sentenziò nel V secolo l’arguto Sant’Agostino. Oggi, un gruppo di giovani bagheresi, ha le idee decisamente più chiare sul grande mistero: va investito in… banca! Dallo scorso giugno è infatti attiva Fabrika uno speciale “Istituto di Credito”, in cui, al posto degli euro, si depositano le ore. «Le Banche del Tempo sono luoghi di promozione socia-

le dove ci si scambia, reciprocamente e in modo gratuito, servizi e saperi» afferma la coordinatrice Adriana D’Agati. Una forma di mutuo soccorso che offre soluzioni alternative alle difficoltà economiche e organizzative sempre più emergenti. Per intenderci: la casalinga svela i suoi segreti culinari in cambio del doposcuola per i figli, lo studente paga le bollette altrui per un passaggio in auto e così via. Chi ha offerto un servizio acquista un credito che potrà spendere secondo i propri bisogni, l’importante è far circolare le risorse e rendere le ore ricevute (niente perditempo!). Le modalità sono le stesse di uno sportello bancario: ad ogni socio viene intestato un conto corrente-tempo sul quale vengono segnati crediti e debiti (le ore offerte e ricevute); in modo che sia sempre in pareggio e non si vada in rosso. Le prestazioni si saldano con assegni-tempo e mettono tutti sullo stesso piano: un’ora di cucito equivale a un’ora di conversazione in inglese. In una società che mercifica i valori, il Time Sharing ottimizza le capacità e il ben-essere individuale, la solidarietà del buon vicinato. Un principio rivoluzionario attuato dalle donne, da sempre alle prese con le ardue sincronie professionali/familiari. Sono loro le che guevara delle BdT, nate alla fine degli anni Ottanta e ormai diffuse a livello internazionale. In Italia sono attive oltre 300 filiali, di cui cinque in Sicilia, distribuite nella provincia di Messina e Catania. Anche Fabrika conferma la matrice rosa, firmata da Maria Cristina Lecchi e Marina Marino, responsabili del “Programma Urban Italia, Città di Bagheria - Ricominciare dalle Ville”, che finanzierà l’iniziativa fino a dicembre 2008. Possono diventare tempo-correntisti persone di tutte le età, enti pubblici e privati; basta recarsi, il martedì e il giovedì dalle 9 alle 12, presso l’Urban Center di Via Aguglia 2 (accanto a Palazzo Butera) e sottoscrivere l’apposito modulo d’iscrizione (scaricabile dal sito www.urbanbagheria.it). Gli associati riceveranno il libretto assegni e l’elenco di tutte le offerte/richieste disponibili, che saranno gestite unicamente dal Comitato Direttivo. Fabrika ad oggi conta circa 40 iscritti, in prevalenza giovani e donne, di estrazione culturale medio-alta (artisti, universitari e professionisti). Le attività più diffuse riguardano l’aiuto domestico e il tempo libero (baby-sitter, cura di piante e animali, visite guidate…). Richiestissime le lezioni di informatica, lingue straniere e cucina. Tra le proposte più originali: corsi di biodanza, controllo qualità delle acque, animazione per audiolesi. Le Banche del Tempo non realizzano semplici baratti: ma creano relazione, in cui le differenze diventano patrimonio di tutti. «Per essere protagonisti e non spettatori della propria vita». Occorre solo tempo. balarm magazine 44


COSTUME

in contatto con le persone che ti circondano». E’ nato il 4 febbraio 2004 ed è stato ideato da Mark Zuckerberg, allora studente alla Harvard University. Il nome del sito deriva dai tipici annuari con le foto (facebooks) che i college americani pubblicano all’inizio dell’anno accademico. Attualmente gli utenti attivi sono più di 100 milioni, di cui più di un milione in Italia. Gli utenti, i gruppi e gli eventi legati a Palermo su facebook stanno crescendo. Tra i palermitani noti online ci sono il sottosegretario Gianfranco Micciché, il comico Sergio Friscia, lo speaker radiofonico Gioacchino Caponetto, l’attrice Barbara Tabita, la modella Eva Riccobono, la public relator Anna Burgio Delle Gazzere e gli scrittori Roberto Alajmo e Gery Palazzotto. Non c’è (non è una novità?) il sindaco Diego Cammarata… Tra i gruppi lo “storico” Sei di

