Il Nao di Brown Preview

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Traduzione Francesco Savino Lettering e impaginazione Andrea Petronio con Officine Bolzoni Book design dell’edizione originale Kate McLauchlan Supervisione Michele Foschini Proofreading Leonardo Favia e Paolo Scotto Di Vetta

Via Leopardi 8 – 20123 Milano chiedi@baopublishing.it – www.baopublishing.it Il logo di BAO Publishing è stato creato da Cliff Chiang. Titolo originale dell’opera: The Nao of Brown First published in 2012 by SelfMadeHero 5 Upper Wimpole Street, London W1G 6BP www.selfmadehero.com By Glyn Dillon All rights reserved. No part of this book may be used or reproduced in any manner whatever without written permission. Copyright © 2012, Glyn Dillon The moral right of the author to be identified as the author of this work has been asserted by him in accordance with the Copyright, Designs and Patents Act 1988 Copyright in the Italian translation © 2013, Bao Publishing Per l’edizione italiana: © 2013 BAO Publishing. Tutti i diritti riservati. ISBN: 978-88-6543-176-4


Per Siobhan x


Appesa nel corridoio della casa di mia madre c’è una foto esposta in una di quelle cornici a giorno economiche. Ho tredici anni, indosso un paio di occhiali da sole bianchi stile anni Settanta e una t-shirt di Binky Brown. Mia madre è una sarta, era stata lei a realizzarla... ed era praticamente perfetta.

Ma sono combattuta.

Ogni ragazzo che si è spinto così in là da vedere casa di mia madre ha commentato quanto io sia venuta bene in quella foto. Ho sempre accettato quei complimenti ringraziando con un sorriso.

Per me, quell’immagine ha un significato particolare... nasconde una tristezza di fondo. Da una parte anche io, come loro, vedo la ragazza buffa che indossa gli occhiali da sole di sua madre... dall’altra, conosco quello che si nasconde dietro le lenti scure... ed è tutta un’altra storia.

Gli occhiali da sole sono la superficie.

Quella foto incorniciata è il primo elemento che permetto loro di vedere. È un Rubicone che attraversano senza saperlo. Sono sicura che i loro occhi mi vedono come l’“artista” carina e stravagante, metà inglese, metà giapponese...

... per loro sono “quella esotica”.

In pochi sanno che sono un fottuto caso psichiatrico.

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Mamma mi vuole bene...

Mamma mi vuole bene...

Mamma mi vuole bene...

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Mia madre... la primogenita figlia del proprietario di un pub... la tipica ragazza di Paddington...

... che si è sposata in kimono. Ce l’ha ancora, nascosto da qualche parte... “in attesa”.

La sua seta bellissima... di un viola scuro con una coppia di gru sopra, animali simbolo di fedeltà e lealtà...

... suppongo che sia perché le gru rimangono unite per la vita... maschio e femmina insieme per costruire il nido per i loro piccoli...

Forse è questo il motivo per cui è diventata una specie in via d’estinzione.

È strano pensare a papà come a “quello esotico”.

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Ricordare tutti i momenti da ubriaco di mio padre è dura... quando sono stata con lui ho passato parecchio tempo chiusa in bagno, fissando il bottone dello “stop”...

... è stato piacevole tornare a casa.

... il tragitto in taxi un po’ meno...

Rompere l’osso del collo al tassista...

Crack!!!

... 8 su 10.

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Il volo era andato anche peggio...

PerchĂŠ mi hanno fatta sedere qui?

E mi hanno dato le istruzioni?

... 9 su 10.

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Avevo passato gran parte del volo chiusa in bagno...

... facendomi distrarre dalla serratura...

“Quando blocchi la porta, le luci si accendono... quando sblocchi la porta, le luci si spengono. “È come trovarsi in un grande frigorifero, ma al contrario.

“È perfetto... perché due cose che avvengono sempre nello stesso momento (la porta bloccata e la luce accesa) dovrebbero essere due processi separati?

“Bloccare e accendere, un interruttore... bella idea. Mi chiedo quale mente brillante ci abbia pensato.”

Era stato così bello avere un pensiero normale...

... anche se non mi aveva fatto sentire meglio...

“Cosa sto facendo?

“Non avrei mai dovuto prendere l’aereo.”

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“Sono pericolosa. “... mamma mi vuole bene...

“Sono cattiva.

“... mamma mi vuole bene...

“Sono malata.

“... mamma mi vuole bene...

“Di nuovo, ancora...

“Basta. “Sono...”

Così stanca.

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Mi fermai per una cioccolata calda...

Non mi andava di prendere subito la metropolitana.

Dovevo avere un aspetto orribile.

Mi scusi, è questo il “Nao di Brown”?

Uh?

Ehi...

Steve Meek!

Accidenti... che aria stanca.

Scusa. Ciao... Cosa ci fai qui?

Wow! ... tutto bene?

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Bel cappotto, molto alla “Buddusky”.


“Uomo che riesce a prendere la mosca con la bacchetta è un uomo che sa fare tutto...”

