LA
C
SAGA
ON
. TINUA
..
Per Mulder, a caccia di conigli nella Valle. Mi manchi, amico.
Traduzione: Michele Foschini. Impaginazione: Cosimo Torsoli con Officine Bolzoni. Supervisione: Leonardo Favia. Proofreading: Francesco Savino e Paolo Scotto Di Vetta.
Via Leopardi 8 – 20123 Milano chiedi@baopublishing.it – www.baopublishing.it Il logo di Bao Publishing è stato creato da Cliff Chiang. Titolo originale dell’opera: BONE Quest for the Spark - Book one © 2013 Jeff Smith. All rights reserved. BONE® e © Jeff Smith. All rights reserved. Per l’edizione italiana: © 2013 BAO Publishing. Tutti i diritti riservati. ISBN: 978-88-6543-122-1
Il mistero della scintilla -libro primo-
di
Tom Sniegoski con illustrazioni di
Jeff Smith colori di
steve <Hamaker
Prologo
U
n debole sole sorgeva lento sul cielo d’oriente e le cupe nuvole grige ne intrappolavano i raggi dorati. Non c’era la benché
minima possibilità che la luce del sole raggiungesse e riscaldasse il regno di Atheia.
Nonna Ben si svegliò di soprassalto, con quella terribile sensa-
zione formicolante che le faceva sentire la testa leggera e le gambe
tremanti, interrompendo un sonno già di per sé inquieto. Non era un buon segno, no, niente affatto.
Aveva avuto quella sensazione, di tanto in tanto, per tutta la
sua vita; la prima volta era successo quando era appena una ragazzina, e principessa di Atheia. Era poi diventata regina, ma aveva rinunciato alla corona per trasferirsi nella Valle e crescere la nipotina, Thorn.
Non c’è niente di peggio che iniziare la giornata con la sensazione
5
Il Mistero della Scintilla
formicolante, pensò, scostando le coperte e indossando la vestaglia per proteggersi dal freddo che aveva invaso la stanza da letto. Era
un presagio di brutte cose a venire. Avrebbe potuto passare l’intera
giornata ad aspettare che qualcosa succedesse e sicuramente sarebbe successo. La sensazione formicolante non si sbagliava mai. E quella volta, la nonna non dovette aspettare a lungo.
Era davanti alla finestra, nel castello reale, con il vento umido
che le scompigliava i capelli bianchi, a contemplare il cielo plumbeo. Fu allora che sentì il grido, acuto, colmo di paura.
Nonna Ben corse fuori dalla stanza, nei corridoi del castello, con
gli occhi a fessura nella penombra del primo mattino, alla ricerca della fonte di quell’orribile suono. Il grido si ripeté e lei si sentì riempire il cuore di paura, perché proveniva dalla stanza da letto reale. La stanza della Regina Thorn.
Senza fermarsi a bussare, nonna Ben spalancò la porta ed entrò.
L’ancella della regina, Prissy, era accanto al grande letto, con gli occhi spalancati e invetrati dal terrore.
La Regina Thorn era al centro del materasso, con lenzuola e co-
perte appallottolate ai piedi.
«Che cosa succede, Pris?» chiese la nonna.
«L’ho sentita gridare» disse Prissy, con la voce tremante. «Cre-
devo che avesse fatto un incubo.»
La Regina Thorn, stretta nella morsa di un sonno innatu-
rale, gemeva, mentre la testa si muoveva da una parte all’altra del morbido cuscino.
6
Il Mistero della Scintilla
«Sembra che l’incubo non sia finito» disse nonna Ben. Allun-
gò una mano per stringere delicatamente il piede della nipote. Aveva le dita fredde come pezzi di ghiaccio.
«Thorn, tesoro, svegliati.» Scosse il piede della ragazza. «Va
tutto bene, stai facendo un brutto sogno... Ma adesso è ora di svegliarsi.» La regina gemette più forte, ansimando in modo penoso.
«Thorn?» la chiamò ancora la nonna, alzando la voce. Strin-
se le dita della giovane abbastanza da farle male. Ma la regina non si svegliò.
«Vedete?» chiese Prissy, in un sussurro terrorizzato. «Anche
io ho provato a svegliarla... ma non ci sono riuscita.»
La Regina Thorn si lamentava, tremando per il freddo, o
qualcosa di molto peggio.
Era il genere di cosa della quale nonna Ben aveva sempre
avuto paura, il genere di cosa dal quale aveva sperato di pro-
teggere la nipote, quando l’aveva nascosta nella Valle, ma il fato sapeva sempre ritrovare le proprie prede. Come un segugio che
segue una pista, aveva ritrovato anche loro, disturbando una pace che avevano lottato a lungo per conquistare.
La nonna rimboccò le coperte su Thorn, proprio mentre sen-
tiva la testa farsi nuovamente leggera, le gambe cedere sotto il suo stesso peso.
Era un presagio di brutte cose a venire.