classici Garibaldi, Umberto e Meli e gli scientifici Galilei, Cannizzaro ed Einstein ecc. C’è anche qualche tentativo “corporativo” con gruppi di architetti, giornalisti e addetti alla torre di controllo! Non mancano tra i gruppi le curiosità: “A Palermo il codice della strada è a statuto speciale” (beh…), “Che bella Palermo quando piove...” (?!), “Pezzi lovers” (per gli amanti della rosticceria), “Palermo per i curtigghi”, “La morte in bella vista: le catacombe dei frati Cappuccini a Palermo” (gulp!), “Mi guardo bene... dalla Palermo bene!!” (classismo viceversa), “Mafiababes traveling to Corleone,Palermo” (????) e i gruppi dedicati al cibo (“Le pizzette di Benny”, “Ed il settimo giorno creò Ganci”, “Rosticceria Romanella!”, “Panifici Graziano tutta la vita”, “Pani c’a meusa”, “Arancina’s fans” ecc.). Degno di nota è anche il gruppo “Vietato applaudire all’atterraggio!” che stigmatizza una consuetudine spesso udita a Punta Raisi. Molti pr utilizzano le funzionalità “eventi” per invitare utenti alle loro serate e credo che questo utilizzo sia destinato a crescere, con effetti indesiderati, al crescere dell’utenza palermitana. Una delle caratteristiche più apprezzate di facebook è la modularità e la possibilità di inserire applicazioni aggiuntive al proprio profilo. Una di queste è Sicilian food: una volta installata è possibile inviare e ricevere (ahimé, soltanto virtualmente) panelle palermitane, pasta con le sarde, sfince di San Giuseppe, cannoli, cassata ecc. Per finire, Facebook Palermo se… (quasi 2000 iscritti), da cui è nato un contiene moltissime foto, più che su Flickr che sarebtormentone via blog ed e-mail qualche mese fa, è be più specifico per le immagini. Navigare tra gli stato superato nel numero di iscritti (4500) dal mega- album degli iscritti permette di farsi un’idea e di aprigruppo per l’organizzazione del primo mega party re una finestra sulle vite dei palermitani, quelli rimaface book in città, che dovrebbe svolgersi proprio a sti e quelli che lavorano all’estero, spesso in contesti ottobre come sta accadendo anche in altre città molto stimolanti dove riescono a farsi apprezzare. d’Italia, e dal gruppo delAnche gli “status update”, i l’esperimento 1 grado di messagini che raccontano Tra i palermitani noti online ci che cosa stanno facendo gli separazione (un “gioco” per sono il sottosegretario verificare una teoria del iscritti, aggiungono qualcoGianfranco Micciché, il comico sa alla nostra visione della sociologo Milgram). Altri gruppi legati alla città sono città. Insomma, il fenomeno Sergio Friscia, la modella Eva quello studentesco dedicato Riccobono e gli scrittori Roberto Facebook è destinato a creagli studenti dell’Università scere e a incidere più che Alajmo e Gery Palazzotto di Palermo (1850 iscritti, ma sulla realtà palermitana sulle esistono anche gruppi per le relazioni tra palermitani, Facoltà di Medicina, Economia, Lettere e Filosofia, ovunque essi si trovino. I social network online si candestinati agli studenti Erasmus e persino per “l’atrio didano a supporto ideale al sistema di reti tra persodi Giurisprudenza”), quello dei tifosi del Palermo cal- ne che spesso in Sicilia ha mostrato delle carenze, cio (il più grande conta più di 1000 iscritti) e quello anche se si è rivelato fortissimo in contesti non certo del blog Rosalio (350 iscritti). Sono molto frequentati virtuosi come con le organizzazioni criminali e le da ex alunni anche i gruppi legati ai licei “storici”, i clientele della politica.

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Tutti amici su FACEBOOK

Il social network ideato da Mark Zuckerberg, conta più di 100 milioni di utenti, di cui più di un milione in Italia I social network site sono uno dei fenomeni più rilevanti degli ultimi anni in Rete. Si tratta di siti che permettono di condividere la propria rete sociale mostrando agli altri i propri amici o i contatti di lavoro. Gli scopi sono molteplici, principalmente “fare rete” (networking), ritrovare vecchi amici, promuovere il proprio lavoro o la propria arte, conoscere ragazze o ragazzi ecc. Per un lungo periodo MySpace ha regnato quasi incontrastato, il 2008 sembra invece decisamente l’anno di Facebook, sia in Italia che nella nostra città. Facebook sarebbe già avanti a MySpace per numero di visitatori unici mensili e non solo. Il numero di ricerche relative a Facebook su Google sarebbe più che decuplicato negli ultimi sei mesi a Palermo (dati Google Insights for Search). Facebook si definisce il «social network che ti mette

