Balarm Magazine | Idee, personaggi e tendenze che muovono la Sicilia | numero 11

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SOMMARIO PRIMO PIANO 6_Barbara Tabita, emblema della sicilianità MUSICA 10_Apple Scruffs, il nuovo cd “Brand new life” 12_Tonj Acquaviva, i suoni del mondo 14_Jerusa Barros, la palermitana di Capoverde 16_Virginia Guastella, Ruggiero Mascellino 17_Pivirama, Alfredo & Letizia Anelli, Manomanca

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TEATRO 20_Franco Scaldati, “Alberi adaggiati sulla luce” 22_Tutta l’energia dei “Teatrialchemici” ARTE 28_“Passaggi in Sicilia”, la collezione di Palazzo Riso 30_Tommaso Chiappa: realtà urbane

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LIBRI 34_Enrico Bellavia, ritratto del giornalista palermitano 36_Salvo Toscano, Davide Enia 38_G. Savatteri, M. Pintagro, A. Rallo, E. Trapani 39_M. D'Agati, A. Camilleri, G. Barbera, E. Seminara CINEMA 40_Giuseppe Tornatore, aspettando “Baarìa” 42_La "mano" di Giuseppe Paternò COSTUME & SOCIETA’ 44_A Palermo il Comitato Spazio Pubblico 46_Ecoperando, un sito web sul giusto consumo 47_La “guida” alla valigia perfetta

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CIBO 48_Ciappe e ‘strattu: l’arte della cura www.balarm.it balarm magazine bimestrale di cultura, costume e società anno III n°11 agosto/settembre 2009 registrazione al tribunale di palermo n° 32 del 21.10.2003 editore associazione culturale balarm partita iva 05226220829 direttore responsabile fabio ricotta coordinatrice sveva alagna redazione via nicolò garzilli 26 - 90141 palermo tel. 091.7495086 / fax 091.7574768 redazione@balarm.it

pubblicità tel. 091.7495086 / mob. 328.5351236 pubblicita@balarm.it articoli adriana falsone, claudia brunetto, claudia scuderi, daniela genova, dario prestigiacomo, fabio vento, federica sciacca, gigi razete, giorgio aquilino, giulia scalia, giulio giallombardo, gjin schirò, letizia mirabile, luca giuffrida, manuela pagano, marina giordano, marina sajeva, salviano miceli, sonia papuzza, sveva alagna, tommaso gambino fotografie fabio manganelli, federico maria giammusso, fabrizio de blasio, marco caselli nirmal, marta spedaletti, marzio marzot, natacha claudine tanzilli, paola schillaci, rori palazzo web & grafica fabio pileri, caterina agueci

stampa officine grafiche riunite (palermo) tiratura e distribuzione numero stampato in 12.000 copie e distribuito gratuitamente a palermo, monreale, mondello, bagheria e comprensorio in circa 250 punti di aggregazione culturale e mondana abbonamenti per ricevere il magazine via posta ordinaria in tutta italia basta cliccare su www.balarm.it/abbonamento.asp l’associazione balarm è iscritta nel registro degli operatori di comunicazione al numero 18155 in copertina barbara tabita (ph fabrizio de blasio - abiti luan)

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ph. Paola Schillaci

INTRO

Numero UNDICI, nuove idee

di FABIO RICOTTA

Cari lettori, ormai è un dato di fatto che l’estate, almeno per noi di Balarm, rappresenta un momento di riflessione. Giusto il tempo di riordinare le idee, capire cosa è andato e cosa non lo è. Insomma, in estate unn’aviemu risiettu, come si direbbe nel dialetto frizzante della nostra città. Eternamente alla ricerca ma sinceramente consapevoli, sentiamo il bisogno di crescere e di andare avanti. Un’esigenza a cui non possiamo dire “no”, alla quale non possiamo sussurrare “poi”. E allora ecco la novità più importante che riguarda la nostra nuova sede, in via Nicolò Garzilli 26. Un nuovo punto di riferimento, ma anche l’inizio di un nuovo percorso di interazione con altre realtà palermitane che hanno la stessa nostra visione di ciò che ci circonda, nonchè la stessa sensibilità per ciò che si vuole realizzare. Ci apprestiamo, sempre con passione ed umiltà, ad iniziare un nuovo cammino che sono sicuro ci porterà lontano. E adesso, come è ormai consuetudine, passiamo alle informazioni di servizio: l’abbonamento al magazine, semplice ed economico perché veniamo noi da voi a ritirare il pagamento. Infatti, solo per i residenti a Palermo, è possibile abbonarsi al costo di 8 euro per un anno e ricevere sei numeri del magazine via posta ordinaria direttamente a casa. L’abbonamento si può sottoscrivere online compilando, in ogni caso, l’apposito modulo di registrazione presente su www.balarm.it/abbonamento.asp. Una volta compilato il modulo con i vostri dati e selezionata l’opzione “Contrassegno”, un nostro incaricato vi contatterà per il ritiro del pagamento in contanti presso il luogo da voi indicato (una comodità che dunque viene a costare solo due euro in più rispetto alla formula di abbonamento già esistente). Vi ricordo a questo proposito che è sempre possibile acquistare l’abbonamento anche online (tramite PayPal, quindi carta di credito, Postepay e altre carte prepagate) oppure presso la nostra redazione, in orari di ufficio. Il costo è soltanto di 6 euro (giusto la copertura delle spese di spedizione) per sei numeri del magazine. Un’ultima novità riguarda l’aspetto contenutistico del magazine, infatti, crediamo che la nostra crescita passi anche dall’interazione, dal coinvolgimento e dal confronto con i lettori. Per cui, chiunque volesse fare delle proposte, suggerire delle idee o degli argomenti per nuovi articoli, può farlo inviando una mail all’indirizzo redazione@balarm.it. Buona lettura. balarm magazine 5


ph. Fabrizio De Blasio - abiti Luan

PRIMO PIANO

BARBARA TABITA

Labbra ben disegnate, capelli corvini, sguardo discreto ma entusiasta. L'attrice siciliana, ma palermitana d’adozione, è interprete del nuovo film di Leonardo Pieraccioni di SVEVA ALAGNA balarm magazine 6

Non è solo in onore della scelta di Leonardo suoi studi teatrali con Richard Gordon dell’Actors Pieraccioni, che l’ha voluta ancora una volta sul Studios, con il mimo Laureny Clairet dell’Ecole de set con sé (e ancora una volta ad interpretare il ruolo Mimodrame de Paris, con Kate Raichel del Berliner di moglie, nel nuovo film in corso d’opera, “Io e Ensamble e con Giorgio Albertazzi con cui debutta al Marilyn”, la cui uscita è prevista per il prossimo 18 teatro greco di Taormina (‘97) e collabora per vari dicembre), che vogliamo parlare di lei. Barbara Tabita, spettacoli tra i quali “Borges in Tango”. In seguito è trentaquattro anni, è bella, è brava, è siciliana. stato: Living Theatre, CRT di Milano, Teatro della Labbra ben disegnate, capelli corvini, sguardo discre- Tosse, Teatro Stabile di Catania, da cui tutto è partito, to ma entusiasta. E’ nata ad Augusta, in provincia di fino al Teatro Biondo di Palermo. Nel 2000 vince il preSiracusa, ma dopo un percorso di formazione, sceglie mio Danzuso come miglior attrice di prosa emergenPalermo. «Sono residente a Palermo, voto a Palermo, te, e nello stesso anno debutta sul grande schermo, al ho sposato un palermitano. Questa città – spiega fianco di Gino Paoli, Chiara Muti e i Cavalli Marci nel Barbara - è la mia dimensione ideale, mi sento confor- musical per il cinema “Come se fosse amore”. tata e coccolata da quella sorta di “grande famiglia” Da allora undici film, lavorando con Leonardo che sono divenute le persone attorno a me; sotto casa Pieraccioni, per cui interpreta la moglie in “Ti amo in mi chiamano per nome e io sento di appartenere a tutte le lingue del mondo”, con Vincenzo Salemme in Palermo tanto quanto lei mi appartiene». La Tabita eli- “Ho visto le stelle” e Ficarra&Picone («i quali coinvolde inoltre le note barriere Palermo/Catania, la città in gendomi ne “Il 7 e l’8” mi hanno “battezzata” palermicui ha studiato, ed è semplitana”», puntualizza Barbara cemente fiera di essere siciTabita, che nel film interpre«L’aver acquisito una liana: ama esser riconosciuta tava l’assistente universitaprofessionalità non è una come tale, per la morbidezza ria, fidanzata di Valentino sorpresa. Ho talmente faticato alias Daniele). Nel 2005, in della sua linea, per il temperamento. E quindi Balarm e studiato, niente mi è capitato televisione, lavora per una sia. Barbara ha una voce caldall’oggi al domani o per caso, stagione in “Incantesimo 8” da, bassa, rassicurante. e ne “Il Commissario ma solo per sacrificio, Nonostante sia evidente Montalbano”. Dal 2007 è impegno e passione» come abbia acquisito, con gli entrata nel cast fisso de “La anni, una certa consapevonuova Squadra” in onda su lezza di sé, tiene sempre a mente le difficoltà vissute Rai 3, dove interpreta l’anatomopatologa Mimma in passato: «Ero grassa e bruttarella, respingevo i Ferrante, ed ha partecipato come guest al romanzo maschietti come un Vape». Si stenta a crederlo, ma i popolare tutto siciliano “Agrodolce” nel ruolo, di dettagli, presto detti: ottantaquattro kili, taglia 52 e Gemma Martorana. «Guest sì, ma in verità - spiega disturbi del comportamento alimentare. In memoria, mi sono molto arrabbiata per il fatto di aver partecidati oggettivi. Ma ecco che, anno dopo anno, madre pato con un ruolo minore». Ad ogni modo, dal 2010 natura la trasforma: crescendo e alimentandosi in l’attrice tornerà sul set di Agrodolce. modo sano, perde il peso e le angosce, si affaccia alla Insomma il suo è un percorso e senza sconti. «L’aver vita. Scopre il talento, studia, si afferma. Teatro, com- acquisito una professionalità - aggiunge Barbara – media, cinema, canto e televisione. non è una sorpresa. Ho talmente faticato e studiato, Andiamo per ordine. Tutto inizia quando da bambina niente mi è capitato dall’oggi al domani o per caso, voleva fare la cantante; ma suo fratello, per il suo ma solo per sacrificio, impegno e passione». Dignità, sesto compleanno, costringe i genitori a regalargli umiltà: recitare bene è una professione. Reduce dal l’abbonamento per il teatro stabile di Catania. Così, da set, Barbara descrive Leonardo come un professioniAugusta, una volta a settimana tutta la famiglia si sta molto serio e scrupoloso. «A volte si pensa che i reca a teatro. Oggi anche Luigi è un attore, ed è il comici siano meno rigorosi - spiega - ma non è affatresponsabile della scoperta del “fuoco sacro” di sua to così». Il ritorno nelle sale cinematografiche italiane sorella... «Il teatro mi ha rubato i figli», afferma spes- del regista toscano è legato alla realizzazione di “Io e so la mamma di Barbara e Luigi, in un misto di orgo- Marilyn” e vedrà nei panni della bionda più famosa di glio e rassegnazione. Così, la giovane attrice frequen- tutti i tempi, Suzie Kennedy, la più somigliante sosia di ta la Scuola del Teatro Stabile di Catania. Perfeziona i Marilyn Monroe in circolazione. «Giriamo la notte per balarm magazine 7


PRIMO PIANO il caldo… ieri ho fatto un primo piano alle 5.50 di mattina… insomma fatica e levatacce, ma con tante risate: Leonardo dirige con serietà ma con una serenità pari a quella che emerge nei ruoli da lui interpretati». Location ancora avvolta nel mistero, ma resa garantita. Al centro della trama del film un manutentore di piscine, Gualtiero Marchesi (ovvero Pieraccioni), che, lasciato dalla moglie (ovvero Tabita), evoca in una seduta spiritica la defunta star degli anni ‘60. Emblema della sicilianità, Barbara è positiva nei confronti della scena teatrale e cinematografica siciliana, oggi molto più movimentata di prima: «registi e autori come Emma Dante, realtà come il Teatro Montevergini, stagioni teatrali come quella al Biondo, la nascita del Centro Sperimentale di Cinematografia e la diffusione di prodotti indipendenti, ne sono tracce evidenti». Lo scorso autunno, l’attrice ha rivelato a se stessa una vena comica nei panni di Belinda in “Per fortuna che c’è la mamma”, lo spettacolo di Maria Teresa Augugliaro (regia di Antonello Catodici), con Ernesto Maria Ponte e Rori Quattrocchi. Questo ruolo le è entrato nel cuore, e lo descrive tra i più amati di tutti quelli interpretati: «vedere la gente ridere è stata una sensazione unica e bellissima… era come se la gente mi saltasse addosso. Vorrei che i miei primi fan fossero i bimbi». E i bimbi? «I bimbi verranno… nella situazione attuale, per motivi naturalmente lavorativi, riesco a vedere mio marito (Alessandro Flaccovio n.d.r.) ogni 15 giorni. Lui vive per lo più a Milano ma siamo molto uniti e la voglia di vederci e continuare a costruire è sempre tanta». Per i progetti futuri, un musical e una fiction, oltre naturalmente “La nuova squadra”, che torna in onda su Rai 3 a partire dal 2 settembre. Uno zoom sull’attrice? Su You Tube è tanto cliccata una scena, relativa ad un episodio de “Il Commissario Montalbano” in cui Barbara cammina lentamente in una stradina e saluta Montalbano. Gli occhi dell’uomo, ammaliato da tale primordiale bellezza, la seguono e rispondono al saluto languido di lei. Sembra una di quelle attrici anni ’50 - ’60, così provocanti senza mai risultare volgari, così viscerali e intense. Ce le ricordiamo, Anna Magnani e le altre, la cui femminilità più pura e originaria è un po’ diversa dal canone stereotipato imposto oggi. Quando l’impronta attoriale è autentica, sostenuta dallo studio, la luce che risplende è luce propria. «Vorrei essere stata l’interprete di “Sedotta e abbandonata”» conferma la Tabita, mostrandosi incline a quei grandi registi del passato come Pietro Germi. balarm magazine 8


ph. Federico Maria Giammusso

MUSICA

APPLE SCRUFFS

“Brand new life” è il nuovo album dei tre eterni ragazzi che si definiscono un “moderno gruppo pop-rock che ama i classici del passato”: sonorità britanniche, soluzioni analogiche e vintage di GIGI RAZETE balarm magazine 10