E la sensazione formicolante non si sbagliava mai.
8
Capitolo 1
N
elle prime ore del mattino, poco prima che l’alba lambisse la Valle, Tom Elm sognava. Purtroppo non erano sogni
particolarmente belli ma, anzi, si trattava di un incubo, e per quanto ci provasse, il dodicenne non riusciva a svegliarsi.
Stava affogando. Non in un lago o in uno stagno o in un
ruscello, ma in una pozza di tenebre. Scalciava con le gambe e muoveva le braccia, lottando per tenere la testa al di sopra
della pozza senza fondo. Cercava di gridare aiuto, ma ogni volta che apriva la bocca le tenebre ci entravano, soffocandolo con il disgustoso sapore delle ombre più profonde.
«Aiuto!» riuscì a dire Tom, prima di cominciare ad affon-
dare tra le tetre onde. «Aiutatemi!»
Non era più in grado di lottare. Esausto, scivolò nelle te-
nebre, mentre il suono di qualcuno – o qualcosa – che rideva
9
Il Mistero della Scintilla
di lui gli echeggiava nelle orecchie. Mentre scendeva sempre più in profondità, allungò le mani alla cieca, alla disperata ri-
cerca di qualcosa cui aggrapparsi. Le dita sfiorarono qualcosa
di duro. Era la pietra portafortuna che teneva legata al collo
mediante una corda di cuoio, la pietra che aveva trovato nel più improbabile dei luoghi. Iniziò a brillare, dapprima fioca, poi sempre più luminosa, scacciando il buio. Respingendo le tenebre.
Tom si svegliò di colpo. Continuava a sentire il suono delle tenebre che lo avviluppavano e si domandò se l’incubo fosse
veramente finito o se lo avesse in qualche modo seguito nel mondo reale.
Tirandosi a sedere sul letto, vide Roderick il procione
chino sul tavolino di legno dall’altra parte della stanza, tutto intento a lavare una mela morsicata in una ciotola d’acqua che la mamma di Tom aveva lasciato perché il figlio ci si lavasse il viso.
«Buongiorno, Tom» disse il procione, scuotendo il suo
spuntino per togliere l’acqua in eccesso. «Hai fatto un brutto sogno?»
Tom guardò fugacemente la pietra che portava appesa al col-
lo. Sospirò di sollievo quando si rese conto che non brillava più.
«Sì, credo di sì» disse, tirando i piedi giù dal letto e stirac-
chiandosi. «Ma ora sto bene.»
10
Il Mistero della Scintilla
Roderick era il migliore amico di Tom da quando l’anima-
letto era sceso dalle montagne, tre anni prima, con un brutto mal di pancia. Aveva mangiato qualcosa che gli era rimasto sullo stomaco e stava troppo male per continuare a viaggiare.
Tom e la sua mamma l’avevano accolto e curato, ma invece
di tornarsene da dove era venuto, Roderick aveva deciso di
restare. Era orfano – i suoi genitori erano stati mangiati dalle creature ratto quando lui era ancora in fasce – ed era stato
subito accolto da tutta la famiglia Elm. Spesso veniva trat-
tato come il fratellino che Tom non aveva mai avuto, anche
se aveva alcune pessime abitudini tipiche dei procioni, come mangiare cose che non avrebbe dovuto.
«Che cosa stai facendo?» gli chiese Tom.
«Mi sto solo lavando una mela» disse Roderick, strofinan-
do il frutto smangiucchiato. I procioni erano fissati con la pulizia del loro cibo, forse perché la maggior parte proveniva da posti decisamente poco invitanti.
«Ma ne hai già mangiata mezza! Perché la lavi adesso?»
chiese Tom, mentre indossava una semplice tunica. «L’hai tro-
vata nell’immondizia?» aggiunse, sospettoso, chiudendosi la cintura di cuoio in vita.
«Quella che per te è immondizia per me è uno spuntino de-
lizioso» dichiarò con enfasi Roderick, dando una bella lustrata a quel che restava della rossa buccia e ammirando il proprio riflesso sulla superficie del frutto. «Ne vuoi un po’?» chiese.
12
Capitolo 1
«Credo che aspetterò il pranzo» rispose Tom, arricciando
il naso, disgustato. Si mise i bassi stivaletti di pelle e il cap-
pello. «I miei sono già andati nei campi?» chiese il ragazzo, dirigendosi verso la porta della camera da letto.
Il procione annuì e saltò giù dal tavolino, con la mela
mezza mangiata sotto al braccino peloso. «Da un bel pezzo.»
Tom percorse il cottage deserto fino alla porta sul retro.
«Perché non mi hanno svegliato?» chiese, uscendo all’aperto.
«Ci hanno provato, ma dormivi davvero profondamente»
rispose il procione, camminando accanto a Tom.
Il ragazzo fu percorso da un brivido, mentre lampi dell’in-
cubo di quella notte gli tornavano in mente.