di TONY SIINO


ph. Pablo Gariffo

COSTUME

SOLOPERSINGLE

L’agenzia palermitana che fa incontrare e divertire i single: l’alternativa che mancava di FEDERICA SCIACCA Alla faccia di tutti i ristorantini romantici con i tavoli a due e la candela al centro, alla faccia della coppia che capita, non si sa come, sempre davanti a noi al cinema e che rimane abbracciata per tutta la durata del film, o a quelle entrate in discoteca permesse solo se in coppia, che se sei solo sei costretto ad aspettare fuori nella speranza che un altro single prenda coraggio e ti chieda questo triste, falso ingresso “a coppia”. Alla faccia, insomma, di una movida che mette le barriere a tutti

quelli che sono ancora in cerca dell’anima gemella, adesso, a Palermo, l’alternativa esiste. Si chiama Solopersingle.it, ed è un’agenzia giovane, dinamica e aperta, nata dall’idea di due donne che hanno saputo tastare il polso di una città in cui a volte, nonostante le circa 700.000 persone che conta, ci si sente davvero soli. Sono Maria Pia Licciardi e la sua collaboratrice, Letizia Albamonte, ad averla messa su, con l’obiettivo di far conoscere a chi li cerca, nuovi amici, e chissà magari anche futuri compagni di vita. Solopersingle.it è per tutte quelle persone che sono sole e non fanno parte di alcun gruppo, ma che hanno ancora tanta voglia di allargare le proprie amicizie e magari trovarne di vere e durature. E sarà la postmodernità, sarà la pubblicità che ci vuole sempre tutti belli e rampanti, sarà quello che volete, ma sono davvero tante. Così, sono solo per singles le serate in discoteca ogni sabato a Villa Partanna (ingresso in lista 349.7841025), per ballare i mitici anni '70 , '80 e ’90, e anche le gite di un giorno che si organizzano una volta al mese, alla scoperta degli angoli incantati e dei sapori della Sicilia; e perfino i viaggi di una settimana fuori Italia in calendario due volte l'anno: uno nel periodo natalizio e uno alla fine di ogni estate (l’anno scorso è stata scelta come meta la Tunisia e quest’anno la Spagna). E sono sempre solo per single anche gli aperitivi, e altre iniziative divertenti come il gioco “Love Attraction” dove 15 donne e 15 uomini hanno la possibilità di parlare e conoscersi per 3 minuti, sperando che scatti la scintilla: uno “Speed date” divertente e stuzzicante da prendere con leggerezza e ironia. Insomma, le direttrici dell’agenzia hanno organizzato un vero e proprio calendario fitto di eventi per tutto l’anno, con una varietà tale di iniziative che possa permettere a tutti di incontrare i propri gusti. «L'intento che diventa obiettivo- sottolineano - è quello di far sentire a proprio agio qualunque persona, di qualunque ceto sociale o età che voglia partecipare, e noi essendo persone semplici ci riusciamo perfettamente». Tanto che il database dell’agenzia non fa che crescere, e al momento conta già circa mille iscritti. «Durante tutti i nostri eventi è impossibile non far simpatia a nessuno, o che tra tanti partecipanti non scatti nessuna scintilla. Sono in tanti, infatti, i singles che dai nostri eventi sono tornati in compagnia, e poi anche divenuti coppia hanno comunque deciso di partecipare ai nostri appuntamenti, anche solo per testimoniare che Solopersingle.it funziona»: racconta Maria Pia Licciardi. Gli eventi sono principalmente orientati ad un pubblico che va dai 30 ai 60 anni. E l'iscrizione è completamente gratuita, perciò non fate più della “singletudine” un dramma, perché adesso l’alternativa c’è. Sul web: www.solopersingle.it balarm magazine 48