Luke Manley, mito dell’alta fedeltà e del suono analogico, pare avesse l’abitudine di sottoporre le raffinate elettroniche valvolari da lui progettate alla prova finale del finissimo udito del proprio gatto. Il passaggio alla fase produttiva di amplificatori che costituiscono il sogno di molti appassionati e che arrivano a costare quanto una lussuosa berlina dipendeva, pertanto, dal gradimento degli orecchi dell’altrettanto celebre micio. Poco importa che l’aneddoto sia vero o no, e poi, sono passati troppi anni perché quel gatto sia ancora vivo. Cicci, invece, c’è ancora e, pur se afflitta da parecchi acciacchi e da una cecità che l’ha colpita fin da cucciola, da diciotto anni è la regina coccolata, accudita e riverita dell’appartamento nei pressi del liceo Cannizzaro dove gli Apple Scruffs (www.applescruffs.it), al secolo i fratelli Mirko, Bruno e Alessandro Cirrone (in ordine crescente di età), coadiuvati da Ferdinando Piccoli alla batteria, hanno da sempre il loro quartier generale. Forse per rispetto alla veneranda età dell’amato felino, i Cirrone, eterni ragazzi nonostante stazionino da un po’ nella fascia dei trentenni, si astengono dall’impegnarlo in estenuanti prove d’ascolto ma la qualità del suono per loro ha sempre rappresentato un requisito talmente fondamentale e imprescindibile che soltanto adesso, dopo una carriera ormai consolidata e piena di successi e di oltre un migliaio di concerti, si sono risolti a pubblicare il nuovo album dal titolo “Brand new life”. Ecco, ciò che colpisce subito in queste nuove canzoni (poco più di una dozzina scelte tra circa cinquanta passate al vaglio) è proprio il suono, la pulizia, il dettaglio, la pienezza ed il calore dell’incisione. Anche i Cirrone amano l’analogico. In casa i vinili sono sparsi ovunque e non certo per esposizione: il vecchio ma efficiente giradischi è sempre in funzione e la puntina conosce a memoria ogni ansa dei solchi di “Songs in the key of life” di Steve Wonder come dell’album “bianco” dei Beatles. Non sorprende, allora, che per registrare si siano rivolti allo studio Sonoria di Scordia (Catania) privilegiando soluzioni vintage ed analogiche, a cominciare dal banco mixer, e che per la masterizzazione siano ricorsi ai londinesi “Close to the edge”, studi dove sono stati rimasterizzati i cataloghi di Who, Jimi Hendrix, Pink Floyd, George Harrison e simili altre leggende. «L’analogico è il sistema migliore per restituire in pieno il calore e la profondità del rock che facciamo - dicono convinti – e per esaltare al meglio le melodie che devono essere chiare, in evidenza». I Cirrone hanno dato vita al gruppo nel 1987 (aggregando a loro altri musicisti), per tre anni sono stati chiusi in casa a provare, poi sono esplosi all’improvviso come cover band dei Beatles, debuttando nel 1990

in un Teatro Europa preso d’assalto dai loro compagni del liceo Garibaldi. Negli anni Novanta sono una delle attrazioni del Malaluna: «eravamo un gruppo di ragazzini in mezzo a trentenni ma in breve abbiamo fatto abbassare di molto l’età media del locale». Di lì a poco si fanno conoscere in tutta la penisola come miglior cover band italiana dei Beatles ed alla fine approdano nientemeno che al Cavern di Liverpool, proprio la storica tana dei Fab Four, ove il successo è tale che da allora il locale ne ospita con regolarità le performance (l’ultima volta a maggio dell’anno scorso). Tuttavia, i Cirrone tengono molto a rimarcare che questo successo, sia in patria che all’estero, è stato sì dovuto inizialmente alla perizia nel riproporre i classici del repertorio beatlesiano, ma anche e soprattutto alla loro produzione originale. «È dal 1991 che, oltre alle cover, facciamo canzoni nostre, musica strumentale, per cortometraggi e molto altro ancora. Come, ad esempio, i successi conquistati a RadioUno Rai da “Your eyes are wide open” nel 2004 e

da “Christmas’ sun”, tormentone dello scorso dicembre. È importante questo nuovo album perché è tutto e solo di nostre canzoni e perché fotografa ciò che siamo oggi: un moderno gruppo pop-rock che ama i classici del passato ma non vi è rimasto impigliato. I testi, come al solito, sono in inglese perché è così che ci sgorgano spontanei. D’altronde siamo cresciuti con la musica anglosassone, i nostri maestri sono americani e inglesi e parliamo abbastanza bene la lingua. L’atmosfera dei brani, caratterizzati da ampi squarci strumentali, oscilla tra nostalgia, sentimento, ironia e solarità. Ultimato il missaggio e prima della presentazione ufficiale del del disco, ci occuperemo della distribuzione: abbiamo già accordi con un canale on line ma stiamo anche pensando di pubblicarlo in vinile. La sorpresa finale è che stiamo pensando di fare uscire il disco non a nome Apple Scruffs ma con una nuova sigla che demarchi meglio la nostra attività come autori». balarm magazine 11


MUSICA

Tonj Acquaviva, i suoni del mondo “Millennium Klima” è l’ultimo disco, carico di suggestioni, dell’eclettico musicista palermitano

con l’Onu, per la sensibilizzazione sullo sviluppo sostenibile dei paesi del Mediterraneo. “Una ricognizione sullo stato di salute del Pianeta”. Così il musicista e cantante palermitano definisce il suo nuovo disco, che si porta dietro l’eredita world degli Agricantus, di cui Acquaviva è stato lo storico fondatore, proiettandola nel futuro, verso nuove evoluzioni musicali. Alla realizzazione di “Millenium Klima”, oltre alla suadente voce della Wiederkehr, che è anche coautrice di quasi tutti i testi, hanno partecipato: Edoardo Massimi alle chitarre, Duilio Galioto al basso e l’attrice e performer H.E.R al violino elettrico. In effetti, nel disco, le suggestioni e i colori del mondo non mancano. Si parte da San Vito Lo Capo, la ridente località balneare del Trapanese: “Bukutu”, l’ouverture del cd, trae il titolo da una cala di mare nei pressi del paesino siciliano, dove si trovano una torre d’avvistamento e una sorgente d’acqua. Sul brano è stato anche realizzato un video da Natacha Tanzilli e Sam Cole, tra animazioni e immagini, sullo sfondo di un pianeta in bilico tra sogno e tragedia ambientale. Si prosegue con il suono del dialetto siciliano in “Ciuri assai”, un invito “all’esserci a prescindere dai risultati che si ottengono”. Poi è la volta dei ritmi stratificati e psichedelici di “Unexplored”, seguiti da “Weltlabirinth”, un brano tribal-dance sulla manipolazione dell’informazione e la forza del plagio. Il pezzo che dà il titolo all’album, “Millennium Klima” è, invece, un passaggio ipnotico attraverso i suoni di vari viaggi musicali, dalle sonorità della chitarra tuareg a quella dei fiati andini, fino ad arrivare all’abbanniata siciliana, il tutto elaborato con il supporto dell’elettronica. Non poteva mancare un omaggio alla madre terra “Cibele”, una tammurriata dedicata alla dea della natura, degli animali e dei luoghi selvatici. Dopo “Mangiate pietà”, “Impermanence”, “Desertificaciòn”, il disco si conclude con “Je t’ai trouvè”, una canzone d’amore per terminare un viaggio con la speranza di rincontrarsi. ph. Natacha Claudine Tanzilli

Una musica che nasce dalla Terra e trae la sua linfa vitale dagli angoli più misteriosi del Pianeta. Un canto di ringraziamento per la natura e per la sua azione nei confronti dell’uomo. Più semplicemente, un disco che pone una domanda essenziale: cosa ne sarà dei suoni del mondo, se i popoli che li creano scompariranno dalla faccia del pianeta? Questo è il tema di fondo che scorre nelle note di “Millenium Klima”, la nuova fatica discografica di Tonj Acquaviva (www.tonjacquaviva.com). L’eclettico musicista palermitano, “figlio del mondo”, come ama definirsi, ha creato, insieme alla sua storica “compa-

di GIULIO GIALLOMBARDO

gna d’avventure” Rosie Wiederkehr, un disco carico di suggestioni sorprendenti, che alternano morbide linee sonore a momenti di trance elettronica. Alla base del disco, distribuito da Egea Music, c’è un progetto ancor più ambizioso: Weltlabirinth, ovvero l’etichetta che lo ha prodotto, nata da proficui incontri tra musica ed arti visive, con un’attenzione particolare alle avanguardie europee. Weltlabirinth non è solo musica, ma amore per l’ambiente e per le “etnie minori”. Non ha caso il progetto che Acquaviva ha ideato insieme alla scenografa e artista visiva Natacha Claudin Tanzilli, nasce anche da una collaborazione

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ph. Marzio Marzot

MUSICA

JERUSA BARROS Il mini disco della cantante di origine capoverdiana ormai “naturalizzata” palermitana di DARIO PRESTIGIACOMO La ricerca delle proprie radici attraverso la musica, attraverso un viaggio di contaminazioni sonore che parte da Palermo alla volta di Capoverde, toccando il Brasile e gli States, ma anche la Francia e il Portogallo: jazz che si mischia con la nostalgia della morna, a sua volta fusione di fado e ritmi africani, o con la più vivace coladeira. Il tutto compiuto con quella naturalezza di chi ha scoperto di avere nel sangue questo crogiolo di stili e che adesso, facendone fonte d’ispirazione, lo ha trasportato nei sei brani del suo mini disco. È il viaggio

di Jerusa Barros (www.myspace.com/jerusabarros), la cantante e compositrice nata in quel di Capoverde, ma palermitana d’adozione da quando aveva cinque anni. «In questo Ep - racconta - ho voluto continuare quel percorso di ricerca musicale, che è anche un viaggio alla scoperta delle mie origini. Sono cresciuta a Palermo e di Capoverde, fino qualche anno fa, conoscevo ben poco. Così, attraverso la musica, che è poi un tratto distintivo dell’identità e della cultura capoverdiane, sto cercando di riprendere i contatti con le mie tradizioni». Guai, però, a pensare che il nuovo lavoro di Jerusa sia un disco in stile capoverdiano. Le sonorità dell’arcipelago africano raggiungono i brani di questo mini disco quasi come delle eco lontane, che influenzano e forse dirigono, ma che al contempo si lasciano plasmare dal bagaglio dell’artista palermitana. E così il jazz incontra i vari Cesaria Evora, Ildo Lobo, Teofilo Chantre: «Questo album non è assolutamente tradizionale – continua Jerusa – Certo, insieme al gruppo di musicisti del progetto di Cabeça Negra, siamo riusciti a scavare nella tradizione fino trovare questa vena immensa che è la musica capoverdiana, dosando al meglio gli ingredienti. O almeno, ci abbiamo provato». Si schernisce, Jerusa. Ma le si legge in viso la soddisfazione per quanto uscito dal calderone musicale del progetto Cabeça Negra. Merito anche del gruppo di artisti che l’hanno affiancata. A partire da Francesco Cimino, bassista e compagno di Jerusa, nonché il primo ad entusiasmarsi al progetto. Per poi passare a Daniele Tesauro, Salvo Compagno e Giuseppe Rizzo, che insieme a Cimino compongono il nocciolo duro dei Cabeça Negra. Senza dimenticare le collaborazioni di Bernardo Viviano, Ferdinando Piccoli, Fabrizio Brusca, Fabio Rizzo (che ha arrangiato l’album) e soprattutto di Franco Barresi. Il risultato di tutto ciò è un sound su cui Jerusa sorvola con la sua voce calda e penetrante, scandendo le parole attraverso cui racconta di un altro viaggio, non più musicale: quello di chi, come lei, ha lasciato la propria terra in cerca di pace e serenità. «In questo album non poteva mancare il tema dei migranti – continua – c’è molto di personale». Nei testi c’è il dolore dell’addio ai colori e ai profumi che l’hanno cullata, c’è l’inquietudine del nuovo mondo, c’è la nostalgia per ciò che ha lasciato. E proprio questo spirito è il tratto che unisce le due anime di Jerusa, quella africana e quella palermitana, “questa vena nostalgica che si ritrova poi nelle canzoni tradizionali”. Un viaggio di andata e ritorno, insomma, senza frontiere. Anche perché, dinanzi alla forza della musica, non c’è reato di clandestinità che tenga. Almeno per ora. balarm magazine 14


MUSICA

Virginia Guastella: “Slancio moderato” Il primo disco della pianista palermitana attraversa diversi generi: rock, jazz, pop, classica, contemporanea

di FABIO VENTO

ph. Fabio Manganelli

«Un lavoro a metà tra l’improvvisazione che diventa struttura e la struttura in cui s’insinua l’improvvisazione»: con queste parole Virginia Guastella, palermitana d’origine e bolognese d’adozione, descrive il suo primo cd. Prodotto da VDM Records con brani editi da RaiTrade, “Slancio Moderato” vede Guastella alla composizione e al piano e Claudio Trotta alla batteria, per un “genere” che è incontro di influenze classiche, rock, jazz, fusion, moderne e contemporanee. Nata nel 1979 a Palermo, Virginia Guastella inizia a studiare pianoforte all’età di 4 anni, quasi per caso: «I miei genitori scoprirono che muovevo le dita su un termosifone come se questo fosse un piano». Ad 8 diventa allieva di Enza Vernuccio, che nove anni più tardi la porta al diploma di Conservatorio col massimo dei voti: «Avendo intrapreso lo studio della musica con molto impegno, in giovanissima età, ho da sempre “pensato in musica” come altri pensano in parole ed immagini». Parallelamente corre lo studio dalla composizione sotto la guida del maestro Adriano Guarneri, che culmina a Bologna con la laurea in D.A.M.S. Musica. Partecipa a concorsi pianistici conseguendo primi premi in tutt’Italia, fra cui un riconoscimento speciale dalla Berklee School of Boston. Dal 2007 compone colonne sonore per le trasmissioni Rai Tre “La Grande Storia” e “Correva l’anno”. A Bologna incontra il poliedrico batterista Claudio Trotta, con cui forma il “Duo Improbabile” e inizia a tenere concerti. Eterogenea è la formazione musicale, identica la passione per l’improvvisazione e la sperimentazione: «Non preferisco generi nello specifico, mi incuriosisce esplorare i meccanismi delle forme musicali, da dove nascono, come si snodano ed a quali risultati emotivi e comunicativi approdano». “Slancio Moderato” è disponibile online su www.vdmrecords.com, mentre il MySpace di Virginia Guastella è www.myspace.com/virginiaguastella.