«Ho detto loro che ti avrei svegliato io» disse Roderick. «E poi che è successo?» chiese Tom.
Il Mistero della Scintilla
«E poi ho trovato questa splendida mela.» Il procione con-
templò amorevolmente quel che restava del frutto.
«L’hai trovata nell’immondizia» gli ricordò Tom, con una
risata, mentre si avviava lungo il tortuoso sentiero dietro alla casa di famiglia.
«Non era nell’immondizia... non ancora» spiegò il procio-
ne, correndo per tenere il passo. «Guardala: è ancora buona.» Roderick cercò di fargli vedere cosa intendeva, ma
Tom non era interessato. Doveva raggiungere i campi.
Come diceva sempre suo padre, le rape non si raccoglievano mica da sole.
La famiglia Elm coltivava rape da generazioni.
Il nonno di Tom era stato coltivatore di rape, così come
il padre del nonno. Era un fatto più o meno scontato che anche Tom si sarebbe dato alla coltivazione delle rape, che gli piacesse o no. Gli Elm erano conosciuti in tutta la Valle per
le loro rape, era una tradizione che ci si aspettava che Tom facesse continuare.
«Andiamo piano, oggi, eh, figliolo?» chiese il padre di
Tom, caricando una cesta di rape sul pianale del carro.
Tom si chinò e tirò una rapa fuori dal terreno tenendola
per le foglie. Scosse la radice sporca di terra e poi la porse a Roderick, che la portò fino a una cesta.
«Sì, signore» disse Tom, allungando una mano verso il
14
Capitolo 1
successivo ciuffo di foglie che usciva da quella terra fertile. La sua sorellina, Lottie, ridacchiava, mentre aiutava la madre a issare un’altra cesta sul carro.
Tom non si sentiva ancora bene. Il ricordo dell’incubo
era svanito lentamente, ma gli aveva lasciato una forte sensazione di disagio.
«Non ho dormito bene, stanotte, signore» spiegò al padre.
«Ho fatto brutti sogni.»
«Brutti sogni?» Il padre di Tom si tolse il cappello floscio
che indossava per proteggersi la testa pelata dal sole e si asciu-
gò il sudore dalla fronte con uno straccio che teneva nella tasca
posteriore dei calzoni. «Magari se pensassi un po’ di più agli affari di famiglia avresti meno tempo per fare brutti sogni.»
«Sì, signore» rispose Tom, estraendo un’altra rapa terrosa
dal terreno.
«Forse non ha tutti i torti» disse il procione, nervosamen-
te. Tom scoccò un’occhiataccia all'amico peloso. Era il solo,
in famiglia, a capire le parole di Roderick, anche se a volte avrebbe preferito non farlo.
Il padre si rimise il cappello. «A quanto pare ti mancano
ancora parecchie rape, per finire la tua parte di raccolto» disse, serio. «Quindi intanto noi porteremo queste ceste al mercato.»
Lottie ridacchiò ancora. Le piaceva quando Tom si mette-
va nei pasticci.
«Sì, signore» ripeté Tom, cercando di aumentare il ritmo.
15
Il Mistero della Scintilla
«Spero che avrai finito, per quando saremo tornati. Porte-
remo la tua cesta con il raccolto di domani.»
Tom annuì e prese un’altra rapa dal terreno, la scosse per
ripulirla e la passò al procione, che la aspettava.
Il padre non aggiunse altro. Salì sul carro, accanto alla ma-
dre e alla sorellina di Tom; poi fece schioccare le redini e il cavallo iniziò a tirare lentamente il carro.
«Be’» iniziò il procione, pronto a difendersi, «pensi sempre
a quelle stranezze, tipo il fatto di essere un soldato della regina.» «E che c’è di strano, scusa?» chiese il ragazzo.
«Sei un coltivatore di rape» disse Roderick, prendendo un
ciuffo di foglie e strattonandole. Una rapa matura emerse dalla terra. «Non sei un soldato.»
«Ma potrei diventarlo» disse Tom, inarcando la schiena
all’indietro per stiracchiarsi. Raccogliere rape faceva stancare
tantissimo la schiena. «Uno di questi giorni andrò a corte e offrirò i miei servigi alla Regina Thorn.»
Roderick portò l'ortaggio alla cesta. «E che ne sarà dell’at-
tività della famiglia Elm?»
Tom scrollò le spalle. «Se la può tenere Lottie.»
«Non è quello che vorrebbe tuo padre» gli ricordò Rode-
rick, estraendo l’ennesima rapa.
«Sì, ma a qualcuno importa cosa vorrei io?» chiese il ra-
gazzo. «Magari non ho proprio voglia di diventare uno stupido coltivatore di rape.»
16
Capitolo 1
«Coltivare le rape non è da stupidi» disse Roderick. «Invece è una cosa stupida... e anche noiosa!»
Roderick scosse la testolina pelosa. «Noioso, coltivare le
rape? Ma no! Ti ricordi quando abbiamo trovato la rapa gigante, l’anno scorso? Ti è sembrato noioso, quello?»