CIBO

L’ABBINAMENTO IL VINO di GIORGIO AQUILINO

Le CASTAGNE e il piatto ritrovato

Un'avventura alla scoperta della pasta con le castagne, tra sapori, odori campagnoli e tradizioni contadine di LETIZIA MIRABILE Questa estate mi sono relegata in campagna, lontano dalla città. L’amore, le vacche, ma anche conigli, galline e quei maledetti galli. I galli normali cantano all’alba. I miei no. Neanche fossero tenori che si preparano per la prima. Cantano sempre. Con scadenza di un quarto d’ora. Alle 16; 16,15; 16,30; alle 19,45; 20; 24; 3; anche alle 4, alle 5. Finché una notte, in piena notte, apri l’occhio e, con un moto di odio verso la campagna, decidi che, volendo tutelare la tua incolumità psicofisica, ti devi armare. Non avendo il porto d’armi, l’unica cosa che puoi fare è ricorrere a una fionda o a una pistola con i pallini per accoppare i pennuti canterini, rendendo servigio alla comunità. La mattina rifornisci il tuo arsenale, ti eserciti nella mira, puntando tua sorella che cammina e quando sei pronto noti che c’è un losco figuro vicino il luogo del delitto. Neanche i metronotte sono così vigili. È la contadina baffuta. Sembra stia sempre lì a vegliare. Per maggiore serenità alleva anche i gatti e li fa dormire nel pollaio, affinché caccino i topi predatori. Povera, non sa cosa si trama alle sue spalle! Chissà perché ha questo amore viscerale per le galline. Non credo sia qualche

Per tanti secoli, castagne e vino ci hanno aiutato ad affrontare l’inverno. Hanno reso più dolce e più caro il vivere della gente. Con il senso di un antico rito, nei borghi e nei paesi si celebrano le feste alle castagne e al vino. Dall’”interno” delle case trasferite all’”esterno” delle piazze e delle strade. Un’autentica tradizione del nostro popolo diviene occasione di accoglienza, di conoscenza, di ospitalità. Si trasforma in una grande veglia. In manifestazione di amicizia, che è virtù della nostra gente. E’ questo il tempo del vino e delle castagne. Un abbinamento istintivo che merita, non di meno, alcune notazioni. Le castagne sono, infatti, caratterizzate da certe peculiarità: succulenza, dolcezza ed aromaticità abbastanza percettibili, e note amarognole appena accennate. Questi frutti dovranno essere abbinati ad un vino rosso giovane, con un bouquet vinoso ma molto fruttato, abbastanza caldo e, soprattutto, abbastanza tannico e di media struttura. La tradizione propone il vino novello, in virtù del periodo autunnale che caratterizza la vita di questi due prodotti. Ed in effetti, considerando, le caratteristiche complessive del nostro piatto, questa sembra essere la scelta più adeguata. Per la conferma assoluta, non rimane che aspettare il 6 novembre, giorno del rito del deblocage che segna il suo ingresso nel mercato.

strana superstizione legata a Padre Pio, Santa Fortunata o ad altri santi che non conosco. Valutata l’impossibilità di compiere l’agguato vi siete abituati, o meglio rassegnati, a quei dolci cinguettii, tanto da inglobarli nel sonno, tanto da utilizzarli come scansioni del tempo. Purtroppo non molto precise. La donna baffuta ha un marito: il contadino. Una persona furba, intelligentissima, generosa, ma non babba! Il tipico contadino di buon cuore, che quattro fila se li mangia. Ha vissuto in campagna da quando aveva diciotto anni. Per i miei nonni era come un figlio, ma, certo, con le dovute distanze. Ci conosce da quando eravamo infanti. Con noi è molto affettuoso. Ha sempre un pensiero delicato, ci accoglie facendoci trovare le verdure fresche, raccoglie i fichi o i fichi d’india all’alba per la colazione estiva. Sì, una colazione particolare, ma in campagna non ci sono orari. Per questo a fine villeggiatura andiamo via con tre chili in più. Quando qualcuno è solo, lo invita a pranzo. A parte il piacere nell’ascoltare le storie che racconta, è un pozzo di ricordi, si appaga l’interesse etnologico per la cucina: si scoprono ricette antiche, magari dimenticate. In