MUSICA PIVIRAMA, la psichedelia e l’elettronica di “In my mind” A cinque anni dall’esordio discografico con “Come sembra” i palermitani Pivirama tornano a far sentire le loro qualità compositive con “In my mind”. Dopo la pubblicazione americana con la Reinaissance Record e ottime recensioni l’album arriva quindi anche in Italia, loro terra d’origine, distribuito dalla U.D.U Records. Nove tracce le cui sonorità pescano a piene mani dal repertorio degli anni Settanta, dalla psichedelia e dalle diverse e variegate sfaccettature del rock a cui si aggiungono suoni elettronici, il tutto a favore di un suono unico firmato Pivirama. Alla guida troviamo sempre lei, Raffaella Daino (nella foto), cantante, autrice e manager, accompagnata da Danilo Impastato al basso, Manfredi Tumminello alla chitarra, Bjm Mario Bajardi al sinth e al violino elettrico e Angelo Bordonaro alla batteria. Potete acquistare “In my mind” sul sito www.myspace.com/pivirama mentre su www.youtube.com/pivirama potete vedere alcuni video tra cui quello di “I love you” girato nello stesso set del film Palermo Shooting. (g. s.)

ALFREDO E LETIZIA ANELLI, in “Mizzica” i racconti di Sicilia Viene raccontata parte della Sicilia, i suoi abitanti, le loro storie attraverso i quindici brani contenuti in “Mizzica”, l’ultimo album di musica tradizionale siciliana, composto e arrangiato dai fratelli Anelli, Alfredo (nella foto) e Letizia, edito dall’etichetta il Cantastorie, in cui tradizione e innovazione viaggiano parallelamente verso un’unica direzione: la narrazione. Alfredo e Letizia Anelli infatti, oltre alla passione per la musica, condividono quella per lo studio delle tradizioni popolari, soprattutto sul territorio siciliano e quest’album rappresenta una piccola parte delle loro straordinarie ricerche. I due cantanti folk si fanno accompagnare dall’Etnic Sonos Group composto da Giuseppe Cusumano al violino e sax, Rosario Punzo alle percussioni mediterranee, Antonio Vasta alla fisarmonica, Antonio Putzu al clarinetto, flauto e friscalettu, Lillo Marranca alle percussioni e Agostino Comito alle chitarre. Potete acquistare l’album sul sito www.radicimusic.com oppure da Master dischi e alla libreria Kursaal Kalhesa a Palermo. (g. s.)

RUGGIERO MASCELLINO, la teatralità di “Delitto & Castigo”

MANOMANCA, l’acid rock strumentale di “Hand made”

“Delitto & castigo” è l’ultimo album di Ruggiero Mascellino (nella foto) composto dopo la sua lunga esperienza con il teatro Libero di Palermo. I brani contenuti sono lo sviluppo dei temi principali di alcuni spettacoli teatrali tra cui appunto “Delitto e castigo” le cui sonorità sono di matrice classica unite a quelle jazz e della musica popolare. Da sottolineare la partecipazione degli “Ottava nota”, un quartetto d’archi formato dai violinisti Alberto Giacchino e Marcello Enna, dalla violoncellista Daniela Santamura e alla viola Paolo Giacchino e del quintetto etnico-popolare composto dal chitarrista classico Nicolò Renna, dal bassista Giuseppe Costa, dal percussionista Giuseppe Mazzamuto, Giovanni Mattaliano ai fiati e Ruggiero Mascellino alla fisarmonica, al pianoforte e alla chitarra. L’album, acquistabile sul sito www.ruggieromascellino.it, è stato prodotto in collaborazione con l’associazione onlus Sviluppo Sinfonico del maestro Alberto Veronesi e curato dalla Don’t Worry e Fox Band di Roma. (Gjin Schirò)

Dopo il loro primo demo realizzato nel 2007 intitolato “5/10”, i Manomanca (www.myspace.com/manomanca1), quartetto rock palermitano formato da Daniele Crisci alle chitarre, Fabio Cristadoro al basso (nella foto), Marcello Costa ai sinth e Riccardo Pavone alla batteria, si presentano con il loro album d’esordio intitolato “Hand made” prodotto dalla Nino Label, neonata ma talentuosa etichetta indipendente palermitana. Appartenente al genere dell’acid rock, l’album ci immerge interamente, sin dai primi minuti, all’interno di atmosfere tipiche degli anni 70, quelle del rock psichedelico, del rock da “cantina” per intenderci, che grandissimi artisti internazionali, durante quel periodo, hanno importato in tutto il mondo. Rimasti senza cantante nel 2005, i Manomanca firmano oggi dodici brani interamente strumentali di forte impatto qualitativo. Il cd può essere acquistato sia in formato mp3 (0,90 euro a pezzo, 9,99 euro per l’intero album) sul sito www.cdbaby.it, oppure spedito a casa ad un prezzo di 12 euro. (g. s.)

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MUSICA

Rock & Co: Modern Music Academy Il musicista Germano Seggio ha creato una scuola e una collana didattica rivolte agli artisti di domani

di LUCA GIUFFRIDA

Le possibilità per poter studiare in modo serio e professionale musica a Palermo, da sempre, si contano sulle dita di una mano: il gap tecnico e qualitativo con le accademie delle grandi città è stato sempre evidente, motivo per cui molti musicisti o semplici appassionati hanno deciso di tentare la strada del professionismo altrove. Ma proprio perché Palermo è una grande città, piena di artisti talentuosi e desiderosi di apprendere e migliorarsi, ha bisogno di contesti stimolanti come la Modern Music Academy (via Marchese di Villabianca 82, telefono 091.6264785). L’accademia è nata nel 2000 da un’idea del chitarrista Germano Seggio, che oltre a essere un musicista fusion con un’attività live invidiabile, è anche il presi-

dio di registrazione digitale e centro di montaggio audio/video, tanto che nel 2004 è nata al suo interno l’etichetta discografica ufficiale della M.M.A., dove è stato registrato il disco di Germano Seggio “Back to life”. La diversità di questa scuola sta anche nel fatto che la didattica è strutturata secondo “livelli”, e non anni (Base, Intermediate e Advanced), di modo che l’allievo faccia il suo percorso personalizzato: «dipende tutto dall’allievo - aggiunge Seggio - se capiamo che possiede delle lacune non forziamo il programma, e allo stesso modo se dimostra particolari capacità può superare un livello anche in sei mesi». La didattica della scuola non è legata a un linguaggio specifico (gli indirizzi musicali percorribili vanno infatti dal rock fino

dente della scuola e uno degli autori della collana didattica indirizzata proprio agli allievi che seguono i corsi. Il corpo docenti è formato da importanti professionisti della scena musicale, e uno dei punti di forza della scuola è rappresentato da seminari extracurriculari tenuti da artisti come Andrea Braido, Paola Folli, Ricky Portera e Carlo Verheyen. L’organizzazione didattica dell’accademia ha come fine quello di formare musicisti preparati e pronti ad entrare nel mondo professionistico. È lo stesso Seggio a confermarlo: «l’accademia ha grandi strutture, tra le più rifinite e sicure, tra cui lo scivolo per l’ingresso per i portatori di handicap, condizionatori e sale prove insonorizzate, tutto questo per mettere il più possibile a nostro agio i nostri studenti». L’accademia è anche stu-

all’etno/world). I riferimenti didattici denotano certamente un’impostazione diversa rispetto ad altre accademie: sono le scuole di stampo americano a influenzare maggiormente l’impostazione della Music Modern Academy. «La didattica è fondamentale, ma non deve mai essere intrappolata in schemi rigidi, soprattutto nella musica. È quello che spesso è accaduto nelle scuole italiane». Come chicca, la scuola di Seggio ha continui contatti con Sanremo Lab, un vero e proprio accredito. «La soddisfazione più grande – conclude il chitarrista – è che noi non abbiamo cercato questi grandi contatti, sono stati loro a cercarci, per la serietà e professionalità dell’accademia». Troverete altre informazioni sul sito web www.modernmusicacademy.com. balarm magazine 18


TEATRO

FRANCO SCALDATI

Nasce al centro sociale San Saverio all’Albergheria “Alberi adagiati sulla luce”, l’ultimo spettacolo teatrale del drammaturgo palermitano di CLAUDIA BRUNETTO La definizione che gli è più cara è quella di “teatrante”, nel senso più antico e originario del termine. Autore e attore allo stesso tempo. Un uomo di palcoscenico che quando non è sulla scena si trova davanti alla macchina per scrivere e a quella pagina bianca che presto si trasformerà in poesia per raccontare il lato oscuro degli esseri umani che porta con sé la capacità di sognare e di creare visioni. Una poesia che non è mai costruzione teorica e intellettuale, ma esperienza teatrale che parte sempre dagli attori al centro del teatro. E lo farà attraverso una lingua che è ormai un’inconfondibile cifra stilista, entrata nella storia del teatro grazie a testi e a spettacoli celebri come “Il pozzo dei pazzi, “La gatta di pezza”, “Assassina”, “Occhi”, “Totò e Vicè”, “Pupa, Regina opere di fango” e “Sonno e sogni”. Così il drammaturgo palermitano Franco Scaldati, una delle figure più rilevanti nella scena italiana della seconda metà del Novecento, continua a tessere la trama del suo teatro in quel luogo appartato e ai margini dei circuiti di produzione che è il centro sociale San Saverio, a Palermo, nel quartiere dell’Albergheria. Ed è proprio qui che è nato anche l’ultimo spettacolo commissionato e coprodotto insieme al Napoli Teatro Festival che ha debuttato in prima assoluta al Real Albergo dei Poveri lo scorso giugno. Si tratta di “Alberi adagiati sulla luce”, il testo del poeta siriano Adonis, tradotto in italiano da Francesca Corrao che il drammaturgo palermitano ha diretto prestando anche la sua presenza d’attore e la sua voce narrante. «È un testo poetico – dice

Scaldati – che cerca di scandagliare la situazione della nostra epoca indagando su Napoli. Ma il testo, nonostante le tante difficoltà su cui riflette attraverso la poesia, non è disperato, ma propositivo. Per me è stata una bella scommessa metterlo in scena, un lavoro molto impegnativo e stimolante. La poesia di Adonis, rispetto a quella che viene fuori dai miei spettacoli, è più concreta e intrisa di politica. Al contrario la mia parte dal basso e tende a sollevarsi, parte dai sentimenti e dalle emozioni. Quello con il testo di Adonis è un incontro che io e la mia compagnia abbiamo affrontato con attenzione e umiltà. Un lavoro difficile senz’altro che ha richiesto tempo e dedizione». L’omaggio alla città di Napoli di cui il testo si fa portavoce, nella messinscena di Scaldati si materializza in un campo di barboni sospeso nel tempo e nello spazio. «È sera – si legge nelle note di Scaldati allo spettacolo – Sospese tra la luce lieve del cielo e pozze d’acque ed erbe, tra tenere vampe, muri e pietre, incantate figure si muovono come in un balletto… siamo dove s’accampano i barboni tra eterne, dolci ombre. Quei loro gesti s’allungano nella tiepida serata… vanno verso la notte…». I venti attori della compagnia, veterani e giovanissimi, ciascuno con le proprie caratteristiche e con quell’impronta “demente e pura” allo stesso tempo, lasciano trasparire le personalità di grandi personaggi che hanno fatto la storia, anche quella di Napoli. «Il testo – scrive Scaldati nelle note di regia – è in bocca a barboni che come delicati cacciatori di farfalle lo catturano per guardarlo da vicino e poi lo lasciano andare e lo vedono volare ancora. Riportano le parobalarm magazine 20

ph. Federico Maria Giammusso

le con i loro strumenti. E le fanno esplodere in tutta la testi, molti diventatati spettacolo, altri ancora nel loro forza». Anche per questo ultimo lavoro la sua cassetto e mai pubblicati: «È una specie di sogno inarmusa ispiratrice è stata l’attore sulla scena: «L’attore restabile – dice Scaldati – A volte quando mi guardo – dice il drammaturgo – è per me uno strumento di indietro mi impressiona pensare di aver fatto così conoscenza fondamentale. Il tante cose. Mi accorgo adesteatro è un luogo deserto in so di avere costruito un «A volte quando cui dobbiamo evocare gli mondo che ho la necessità di mi guardo indietro mi spiriti che sono dentro di condividere. La prima sensaimpressiona pensare di aver noi. Le nostre tante persozione che ho riguardo al teafatto così tante cose. nalità. Il teatro è il sogno, il tro è legata alla scrittura. La Mi accorgo adesso di avere valore del sogno. È l’abbattisensazione di poter scrivere, costruito un mondo che ho la mento dei confini fra vita e la sofferenza di scrivere, di morte. La funzione e l’estradurre in parole cosa si ha necessità di condividere» senza del teatro è indagare dentro. La lingua palermital’essere umano. Al di fuori di questo non esiste alcun na che uso per fare tutto questo è spuria, è quella tipo di teatro. E per fare questo, per rivelarlo, il tea- delle campagne. Sono cresciuto al Borgo Vecchio, tro ha bisogno dell’attore. Già indagare su ogni singo- portandomi dietro la lingua materna. Scrivo partendo lo attore è un mistero continuo e infinito». In quaran- da questa lingua e dagli anni in cui ho vissuto al ta anni di vita teatrale ha scritto una cinquantina di Borgo Vecchio». balarm magazine 21