La mano di Tom andò alla pietra scura che portava al collo.
Lui e Roderick stavano lavorando nei campi, quando Tom aveva dissotterrato una delle rape più enormi che mai avessero vi-
sto. Era immensa, più grande perfino della testa del suo amico Omar... e tutti dicevano che Omar aveva proprio un capoccione.
Ma l’ortaggio era difettoso: la buccia bianca era percorsa
da una spaccatura irregolare per tutta la lunghezza della rapa.
Dentro alla spaccatura, Tom aveva trovato la sua pietra. L’aveva legata a un laccio di cuoio e da allora la portava sempre al collo. In realtà, non gli aveva portato poi tanta fortuna.
Un’immagine balenò improvvisa nella mente di Tom,
l’immagine della pietra che brillava come una scheggia di sole, scacciando le tenebre che lo minacciavano.
«Che ti prende?» chiese Roderick. «Hai l’aria di uno che
sta per vomitare.»
«No» rispose il ragazzo, improvvisamente spaventato.
«Mi... Mi sono appena ricordato una cosa.»
«Qualcosa di brutto?» chiese il procione, con la vocetta
stridula ormai ridotta a un sussurro.
«Qualcosa di... spaventoso» disse Tom, con un singulto.
17
Capitolo 1
Le ombre della foresta sembrarono diventare più profon-
de e Tom avrebbe potuto giurare che si stessero muovendo lentamente verso lui e Roderick.
Gli amici finirono rapidamente la loro parte di raccolto
della giornata; perfino il padre di Tom sarebbe rimasto colpito dalla loro velocità. Tom sollevò la cesta e i due lasciarono
i campi, camminando uno accanto all’altro. Nervosamente,
Roderick chiese a Tom che cosa non andasse, ma Tom non voleva parlare dell’incubo, o delle ombre. Voleva soltanto tornare a casa, al sicuro.
Allungarono il passo, affrettandosi lungo il tortuoso sen-
tiero che li avrebbe riportati al cottage, e così non videro cosa stava succedendo alle loro spalle.
Non videro come, dai margini dei boschi che circonda-
vano i campi di rape degli Elm, qualcosa stava iniziando a prendere forma. Qualcosa fatto del ricco, umido terreno, delle radici, pietre, erbe e foglie della zona. Una donna.
Una donna che rimase a guardare il ragazzino e il suo
amico con occhi scuri, profondi, attenti.
Capitolo 2
P
ercival F. Bone inclinò all’indietro la testa e, con il suo grosso naso a lampadina, annusò la brezza che entrava
dalla finestra aperta. Stava cercando di capire che cosa fosse l’odore che sentiva. Era un’abilità che si tramandava da gene-
razioni, tra gli avventurieri e gli esploratori Bone, e nessuno era più bravo di Percival, in quello.
Sentiva l’odore nel vento, chiaro come se fosse stato
pane appena sfornato o erba tagliata di fresco. Stava arrivando il maltempo.
«Non va bene» mugugnò il Bone, radunando le mappe
del cielo sparse sul piano della sua scrivania. «Non va bene per niente.» Si portò verso il corridoio, con le rotte di navigazione sotto al braccio.
«Abbey! Barclay!» chiamò, iniziando a scendere la
20
Capitolo 2
grande scala curva della vecchia casa di famiglia. La nipote apparve subito da dietro l’angolo, con il fratello che la seguiva a breve distanza.
«Che cosa c’è, zio Percy?» chiese Abbey Bone, senza fiato.
Indossava il suo vestito più grazioso, con un bel fiocco rosso tra i ricci capelli biondi che le ricadevano sulle spalle.
«Hai bisogno che facciamo qualche commissione per te,
zio Percy?» chiese Barclay Bone, ansioso. Anche lui era molto elegante, con tanto di giacca e cravattino.
Per un attimo, Percival si era domandato perché i ragazzi
fossero vestiti così bene, poi si era ricordato, con un doloroso brivido di senso di colpa. Non gli piaceva deluderli, ma quel giorno non aveva altra scelta.
«Ehi, le domande qui le faccio io» berciò Abbey, dando
una gomitata al fianco del fratello. «È sempre la più grande, quella che fa le domande.»
Abbey Bone era nata ben due minuti e ventitré secondi
prima, in effetti, e non perdeva occasione per ricordarlo. Barclay fece una smorfia, massaggiandosi il fianco.
«Hai bisogno che facciamo qualcosa per te, zio Percy?»
ripeté Abbey, mentre il fratello la guardava in cagnesco.
«C’è una tempesta in arrivo e dall’odore capisco che sarà
molto violenta» disse il Bone più anziano, giungendo alla
base delle scale. «Ho bisogno che voi due mi aiutiate a caricare la Regina. Temo che dovrò partire in anticipo.»
21
Il Mistero della Scintilla
Vide subito il disappunto sui loro volti.
