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La musica, foresta magica che si organizza da sola

Il sorriso accogliente si schiude sotto la barba familiare, il tono di voce è pacato, ma lo sguardo attento tradisce un’innata curiosità che ha caratterizzato il Maestro Peppe Vessicchio fin da bambino, quando silenzioso, in un angolo della cameretta, osservava il fratello Pasquale e i suoi amici suonare la chitarra. «Se non ci fosse stata la musica, forse sarei andato verso un’azione neuromuscolare congeniale. Vivevo il calcio con grande passione, poi ho avuto un incidente al ginocchio a 5 anni. Ad oggi sono convinto che sia stata una scelta che la vita ha fatto per me. Mi ha permesso di continuare a sognare il calcio come un’espressione giocosa, ma non mi ha sottratto il tempo necessario a seguire questa pratica».

Nel libro La musica fa crescere i pomodori, Vessicchio racconta la storia della sua vita, le molte collaborazioni con grandi artisti, ma soprattutto spiega il nesso viscerale che unisce la musica alla fisica. L’ispirazione del suo esperimento nella serra di Copertino, in Puglia – è nata da una notizia che riguardava le vacche del Wisconsin che, sottoposte all’ascolto di Mozart, producevano più latte. Così il Maestro decise di cominciare a studiare il fenomeno e sperimentare gli effetti della musica sulle piante.

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La prima scoperta è stata che non era la musica in sé a produrre quel risultato, ma Mozart. La differenza rispetto ad altri compositori risiedeva proprio nella struttura armonica del tutto rispetto alle parti, nell’eliminazione della conflittualità all’interno dell’insieme. «Le parti che lavorano in un’orchestra, spesso si cristallizzano in meccanismi prevedibili, per cui chi partecipa eseguendo piccoli o grandi ruoli, alla fine si ritrova a recitare uno schema immaginabile già in partenza. In Mozart, invece, è evidente quanto volesse valorizzare questi ruoli secondari, che diventavano parte attiva di un tutt’uno armonico. Ci sono sempre parti più importanti di altre, ma in questo caso c’è una straordinaria democrazia. Non si può parlare di armonia se gli elementi non stanno insieme in maniera equilibrata». I risultati non si fecero attendere, dopo circa tre settimane «la serra era diventata uno spettacolo di colori, di vita pulsante, di profumi ancestrali».

Il genio innato di Mozart componeva naturalmente musica che fosse in piena sintonia con le leggi della fisica creando, come una foresta che si organizza da sola, un ecosistema in perfetto equilibrio. «Prima del 1600 qualsiasi procedimento l’orecchio trovasse piacevole doveva avere una riprova matematica o geometrica, cioè si dovevano indagare i segreti di tali effetti dal punto di vista della fisica». Nei secoli questa relazione si è persa, lasciando predominare l’estetica sulla struttura fisica della musica: «Come l’architettura deve tener conto delle leggi della gravità per non crollare, così la musica deve essere decifrata da un punto di vista fisico, altrimenti manca la possibilità di valutarla. Ci sono moltissime composizioni che sono palazzi che crollerebbero», continua Vessicchio che, da ragazzo, era studente di Architettura all’università.

Le logiche del mercato e del profitto spazzano via la qualità di una musica che nasce dalle solide basi della ricerca e dello studio, lasciando spazio a una musica seriale, creata per assecondare i gusti degli ascoltatori. «Non faccio musica per vendere, ma mi piace l’idea che possa essere condivisa. Accetto che possa avere pochi ascoltatori, se sono di più sono contento, ma non è il mio obiettivo. Con il passare del tempo arrivano le risposte, è come se più lavori con te stesso, più incontri gli altri. Deve piacermi, ma non compiacermi. L’armonia non è la complessità, ma è fare meno per avere di più, affinché l’intervento diventi armonico rispetto alla partecipazione di tutti. Non è semplice, ma è un’ispirazione forte. Mi sono sempre opposto al freddo calcolo della musica seriale».

Nella vita del Maestro Vessicchio, la ricerca di armonia non è stata limitata all’ambito lavorativo ma, come un faro, ha guidato le sue scelte. «Vivo il mio successo con un senso di responsabilità: più le persone mi mostrano affetto e più mi sento responsabile di rispondere a questo affetto. Anche nella ricerca di armonia cerco di essere io a muovermi verso gli altri. Poi, mi rendo conto che quando elasticamente cedo su una posizione, di riflesso, cedono anche gli altri: è contagioso. La coerenza per me è un elemento fondamentale perché è coerente la persona che cerca di allineare pensiero e azione». Sebbene fosse nel mondo della musica da molti anni, la sua popolarità è esplosa nel 2017 con l’hashtag #UsciteVessicchio riferito al Festival di Sanremo. Ma il mondo della televisione non è mai stato l’obiettivo del Maestro che, al contrario, lo ha sempre vissuto come effetto collaterale della musica. «Non desidero stare in televisione se non per fare musica».

La musica è coerenza e linguaggio universale e, in molti casi, precede le azioni dell’uomo indicando una via per- corribile per la risoluzione di tematiche di natura tutt’altro che artistica.

Un parallelismo più che calzante si riscontra nel poter paragonare l’accoglienza dei suoni dissonanti in un insieme armonico a tematiche sociali e attuali. «Noi abbiamo una nota chiamata radice da cui nascono altri suoni. Quando ne vengono aggiunte altre, devono avere una possibilità di convivenza con la prima. Per quanto complesso possa essere l’insieme, una nota fuori posto crea disturbo, si chiama dissonanza. Per poterla ammettere basta preparare il sistema: è la preparazione della dissonanza. Ecco nella musica c’è la soluzione per l’accoglienza di chi è altro da noi, un immigrato per esempio. Anche in questo caso, per evitare una dissonanza, basta preparare l’ambiente ad accoglierlo. La dissonanza è l’elemento più utile per l’evoluzione: chi si occupa di intelligenza genetica sostiene che coloro che hanno la somma di geni, gli incroci genetici, sono più intelligenti. La dissonanza è un vero arricchimento per il genere umano. Mozart, che ancora una volta precorreva i tempi, scrisse Il quartetto delle dissonanze».

Nella musica si trova anche un’interpretazione del conflitto fra Oriente e Occidente. La differenza culturale che divide il mondo a metà, trova una risoluzione proprio nella bellezza e nella necessità delle opposizioni. «Nella mitologia latina Armonia è figlia di Venere e di Marte, la dea dell’amore e il dio della guerra. L’armonia non può prescindere da due polarità, non può prescindere da battere e levare, da pausa e suono, da acuto e grave. È il gioco degli opposti che devono trovare il loro equilibrio. Nel linguaggio musicale ci sono risposte a tantissime cose».■

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