TEATRO

Tutta l’energia dei “Teatrialchemici” La compagnia teatrale palermitana continua ad emozionare un pubblico sempre più trasversale L’alchimia esiste. Ed è quella grazie alla quale nel 2005 nasce Teatrialchemici, compagnia composta da due attori palermitani carichi di un’energia coinvolgente a tal punto da riuscire a portare in scena piccoli grandi poemi ipnotici, che nel fattore improvvisazione trovano il loro punto di forza. Luigi Di Gangi e Ugo Giacomazzi si sono messi in gioco nel momento stesso in cui si sono resi conto della “chimica attoriale” esistente tra loro, con un unico scopo: la creazione. «Attraverso una relazione sincera, senza sporcizia, senza superfluo, senza pelle - spiegano». Oggi, conclusa la prima parte del loro lavoro con degli straordinari ragazzi down e una tournèe nazionale, dal

di CLAUDIA SCUDERI

gono dopo». “Desideranza”, dopo essere stato presentato in forma di studio al Nuovo Montevergini, ha debuttato per intero al Crt di Milano. E ad oggi la storia di Sergio e Pino continua ad emozionare un pubblico sempre più trasversale. Lo spettacolo infatti sarà al Festival Montisi di Siena il 28 agosto, e a fine ottobre del prossimo anno presso la galleria Toledo di Napoli. E a seguito del successo del visionario di “Fufùll”, da lontano qualcuno se n’è accorto, li ha scoperti e li ha “ingaggiati” per un’idea visionaria altrettanto. Jean Louis Pichon, direttore dell’Opéra Théâtre de SaintÉtienne, è rimasto così affascinato da quell’alchimia, da commissionare loro un “Così fan tutte” che ha goduto di

ph. Marco Caselli Nirmal

gesto sono passati alla carta. Un progetto che mette insieme “Fufùll”, risultato di un laboratorio teatrale con ragazzi diversamente abili, e “Desideranza”, spettacolo che «per la forza poetica e l’energia implacabile» si è conquistato una segnalazione speciale al premio Scenario 2007. Un libro, dal titolo "Desideranza Fufùll, Teatrialchemici", che è concretizzazione di un lavoro fisico che nasce dal gesto delle improvvisazioni, e si fa “spettacolarizzazione” secondo un processo inverso per cui l’idea viene fuori a seguito di intuizioni, incontri, sensazioni. «Gli ingredienti delle nostre creazioni – ci spiegano i ragazzi - sono le persone, i luoghi, gli oggetti che troviamo nel posto dove proviamo. Le idee ven-

un successo tutto parigino. «I nostri spettacoli non hanno mai avuto alcuna regia se non la nostra, cosa che ci è stata spesso criticata. Ma dopo le ultime, forti esperienze, abbiamo voluto “uccidere” la figura del regista e andare verso un teatro fatto dal solo attore». Così Luigi e Ugo continuano il loro lavoro con i ragazzi dell’associazione Famiglie Persone Down di Palermo, che sono fonte di ispirazione di tutti i loro lavori.Due i progetti in cantiere: “Gli avvistatori di Madonne” e “La regina”, l’uno conseguenza dell’altro, quasi come due atti, autonomi, di uno stesso, profondo progetto. Il libro è in vendita on line su www.teatrialchemici.it. o presso la libreria Broadway a Palermo. balarm magazine 22


La PROVINCIA diventa palcoscenico Un mese di eventi tra musica, cinema, mostre e attività sociali Il Presidente Avanti: «Un programma che valorizza il territorio»

la che racconta gli anni Settanta attraverso una strabiliante collezione di oggetti vintage (Palazzo Sant’Elia, dal 12 agosto al 12 settembre) a quella dedicata a Joe Petrosino (Loggiato San Bartolomeo, dal 10 agosto al 6 settembre); il cinema, con la rassegna “Palermocinema” (dal 12 agosto al 3 settembre) il cui filo conduttore sono i set realizzati nel Palermitano; la musica, dal 14 al 30 agosto, con il jazz a Palazzo Jung, la classica a Palazzo Sant’Elia e l’elettronica a Piazza Spinuzza; un viaggio nella gastronomia tipica con “Sapori di Provincia” il 30 agosto a Piazza Castelnuovo. «Il programma - aggiunge Avanti - è frutto di un imponente sforzo organizzativo che risponde all’esigenza di far sentire tutti i cittadini parte integrante di un’unica identità provinciale. È con questo obiettivo che nascono tanti appuntamenti che coinvolgono il territorio, protagonista con la propria storia e le proprie tradizioni. Altro criterio utilizzato è quello di differenziare ancora una volta le proposte di spettacolo e cultura, integrando formule già collaudate con generi diversi quali il jazz e le nuove tendenze musicali e inserendo novità come la rassegna cinematografica. Un’attenzione particolare - conclude Avanti - è rivolta inoltre a manifestazioni che hanno una forte connotazione sociale: basti ricordare la “Carovana dei Diritti e della Legalità” o le iniziative di solidarietà come i Giovanni Avanti, Presidente della Provincia di Palermo progetti educativi per i minori, il campo scuola per i soggetti autistici, le iniziative per l’inMediante la Festa della Provincia, da un lato si compie tegrazione dei disabili». una straordinaria operazione di marketing territoriale, Riconfermati alcuni appuntamenti che nelle passate ma dall’altro – cosa altrettanto importante - si con- edizioni hanno riscosso l’apprezzamento del pubblico: sente alle maestranze artistiche e artigianali e agli cultura popolare e tradizioni del Palermitano sfilano operatori culturali di ammortizzare la crisi e sviluppa- l’8 agosto lungo l’asse di via Libertà, dal Giardino re, anche quest’anno, un dignitoso percorso profes- Inglese a piazza Politeama, nel suggestivo “Corteo sionale». Diverse le novità del cartellone: la Carovana Storico”, primo appuntamento dopo la grande festa dei Diritti e della Legalità, un tour (dal 21 agosto all’11 d’apertura a Villa Filippina di venerdì 7. Sbandieratori, settembre) attraverso i Comuni con spettacoli, conve- dame e cavalieri, giocolieri, acrobati, musicisti si altergni, cene e degustazioni di prodotti delle terre confi- neranno in tredici rappresentazioni delle più antiche scate alla mafia; il corso di guida sicura nei luoghi del- leggende del territorio. Nell’organizzazione del corteo la Targa Florio (2, 3 e 4 settembre); le mostre, da quel- un’attenzione particolare è stata rivolta ai turisti che

Un mese di musica e spettacoli, di cinema e tradizioni, di gastronomia e mostre, di iniziative che guardano al sociale, tutto dal 7 agosto al 6 settembre, per celebrare il 148° anniversario della fondazione della Provincia. La dodicesima edizione di “Provincia in Festa”, cambia pelle, a partire dall’arco temporale in cui si sviluppa e dalla novità che, per la prima volta, ogni Comune ospiterà un evento. «Con questo cartellone - sottolinea il Presidente Giovanni Avanti - abbiamo voluto potenziare l’offerta dei Comuni a cittadini e turisti, specie in un momento di crisi economica per la quale non tutte le comunità locali sono in condizione di impiegare risorse.

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soggiornano fuori città: i pullman messi a disposizione dalla Provincia li porteranno direttamente nel centro di Palermo, permettendo loro di assistere così, in un solo pomeriggio, ad alcune delle rappresentazioni storiche più curiose e affascinanti del territorio. La “Notte della Provincia in Festa” chiuderà il 5 settembre la kermesse: il centro di Palermo, da Piazza Croci a piazza Bologni, si trasformerà in un grande palcoscenico con musica e spettacoli per tutti i gusti e per tutte le età e un’appendice gastronomica con “Palermo la Dolcissima” e l’“Arancina Fest”. Tornano anche le visite ai castelli e alle riserve naturali. “Le vie dei castelli” è la nuova formula che coniuga la tradizionale visita ai manieri con spettacoli e cultura: ecco dunque che, ad esempio, il castello di Castelbuono fa da scenario al Jazz Festival dove si esibiranno, fra gli altri, Francesco Cafiso e Katia Ricciarelli e il castello Beccadelli di Marineo che ospita il “Premio

Internazionale di poesia Città di Marineo” assegnato quest’anno ad Aldo Forbice. Le riserve naturali direttamente gestite dalla Provincia sono protagoniste di escursioni e degustazioni (22 e 23 agosto a Bagni di Cefalà Diana e Serre di Ciminna, dal 28 al 30 agosto a Ustica). Immancabili gli appuntamenti istituzionali con la consegna delle benemerenze civiche, come tradizione il 2 settembre, e la commemorazione del primo presidente democraticamente eletto, Michele Reina, al quale sono dedicati una medaglia in bronzo, una pubblicazione e uno speciale annullo postale. Il 3 settembre invece una sala di Palazzo Jung sarà intitolata al Generale Carlo Alberto Dalla Chiesa, nel 27° anniversario dell’uccisione. Nel giorno di Santa Rosalia poi omaggio alla città, il 4 settembre, con la rappresentazione del “Triunfu di Santa Rosalia”, una produzione di Lollo Franco (direttore artistico di “Provincia in Festa”) e Angelo Butera. balarm magazine 25



ARTE

PASSAGGI IN SICILIA

La collezione permanente di Riso, Museo d'Arte Contemporanea della Sicilia, raccoglie i lavori di artisti italiani e internazionali legati alla Sicilia e alla sua storia dal secondo dopoguerra ai nostri giorni

dipinto di Alessandro Bazan, Cacciata 2005

di MARINA GIORDANO

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Dopo la mostra sul collezionismo, Riso - Museo d’Arte Contemporanea della Sicilia propone un secondo evento espositivo che presenta la collezione permanente (ancora in fieri) accanto ad opere rappresentative delle tendenze up to date della scena internazionale (lo dimostrano le gallerie prestatrici, tra le più à la page, come Lia Rumma, Alfonso Artiaco, Giò Marconi, Christian Stein, Massimo Minini, la newyorkese Marian Goodman e la londinese Frith Street Gallery) e di artisti che hanno lavorato, esposto o sono comunque entrati in contatto con la Sicilia. La mostra, dal titolo “Passaggi in Sicilia. La collezione di Riso e oltre”, a cura di Valentina Bruschi e Paolo Falcone (visitabile fino al 4 ottobre), è realizzata in collaborazione con la Fondazione Sambuca di Palermo per l’arte contemporanea, che metterà a disposizione la propria sede, la Cavallerizza di Palazzo Sambuca, per ospitare parte dell’allestimento. Anche Unicredit Group ha dato il proprio sostegno prestando due opere della sua collezione, due fotografie rispettivamente di Massimo Vitali (Como, 1944) e Carlo Valsecchi (Brescia, 1965), entrambe dedicate a Mondello. Passando in rassegna l’elenco delle opere esposte, troviamo alcuni nomi di artisti che ci permettono di riportare alla memoria del pubblico eventi del passato più o meno recente legati alla travagliata storia del rapporto tra la Sicilia, Palermo soprattutto, e il contemporaneo, fatti che già molti non ricordano più, insieme ovviamente a chi invece ne serba un affezionato e a tratti nostalgico ricordo. È il caso di Christian Boltanski, di cui sarà visibile Cappotti neri, parte di una indimenticabile installazione a Palazzo Branciforte, ex Monte di Pietà, nel 2000, densa della memoria e del vissuto di coloro che da quelle stanze piene di scansie e scale piranesiane erano passati, lasciando, insieme a quegli oggetti impegnati, un pezzo della propria vita. Il video La storia di Mimmo (1999) di Domenico Mangano (Palermo, 1976) è la testimonianza della rassegna il “Genio di Palermo. Studi aperti degli artisti”, la cui prima edizione con i premi e la giuria internazionale fu vinta proprio dal giovane videomaker con questo video e la cui settima edizione, che avrebbe dovuto aver luogo nel 2007, è naufragata a causa del mancato finanziamento da parte del Comune. Dalle varie edizioni del Genio sono “passati” alcuni dei più interessanti nomi del panorama recente dell’arte locale come Bazan, Simeti (autore dell’intervento sulla facciata di Riso, trasformata in una grande voliera popolata di uccelli), Di Marco, De Grandi, Taravella, Di Piazza,