«E che ne sarà della nostra serata speciale?» chiese Abbey,
con la voce incrinata.
«Già, dovevamo mangiare i wurstel, la torta di pan di
Spagna e ci dovevi raccontare di come sei a tanto così» Barclay Bone fece vedere pollice e indice, che quasi si toccavano «dal fare la più grande scoperta nella storia di Boneville.»
Percival si sentiva in colpa. I gemelli adoravano averlo a
casa con loro e non erano passate neanche due settimane da
quando era tornato dall’esplorazione delle Giungle di Zoot,
ma era veramente convinto di essere vicinissimo a una scoperta storica. Che cosa fosse esattamente non l’aveva detto ai gemelli, ma sapeva che, se le sue ultime ricerche erano accu-
rate, stava per trovare qualcosa che lo avrebbe fatto invidiare da tutti i membri della Società degli Esploratori di Boneville. Se lo sentiva nelle ossa, per così dire.
Quindi doveva partire senza indugio, altrimenti ri-
schiava che la sua scoperta venisse compiuta da un altro prode avventuriero.
«Mi dispiace, ragazzi» disse Percival, mentre percorre-
vano il lungo corridoio che collegava la casa al laboratorio e all’hangar della Regina del cielo. «Ma una scoperta come questa non può davvero aspettare.»
«Ma dovevi raccontarci le storie dei nostri genitori, e di
come hai insegnato loro tutto quel che c’era da sapere su come
22
Capitolo 2
si diventa avventurieri giramondo» disse Abbey, tirando su con il naso, triste.
Percival si fermò e si accovacciò, per rivolgersi ai due pic-
coli Bone.
«Lo so che ve l’avevo promesso, ma a volte le promesse
vanno infrante.»
«Per esempio per andare a caccia di gloria e fortuna?»
«Esattamente» rispose Percival. «Credetemi, non c’è nien-
te che mi piacerebbe di più che mangiare qualche wurstel e una bella fetta di torta con i miei nipotini preferiti, ma...»
«Il richiamo dell’avventura sta gridando il tuo nome»
esclamarono all’unisono i gemelli.
«Esatto!» rispose Percival Bone, con un dito alzato al cie-
lo, mentre procedeva lungo il corridoio verso l’hangar. «Ora sfruttiamo bene il tempo che ci resta per caricare le provviste sulla Regina del cielo e...»
Improvvisamente si rese conto di essere rimasto da solo. «Dove siete finiti?» chiese, voltandosi di scatto.
I gemelli erano rimasti esattamente dove li aveva lasciati,
uno accanto all’altro, e non si stavano prendendo a botte, cosa decisamente rara.
«Che vi prende?» chiese, tornando verso di loro. «Abbey non vuole che tu vada» disse Barclay.
La sorella gli diede un pugno al braccio. «Neanche tu vuoi
che vada» replicò.
23
Il Mistero della Scintilla
Barclay fece una smorfia, stringendosi il braccio colpito.
«Sei la più grande, quindi tu non lo vuoi ancora più di me.»
Percival alzò gli occhi al cielo. Facevano così ogni volta
che partiva, fin da quando era diventato il loro tutore.
«Me la caverò benone» li rassicurò. «E se mentre sono in
viaggio farete i bravi, magari darò il vostro nome a uno degli animali che scoprirò.»
«Un barclaysauro!» suggerì il bambino, con gli occhi scin-
tillanti di emozione.
«Forse» disse Percival, sornione.
«Anche mamma e papà avevano detto che se la sarebbero
cavata» disse Abbey, guardando per terra, triste.
Improvvisamente Percival si vergognò. Aveva detto ai
gemelli che sarebbe andato a esplorare le regioni gelate dei Territori del Nord, ma in realtà stava per imbarcarsi in un’im-
presa molto simile a quella che li aveva privati dei genitori,
anche se cosa ne fosse stato veramente di loro non era ancora chiaro.
«Prometto che starò super attento» disse Percival, facendosi
la croce sul cuore a suggello della promessa. «Vi fidate di me?» Abbey alzò lentamente lo sguardo verso di lui.
«Io mi fido di te» esclamò Barclay, felice. La sorella gli die-
te un altro pugno al braccio. «Ahio!» gridò lui, stringendosi l’arto, ormai completamente indolenzito. «E questo per che cos’era?»
24
Capitolo 2
Abbey guardava ancora Percival, che sentiva una goccia
di sudore formarglisi sulla fronte.
«Perché ti balla l’occhio, zio Percival?» gli chiese la picco-
lina, sospettosa.
Percival cercò di mantenere la calma. «Mi balla l’occhio?»
Rise nervosamente. «L’occhio non mi balla affatto... è solo un po’ irritato da tutta la polvere che c’è in questa vecchia casa.» Iniziò a tossire e si stropicciò gli occhi. «Le solite allergie.»