più la pennuta, pardon, la baffuta cucina divinamente! A sistenza era quella del macco di fave. La ricetta è molto tal proposito smentisco con forza la tesi di un mio amico, semplice, basta sbollentare le castagne, cuocerle finché che sostiene l’inettitudine dei contadini e la pochezza si riducano in purea, poi aggiungere un po’ d’acqua e della loro cultura. Non vorrei essere retrograda, ma devo quando il tutto bolle unirele reginelle spezzate. A crudo ammettere che ho imparato molto da quei campagnoli. versare l’olio extravergine, ovviamente nuovo dal sapoNon solo in ambito agricolo, ma nel rispetto di certe abi- re intenso, visto il periodo, quindi pepare e mangiare tudini, nell’attenzione a forme di delicatezze inusuali e ancora fumante. Io ho provato ad aggiungere due spicpreziose, a piccole cose ignorate. Certo non saranno ele- chi d’aglio al momento di calare la pasta e devo dire che ganti come il Duca delle si esalta il sapore. Se avete un Asturie, né avranno grande ottimo olio al peperoncino è La pasta con le castagne è discrezione, ma, di contro, ancora meglio. Alcuni mettosono molto disponibili, hanno no un rametto di rosmarino, un piatto semplice ma ricco, un’idea di vita comunitaria, tipico delle zone delle Madonie come nei fagioli, ma forse è un che non è proprio disdicevole. po’ eccessivo per la delicateze dei Peloritani, da servire Ogni medaglia ha il suo roveza delle castagne. Altri, come come piatto unico scio e comincio a dubitare delcon le lenticchie, utilizzano il la superiorità di quello che ho riso al posto della pasta. È un sempre considerato il migliore lato. Dissertazioni a parte, piatto semplice ma ricco, tipico delle zone delle Madonie fra le cose che ho scoperto e assaggiato in uno dei pran- e dei Peloritani, da servire come piatto unico. Purtroppo zi a cui mi hanno invitato, è la pasta con le castagne. Ero anche per quella volta la proposta di far fuori una galliun po’ prevenuta. Non amo questi frutti, tipici delle zone na, visto che il gallo è orribile e duro da mangiare, è pasmontane, troppo pastosi per il mio palato. Non mi piac- sata in second’ordine con mio sommo dispiacere. Ma ciono le caldarroste, né i marroni, men che meno la mar- almeno sono riuscita a strappare una promessa: prima mellata. Ma poiché ho sempre mangiato bene alla loro dell’inverno faremo una bella infornata di polletto! tavola, mi sono fidata e ho provato. Meno male! La con- Almeno avrò un minimo di soddisfazione.

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CIBO

SOLEMAR, un inverno da gustare Il ristorante sul mare, aperto tutto l’anno, tra prelibatezze e un pizzico di romanticismo

pranzo solo domenica. Una tra le tante novità che in questo angolo paradisiaco sono sbarcate, a cominciare dalla presenza delle due nuove sale: la prima, una veranda completamente climatizzata, e l’altra una sala capace di contenere oltre le cento persone. Le sale inoltre potranno essere affittate per ogni occasione, dalle lauree agli anniversari, ma anche per i compleanni, che per i più piccoli avranno un’animazione adeguata alle loro esigenze. Infine, un’altra novità del Solmar, all’avanguardia, nata dall’idea di Simona Di Prima (nella foto), proprietaria del locale, è l’esclusiva “saletta per due”, per dare a chi lo vorrà la possibilità di avere la riservatezza che necessita un momento speciale per una coppia, con tutti i vantaggi di un ristorante. La “saletta per due” inoltre si potrà allestire in base ai propri gusti, quindi, per esempio, con musicisti o addobbi floreali, infatti, come ci spiega Simona Di Prima, «questa è un’idea che ho importato da Parigi, dove sono stata qualche tempo fa. All’lle-de-France ho scoperto un esclusivo ristorantino solo per due persone, e l’idea mi ha colpito così tanto che ho deciso di riproporla a Palermo». Inoltre, ci saranno degli appuntamenti fissi durante tutto l’inverno, come la musica dal vivo ogni venerdì e sabato, l’aperitivo rinforzato ogni giorno dalle 18 in poi, e il torneo di burraco tutte le domeniche alle 18. E ancora l’effervescente creatività dell’organizzazione non si ferma qui, preannunciando anche altre novità per i giovani, che ci sveleranno più in seguito. Intanto per ogni informazione o per prenotazioni è possibile contattare direttamente il locale al numero 091.6849076 oppure 331.6101168. Sul web: www.solemarclub.com ph. Pablo Gariffo

Si trova in uno dei luoghi più suggestivi di Palermo, all’Addaura, dove finisce monte Pellegrino e comincia il mar Tirreno. Ed è proprio lì, dove lo sguardo si perde verso l’orizzonte che si trova il ristorante Solemar, sul Lungomare Cristoforo Colombo al numero 2109. Pasta con vellutata di fave, calamari e pomodorini, pappardelle al sugo di capriolo, tartar di chinina, carne di angus e dessert al cucchiaio: sono solo alcune delle specialità dello chef Marcello Infantino (nella foto), incomparabilmen-

di ALESSIA ROTOLO

te maestro nel combinare la cucina tradizionale mediterranea con l’innovazione e la delicatezza della novel cucin. Il tutto innaffiato dai vini giusti, quelli di una cantina d’eccezione, ovviamente, di cui fanno parte prodotti come il Cinghius Tasca D’Almerita, il Sarò Rudinì ma anche il Brunello di Montalcino o il Morellino di Scansano, selezionati accuratamente dal sommelier Salvatore D’Urso. E così tra gioia del palato e della vista, al Solemar, si potrà andare anche d’inverno, infatti il ristorante rimarrà aperto anche per la stagione fredda, a cena tutti i giorni, a