... no, decisamente mio padre non è come il Maestro Miyagi...

... il Maestro Miyagi è saggio e profondo, non un fastidioso...

... alcolizzato.

Forse una specie di “nuovo inizio”, non lo so... ultimamente è uno schifo, io e il mio ex abbiamo rotto... quindi pensavo che partire mi avrebbe fatto bene.

Non vedo l’ora di tornarci un’altra volta...

Perché sei andata, se lo detesti?

E il lavoro?

Be’, l’attività da freelance si muove lentamente come sempre, qualche commissione qua e là ma niente di cui vivere... il mio ex mi aveva trovato un lavoro nella sua orribile casa editrice.

Ooh...

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E poi amo il Giappone.

Oh! E ho fatto delle prove per Boyrobot, alcune illustrazioni che mi hanno commissionato. Sono entrata in contatto con “Mister Big”!

Incredibile, vero? In ogni caso, avevo inviato qualche prova via mail... lui ne era entusiasta, sembrava davvero convinto.


Uh-uh, qui c’è qualcosa...

Fantastico! Le hai con te?

... ma, ecco, penso che fosse solo il classico entusiasmo degli americani...

E...? Visto che, dopo avermi contattata la prima volta, sono praticamente spariti...

Be’, non credevo di essere stata maleducata o di aver usato un tono offensivo, perciò la loro risposta sbrigativa mi ha molto sorpreso.

Sbrigativa?

Ecco, quello che pensavo di aver scritto nella mail era: “Mi dispiace che da parte vostra ci siano questi ritardi...”.

... alla fine mi sono armata di faccia tosta e ho scritto che da parte loro sarebbe stato educato farmi almeno sapere qualcosa entro i sei mesi dall’invio del materiale...

*

* mi dispiace che da parte vostra ci siano questi ritardati

Solo che avevo già modificato il testo più volte cambiando qualche parola, e prima di inviarla non l’ho riletta... così è uscita un’altra cosa...


Pessimo. Che idiota.

E il giorno dopo ho trovato il mio ragazzo con un’altra...

... e prima che potessi dire niente, lui mi ha scaricata!

Ho sempre saputo che non eri un granché con la tastiera.

Grazie.

Molto belli.

Ascolta, devo andare... però, se può interessarti... ho dovuto licenziare una tipa fuori di testa e ho davvero bisogno di qualcuno normale che stia in negozio quattro giorni a settimana... ti andrebbe?

Sì! Dai, potremmo avere qualcosa su Ichi che non hai ancora visto.

Al Peoploids?

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C’era una volta una famiglia litigiosa che possedeva ricchezze in abbondanza ma ben poca felicità... una notte, illuminato dalla luce della luna piena, il Nulla... sotto forma di serpente marrone, giunse nella loro casa e li trasformò tutti in un albero. Tutti tranne il figlio più piccolo, il giovane Pictor, un ragazzo di buon cuore... che stava giocando giù al lago con le farfalle per non ascoltare i litigi che c’erano in casa. Ma quella non era una famiglia come tutte le altre, e pertanto l’albero non era come tutti gli altri: lungo i suoi grossi rami spuntarono delle spine irrequiete, e le liti continuarono. L’albero diede vita a una lotta così intensa da sradicarsi dal terreno. Quando il buon Pictor tornò dal lago e vide la propria famiglia ridotta in quelle condizioni, fu sopraffatto dal dolore. Cadde sulle ginocchia e iniziò a ingoiare le pietre lì intorno nella speranza di togliersi la vita.

Nel vederlo, il Nulla si trasformò in una coppia di gazze ladre e portò al ragazzo una piccola, bianca, perfetta pietra bianca. Quando Pictor la mangiò, divenne metà ragazzo e metà albero. I due uccelli dissero al ragazzo: “Resterai metà ragazzo e metà albero per dodici anni e poi per altri tre, e se durante questo periodo nessuno si innamorerà di te... tu e la tua famiglia rimarrete per sempre così...” L’albero si sentiva tranquillo, conosceva bene la bontà di Pictor. Insistette perché il ragazzo andasse a cercare una moglie il prima possibile... poi disse che, no, sarebbe dovuto rimanere lì e tenere d’occhio la casa... e così i litigi ricominciarono. Il buon Pictor si allontanò dall’albero dicendo: “Devo preparare la mia pecora e condurla nei boschi. Vi prometto che quando tornerò avrò una moglie...”


La metropolitana è sempre... una sfida.

Ma con il jet lag e lo stomaco vuoto...

... mi sentivo sul precipizio.

Sarebbe bastata una piccola spinta...

... 9 su 10... ancora.

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Grazie a dio pioveva...

I ragazzi non giocano mai sotto la pioggia...

... al gelo sĂŹ, ma non sotto la pioggia.

Tara era a lavoro... dovetti resistere al bisogno di controllare il cassetto delle posate.

Non avevo disfatto le valigie... non sopportavo l’idea di stare da sola...