Abbey si portò le manine ai fianchi e lo studiò con atten-
zione. «È buffo, sai?» disse. «Mamma e papà dicevano che sapevano sempre se stavi dicendo una bugia, perché ti ballava l’occhio destro.»
«Dire bugie? Io? Non essere sciocchina» disse Percival,
indignato. Aprì il bottone di una delle molte tasche della sua
camicia da safari, ne prese un fazzoletto e si tamponò rapidamente il sudore che gli imperlava la fronte.
«Dovrò chiamare la signora Doozle e chiederle di stare
con voi mentre sono via. Magari porterà quel suo gattopardo ammaestrato e...» Cercò di cambiare argomento mentre rimetteva il fazzoletto umido nella tasca.
«Stai dicendo una bugia su qualcosa.» Abbey cominciò a
battere il piede.
Percival sobbalzò e si coprì l’occhio destro, che ormai tre-
mava incontrollatamente. «Ma certo che no» proclamò, senza troppa convinzione.
25
Il Mistero della Scintilla
«Ora stai mentendo sul fatto di mentire!» esclamò Abbey.
Percival era senza parole, intrappolato dalle accuse della
nipote.
«Smettila, Abbey» le ordinò Barclay. «Che cosa ti salta in
mente? Lo zio Percy non ci direbbe mai una bugia.» Il bambino guardò verso lo zio per avere conferma di ciò che aveva detto. «Giusto, zietto? Non lo faresti mai.»
Percival stava per mentire di nuovo, ma non sopportava
più il modo in cui Abbey lo stava guardando. Non aveva altra scelta, doveva dire la verità ai piccolini.
«Temo che tua sorella abbia ragione» ammise, con un lun-
go sospiro, scuotendo la testa. «Ma voglio che capiate che l’ho fatto per il vostro bene.»
«Perché, zio Percy?» chiese Barclay. «Che cosa c’è di tanto
brutto da non poterci dire la verità?»
«Si tratta della vera destinazione della tua avventura,
vero?» chiese Abbey, con un tono fin troppo serio, per una bambina della sua età. Percival si rese improvvisamente con-
to che avrebbe dovuto chiudere a chiave la porta del suo studio. Qualcuno aveva sbirciato le sue ricerche. «Non volevo che aveste paura» spiegò.
«Dove stai andando?» gli chiese Barclay.
«Vuole cercare la Valle» disse Abbey, amareggiata, con gli
occhi che le si riempivano di lacrime. «Vuole andare a cercare
la Valle e non tornerà mai più, proprio come mamma e papà.»
26
Capitolo 2
Percival si chinò e prese i gemelli tra le braccia. «No, no.
Non è così, non è affatto così.» Li tenne stretti, sperando che
sentissero quanto erano importanti per lui... quanto li amava. «Il mio piano è di trovare la Valle e scoprire che cosa è suc-
cesso ai vostri genitori, e poi tornare più velocemente che posso.»
«Ma la Società degli Esploratori di Boneville dice che la
Valle non esiste e che mamma e papà si sono persi e che probabilmente sono morti in qualche territorio non segnato sulle mappe» disse Abbey, con la vocina rotta dall’emozione.
«Ma noi non ci crediamo, vero, zio Percival?» lo incalzò
Barclay, con i grandi occhi castani pieni di meraviglia.
Proprio come gli occhi di suo padre, pensò Percival. «No, non
ci crediamo» replicò.
«Non ci crediamo perché i cugini Bone ci sono andati, nel-
la Valle, non è così, zio Percival?» «Credo proprio di sì.»
Abbey si divincolò dall’abbraccio dello zio e incrociò le
braccia, stizzita. «La Società degli Esploratori di Boneville dice che i cugini Bone sono dei bugiardi matricolati.»
«La Società degli Esploratori di Boneville dice un sacco di
cose con le quali non sono d’accordo» le disse Percival.
«Neanche io sono d’accordo con loro» aggiunse Barclay.
Abbey perse le staffe. «Be’, dovresti» esclamò. «Perché se
mamma e papà avessero dato retta alla Società, ora sarebbero
ancora con noi.» Sembrava sul punto di piangere, così Perci-
27
Il Mistero della Scintilla
val allungò una mano, per consolarla, ma lei fece un passo indietro, evitandolo.
Percival accettò quel gesto di rabbia e si passò una mano
sotto al mento, come per cercare di capire il modo migliore
per spiegarsi. «La vostra mamma e il vostro papà erano due degli esploratori più coraggiosi che io abbia mai conosciuto.
Credevano che la Valle esistesse ed erano determinati a fare tutto il possibile per trovarla, a dispetto di quel che diceva
la Società degli Esploratori di Boneville... Perché erano fatti così.» Si portò una mano al petto e guardò la nipote. «E mi dispiace dirlo, ma anche io sono fatto così.»
«Anche io!» proclamò Barclay, gonfiando il petto, orgoglioso.
Abbey caricò il pugno, ma il ragazzino balzò via prima
che il colpo andasse a segno.