Laboratorio Saccardi. Tra gli artisti presenti alcuni nomi storici dell’arte italiana della seconda metà del ‘900, come Luciano Fabro (esponente dell’Arte Povera, come Paolini, Kounellis, Anselmo, anch’essi in mostra) che nel ‘98 fu tra i protagonisti della mostra “L’Ombra degli dei”, allestita a Villa Cattolica a Bagheria, in occasione della quale aveva realizzato un’opera che la Regione avrebbe dovuto acquistare, proposito rimasto senza seguito. Alla stessa mostra partecipò anche Luigi Ontani, con la foto SelinuntEfebo, esposta a Riso e giocata sull’ambigua identità dell’artista che si sostituisce all’effigie della statua selinuntina. Ancora amarcord con la foto Hollywood di Cattelan, legata alla celeberrima scritta riproposta nel 2001 sulla discarica di Bellolampo; con l’opera di Richard Long, presentata ai Cantieri Culturali alla Zisa nel 1997 o con la presenza di Luca Vitone, che espose nel 2002 al Micromuseum di Paolo Falcone. Nello stesso spazio fu allestita nel 2001 l’opera dell’inglese Martin Creed riproposta negli spazi di Palazzo Riso: l’installazione di pallon-

cini gialli che riempivano con effetto claustrofobico un’intera stanza. Non mancano siciliani illustri come Accardi, Isgrò, Consagra, Sanfilippo, accanto a celebrità internazionali come Cy Twombly, Tony Cragg, Thomas Struth, Vanessa Beecroft, protagonista la scorsa estate allo Spasimo di una installazione, VB62, con 13 calchi in gesso di corpi femminili misti a statue viventi dipinte di bianco, (in mostra foto dell’evento), Tacita Dean, John Bock (l’opera Cappuccini e Sigarette è legata alla performance conclusiva del workshop dell’artista tedesco per il Genio di Palermo 2005), Mimmo Paladino, Marina Abramovic, con l’intensa serie di foto Stromboli, in cui l’artista stessa vive e “beve” l’energia tellurica dell’isola. Interessanti le presenze di autori che hanno realizzato opere commissionate in occasione degli eventi programmati dal Museo durante il suo primo anno di attività (Canecapovolto, Loredana Longo, Giuliana Lo Porto, Giulia Piscitelli e Lili Reynaud-Dewar): dai “passaggi” attraverso una storia recente alla proiezione verso il presente e il futuro. balarm magazine 29


ph. Antonio Chinnici

ARTE

Tommaso Chiappa: realtà urbane L’artista palermitano ritaglia i non-luoghi del quotidiano fissando o mescolando i colori primari «La mia vera maestra è la strada, la vita» afferma Tommaso Chiappa (Palermo, 1983) durante il nostro incontro avvenuto in un chiassoso bar di Palermo. Tra clacson e motorini che sfrecciano a tutta velocità, elementi di un immaginario urbano che lo ispira ma che egli volge decantandolo nel bianco della tela e nel silenzio spezzato solo dalla forza del colore, l’artista racconta la sua passione per l’arte e in particolare per la pittura. Una passione che nasce parallelamente all’osservazione quasi voyeuristica della realtà urbana che, fin da bambino, ama scrutare con attenzione. Palermo è, a prima vista, la protagonista dei suoi dipinti, con le sue inconfondibili prospettive dominate dall’imponente eleganza del Monte Pellegrino. File di auto e caotici paesaggi urbani, scorci di strade ma anche di insignificanti muri che nei suoi quadri assumono un significato altro e che diventano i non-luoghi di una memoria del quotidiano, partendo sempre da uno scatto fotografico. Tommaso (www.tommasochiappa.it), dopo aver frequentato l’Accademia Abadir di San Martino delle Scale, si trasferisce a Milano per diplomarsi all’Accademia di Brera. Lì incontra il gallerista Luciano Inga- Pin, celebre scopritore di talenti deceduto di recente, che gli permette di conoscere il mondo dell’arte e di entrarne a far parte.

di GIULIA SCALIA

Un’occasione unica che probabilmente a Palermo non si sarebbe mai realizzata, sottolinea Tommaso. Nonostante il trasferimento, Palermo e i suoi colori sgargianti tornano sempre nei quadri di Chiappa che spesso volgono verso l’astratto. In Direzioni e Multicultural, del 2009, esposti lo scorso aprile durante la personale “Indigeni dell’Urbe” alla Galleria La Piana Arte Contemporanea di Palermo, colorati personaggi scandiscono ritmicamente una tela preparata con uno sfondo bianco. I colori usati dall’artista sono esclusivamente quelli primari, ideale richiamo alla pittura astratta di Piet Mondrian. La realtà quotidiana diventa quindi spunto per creare un linguaggio per immagini autonomo che trova nel monocromo la sua più coerente realizzazione. Uno scorcio di viale Lazio, Takeaway 5, è visto infatti attraverso un’ideale lente rossa ed è reso ancora più irreale dalle sfumature date con l’olio. La tranquilla realtà quotidiana diventa straniante per il fruitore. Tommaso Chiappa osserva dunque la realtà in modo inedito, “prendendola” e “portandola via” come ci dice nella serie Takeaway, o partendo dai cinque colori primari rimescolati secondo la propria personale visione, dando vita ad uno stile che potremmo definire “figurativo- astrattista”, in cui gli scenari del quotidiano assurgono a metafora di scenari immaginari. balarm magazine 30


“Notti Palatine”, emozioni notturne Nel tepore delle notti estive siciliane, ritornano le visite guidate organizzate dalla Fondazione Federico II Sembrerà quasi di passeggiare tra i secoli, come in un viaggio nel tempo, per luoghi che ancora oggi riescono a emozionare chi li visita. Un contesto e un’attitudine completamente diversi rispetto alle classiche visite turistiche guidate. Nel tepore delle notti estive siciliane, fino a sabato 3 ottobre, un pubblico selezionato (non più di 40 visitatori a gruppo) ha l’opportunità di visitare Palazzo dei Normanni e la Cappella Palatina di Palermo, nell’ambito dell’iniziativa “Notti Palatine”, organizzata dalla Fondazione Federico II. La Cappella fu fondata da Ruggero II nel 1132. Da lui dedicata a San Pietro è ubicata al primo piano del palazzo dei Normanni, un imponente e composito palazzo di origine araba (sec. IX), ampliato dai Normanni nel XII secolo e più volte rimaneggiato sino al XVIII. Il percorso previsto per le visite guidate notturne inizia dal seicentesco Portone monumentale “Vice regio” di piazza del Parlamento, sormontato dall’aquila della Real Casa di Spagna, per poi proseguire verso le Segrete (la prima sosta), che si trovano a livelli differenti e quindi al di sotto del cortile. Si visita quindi la Chiesa inferiore, cappella personale del conte Ruggero I, che è stata aperta alle visite per la prima volta soltanto l’anno scorso. L’edificio chiamato erroneamente “cripta” è in realtà la prima Cappella del Palazzo sulla quale Ruggero II fece costruire la sua splendida cappella reale. Sarà poi la volta della Cappella Palatina, restituita al pubblico ai primi di luglio 2008 dopo oltre tre anni di lavori di restauro, che accoglierà i visitatori della notte con lo scintillio dei suoi mosaici aurei. La Cappella fu consacrata 28 aprile 1140 e dedicata ai santi Pietro e Paolo da

Ruggero II di Sicilia (si dice palatina una chiesa o una cappella riservata ad un regnante e alla sua famiglia). Il termine latino palatinus deriva infatti da palatium, “palazzo imperiale”. La Cappella è stata definita un vero miracolo d’armonia spaziale e decorativa, quest’ultima frutto di una felice fusione tra impianto centrale bizantino (presbiterio) e schema basilicale latino (navata). È un universo profano e gioioso che convive, artisticamente parlando, con le immagini sacre e dottrinali del grandioso complesso musivo. «Un’attitudine innovativa per questo tour d’eccezione. - spiega Francesco Cascio, Presidente della Fondazione Federico II Non una semplice visita, ma un percorso approfondito, grazie anche alle nostre guide, Chiara Alaimo e Giovanni Scaduto». Previste, su prenotazione, visite in lingua inglese e francese, per un’iniziativa che l’anno scorso ha registrato oltre 140 mila presenze. Le visite si effettueranno dal martedì al venerdì, in tre turni, dalle 21 alle 23, con ingressi ogni ora per gruppi composti da non più di 40 persone. L’ingresso, sia per singoli che per gruppi, può avvenire solo su prenotazione e prevendita, tramite call-center (telefono 091.6256013), o acquistando il biglietto direttamente presso il Palazzo dei Normanni (piazza del Parlamento), comprensivo comunque dei diritti di prevendita. Il prezzo del biglietto è di 10 euro; il ridotto, previsto per la fascia di età che va da 6 a 12 anni, è di 5 euro; l’ingresso è gratis per i bambini fino ai 6 anni di età. Per maggiori informazioni è possibile rivolgersi alla Fondazione Federico II (telefono 091.6262833), o visitare il sito www.federicosecondo.org. balarm magazine 32


ph. Paola Schillaci

LIBRI

ENRICO BELLAVIA

Enrico Bellavia e Maurizio de Lucia / IL CAPPIO / 266 pagg / € 9,80 / Rizzoli

Un ritratto del giornalista palermitano in occasione del suo ultimo libro scritto insieme a Maurizio de Lucia di ADRIANA FALSONE È la storia recente del racket che strangola l’economia siciliana quella raccontata ne “Il cappio”, il nuovo libro di Enrico Bellavia e Maurizio de Lucia, pubblicato per la Rizzoli. Un viaggio all’interno del sistema delle estorsioni, nel cuore della mafia, quella di piccoli e grandi affari, capace di mimetizzarsi dietro un

«Nonostante con de Lucia ci conoscessimo da molti subito alla nera: l’omicidio di Beppe Montana e subito anni - racconta Bellavia - l’idea del libro è il frutto di dopo di Ninni Cassarà, segnarono le mie scelte quanuna serie di circostanze assolutamente casuali. do non avevo neppure 20 anni. Purtroppo non finì lì. Sapevamo di pensarla allo stesso modo su molte cose Il giorno della strage di Capaci era un sabato e io ero ed è così, confrontandoci su indagini, ma anche su libero. Al volo, mi passò a prendere la macchina della aneddoti e ricordi che è nato “Il Cappio”, in definitiva tv e andammo sul posto, facendo, come tutti gli altri, la storia di un pezzo di vita di un magistrato che si l’ultimo tratto a piedi perché la strada non c’era più. intreccia con il suo lavoro, le amarezze e gli importan- Era come arrivare sull’orlo di un cratere dopo un bomti risultati raggiunti». bardamento». Nel libro ci sono le vicende di chi scende a patti e di chi Per Bellavia il giornalismo è “curiosità e precisione” e, si ribella. «È un percorso doloroso dentro le pieghe di soprattutto, “rispetto per chi legge”. «Non ho mai creuna società che solo negli anni Ottanta ha preso duto al falso mito dell’obiettività. Non mi piace chi coscienza dell’esistenza della mafia - scrivono gli scrive insulti per 300 righe e alle ultime due concede autori - e solo sul sangue di Libero Grassi ha iniziato a il diritto di replica o usa il condizionale per parare le fare i conti con l’onnipresenquerele. Cerco di praticare za del pizzo e del ricatto che l’onestà. Sono le opinioni «Non ho mai creduto al falso soggiace alla pratica delche orientano il nostro lavomito dell’obiettività. Non mi l’esazione sistematica». Il ro, ma non servono a nulla piace chi scrive insulti per 300 pizzo è regolamentato e se non sono sorrette dai fatstrutturato all’interno del- righe e alle ultime due concede ti». Così la lente di chi per il diritto di replica o usa l’economia mafiosa, così tanmestiere si occupa di fatti di il condizionale per parare le to che Bellavia e de Lucia mafia, diventa anche un hanno potuto tirare fuori un occhio dal quale guardare querele. Cerco l’onestà» vero e proprio decalogo delalla società nel suo complesl’estorsione. Per de Lucia, Palermo fu il banco di pro- so. «Lo ammetto, può essere anche uno sguardo va per un “giudice ragazzino”, come allora furono deformato talvolta. Ma può rivelarsi un’opportunità. definiti i magistrati giovani pressoché coetanei di Del pizzo mi interessa il suo essere filosofia di vita Rosario Livatino, assassinato dalla mafia. mafiosa quanto il riflesso di una voglia di mafia della Per Bellavia, è stata la palestra di una cronaca fatta quale questa terra non riesce a fare a meno – aggiunagli esordi per la tv. «Iniziai - racconta Bellavia - il 4 ge Bellavia - Mi interessava raccontare di commergennaio dell’85, il primo giorno utile per presentarmi cianti complici e imprenditori collusi in un sistema di dopo la pausa natalizia, a Canale 21. Ci rimasi per die- spartizione che fa a pezzi il cardine della concorrenza ci anni e per un periodo fui anche direttore. Due anni trasparente. E mi interessa la storia di chi riesce a libeal Mediterraneo e poi a Repubblica. In mezzo, tantissi- rarsi: senza indugiare sulla retorica dell’eroismo, il mi tentativi di allargare l’orizzonte professionale. libro è anche questo. La storia di chi ci riesce, la storia Esordii con la bianca e la politica, ma passai quasi di chi sceglie da che parte stare».

paravento di rapporti che confonde i ruoli di vittime e carnefici. Bellavia, cronista da vent’anni, metà dei quali a la Repubblica Palermo, insieme con de Lucia, arrivato in città nel 1991, l’anno dell’omicidio di Libero Grassi, appena nominato alla direzione nazionale antimafia, ricostruiscono quattro lustri di inchieste. balarm magazine 34

Pizzo e tangenti strangolano la Sicilia. L’implacabile legge del racket nel racconto del magistrato che la combatte da vent’anni. Serrato e coinvolgente, il testo descrive per aneddoti e curiosità, le storie che ruotano intorno alla più antica attività della mafia, il ponte privilegiato con l’economia legale e la politica. Non c’è Cosa Nostra senza pizzo. Nella quarta di copertina, una frase di Leonardo Sciascia: «Noi siamo quel che facciamo. Le intenzioni, specialmente se buone, e i rimorsi, specialmente se giusti, ognuno, dentro di sé, può giocarseli come vuole, fino alla disintegrazione, alla follia. Ma un fatto è un fatto: non ha contraddizioni, non ha ambiguità, non contiene il diverso e il contrario». (a.f.) balarm magazine 35