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... mi cambiai e andai direttamente lì.

“Merda, è così presto...

“... spero che ci sia qualcuno dentro.”

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Entra pure... il riscaldamento è acceso.

Non mi definirei propriamente una buddista... non ne so abbastanza. Ma anche se ne sapessi, non mi definirei tale lo stesso... mi dà fastidio essere etichettata, nonostante io lo faccia di continuo... mio padre si definisce buddista, ma la verità è che entra nei templi solo per i matrimoni e i funerali... così come fa la maggior parte dei giapponesi di questi tempi. Per quanto mi piacesse andare lì, mi sentivo un’estranea...

... distante da quelle persone...

... inoltre, alcuni tulpa sembrano, all’apparenza, destinati a sopravvivere a chi li ha generati...

Erano tutti affascinati da Nagarjuna... lui mi piaceva, mi piaceva il modo in cui perdeva il filo e prendeva la tangente... si capiva dove voleva andare a parare quando cambiava argomento... per realizzare poco dopo della deviazione che aveva preso e di quel momento... del suo piccolo “satori”, quando si accorgeva che negli ultimi cinque minuti aveva parlato di qualcosa di cui non voleva parlare.

... e, anzi, sono creati proprio a questo scopo.

Mi chiedo se gli desse fastidio.

Ma poi avevo cambiato idea, iniziando a notare le sue qualità, la sua bravura... ma anche, purtroppo, quegli stupidi pantaloncini.

A me all’inizio faceva quell’effetto... avrei preferito che il mio insegnante di buddismo fosse conciso come i libri che leggevo.

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E credo che esserne convinti sia ancora più saggio. Come possiamo riuscirci? Era questo il tuo problema, Linda?

... quindi dobbiamo ritenere queste strane testimonianze sulle “materializzazioni” fantasmi che sono diventati reali o nient’altro che fantasie? Io propendo per la seconda ipotesi.

Adesso ci divideremo in due gruppi...

... quelli che vogliono comporre un haiku rimarranno qui con me, e quelli che vogliono cimentarsi con i pennelli andranno con Ray. Alle otto scenderemo per una sessione di meditazione da quarantacinque minuti. Disegnare mi aveva sempre aiutata... non andava così male, quando disegnavo.

La maggior parte degli uomini venne con me verso un angolo della stanza dove si trovavano pennelli e inchiostro. Solo in pochi restarono con le donne per provare a scrivere qualcosa di arguto in diciassette sillabe.

Gli uomini che vennero con me erano tutti molto... ecco, carini e romantici... un paio di loro chiaramente gay.

... Dignaga, in ogni caso, era una storia a parte... c’era qualcosa di strano in lui, assomigliava a un vecchio punk o un ex tossico... forse era per il suo sorriso alla Shane MacGowan... o quell’aria da “non sopporto gli idioti”...

Il modo in cui mi guardava... mi faceva sentire stupida... di certo pensava che lo fossi... per questo non mi piaceva... ma al tempo stesso sentivo il disperato bisogno di compiacere lui più di chiunque altro.

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Ray non era uno dei mitra, ma frequentava il centro da anni.

Mi piacevano le sue orecchie, simili a quelle di Budda, e la capacità di scrutarti a fondo con quel suo occhio tremolante. Mi faceva sempre l’occhiolino con un modo di fare dolce, mai inquietante.

... la parola Enso è un termine giapponese per indicare il cerchio... non è un carattere calligrafico, è un simbolo zen che rappresenta l’illuminazione, l’universo... il vuoto... è un’espressione del “momento”. Perciò, una volta creato non può essere modificato... è così, e basta.

Ora che siamo collegati con la terra, prendiamo un pennello... e concentriamoci... Quell’attimo... appena dopo aver espirato e subito prima aver inspirato... è la vostra finestra di opportunità...

D’accordo... sediamoci cinque minuti, prima.

Ci mettemmo tutti d’impegno, visto che la maggior parte di quelle persone non usava un pennello dai tempi della scuola... all’improvviso mi sentii sicura di me, consapevole di essere una cosiddetta professionista. Gli altri sembravano più eccitati... sorpresi, perfino.

Mi fermai... sapendo che più tardi avrei continuato.

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Mi assicurai il mio posto preferito... vicino alla porta, per l’aria... dal lato di Dignaga e di fronte a Nagarjuna... pensai che se fossi riuscita ad ascoltarlo chiaramente, mi sarei concentrata meglio.

Ma l’incenso mi faceva sentire sul precipizio.

Quando vi sembra di andare alla deriva, dovete soltanto tornare a “uno” e ricominciare daccapo. Solo se manterrete la calma riuscirete a scacciare i pensieri negativi... non possiamo controllare il loro arrivo... il massimo che...

Non ho mai sopportato l’incenso.

“Oh... dio, il suo coso sta uscendo da quegli stupidi pantaloncini. Mi ha sempre dato fastidio.

“... di nuovo.”

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Quaranta minuti... “lasciate respirare la mente�...

... per scacciarli...

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