«Non volevo ferirvi, ragazzi» disse lo zio. «Ma non vole-
vo neanche che vi preoccupaste.»
«Come se fosse possibile» disse Abbey, alzando gli
occhi al cielo.
«E se vi prometto di stare attentissimo» chiese Percival, «e
di tornare appena posso?»
«Senza fare deviazioni lungo la strada?» chiese Abbey. Lui scosse la testa. «Nessuna deviazione.»
L’esploratore attendeva la risposta della ragazzina, così
come suo fratello.
«Be’?» la incalzò Barclay. «Che dici... gli credi o no?»
28
Capitolo 2
Lei era seria, studiava Percival con uno sguardo così in-
tenso che sembrava di poter sentire gli ingranaggi che le gira-
vano nella testa. Poi però l’espressione del suo viso si addolcì e Abbey ricompensò la sincerità dello zio con un sorriso.
«Ti credo.» Lo abbracciò all’altezza della vita. «Ma ti pre-
go, torna presto, perché non è il caso che tu prenda l’abitudine di mentire ai bambini.»
«Sarebbe una cosa terribile» concordò Percival, ricam-
biando l’abbraccio della piccolina.
Barclay si avvicinò per avere la sua parte dell’affetto dello
zio, ma Abbey si voltò di scatto, colpendolo alla spalla. Il piccolo emise un gemito.
«Questo è per avermi messo fretta» ringhiò lei. «Mai met-
tere fretta alla più grande.»
Lo zio Percival si raddrizzò. «Va bene, ragazzi, ora
basta perdere tempo» disse. «Abbiamo un sacco di lavoro da fare, se devo solcare i venti prima che arrivi la tempesta.»
«Non so quanto ti sarò utile, zietto» disse Barclay.
«Quell’ultimo pugno mi ha fatto diventare il braccio tutto molle.» Barclay lasciò ricadere il braccio come se improvvisamente fosse privo di ossa.
«Sgranchiscitelo un po’, allora!» gli disse il Bone più an-
ziano. «Ti serviranno tutte e due le braccia, se vuoi aiutarmi a caricare la Regina!»
29
Il Mistero della Scintilla
Percival corse letteralmente per il resto del corridoio, fino
alla pesante porta di legno all’estremità opposta. Mise una
mano in tasca e ne prese una grande chiave dall’aspetto antiquato, la infilò nella serratura e la girò.
«Il tempo è tiranno.» Aprì il battente di legno, rivelando la
cosa più preziosa che possedeva. La Regina del cielo.
Percival si fece largo nella grande stanza dal soffitto di
vetro che ospitava la Regina del cielo. Un tempo, la stanza era stata una serra, nella quale si erano coltivati i fiori più belli e colorati di tutta Boneville, ma aveva cambiato funzione da quando Percival aveva ereditato quella vecchia casa. Ne ave-
va fatto il suo laboratorio e la rimessa per la sua incredibile
nave. Percival aveva un brivido ogni volta che la guardava... non c’era niente al mondo di più bello.
Lo scafo della Regina era fatto del legno più resistente e
coriaceo delle foreste di Boneville. Sembrava una normale
imbarcazione, ma al posto delle vele aveva tre grandi palloni che la sollevavano, palloni che in quel momento si stavano riempiendo di gas, in vista del viaggio. Potenti propulsori
su entrambi i lati dello scafo fornivano spinta e direzione del movimento. Non c’era un solo posto al mondo dove la Regina del cielo non potesse andare.
Percival guardò il cielo in tumulto, oltre i vetri dell’alto
soffitto. La tempesta stava arrivando molto più velocemente
30
Capitolo 2
di quanto avesse previsto e a giudicare dagli odori sarebbe stata anche molto più violenta.
Si diresse subito verso le provviste e l’equipaggiamento
speciale, disposto davanti al vascello. Abbey e Barclay sta-
vano già portando alcuni scatoloni lungo la passerella, fin sulla nave.
«Come va, ragazzi?» chiese Percival, prendendo due sca-
tole e avviandosi nella stessa direzione dei nipoti.
«Ne hai proprio un sacco, di scatole di patate, zio» disse
Barclay. «Per quanto hai detto che credi di stare via?»
Percival rise. «Non si portano mai abbastanza patate, fi-
gliolo» disse. «Soprattutto se sono la principale fonte di energia della tua nave volante.»
Percival F. Bone era un vero pioniere, quando si trattava
di scoperte scientifiche dagli usi nuovi e insoliti. Era il solo – per quanto ne sapesse lui – esploratore di Boneville che usas-
se il vasto potere delle patate come fonte di energia. All’interno del tubero ricco di amido c’era energia elettrica in attesa di essere utilizzata e lui era ben contento di farla contenta.
Abbey se ne stava a bordo della Regina, a guardare attra-
verso il soffitto di vetro, verso le nuvole grige che si accumulavano sopra l’antica dimora di famiglia dei Bone.