LIBRI

Salvo Toscano: “Sangue del mio sangue” Il giornalista palermitano torna in libreria con un giallo isolano, sagace e ricco d'intrigo

di TOMMASO GAMBINO

A quattro anni dall’esordio con “Ultimo appello” e tre dal buon successo di “L’Enigma Barabba”, giunto semifinalista al Premio Scerbanenco, Salvo Toscano torna in libreria, per la “Gialloteca” di Dario Flaccovio Editore, col nuovo caso “Sangue del mio sangue” (pagine 204 - € 13). La brillante scrittura e la sottile ironia, da qualcuno assimilata a quella di Santo Piazzese, inchioda ancora un volta il lettore in questa nuova avventura dei fratelli Corsaro ossia Roberto, l’avvocato, che divide il suo irreprensibile estro tra famiglia e lavoro, e Fabrizio, il giornalista, lo smaliziato toumber de femmes questa stavolta impegnato in un insolito menage romantico, che mette in crisi il suo indomito ruolo di impenitente scapolone. Entrambi, riconfermati protagonisti di questa riuscita trilogia, sono interpreti, dalla prima pagina all’epilogo, d’un giallo isolano sagace, divertente e ricco d’intrigo. Tra gli ingredienti di questo nuovo caso: un piccolo comune della provincia tra luci e ombre, un sindaco spregiudicato, un ambiguo tecnico comunale, la “pasionaria” candidata soccombente nella disfida elettorale e quindi all’opposizione ad oltranza, ma anche qualcos’altro che dà lievito e gusto nei momenti in cui l’intreccio si fa più pernicioso. Dove il sottile gioco, tra chi pretende l’esercizio di potere in un suggestivo scenario montano, e chi parrebbe destinato a soccombere, non è mai scontato nè tanto meno assodato, in questa vivace contemporaneità creata dalla fervida fantasia dell’autore. «La scelta di due fratelli per i miei casi - spiega Toscano - nasce dall’intento di non sprecare l’obiettivo su una sola prospettiva. Il giallo con l’eroe solitario mi sta stretto. Sdoppiandolo, invece, cerco di dar agio alla mia fantasia con due investigatori complementari; legati per appartenenza familiare, ma straniati per carattere e filosofia di vita».

“I capitoli dell’infanzia”: chiavi di vita nel teatro di Davide Enia Il graffito di una vita in crescita e il bianco divenire che si tinge di buio sono la base del progetto editoriale che Davide Enia, insieme a Fandango, ripropone con “I capitoli dell’Infanzia” (€ 20 per pagg. 128 oltre al dvd). Tratto dall’omonimo spettacolo, co-prodotto con l’ausilio del Teatro Eliseo di Roma, scritto e interpretato dall’attore palermitano, il cofanetto riproduce il copione e le riprese in dvd di due repliche romane, grazie all’ausilio di sette telecamere sulle diverse prospettive sceniche: parola, musica, movimento. La storia, ambientata a Palermo, vede protagonista l’adolescente al guado dello spartiacque d’età, i tredici anni, in cui si è quasi per natura costretti, con impulsiva smania ed urgente interesse, alla scoperta del mondo circostante e della propria sessualità. Concluso questo primo capitolo dal titolo “Antoniuccio si masturba”, si passa al secondo, “Piccoli gesti inutili che salvano la vita”, anch’esso un guado, una metafora della perdita, una presa di coscienza della realtà sporcata dai sogni infranti. (t.g) balarm magazine 36


IN LIBRERIA

IN LIBRERIA

Gaetano Savatteri / I RAGAZZI DI REGALPETRA / 295 pagg / € 18 / Rizzoli

Mauro D’Agati / PALERMO UNSUNG / Pagg 104 / € 45 / Steidl Edizioni

Sono vissuti tutti nello stesso paese, Racalmuto, in provincia di Agrigento, cittadina che ha dato i natali a Leonardo Sciascia ed ha fatto da sfondo a tante sue opere con il nome di Regalpetra. Qui, tra gli anni Settanta e Ottanta, sono vissuti dei ragazzi che, come l’autore, hanno dato vita a un piccolo giornale, una palestra di impegno civile. Altri, invece, hanno preso strade diverse, scatenando una sanguinosa guerra di mafia a partire dalla strage del 23 luglio 1991. Gaetano Savatteri li conosceva e diciotto anni dopo li ha cercati e incontrati di nuovo per raccontare, in un faccia a faccia serrato, le scelte di quei giovani che, reduci da lutti, galere e latitanze, hanno formato l’ossatura agrigentina di Cosa Nostra. (a.f.)

Storie in bianco e nero di una città molto colorata. Voci e volti lontanissimi, divisi appena da una strada o da un tratto di penna. O meglio, da uno scatto. È il nuovo libro che Mauro D’Agati, pubblica per la Steidl edizioni. Sono impressioni reali di una città trafitta dal surrealismo, che vive di espedienti e che si muove nel solco dell’estemporaneità. Qui prevale l’arte di arrangiarsi e di accontentarsi di quello che la natura, o meglio la strada, ha da offrire. Su tutto però, lo stridore di note diverse rispetto al dialetto siciliano: gli appassionati di cantanapoli prendono vita nei cortili o sui balconi, facendosi strada tra i panni stesi al sole, incuranti del fumo delle stigghiole. (a.f.)

Mario Pintagro / LE AREE MARINE PROTETTE IN SICILIA / 168 pagg / € 25 / Kalos

Andrea Camilleri / LA DANZA DEL GABBIANO / 271 pagg / € 13 / Sellerio

Le aree marine protette, censite e raccontate dal giornalista Mario Pintagro. Luoghi incontaminati e spesso poco conosciuti spiegati attraverso la loro storia con gustosi riferimenti gastronomici. A fronte, traduzione inglese e una ricca documentazione fotografica oltre che i numeri di riferimento per prenotare escursioni o vacanze avventurose. Tra le località: Ustica, Capo Gallo e Isola delle Femmine, patria dei gabbiani e dei coralli, le Isole Ciclopi ad Acicastello, con gli scogli ribattezzati denti del gigante, le Egadi, con Favignana, Levanzo, Marettimo e gli isolotti di Formica e Maraone (la più grande area marina protetta d’ Italia), le Pelagie e infine il Plemmirio, a Siracusa, ultima area marina siciliana istituita nel 2005. (a.f.)

Torna il commissario Montalbano, a confronto con una delle sue paure inconsce più grandi: la perdita di una persona cara. A Vigàta arriva Livia, pronta per partire con il suo fidanzato verso una tanto agognata vacanza. Solo un salto al commissariato per lasciare tutto in ordine e poi, finalmente, si parte. Lo zelante Montalbano chiama i suoi a raccolta ma manca l’efficiente Fazio, il più fedele e puntuale dei suoi uomini. Non è tornato a casa, il cellulare è muto. E’ stato visto per l’ultima volta al molo: aveva appuntamento con un vecchio compagno di scuola, un ex ballerino finito nei pasticci. C’è chi dice di averlo visto una zona disseminata di pozzi artesiani, forse un cimitero di mafia. Dalla penna di Andrea Camilleri una nuova caccia all’uomo. (a.f.)

Antonino Rallo / L’ISOLA DI RE RUGGERO / 176 pagg / € 12 / Coppola editore

Giuseppe Barbera / ABBRACCIARE GLI ALBERI / 208 pagg / € 17 / Mondadori

È il regno più ammirato e temuto del Mediterraneo all’epoca della seconda crociata. A far da sfondo alla vicenda, l’isola di Marettimo. La Curia regia ordina ai Basiliani di Taràbanis di costruire un oratorio e organizzare un Cenobio con funzioni di ospedale nella remota isola di Hierà Nèsos, l’attuale Marettimo. L’impresa ricade sulle spalle di Elias da Iràklion, a cui si uniscono quattro avventurieri dalle origini più disparate. All’estremo occidente del Regno di Sicilia nasce quindi l’Oratorio di San Simone, dove si incontrano ripetutamente Ruggero II, Giorgio d’Antiochia, suo ammiraglio, e il geografo di corte Al-Idrisi. Antonino Rallo ha scritto anche “Usanza di mare” e “Calamari giganti e altre storie di mare”. (a.f.)

Mille buone ragioni per piantarli e difenderli. Abbracciare gli alberi ovvero ritrovare il giusto equilibrio con l’ambiente in cui si vive. Partendo dalla natura. Piantarli, coltivarli, difenderli e perché no, in modo piuttosto concreto, farli crescere nel proprio giardino o balcone. Non solo consigli tecnici, ovviamente, ma anche e soprattutto storie e segreti legati alla loro vita, raccolti da un grande agronomo siciliano. Giuseppe Barbera spiega come riconoscere, distinguere e soprattutto apprezzare gli alberi, fonte di tranquillità e serietà. Un amico dell’uomo, solo in apparenza immobile, capace di provare sentimenti positivi ma anche malesseri. Ecco i consigli e segreti per coltivare piante meravigliose e circondare la propria vita di salute, forza e bellezza. (a.f.)

Ezio Trapani / IL CONDOMINIO / 80 pagg / € 10 / Nuova Ipsa

Elvira Seminara / I RACCONTI DEL PARRUCCHIERE / 108 pagg / € 7.50 / Gaffi

È un microcosmo che sollecita pulsioni e passioni, ogni sorta di tic, arroganza e meschinità, ma anche inaspettate solidarietà, gesti carichi di inattesa grazia e bonomia. È il condominio e, come riporta l’autore: «Partecipate ad una riunione di condominio e capirete perché il socialismo è un’utopia impossibile se non a prezzo di massacranti e umilianti mediazioni». Attraverso un’umanità variegata e bizzarra, rivivono le esperienze che ciascuno di noi, almeno una volta nella vita, ha provato nella coabitazione con vicini rumorosi o impiccioni: dal portiere troppo ossequioso, magari dopo una piccola mancia, alla vicina sempre pronta a origliare tutto. Con ironia e irriverenza, Enzo Trapani fa sorridere di questa particolare condizione umana. (a.f.)

È un rito che non ha età né epoca. Una liturgia quasi sacra a cui ciascuno di noi, almeno due volte l’anno – e forse sono poche – ricorre. Per farsi bello, per sentirsi apposto con se stesso o per cambiare aspetto. Un esorcismo contro l’età, camuffata a regola d’arte, e un metodo anti invecchiamento. È il salone del parrucchiere che Elvira Seminara, con ironia graffiante, mette a nudo. C’è la ragazza che si sposa e fa la messa in piega pomposa, una suora che si taglia i capelli corti corti per poterli acconciare meglio sotto il velo, il trans poeta che si fa biondo e la professoressa innamorata che sogna sotto il casco. Poi ancora c’è l’immigrata che vende la treccia per bisogno e la parrucchiera migrante che ricorda con nostalgia terre lontane. Una vita in transito che passa sotto abili forbici. (a.f.)

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CINEMA

GIUSEPPE TORNATORE

Un ritratto del regista siciliano premio Oscar che aprirà la prossima mostra d’Arte Cinematografica di Venezia con “Baarìa”, nelle sale dal 25 settembre di SALVATORE SALVIANO MICELI L’immagine che, proiezione dopo proiezione, torna ad occupare lo schermo, da sempre nasconde un rito magico in grado di contenere stupore e meraviglia piuttosto che semplice intrattenimento. Per accostarsi al cinema di Giuseppe Tornatore e provare a raccontarlo in poche battute c’è una sola via da seguire: chiudere gli occhi e lasciarsi invadere, senza difesa alcuna, da quell’universo di immagini, tra loro al contempo identiche e contrarie, che il regista ha consegnato al grande schermo bianco. Non essendo chiamati a un’analisi tecnica e critica del suo cinema, c’è spazio quindi per cercare di assaporare il gusto dei suoi tanti racconti e di scoprire e riscoprire quella sospensione del tempo, in bilico tra un presente perennemente sfuggente cui preferire la malinconica consistenza di un ricordo, che rende la visione di quasi la totalità dei film di Peppuccio Tornatore una esperienza del tutto personale e assai intima con cui confrontarsi. Un tramite continuo tra la materia che scorre sullo schermo e la vita reale. Ecco perché alcuni dei suoi lavori entrano immediatamente nel nostro immaginario, nella nostra storia di spettatori già da subito, al riaccendersi delle luci in sala. Se il Nastro d’Argento del Taormina Film Festival gli consegna il titolo di migliore regista esordiente per Il Camorrista, nel 1986, è il successivo Nuovo Cinema Paradiso (1988), vincitore dell’Oscar come miglior film

straniero, a garantirgli la notorietà presso il grande pubblico. Il film (non importa che si tratti della prima versione piuttosto che della seconda, della extended o della director’s cut) rivela il talento di Tornatore e la sua abilità nell’intrecciare un modo di fare cinema assai raffinato ed una capacità quasi unica di aprirsi all’emotività del grande pubblico. Alcune tra le sequenze con cui oggi si identificano momenti tra i più belli della storia del cinema italiano sono proprio frammenti di questa pellicola. Ma Nuovo Cinema Paradiso, nonostante contenga in sé tanto del cinema futuro di Tornatore (il tema del viaggio e del ritorno a casa, il sentirsi esuli nel mondo, il continuo, e fallace sotto molti aspetti, dialogo tra passato e presente, il cinema che si guarda allo specchio), e probabilmente influenzi direttamente pellicole come Stanno Tutti Bene (1990), L’uomo delle stelle (1995), La leggenda del pianista sull’oceano (1998, trasposizione del monologo teatrale Novecento di Alessandro Baricco) e Malèna (2000), è lontano dal poterne identificare e tracciare in esclusiva la poetica. Le escursioni nel genere (e non potrebbe che trattarsi del noir, tra tutti il più malinconicamente intrigante e raffinato) generano prima Una pura formalità (1994), uno dei lavori migliori, in cui il gesto diviene più secco, senza però perdere la sua innata capacità di affascinare chi osserva, e i personaggi (splendidamente interpretati da Gérard Depardieu e Roman Polanski) maschere misteriose, e poi il recente ed ossessivo La sconosciuta (2006). Tra loro opere assolutamente differenti, ma entrambe profonde riflessioni sul mezzo