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CIBO

Dalla Sicilia solo “Dolci tentazioni”

La tradizione dolciaria e il folclore della produzione di GIORGIA SCADUTO artigianale: parola di Dolci Tentazioni s.r.l. Quante sono le cose di cui noi isolani andiamo fieri? Modestamente “assai”. Il sole generoso, il mare cristallino, i profumi e i colori tra i più sorprendenti del mondo, e poi la cucina. Si, la cucina: l’unica che noi tutti riteniamo plausibile, quella della domenica a casa della nonna, quella che all’estero non esiste niente di lontanamente paragonabile, quella che a raccontarla non ci si può credere e a chi ascolta sembra, in effetti, di non aver mai saputo cosa vuol dire mangiare. Per non parlare dei nostri dolci, risultato irripetibile dei preziosi lasciti delle antiche dominazioni, rielaborati e custoditi dalle pazienti tradizioni

monastiche locali. Così, ecco che se un gruppo di tedeschi sbarca a Palermo, dopo un breve giro alla Cattedrale e al Palazzo dei Normanni, viene immediatamente condotto ad assaggiare un cannolo o una cassata. Ma la passione per la pasticceria siciliana non nasce solo in chi ne apprezza le delizie, è ancora più forte in coloro che da anni vi si dedicano, rendendola autentica ed originale ogni volta. Tra questi, un’azienda in particolare ha scelto di rallegrare le papille gustative d’oltre stretto, esportando quotidianamente il frutto della propria esperienza nel resto dello stivale. La Dolci Tentazioni s.r.l., azienda giovane ed attenta alle ultime tendenze del Mercato, mantiene viva la nostra tradizione dolciaria inserendola nel nuovo panorama gastronomico e custodendo con cura la ricchezza ed il folclore della produzione artigianale. Quindi da oggi si potranno gustare, fresche e genuine, tutte le

prelibatezze della pasticceria siciliana in ogni città italiana, direttamente da Casteldaccia, ogni giorno. Chissà se questo costituirà un motivo in più per visitare la Sicilia o uno in meno? Lo scopriremo solo vivendo. Intanto qualche aneddoto sulle origini delle specialità della Dolci Tentazioni servirà a stimolarvi l’acquolina e la curiosità. La frutta di Martorana, per esempio, è la più antica preparazione fatta col marzapane, confezionata ufficialmente per la prima volta dalle suore del convento della Martorana di Palermo. In occasione della festa di Ognissanti, le monache preparavano dei piccoli dolci che riproducevano nei dettagli ogni genere di frutto. Successivamente lo stesso impasto venne chiamato “pasta reale” in onore di Federico II ed impiegato nella preparazione di altri dolci, come l’Agnello Pasquale. Il cannolo certamente ha testimonial più illustri di me, M. Tullio Cicerone lo descriveva così: “tubus farinarius, dolcissimo, edulio ex lacte factus” ovvero cilindro a base di farina, molto dolce, preparato con latte buono da mangiare. Ed effettivamente questo è il cannolo, antica creazione di un monastero palermitano, veniva originariamente preparato in occasione del carnevale e voleva rappresentare una burla, probabilmente una banana o un rubinetto. Last but not least la famosa cassata. Eredità della dominazione araba (quas’at- bacinella), era in origine un involucro di pasta frolla farcito di ricotta zuccherata e poi infornato. Con l’intervento delle dominazioni successive e della dedizione delle monache, la pasta frolla venne sostituita da uno strato di pasta reale, venne composta a freddo e decorata con la frutta candita di origine barocca, fino ad acquistare il valore attuale di specialità tipica ed unica dell’isola. Insomma si potrebbe continuare ancora a lungo a tentare i vostri sensi con l’elenco delle bontà siciliane, ma la vera novità è che il supplizio di Tantalo è terminato, in qualsiasi parte del paese voi vi troviate basterà ordinare e vi verrà dato. Sul web: www.dolcitentazionisrl.com balarm magazine 54



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