«Sei sicuro di voler salire con quella tempesta, zio Per-
cy?» chiese, quando i venti cominciarono a emettere il loro lugubre lamento.
31
Capitolo 2
«Andrà tutto bene» disse Percival, prendendo le scatole
che il nipote aveva tra le braccia, andandogli incontro lungo la passerella. «Il naso mi dice che la tempesta non sarà qui per almeno un’altra ora.»
Percival stava scendendo per recuperare altre provviste,
quando l’hangar si fece improvvisamente molto, molto buio e un suono molto simile a una locomotiva lanciata a tutta ve-
locità riempì l’aria. Alzò lo sguardo e vide che fuori erano calate le tenebre e che il vento aveva creato un vortice che stava risucchiando tutto, dalle pietre agli alberi.
«Senti, zio Percy» disse Abbey, in piedi sul ponte della Re-
gina. «Il tuo naso si è mai sbagliato?»
«Oh, una o due volte» rispose il Bone più anziano, men-
tre la tempesta ruggiva come un’enorme bestia preistorica e sfondava il tetto.
La tempesta era mostruosa.
Un cono vorticante di vento e terra sfondò il soffitto di ve-
tro in un solo colpo. Scese nella ex-serra alla ricerca di nuove prede da inglobare.
Percival rimase a guardare, terrorizzato, mentre il feroce
tornado distruggeva tutto ciò che incontrava. Ci erano voluti anni, per trasformare quella serra nel suo laboratorio, ma la tempesta stava distruggendo il suo lavoro in pochi istanti.
Le assi del pavimento si schiodarono e vennero risucchiate
33
Il Mistero della Scintilla
nell’imbuto che percorreva la grande stanza, ancora affamato.
Anni di esplorazioni avevano insegnato a Percival ad agi-
re rapidamente, ma senza perdere la calma, per evitare le ca-
lamità, e quella che aveva davanti agli occhi era una calamità bella e buona.
Barclay era pietrificato, con lo sguardo fisso sul tor-
nado che si avvicinava lentamente, risucchiando tutto ciò che trovava.
Il nipote sarebbe stato il prossimo, se Percival non si fosse
dato una mossa. Saltò dalla passerella al pavimento, gridando il nome del bambino, sperando di spezzare l’effetto ipnotico che il tornado aveva su di lui. Sulle prime credette che non
l’avesse sentito, in tutto quel frastuono, ma poi Barclay voltò la testa verso lo zio.
«Zio Percy!» gridò, spaventato.
Alle sue spalle, il vento stava sollevando scatole e casse di
patate e pezzi di ricambio per i motori della Regina, riempiendosi voracemente il ventre roteante. Sembrava che Percival
sarebbe arrivato tardi, ma se c’era anche la benché minima speranza di raggiungere il nipote, Percival F. Bone, famoso esploratore, doveva tentare. E lo fece, lanciandosi verso il
bambino, sollevandolo e mettendoselo letteralmente in spalla. Poi si voltò e corse verso la Regina, inseguito a breve distanza dal tornado.
«Corri, zio Percy, corri!» gridava Barclay.
34
Capitolo 2
Percival sentiva il respiro freddo e umido della tempesta
sul collo, mentre il rombo del vortice faceva tremare quel che
restava del pavimento sotto ai suoi piedi. Saltò sulla passerel-
la che portava sul ponte della Regina del cielo, dove Abbey li aspettava con il panico in volto.
«Presto!» gridò loro. «È proprio dietro di voi!»
Percival era ormai a pochi passi dalla Regina, quando sen-
tì la passerella cominciare a muoversi come un giocattolo di
gomma morso da un cane. Tese i muscoli delle gambe e spiccò un salto verso il ponte... proprio mentre la passerella veniva strappata via dalla furia del tornado.
Barclay gridava come un ossesso nell’orecchio di Percival,
mentre si libravano nell’aria impazzita e iniziavano a cadere
come pietre, a pochi centimetri dallo scafo della nave. Abbey ebbe un’idea: afferrò rapidamente una cima e la lanciò oltre
la murata. Le mani di Percival si lanciarono in avanti con la rapidità del fulmine e afferrarono la corda. Riuscì a issare se
stesso e il suo passeggero fino al ponte, mentre venivano sferzati dal vento.
«Bel salvataggio» esclamò Percival, mentre Abbey li aiu-
tava a rialzarsi.
«Pensavo che foste spacciati» disse lei, abbracciandoli con
tutte le sue forze.
«Forse lo siamo davvero» disse Percival, mentre la Regina
del cielo si inclinava e cominciava a girare sempre più rapida-
35
Capitolo 2
mente su se stessa. La tempesta strappò le grosse gomene che ancoravano la nave volante al pavimento della serra come se
fossero stati semplici spaghi e trascinò con sÊ la Regina, inghiottendo lei e tutti i suoi passeggeri in un colpo solo.
37
LA
C
SAGA
ON
. TINUA
..