cinematografico e sul suo linguaggio. Guardando le sala, si ha l’impressione che il cerchio stia per chiuderpellicole di Tornatore si ha come l’impressione di assi- si. Baarìa è un suono antico, una formula magica, una stere a una lezione di e sul cinema. E in questa tanto chiave. La sola in grado di aprire lo scrigno arrugginibizzarra quanto splendida lezione che dura ormai da to in cui si nasconde il senso del mio film più personapiù di venti anni, anche i le. Una storia divertente e lavori fisiologicamente meno «Baarìa è un suono antico, una malinconica, di grandi amori riusciti superano i confini di e travolgenti utopie. Una formula magica, una chiave. un cinema italiano a volte un leggenda affollata di eroi. La sola in grado di aprire lo po’ troppo provinciale. Che Ma Baarìa è anche il nome di scrigno arrugginito in cui si siano grandi storie d’insieme, un paese siciliano dove la nasconde il senso del mio film. vita degli uomini si dipana leggende affollate di eroi o Una storia divertente e ritratti più intimi, la ricerca lungo il corso principale. compiuta da Tornatore, e che Poche centinaia di metri, malinconica, di grandi amori coinvolge allo stesso modo e tutto sommato. Ma percore travolgenti utopie» con la medesima importanza rendole avanti e indietro per tanto l’immagine quanto la narrazione, non cessa di anni, puoi imparare ciò che il mondo intero non saprà proseguire. Adesso che dopo tanta attesa Baarìa, invi- mai insegnarti. Sono parole che Tornatore riferisce a tato ad aprire la prossima Mostra d’Arte Baarìa. A noi sembrano echeggiare fotogrammi sparsi Cinematografica di Venezia, è pronto ad arrivare in di tante delle sue pellicole.

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ph. Marta Spedaletti


CINEMA

La “mano” di Giuseppe Paternò Il vincitore palermitano di CineSicilia Film Festival racconta la sua esperienza nelle scuole di MANUELA PAGANO In sole dieci ore ragazzini di 12 e 13 anni che non hanno mai recitato prima si trasformano in piccoli attori e opportunamente guidati da un giovane regista girano un cortometraggio che partecipa ad un Festival e lo vince. Non solo questa storia è possibile ma è davvero accaduta a Palermo. Il merito di questa insolita impresa è di Giuseppe Paternò, regista palermitano che, lavorando con alcuni allievi della Scuola Media Statale “Silvio

Boccone”, ha realizzato “La mano di Nicola” aggiudicandosi lo scorso maggio il primo premio della prima edizione del CineSicilia Film Festival. Il regista racconta così la sua singolare esperienza: «Dopo aver frequentato un Master in scrittura cinematografica e televisiva presso l’Istituto Europeo del Design di Roma, ho deciso di ritornare a Palermo e un po’ per caso un po’ per la voglia di lavorare facendo ciò che mi piace ho cominciato a collaborare con le scuole». L’aspetto originale del lavoro di Paternò con gli allievi che di anno in anno hanno frequentato i corsi promossi nell’ambito di progetti finanziati dal Piano Operativo Nazionale è la professionalità dei lavori realizzati. «Per me e per i ragazzi questi progetti hanno rappresentato una palestra formativa che ha portato a risultati ancora più sorprendenti di quelli sperati. Avendo a che fare con adolescenti completamente inesperti ho dovuto faticare il doppio, ma la soddisfazione di realizzare un prodotto in grado di partecipare a un Festival mi ha ripagato di ogni fatica. Senza contare che anche per i giovani attori questa esperienza ha rappresentato un grande momento di crescita poiché non tutti possono avere parti principali, ma tutti devono garantire il proprio impegno». Nello spazio di cinque minuti “La mano di Nicola” mette in scena uno stimolante confronto sulla storia tra un uomo e un bambino che, grazie alla propria curiosità, avrà l’onore di ricevere in eredità la stretta di mano del grande Federico II. La scelta di dirigere ragazzi non professionisti attraverso mezzi e tecniche professionali si è rivelata vincente due volte come dimostra un altro premio ottenuto al CineSicilia Film Festival. Il secondo posto nella categoria scuole secondarie di secondo grado è andato infatti a “La collana di Dafé” realizzato da Paternò con i ragazzi dell’ITC Libero Grassi. «Il mio desiderio più grande – continua il regista - è diffondere la cultura del cinema a tutti i livelli. Quello che manca a Palermo sono le opportunità. Per questo ho cercato di realizzare una scuola di regia e sceneggiatura e da quest’anno anche di montaggio. In collaborazione con l’associazione culturale Malaussene, organizzo dei corsi rivolti a persone di tutte le età». Ad affiancare Paternò nella docenza di questi laboratori, esperti del settori come Pippo Gigliorosso, Gaetano Di Lorenzo e Daniele Bonfiglio. Alla fine del corso gli iscritti dovranno essere in grado di produrre un soggetto o in alcuni casi persino una sceneggiatura e, a dimostrazione che non è mai troppo tardi per imparare, Paternò svela il suo fiore all’occhiello: «una signora ultrasessantenne che con grande solerzia e impegno ha prodotto una sceneggiatura completa che magari un giorno potrebbe diventare un film». balarm magazine 42


SOCIETA’

COMITATO SPAZIO PUBBLICO Nasce nell’ottobre dello scorso anno il gruppo di attivisti che ha scelto la città di Palermo come territorio per le sue azioni di micropolitica di MARINA SAJEVA Dalla più accessibile tra le enciclopedie, ossia quella on line, alla voce “spazio pubblico” si legge: Lo spazio pubblico è un luogo fisico (o virtuale) ove chiunque ha il diritto di circolare. E ancora, citando la definizione di Wikipedia, lo spazio pubblico è rappresentato da tutti gli spazi di passaggio e d’incontro che sono ad uso di tutti, come strade, piazze, parchi, stazioni, edifici pubblici quali biblioteche, municipi o altro. Lo spazio pubblico oggi non è più questo. Lo spazio pubblico non esiste più. Le argomentazioni teoriche sull’argomento degli ultimi trent’anni, da Hannah Arendt a Habermas, da Zigmund Bauman a Marc Augè, rivelano quanto importante sia l’analisi dello spazio pubblico al fine di comprendere i cambiamenti sociali, politici e culturali di una società. Senza scendere nel dettaglio della discussione, il problema primario sta nel fatto che, come scrisse Paolo Caputo nel 1998, lo spazio pubblico è oramai volto a significare la folla degli individui divisi e anonimi, capaci di incontrarsi e coagularsi solo in forma di minoranza e quindi volti ad esprimere e a rappresentare più “privato” che “pubblico’. La cosa inoltre si complica ancora di più se a questa folla già di per sé divisa e anonima è negato il luogo fisico dove anche marginalmente incontrarsi. E’ il caso di piazza Bellini a Palermo, tipico esempio di quello che Franco Purini (1998) chiama “suicidio della città storica” che non solo deve sopportare il peso del suo passato ma assolvere anche ai nuovi compiti che la contemporaneità richiede alla città. In questo caso il compito

che dovrebbe assolvere è quello del parcheggio. Andare contro questa logica di erosione degli spazi collettivi per fini individuali, nello specifico quello dei consiglieri comunali di posteggiare comodamente, è stato il primo obiettivo del Comitato Spazio Pubblico di Palermo (www.spaziopubblicopalermo.org). Il gruppo nasce circa nell’ottobre dello scorso anno; come molti dei gruppi di attivisti che scelgono la città come territorio per le loro azioni di micropolitica, che si rivolgano ad un pubblico quanto mai eterogeneo, il Comitato ha al suo interno una congerie di professionalità, dall’artista al sociologo, dall’architetto all’operatore culturale. In Italia e all’estero sin dagli anni ’70 troviamo molti e autorevoli esempi di collettivi simili: tra i tanti ricordiamo gli americani Group Material e Temporary Services, il tedesco Republicart, e gli italiani Stalker, Osservarorio Nomade, Multiplicity, Cantiere Isola, Esterni. Come già detto, il punto di partenza è stato quello di liberare dalle macchine piazza Bellini, nel cuore del centro storico di Palermo, antistante le bellissime chiese della Martorana, di San Cataldo e Santa Caterina. Dopo una serie di incontri, nella sede di via degli Schioppettieri delle associazioni Boa e CLAC, nel corso dei quali andavano sempre più aderendo associazioni (come Mobilita Palermo, Addio Pizzo, Libera, Nucleo70) e liberi cittadini incuriositi dagli inviti sui social network, il Comitato decise che la prima azione sarebbe stata quella di consegnare a tutti i consiglieri una lettera in cui si chiedeva di rinunciare definitivamente al privilegio del posteggio, ricordando inoltre a ognuno di loro come ciò entrasse in contraddizione con quando si dichiarava in una delibera del consiglio

del luglio 2008; in essa si asseriva che una politica a foto di gruppo, picnic e aperitivi con tavole imbandifavore dei pedoni deve essere la bussola con cui te sui tetti delle auto (Brum Brum Brunch), e un coinorientare le politiche comunali dei trasporti, urbani- volgente “Gioco dell’oca” che per un’intera giornata stiche ed edilizie. La lettera ha sortito in parte l’effet- ha dimostrato come lo spazio pubblico, da spazio to sperato, in quanto le strisce gialle sono state sì muto, può diventare terreno di socializzazione e luoabolite, ma non con la congo creativo. Molto interesseguenza della totale pedosante appaiono anche i laboIl Comitato ha al suo interno nalizzazione della piazza, una congerie di professionalità, ratori con i più piccoli sul bensì con quella dell’estentema della città, un tipo di dall’artista al sociologo, sione del parcheggio a tutti i attività su cui punteranno dall’architetto all’operatore cittadini, continuando a anche nei prossimi mesi. Il culturale. In Italia e all’estero, Comitato ha anche in cantiesporcare la storica piazza sin dagli anni ’70, troviamo con il blu anziché il giallo! Un re operazioni genericamente molti esempi di collettivi simili dette di public art, in cui non paradosso che non poteva non servire su un piatto è più il prodotto estetico a d’argento un ironico servizio di Stefania Petix a contare, quanto l’attuazioni di processi sociali per una “Striscia la Notizia”. Dunque, nonostante queste pic- migliore percezione dei luoghi di vita, con quella stescole soddisfazioni, il Comitato non ha fermato le sue sa logica dal basso che sta alla base del Comitato attività: tra le odiose macchine hanno organizzato Spazio Pubblico di Palermo.

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ph. Rori Palazzo


SOCIETA’

ECOPERANDO

Un sito internet rivolto al giusto consumo e alla riduzione dei danni per l’ecosistema di SONIA PAPUZZA Aceto al posto del detersivo, vetro invece della plastica e mercati rionali invece dei grandi ipermercati. Lo stile di vita dei nostri nonni diventa un obiettivo da raggiungere per andare avanti nella sfida contro l’esaurimento delle risorse naturali. A Palermo un gruppo di ragazzi ha aperto e gestisce un sito che si chiama Ecoperando.com e che spiega come fare per pesare il meno possibile sull’ecosistema: tanti sono i consigli pratici che Valerio Bellone, l’ideatore del sito, e tutte le altre persone che vi scrivono danno per potere ridurre i con-

sumi o per orientarli verso una gestione più corretta ed ecosostenibile. «Il sito è nato qualche mese fa - racconta Valerio Bellone, che con Laura D’Anna (entrambi nella foto) ha fondato anche l’associazione Ecoperando - perché volevamo dare il nostro contributo all’ambiente. Noi facciamo sempre la raccolta differenziata, cerchiamo di consumare in maniera corretta, ma volevamo fare qualcosa di più. E questo è il modo migliore: permettiamo a tutti di partecipare con i loro articoli e le loro idee, siamo aperti ai suggerimenti». Che arrivano in abbondanza. Per fare qualche esempio: sostituire la dose massiccia di carne che consumiamo ogni settimana con le proteine dei legumi; usare l’aceto per lavare piatti e pavimenti; non comprare nei grandi ipermercati, dove i prodotti arrivano dopo molte centinaia di chilometri e di monossido di carbonio e preferire invece le botteghe o i mercati rionali. Ma non solo. Sul sito si può leggere come realizzare un “casa verde” seguendo le regole delle energie riciclabili e dell’ecoarchitettura; si può scoprire che dietro molte aziende che dichiarano di avere un cuore ambientalista c’è soltanto marketing: i consumatori sono più attenti di prima alle “etichette verdi” e il fenomeno va sfruttato sul piano della comunicazione, indipendentemente dalla reale attenzione delle aziende ad una produzione ecosostenibile. Valerio, che di mestiere fa il web-designer e ha la passione per la fotografia naturalistica, non è voluto cadere in questa trappola del marketing verde: «Il progetto non è nato con uno scopo di lucro - spiega - ho semplicemente messo a frutto quello che so fare per quello in cui credo. E infatti sul sito non c’è alcuna pubblicità, nessun banner o altra sponsorizzazione, andiamo avanti da soli». Anche se andare avanti può sembrare in qualche caso fare un passo indietro, verso il mondo come lo vivevano i nostri nonni. «Noi facciamo le cose che sono scritte nel sito - continua Valerio - dal consumo di carne alla pulizia con l’aceto. Perché ci crediamo. Ma non c’è nulla di strano a vivere così: non bisogna stravolgere le proprie abitudini o fare chissà quali rinunce. Basta solo rendersi conto che l’ambiente ci fornisce un po’ di tutto e cambiare la propria filosofia, stare attenti anche nelle piccole cose a rispettare l’ambiente. Ci sono fonti energetiche che ci permetterebbero di di soddisfare senza problemi tutti i nostri bisogni, basta saperle sfruttare». Tanti i progetti che partiranno a breve: su Ecoperando ci sarà una mappa di tutti i negozi palermitani dove è possibile acquistare prodotti biologici; un concorso di arti visive dedicato all’ambiente e corsi di educazione ambientale per i bambini nelle scuole. balarm magazine 46

COSTUME

La “guida” alla valigia perfetta

Consigli, segreti e aneddoti per i viaggiatori di oggi, di FEDERICA SCIACCA e perchè no, anche per quelli di domani Diciamocelo, almeno una volta abbiamo sbagliato tutti. Pensavamo che in un’isola non esistesse la pioggia, e invece una nuvoletta ci ha seguiti e colti in infradito e canottiera? O eravamo proprio certi di stare in costume dalla mattina alla sera e quell’invito alla serata figa non c’era proprio messo. E ancora la batteria che si scarica, la crema che si cosparge nella valigia, e proprio nella zona-intimo... insomma fare una valigia non è proprio facilissimo. Prima regola d’oro, da dieci stelline di difficoltà per le donne, una per gli uomini, ma universale: partire leggeri. Qualsiasi sia la destinazione e il numero dei giorni, indispensabile è portare il minor numero di cose possibili. Perché con una sacca la corsa per non perdere il treno si può anche fare, con tre, a meno che non si è in stile Russell Crowe diventa più difficile. E soprattutto niente cose preziose: non è detto infatti che ciò che parte, arriva, o quantomeno torna. Perciò meglio lasciare al sicuro il collier di diamanti o i gemelli del nonno (se avete la fortuna di averli). Due oggetti salvavita poi che, secondo me, non dovrebbero mancare in nessuna valigia che si rispetti sono la mascherina per gli occhi (almeno durante il viaggio, così si dorme) e l’Ipod, che salva la vita da conversazioni forzate, che siate distesi sull’asciugamano, in volo o semplicemente a godervi il panorama. Nel fare una valigia bisogna poi in primo luogo non sottovalutare ciò che può riservare la destinazione scelta, così, anche se partite per una crociera, non dimenticate calzini e scarpe comode e pantaloncini easy, e al contrario per un viaggio d’avventura portate sempre, un tubino lei, intramontabile, e il classico

(quasi noioso) vestito lui. E un costume, quello sempre, anche se si parte per il Polo nord, che poi magari c’è una piscina riscaldata ad aspettarvi. Un segreto per fare entrare tutto, poi, è quello di arrotolare i vestiti, che quindi è meglio scegliere di tessuti che possono stropicciarsi, e non piegarli, oltre a portare piccoli, sfiziosi e utilissimi gioielli della tecnologia, come quegli aggeggi con telecamera, radio, macchina fotografica, sveglia, tutto integrato in dieci centimetri, o, magari più terra terra l’accappatoio sottilissimo che si trova facilmente in tutti i negozi. Sempre in materia di tecnologia, insieme a carica batterie, pile ricaricabili, chiavi usb e adattatori universali, se pensate di fare un viaggio on the road un navigatore satellitare è consigliato, per evitare di trovarvi a Timboctu, e, comunque, anche lì, il traduttore integrato nel navigatore potrebbe sempre tornarvi utile. Obbligatorio e molto meno tecnologico, per chi esce dall’Italia ed è caffèdipendente, quattro bustine di quello liofilizzato. Neanche a dirlo, infine, che anche se partite per Carrapipi, e Paolo Fox non prevede nulla di buono, la biancheria intima non si può tralasciare: scegliete la migliore che se no la fantomatica “avventura estiva”, migra alla prossima stagione (ma mi riferisco specialmente agli uomini, che le donne di solito su questo nascono ‘nsignate). Poi, farmaci (specie contro gli insetti), ombrelli, carte di credito, valigie d’emergenza che si appallottolano per i tipi molto generosi che tornano con tanti souvenir... ma soprattutto documenti e chiavi di casa. Perché pensare al viaggio va bene, ma prima o poi bisogna pur sempre tornare a casa. balarm magazine 47


CIBO

L’ABBINAMENTO IL VINO di GIORGIO AQUILINO

Ciappe e ‘strattu: l’arte della cura A proposito di conserve, ecco come realizzarne una al pomodoro, ingrediente protagonista dell’estate La scorsa estate “mi prese la folgore”, come mi disse una gentile signora, delle conserve. Il sacro fuoco di Suor Germana, almeno in ambito culinario, mi ha travolto. Complici, forse, l’aria di campagna, il desiderio di conservare per il freddo inverno i sapori dell’estate, qualunque cosa sia stata è esploso in me l’impulso della massaia, la voglia di preparare delle provviste, come faceva mia madre nei suoi tempi d’oro, prima che l’istinto cusciuliero la travolgesse irrimediabilmente, sviluppando la sua capacità di smaterializzazione e inibendo i pochi barlumi di vivandiera che le erano rimasti. Per fortuna gli attrezzi del mestiere - tavole di legno, cavalletti e una grossa rete fitta, erano un po’ impolverati, ma in perfetto stato. Con l’aiuto del prode e fidato contadino, che, insieme alla moglie, opera da una vita nel settore preveggenza e conserve, ovvero le formiche in azione, abbiamo iniziato a preparare valutare il momento adatto. Cosa primaria è l’analisi del tempo. Se si prevede pioggia o le tempera-

Protagonista indiscusso delle tavole estive, il pomodoro è sicuramente l’ortaggio principe della cucina mediterranea. La sua caratteristica principale è, dal punto di vista sensoriale, una tendenza acida abbastanza percepibile. Per cui in genere si abbina ad un vino bianco secco, con un bouquet ricco di sentori fruttati o vegetali e morbido. Nel caso dei nostri pomodori secchi, se conservati sott’olio e giustamente aromatizzati vanno accompagnati da uno chardonnay della Doc Menfi, vitigno alloctono particolarmente coltivato in tutta la regione. Diversa è invece la considerazione sull’estratto, non costituendo un alimento che si consuma in genere a sé stante. Come ingrediente, la sua presenza arricchisce la struttura di qualsiasi piatto ed è proprio questo l’elemento che andremo a considerare. Il corpo del vino dovrà essere, infatti, conforme alla struttura del cibo. Se ad una preparazione particolarmente strutturata venisse abbinato un vino semplice, giovane, fresco e debole di corpo, l’abbinamento risulterebbe poco armonico poiché le caratteristiche del piatto sarebbero dominanti su quelle del vino. Lo stesso risultato negativo si otterrebbe se ad un piatto poco strutturato venisse abbinato un vino di corpo ed evoluto. È un gioco di equilibri insomma. Si può negare, se si vuole, quasi ogni astrazione: giustizia, bellezza, verità, divinità, Dio. Si può negare la serietà, ma non il gioco (Edward T. Hall).

ture non sono alte è meglio desistere. Guardavamo il cielo, fiutavamo l’aria, alzavamo il dito bagnato… “No, signorì, unn’è cosa uora” e aspettavamo che il temporale arrivasse e passasse. Una domenica Basile mi chiama “Signorì, rumani accattiamo i pummaruri, farà un cavuru ri muorere. Li fici mettere ri lato”. E così il giorno dopo siamo andati a prendere i suddetti. La selezione della materia prima è fondamentale. C’è chi lo preferisce liscio, più dolce e chi, come me, preferisce quello rugoso, il tipico pomodoro da salsa, un po’ aspro, ma molto saporito, c’è chi utilizza i ciliegini di Pachino, alcuni utilizzano anche i San Marzano. Il procedimento è semplice, ci vuole solo pazienza e attenzione. Si prendono delle tavole, delle assi, insomma una base di legno su cui vanno riposti i pomodori tagliati a metà e cosparsi di sale. Si lasciano al sole finché non siano perfettamente essiccati. L’unica camurria sta nel ricordarsi ogni sera di controllare l’attacco di formiche, mosche, uccelli, la creazione di qualche muffa, di proteggere le

ciappe, o chiappe come vengono chiamate nel ragusa- diti e il sugo non si sia ristretto. Aggiungo il basilico e no, dall’umidità e dalla pioggia, cose che pregiudiche- lascio riposare un po’. Poi passo tutto con il passapomorebbero la riuscita. Una volta ben secchi i pomodori van- doro, per l’appunto, e rimetto sul fuoco con altro basilino conservati o in buste di carta, o facendo delle collane co, peperoncino e se c’è bisogno un po’ di zucchero per con lo spago oppure sott’olio, aromatizzandoli a piacere smorzare l’acidità e faccio stringere ulteriormente. con aglio, basilico, origano, peperoncino. Molta più Infine verso il sugo su una bella tavola di legno priva di pazienza e cura va riservata alla preparazione dello crepe o buchi e copro con una rete per evitare l’incursio‘strattu, o astrattu, insomma ne di muschitti, zappagghiuquella meravigliosa pasta che C’è chi lo preferisce liscio, più nieddi e familiari. Ogni giorno molti confondono con il controllo lo stato di essiccaziodolce o rugoso, il tipico pomodoro concentrato. ne. Alla fine la salsa si trasforpomodoro da salsa, un po’ Orrore! Per fare un buon merà in una pasta scura, quaaspro, ma molto saporito, c’è estratto bisogna prima di tutsi marrone, con cui si possono to fare una buona salsa. chi utilizza i ciliegini di Pachino insaporire tutte le pietanze, e chi i San Marzano Come sempre la ricetta varia anche i pesci in guazzetto, il in base ai propri gusti. Alcuni brodo del cous cous, le minemettono solo cipolle e pomodoro, altri mettono anche stre. La dolce fanciulla che mi è sorella lo spalma a cazl’aglio, altri solo aglio. Io, per non dire chi sacciu o chi zuolate sulle fette di pane di paese caldo con somma sapìa, ci metto tutti e due e buonanotte ai suonatori. goduria e con estrema attenzione nella scelta del Taglio i pomodori a metà, o in quattro, se sono molto momento in cui compiere l’operazione, che prevede l’asgrandi e con un po’ di olio li metto a cuocere con aglio e senza di chiunque. Purtroppo la quantità di ‘strattu dimicipolla, come ho già detto, finché non si sono ammorbi- nuisce e come sempre la maggior indiziata è lei.

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di LETIZIA MIRABILE


L’inglese è “International House” Un centro specializzato nell’insegnamento dinamico ed interattivo della lingua inglese per adulti e ragazzi Pur essendo requisito fondamentale, richiesto dai recruiters durante i colloqui di lavoro, che ne desiderano constatare a fondo il livello di conoscenza, per otto italiani su dieci sostenere una conversazione in lingua inglese risulta ancora molto difficile. Il problema? Non è certo attribuibile ad una mancanza di volontà individuale e neppure alla negligenza dei nostri genitori. Molti hanno voluto che i figli iniziassero a studiare l’inglese a cinque anni, in prima elementare. Peccato però che nessuno sia bilingue! Nei Paesi nordici invece i cittadini lo sono praticamente tutti, nonostante a scuola le ore di inglese settimanali ammontino a due o poco più. Non c’è dubbio, la chiave del successo si nasconde nella metodologia d’insegnamento, le cui migliori performance sono senz’altro privilegio di pochi. Ecco perché milioni di persone ogni anno, per imparare bene l’inglese, volano in Inghilterra, Irlanda o in America, dove respirare aria anglofona è una certezza. La stessa aria che a Palermo si respira solo all’International House Language Center, frequentato dal 1975 da intere generazioni. Il centro è infatti specializzato nell’insegnamento della lingua inglese, per adulti e ragazzi, e della lingua italiana per cittadini e studenti stranieri. L’unico istituto, nell’intera provincia, dove è inoltre possibile perseguire gli esami internazionali Cambridge ESOL (English for Speakers of Other Languages), certificazioni che affrontano ogni anno più di 1,5 milioni di studenti in 135 paesi. Fra queste il Key English Test (Ket) che valuta le abilità base necessarie per gestire quotidianamente la comunicazione scritta e parlata, Il

di DANIELA GENOVA

Preliminary English Test (Pet) che attesta una conoscenza intermedia della lingua, il First Certificate in English (FCE) di livello intermedio-alto, per chi desidera studiare o lavorare all’estero, il Certificate in Advanced English (CAE), un esame di livello avanzato richiesto da molte università come pre-requisito d’ingresso e i Teaching Awards, conosciuti a livello internazionale, rivolti ad insegnanti d’inglese nuovi o già esperti che desiderano sviluppare le proprie competenze. E ancora le certificazioni TOEFL iBT (Test of English as a Foreign Language internet Based Test) il pre-requisito per l’ammissione a college ed università nelle quali le lezioni hanno luogo in inglese. L’insegnamento della lingua in questo istituto è una vera e propria scommessa. Chi perde paga! L’approccio adottato dai docenti madrelingua, tutti specializzati e costantemente aggiornati, attraverso seminari specifici su tecniche didattiche all’avanguardia, è di tipo comunicativo, estremamente dinamico ed interattivo. Interamente in lingua inglese, le lezioni si articolano in attività linguistiche che simulano situazioni reali, affrontate con le abilità del parlare, capire, leggere e scrivere, nei diversi livelli di appartenenza. Moduli da 50 ore, suddivisi in 3 principali tipologie: intensivi, semi-intesivi e standard, oltre una serie di corsi fatti su misura o per la preparazione agli esami per l’ottenimento delle certificazioni. Il prossimo 24 settembre l’IH, come ogni anno, organizzerà un Open Day, interamente dedicato a tutte quelle persone interessate a conoscere le attività e le iniziative promosse dall’istituto, consultabili periodicamente sul sito web www.ihpalermo.it balarm magazine 50



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